Capitolo 0: Il centipede
Tredici anni dopo
‒ Zero ‒ mormorò il presidente dell’Associazione Pokémon scandendo bene ogni singola lettera.
L’omino basso e riccioluto sedeva dietro la sua scrivania in mogano. Teneva nella mano destra un foglio stampato fronte-retro e una penna in metallo finemente decorato nell’altra. Nella stanza, disposti in modo tale da formare un semicerchio, i suoi più vicini subordinati. Tutti seduti a delle imponenti scrivanie che facevano sentire piccolo piccolo chi stava al centro della stanza.
Il ragazzo che rispondeva al nome di Zero sostava immobile davanti alla scrivania del presidente. In silenzio, a testa alta.
Il presidente diede un ulteriore sguardo al foglio, lo scrutò attentamente voltandolo e rivoltandolo, se lo passò di mano in mano. Scrollò le spalle quasi desolato.
‒ Solitamente abbiamo intere risme di fogli pieni di scritte e scritte… ‒ commentò enfatizzando la climax con vorticosi gesti delle mani. ‒ Invece tu ‒ e poggiò la testa sulla mano tenendo lo sguardo fisso negli occhi truci di Zero. ‒ …tu arrivi qui, hai vinto il Torneo della Lega di Holon, hai sfidato i Superquattro, hai sconfitto anche loro, e infine ti sei pure aggiudicato il titolo di Campione.
Un paio di mormorii aleggiarono nell’aria: il debole sussurrare degli altri uomini in giacca e cravatta che lavoravano in quella stanza.
‒ Sappiamo che sei nato a Giubilopoli, hai studiato alla scuola Pokémon dalla quale sei uscito col massimo dei voti… e infine, dopo esserti allenato per anni in solitudine, hai deciso di venire ad affrontare la Lega Pokémon ‒ lesse sommariamente il president.
Zero rimaneva in silenzio. Teneva gli occhi fissi sul presidente, sembrava una statua.
‒ Non posso dirti molto, però. Hai dimostrato di essere uno dei migliori Allenatori della storia, vincendo Fenix, l’ex Campione. Sei il vertice della Lega di Holon, la Lega Pokémon più potente mai esistita – e dicendo ciò firmò il foglio che aveva sotto mano e lo timbrò con il suo stampo personale ‒ Complimenti, Zachary Edward Roland! ‒ lo congedò atteggiandosi entusiasta.
‒ Zero ‒ aprì bocca per la prima volta Zack. ‒ Quello non è più il mio nome da molto tempo, ormai, mi faccio chiamare Zero ‒ mormorò lasciando quella stanza.
E fuori dal palazzo dell’associazione, uno stuolo infinito di giornalisti, fotografi e reporter attendevano l’uscita del nuovo Campione della Lega di Holon. Aperta la porta dell’edificio, i fastidiosi flash cominciarono ad immortalarlo mentre camminava sul tappeto rosso che aveva steso sotto i piedi senza degnare alcuno del ben che minimo sguardo.
Era un ragazzo semplice, con una felpa nera dal cappuccio largo poggiato svogliatamente sulla schiena, e un paio di jeans un po’ logori. Qualcuno tentava di farsi concedere due parole per la propria rivista, un paio di soggetti tentarono di scavalcare la barriera di guardie per ricavare un paio di foto da un’angolazione originale e diversa da quella degli altri giornali.
Un nuovo mito, una promessa uscita dall’oscurità, una leggenda vivente. Così fu definito dai giornalisti. Naturalmente. Un ragazzo sconosciuto che riesce a raggiungere la vetta con tanta facilità è oro puro per le tasche della stampa.
E così, avanzando senza il minimo timore in mezzo a quell’oceano di macchinette fotografiche, microfoni e telecamere, giunse alla macchina che lo avrebbe accompagnato fino all’aeroporto. Ovviamente, era tutto offerto dall’Associazione: il viaggio fino alla sede principale per l’inaugurazione della nuova Lega di Holon, le feste, i galà. Tutta roba che Zack avrebbe evitato con molto piacere, ma che purtroppo era costretto a sopportare.
