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LEV - CEP - Epilogo: Perdersi in un mondo esterno


Epilogo: Perdersi In Un Mondo Esterno
L’aeroporto di Ciclamipoli era un inferno. Il traffico di valige e persone soffocava come una cappa di aria consumata.
− Siamo arrivati troppo tardi… −commentò Blue, abbassando il PokéGear con aria sconsolata.
− Che succede? – chiese Green.
− Dobbiamo raggiungere l’Ospedale Civile di Porto Alghepoli, subito – ordinò lei.
− E la sede? – domandò Gold, stranamente serissimo.
− È un cumulo di macerie… − spiegò la ragazza.
− Sapphire! – esclamò la castana abbracciando l’amica, al centro del corridoio dell’ospedale.
− Dov’è Gold? – chiese la Dexholder di Hoenn, rispondendo all’abbraccio con riluttanza.
− Che succede? Dove sono gli altri? – chiese Blue, terrorizzata all’idea di una risposta.
Gold e Green comparvero al seguito della ragazza.
− Stai bene? Abbiamo visto che cos’è successo… − fece Green.
Sapphire non rispose. Guardava Gold.
− Sono entrambi in sala operatoria – disse. – Sono gravi.
− Rispondi, cazzo! – esclamò Ruby gettando il cellulare a terra.
Si trovava fuori, sotto le stelle oscurate dalle numerose luci dell’ospedale, come unica compagnia un infermiere. Il numero chiamato a vuoto era quello di Kalut.
− Latios, trovalo – ordinò.
L’infermiere mutò la propria immagine e al suo posto apparve il drago bianco e azzurro.
− Segui la traccia psichica di Kalut, dovresti riuscirci.
Il Pokémon acconsentì, volando via a velocità supersonica.
La corsia era in fibrillazione. Alcuni ostaggi, feriti da Zero nel confuso susseguirsi degli eventi, erano stati ricoverati. Tuttavia, nessuno di loro aveva riportato lesioni gravi o mortali. Non era la condizione dei pazienti ad allarmare i medici, ma gli avvenimenti da cui essi erano reduci. Pochi minuti prima, tremando nei loro camici, avevano seguito la diretta delle riprese condotte nella zona del grattacielo FACES. L’azione eroica di quattro Dexholder aveva preceduto il crollo dell’intero palazzo. Nessun morto, dicevano i reporter, gli ostaggi erano stati tutti salvati grazie al provvidenziale intervento dei ragazzi, tuttavia l’immagine della torre di vetro e cemento che collassava su se stessa aveva impressionato fortemente tutti gli spettatori. Inoltre, Zero era fuggito, il pericolo era ancora vivido.
− Andrà tutto bene… − si ripeteva Sapphire.
Blue fissava il vuoto, Green taceva immobile, Gold non trovava pace e continuava ad alzarsi per cercare una posizione più comoda. Ogni medico che passava nei pressi dei quattro Dexholder era bersagliato dalle loro occhiate che attendevano avidamente il responso di uno dei chirurghi. Le ore passavano, ormai fuori era notte inoltrata, eppure vi era ancora silenzio.
Ruby riapparve, rientrando in cerca dei suoi amici. Questi lo videro giungere tra loro e lo guardarono per un brevissimo istante solo per verificare che fosse veramente lui. Tutti tranne Sapphire, che lo invitò a sedersi accanto a lei. Prima che il ragazzo potesse risponderle, un chirurgo si avvicinò al gruppetto. Ognuno si rivolse verso di lui con la massima attenzione, come bambini attorno ad un vassoio di biscotti.
− Chi è qui per Silver? – chiese ingenuamente l’uomo in camice.
I Dexholder scattarono in piedi come delle molle, accerchiando l’uomo.
− Ecco, ha subito un grave trauma cranico dovuto alla caduta di alcune macerie – balbettò quello. − e abbiamo fatto il possibile per limitare i danni, ma il paziente è entrato in stato di coma. Non possiamo prevedere se e quando ci sarà una riabilitazione…
Blue rimase paralizzata, Gold lo stesso. Sapphire si voltò e si mise le mani tra i capelli, non riuscendo a credere alla situazione, Green non riusciva a staccare gli occhi dal pavimento. Ruby era rimasto immobile fin dalla comparsa del chirurgo.
− Ci dispiace molto – mormorò questo, andandosene.
