herr
PREVIOUSLY ON CARDS Hilda,
sulla strada per Nimbasa City, incontra uno strano ragazzo che tenta di
convincerla a scappare con lui, in sfavore di N, ma il suo amore per
lui è troppo grande e decide di tornare in città. Bianca ammette di aver
inventato le accuse contro Hilda e di far uso di droghe alla polizia,
dopodiché fa visita a N per capire come proseguire con il loro piano
quando lui le tende un agguato. Decide allora di uccidersi. Looker
continua ad indagare.
[avviso: il capitolo è estremamente lungo. No, non è vero, se avete letto il quindicesimo, questo
sarà di poco più lungo, sono 20 pagine di Pages contro le 15 del capitolo scorso. Fattibile, forse]
«
Stazione Centrale di Castelia City, Central Plaza » gracchiò una voce
metallica « Stazione Centrale di Castelia City, Central Plaza »
Hilda si alzò e camminò in direzione delle porte. Assieme a lei, un flusso continuo di persone saliva e scendeva dai vagoni del treno, in sosta temporanea nel cuore della città.
Giunta a terra, il suo sguardo vagò all’interno dell’immensa stazione come vi muoveva i suoi passi, alla ricerca dell’uscita: fu il rumore del traffico a guidarla sino alla strada dove fu con prepotenza gettata nuovamente nella frenesia di Castelia. Il suo obbiettivo era trovare N.
« Oh? »
La sua attenzione fu catturata da una limousine di un verde scintillante che si era accostata alla strada.
Uno specchietto si abbassò. « Hilda Baskerville? » chiese una voce dall’interno.
« Chi è? » ribatté Hilda, avvicinandosi al finestrino.
« Hilda Baskerville? » continuò la voce.
« Sì, Hilda Baskerville » fece infastidita « sono le uniche parole che conosce? Hilda e Baskerville? »
Poteva scorgere un uomo di mezza età dallo squarcio apertosi lungo il finestrino.
« Vuole entrare? »
« No, non voglio entrare »
« Ne è sicura? È un’affermazione di cui potrebbe pentirsi »
« Ah sì? E cosa mi aspetterebbe dopo? »
« N »
Hilda rimase in silenzio.
« Vuole entrare? »
« Natural Harmonia Gropius? »
Una voce roca risuonò nella cella di polizia.
« Cos’è successo? »
N alzò lo sguardo, alla ricerca della voce che lo aveva chiamato.
« Sono io »
« È morta… »
« Deve venire con me »
Un rumore metallico si sollevò nell’aria come ruotò le chiavi nella toppa. Aprì la porta e lasciò uscire il ragazzo, sotto gli sguardi languidi degli altri prigionieri.
« Signore, sta bene? Ho paura che dovremmo portarla in centrale »
« Ringrazia di avere amici così » commentò l’uomo. « Sei libero di andare »
« Come? »
« Non volevo… »
« Cosa non voleva, signore? »
« Lei… è morta… »
« È libero di andare, non ci sarà nessun’indagine »
« Signore, è meglio se andiamo in centrale, là potrà dirci tutto con calma »
« Si è sparata… mi ha preso la pistola di mano e si è sparata… è morta… »
« Signore, è sotto shock. La accompagno in centrale »
« Come? »
« Ha capito bene. Ora vada »
« Non volevo… »
« Lo so, signore. Ora venga, dobbiamo andare in centrale »
« Ma Bianc—»
« Vada, signore. È un ordine »
N diede uno sguardo all’uscita. Una fredda corrente spirava da essa e lo investiva: i suoi capelli fluivano al ritmo di essa. Abbassò gli occhi al riverbero della luce e lentamente si fece strada fuori, coprendo il viso dalla forte luminosità esterna. Il vento incanalato fra strade di Castelia ululava e vibrava nelle orecchie del ragazzo.
Si strinse il cappotto su di sé ed avanzò lungo il marciapiede. Manteneva la visuale proiettata sul basso, nella speranza di evitare il contatto visivo. Il freddo accarezzava le sue guance pizzicava la pelle.
Lo stridio delle ruote sull’asfalto lo richiamò.
Notò davanti a sé una limousine verde rallentare.
« Signorino Harmonia Gropius? »
N si guardò attorno.
« Non voglio nulla da Zinzolin »
« Non credo sia nella posizione di rifiutare questo invito »
« Ah sì? Perché è quello che sto facendo » gridò, superando la vettura « di’ a Zinzolin di andare a fanculo »
« Ne è sicuro, signore? Hilda resterà delusa »
N si arrestò.
« Cosa? Hilda? »
« Ha voglia di salire? »
« Dove cazzo l’avete portata? » esclamò « dov’è Hilda? Dove cazzo è Hilda? »
« Non sono sicuro di poterle rispondere. Vuole salire? »
Hilda si alzò e camminò in direzione delle porte. Assieme a lei, un flusso continuo di persone saliva e scendeva dai vagoni del treno, in sosta temporanea nel cuore della città.
Giunta a terra, il suo sguardo vagò all’interno dell’immensa stazione come vi muoveva i suoi passi, alla ricerca dell’uscita: fu il rumore del traffico a guidarla sino alla strada dove fu con prepotenza gettata nuovamente nella frenesia di Castelia. Il suo obbiettivo era trovare N.
« Oh? »
La sua attenzione fu catturata da una limousine di un verde scintillante che si era accostata alla strada.
Uno specchietto si abbassò. « Hilda Baskerville? » chiese una voce dall’interno.
« Chi è? » ribatté Hilda, avvicinandosi al finestrino.
« Hilda Baskerville? » continuò la voce.
« Sì, Hilda Baskerville » fece infastidita « sono le uniche parole che conosce? Hilda e Baskerville? »
Poteva scorgere un uomo di mezza età dallo squarcio apertosi lungo il finestrino.
« Vuole entrare? »
« No, non voglio entrare »
« Ne è sicura? È un’affermazione di cui potrebbe pentirsi »
« Ah sì? E cosa mi aspetterebbe dopo? »
« N »
Hilda rimase in silenzio.
« Vuole entrare? »
« Natural Harmonia Gropius? »
Una voce roca risuonò nella cella di polizia.
« Cos’è successo? »
N alzò lo sguardo, alla ricerca della voce che lo aveva chiamato.
« Sono io »
« È morta… »
« Deve venire con me »
Un rumore metallico si sollevò nell’aria come ruotò le chiavi nella toppa. Aprì la porta e lasciò uscire il ragazzo, sotto gli sguardi languidi degli altri prigionieri.
« Signore, sta bene? Ho paura che dovremmo portarla in centrale »
« Ringrazia di avere amici così » commentò l’uomo. « Sei libero di andare »
« Come? »
« Non volevo… »
« Cosa non voleva, signore? »
« Lei… è morta… »
« È libero di andare, non ci sarà nessun’indagine »
« Signore, è meglio se andiamo in centrale, là potrà dirci tutto con calma »
« Si è sparata… mi ha preso la pistola di mano e si è sparata… è morta… »
« Signore, è sotto shock. La accompagno in centrale »
« Come? »
« Ha capito bene. Ora vada »
« Non volevo… »
« Lo so, signore. Ora venga, dobbiamo andare in centrale »
« Ma Bianc—»
« Vada, signore. È un ordine »
N diede uno sguardo all’uscita. Una fredda corrente spirava da essa e lo investiva: i suoi capelli fluivano al ritmo di essa. Abbassò gli occhi al riverbero della luce e lentamente si fece strada fuori, coprendo il viso dalla forte luminosità esterna. Il vento incanalato fra strade di Castelia ululava e vibrava nelle orecchie del ragazzo.
Si strinse il cappotto su di sé ed avanzò lungo il marciapiede. Manteneva la visuale proiettata sul basso, nella speranza di evitare il contatto visivo. Il freddo accarezzava le sue guance pizzicava la pelle.
Lo stridio delle ruote sull’asfalto lo richiamò.
Notò davanti a sé una limousine verde rallentare.
« Signorino Harmonia Gropius? »
N si guardò attorno.
« Non voglio nulla da Zinzolin »
« Non credo sia nella posizione di rifiutare questo invito »
« Ah sì? Perché è quello che sto facendo » gridò, superando la vettura « di’ a Zinzolin di andare a fanculo »
« Ne è sicuro, signore? Hilda resterà delusa »
N si arrestò.