E con freddezza pensava a tutte le mani che avrebbe dovuto stringere, a tutti i complimenti ai quali avrebbe dovuto sorridere, a tutte le interviste esclusive a cui avrebbe dovuto presiedere, a tutti gli smoking che avrebbe dovuto indossare.
La Lega Pokémon più potente mai esistita. Così l’aveva definita il presidente. E non aveva tutti i torti. Holon aveva il grande pregio di essere una regione piccola e staccata da tutte le altre, una piccola isoletta sperduta nel mare, né troppo grande per essere rassomigliata ad Hoenn, né troppo piccola per essere ignorata. Negli anni, con la diffusione dei Parchi Lotta nelle varie altre regioni, l’associazione aveva deciso di far confluire ad Holon tutti i Capipalestra più forti i Superquattro più potenti, in modo da creare una sorta di Parco Lotta dal gusto più simile a quello di una normale Lega. Ovviamente, ciò comportava l’avere un altro punto in comune con quest’ultimo: il turismo e la forte presenza mediatica.
Holon era una regione il cui numero effettivo di abitanti era probabilmente inferiore a quello dei turisti. Tutti i suoi Capipalestra e Superquattro erano degli idoli a tutti gli effetti per la folla, un po’ per la loro straordinaria abilità, un po’ per l’accurata immagine che ogni Allenatore Ufficiale di Holon dava. I mass media tenevano parecchio le telecamere puntate su di loro, così come le tenevano sugli audaci Allenatori che tentavano di sfidare la regione e partire con la conquista delle medaglie per poi proseguire con la sfida alla Lega. Naturalmente, quasi nessuno era mai riuscito a superare anche uno solo di quei Superquattro.
Le campane avevano suonato tutt’altra musica per Zack, che invece aveva mantenuto alta la guardia per tutto il viaggio. Sconfiggendo una palestra dopo l’altra e ignorando quasi sempre le telecamere. Purtroppo per lui, ora che era divenuto un membro della Lega, evitare in quel modo di stare al centro dell’attenzione sarebbe stato impossibile. Per tale motivo avrebbe dovuto assumere un’immagine pubblica di sé un po’ più media friendly. O almeno quello era uno degli strani termini che utilizzavano i tre agenti di marketing dell’associazione seduti nella limousine assieme a Zack davanti ad un secchio pieno di ghiaccio e champagne che nessuno di loro aveva toccato. I tre tipi, tutti uguali, tutti brizzolati e ordinatamente rasati e abbigliati, si stavano scervellando dal momento in cui Zack aveva mandato al tappeto con estrema facilità il primo Pokémon di Fenix, l’ex Campione, per trovare un nuovo stile che sarebbe calzato al nuovo Campione della Lega: una veste che lo rendesse appetibile per i selettivi palati della stampa, ma che allo stesso tempo non cozzasse con la prima immagine truce, seria e inscalfibile che aveva dato di sé durante la scalata al successo.
‒ Potete tacere? ‒ sussurrò svogliatamente Zack interrompendo i loro fiumi di parole. E ricominciò a guardare fuori dal finestrino concentrato sui suoi pensieri. I tre uomini si scambiarono uno sguardo allibito. Ancora non avevano una soluzione, contavano di riuscire a trovarne una sul modello di un ragazzo che, nonostante la sua corazza di serietà, dopo un traguardo simile si sarebbe fatto sorprendere con l’emozione ancora a mille e i nervi tutti in tensione. Purtroppo, Zack non era pane per i loro denti.
‒ La prego ‒ tentò di smuoverlo uno dei tre. ‒ Lei ci capisce, signor Roland…
Zero lo fulminò con lo sguardo. Le poche volte che aveva concesso qualche parola assente e poco sentita ai giornalisti aveva categoricamente sottolineato che volesse essere chiamato col nome di Zero, il suo nominativo di censimento era venuto fuori solo dopo la sua vittoria e la sua registrazione ufficiale negli albi dell’Associazione. Zack odiava sentirsi chiamato col suo nome.
