Lumos
Dodici anni dopo.
Lentamente, la neve riprese a piovere. I primi fiocchi del giorno incominciarono a cadere dalle nuvole, trasportati dal debole vento invernale. Le vette lontane, già completamente colme, riflettevano i raggi solari dritti nei suoi occhi. Si dovette portare una mano al viso per evitare di restare accecato. Tirò sul naso la sciarpa e sistemò il cappello di lana in modo da lasciare quanta meno pelle alle intemperie. Dopodiché affondò le mani nel folto piumaggio, caldo come una tazza di tè, del Pokémon. Il suo ritmato avanzare e sprofondare nella neve alta lo divertiva non poco, con quel suo bizzarro suono.
- Smettila di muoverti così, sei lentissimo! Avanti, dobbiamo prendere quella Ghicocca rossa, è la nostra missione.
Il Pokémon emise un dolce e pacato suono, segno che si stava divertendo a sua volta. Riecheggiò nell’aria, trasportato per chilometri dalle raffiche di vento.
- Non ci arrivo, alzati ancora un po’.
Allungò le mani, sporgendosi più del dovuto, ma riuscendo a raggiungere il suo obiettivo. Prese lo zaino dalle spalle e vi infilò la Ghicocca. Poi lo assicurò alle spalle e guardò, soddisfatto, l’enorme albero.
Abbassò lo sguardo verso il terreno, fino a incrociare la teca in cui era custodita la lunga katana e le pietre che erano state sigillate anni prima dall’alito di fuoco del Pokémon.
- Reshiram, ma è vero che siete stati tu e papà a fare questa cosa?
- La tomba, intendi?
- Sì, quella. Non mi ricordavo come si chiama.
- Tuo padre e tuo nonno l’hanno costruita. Hanno voluto seppellirla qui, con la sua spada. Io ho solo sigillato il tutto in modo che il tempo non ne corroda il ricordo.
- Cosa significa “corrodere”?
- In questo caso, è come dire “consumare”. Lo sai, il tempo piano piano fa scomparire tutto.
- Sì, me lo hai insegnato tu.
Il bambino guardò verso Sud, non vedendo l’ora di vederli arrivare. Affondò ancora più a fondo le mani fra le piume di Reshiram, per poi stendersi completamente sulla testa del Pokémon. Adorava quel genere di calore.
- Stavolta resti almeno a cena? Arrivano i nonni fra poco.
- Mi piacerebbe, ma ho delle faccende da fare. Tornerò presto, Sur, non ti preoccupare.
- Almeno una volta alla settimana. Non posso uscire a giocare nella foresta quando c’è tutta questa neve, altrimenti mamma mi minaccia col coltello come fa la nonna con papà. Solo con te mi lasciano allontanare un po’ di più.
- Ok, una volta la settimana sarò qui.
Reshiram emise di nuovo quel suono che tanto piaceva al bambino. Subito dopo, si sentì un gran fragore alla porta delle mura.
- Eccoli! Avanti, andiamo! – urlò il piccolo Sur, eccitato come mai.
In groppa al Leggendario, avanzò fino al limitare della sua casa. La neve aveva bloccato lo scorrere del legno, sigillando l’ingresso.
Reshiram si girò, dando alle fiamme la turbina che aveva come coda. In un attimo, il calore sciolse ghiaccio e neve, liberando la strada. La porta si spalancò di scatto, spinta dalle grossa braccia di Rhyperior. Sul suo dorso, Sur vide sua nonna e suo nonno.
- Oh Oh Oh. Buon Natale! – proruppe lui, sfoggiando il suo nuovissimo abito da Babbo Natale.
- Nonno Cole! – il bambino perse ogni istinto di autoconservazione e si alzò in piedi per poi balzare in avanti. I poteri psichici di Reshiram gli rallentarono la caduta, facendolo planare nell’aria, dritto nelle mani di Rhyperior, per poi venire issato da quest’ultimo sulla sua schiena.
- Come stai, piccolo Satana? Quante cose hai distrutto nelle ultime tre settimane?
- Solo quattro lampade, nel soggiorno. Ma non è stata colpa mia, Lucario non ha parato il pallone.
- Ehm ehm – quello schiarire di voce fece trasalire Cole.
- Meglio che saluti tua nonna, altrimenti ci ammazza.