« Cosa? Hilda? »
« Ha voglia di salire? »
« Dove cazzo l’avete portata? » esclamò « dov’è Hilda? Dove cazzo è Hilda? »
« Non sono sicuro di poterle rispondere. Vuole salire? »
Chapter XVI
To Sleep, perchanche to Dream
“To die, to sleep.
To sleep, perchance to dream.
Ay, there's the rub,
for in that sleep of death what dreams may come
when we have shuffled off this mortal coil
must give us pause.
There's the respect
that makes calamity of so long life”
Hamlet, William Shakespeare “the Bard”
To Sleep, perchanche to Dream
“To die, to sleep.
To sleep, perchance to dream.
Ay, there's the rub,
for in that sleep of death what dreams may come
when we have shuffled off this mortal coil
must give us pause.
There's the respect
that makes calamity of so long life”
Hamlet, William Shakespeare “the Bard”
L’auto si fermò davanti all’entrata di un lussuoso palazzo. L’entrata era illuminata da ciò che scrutò come essere un lampadario ed era delimitata da due paraste, di un bianco sporco come l’intero edificio. Mantenne lo sguardo basso ed osservò come non v’era una sola persona all’interno.
Si domandò se ad aspettarla, dall’altra parte della facciata, ci fosse veramente N.
« Vuole scendere? »
« Dov’è N? »
« Vuole scendere, signorina Baskerville? »
« Non faccio un cazzo se non mi dici dov’è N »
« Non lo troverà certamente qua. Vuole scendere, signorina? »
« No, non “vuole scendere?” nessuno » lo canzonò lei « dove—è—N » sillabò.
« Signorina, sarò costretto a usare le maniere forti »
« Uuh! E cosa farei, puntarmi una pistola contro e intimarmi di scendere? »
La canna di una pistola baluginò alla sua vista.
L’uomo tolse la sicura.
« Signorina, vuole scendere? »
Hilda alzò le mani. « Ok, ok, scendo »
Sbatté la portiera verso l’esterno e si fece strada all’uscita.
« Quella è la porta » continuò l’uomo, ora puntava la pistola fuori dal finestrino « voglio vederti entrare e non girarti più »
« Quanto tempo manca? »
« Siamo quasi arrivati, signorino Harmonia Gropius »
« Lo eravamo cinque minuti fa »
« Apprezzo essere ascoltato ». L’uomo strisce i denti ed esibì le labbra in un sottile sorriso « La pazienza è la virtù dei re »
« Le piace fare battute, eh? »
L’uomo trattenne una risata. « Siamo arrivati, signorino Harmonia Gropius »
L’auto rallentò in prossimità dell’entrata di un lussuoso palazzo. L’entrata era incorniciata da due colonne doriche e in larghezza misurava quanto la limousine. L’intera facciata era dipinta di bianco e presentava dei balconi alle finestre superiori, mentre quelle inferiori erano protette da inferriate di ferro battuto.
« Dov’è Hilda? »
« La signorina Baskerville la aspetta dentro, signorino Harmonia Gropius »
« Perché dovrei credere a quello che dice? »
Lo sportello si aprì, come azionato da un meccanismo automatico.
« Non deve credermi, può scendere da quest’auto e andarsene via vivendo con il rimpianto di non aver incontrato la signorina Baskerville »
« Chi mi dice che non è l’ennesimo bluff? »
« Chi le dice che Hilda la troverà dietro l’angolo, scendendo? »
A dare il benvenuto a Hilda fu una angusta anticamera, illuminata dalla fioca luce di un lampadario, al quale seguì uno scuro corridoio. Poteva vedere con molto sforzo dei quadri appesi alle strette pareti, dai quali proveniva una blanda luce biancastra: ritraevano personaggi in posizioni di potere dipinti tra le più differenti situazioni; battue di caccia, balli di corte e cerimonie.
Come proseguiva, l’ambiente tramutò d’aspetto. La luce si era fatta più vivida ed appesi ai lati del corridoio ora vedeva articoli di giornale e foto. Una in particolare la colpì: rappresentava un ragazzino di bassa statura accanto ad il suo Zorua; la caratteristica principale erano forse i suoi lunghi e fluenti capelli verdi.
“Hilbert Redwell vince Nacrene in festa!” recitava un articolo.
« Si è da poco conclusa la manifestazione Nacrene in festa, fra i quali allenatori ha spiccato Hilbert Redwell, giovane promessa di Nuvema Town. Grazie al suo fedele Stoutlander… »
« Nuvema… » mormorò lei, avvicinandosi al ritaglio di giornale.
« … qua in foto, rappresentato assieme al secondo classificato… »
Lo vide: sorrideva di fronte a lei.
Scosse la testa e proseguì.
“Hilbert Redwell è fra i primi candidati alla Lega Pokémon!” recitava la Gazzetta di Nuvema.
“Facciamo la conoscenza di Diana Smith, Hilbert Redwell e Max Johnson, i tre finalisti del Torneo di Opelucid!” riportava come titolo The Opelucid Herald.
Continuò a camminare, soffermandosi su ogni articolo di giornale o fotografia trovasse, sino a che la sua curiosità non fu stimolata da una particolare immagine. Era sbiadita e, da quanto era rimasto di essa, raffigurava N sorridere lungo il bordo della lacerazione. Poté notare una seconda figura apparire sul ciglio ma era stata strappata via assieme alla parte rimanente della foto. Sullo sfondo, la ruota panoramica di Castelia.
« Wise men say… »
Una musica ruppe il silenzio che aleggiava nell’aria.
« … only fools rush in… »
« Uh? »
Levò lo sguardo da un articolo di giornale e guardò dritta sino alla fine del corridoio, che appariva più lontano come le luci illuminavano avanti. Con fatica vide alla fine una porta ed aumentò il passo.
« … but I can't help falling in love with you… »
« C’è qualcuno? »
Affidò le sue parole alla dolce melodia che solleticava il suo udito.
« N? Dove sei, N? »
« Shall I stay? »
« N? N, rispondimi! »
« Would it be a sin »
« Sto cominciando ad irritarmi! » gridò « o mi dici cosa sta succedendo, o giuro che me ne vado! »
« If I can't help falling in love with you? »
Arrestò il suo passo e si volse in direzione dell’entrata.
Mosse il piede in avanti quando udì un suono metallico interrompere la canzone: le luci di fronte a sé vennero spente una ad una, seguite dal rumore di un interruttore.
« Cosa? »
« Like a river flows… »
« Cosa sta succedendo? N, non è divertente! »
Tornò sui sui passi confusa e proseguì avanti, laddove la luce indicava di andare. Le notizie si facevano sempre più rade sino a che anche le foto non furono che un ricordo: ciò che rimaneva, delle pareti spoglie, fu l’unica cosa ad accompagnarla nel cammino.
« … surely to the sea, darling, so it goes… »
« … some things are meant to be, take my hand… »
« … take my whole life, too for I can't help falling in love with you… »
La musica arrivò più vivace alle orecchie di Hilda come entrò in una stanza circolare. Davanti a sé il corridoio proseguiva ancora per molto mentre ai suoi lati spaziavano dei divani ed un caminetto, sopra il quale poggiava un grammofono.
« Cos’è ‘sto posto? »
Allungò il braccio al grammofono e lo fermò, gettando la stanza nel silenzio totale.
Conseguentemente ad esser entrato nel palazzo, N imboccò l’unica strada che gli era stata lasciata. Un eterea calma aleggiava nell’aria.
Guardò alle pareti, color rosso bordeaux, e vide due interminabili file di quadri che proseguivano sino a quanto era concesso alla vista di vedere. Come proseguiva le luci aumentavano d’intensità dinanzi a lui e dietro calavano, sino a spegnersi.
« Hilda, dove sei? » gridò, accelerando i suoi movimenti « Hilda! Hilda! Hilda »
« Hit the road Jack, and don't cha come back no more, no more, no more, no more! »
Delle melodiose note di soul vibrarono nell’etere.