Blue rimase fissa in posizione per un tempo indeterminato, Gold si voltò e, imprecando, calciò una delle poltroncine scaraventandola contro il muro. Tutta la corsia tacque, fissandolo. Lui non se ne curò e si sedette a terra con la schiena al muro. Blue cominciò a piangere silenziosamente.
In quelle condizioni disumane, attesero ancora. Il sonno e la stanchezza non erano più fattori destabilizzanti per loro. Green non spiccicava una parola da ore, Blue aveva ancora il volto rigato dalle lacrime e Sapphire fissava il vuoto seduta accanto a Ruby. Gold, invece, giaceva ancora seduto a terra, con la testa china e le braccia poggiate sulle ginocchia.
Il chirurgo si ripresentò a loro, chiedendo se volessero vedere Silver. Acconsentirono tutti, tranne Gold e Blue. I due rimasero nelle loro posizioni senza parlare o muoversi. Per rispetto, i loro amici non misero bocca, lasciandoli lì senza insistere.
Green, Sapphire e Ruby entrarono invece nella stanza del Dexholder dagli occhi d’argento. Coraggiosamente, sostennero la visione: non era tumefatto o malridotto, aveva solo delle fasciature e dei fissatori che stabilizzavano la posizione del suo collo. Giaceva immobile nel letto, pallido e spento. I suoi capelli rossi erano disposti ordinatamente, ma erano stati rasati in maniera rude sulla nuca per favorire le incisioni dei chirurghi. Era collegato a qualche macchinario che probabilmente lo teneva in vita, risuonava nella stanza il costante bip dell’elettrocardiogramma. Poteva sembrare addormentato, ma soltanto ad un occhio ingenuo. Silver era quel tipo di persona che dorme con un occhio aperto, attento al minimo suono pure nelle fasi di sonno più profondo. Quando dormiva sembrava concentrato in un’azione complicatissima.
In quel pietoso stato di coma, invece, la sua espressione era serafica e tranquilla. Vi era un candore mai visto nel suo viso caratterizzato da una costante espressione di diffidenza e preoccupazione.
I ragazzi entrarono nella stanza e subito si resero conto di voler uscire. Nessuno parlò, nessuno fece movimenti eccessivi, nessuno respirò durante gli istanti che passarono lì dentro con quello che tanto sembrava il cadavere del loro amico. A salvarli da quella situazione fu la figura di un secondo medico che si affacciò sulla porta.
− Si tratta di Crystal – disse questo, più perspicace del collega di prima.
Ormai pronti a tutto, i Dexholder lo seguirono. Si aggregarono al gruppo pure Blue e Gold che, conservando l’espressione nera e il silenzio tombale, avevano abbattuto la loro dimora di solitudine per sapere qualcosa in più della loro amica.
− Ha subito una grave emorragia a causa della recisione dell’arteria femorale – disse il chirurgo. – siamo riusciti a impedire il dissanguamento, adesso è in condizioni stabili – un sottile velo di positività tornò nei ragazzi. – …ma la gamba destra era ormai andata in necrosi.
Simili ad angeli custodi apparvero a Crystal i suoi amici. Due sedevano, uno era crollato con la testa appoggiata al bordo del letto, altri due erano in piedi fissi e immobili. La ragazza riaprì gli occhi lentamente. Non lo sapeva, ma i suoi amici avevano atteso per ore quel momento. Dopo la chiamata del medico, avevano ottenuto il permesso di rimanere con lei fino al risveglio.
− Silver… − sussurrò la ragazza rientrando nel mondo reale.
− Crys – si ridestò Gold. – Ci sei? Come ti senti?
Sapphire e Ruby sembravano accennare ad un sorriso patetico. Gli altri neanche si lasciavano andare a tanto.
− Che è successo? – chiese Crystal con un filo di voce.
− Crys è… tutto finito, siamo vivi – cercò di rassicurarla Sapphire.
La ragazza riprendeva pian piano coscienza di ciò che aveva attorno. Un passo dopo l’altro, la sua espressione si faceva sempre meno vacua. Accennò quasi ad un sorriso, quando un’orribile sensazione le gelò il sangue tutt’ad un tratto.