‒ Zero ‒ lo congelò. ‒ Soltanto Zero.
L’agente tacque come un bambino mandato a letto senza cena dai suoi genitori.
Poco dopo, la limousine giunse a destinazione. Un jet privato che riportava il logo della regione di Holon, una Poké Ball dalla forma romboidale che imitava la forma reale dell’isola, e la scritta “Lega Pokémon di Holon” sulla fiancata lo caricò e subito decollò a gran velocità dalla pista dell’aeroporto. Ovviamente i tre agenti avevano seguito il ragazzo pure nel jet, ma avevano dimenticato la loro facoltà di parola durante tutto il volo, più che altro avevano preferito stappare sommessamente la seconda delle bottiglie di champagne che erano passate sotto i loro occhi quel giorno, sfilandola da un secchio pieno di ghiaccio, gemello di quello nella limousine. La scolarono tutta, senza il minimo entusiasmo. Finita quella, che era stata messa lì in solitudine, dal momento che avrebbe dovuto essere destinata solo e unicamente al neo Campione, cominciarono ad ordinare cibi vari e bevande alle hostess, avendo perso la timidezza e il contegno a causa dell’alcool.
Il viaggiò durò poco. Per fortuna.
Zack, dal canto suo, li aveva ignorati per tutto il tempo. Non vedeva l’ora di tornare con i piedi sulla terraferma, aveva un bel po’ da fare quel giorno. Riuscì a liberarsi delle pressioni dei giornalisti, in parte già distratti dagli spettacolini degli agenti ubriachi marci. Giunse all’hotel extra lusso in cui avrebbe soggiornato quella notte e, col giro di soldi che orbitava attorno alla Lega di Holon, per tutto il resto della vita, se avesse voluto. Congedò i bodyguard che vegliavano alla destra e alla sinistra della porta della sua suite e pure quelli che tenevano fuori dalla portata dei comuni mortali tutto il piano dell’albergo, non era un cantante di un qualche musical, non era una star delle gare, non era un attore del PokéWood.
Era il Campione, era lui a comandare.
Tornato nella sua stanza spalancò la finestra e diede un rapido controllo dal balcone. Per fortuna, attorno all’hotel il numero delle guardie diminuiva progressivamente, nessuno lo avrebbe infastidito.
‒ Ok, potete entrare ‒ segnalò con sicurezza ai suoi.
Si cominciò ad udire un debole sbattere d’ali. Silenzioso come un sospiro, un Articuno svolazzò elegantemente giù dal tetto e si posò sul suo terrazzo. Aveva quattro persone in groppa, ma queste non sembravano gravare sulle sue potenti e muscolose ali: quello più vicino alla testa del Pokémon, e che evidentemente ne era l’Allenatore, portava un giubbotto a collo alto e dei capelli lunghi e scuri che eseguivano una sinuosa danza ad ogni suo movimento, la ragazza in seconda posizione era una delicata donzella dalla pelle color caffellatte e un vestito color panna con uno spacco lungo la coscia destra che le facilitò l’azione di scendere da Articuno, il terzo era un giovanotto dai capelli castani chiari che indossava una felpa gialla e rossa decorata in stile Iron Man, l’ultimo era un uomo dalla corporatura possente e una giubba spessa abbottonata di lato.
‒ Buonasera ‒ li salutò Zack quando furono tutti scesi da Articuno mimando l’espressione più gioviale che avesse fatto in tutta la giornata.
‒ Vuoi rinfacciarmi che adesso vivi nelle suite coi petali di rosa sul letto e ti fai il bagno nello champagne? ‒ scherzò Fenix, il padrone di Articuno, quello coi capelli lunghi, facendo rientrare il suo Pokémon in una Ultra Ball.