Il bambino si lanciò in avanti, anche perché aveva perso l’equilibrio quando Rhyperior aveva ripreso a camminare facendo un enorme solco nella neve grande quanto un furgone. Atterrò fra le braccia della donna e affondò la testa nel suo ventre mentre lei gli scompigliava i lunghi capelli neri e ricci.
- Come sta il mio piccolo angioletto? Mi sei mancato un sacco, la prossima volta che Cole ha una riunione con la Confederazione della Lega ci va da solo. Hai mangiato abbastanza? Mamma cucina bene? Kyle ha fatto qualcosa per beccarsi la mia ira?
- Calma, nonna Daisy, va tutto benissimo. Mamma mi fa mangiare e papà è stato bravo. Non ti preoccupare. Ma Blue, Green, Gold e Zitanna non vengono?
- No, piccolo mio. I primi due sono ancora occupati con delle faccende da grandi della Lega. Gold e Zitanna sono in ospedale, ieri è nato il loro figlio.
- Oh che bello. Come si chiama?
- Non hanno deciso ancora ma andremo presto a trovarli – Daisy gli accarezzò la testa.
- Sur, quello lo avete finito? – Cole indicò la grossa sfera in vetro, dentro la quale si trovava il piccolo lago del loro giardino.
- Sì, l’altro ieri io e papà abbiamo dato da mangiare ai Magikarp e alla piccola Feebas di mamma. Poi lui ha portato una statua di un Pokémon bellissimo, ha detto che si chiama Milotic. Quella l’abbiamo messa al centro, fra le piante che usano come nido.
- Benissimo, devo ricordarmi di darci uno sguardo dopo.
- Cole, Kyle è ormai adulto, credo se la cavi piuttosto bene con i lavori per sistemare questo posto.
- Giusto una controllatina, Daisy. Per essere sicuri che sia tutto al suo posto.
Mentre i due battibeccavano, Rhyperior continuò a camminare nella neve, seguito da Reshiram, fino ad arrivare alla casa. La porta si aprì non appena i tre vennero deposti al suolo dalla schiena di Ryp, sulla soglia fecero capolino i lunghi capelli rossi di Alice. Si stringeva il petto in un abbraccio, mentre il suo respiro creava delle nuvolette davanti al suo viso. Il lungo e grosso maglione rosso, con ricamati vari disegni di alberi e decorazioni natalizie, intervallate da una spessa linea a zig zag all’altezza del seno, cascava sui pantaloni di cotone spesso, color beige, infilati negli stivali della donna.
Le guance le si arrossarono immediatamente a causa del freddo. Gli occhi verdi passarono da uno all’altro. Il Sole ne esaltava le particolari schegge giallastre che erano sparpagliate nel mare di smeraldi.
Si avvicinò a Daisy non appena furono sul pianerottolo, spalato e ripulito dalla neve. Le due si abbracciarono forte. Cole arrivò imitando Babbo Natale e le sollevò di peso entrambe, cingendole con le braccia.
- Sono felicissima che siate riusciti a passare. Tutto bene alla riunione?
- Niente di speciale: solite cose sulla sicurezza di tutte le Regioni. C’è stato un incontro con tutti i Capopalestra, i Superquattro, i Campioni e ovviamente Green e i suoi compagni. Abbiamo rinforzato un po’ le difese contro eventuali attacchi da altre piccole sette che ancora nascono in clandestinità. Quel maledetto Artorius ha bruciato il cervello di molta gente. Meno male che c’è Bucky.
- A proposito, come sta? Sono un paio di settimane che non riesco a sentirlo.
- Sta meglio di noi. È a Unima adesso, la sua squadra ha trovato un’altra cellula di idioti pazzi. Dovendo stare sotto copertura credo sia difficile per lui contattarti. Che darei per vedere la faccia di quei tizi quando lo vedranno sventolare il distintivo con Mewtwo al suo fianco.
- Da quando ha deciso di unirsi alle forze speciali della Lega di Sinnoh è diventato difficile anche solo vederlo, gira sempre per tutto il mondo – disse Alice, pensierosa.
- Beh, almeno ha Mewtwo con sé. Quel Pokémon è una vera forza della natura quando si tratta di combattere per gli oppressi.