I ragazzi erano fuori dalla porta. Crystal, in preda ad un pianto isterico, li aveva cacciati via, supplicandoli e gridando di lasciarla sola. Riuscivano a sentire i suoi singhiozzi smorzati dalla morfina e il suo pianto spezzato e interminabile. Ognuno di loro aveva fissa in testa la sua espressione talmente incredula e scandalizzata da mettere paura. La ragazza aveva mosso la mano e alzato la testa quanto le era bastato. Sotto il lenzuolo del suo letto d’ospedale, era riuscita a scorgere una singola forma, dove sarebbero dovute essere due le sagome visibili sotto il suo lenzuolo. Era scoppiata in una crisi, per quanto le sue scarse energie le permettessero e i medici erano dovuti intervenire con i sedativi, poi avevano rassicurato gli amici affermando di dover concedere a Crystal il tempo necessario.
Intanto, i ragazzi sostavano lì come degli stoccafissi. Non sapevano come agire, non sapevano cosa dire, non potevano non sentirsi in colpa per non essere finiti al loro posto.
Ad un certo punto, un infermiere passò davanti a Ruby, guardandolo intensamente, sparendo dietro l’angolo del corridoio. Il Campione di Hoenn si mosse, avviandosi verso l’uscita. Sapphire, senza neanche pensarci, lo seguì. Ruby attraversò mezzo ospedale, seguendo il ragazzo, fino a giungere ad un’uscita nascosta posizionata sul retro, accanto ad uno sgabuzzino serrato. Il ragazzo mise piede fuori, Sapphire gli comparve alle spalle. Stava sorgendo il sole, si trovarono in un ombreggiato spiazzale abbandonato, circondati dal complesso ospedaliero. L’infermiere che avevano seguito era scomparso, ma un Latios volava via in lontananza. Ruby se lo aspettava, si guardò attorno e intravide Kalut seduto sul davanzale di una finestra, poco sopra le loro teste.
Il ragazzo dai capelli bianchi guardava con rammarico ai due Dexholder di Hoenn.
− Ho saputo che cosa è successo ai vostri amici – disse loro, scendendo a terra con un salto. – Mi dispiace…
Sapphire lo fissava stupefatta, Ruby cercava di evitare il suo sguardo.
− Dove lo hai portato? – chiese Ruby andando dritto al punto.
− In un posto sicuro – rispose Kalut, stando al gioco.
− Lo abbiamo inseguito, abbiamo rischiato la vita, perso degli amici e lo abbiamo fermato, meritiamo di sapere dove si trova – rivendicò il ragazzo.
− A Sinnoh, con degli alleati – fece allora l’altro.
Sapphire si piazzò tra i due, entrando in gioco all’improvviso: − Parlate di Zero come se non si trattasse di un criminale! Che diavolo avete nel cervello?!
− Sapphire… − tentò Ruby.
Sapphire un cazzo! Silver è in coma e Crystal ha perso una gamba, è stato lui a far crollare quel palazzo sopra di loro! Lo capisci che continuare a fidarci di questo qui – e indicò Kalut – ci porta solo guai?!
− Calmati – le intimò Kalut con voce tranquillissima.
− No! Mi avete parlato della FACES ma state trattando tutta questa vicenda come se non ci fossi dentro anche io ormai… e così tutti gli altri! – esclamò, furente. – Voglio sapere tutto, anche quello a cui ha accennato Zero su di te, Ruby! Avete la minima idea di quello che è successo… Emerald, Silver… − il suo tono di voce si abbassava progressivamente, spezzandosi ogni tanto a causa dei singhiozzi.
I maschi rimasero in silenzio, lasciando che continuasse a sfogare lo stress accumulato.
− Sapphire – ritentò Ruby, rimuginando su ciò che lei aveva richiesto loro, si accorse di non sapere cosa dire.
− Va bene – acconsentì allora Kalut, stupendo entrambi.
Il trio si accampò sul tetto dell’ospedale che era illuminato dal sole nascente. Era tradizione, ormai, sedersi sui tetti per raccontarsi le storie.
− Zero vi ha già spiegato qualcosa sulla FACES – esordì Kalut. − lei si innesta all’interno del sistema, controlla le persone, giostra il mondo a proprio vantaggio. Lui ha voluto provare a distruggerla, prendendo il potere massimo, ma la FACES ha giocato d’anticipo, contrastandolo tramite i Superquattro, che si sono finti suoi alleati fin dall’inizio del suo mandato. Poi sapete come si sono svolti i fatti: Rayquaza e Vivalet, Zero scopre ciò che nascondono i suoi alleati, li fa fuori uno per uno, ma credo che non servano altri dettagli, conoscete molto bene i fatti.
