Crystal s'infilò in una comoda camicia da notte, ancora un po' stordita per il brusco risveglio, poi uscì dalla camera da letto e, una volta in sala, accese la luce, che subito rischiarò la stanza con il suo dorato bagliore.
Ma le sembrava di aver udito qualcuno bussare, o meglio, suonare come un pazzo alla porta. Attese che il campanello si facesse risentire, in ansia, e una volta che questo riprese a tintinnare con incessante fastidio si decise ad aprire, lievemente in dubbio.
Era strano. Molto. In primo luogo, erano le tre di notte. Mai nessuno le aveva fatto visite a quell'ora, mai. Come secondo, suo marito non poteva di certo essere. Lui sarebbe rimasto a lavorare a Fiorpescopoli ancora qualche ora, e di solito rientrava solo per le sette di mattina. Ad ogni modo aprì ugualmente la porta, pronta ad esplodere in uno dei suoi devastanti scleri degni di una donna incinta, quando, a fermarla, furono un paio di meravigliosi occhi color dell'oro che, intensi e sensuali, facevano capolino da dietro un lungo, morbido ciuffo nero pece.
Le parole le morirono in gola, tutto parve fermarsi.
Per un istante si dimenticò persino di respirare.
Gold.
Gold in tutta la sua splendida essenza, magnifico nel suo bel metro e novantadue.
Cosa diavolo ci faceva lì, davanti alla porta di casa sua? A quell'ora, tra l'altro?
Deglutì, quasi intimorita dall'intensità del suo sguardo da donnaiolo che, indiscreto come al solito, le si era andato a posare sulle gambe nude. Le incrociò appena, sollevando timida le spalle.
Odiava quando lui le osservava il corpo. Sembrava che le volesse saltare addosso da un momento all'altro, la faceva sentire piccola e vulnerabile, da proteggere. «Gold…» mormorò, finalmente catturando la sua attenzione distratta.
«Crys» replicò l'altro, percorrendole con malcelata delizia il morbido profilo dei piccoli seni e della schiena elegante, che il tessuto quasi trasparente della camicia da notte si era dimenticato di velare.
La ragazza lo notò e, quando si costrinse ad incrociare le braccia al petto per pararsi da quegli occhi dorati, a Gold scappò un mezzo verso di delusione.
«Se hai finito di perlustrarmi…»
«Non ancora.»
«Gold, smettila. Cosa ci fai qui?»
Il ragazzo sospirò e s'incastrò le mani in tasca, tornando improvvisamente serio. Anche lui se lo era chiesto, il motivo di quella stupida visita notturna. Ma per quanto si fosse sforzato di darci una logica, non l'aveva trovata. O meglio, sì, l'aveva trovata eccome, ma gli sembrava non avesse assolutamente senso. L'amava. L'amava, cazzo.
E aveva avuto un disperato bisogno di vederla, con urgenza. Perché da quando si era sposata con quel tale, da quando quella terribile fede più dorata dei suoi occhi le stava incastonata all'anulare sinistro, viveva una vita più che tormentata.
Notti insonni passate a girare per tutta la casa, sempre a rodersi il fegato di una gelosia che non aveva mai né sentito, né provato, talmente intensa e distruttiva che rischiava di trovarsi ridotto alla pazzia. Poca voglia di fare l'amore con la prima cameriera di turno, o di rimorchiare come solo lui era capace di fare, divertendosi nel sentire un Silver più che scocciato borbottare fra i denti. Incapacità di ridere e scherzare, perché tutte le volte che faceva una battuta si ritrovava a domandarsi se anche il marito di Crys aveva il senso dell'umorismo, e se per caso fosse più abile di lui, lui che a fingersi il clown del team era sempre stato un campione.
“Sciocchezze” si era più volte detto, in uno di quei rari momenti in cui – assurdo – rimaneva senza donne da amare e quindi, nel silenzio di casa sua, si ritrovava a riflettere sulla vita con un gigantesco Exbo dormiente al suo fianco. “Sarò solo attratto da lei. Insomma, è figa. Questo lo sa tutta Johto.”
Invece più tardi si era visto costretto a ricredersi, perché, strano ma vero, quella notte non era lì per il delizioso corpo di Crys, o per sfotterla come era solito fare, magari tirandole la stringa del reggiseno oppure canzonarla su quanto le stava male il rosa. Che invece, lo sapeva, le donava veramente.