- Mi spiace interrompervi, ma mi si stanno gelando le chiappe, entriamo? – s’intromise Daisy.
Alice sorrise, raggiante e bellissima.
- Certo, è tutto il giorno che cucino. Dovete entrare e mangiare assolutamente.
Solo allora, il bambino si fece coraggio e si spostò da dietro le gambe di Cole, venendo alla vista della madre. Sporco, con le mani piene di graffi a causa dei rami. Aveva ancora una foglia conficcata nel cappello.
Lei lo vide e il suo solo sguardo bastò a fargli capire che era in guai seri. Molto seri.
- Saluta immediatamente Reshiram, devi entrare pure tu con noi. E vai a lavarti le mani e a cambiarti. Facciamo i conti dopo per come ti sei combinato, mi sembri tuo padre.
Sur deglutì sonoramente e si girò. Ciondolando e col passo pesante si avviò verso il Leggendario. Dopo che lui ebbe abbassato la testa per permettere al piccolo di abbracciarlo, si alzò in volo e scomparì fra la neve cadente.
Entrarono in casa, immediatamente salutati dal calore del camino acceso. L’interno era rimasto pressoché identico, se non per il cambio di mobili, tra cui la cucina nuova, il grande tavolo al centro della sala e la nuova porta che si apriva alla destra di quella che una volta era la camera di Kyle e ora occupata da Sur. Mentre Alice tornava vicino ai fornelli, allarmata dalle fiamme improvvisamente sprigionate da uno dei fuochi, Cole prese posto sul divano davanti al camino e Daisy accompagnò il piccolo in bagno per aiutarlo a lavarsi.
Sentendo le urla di panico provenienti dalla cucina e le risate di Cole, la porta della nuova stanza appena finita di costruire si aprì di scatto. Ne uscì un’enorme nuvola di polvere bianca, causata dai residui della lavorazione delle pietre e segatura. Una testa riccioluta e piena zeppa di sporcizia degna del più laborioso muratore fece capolino mentre le mani di Kyle si avvinghiavano attorno al legno della porta.
- Ho sentito gridare, serve aiuto? – disse lui, tossendo diciassette chili e tre quarti di polvere.
- Non ti preoccupare, le fettuccine con salsiccia, piselli e funghi sono salve. Se vuoi, occupati del tacchino sul camino.
Kyle si avvicinò ad Alice, lasciando impronte bianche sul pavimento a ogni suo passo. L’abbracciò da dietro e le baciò il collo. Quasi gli venne un infarto quando dal bagno sentì la voce di Daisy che gli gridava di ripulire il disastro fatto in salotto.
Si riprese dallo spavento mentre Alice non riusciva a smettere di ridere e si avvicinò a Cole per salutarlo. I due si abbracciarono e si salutarono.
- Come diavolo ha fatto a capire che ho lasciato le impronte? – chiese Kyle mentre controllava la struttura in metallo in cui cuoceva il grosso tacchino.
- Non chiedere, è Daisy. Fa l’impossibile. Ti dispiace se do un’occhiata ai lavori in corso?
- Vieni pure. C’è sempre bisogno di un paio di mani in più, papà – si avviò, facendo strada.
Alice si voltò giusto in tempo per osservare lo sguardo di meraviglia negli occhi di Cole, ancora non abituato a essere visto sotto quella luce. Gli vide asciugarsi una sola, solitaria, lacrima scesa dall’occhio destro e poi farle l’occhiolino. Lei sorrise e tornò a occuparsi del pranzo.
Appena dentro la nuova stanza costruita da Kyle, Cole vide Gallade e Lucario, reciprocamente intenti a tagliare e lavorare i restanti tronchi. Arcanine sonnecchiava su una pila di vecchi cartoni.
- Quelli verranno inseriti all’interno, fra le pareti, assieme al materiale isolante. Seguendo il vecchio branco di Ursaring ho trovato la cava dove Maisy ha preso le pietre per creare questa casa. Con un po’ d’aiuto e vari viaggi, abbiamo portato qui tutto il necessario. Robuste e resistenti, meglio del cemento – disse l’uomo di casa, fiero del proprio lavoro.
I Pokémon salutarono Cole con un cenno del capo mentre lavoravano e lui ricambiò.