Sapphire sbuffò, sprezzante, rievocando le immagini fisse nella sua testa della villa di Olivinopoli che crollava sotto le esplosioni e della morte atroce di Axel e Tiana, ammazzati a sangue freddo dal Deoxys di Zero.
− Zero si trovava in un periodo difficile. Lui ha un concetto molto particolare della giustizia, ma è anche perfettamente razionale. Ero sicuro che fosse in preda ad una crisi a causa di un litigio avuto con me – rivelò, stupendo entrambi gli ascoltatori. – Non mi sbagliavo, ha agito in maniera audace e impulsiva. Poi vi ha spiegato su cosa ha iniziato a basare la propria strategia: l’attacco alla sede FACES avrebbe dovuto attrarre l’attenzione di tutto il mondo, qualcuno avrebbe indagato sul movente di tale gesto, portando alla luce tutti gli intricati segreti della Federazione – proseguì Kalut.
− Avrebbe ucciso quelle persone? Gli impiegati, intendo – chiese Sapphire.
− Era sicuro che avremmo tentato di fermarlo, tant’è che ci ha anche anticipati con quello Zoroark a Zafferanopoli, inoltre lo avete trovato privo di armi, no? – spiegò il ragazzo.
− Aveva previsto anche che avremmo avuto due amici in condizioni gravi in ospedale? – sibilò Sapphire, arrabbiata.
− Si trovava all’apice della sua crisi, ripeto, vi ha permesso di fermarlo ostacolandovi comunque con i suoi Pokémon, il suo cervello continuava a litigare con se stesso… − chiarì Kalut.
− Questa non è una scusante – ribadì lei.
− Lo so, ma lasciatemi spiegare, Zack è un’arma potentissima da rivolgere contro la FACES, io e lui siamo… legati, diciamo, abbiamo bisogno di lui. Ha gli stessi nostri obiettivi, dovrà solamente capire dove si trova il limite da non superare.
− Parli di un noi – notò Ruby. – Di chi si tratta?
Kalut sospirò. Tacque, lasciando qualche secondo di silenzio.
− Dei tuoi avversari – esclamò Gold apparendo dietro di loro.
Kalut accennò un sorriso, si voltò seguendo l’esempio di Ruby e Sapphire. Si trovarono faccia a faccia con Gold, Blue e Green. Avevano un’espressione cupa in volto. Tutti quanti.
− Che succede? – chiese il Campione di Hoenn percependo l’aria di ostilità.
− Raccontaci tu che cosa succede, Ruby – gli chiese Gold.
Il ragazzo corresse i propri sensori. Non percepiva ostilità, ma rassegnazione. La sua voce sembrava quella di una madre rivolta ad un figlio appena colto con i buchi sulle braccia.
− Sei stato informato? – domandò Kalut.
− Aurora, lo sai bene – annuì Gold.
− Sì, lo ammetto, lo sapevo già.
− Quindi cosa sapete? – domandò Ruby rivolto sia a Kalut che a Gold.
− Loro erano certi che la FACES ti avesse reclutato… − spiegò Gold. – Ma quando noi siamo venuti a cercarti, abbiamo notato qualcos’altro… o no?
Ci fu il silenzio.
− Ruby, di che parlano? – chiese Sapphire, sentendo un brivido salire lentamente lungo la sua spina dorsale.
− La FACES mi ha obbligato – chiarì Ruby.
Il mondo si zittì, in ascolto del ragazzo. A Sapphire smise anche di battere il cuore.
− Mi hanno spianato la strada, mi hanno chiesto di diventare Capopalestra e poi Campione, di diventare il leader di Hoenn – la sua espressione era indefinibile, sembrava star confessando i propri peccati ad una folla di giudici. – Altrimenti, avrebbero fatto a voi… ciò che hanno fatto ai miei genitori.
Si levò un mugolio generale. Solo Kalut rimase impassibile.
− Ti hanno ricattato? – precisò Gold. – E noi eravamo la merce?
Ruby guardava a terra, rivolgendo ogni tanto gli occhi al suo interrogatore. Non aveva però il coraggio di alzare lo sguardo verso la sua destra, incrociando quello di Sapphire.
− Cristo… − commentò Blue, scuotendo la testa.
− Ho in mano il controllo di Hoenn, sono il Campione e il primo Coordinatore, ero il volto perfetto per apparire ovunque e gestire ogni canale di mercato, propaganda e informazione della mia regione. Grazie a me, sono riusciti a diffondersi a Hoenn, prendendone il controllo – concluse. – Non ho avuto la forza di oppormi…
Ci fu un secondo momento di stallo.