Ma per dirle che stava impazzendo. Per dichiararsi. Non ne poteva più, soffriva, soffriva come un brutto cagnaccio ridotto alla miseria. Silver gli aveva detto di lasciarla in pace, che ora lei aveva la sua vita, ma lui non ne voleva farsene una ragione. E avevano discusso, per questo.
Ma adesso non gli fregava un diavolo dell'amico, si sarebbero sistemati dopo.
Per la testa in quel momento aveva solo Crystal, e voleva avere solo lei.
Avvertirla del suo stato gli sembrava il minimo. Doveva sapere che in qualche modo era cambiato. Non poi così tanto, vero, ma cavoli. Solo Arceus poteva immaginare gli sforzi che stava facendo per trasformarsi in un uomo fedele, bravo e serio. Che non la trovava più solo un delizioso bocconcino, ma che ad affascinarlo così tanto era lei, lei sia fuori che dentro, la sua essenza, e che aveva bisogno di abbracciarla, baciarla, sentirla vivere in lui, con lui, per lui, e darle tutto l'amore del mondo.
E che l'idea che un altro stronzo avesse avuto l'onore di toccarla al posto suo, lo infastidiva tanto, anzi, troppo. Si riscosse appena, decidendosi a rispondere. «Dobbiamo parlare.»
Crystal gli sorrise nervosa. Quando Gold diventava una maschera di ferro voleva dire solo una cosa: “niente scherzi, sono serio questa volta”. Ed era in quei momenti che c'era Silver, a controllare la situazione. Fece vagare lo sguardo oltre le spalle dell'amico, sperando di intravedere la sua testa rossa spiccare nel buio della notte, ma quando si convinse del fatto che lì, davanti a lei, c'era solo ed esclusivamente Gold, smise di fare la stupida. «Vedo che sei solo…»
«Sì.»
«Ah… Ehm…»
«Possiamo parlare, allora…?»
Prima che Crys potesse anche solo osare rispondere alla domanda, il ragazzo assunse l'espressione più irritata del mondo. La ragazza si chiese se per caso Gold non avesse bevuto. Era strano.
«…O, adesso che ti sei sposata, è vietato rivolgerti la parola? Perché sembra che mi stai evitando. Cos'è, quel tipo ti ha impedito di vedermi?»
Rabbrividì di un dolore inesistente, quasi le vivaci iridi dorate dell'amico, prima quiete e rilassate, all'improvviso le avessero arroventato la pelle con la terribile, devastante, impetuosa potenza di un Charizard furente pronto a distruggere ogni cosa. A tratti ne ebbe paura, però ugualmente tirò fuori un dolce sorriso carico di gentilezza, sperando di poter calmare quell'incendio bollente.
«Gold, tu sei tutto matto.»
Il ragazzo non rispose, continuando a fissarla, scocciato. Crystal rise, facendosi da parte per farlo accomodare in casa. Una volta dentro si chiuse la porta alle spalle, aggrappandosi al lustro pomello color acciaio. «Scusa il disordine…» sussurrò, dirigendosi in cucina.
Gold scrutò un paio di documenti sparsi sul tavolo, poi li fece da parte e prese posto sulla prima sedia che gli capitò a tiro, cominciando a scaldarsi. «Dobbiamo parlare.»
«Sì, però rilassati, adesso. Posso offrirti qualcosa?»
«Tu prendi niente?»
La ragazza si abbassò di un pelo il lobo destro della camicietta, sperando di coprire un po' le cosce, poi cominciò a smanettare sui fornelli, nervosa. Gold la stava preoccupando. Forse era successo qualcosa. Accese il fuoco, sperando vivamente che non c'entrasse Exbo. «Pensavo di mettere su un po di tè caldo. Ti andrebbe?»
«Sì, perfetto.»