- Avete fatto proprio un ottimo lavoro, qui. Ancora non mi hai detto perché hai fatto tutto questo, però.
- Beh, ho pensato che una stanza in più non avrebbe fatto male. E dato che questo spazio era al sicuro sotto la montagna, ho pensato di allargarci. Se non fosse stato per le fiamme di Arcanine sarebbe stato difficile sigillare i blocchi di pietra.
- E dopo lo strato isolante? – chiese Cole, passandoci una mano all’interno.
- Stavo pensando a un pavimento e pareti in legno. Potrebbe essere una stanza dei giochi per Sur o comunque un posto di svago per tutti.
- Mi sembra una buona idea. Ora però…
- Meglio darsi una lavata e fermarsi qui, o Daisy ci uccide.
- Le abitudini sono dure a morire – rise Cole, dando una pacca sulla spalla di Kyle e sprigionando una slavina di polveri.
I due tornarono in salotto e qui Kyle salutò finalmente Daisy che però non volle saperne di toccarlo finché fosse stato così sporco. Quindi Cole lo accompagnò in bagno, continuando a parlare di lavoro e avventure sue e di Ryp degli ultimi giorni.
Alice si sciacquò le mani nel lavello per poi asciugarle sul grembiule da cuoca. Obbligò Sur ad andare in camera sua a mettere i vestiti da lei preparati sul letto e poi tornò a occuparsi del cibo, attenta agli schizzi d’olio della padella delle melanzane.
Daisy le si avvicinò e l’aiuto, prendendo posto di fianco a lei nella grossa cucina.
- Ogni volta che torniamo qui, trovo la casa sempre più grande.
- Colpa di Kyle. Certo, avendo allargato il salone, le stanze e i bagni abbiamo recuperato molto spazio. Poi mi ha comprato la cucina nuova quindi non posso lamentarmi – si scostò una ciocca di capelli che le era caduta sul volto e la ricacciò indietro, dove si unì alla cascata d’amaranto.
- Anche se, lo ammetto, mi manca non potermi più muovere per colpa di Sur che si addormentava sul tappeto, dietro ai miei piedi – aggiunse.
Daisy rise mentre sciacquava e ripuliva l’insalata, per poi far scolare l’acqua e metterla nella grossa scodella per iniziare a condirla.
- E la nuova stanza? Se serve più spazio potete sempre venire giù a New Hope da noi. Ormai è una città a tutti gli effetti, anche se è rimasta uguale ad anni fa.
- Sai com’è fatto Kyle. Da quando ha avuto le ferie natalizie non sa cosa fare e quindi si è messo a distruggere pareti e a costruire. In pieno inverno, se si ammala lo ammazzo.
- Poi si lamentano se gli diciamo di stare fermi, lo facciamo per il loro bene – aggiunse Daisy, agitando il pelapatate un po’ troppo in fretta.
- È quello che dico sempre io. Comunque non ti preoccupare, stiamo bene qui, abbiamo anche la strada che ci unisce a New Hope, con Arcanine ci mettiamo neanche due ore ad arrivare.
- Avvisami però, quando vorrai volare in qualche città a fare acquisti per i mobili. Non permetteremo che quella stanza diventi un covo da maschi. C’è bisogno dell’impronta femminile in una casa.
Alice avvampò in volto tutto d’un colpo, con un piccolo e timidissimo sorriso che si faceva largo fra le sue guance.
- Veramente… non credo proprio che diventerà un qualsiasi tipo di covo – disse lei.
- Oh certo, perché gliela faremo vedere noi. Ho una bellissima idea: stanza da letto per gli ospiti, soprattutto per me e Cole, così lui e Kyle non dovranno dormire sul divano quando verremo a trovarvi.
Daisy si bloccò di scatto con gli occhi spalancati e increduli. Aprì la bocca senza trovare la forza di emettere alcun suono. Alice annuì timidamente, quasi facendo scomparire la faccia nel maglione. La stessa ciocca ribelle le ricadde davanti al viso, mentre con una mano si teneva il basso ventre.
Ancora con la bocca spalancata, Daisy corse verso il divano. Alzò un cuscino e lo premette contro il viso, urlandoci dentro. Tornò quindi di corsa da Alice e l’abbracciò quasi stritolandola. Lei rise per tutto il tempo, non aspettandosi una reazione così.