« Hit the road Jack, and don’t cha come back no more! »
« Hilda? » esclamò « sei tu? »
« what’d you say? »
« Hilda rispondimi! Cosa significa tutto ciò? »
« Hit the road Jack, and don't cha come back no more, no more, no more, no more! »
Volse lo sguardo alle sue spalle e come fece le luci che illuminavano l’entrata si spensero. Si girò nuovamente alla posizione iniziale e prese a correre, osservando l’illuminazione dell’ambiente seguire con zelo i suoi passi.
« Old woman old woman, oh you treat me so mean… »
« … you’re the meanest old woman that I ever have seen…»
« well I guess if you say so, I’ll have to pack my things and go… »
« that’s right! »
I suoi piedi si susseguivano veloci sul pavimento, celeri e spediti non appena toccavano terra saltavano e compivano un’altra falcata, così per molto tempo sino a che N non vide lo spazio tra lui e la fine del corridoio restringersi. Aveva finalmente raggiunto la fine, pensò.
« Hit the road Jack, and don’t cha come back n— don’t cha come back n— »
La melodia aveva interrotto il suo corso e preso a suonare la medesima frase avanti ed avanti.
« don’t cha come back n— don’t cha come back n— »
Quando le luci furono abbastanza vivide ed accese riuscì a condurre il suo sguardo sino alla stanza che lo aspettava all fine ed il suo cuore si riempì di gioia alla vista del viso della ragazza.
« Hilda! »
« don’t cha come back n— don’t cha come back n— »
Entrò trafilato nel salotto e i loro sguardi si incrociarono.
Hilda portò le mani alla bocca dallo stupore. « N! »
« Hilda! »
La giovane lo fisso confusa. « Cosa? »
« don’t cha come back n— don’t cha come back n— »
« Hilda! Cos’hai detto? »
N si avvicinò a lei. « Non ti sento, Hilda! »
« don’t cha come back n— don’t cha come back n— »
Hilda mosse un passo in avanti e tentò di allungare il braccio verso N ma l’azione venne troncata sul nascere. Il suo palmo si adagiò sulla fredda superficie di un vetro, sulla quale lasciò un’impronta ben visibile.
« N! » urlò « cos’è? »
N la fissava ma ciò che vedeva era una ragazza muovere la bocca senza produrre suoni.
« don’t cha come back n— don’t cha come back n— »
Lanciò uno sguardo al grammofono che si trovava accanto a lui e gli diede un calcio, scaraventandolo sul muro. Il suono cessò.
Hilda sbatté i pugni contro il muro. « Perché non mi senti? »
N portò le sue mani ai lati delle orecchie ed oscillò gli indici ad indicare una negazione.
« Oh… » mormorò Hilda « allora… idea! »
Alzò la mano destra e, distesa l’arcata tra il pollice e l’indice, la posò sulla bocca. Ruotò poi di un quarto di giro la spanna e la adagiò tra il naso e le labbra, dopodiché pose le dita a formare una luna. Continuò, chiudendo la luna con l’indice ed, una volta aperti indice, anulare e medio, vi pose sopra a tagliare l’indice sinistro.
N scosse la testa.
Hilda appoggiò l’indice sulla superficie del vetro e scrisse una a, una b ed una c, seguite da una d ed una e. Gli sorrise.
« Che? » commentò, squadrando ciò che dalla sua parte pareva un’insensata catena di simboli. Provò a vederla specularmente, ed un sorriso culminò sul suo voltro: asserì con il capo.
« Ottimo! » fece sorridente lei « bene, ora devo solo… »
Indirizzò l’indice e l’anulare verso il basso e con il sinistro indicò N, aspettando la sua risposta.
« N… »
Hilda asserì. Fece un cerchio con il pollice e l’indice.
« O… »
Ripeté il movimento iniziale.
« N… »
Pose entrambi gli indici uno perpendicolare all’altro.
« T… »
Alzò l’indice singolarmente, dopodiché si mise a fare un mulinello con le due dita indici.
« I… Eh? »
Hilda gli sorrise, tirando fuori la lingua.
« Ah, S…? »
La ragazza lesse il labiale e sorrise, proseguendo. Intersecò come prima le tre dita con l’indice sinistro e ripeté il movimento iniziale.
« E… N… »
Pose nuovamente le dita perpendicolari.
« T… N-o-n-t-i-s-e-n-t… Non ti sento! »
N sorrise e batté le mani.
« Ottimo! Ora… »
« Vedo che vi state divertendo »
Lo sguardo di N gelò: sullo sfondo era balenata la figura di Zinzolin.
« Zinzoli—»
« Non disturbarti, conosco il mio nome »
Hilda seguì con lo sguardo i suoi movimenti sino a che non si sedette su un tavolino. Stringeva un giornale tra le braccia.
« Accomodati pure, Hilda »
« Cosa… cosa significa tutto questo? Voglio parlare con N, Zinzolin »
« Sono sicuro che anche lui sia impaziente di poter scambiare due chiacchiere con te. Ora siediti, cara »
« Mi dai del tu. È nuova questa? »
Un sorriso inarcò le labbra di Zinzolin. « Molte cose stanno cambiando, Hilda »
Hilda si avvicinò, riluttante, e prese posto nell’angolo diametralmente opposto al suo, mentre N percuoteva con vigore le sue mani contro il vetro. Nonostante ciò, non un suono passava attraverso esso.
Il saggio la vide osservare N. « Ti piace? È un particolare vetro che riesce ad inibire i suoni »
« Non mi interessa » commentò fredda.
« Va bene, va bene, hai ragione » ribatté, il suo sorriso asettico non accennava a svanire dal volto rugoso e scavato dal tempo « vedi, Hilda, ti ho portata sin qui per raccontarti una storia. È, forse, la storia, la storia più importante della regione di Unova.
« V’era un tempo dove la regione era guidata da due importanti famiglie: i Gropius e gli Harmonia. Queste famiglie erano in perenne conflitto tra di esse sino a che, un giorno, decedettero di unirsi in matrimonio. A quei tempi la regione era molto più arretrata di ora, dove ora sorge questa città v’era una sterminata campagna ed un discreto borgo di case era nato in prossimità del porto »
« Harmonia? Gropius? »
« È esatto »
« N si chiama cos— oh »
Un sorriso incurvò le labbra di Zinzolin. « Da queste due famiglie nacque una nuova, potente casata pronta ad unificare la regione sotto la sua ala: gli Harmonia-Gropius. Ora il nome si è perso e solo poche persone lo ricordano… lo conosci con il nome di Team Plasma, forse »
N si era ammutolito, rassegnatosi al mutismo al quale era stato relegato dietro il vetro. Osservava con interesse la discussione che Hilda ed il saggio stavano avendo, ricercando lo sguardo della ragazza nei suoi occhi; lei era però completamente assorta su Zinzolin.
« Il Team Plasma…? »
« È una lunga storia. Con il passare del tempo, la società si ribellò ad una casa regnante ed i capi, sotto una forte pressione, decisero di ritirarsi. Ciò che lasciarono è quello che ora conosci come Repubblica di Unova.
« Non sono però rimasti a guardare la regione che avevano edificato con il sangue cedere sotto il peso di un popolo inetto come il tuo. Sono rinati dalle ceneri sotto forma di una associazione segreta, il Team Plasma, e da lì hanno continuato a lavorare dietro le quinte nella speranza di poter risorgere.
« Fare ciò non era semplice però, trovare la persona giusta ha richiesto anni ed anni, sino a che, una ventina d’anni fa, nacque il fortunato erede della fortuna degli Hamonia-Gropius: N »
Hilda lanciò un’occhiata ad N. « N… »
« L’abbiamo cresciuto come un principe, come il Principe che è nel suo sangue, ma per qualche motivo a me oscuro è sempre stato… reticente, ecco, alla carica che gli spettava di diritto. Nonostante ciò, il consiglio dei saggi ha trovato un modo per raggirarlo: dargli uno scopo. Raccontare ad un bambino che la lotta che sta facendo è giusta può spingerlo a parteciparvi e, se vi sono anni di insegnamento, può arrivare a plagiare la sua mente »
« Plagiare? »
Il saggio rise.
« Era così convinto che di star difendendo i Pokémon… » continuò a ridere « quasi non mi sembra vero! Ad ogni modo, è durato poco. Come avrebbe potuto? Non abbiamo messo in conto la negativa influenza che gli umani avrebbero avuto su di lui »
« Hilbert » commentò Hilda, immersa nel racconto.