Per un po' ad aleggiare fra i due ci fu solo un quieto silenzio colmo di serenità, uno di quelli che vorresti ti cullassero dolcemente tutta la notte, senza abbandonarti mai. Gold ne approfittò per dare un'occhiata alle scartoffie che prima si era disturbato di scansare in un angolo, interessandosi a qualcosa che non fosse il bel didietro della ragazza. Evidentemente, Crys era ufficialmente diventata un'assistente del professor Oak. E lui, lui cos'era? Un emerito stupido buono soltanto a fare l'amante e, beh… Storse appena le larghe labbra, infastidito, poi si grattò la guancia destra, mentre i passi rilassati dell'amica gli cullavano l'udito. Buono anche a prendersele quando veniva scoperto, ecco.
Decise di non farsi più gli affarucci della sua bella Crys, quindi rimise tutto a posto, ordinando i documenti persino in ordine alfabetico. Poi la voce di lei, fresca, che gli giunse allegra dalla cucina. E il fuoco che gli scoppiettava nelle iridi finalmente si calmò, riducendosi a un'inutile fiammella pronta a morire del tutto. «Hai sentito Silver, ultimamente?»
«No. No, abbiamo litigato.»
«Perché?»
«Vai avanti, il solito.»
Crystal si massaggiò un braccio, dispiaciuta. Non era raro che, tra un Gold che voleva avere ragione a tutti i costi e a un Silver che per infervorarsi bastava veramente poco, volassero certe scazzottate da brividi. Ma di solito facevano pace subito. Dal tono funesto dell'amico questo giro sembrava essere andata diversamente, ma decise di non indagare. Fatti loro. «Mi ha detto che sta frequentando una ragazza… È carina, sai? L'ho vista! Capelli castani, lunghi, una bella personalità. Mi sa che è più grande di lui.»
«Ah, te l'ha detto a te e non a me, eh…? Bello stronzo.»
Crystal rise e lui subito la imitò, trovando la sua limpida risata il suono più bello, unico e speciale del mondo.
«Magari ha paura che gliela freghi.»
«Perché lui è santissimo.»
«Ti sei fatto una certa fama, qui da me. Tutte le donne che incontro mi parlano di te, o Gold il supremo. E… delle tue… prestazioni, se così vogliamo definirle.»
Gold si rabbuiò, quasi lei lo avesse appena insultato senza farlo apposta, ma invece di mandare tutto all'aria semplicemente aggrottò le sopracciglia, riflettendo sulle sue parole. No, di certo non avrebbe più rubato nessuna a nessuno.
Stava bene così, a struggersi per lei, a volerla e desiderarla ogni ora più della precedente. Non aveva bisogno di altro. Davvero. Mai stato così sincero con se stesso.
«Beh, non rispondi…?» Finalmente Crystal uscì dalla cucina e, con le mani impegnate a sorreggere la teiera fumante, chinò appena la testa, indicandogli un piccolo scaffale alla sua sinistra. «Prendi pure la tazza che desideri, sono lì dentro.»
Gold non prese solo la sua, ma anche una per lei. Quando le ebbe posate entrambe sul legno in betulla del tavolo si alzò e la raggiunse, quindi la obbligò a mollare la teiera. «Vatti a sedere, Crys. Ci penso io.»
«Non occorre…»
«Sì, invece. Dai, siediti. Tuo marito non c'è mai, quindi a te tocca sgobbare il doppio delle fatiche. Meriti un po' di riposo, no?»
Crystal obbedì, senza obbiettare oltre – Gold era testardo, niente da fare. Poi strinse le mani sulla fredda ceramica della tazza che lui le aveva gentilmente scelto, confusa. Strano. Davvero fin troppo assurdo. Era veramente raro che Gold diventasse un servizievole Teddiursa tutto d'un tratto, vero, ma era già capitato altre volte che si preoccupasse per lei. Eppure perché non riusciva ad accettare quell'evidenza?
Perché sentiva che c'era dell'altro? Aspettò paziente che l'amico finisse di riempire anche la sua, di tazza, poi, quando quest'ultimo si gettò a peso morto sulla sedia, cominciò a sorseggiare un po' di tè, lasciando che le scottasse la lingua con il suo acido sapore infuocato. «Cos'è successo?»
Gold cominciò a giocare con il manico in ceramica della tazza, sperando di non cedere all'agitazione. Era arrivato il momento. Ora o mai più. «Beh...»
«Devo preoccuparmi?» domandò Crys, rivolgendo ancora una volta un premuroso pensiero a Exbo.