- Da quanto lo sai? E Kyle ne è a conoscenza? Sei sicura? Perché non ti si vede neanche un filo di pancia. Giuro che se non ingrassi non ti parlo per un anno. Ah ma chi voglio prendere in giro, diventerò di nuovo nonna! – quasi urlò, sforzandosi di tenere un tono pacato.
- È… È stato Lucario a dirmelo. Quattro giorni fa, è una bambina. Ha aspettato il giorno dopo per dirmelo, ne ha sentito l’aura nascere dentro di me, come con Suraji.
- E Kyle?
- Non lo sa ancora, altrimenti impazzirebbe e correrebbe a costruirgli la stanza senza fermarsi neanche per mangiare.
Daisy non riusciva a stare ferma e iniziò a saltellare per tutta la lunghezza della penisola di fianco ai fuochi.
- Come la vuoi chiamare?
Alice si prese un attimo per rispondere e poi proseguì, obbligando Daisy a zittirsi.
- Ci ho pensato tipo venti ore al giorno e ne sono più che sicura che glielo dobbiamo, senza di lei io non sarei qui e probabilmente neanche Kyle. Non ci saremmo nemmeno conosciuti. Quindi sì, voglio chiamarla Maisy.
Fu una delle poche volte che Daisy pianse per la gioia in vita sua.
Poche ore dopo, Cole, Kyle e Sur erano di ritorno dal giro nei boschi per raccogliere legna. Sulla lunga tavola era stata stesa la tovaglia natalizia e tutte le varie pietanze cucinate dalle donne di casa. Con sua grande soddisfazione, Sur portò il tacchino a tavola sul suo vassoio, senza bisogno di aiuto. I divani erano stati spinti verso il muro in modo da lasciare spazio libero a Noctowl, Gallade, Lucario e Arcanine di mangiare al loro fianco. Date le dimensioni colossali, Rhyperior sedeva all’esterno e interagiva con gli altri tramite una finestra lasciata aperta. Mezzo attraverso il quale Sur gli portava il cibo e, mentre sua madre e Daisy non guardavano, le sue verdure.
Non appena le pance di tutti furono piene e quasi la metà del cibo fu consumato, Cole non perse tempo e uscì fuori, per poi ritornare con un’enorme sacca sulla spalla, abbinata al rosso del costume.
- Manca qualcosa però… trovato! – si avvicinò al frigo, simulando una grossa pancia con due cuscini.
Lo aprì e ne prese la panna spray. Svuotò quasi tutto il contenitore ma riuscì, dopo vari tentativi, a non far cascare la sua nuova barba candida e bianca.
- È l’ora dei regali – proruppe lui.
- Un attimo, vado in camera da letto a prendere quelli fatti da me, Alice e Sur per voi – Kyle sparì per qualche istante.
Daisy lanciò la sua occhiata del “avanti, è il momento migliore per parlare”, con cornice di sorriso e movimento di testa, ad Alice. Lei arrossì di nuovo e si fece coraggio, inspirando a fondo.
Non appena Kyle tornò coi regali, interruppe il tutto.
- Amore, ma a Daisy non hai fatto vedere la nuova stanza della casa?
- Oh… ehm… non ancora. Non è ultimata, pensavo di farle vedere il tutto con almeno pavimento e muro sistemato – disse lui, colto di sorpresa.
- A proposito, Kyle, in cosa pensavi di trasformarla? Ricordati di me e Cole, mi raccomando – s’intromise Daisy, reggendo il gioco di Alice.
- Una stanza per gli hobby. O qualsiasi cosa serva, possiamo metterla lì. Ovviamente ci sarà anche il letto e lo spazio per te e Cole.
- Veramente… io credo che lo spazio verrà un po’ a mancare – Alice parlò di nuovo.
- Che cosa dici? È abbastanza grande, possiamo metterci di tutto dentro, amore.
- Forse è meglio rivedere il piano. Ci sono… degli sviluppi – disse sua moglie, accarezzandosi il ventre.
A Cole brillarono gli occhi. Capì immediatamente cosa stava cercando di dire Alice, anche perché Daisy stava riprendendo a piangere nello stesso modo di quando, cinque anni prima, seppe dell’arrivo di Sur. Non capendo molto bene cosa stava succedendo, Kyle si guardò attorno per qualche istante, finché Lucario non gli permise, grazie al loro legame, di utilizzare la sua vista: fu allora che lo vide, ancora debole ma esistente, un piccolo raggio d’aura nato all’interno del corpo della moglie.