« Purtroppo N non è fatto per stare con le altre persone. È possessivo, geloso, freddo, scostante, meschino e, soprattutto, non è capace di provare emozioni umane »
« Non è l’N che conosco io »
« Ah sì? ». Zinzolin rise nuovamente. « Ci credevi veramente? Povera piccola… credevi di essere la speciale Hilda, l’unica, che ti avrebbe salvato? Lui, N, il tuo principe azzurro in sella al cavallo bianco? Mi dispiace che ti sia lasciata illudere così ma, vedi, non c’è mai stato posto per te nel suo cuore. Non credo che lo abbia, a dir la verità.
« Ad ogni modo scusami, ho perso il filo del discorso. Una volta che fu cresciuto, decidemmo che era pronto per assolvere al suo compito: conquistare Unova. Per fare ciò abbiamo avuto bisogno di farci un nome in regione, farci conoscere nuovamente come Team Plasma, il baluardo della libertà dei Pokémon. Le doti dialettiche ed oratorie di Ghetsis hanno aiutato, N ha fatto il resto. È sempre stato lasciato molto di contorno, in realtà: a noi non serviva un ragazzino viziato a farsi domande ma un condottiero, lasciato debitamente da parte sino all’atto finale… è qua che il piano di Ghetsis si frantuma ». Una nota di amarezza pervadeva le sue parole. « Era passato così tanto tempo dalla evocazione dei due leggendari che credeva fossero i medesimi esseri obbedienti ed assoggettati al proprio padrone come erano secoli fa. Con nostro grande dispiacere, non fu così. Zekrom e Reshiram si ribellarono, riconobbero in Hilbert la purezza degli ideali e della verità e decisero che gli Harmonia-Gropius non erano che semplici criminali alla conquista del mondo »
« Lo eravate » lo incalzò Hilda. « Dei criminali, lo siete ancora »
« Cara Hilda, mi ricordi Hilbert per certi versi. Così stupida e così testarda nel perseguire i tuoi scopi… no, a dire il vero non sei come Hilbert, sei migliore. Non hai esitato a tradire la fiducia delle persone più care a te per ottenere ciò che volevi.
« Ma non è un problema! » esclamò contento « Anzi, mi sei piaciuta. Ogni sacrificio umano è un ottimo sacrificio. Restava comunque, dopo la disfatta del castello, da recuperare le macerie e decidere cosa farne. Il consiglio dei saggi ha deciso di eleggere Bronius a capo di esso e di proseguire, assieme ad N, nel loro tentativo di riportare la gloria della casata in auge »
« Come avete fatto a convincere N? Non era più dalla vostra parte »
« Non sono stati loro a convincere N ma N a convincere loro. Ben presto abbandonarono i progetti di conquista con la morte di Ghetsis e decisero che era possibile vivere all’ombra del mondo mentre esso mutava: non era abbastanza per me. Ho ucciso Ghetsis e stretto un accordo con N, dopodiché mi sono sbarazzato del capo del consiglio. Senza Ghetsis né Bronius né me rimanevano un ristretto e facilmente manipolabile gruppo: non era ancora abbastanza. Ho contattato Grimsley Ripley, un Elite Four della Lega, affinché assieme ai suoi colleghi lasciasse un capo debole e inetto al suo comando »
« Non… non capisco… »
« Non ci arrivi, Hilda? Neanche N, ai tempi, ci arrivava. Il potere degli Harmonia-Gropius è un potere fittizio! Non esistono più le casate né la nobiltà e credere che grazie a ciò si possa avere successo è semplicemente ridicolo. Il mio obbiettivo sono le radici del potere democratico, arrivare alla cima di Unova e comandarla da nuovo e unico re; la Lega è uno degli organi più influenti dello stato su cui si basa la nostra civiltà. Ed è in questo momento che entri in gioco tu, Hilda. O meglio, la tua amica: Bianca Walters »
« Cosa? »
« La professoressa Aurea Juniper è la più illustre personalità nel suo campo in regione, nonostante non possa sembrare. Ebbene, non era l’unica interessata all’appalto »
« Come scusa? Quale appalto? »
Una risata risuonò nell’aria.
« Conosci il tipo Folletto, Hilda? »
« Folletto? Più o meno… »
« Il tipo Folletto è il tipo più misterioso ed oscuro alla comunità scientifica che possa essere in natura. Sono pochi i Pokémon che possono vantare questo tipo ed ancora meno a Unova: è una rarità. Recentemente importanti scoperte sono state fatte circa questo tipo ed ha richiamato l'attenzione di molte persone. Era importante che Juniper non arrivasse all’appuntamento o avremmo perso un’occasione d’oro. Ovviamente abbiamo poi consegnato l’opera in mano di un nostro fidato collaboratore il quale si è impegnato a portare a termine il lavoro »
« Cosa…. non è vero, sono solo menzogne… »
Hilda s’alzò in piedi di scatto. Ciò che aveva udito da Zinzolin era più di quanto potesse immaginare, un sovraccarico di informazioni nelle quali non riusciva a distinguere la verità dalla menzogna. O, semplicemente, aveva paura che tutto ciò fosse vero. Per quanto suonava credibile, l’amore che provava per N era una prova inconfutabile.
« Non è vero » esclamò. Fece oscillare il suo sguardo tra Zinzolin e N « Io… N… so che non è vero, io vi servo… io… senza di me non sareste riusciti a… »
« Ti senti, Hilda? Stai farneticando! Credi veramente che non sarei stato in grado di trovare un giornalista che avesse fatto il lavoro per te? Uno più intelligente e magari in linea con la nostra politica? Ragiona, Hilda. È tutto vero, sai che è così »
« Io… N… N, diglielo tu! N! » urlò.
« Non ti può sentire, Hilda. Perché credi l’abbia fatto? È una rappresentazione di ciò che è il vostro rapporto, due idioti che non possono comunicare tra loro: come pensi sia possibile il lieto fine? Come pensi sia possibile l’amore? »
« Non è vero… non è vero! N, ti prego! N! »
« Hilda! Cosa sta dicendo? » il suo urlo si perse inascoltato.
« Vuoi veramente chiedere aiuto a lui? Dopo Natalie? Dopo Bianca? »
I pensieri di Hilda si arrestano all’udire quel nome.
« Cos’è successo a Bianca? »
Zinzolin le lanciò uno sguardo sorridente. « Non hai sentito? Si è sparata un colpo in bocca »
« Non… non è vero… mi stai mentendo… »
« Non serve! » rise lui « Guarda da te »
Le lanciò il giornale del giorno stesso ai piedi. « Leggi. “Bianca Walters, ex assistente ricercatrice del laboratorio della professoressa Juniper, cade nel tunnel della droga e pone fine alla sua vita »
« No… non è vero… MENTI! MENTI! BASTA! » urlò, le sue mani tappavano le orecchie e gli occhi erano serrati nel buio. Nonostante ciò la viscida voce di Zinzolin giungeva forte e chiara alle sue orecchie.
« Puoi vivere nel tuo mondo di favole o affrontare la tua vita, Hilda, ma ciò non cambierà la realtà dei fatti. E io mi sono stufato di questa realtà, è per questo che ho deciso che uno di voi due morirà. Non serve che sia tu a morire, posso aiutarti »
« Come puoi aiutarmi tu! » urlò « tu… tu hai distrutto la mia vita… »
« C’è una via di scampo. Scrivi un articolo, nel quale dici che mi candiderò a sindaco di Castelia City. L’ultima, grande impresa delle editore Baskerville e mandalo in stampa fra due giorni, quando farò la mia rivelazione ufficiale. Se accetterai, sarà la prima di una serie di scoop: diventerai la giornalista più famosa di Unova e non avrai più bisogno del falso amore di uno sprovveduto »
« Come puoi chiedermi ciò? Come—» una lacrima rigò il suo volto « io amo N… io lo amo… »
Crollò a terra in ginocchio. Le lacrime bagnavano le sue guance e si tuffavano nel vuoto, incontrando la superficie del freddo marmo. Il suo respiro accelerava e la sua vista era annebbiata dalla coltre di acqua che copriva gli occhi.