− Loro ti ordinano cosa fare? – chiese Gold.
− Mi hanno chiesto di agire per loro conto più e più volte… sono costretto a farlo.
− Sei un loro burattino… sei nostro nemico – concluse Gold.
− Nessun componente della Resistenza pensava fosse andata così, nel tuo caso – precisò Kalut. – Di solito la FACES corrompe e compra le persone, non le ricatta.
− Ma era tutto credibile, ho sempre cercato la fama… − proseguì Ruby. – Sarebbe stata la solita storia del ragazzo che diventa famoso e abbandona gli amici, tutto poteva essere partito dal trauma subito alla morte dei miei genitori. Neanche voi avete indagato o sospettato… ero la persona perfetta per quel ruolo – chiarì.
− La FACES ha messo su una gigantesca messinscena – mormorò Blue.
− Mi dispiace… − commentò Ruby. – Sono stati due anni terribili.
− Ruby… − sussurrò Sapphire.
I due riuscirono a guardarsi negli occhi. Lei era a metà tra la paura e la commozione. Si fissarono per un lasso di tempo interminabile. Nessuno parlò, nessuno si mosse.
− La Resistenza è attualmente l’unico corpo con l’obiettivo di sovvertire il dominio della FACES, prima che sia troppo tardi. Aurora, un membro, come me, ha spiegato tutta la situazione a Gold, due giorni fa, perché lui la spiegasse anche a loro – aggiunse Kalut, riferendosi a Green e Blue.
− Noi prenderemo parte a questa causa, ci hanno spiegato che cosa ha in mente la FACES, vogliamo aiutare – mise in chiaro Green, parlando per Gold, Blue e sé. – Tu saresti un aiutante fondamentale, avere dalla nostra parte uno dei membri fondamentali dei progetti della FACES… potrebbe garantire degli ottimi vantaggi.
Ruby rifletté su tutta la situazione. Mettersi tanto a rischio con la FACES alle costole poteva risultare pericoloso, quasi suicida, ma era sciocco continuare a eseguire i loro ordini. Ora che tra le fila nemiche si erano annoverati anche i suoi più cari amici, sarebbe stato inutile combattere sperando di non dover mai affrontare nessuno di loro.
− Potete darmi del tempo da solo? – chiese il ragazzo.
Gold e Green annuirono, Blue non lo guardò. Vide una sorta di pentimento in loro, la coscienza di aver commesso degli errori di valutazione. Lo avevano dimenticato, dopo due anni. Ingannati, erano caduti nella trappola.
− Ruby, aspetta – lo fermò Sapphire, mentre lui accingeva già ad andarsene.
Quello si voltò, all’ascolto.
− Perché te ne sei andato? Perché non hai continuato a fare quello che la FACES ti richiedeva mantenendo i contatti con noi? – gli domandò, con gli occhi lucidi.
Lui era mesto, in volto.
− Ho trasformato la mia Lega in una schifezza, i Superquattro sono personaggi da copertina, vado a trasmissioni per idioti su una televisione che diffonde merda che serve da distrazione per le masse… − mormorò, con gli occhi fissi a terra. – Io non riesco ancora a guardarvi in faccia – rise, con espressione distrutta.
Ruby si voltò e abbandonò il tetto, lasciando Kalut e i quattro Dexholder da soli.
Sapphire aveva ripreso a respirare, lentamente, passo passo.
− Devo lasciarvi – annunciò Kalut, chiamando Latios che si trovava in lontananza. I Dexholder si stupirono del fatto che avesse la capacità di comunicare con quei Pokémon senza Flauto Eone, solo Emerald ne era capace. − Se entrerete anche voi nella Resistenza, avrete un bel po’ di cose da imparare. Dovrete rivolgervi ad Aurora.
Quelli annuirono, vacui.
− Mi dispiace per i vostri amici… Zack non riesce a dormire per questo.
I Dexholder rimasero stupiti.
− Non scherzo, è così.
− Kalut – lo chiamò Blue. – Zack è tuo fratello?
Nessuno seppe mai da dove fosse uscita tale intuizione: forse era l’istinto femminile di Blue che aveva notato quel forte legame, forse la sua mente aveva collegato l’abilità inumana di Zero alla mente superiore di Kalut, forse invece lei stava rivedendo in Kalut e Zero ciò che erano una volta lei e Silver.