Balzò in piedi e la sedia venne lanciata all’indietro mentre lui si lanciava verso il posto occupato da Alice. L’alzò di peso e l’abbracciò, alzandola e iniziando a roteare attorno al proprio asse Z. La baciò più volte e sempre più intensamente.
- Quando l’hai saputo? – chiese, col fiatone.
- Quattro giorni fa, grazie a Lucario. Me l’ha detto la mattina dopo. È ancora molto presto ma è sicuro sia una femmina e io gli credo. Ho già pensato a un nome per lei.
- Sarebbe? – la ripose a terra, ancora su di giri.
- Il nostro primo figlio si chiama Sur. Non ho intenzione di dimenticare chi ci ha donato il nostro futuro: senza di lei non ci saremmo conosciuti, io sarei probabilmente morta e forse anche tu. Che ne dici di Maisy?
Kyle la baciò e la strinse di nuovo a sé.
- Credo sia un’idea bellissima.
Non potendo più resistere, Cole e Daisy si unirono all’abbraccio e assieme a loro iniziarono a progettare come sarebbe dovuta essere la stanza.
- Avrò una sorellina? – chiese Sur, tirando il maglione della madre.
Alice si abbassò e gli baciò una guancia.
- Proprio così, ci vorrà un po’ perché lei arrivi ma l’avrai.
Lui sembrò irrigidirsi e si voltò. Corse nella sua stanza senza dire nulla. Tutti e quattro rimasero senza parole, non avevano preso in considerazione che Sur potesse restarci male. Lui però non diede al padre il tempo di alzarsi e inseguirlo nella stanza che uscì facendo sbattere la porta e tirando con tutta la sua forza qualcosa che era nascosta dal buio della stanza.
- Dai, vieni, scherzavo su quello che mamma ci avrebbe fatto coi coltelli.
Tutti erano rimasti immobili nel vederlo sforzarsi finché, timidamente, un piccolo Pokémon apparve da dentro la camera del bambino.
- È una femminuccia, come Maisy. L’abbiamo trovata io e Reshiram l’altro ieri, nel bosco. Era tutta sola e quindi ho pensato di portarla con me. Reshiram mi ha detto che si chiama Teddiursa, o almeno così ricordo. Quando le ha parlato ha saputo che la mamma non c’è più e io allora le ho detto che l’avrei portata con me, dato che io la mamma la tengo ed è così brava che poteva anche pensare a due bambini. Scusa se l’ho nascosta però sapevo di non poter avere Pokémon ma non volevo lasciarla da sola.
- Ti sei preso cura tu di lei? – chiese Cole.
- Sì, tutti i giorni. Per questo volevo sempre uscire. La nascondevo e correvamo via mentre mamma e papà non guardavano, così potevo darle da mangiare tranquillamente. Volevo tenerla e farci amicizia ma, dato che è una femminuccia e che avrò una sorellina, magari posso occuparmi io di lei finché Maisy non c’è. Poi voglio regalargliela. Cioè, so che i Pokémon non sono cose. Però potrebbe essere il suo primo Pokémon, se vuole anche lei.
Alice non ce la fece più e iniziò a piangere. Si lanciò su suo figlio e lo abbracciò più forte che poté. Anche Kyle gli si avvicinò con gli occhi lucidi.
- Appena nascerà, prometto che ti racconterò perché abbiamo deciso di chiamarla “Maisy”. Così capirai perché la mamma sta piangendo adesso per Teddiursa.
- Non ho fatto male, papà? – chiese Sur, non capendo nulla di ciò che accadeva.
- Certo che no. Anzi, sono sicuro che il tuo bis nonno sarà molto fiero di te.
- Kyle, forse è pronto – Cole mise a terra il sacco e quello fece uno strano verso, spaventando il bambino.
- Che cosa c’è dentro? – chiese il piccolo, impaurito.
- Il tuo regalo di Natale. Avanti, aprilo – gli suggerì il padre.
- E tranquillo, Rhyperior l’ha tenuto al caldo fino a ora – aggiunse Cole.