Il suo pianto risuonava flebile ed intermittente nella sala. Nonostante l’isolamento, che attraverso il vetro N poteva capire la situazione e ribellarsi ad essa: i suoi pugni presero a sbattere ritmicamente contro le parete e le sue urla, nel disperato sentivo di raggiungere un contatto con Hilda, rimbombavano strazianti lungo le pareti.
« Hilda, Hilda… » mormorò Zinzolin come le porse la mano « rialzati. Non è il momento di piangere »
« Io… io voglio solo stare con N… »
« Credi che lui voglia lo stesso? Sarebbe lodevole da parte sua ma sappiamo entrambi che non è così. Non è capace di amare, credi che sarà diverso per te? Non ne hai bisogno Hilda, non hai bisogno dell’amore, tutto ciò di cui hai bisogno posso offritelo io. Non lasciare ulteriori lacrime bagnino la tua pelle »
« Io… N… »
Alzò improvvisamente la mano e fece ritrarre il braccio di Zinzolin.
Portò l’orlo della sua maglietta sino agli occhi e strofinò il tessuto lungo le sue palpebre nel tentativo di asciugare le lacrime.
« Voglio parlare con N, per l’ultima volta »
I loro sguardi si incrociarono.
« Ne sei sicura, Hilda? »
Hilda alzò gli occhi ad N. Voleva poter dirgli che andava tutto bene ma sapeva che non sarebbe stato possibile. Era muta.
« Sì… sì, ne sono sicura. Fammi parlare con lui »
« Se è ciò che vuoi. Ripercorri il corridoio e aspetta. Troverai N, con un po’ di pazienza »
« No. Non aspetterò che qualcuno lo intercetti prima di me. Voglio parlargli ora »
Zinzolin rise. « Siamo separati da un vetro infrangibile, come pensi che sia possibile? »
Hilda portò lo sguardo al vetro.
La sua mano scese meccanicamente nella tasca e frugò per qualche secondo dopodiché ne uscì, stringendo il cellulare nel palmo.
« Qualche tempo fa, N mi ha detto che aveva disattivato il numero. Voglio che sia attivo per mandargli un messaggio »
Un sorriso illuminò il volto del saggio.
« Mandagli pure un messaggio »
Le dita di Hilda esisterono sullo schermo del telefono. Provava una strana sensazione nel contattare il ragazzo attraverso quel sistema, un sistema che aveva rappresentato per un breve periodo della sua vita un necessario interludio dalla vita quotidiana. Come lo stringeva tra le mani poteva ricordare vividamente i suoi primi incontri con N.
11:32 AM
client — N
In qualche modo mi senti?
client — N
In qualche modo mi senti?
N attese per qualche secondo.
Quando Hilda alzò lo sguardo su di lui, stringeva il suo apparecchio in mano.
11:32 AM
N
Sì.
N
Sì.
Il cellulare vibrò tra le dita della giovane.
11:33 AM
client — N
N, come faccio a sapere che mi dici la verità? Confermalo. Appoggia la mano destra sul vetro
client — N
N, come faccio a sapere che mi dici la verità? Confermalo. Appoggia la mano destra sul vetro
Hilda alzò gli occhi dallo schermo ed il suo sguardo incrociò quello di N.
Vide comparire la mano destra del ragazzo sul vetro, poteva vedere le venature che correvano sul suo palmo roseo.
Appoggiò anche lei la mano sinistra sulla fredda superficie cristallina tale che combaciassero, seppur separate da centimetri e centimetri di materia trasparente.
Una lacrima cadde dagli occhi di Hilda.
11:33 AM
client — N
N, Zinzolin mi ha raccontato. Tutto. Raccontato su Bianca, Natalie, il Team Plasma. Anche sull’appalto. Mi veniva a mancare il fiato, per poco. Io non so come tu abbia potuto tenermelo nascosto
client — N
N, Zinzolin mi ha raccontato. Tutto. Raccontato su Bianca, Natalie, il Team Plasma. Anche sull’appalto. Mi veniva a mancare il fiato, per poco. Io non so come tu abbia potuto tenermelo nascosto
La sua vista scivolò celermente sul viso di N e ritornò sul cellulare.
11:34 AM
client — N
Allora mi son chiesta. Lo perdonerò? Sinceramente non so se troverò la forza di farlo. O se deciderò che quello che c’è stato non è amore. La cosa che non riesco a capire è perché tu non me l’abbia detto. Io mi fidavo di te, N
client — N
Allora mi son chiesta. Lo perdonerò? Sinceramente non so se troverò la forza di farlo. O se deciderò che quello che c’è stato non è amore. La cosa che non riesco a capire è perché tu non me l’abbia detto. Io mi fidavo di te, N
N alzò lo sguardo a lei.
Un’espressione triste era dipinta sul suo viso ed i suo occhi brillavano. Se non l’avesse conosciuto avrebbe detto che era una lacrima a bagnare il suo volto.
11:36 AM
client — N
Tutto questo è andato sprecato? O c’era qualcosa di vero?
client — N
Tutto questo è andato sprecato? O c’era qualcosa di vero?
11:37 AM
client — N
Ti ho amato, N. Io ti ho veramente amato e ho sperato con tutta me stessa che ci sarebbe potuto essere qualcosa di vero tra di noi. Avrebbe dovuto bastarmi una maiuscola, una N, a farmi capire che tutto ciò che ti pervadeva era negativo, spero solo che la prossima volta sarai più attento alla persona che ami. Ma ora è tardi. Ora è tempo di dirsi addio
client — N
Ti ho amato, N. Io ti ho veramente amato e ho sperato con tutta me stessa che ci sarebbe potuto essere qualcosa di vero tra di noi. Avrebbe dovuto bastarmi una maiuscola, una N, a farmi capire che tutto ciò che ti pervadeva era negativo, spero solo che la prossima volta sarai più attento alla persona che ami. Ma ora è tardi. Ora è tempo di dirsi addio
« Ho finito » sentenziò Hilda, riponendo il cellulare nella tasca. « Fammi andare via »
ϡ
Durante la strada del ritorno la città aveva assunto tinte più grigie del solito. Il cielo era coperto da una minacciosa coltre di nubi e illuminato da sporadici lampi, il quale suono faticava a farsi strada trai rumori del traffico cittadino. Una leggera brezza gonfiava gli abiti della ragazza e faceva sventolare le insegne e le bandiere appese agli edifici.
Una goccia toccò il suo naso, scoperto alle intemperie. Una seconda raggiunse la sua guancia destra.
Uh? pensò. Alzò lo sguardo e vide che i passanti erano indaffarati nel aprire un ombrello.
Una terza goccia raggiunse la sua mano, seguita da altre lungo i suoi vestiti ed i suoi capelli. Un freddo vento aveva preso a spirare per le lunghe e strette strade della metropoli, incanalandosi in direzione del mare. L’aria aveva un sapore umido.
Accelerò il suo passo e cominciò a correre mentre lo scroscio dell’acqua s’avvicinava a lei ma non v’erano porticati o tende al di sotto delle quali poter riparare il proprio corpo. Lanciò un’occhiata all’entrata della metropolitana, in cima ad essa sventolava indomita la bandiera della Central Plaza: sono vicino a casa, pensò.
Cambiò direzione in favore di Mode Street e, superata la massa di persone che confluiva nei sotterranei della città, prese a correre in direzione di casa sua. La pioggia continuava a scendere, i rivoli accanto il marciapiede s’erano ingrossati ed il loro scorrere si era fatto così forte da raggiungere le orecchie di Hilda. La strada era scivolosa e la corsa scomoda poiché i suoi indumenti erano saturi d’acqua.
Quando si era ormai abituata al ritmico stridio che la suola di gomma delle scarpe produceva sull’asfalto bagnato vide sopraggiungere casa sua in lontananza. Bastò la sola vista a trasmetterle una inaudita sensazione di pace e calma.
Immerse la mano nella tasca e recuperò le chiavi che infilò subito dopo nella toppa.
« Uh? » mormorò, il suo sguardo era scivolato alla cassetta della posta.
Avvicinò l’occhio destro al vetro trasparente e vide un folto contenuto. Strani ritagli di forma quadrangolare erano ammassati senza un ordine all’interno, intervallati da lettere di posta.
Ritrasse la chiave dalla toppa e la mise all’interno della cassetta, aprendo.