«No, no. È tutto ok, non è morto nessuno, non cominciare a farti mille problemi» borbottò Gold, picchiettando le unghie contro la ceramica due, tre, quattro e cinque volte consecutive, come un bambino alle prese con la sua prima fissazione. «Io…»
«Tu…?»
S'inumidì le labbra e sollevò gli occhi al soffitto, alla ricerca delle parole giuste, ma con orrore si accorse che non riuscì a trovarne nemmeno una. Purtroppo non era mai stato un granché, coi discorsi. Diciamo che era più bravo a fatti. Ma non poteva prenderle il viso e baciarla, o trascinarla sul divano.
No. Doveva essere cauto, dannazione. Per la prima volta. Per lei. Per un rapporto stabile e sereno. Perché l'ultima cosa che voleva fare era mandare tutto al diavolo, roba in cui invece era maestro. «Crystal, mi prenderai per uno stupido.»
«Ti sei innamorato» sparò la ragazza, sorridendo scettica, ma quando lo vide innervosirsi e sollevare appena le larghe spalle, ahimè, si rese conto di averci azzeccato per davvero. Si grattò fra i capelli indaco, confusa. Assurdo. Gold non era mai stato capace di provare qualcosa di più in là che semplice sesso. La cosa si era sempre fermata lì. D'improvviso le venne in mente di quando, da ragazzina, aveva perso tantissimo tempo a corrergli dietro, ad agitarsi alla sua presenza, a trovarsi stupida al suo fianco, sperando di poter, un giorno, arrivare a sfiorargli le labbra e a essere più di una semplice amica.
Ma lui era sempre stato un ragazzo impossibile, bello e dannato fino al midollo, da lasciare in pace e ammirare da lontano, quasi fosse veramente fatto di puro e semplice oro. E ci aveva sofferto, per tutto ciò, e di sicuro mai avrebbe dimenticato tutta quell'orda di sentimenti contrastanti che le aveva fatto provare.
Per questo non poteva crederci. «È… È così?»
«Sì… Credo… Non lo so» sussurrò Gold, finalmente assaggiando il tè. Lo trovò amarissimo, ma ne bevve ugualmente qualche sorso, giusto per far felice la ragazza. Per lei questo e altro, anche ingerire chiodi sarebbe stato delizioso.
«N-No, è impossibile» balbettò dopo qualche attimo lei, scuotendo il capo dall'incredulità.
«Mi fai finire? Non sono venuto qui per dirti che mi sono innamorato, avrei potuto farlo al cellulare.»
«Sicuro di non avere la febbre?»
«Crys.»
«Magari hai preso un po' di raffreddore… Oppure hai sbattuto la testa… Oh, ci sono! Sei sbronzo! Vero?»
«No, non lo sono!» ringhiò di getto Gold, scattando in piedi con una furia tale da scaraventare la sedia a terra. Era così, che ci si sentiva, ad essere innamorati? Sempre confusi e suscettibili? Crystal lo imitò, ma con più cautela, e senza ribaltare niente.
«Crystal, ho trent' anni! Pensi che sia rimasto ancora lo stupido ragazzino di cento miliardi di anni fa?»
«E con questo? Voi uomini non cambiate mai.»
«No, ma possiamo sempre migliorare, cosa accidenti vuol dire, Crys, queste cazzate…!»
«No, non migliorate nemmeno! Oh, andiamo, Gold! È assurdo! Non venirmi a dire che sei cambiato, perché suonerebbe come la cavolata più grande del mondo! Anzi, no, scusa! Come la cazzata più grande del mondo!»
«Crystal, perché devi…»
«Oh, dai, ti prego, smetti!» Crystal si portò le mani fra i lunghi capelli blu, in quel momento sciolti e appena spettinati a causa del profondo sonno di prima. Aveva il fiato corto e il viso livido di vergogna, ma provò comunque a mantenere un ferreo controllo di se stessa. L'ultima cosa che voleva fare era litigare con lui, vedersi sbattere la porta in faccia, costringere Silver a parlargli e vedere se le cose si sarebbero rimesse a posto. Anche se nel novantanove percento dei casi Gold non se la prendeva mai, quando accadeva accumulava tanta di quella rabbia dentro di sé da diventare intrattabile. Esatto. Come un feroce Typhlosion. «Ti sono stata dietro a vita, Gold, come una perfetta cretina… Sempre lì, sempre a struggermi per te, a saltellarti dietro… E tu? Tu mi hai sempre e solo trattato come un'amica…»
«Che vuoi, ero stupido!» si auto-offese Gold, passandosi una mano fra i capelli corvini. Oh, cielo. Da quando in qua si insultava?