− Una specie – annuì Kalut. − È complicato – e fece il primo vero sorriso che i Dexholder gli videro fare dal giorno in cui si erano incontrati. – Ci rivedremo – disse, con sicurezza.
I Dexholder lo guardarono volare via sul rapidissimo Latios.
Ormai il sole era sorto, un nuovo giorno era iniziato.
− Mi dispiace, Sil… − mormorò Yellow.
La ragazza stringeva la mano al corpo in stato comatoso del Dexholder. Ai piedi del letto, c’era invece un Red la cui immagine sembrava esser stata stropicciata come un foglio di carta. Era pallido e mesto, con gli occhi stanchi e le occhiaie. Vestiva completamente in nero, non riusciva a guardare colui che era sdraiato sul lettino.
− Dobbiamo andarcene – mormorò Red, parlando alla sua ragazza.
− Vorrei passare da Crystal – si oppose lei.
− Non possiamo, è sveglia, nessuno deve sapere che siamo stati qui.
− Red, ti prego…
Quello si coprì il volto con la mano e girò le spalle.
− Posso capire che cosa provi… − mormorò lei.
− No, non puoi capirlo affatto – la accusò. – Io non ero lì. Sono stato un amico di merda.
− Non puoi darti la colpa per tutto, lo sai com’è la situazione… − provò a consolarlo lei.
− Sì, e so che il mio lavoro non è ancora finito.
− Mi dispiace tanto, Red.
Quello tacque per alcuni secondi. − Resta – le disse poi. − Torna da loro, non sei obbligata a seguirmi.
Yellow cominciò a scuotere la testa.
− Non posso farti questo, non posso trascinarti con me, fammi l’ultimo favore e torna con gli altri.
− Non voglio abbandonarti…
− Yellow – la fissò negli occhi. – te lo sto chiedendo io. Avranno bisogno del tuo aiuto.
La ragazza non poté trattenere le lacrime.
− Quindi è un addio? – domandò. – Vogliamo lasciarci così?
− Mi dispiace… − mormorò Red.
− Andrà tutto bene? – chiese lei, ormai ridotta ad un cencio.
− Sì, te lo prometto.
Non aveva il coraggio di abbracciarlo. Non le riusciva praticamente alcun movimento. Rimasero a fissarsi per un tempo interminabile, gli unici suoni erano i bip dell’elettrocardiogramma.
Crystal era sotto sedativi, sdraiata nel suo letto. Blue, Green e Gold sapevano che avrebbe impiegato tanto tempo a svegliarsi, ma ne avrebbe impiegato molto di più per accettare ciò che era accaduto a lei e a Silver. Entrarono nella stanza, sincerandosi che la ragazza fosse addormentata, fissarono sorpresi la figura esile che stava accanto al letto della loro amica.
− Yellow… − mormorò Blue.
− Ehi – saluto quella, con gli occhi gonfi dal pianto.
Ruby sedeva su una panchina e percepiva la brezza del mare con la pelle. A dieci metri di distanza da lui, c’era una ringhiera che precedeva il vuoto. La salsedine impregnava l’aria e, dal fondo del promontorio, si udiva lo scrosciante suono dell’acqua che sbatteva sugli scogli.
Poi il ragazzo udì uno sbattere di ali. Giunse accanto a lui un grosso Tropius che portava in groppa una ragazza. Questa ragazza si sedette accanto a lui sulla panchina e, arrossendo come un peperone, poggiò la testa sulla sua spalla.
− Buon compleanno – gli sussurrò la ragazza. Sapphire aveva seriamente rischiato di dimenticare che fosse arrivato il due luglio.
Lui non rispose, ma accennò un sorriso.
− Mi dispiace per tutto… − mormorò lei.
− No, sono stato un’idiota, non ho fatto nulla per oppormi a loro.
− Che cosa potevi fare?
− Avere fiducia in voi, farmi aiutare e combattere il problema al principio. Ho voluto agire da solo, come al solito. È per questo che gli altri mi detestano ora.
− Non ti detestano…
− Sapphire, ti prego…
La ragazza non ribatté.
− Mi sei mancato, Ruby.
− Anche tu.
− Significa che sei tornato?
− Non so cosa significa.
− C’è ancora tanta strada da fare… non andartene, non più.
Per qualche istante si udì solo il mare sbattere sulla roccia.
− Non me ne andrò – rispose Ruby.
Ceneri e Piume
Fine

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