- Adamanta, Piedi del Monte Trave, Accampamento degli Ingiusti
1000 anni prima -
La notte era la migliore amica dei soldati; soprattutto di quelli che non trovavano sonno.
Il buio avvolgeva le gambe stanche e le mani ferite, dai palmi plasmati dai manici delle pesanti spade.
Quelle spade, loro migliori amiche durante il giorno, urlavano disperate quando le teste si poggiavano sui cuscini sottili, praticamente federe vuote, talvolta con qualche veste all’interno.
Quei gladi avevano le voci degli uomini a cui avevano tagliato via la vita, delle loro mogli ormai vedove.
Di quei figli rimasti orfani.
Tuttavia Adamo aveva imparato a convivere col rimorso, comprendendo che, se doveva per forza levare una vita, essa sarebbe rimasta con lui sulla propria coscienza.
Aveva guardato e riguardato la piantina, organizzato mentalmente l’assedio al Monte Trave e a quel tempio che tanto voleva distruggere.
Ideali non suoi, era Nestore, il suo re, a volerlo vedere in macerie.
Adamo era un uomo troppo vuoto per potersi lasciare infastidire dal credo altrui; per lui contava l’orgoglio, la fame di vittoria.
Le donne, il vino buono.
Voleva che il suo nome riecheggiasse subito dopo ogni pensiero riguardante il crollo del tempio di Arceus.
Lui era il cavaliere comandante dell’intera guarnigione unita che i Templari chiamavano Ingiusti, la più grande invenzione da quando l’uomo aveva imparato che il fuoco uccideva.
Inizialmente gli era sembrato incredibile che ben nove regni si fossero riuniti per eliminare la corona spirituale che i templari avevano imposto ai loro popoli.
E ognuno di quei re sapeva che non potevano coesistere due poteri, tra le mura delle loro città.
Adamo sapeva quanto la religione fosse infida, un serpente senza denti che strisciava lentamente nelle case dei popolani e sussurrava loro nelle orecchie che le sofferenze terrene fossero inutili. La sopportazione e la bontà avrebbero portato alla benedizione eterna.
E chi imponeva regimi di paura si trovava davanti persone che non avevano più timore; come se sapessero di essere dalla parte dei più forti e che, nonostante tutto, avrebbero vinto lo stesso, anche con le punizioni subite.
E un re viene rispettato soltanto se incute timore. Il rispetto si guadagnava col sangue.
Male sociale, insomma, Arceus e la sua parola dovevano morire.
E la sua parola era senza alcun dubbio l’oracolo, Prima.
Sulla mappa che aveva davanti, illuminata da poche fiammelle di candela, vi era l’intera rappresentazione del territorio della montagna: boschi, solo boschi, e un solo unico grande spiazzale davanti ai mille gradoni che portavano fin sulla montagna.
La lotta si sarebbe svolta lì, in quel piccolo spazio, dove gli uomini in bianco erano già schierati.
Avevano un vantaggio.
Tuttavia sapeva, per via di alcuni informatori, che le loro unità d’arco erano davvero poche, sconfitte dal grande assalto subito dai loro Pokémon Drago. Ipotizzava un loro impiego nei boschi, sugli alberi.
Forse avrebbe fatto bene a sguinzagliare i segugi assieme ad alcune unita di fanteria con ausilio di Pokémon volanti. Gli Staraptor avrebbero attaccato i Templari sugli alberi mentre gli Houndoom si sarebbero occupati di quelli nascosti tra i cespugli.
Poi guardò la cartina con più attenzione, pensando al fatto che elementi per l’unità a distanza, di quelli con l’arco lungo, sarebbero potuti essere appostati sulle sommità della montagna, davanti al tempio, e quindi inattaccabili in tal senso.
Quell’eventualità sarebbe stata problematica.
Avrebbe dovuto attaccare i Templari lì d’istanza con truppe volanti ma era bene a conoscenza del fatto che sei temibili dragoni fossero a difesa dello spazio aereo del tempio.
Ben protetto.
Si fermò e sospirò, spostando i lunghi capelli biondi lungo le spalle. Ragionò e capì che l’unico modo per riuscire in quell’impresa fosse inviare unità rapide attraverso i boschi e risalire la montagna, uccidendo gli arcieri per poi cominciare lo scontro con le fanterie.
Le unità Pokémon dei due schieramenti erano pressoché le stesse, con ingenti perdite sia da un lato che dall’altro.
Quella guerra stava portando allo sfinimento entrambe le fazioni.