«… Non potevo avercela con te, certo… Insomma, eri uno dei miei migliori amici, allontanarti sarebbe stato brutto, e comunque mi volevi bene, almeno quello te lo potevo concedere…» continuò imperterrita Crys, come se non lo avesse minimamente sentito. Gold cominciò a scocciarsi, e si chiese se venire lì fosse stato poi un bene. Meglio se si affrettava a prendere le redini del discorso, o presto si sarebbe ritrovato con la faccia ribaltata dall'altro lato, e gonfia di dolore.
Sì, Crystal ancora lo prendeva a calci. Quando voleva sapeva essere terribilmente violenta.
«E con questo? Dove vorresti andare a parare?»
«Come…?! Senti, Gold, smettila con 'ste fesserie, perché… Per tutti i Jumpluff, quanto mi fai innervosire!»
«Ti amo.»
«Mi ami!»
«Da sempre.»
Silenzio.
Le labbra di Crystal tentarono di minacciarlo di morte, ma nonostante lo sforzo quasi disumano, librarono in aria solo un gemito sconvolto.
Dapprima non riuscì a capacitarsene, tanto era rimasta presa dalla discussione, poi, finalmente, si rese effettivamente conto di ciò che l'amico le aveva appena confessato.
L'amava.
Assurdo, folle. Inammissibile. Evidentemente quella sera era soltanto in vena di scherzi, tutto qui.
Gold non era capace di amare. E poi lei era sposata, che diavolo voleva.
Si portò una mano sulla fronte, cercando di calmarsi, quindi prese posto a tavola e si concentrò a sorseggiare il suo tè, per fortuna ancora abbastanza caldo. Anche Gold si calmò, ma di sedersi proprio non ne aveva voglia, così rimase in piedi, ad ascoltarle il respiro farsi sempre più affannoso. Era nervosa.
E lui, beh, lui di più. L'amava, accidenti, diavolo se l'amava. E glielo aveva appena detto, così, di getto, per gettare acqua su un discorso che aveva preso una terribile piega. Adesso?
Adesso doveva fare qualcosa. Non poteva perderla. Anche se non era sua e forse mai lo sarebbe stata. «Scusa, io…» cominciò, passandosi di nuovo una mano fra i capelli.
Crystal non si degnò nemmeno di guardarlo, il naso affondato nella tazza e gli occhi chiari fissi dinnanzi a sé. Gold la trovò bellissima, ma si risparmiò dal dirglielo. Non gli sembrava né il momento né il caso.
«Scusa. So che… può sembrare assurdo… E credimi, io sono più stordito di te…»
«Vattene.»
«Lasciami parlare, Crys.»
La ragazza sbatté la tazza contro il tavolo, facendolo sobbalzare, poi si nascose il viso fra le mani ed emise un profondo sospiro, cercando di calmarsi. Lei aveva un marito, diavolo, era sposata, apparteneva ad un altro, e lo amava, quest'altro, con tutto il suo cuore. Gold era solo un amico, un vecchio amore, un ricordo sfocato di ciò che era stato, un ragazzo ancora immaturo e incapace di cambiare. Doveva rimanere al suo posto, buono. Le si appannò la vista dallo stordimento, ma riuscì a bloccare in tempo le lacrime. Non sapeva davvero cosa pensare. Forse piangere era la cosa giusta, ma di farlo davanti a lui proprio no. «Vai via, Gold…» ripeté, con voce tremante.