« Che cazzo? »
Carte. Erano carte.
Quattro carte, semi francesi, costituivano l’arcano oggetto.
Affondò la mano nella scatola di alluminio e con un pugnò estrasse l’intero contenuto di essa, dopodiché entrò e, raggiunto l’appartamento, vi si gettò dentro.
Un due di fiori, un asso di quadri, un otto di cuori ed nove di picche.
Cosa significavano quelle carte? Non riusciva a capirlo
« Volendo potremmo scegliere di usare, diversamente, altre chiavi di lettura, come ad esempio i numeri pari o dispari, con le proprie eccezioni, o i multipli di un dato numero »
Ma certo! pensò. Il sistema di crittografia del quale le aveva parlato quel giorno erano quelle carte. Improvvisamente, l’immagine di N seduto a quel tavolo mentre ordinava le carte riaffiorò nella sua mente. Potevano quelle carte contenere un significato più profondo di quello che sembravano dare?
« Perché, c’è qualcosa che hai intenzione di dirmi? »
Corse nella sua stanza a recuperare la carta che le aveva lasciato e ritornò nel salotto, dove le dispose una ad una in una ordinata fila. Assieme ad esse comparve una quinta carta, un sette di picche.
« C’è qualcosa che vuoi sapere? »
« Cosa aveva detto N? » ragionò lei a voce alta « mmh… » mormorò « sì, sì! Devo trovare il codice… »
Alzò lo sguardo al soffitto e la sua mente lasciò quella stanza, immergendosi nel mare di ricordi condivisi con il ragazzo. Dove aveva potuto nascondere il codice? Quali erano i numeri significativi? Ma certo! pensò contenta. Le picche con tutta probabilità dovevano essere il seme di partenza, la prima carta che le diede doveva aver cominciato quel codice. Ma da quale numero cominciare? Sei di picche? Re di picche?
Spostò le carte e le mischiò tra loro, ordinandole ogni volta in una sequenza differente. Era sicura che quelle carte significassero qualcosa.
« E se fosse la N? »
Il suo sguardo scivolò alle sue dita.
« A… B… C… D… E… F… G… H… I… J… K… L… M… N…! N! 14!
La sua attenzione ritornò sul tavolo.
« Undici… dodici… tredici… tredici! Cazzo! » esclamò « manca il quattordici »
Sistemò le carte in un ordine nuovamente diverso.
« In realtà sì, molto »
« Cosa volevi dirmi, eh N? » mormorò.
Lo sguardo vagò perso lungo le striature del legno alla ricerca di una risposta.
« Sì! Sì! Certo! Come ho fatto a non pensarci? Che giorno era… 5? »
Se il cinque di picche era la prima lettera, la A, il sette di picche era una C. Il nove di picche una E, l’asso una J, il due di fiori una X e l’otto di cuori… il nulla?
C, E, J, X ed il vuoto: cosa volevano dire?
« Jexc? Xejc? Jx ce? ». I suoi pugni batterono con fragore sul tavolo. « Cosa cazzo vuol dire, N? »
« Vai avanti »
Una lacrima scese dal suo occhio destro e la sentì sulla sua pelle mentre scendeva la scoscesa guancia, per poi tuffarsi nel vuoto.
Hilda congiunse il braccio destro con il sinistro, li pose alla sua sinistra e scivolando lungo la liscia superficie del tavolo spazzò le carte via. In un raptus di rabbia batté nuovamente i pugni sul legno.
« Qualsiasi cosa ti chieda mai, non riceverei mai una risposta »
« Cosa te lo fa pensare? »
La castana lo guardò di sottecchi « Mi prendi in giro? »
Il ragazzo dai capelli verdi non rispose, si limitò a continuare il suo gioco con le carte consapevole di avere gli occhi della giovane puntati su di lui.
« La nostra relazione, è ancora un gioco per te? »
N strinse gli occhi, fece scorrere il palmo della mano sulla superficie lisca del tavolo e raccolse a sé le carte. Con brevi e febbrili movimenti sistemò le carte nel mazzo originale, lo ruotò, ci girò attorno un piccolo spago e lo chiuse. Controllò che nulla fosse rimasto sul piano di gioco e si alzò dalla sedia.
« A domani, Hilda » disse infine, cercando con lo sguardo la porta.
« Oh, ti accompagno fino al pianerottolo se vuoi »
« Non ve ne sarà bisogno, ma grazie lo stesso »
Hilda lo vide allontanarsi e, come i passi aumentavano, le pareva di sentirsi meno sola. La vicinanza con quel ragazzo, seppur avesse dell’assurdo, le dava un senso di solitudine che la solitudine stessa non era capace di eguagliare. Era questo ciò che provava, vuoto, non riusciva a spiegarsi il perché dei fatti precedenti e ciò l’avrebbe perseguitata sin a farle perdere il sonno.
Vide N afferrare la maniglia, ruotare la porta verso sé e portare un passo nell’oscurità al di là della stanza.
Si fermò. « Non so »
Sulle prime non capì cosa intendesse e impiegò qualche buon minuto di silenzio a recepire quanto detto.
« Come scusa? »
N voltò gli occhi verso di lei « Mi hai chiesto se considerassi la nostra relazione ancora un gioco, e la risposta è: non so, ma voglio lavorarci e penso che sia questa la questione »
« È una risposta? »
Sorrise. « È un non so »
« Dovrei intenderla come una risposta? »
Ma N era già uscito.
ϡ
« Cosa pensi di trovare, Looker? »
Il detective poggiò un piede all’interno di un incavo nel pavimento e fece per cadere a terra, afferrando il braccio destro di Looker.
« Ehi—» l’uomo si voltò « attento! Non dobbiamo fare rumore! »
« Scusa se sono inciampato! » sussurrò « non sono cose che posso controllare »
Looker continuò avanti « Va bene, va bene, basta che mi segui »
« A proposito, non ho ancora capito cosa stiamo cercando »
« Indizi… »
« Oh »
Looker svoltò improvvisamente all’interno di una stanza.
« … informazioni… »
« Che tipo di informazioni? »
« Qualsiasi cosa che possa condurci a Zinzolin »
« E se non ci fosse nulla? E se ti stessi sbagliando? »
« Io non mi sto sbagliando »
« L’hai almeno visto? »
Looker arrestò la sua camminata e si girò verso il collega. « No. Non ho mai visto Zinzolin in azioni criminali ma ho visto ciò che è capace di fare. Ha ucciso e lo farà ancora se non lo fermiamo »
« Parli della Jackson? Non c’è nessuna prova che facci—»
Looker puntò l’indice in direzione di una finestra, oltre la quale era una strada al momento priva di traffico.
« Là »
Il detective arricciò le sopracciglia.
« Là è dove è morta Julie Jackson. L’ho vista morire con i miei occhi, impotente, senza poter fare nulla per salvarla. Quindi no, non ho ancora visto Zinzolin coinvolto in attività criminali ma ogni volta che guarderò una strada vedrò quella macchina rossa investire Julie, il suo cadavere scaraventato a terra ed il sangue che cola sull’asfalto »
« È vuota! »
« Cosa? Non è possibile! »
Looker lanciò uno sguardo alla porta in acciaio che giaceva ai loro piedi. Il tonfo rimbombava ancora lungo le pareti.
« C’è una botola! Forse continua sotto… »
Il detective mise un piede all’interno della stanza e, torcia alla mano, illuminò l’ambiente. Quattro pareti polverose si svelarono ai suoi occhi ed una botola color sabbia scavata all’interno del pavimento.
« Non… non è possibile… »
« Forza Looker, proviamo a vedere se dietro la bot—»
Afferrò la maniglia al centro e la ruotò di centottanta gradi, rilasciando un suono metallico nell’aria. Sollevò la pesante struttura di bronzo e rivelò, al di sotto, un lungo pozzo che terminava qualche metro più sotto con uno stagno d’acqua.
« È… un pozzo! »
« Non è possibile! Fa’ vedere »
« Forse abbiamo sbagliato casa, Looker… forse non era questa, chi userebbe una tale stamberga come covo segreto? »
« Era qua! Ti dico che era qua, sono sicuro… sono… sono sicuro… »
Fissava esterrefatto il buco che si trovava al di sotto dei suoi occhi. Cosa n’era stato dell’attrezzatura tecnologica? Del Team Plasma? Erano scomparsi.