Sospirò e s’alzò dalla sedia, guardando l’elmo nero sul manichino, che avrebbe indossato il mattino seguente.
O meglio, dopo qualche ora.
Era parecchio stanco; voleva levare quella cotta da dosso e gettarsi in una grossa vasca d’acqua calda, assieme a due donne.
Due rosse.
Amava le donne coi capelli rossi, gli ricordavano la prima donna con cui era andato, appena adolescente.
Era una puttana coi fianchi larghi e le lentiggini sul seno. Ricordava che aveva una brutta cicatrice sulla guancia; forse era quello il motivo per cui era finita in un bordello di Miracielo.
Guardò per un attimo le proprie mani, così piene di tagli che neppure quella vecchia prostituta si sarebbe sognata di farsi toccare.
Già vedeva il sangue che impregnava le dita, attraversando i solchi digitali e scivolando oltre, lungo il dorso.
Pensò per un attimo alla guerra in generale, e alla morte delle persone a lui care.
Poi un rumore.
Qualcuno era entrato nella sua tenda, tuttavia l’ingresso era davanti e non s’era spostato d’un millimetro. Si voltò rapido, sentendo più respiri alle sue spalle e si accorse effettivamente di non essere solo.
Sì, perché davanti a lui c’era il suo più acerrimo nemico, Timoteo, il capo dei Templari, accanto a Prima, l’oracolo di Arceus.
La parola di dio.
La donna che doveva uccidere.
Rimase calmo, non perse la concentrazione.
Anzi, sorrise; trovò divertente, quasi grottesca, tutta quella situazione.
“Certo che ne avete, di fegato...” sorrise, notando come, anche nel buio più denso possibile, l’armatura bianca del Templare rilucesse. Prima era un passo dietro di lui, nascosta dall’enorme spada già sguainata. La mosse velocemente, Timoteo, puntandogliela velocemente alla gola.
La lama fredda aveva graffiato la gola all’uomo.
Quest’ultimo allargò il sorriso, osservando stupito la donna, spaventata da tutta quella situazione. Nei suoi occhi riuscì però a vedere una grande dose di coraggio.
“Hai portato la pecora nella bocca del lupo...” aveva detto Adamo, continuando a sorridere.
“A dispetto di ciò che sembra, veniamo in pace” ribatté serioso il capo dei Templari.
“Allora levami la spada dal collo...”.
Timoteo guardò Prima annuire, quindi aprì la Ghicocca verde che aveva nella tasca e lasciò che il suo imponente Haxorus uscisse allo scoperto. L’enorme Pokémon serviva ai buoni come garanzia, nel caso il Gengar di Adamo fosse nascosto nell’ombra e attaccasse all’improvviso.
“Spiace non potervi offrire qualcosa di caldo... Del resto non aspettavo visite” sorrise il biondo, massaggiando la parte del collo appena liberata dal bacio della lama. “Che vi porta qui, in piena notte?”.
“L’oracolo è entrato in contatto con Arceus” ribatté Timoteo.
Adamo rise di nuovo. “Il potente Arceus ha parlato con una gracile ragazzina...”.
“Ci ucciderà tutti!” esclamò l’altra, scavalcando il grosso cavaliere che la divideva dal nemico. L’Ingiusto vide il rivale afferrare la piccola donna e tenerla stretta, aderente alla sua armatura. Non sentì poi cosa le sussurrò nell’orecchio per farla calmare ma dovette ammettere a se stesso che con quell’uscita la donna aveva guadagnato la sua attenzione.
“In che senso?” chiese poi.
“Appunto! La profezia è chiara! Il mondo così come lo conosciamo è stato un dono della benevolenza del grande Arceus! Ci ha donato i fiumi per dissetarci, la terra per sfamarci e soprattutto i Pokémon perché siano fedeli compagni ed amici... La grande guerra che state scatenando per il Cristallo della Luce ha portato solo la morte di tantissime persone e di Pokémon! Lui non li ha creati per utilizzarli come armi! Esistono per far sì che entrino in simbiosi con noi, perché diventino nostri fedeli alleati nella vita di tutti i giorni... Ebbene, la pazienza di Arceus è finita. La profezia di Arceus si avvererà e per noi sarà la fine”.
“Di che profezia stai parlando?” domandò il capo dei cattivi.