‒ Articuno… questo intendi, per discrezione ‒ si lamentò quello muscoloso, Murdoch, dando un colpettino sulla spalla al collega.
Tutti e quattro entrarono nella camera, che intanto era rimasta intonsa, perfettamente identica a quando era stata preparata.
‒ Pensavo volessi portarci qualcuna di quelle hostess, qui… ‒ mormorò maliziosamente Tiana, la ragazza col vestito color panna. ‒ D’altra parte, stasera è un giorno importante per te, non vorrai mica sprecarlo, giusto Campione? ‒ gli sorrise provocandolo stendendosi sul suo letto.
Il ragazzo con la felpa rossa e gialla era invece intento a stappare una bottiglia di Laurent-Perrier Cuvèe Rosè offerta dal servizio in camera dopo aver accuratamente selezionato tra tutti gli alcolici disponibili e a versarne per tutti in dei bicchieri di cristallo sottili e allungati.
Egli era Axel e con gli altri tre soggetti giunti di nascosto nella suite del nuovo Campione di Holon formava la squadra dei Superquattro sottoposti a Zack.
‒ Penso solo che, allo stato attuale, Zero abbia altre priorità… ‒ disse soltanto il giovanotto castano prima di bere.
Il Campione inclinò la testa e alzò appena il bicchiere in segno di approvazione per averlo capito al volo e averlo chiamato col nome con cui desiderava essere chiamato.
‒ Grazie Axel ‒ mormorò Zero.
Fenix sbuffò con disapprovazione. Aprì il minibar e ne estrasse una stecca di Toblerone che cominciò a sgranocchiare in solitudine.
‒ Come sapete, ora che pubblicamente sono una faccia nota dovremo incontrarci principalmente in privato o in segreto, come stiamo facendo ora ‒ riprese la parola Zero. ‒ Ma non sarà un problema, anche una semplice riunione di consiglio della Lega sarà un’ottima occasione.
Tutti annuirono.
‒ Adesso, prima di procedere, Fenix, vogliamo fare un resoconto delle nostre vicende col nemico? ‒ chiese citando in giudizio il moro ancora intento a masticare il suo dolce.
‒ Allora… ‒ temporeggiò per ingoiare. ‒ loro sono forti, ma noi di più e non riescono ancora a tenerci per le palle perché sono pure poveri ‒ riassunse rudemente tornando concentrato sul suo Toblerone.
‒ Allo stato attuale, la F.A.C.E.S. vorrebbe avere l’influenza e il potere da esercitare su Holon ‒ cercò di essere più formale Zero. ‒ Ma non riesce, per ovvi motivi economici, noi siamo al sicuro dalle loro grinfie. Tuttavia non è da sottovalutare il fatto che ormai le regioni di Hoenn, Sidera, Kalos e a breve anche Sinnoh siano ormai nelle loro mani.
‒ Scusa, come anche Sinnoh? ‒ chiese Murdoch che nel frattempo aveva preso postazione su un angolino del letto, accanto a Tiana che ancora non intendeva scollarvisi.
‒ Ho sentito delle voci a proposito del progetto Nubian, non ne so molto, ma dovrebbe essere una loro strategia per prendere il controllo di quella regione… ‒ spiegò Zack. ‒ …questione di un anno e mezzo ‒ concluse riempiendosi il bicchiere.
‒ Insomma, qual è la tua idea, Zero? ‒ domandò Tiana mettendosi seduta e mandando giù lo champagne in un solo sorso. La ragazza si mastico l’interno delle guance nel pronunciare quel nomignolo, ancora le sembrava una cosa troppo stupida.
‒ Sono felice che tu me lo abbia chiesto ‒ mormorò lui.