« Andiamo, Looker. Vediamo se—»
« No »
Looker guardò negli occhi l’agente. « Lasciami… lasciamo solo » sussurrò « torna pure in centrale od a casa. Me ne starò per un po’ qua »
« Come tornerai a casa? »
« Troverò un modo »
« Non me la sento di lasciarti qua »
« Vai, ok? Ho solo bisogno di star da solo »
Il detective si allontanò in punta di piedi dall’uomo, appoggiò la torcia a terra e se ne uscì dall’abitazione, lasciando Looker nel silenzio. Solo il rumore del vento che s’infiltrava tra le assi di legno della casa raggiungeva le orecchie dell’uomo, cullandolo.
Distese la schiena sul freddo pavimento e chiuse gli occhi.
« Cosa stai facendo? »
Looker sbatté le palpebre.
« EH? » esclamò, con la bocca impastata « cosa—»
« Calmo, va tutto bene »
Un viso a lui estraneo puntava i suoi occhi verde smeraldo contro di lui. Aveva la pelle pallida, bagnata dal pallore lunare, e dei fluenti capelli verdi raccolti in una coda.
« Chi sei? »
« Una domanda alla volta! »
« Co— ah. Stavo dormendo »
Il ragazzo gli restituì un caldo sorriso. « Mi chiamo Natural Harmonia Gropius, per gli amici N »
« COSA? » urlò Looker « sei— sei—»
« Stai tranquillo! Non sono venuto per mangiarti, a dire il vero non ho mai mangiato nessuno, sono solo dicerie: lo sanno tutti che io sono buono e dolce ed affabile e— cosa stavamo dicendo? »
Looker si era allontanato dalla spettrale figura e lo squadrava ammutolito, incapace di proferire alcuna parola.
« Sembra tu abbia visto un fantasma! »
« Tu… tu… »
« sei bello? Intelligente? Socievole? Estroverso? »
« Tu hai ucciso Julie! »
« Che? »
« Julie… Julie Jackson… »
« Non credo di averle mai toccato un capello, può darsi che mi confondi con qualcun altro. Zinzolin? »
« Come— come fai a conoscerlo? » gridò Looker.
« Looker, devi calmarti, mi fai quasi paura »
« Come sai il mio nome? » esclamò « vattene— vattene o chiamo la po— polizia »
N alzò le mani in alto. « Vengo in pace. Piuttosto, costa stavi facendo qua? »
Looker lanciò uno sguardo alla botola.
« Là… » ritornò a posare lo sguardo su N « i tuoi amici… voi avete nascosto tutto! »
« Voi? Miei amici? A chi ti riferisci? Zinzolin? »
« Sì… »
« Potevi dirlo prima! Io e Zinzolin non siamo amici, siamo più… colleghi?, sì, dai, colleghi. Ultimamente le cose non vanno molto bene ma conto di sistemarle al più presto »
« E cosa… cosa vuoi da me? »
« Cosa voglio da te? Che domande! » esclamò N, sfoggiando il suo più ampio sorriso « offrirti un accordo! »
« Cosa? Vuoi incastrare Zinzolin? »
« È quello che ho appena detto, Looker » commentò N « oh, e guarda la strada. Non si sa mai che investiamo la prossima Julie »
« I keep on fallin’ in and out… »
La radio rilasciava una dolce melodia.
« Perché vorresti farlo? »
« Sono semplicemente arrivato ad un punto della mia vita dove voglio mettermi in proprio »
« … sometimes I love ya… »
« E come pensi di farlo? È da giorni che sto cercando di convincere Hild—»
« Oh, hai parlato con Hilda? Salutala la prossima volta che la incontri! »
« Non credo che accadrà »
« … lovin’ you darlin’ makes me so confused… »
« Come mai? È successo qualcosa? Mi dispiace. Hilda sa essere molto testarda a volte »
« È per questo che ti piace?
N si rabbuiò.
« … I never loved someone the way that I love you… »
« Come scusa? »
Un sorriso incurvò le labbra di Looker. « Mi hai sentito, N »
« Credo tu abbia capito male, invece, Looker »
« Può darsi » continuò lui « allora… qual è il tuo piano? »
« … just when I think I've taken more than would a fool… »
N guardò fuori dal finestrino.
« Ho qualche idea in mente… ad ogni modo, ne parleremo domani. Recupera quante più cimici e telecamere nascoste puoi »
« Cos’hai intenzione di fare? »
« Fallo e basta » ribatté atono N « ah, se senti della morte di una certa Bianca Walters, non c’entro nulla »
« Cosa? » esclamò « cos’hai fatto a Bianca? »
« I keep on fallin’ in and out of love with you… »
« Non preoccupartene. Oh, sono arrivato! »
L’auto si arrestò improvvisamente nei pressi di un bar.
« Grazie del passaggio Looker, puoi tenerti la macchina »
« … I never loved someone the way that I love you… »
« Aspetta! Aspetta, N! »
« Cosa c’è, ancora? »
« Mettiti nei miei panni, mi è difficile allearmi con te! »
N sbuffò.
« Mettila così. Se ascolti ogni cosa che ti dico e fai esattamente come ti dico quando questa storia sarà finita, domani possibilmente, sarai un detective super decorato e diventerai famoso a livello internazionale per avere sgominato una associazione criminale da solo. Che io sia un assassino — cosa che non sono — o un criminale qualunque, stiamo parlando di un pesce molto più grosso di me. E poi, se volessi incastrare me dovresti chiedere aiuto alla stessa persona che vuoi mandare in galera! Addio, Looker! »
« Ehi— ehi, aspett— non so ancora come faremo a vederci! »
« Tu resta a casa, ok? Troverò un modo »
ϡ
« Pronto, sono Brenda! Al momento potrei essere al lavoro, lascia un messaggio dopo il bip! Bip »
« Ehi, ciao Brenda… sono io, Na—Lisa. Lia Fisher. Ahem… ora non ho molto da fare, nulla in realtà, che ne dici se ci vedessimo prima? Non dico di cancellare la cena, o se vuoi potremmo, ahem, farlo, insomma… richiamami »
Natalie alzò lo sguardo alla volante della polizia parcheggiata di fronte al suo appartamento. Un intreccio di strisce fluorescenti precludeva l’accesso all’edificio agli estranei. Il fragore della sirena ronzava nelle orecchie della ragazza.
Si nascose alla vista della polizia dietro un albero e si sedette a terra, sull’erba fresca.
Fissava il display nella speranza che Brenda rispondesse.
« Ciao Brenda, sono Lisa! » esclamò Natalie « no, non va bene. Ciao, sono Lisa! Ehi Brenda, come va? È Lisa al telefono… no! Assolutamente no, chi sono, il telegiornale? Ohi Brenda, da quanto tempo… »
Consegnò le sue parole al vuoto.
« Chi voglio prendere in giro? Non risponderà mai. Forse farei meglio a tornare da N, dovunque sia, e continuare qualunque cosa avesse intenzione di fare… »
Uno squillo risuonò nell’aria.
Lo schermo del telefono s’illuminò e prese a vibrare nelle mani di Natalie.
« Ehi Brenda, come va? Sono Lisa! » esordì entusiasta.
« È quello che diceva anche il mio telefono! » scherzò la donna « ad ogni modo, ero appena entrata che ho sentito il tuo messaggio. Per me va bene, oggi ho la giornata libera! »
« Ottimo! Allora… allora che ne dici se ci vedessimo sempre davanti alla Palestra di Castelia? »
« È perfetto, per quando? »
Natalie lanciò un’occhiata all’ora. Recitava “4:05 PM” il telefono.
« Per le cinque? »
« Lisa! Sei identica a come ti ricordavo! »
Brenda accorse in contro alla giovane a braccia aperte.
« Brenda… »
Natalie rimase ferma, inerme. Una perfetta sconosciuta in procinto di abbracciarla era strano, il fatto che lei credesse di conoscerla da sempre disarmante.
Venne investita da un profumo di rose.
« Lisa, da quanto tempo! Certo che ti sei mantenuta bene, eh? »
Natalie abbozzò un sorriso. « Grazie… anche tu »
Guardò l’amica. Aveva dei corti capelli neri che arrivavano alle spalle, erano secchi e crespi e notò dai bulbi provenire una bianca peluria. La sua pelle era olivastra ed i suoi occhi castano chiaro.