“Nessun’anima avrebbe dovuto separarsi dal suo corpo... nessuna” fece, guardando prima Adamo e poi Timoteo, voltandosi leggermente e incontrando gli occhi stanchi del Templare. “Ora vuole che la sua benevolenza sia ripagata dalla fede che noi abbiamo in lui: sono mille anni, quelli che ci ha concesso; se entro mille anni non finiremo di utilizzare i Pokémon a scopo di guerra, gli elementi si rivolteranno contro di noi, annientando ogni persona e Pokémon, e facendo sì che tutto il creato torni a fare parte di lui, imprigionandolo nell'Uovo della Vita”.
Fu bello lo sguardo che Prima e Timoteo si scambiarono, pieno d’apprensione e paura.
Tuttavia, l’Ingiusto non poté fare altro che ridere di gusto.
“Che diamine stai facendo?! È una cosa importante, non c’è niente da ridere!” ribatté la donna.
“Tra mille anni sarò morto e sepolto!” esclamò.
“Ma saranno i tuoi discendenti a morire! E non ci sarà più nulla per cui combattere!”.
Adamo stropicciò gli occhi e sospirò.
“È stato bello ascoltarti, oracolo, ma adesso fatevi da parte. Ho un tempio da conquistare e delle giovani donne da stuprare!” esclamò, squadrando la giovane moretta dall’alto al basso.
Sguainò poi la spada, tirando un rapido fendente verso il collo di Prima, incontrando poi il freddo acciaio del gladio di Timoteo. Quello disarmò rapidamente con un rapido movimento l’avversario e puntò nuovamente la lama al collo dell’uomo.
Adamo sentiva il cuore battere velocemente. Adorava l’adrenalina che si riversava nel suo sangue in quelle situazioni.
“Siamo venuti in pace e così ce ne andremo” fece Timoteo, spostandosi lentamente verso l’uscita. Non osava fare passi avventati, sapeva quanto Adamo fosse un buon combattente.
“Io non penso! Gengar, pensaci tu!”.
In un attimo due occhi e un sorriso arcigno apparvero in una larga ombra sul pavimento. Nessuno riuscì più a muoversi.
“No! Sei un vigliacco!” sentì poi urlare Timoteo. Adamo staccò nuovamente il collo dal tocco incandescente della lama templare. Respirò profondamente, svuotò i polmoni, poi vide Gengar alzarsi dal buio in cui era nascosto e muoversi attorno ad Haxorus. Quello ruggiva, nervoso.
“Brutto pezzo di merda! Lascia stare Haxorus e combatti come un vero uomo!” urlava Timoteo, che riusciva a muovere soltanto la bocca.
Adamo sorrise, muovendosi liberamente. Afferrò un piccolo e affilato coltello e fece per avvicinarsi alla coppia di statue viventi, quando vide il terrore sul volto di Prima.
“No! Ti prego!” fece.
Adamo accarezzò l’armatura dell’uomo, afferrandogli poi l’orecchio.
“Non gli servirà, tanto, Oracolo. Tra poco sarà morto!”.
“No!”.
“Zitta!” esclamò poi, dandole un forte manrovescio sul volto.
Timoteo non ci vide più. “Sei un uomo senza un briciolo di palle! Prenditela con chi può tenerti testa, e non con una donna!”.
Adamo si voltò rapido, e incise con precisione la guancia destra dell’uomo.
“No! Abra, dobbiamo fermare Gengar! Aiuto!” fece Prima, sentendo Timoteo gridare. Abra, dapprima invisibile, apparve all’improvvise, fluttuando in una bolla azzurra d’energia psichica.
I suoi occhi assunsero lo stesso colore e Gengar perse la concentrazione, stringendo gli occhi e liberando i tre dalla morsa di Malosguardo.
Timoteo fu rapido e colpì con un pugno sul mento Adamo, lasciando che cadesse alle sue spalle.
Prima era bloccata sul sangue che colava sull’armatura dell’uomo, vivido e rubino. Il capo degli Ingiusti, invece, si sollevò rapidamente e afferrò la spada, cominciando a duellare col nemico.
“Prima!” urlò Timoteo. “Fatti indietro!”.
“Stai attento!”.
“Andiamo via di qui!” ribatté il Templare.
“No! Gengar, fermali!” fece poi Adamo, che vide Prima saltare lontana e guardare il proprio Pokémon.
“Abra! Scappiamo via!”.
E presto le loro sagome diventarono luce, assorbita dal buio. Ad Adamo non rimase altro che un alone fastidioso negli occhi e una grande rabbia nel petto.
“A tutte le truppe! Prepariamoci per l’assalto!” urlò infine, afferrando l’elmo dal manichino.
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