«No. Crys. Quando ti sei sposata con quello stronzo, lì…»
«Per favore…»
«…Ho provato una gelosia che tu non hai idea. All'inizio pensavo solo che fosse perché ti avevo sempre trovata desiderabile, e… Ok, lo ammetto, volevo farti. Ho sempre sognato di farti. Ma questa volta è diverso.» Gold lasciò che le sue parole entrassero nella testa della ragazza, in modo che se le imprimesse per bene nel cervello. Poi proseguì, incapace di staccarle gli occhi di dosso. «…Ho continuato a nutrire una certa invidia per lo stronzo, anche dopo il matrimonio. Ce l'ho tutt'ora, Crys, e non riesco a liberarmene. E mi tormenta non poco sapere che al posto suo ci vorrei tanto essere io. Mi dà fastidio anche solo immaginarvi a letto, o impegnati a baciarvi. Crys…»
Crystal arrossì tutta, poi le lacrime, che cominciarono a scenderle lente lungo le gote. Non aveva saputo fermarle, inutile. Più forte di lei. Si rialzò di nuovo, raccogliendo la tazza dal tavolo per mollarla in lavastoviglie, quindi si diresse verso la porta di casa, decisa a mandarlo via una volta per tutte. Non poteva restare lì, non doveva. Meglio se spariva.
Perché ora quello che provava non era confusione, ma paura. Paura di non amare a sufficienza suo marito, paura di sentire ancora qualcosa di folle e travolgente per Gold, paura di desiderarlo sopra ogni cosa, come in quel dannatissimo momento.
E consapevolezza. Consapevolezza di averlo sempre amato, di aver sempre sperato in un cambiamento che, lo sapeva, era arrivato e stava continuando ad avanzare.
Perché sì, glielo leggeva negli occhi, nel viso, nel corpo, in tutto. Stava migliorando. Eppure si rifiutava di crederci, non poteva essere possibile.
Migliorando per lei. Nah. Perché l'amava, tra l'altro. Troppo bello per essere vero.
Provò ad asciugarsi le lacrime, sconvolta, quando all'improvviso il braccio possente di Gold le impedì di arrivare alla porta, bloccandola contro il freddo muro in cartongesso. Deglutì, spaventata e attratta al contempo. E adesso?
L'amico la guardò con intensità, un misto fra l'offeso e lo sconvolto, quindi riprese, lasciandosi trascinare dal momento. «Io lo odio. Odio quello stronzo.»
«È mio marito, Gold!»
«Non vedo la differenza fra “stronzo” e “tuo marito”. Eddai, Crystal. Sono invidioso, troppo. Tutto questo mi sta facendo impazzire. E cazzo, ti amo.»
«Gold, ti prego…»
«Crys, lasciamelo dire. Io ti amo. Non pensare che mi arrenderò. Solo perché sono un coglione, non vuol dire che non sia in grado di provare sentimenti.»
«Assurdo…»
«Me ne sono accorto adesso, vero. Me ne sono accorto quando ti hanno portata via da me, quando ti ho vista aggrapparti al collo di un altro, baciare un altro. Ti giuro, mi è crollato il mondo addosso, mi avresti dovuto vedere. Crys…» Fece una pausa, avvicinandosi di più al suo dolce viso arrossato, poi le asciugò una lacrima, percorrendole con affetto la sinuosa linea del collo. «Ho… bisogno di te. Di sentirti accanto, di sapere che sei mia, di svegliarmi la mattina e ritrovarmi stretto al tuo corpo. È questo, ciò che mi fa sentire davvero bene. Non le belle donne, non il biliardo, non Exbo, o meglio, lui sì, ma solo in parte. Crys, non sei solo sesso. Sei molto di più. Sei la mia luce, la mia speranza di vita. Saperti con un altro è difficile da accettare… Scusa se me ne sono reso conto solo ora. Dopo anni passati a fare lo stupido.»
Crystal continuò a piangere e scuotere il capo, rossissima in viso, e Gold aumentò l'intensità delle carezze sul collo, obbligandola ad emettere un delizioso gemito di piacere che gli fece accapponare la pelle.
«Scusa, ho sbagliato, e… E, beh. Continuerò a sbagliare, Crys, perché lo sai che ho un debole per i guai. Anzi, io adoro i guai. Me li vado proprio a cercare! Però ti amo, e sto male. Lascia lo stronz-… Tuo marito e mettiti con me. So che ti piaccio ancora, so che posso risvegliare quello che provavi per me, te lo leggo negli occhi, sai che mi basta poco. Altrimenti penso proprio che cambierò città, perché non posso più sopportare una cosa del genere.»