Sur si avvicinò lentamente al sacco rosso all’interno del quale qualcosa iniziava a muoversi, agitato. Il bambino mosse furtivo i piedi e, timidamente, con la mano destra alzò un lato dell’apertura. Una piccola protuberanza verde, lunga e un po’ appiccicosa si avvicinò, impaurita a sua volta, all’aria aperta. Sur non ci pensò due volte e la toccò con un dito. Urlò quando quella si ritirò e l’essere all’interno gemette a sua volta.
Guardò i suoi genitori per un istante, prima di riprovare. Avvicinò di nuovo la mano e di nuovo la strana cosa verde uscì timida. Stavolta, Sur l’accarezzò. Quella iniziò ad allungarsi sempre di più verso l’esterno.
- Vieni, non ti faccio male – disse lui, prendendola come fosse la mano di suo padre e guidandolo fuori.
Camminò un po’ finché, prima la testa, poi il corpo e infine il bocciolo del Pokémon apparvero agli occhi di tutti. Ritirò quella che si rivelò una delle sue liane e spinse la testa verso la gamba del bambino. Sur lo alzò e portò con fatica la testa del Pokémon all’altezza della sua.
- Sei strano. E quella corda verde è un po’ vomitevole.
Il piccoletto verde inclinò la testa di lato, cercando di capire. Poi gli leccò la faccia, lasciandogli la bava addosso.
- Mi piaci – disse Sur, rimettendolo a terra e accarezzandogli la testa.
- Lui si chiama Bulbasaur. Ricordi il Venusaur del tuo bis nonno Sur, di cui ti racconto le storie? – chiese Kyle.
- Certo, quello è un Pokémon fortissimo.
- Beh, questo è il piccolo figlio di un Venusaur.
A Sur s’illuminarono gli occhi.
- Posso tenerlo? – chiese, quasi urlando.
- Certo che puoi, amore. Sempre se lui vuole restare – sua madre gli accarezzò la testa.
- Piccolo Bulbasaur, che ne dici? Vuoi restare e diventare mio amico? – chiese Sur, ormai seduto per terra con le gambe spalancate e gli occhi fissi sul Pokémon.
Quest’ultimo fece schioccare una liana in direzione dell’angolo giochi di Sur, facendo crollare una piccola torre di Lego.
- Lo prendo come un sì.
- Questa è la sua Poké Ball. Te l’ha fatta papà in persona, col metodo che ha ereditato da Maisy – Alice gli passò una piccola sfera verde e color legno.
Sur la prese e l’appoggiò delicatamente sulla testa di Bulbasaur che entrò senza opporre la minima resistenza. Sentì un forte calore al petto e poi fece uscire nuovamente il Pokémon.
- Che potere ha questa? – chiese lui, diretto a suo padre.
- Beh, vedi, questa Poké Ball ha lo stesso potere di quella mia che uso con Lucario – rispose lui.
- Davvero? – il piccolo ormai aveva gli occhi così spalancati da rischiare di perderli e farli rotolare per terra.
Kyle annuì.
Sur si girò di nuovo verso Bulbasaur e, alzandosi in piedi, gli fece segno di seguirlo verso gli altri.
- Possiamo andare a giocare fuori?
Alice guardò suo marito e parlò a nome di entrambi.
- Certo che puoi ma non ti allontanare troppo e lasciati controllare da Rhyperior.
- Ok, grazie mamma! – Sur si alzò sulle punte dei piedi, mentre lei abbassava il capo, per poter essere baciata sulla guancia.
Fece lo stesso con suo padre e i suoi nonni, dopodiché si fiondò verso la porta. La spalancò e uscì, seguito da Bulbasaur.
- Sai, penso proprio che questa sarà l’inizio della nostra avventura – gli disse, mentre i due varcavano la soglia.
Kyle e Alice si abbracciarono e si guardarono, per un lungo istante, uno negli occhi dell’altro. Lui la baciò come le piaceva: spostando prima la ciocca ribelle dal viso per poi nasconderla dietro l’orecchio e, infine, baciarla. Si strinsero uno nell’altro mentre osservavano il loro figlio muovere i primi passi nel mondo, seppur ancora sotto il loro vigile sguardo, accompagnato da un amico per la vita.