Zack si alzò in piedi, raggiunse la tracolla che costituiva da sola la mole di “bagagli” che aveva deciso di portarsi in hotel. Ne tirò fuori un tablet. Ovviamente anche quello era un pezzo di tecnologia invisibile e impossibile da intercettare o da hackerare fornito dal team di Axel. Lo accese e cominciò a far scorrere delle immagini su di esso. Tutti gli scatti ritraevano Allenatori, gente conosciuta, Tiana vi riconobbe Ruby, Campione di Hoenn, e Algol, Superquattro di Sidera; Fenix notò Diantha, Campionessa di Kalos e molti altri.
‒ Tutti questi ‒ spiegò Zack. ‒ Saranno ai Campionati Internazionali che si svolgeranno nella nostra città di Vivalet l’anno prossimo… secondo le mie ricerche, la maggior parte di loro, è in contatto con alcuni membri della F.A.C.E.S. o lavora per loro. Io utilizzerò loro per raccogliere informazioni e così come noi teniamo questo centipede fuori dall’economia della nostra regione, io mi impegnerò per sradicarla anche nelle altre.
− Tutto chiaro – confermò Axel.
− Nessun problema – approvò Murdoch.
Il Campione espose alcuni dettagli più profondi del suo piano al gruppo di Superquattro che lo ascoltava con attenzione, trascorsero più di un’ora ad elaborare metodi di intercettazione di chiamate, furto di documenti, analisi di dispositivi. Quando le palpebre di tutti i presenti cominciarono a calare, Zero dichiarò la seduta conclusa.
Murdoch, Axel e Fenix lasciarono quella camera, restò soltanto Tiana a far compagnia al Campione appena eletto.
− Sei una persona tenace – gli disse. – Come hai fatto a diventare tanto forte? Ho controllato i tuoi dati prima che Axel ti creasse un’identità fittizia, dovevi essere morto da bambino...
− Un giorno ti racconterò la mia storia, per ora limitiamoci a svolgere il nostro lavoro – tagliò corto lui.
− Tu ed Axel siete entrati in contatto quando lavoravi ancora nella criminalità, cosa lo ha spinto a fidarsi di te tanto ciecamente?
− Abbiamo scoperto di avere gli stessi obbiettivi, con la F.A.C.E.S. – spiegò.
− Lui ha lottato per molto tempo, per tenerla lontana da Holon, ma tu... cosa ti spinge a volerla eliminare? Cosa ti hanno fatto? – chiese Tiana, che dava l’idea di avere tanto interesse per lui solo per apparire più maliziosa.
− Questo fa parte della mia storia... – mormorò lui, cupamente.
− Si tratta di vendetta? So che hanno fatto del male a tante persone – tentò lei.
− Una specie, sì, diciamo vendetta.
Tiana lo fissava intensamente, come rapita dal suo sguardo.
− Prendo dell’altro champagne – disse Zero ad un certo punto, alzandosi.
Tiana estrasse immediatamente il suo cellulare, aprendo la chat con Axel. Scrisse rapidamente, per evitare di destare sospetti in Zero, che era voltato di spalle.
“Ho un’idea per eliminarlo, forse funzionerà, se quello che dicono sulla sua mente è vero” scrisse.
“Ossia?” rispose il collega.
“Incriminiamolo, tanto è l’esperimento fallito del professor Roland, no?”
“Hai ragione, è instabile, secondo i documenti avrebbe sviluppato una doppia personalità”.
“Chiama Murdoch, è un lavoro che può svolgere lui...”
“Intendi utilizzare i draghi?” domandò lui.
“Soltanto uno...” scrisse Tiana, mettendo via il cellulare.
Zero Kills
Fine
Fine
Va bene, questo era l'ultimo capitolo di Zero Kills. Termina l'approfondimento sul personaggio di Zero. Probabilmente qualcosa apparirà più chiaro, d'ora in poi. Fatemi sapere come avete percepito questa piccola storia. La prossima pubblicazione sarà succulenta: una bella One Shot a tema noir su Norman e sulla vicenda che precede Ceneri e Piume, poi...
E poi nulla, ripartiremo con Nubian, la nuova long della serie Levyanbrau.
State connessi e buona lettura.
Lev.
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