Crys provò a dire qualcosa, a dimenarsi, toglierselo di dosso, difendersi a calci, ma le labbra di Gold arrivarono furiose, fiondandosi bollenti contro le sue, e subito il cuore prese a batterle più forte del normale, pronto a sfondarle la gabbia toracica da un fottutissimo momento all'altro.
Dapprima provò a respingerlo, sconvolta dalla situazione, poi però si lasciò andare al calore della sua morbida bocca, incapace di mettere fine a quel dolce bacio tormentato. Se la sarebbe dovuta aspettare, una conclusione del genere. Avrebbe dovuto prendere dovute precauzioni, magari dargli di spalle, o evitarlo in qualche modo.
Prenderlo a schiaffi, tanti ceffoni per ognuna delle stronzate che aveva sparato quella sera. Ma si accorse che in fondo, l'unica cosa che aveva desiderato fino a quel momento, erano sempre e solo state le sue labbra. Quando le mani del ragazzo le si infilarono ingenue sotto la camicetta e i baci, dapprima cauti e smielati, si trasformarono in un vero e proprio divorarsi a vicenda, liberò la mente, dimenticandosi di essere sposata, e si lasciò completamente andare al suo caldo tocco virile, stringendosi forte a sé quel meraviglioso corpo che, lo sapeva, non avrebbe potuto competere nemmeno con quello portentoso del Campione.
Ma quando Gold cominciò a desiderare più del dovuto mise fine al sogno, senza però fermare la frenetica corsa delle sue mani maschili impegnate a tastarle spasmodicamente schiena, seno, capelli, spalle e braccia. Che diavolo stava combinando? Forse la testa l'aveva sbattuta lei, non lui, poco ma sicuro.
Dopo avergli posato ambe le mani sul petto iniziò a spingerlo via, ma lui, di porre fine a quel magico momento, proprio non ne voleva sapere, e così, reclinando appena il capo, le morse con voracità il collo, troppo preso dal piacere.
E fu lì che Crystal gli tirò uno schiaffo, anzi, due.
E che Gold la smise, lasciandosi sfuggire un forte gemito di dolore. Diavolo, che stupido. Si era lasciato prendere dal momento. Ma perché? Si massaggiò le gote, sperando che fosse sufficiente a lenire il dolore. Indurre Crystal a finire sotto di lui, quando sapeva alla perfezione che era sposata, legata ad un altro. Avrebbe dovuto mantenere il controllo, non perderlo in modo tanto stupido. Su questo ci doveva ancora lavorare.
Guardò in basso, incapace di chiedere scusa.
«Stupido…»
Annuì, incassando l'insulto.
«Sei uno stupido! Ma che diavolo ti è preso! Pensavi davvero che mi sarei lasciata trascinare?! Adesso vattene, per favore…»
«Crystal, mi dispiace, non volevo. Non volevo, davvero. Ma sei così bella, e ti amo così tanto che…»
Un altro schiaffo, che risuonò nell'aria più forte di prima.
Questa volta Gold rimase zitto, con un orecchio mezzo funzionante e l'altro completamente tormentato da un fastidioso ronzio. Diavolo. Cominciò a vedere puntini rossi, e per un attimo tutto si fece scuro.
«Vattene! Sai cosa vuol dire!? Tornatene a Borgofoglianova e sparisci!»
«Crys, credi che con questo cambierà qualcosa? Domani continuerò a stare male per te.»
Crystal fece per ridargliele di santa ragione, ma lui questa volta le fermò la mano a mezz'aria, ancora stordito dai terribili ceffoni di prima. E la baciò di nuovo, provando a scioglierla.
Ma questa volta il muro non crollò, anzi, divenne più spesso e solido: Crys riuscì a respingerlo senza fatiche. «Allora non voglio nemmeno più averti come amico, se è questo il prezzo da pagare!» urlò, liberandosi dalla sua presa. Era deciso. Faceva male, dannazione, altroché, ma se smettevano per sempre di vedersi forse la lontananza li avrebbe aiutati. Sì, li, plurale. Perché anche lei era ancora presa da lui, e avrebbe continuato ad esserlo a vita, ne era più che sicura. Meglio chiudere tutte le porte e dirgli addio.
Gold storse le labbra in un moto di stizza. «Non… Non puoi. Non puoi impedirmi di essere tuo amico.»