Lui le strinse la mano e lei ricambio. Entrambi furono fieri del futuro che erano riusciti, nonostante il dolore e le sofferenze, a creare per la loro famiglia.
Come leggendo i pensieri della sua donna, Kyle le diede un bacio sulla testa.
- Lo abbiamo fatto per lui – disse, sorridendo.
Alice lo baciò, portando la mano sul suo viso.
- E per lei.
Fine.
Note dell'autore
Sinceramente, non so da dove iniziare. Ci sono molte cose che vorrei dire eppure non ho idea da cosa partire.
Inizierò col dire che questa storia è iniziata così, giusto per divertimento e per scherzo.
Il mio caro amico Andy Black, con cui condivido forse troppe cose, mi istigò a provare a scrivere qualcosa
dato che leggo molto e ho abbastanza fantasia (in più punti mi ha dato del depravato mentale per ciò che
ne è uscito) e a pubblicare qui, su EFP. Però poi, per varie cose, mi bloccai intorno ai primi capitoli.
Poi, sempre su sua insistenza, e perché mi ha pregato di aiutarlo col suo blog e la pagina Facebook
"Pokémon Courage", ho deciso di riprendere fra le mani questo lavoro lasciato a metà.
È stato divertente, lo devo ammettere. Anche un po' doloroso, quando ho ucciso alcuni dei miei
personaggi preferiti. Però, si sa, il loro è stato un sacrificio che sono stato fiero di fare.
Anche se questo mi è valso una valanga di insulti e bestemmie da parte della mia beta.
Che, fra parentesi, ha accettato alla sola condizione di lasciare in vita Alice.
Sì, l'avrei uccisa, un po' come ho fatto con Sur (altra cosa che è valsa insulti).
Poi ha aggiunto anche il mio obbligo morale a non ringraziarla per aver corretto il tutto, dato che è timida.
Ma essendo stronzo, ovviamente, una scappatoia si trova.
Ecco perché apro i miei ringraziamenti proprio con lei.
Non intendo ringraziarla per aver corretto la mia storia. Però, (e qui dovrai perdonarmi) ringrazio
Chiara per avermi dato più di uno stimolo per continuare a scrivere questa storia che era in cantiere
ormai da tanto, tanto, tanto, fottuto tempo.
La ringrazio anche per il sostegno che mi ha dato e soprattutto perché è stata lei a darmi le maggiori
soddisfazioni con questa storia: quando ha iniziato, erano già pubblicati circa una quindicina
di capitoli, che ha recuperato in una sola notte.
Pazza.
Poi, non contenta, mi ha letteralmente tolto l'anima per poter leggere il più velocemente possibile.
Hai adorato il mio stile di scrittura e forse i tuoi complimenti mi hanno dato ancora più stimoli.
Quindi, dato che ho iniziato a macinare capitoli per settimana, ha voluto leggerli in anticipo e così ha finito già
da tempo il tutto. Non vi sto a dire quanto mi abbia insultato per quello che ho fatto a Sur e Maisy.
Ma, comunque, grazie per aver avuto l'avidità di voler leggere la mia storia, Dolcezza.
Inoltre devo ringraziare quel grassone di Andy Black che mi ha consigliato e dato spazio sul suo blog.
Oltre per tutto ciò che fa per me, giorno dopo giorno (non mi allungo sennò vi faccio due coglioni giganti).
Ammetto, però, di aver sofferto molto quando ho ucciso i miei personaggi, fra i migliori che mi siano riusciti.
Magari, Sur l'avrei potuto far sopravvivere. Questo capitolo, però, non avrebbe avuto lo stesso effetto.
Non sareste stati mortalmente feriti al cuore per molte cose che ho infilato di proposito, come piccoli omaggi e citazioni.
Ovviamente, alla fine, voglio ringraziare quelle teste malate che siete, voi che avete letto. Non so come
abbiate fatto ad arrivare fino in fondo al pozzo di follia che si innalza attorno a questa storia e per questo vi
faccio i miei più sinceri omaggi. Ora, pure voi, siete nella merda con me.
Forse dovrei concludere dicendo qualcosa di intellettuale o di profondo.
Ma non è nel mio stile.
Qui si conclude la piccola chiacchierata, figlio di puttana.
(per una volta, mi firmo col mio nome).
Vincenzo Esposito
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