«Tu non fai l'amico, Gold, tu fai il precipitoso! Hai rovinato tutto! Sei matto! Vattene!» strillò Crys, portandosi le mani fra i capelli senza smettere di singhiozzare, proprio come quando, da piccola, i bulletti della classe le tiravano i codini. Vedere Gold era stato uno sbaglio. Farlo entrare, era stato uno sbaglio. Accettare le sue labbra e le sue mani infuocate sulla schiena, avergli quasi concesso la possibilità di portarsela di sopra, e stenderla fra le lenzuola. Si sentiva colpevole. Da una parte, per suo marito, che amava tanto. Non avrebbe mai dovuto lasciarsi andare così.
Dall'altra, per uno dei suoi amici più grandi, a cui stava proprio dicendo di ritornarsene da dove era venuto e di non farsi più vedere.
Arrossì ancora, violentemente, poi chinò il capo, sospirando. «Vattene.»
Un ordine che pesava più di mille Metagross sulle spalle. Indigeribile, tremendo. Ma necessario.
Quando notò con la coda dell'occhio che Gold, testardo, ancora non si era mosso da lì, sollevò con rabbia la testa, facendo tintinnare gli orecchini a forma di stella, e quasi che non lo vide indietreggiare. Evidentemente, doveva avere un aspetto orribile. Piangere non le aveva mai fatto bene. «Ti ho detto di andartene, Gold, sparisci dalla mia vita, dimenticami!» urlò, quasi aizzandosi contro di lui.
Il ragazzo allargò il petto in un moto di rabbia, minacciando di esplodere, ma mantenne il controllo, cosa che di solito non gli era mai riuscita troppo bene. «Crys…»
«Crystal!»
«Crys…»
«Ti ho detto di chiamarmi Crystal!»
«E va bene, Crystal! Senti, Crystal, tu mi accusi di amarti e di non sapere nemmeno quello che sto dicendo. Parli di cambiamenti, parli…» Gold fece una pausa, rendendosi conto che la parete oculare gli bruciava appena. Vedere la sua migliore amica in quelle condizioni a causa solo ed esclusivamente sua lo addolorava molto. Sì, forse fra i due aveva ragione lei. Meglio non vedersi più. Meglio rinunciarci. «Parli di assurdità, mi vedi come un incapace…»
«Vai via, basta!»
«Ma anche tu! Anche tu non sei cambiata di una virgola, Crys, fai veramente dannare il mondo!»
La ragazza si addentò il labbro inferiore, delusa dalla discussione accesa che li aveva visti protagonisti, e quando sentì la porta d'ingresso sbattere furiosa contro i battenti, un'altra lacrima le andò a solcare la gota destra, arrossata a causa dell'incessante pianto di pochi istanti prima.
Se n'era andato. Gold.
Per un attimo ebbe come l'insano quanto folle istinto di correre fuori dalla porta, saltargli al collo e affogarlo di baci, impedendogli di sparire. Ma non lo fece, nonostante le gambe frementi dalla stupida voglia di fermarlo, quasi si fossero dimenticate di tremare di gioia all'imminente arrivo del marito.
Aveva combinato un disastro. Con Gold era sempre stata lei stessa, un disastro.
E diamine, lo sapeva, sapeva perfettamente di essersi comportata da pazza. E lui aveva le sue colpe, chiaro, ma a chi lo voleva nascondere che nel baciarlo su quelle labbra tanto esperte aveva provato un piacere folle.
Incapace di rimanere in piedi cadde a terra, nascondendosi il viso fra le mani.
Ottimo, bel lavoro, Crys.
E adesso?
nda
Ehi!
Ho scritto questa storia con l'intenzione di voler usare un Gold cresciuto, più maturo e più tutto, ma trattenendo i suoi caratteri distintivi, e spero vivamente di esserci riuscita anche perché è uno dei miei personaggi preferiti in assoluta. L'idea mi è venuta dopo aver visto qualche immagine dei due, che shippo a morte, e trovo interessante come il timore di Crystal nel non credere che Gold sia in qualche modo cambiato si misceli al suo amore assopito per lui.
La fic non è finita qui, un sequel della vicenda è in "work in progress" nel mio cervello u.u
Spero che vi sia piaciuta, saluti a tutti!
Commenti
Posta un commento