« C’è qualcosa che non va, Lisa? »
« No, no, va tutto bene… che ne dici di farci un giro? »
« Davvero? » Brenda sgranò gli occhi. «All’ospedale? »
« Purtroppo sì »
« E come mai? »
Natalie abbassò lo sguardo al cibo.
« Ahem… ho avuto un mancamento, nulla di grave »
« Ma sei stata via per molto tempo! »
Abbozzò un sorriso. « Sì, più o meno, ma neanche tanto suppongo… ad ogni modo, cosa fai di bello tu? »
Brenda si accigliò. Uno sguardo interrogativo apparve sul suo volto.
« Come? »
« Intendo, al momento, hai qualcosa in programma per… »
« Oh, sì! Domani sera lavorerò ad un importante festa di Castelia, le più importanti personalità politiche ci saranno! » pronunciò soddisfatta.
« Davvero! Wow… ho un vuoto di memoria, cos’è che facevi? »
« Faccio catering! Lisa, qualcosa non va? Sembri strana »
« Strana io? ». Una risata risuonò nell’aria con fragore. « Cosa dici! Sono solo un po’ stordita, sai, tra una cosa e l’altra… »
« Quale cosa? Quale altra? È successo altro? »
« Ahem… con Nate… »
« Nate? Dimmi tutto! »
Un sorriso imbarazzato apparve sul volto di Natalie.
Dispiegò le labbra e le sue gote assunsero tonalità rosee.
« Ma certo, Nate… ci siamo lasciati »
« COSA? »
Il suo urlo si propagò nella stanza, tanto che le altre persone nel ristorante si voltarono, richiamate dalla curiosità. Brenda si guardò attorno spaesata e ritornò su Natalie.
« Cosa? » sussurrò « com’è possibile? »
Nate è morto avrebbe voluto dire.
« Nate è dovuto andarsene via… a… Ronnoh »
« Ronnoh? »
« Sì… è una regione molto lontana dalla nostra, molto bella »
« Sinnoh intendi? »
« Esatto! Sinnoh, Sinnoh, che bella regione »
« Mi dispiace così tanto! Eravate proprio una bella coppia »
« Non dirlo a me » mormorò fra i denti « ma parliamo d’altro! Ad esem—»
« Oh, povera Lisa! » Brenda le prese le mani « Prima quella strana donna, poi la rottura con Nate… vorrei poterti aiutarti di più »
L’atmosfera imbarazzata svanì.
« Cosa? » la incalzò Natalie, ritraendosi da lei, « quale strana donna? ». Il suo viso si rabbuiò.
« Non te ne ricordi? » chiese Brenda, poco convinta.
« Sì, o meglio, i dottori hanno detto che potrei aver perso delle memorie… brutte… »
« Sarà sicuramente così. Qualche tempo fa, poco prima della sparizione, mi dicesti di sentirti osservata, come se qualcuno ti seguisse. Non ti ricordi dell’episodio a lavoro? »
« No… » commentò Natalie, assorbita dal racconto.
« Questa strana ragazza, aveva un abbigliamento molto particolare, venne al lavoro a chiedere di te. Quando ti vide, se ne andò subito, e poi, da cosa mi dicevi, continuò a girare nei dintorni per fissarti… avevamo tutti paura che fosse una maniaca, oggigiorno ce ne sono tanti in giro »
« Quella ragazza… com’era di preciso? »
« Non lo so! Non me lo dicesti, anche se dalle foto non sembrava una a posto. Cioè, aveva i capelli verdi! »
« Cosa? »
« I capelli verdi! Anche a me sembra ridi—»
Natalie s’alzò d’impeto dalla sedia.
« Cosa fai? »
« Devo andare, Brenda, scusa, mi sono appena ricordata di avere un importante impegno »
« Ehi! Lisa, aspetta! »
« Ci sentiamo domani, ok? Devo correre! »
La luce lunare filtrava attraverso la finestra ed illuminava uno spicchio di tavola. La lacca del legno risplendeva al pallore e rimandava ad Hilda un tenue riverbero.
Il rumore del traffico copriva i respiri pesanti della ragazza, in lontananza poteva distinguere il ronzio di una sirena e le urla di qualcuno. Era la prima volta in molto tempo che le sue orecchie potevano abituarsi al silenzio sporco della città e cullarsi alla melodia delle auto che sfrecciavano sull’asfalto. Poteva abbandonarsi a se stessa, senza che Zinzolin o N la raggiungessero nell’oscurità della notte, senza che l’immagine di Julie o Bianca infestasse le sue serate, senza che il rimorso per quanto accaduto la consumasse fino a farla scomparire. Era pronta a voltare pagina.
Un trillo cristallino fece breccia nella quiete.
Il suo sguardo andò in direzione della porta. Chi mai poteva essere a quell’ora?
Si alzò e, ancora assopita, raggiunse la soglia. Afferrò la maniglia e si spinse verso il legno massiccio.
« Chi è? »
« Sono io, Natalie »
Cosa.
« Vuoi veramente chiedere aiuto a lui? Dopo Natalie? Dopo Bianca? »
« Per concludere, anche una tua collega, Natalie Inkgard, scompare dalla circolazione. È morta?, è viva? Non si sa. La ciliegina sulla torta di simpatiche coincidenze »
Voci indistinte ronzavano nella sua mente. Credeva Natalie dispersa ed invece era là, dall’altra parte della sua porta, a chiedere di lei. Cosa era successo?
« Natalie? Sei tu? »
« Sì, Hilda, sono io. Apri, ti prego »
Hilda ruotò il pomello due volte e strattonò la maniglia verso di sé.
« Natalie… »
Lo sguardo di Hilda si illuminò.
« Hilda » commentò lei.
« Cosa è succ—»
« Ti dispiace se entro? » la interruppe lei, facendosi strada nell’appartamento « ho veramente tante cose da dirti »
« Sì… suppongo tu le abbia »
Hilda chiuse la porta alle sue spalle e raggiunse l’amica.
« Hai bisogno di un bicchiere d’acqua? Di un—»
« No, sto bene. Ora però tu hai bisogno di ascoltarmi »
Hilda fece un cenno con il capo.
« Allora, cercherò di spiegare tutto il prima possibile ». Deglutì. « Il giorno che mi hai chiamato, dopo averti portata a casa, ho cercato nel tuo cellulare. Ero preoccupata per te, credevo fossi entrata in qualche, ahem, brutto giro e leggo un nome: N. Me lo segno e, il giorno, dopo lo chiamo »
La ragazza la guardò scioccata. « Cosa? »
Natalie sorrise « Appunto. Mi rispose questa EKI e io, senza la minima idea, chiesi di N. Poche ore dopo, degli strani tizi cominciano a seguirmi e tentano di uccidermi finché non arriva N. Sì, N, quello coi capelli verdi. All’inizio credo che mi stia salvando ma in realtà non è così, anche lui tenta di uccidermi! O meglio, me lo fa credere. Mi fa posizionare sul ciglio di un tetto e mi spara un proiettile che proiettile non è, è una droga allucinogena »
« Volevano ucciderti? » la incalzò Hilda, interessatasi all’argomento.
« Sì, Zinzolin voleva uccidermi. Non poteva lasciare che qualcun altro fosse immischiato nella faccenda. Comunque, nella mia allucinazione credo di star cadendo dal tetto perché è quello che credevo sarebbe successo e… sorpresa! Mi sveglio senza memorie in un ospedale. Dopo che ho recuperato la memoria mi dà una nuova identità e mi parcheggia in un angolo »
« Una nuova identità? » continuò Hilda.
« Sì, ora capirai. Lo aiuto in qualche minima cosa ma più di tanto non faccio, non so sincerante che fine abbia fatto perché è da più di un giorno che non lo sento. Lui mi fa credere che questa ragazza, che per puro caso assomiglia a me, sia stata uccisa dal marito e che lui abbia intercettato l’omicidio prima della polizia e io così accetto di aiutarlo, provando pur sempre del rimorso per la vittima. Decido così, anche per riempire le giornate, di contattare i suoi amici e di conoscerla meglio e oggi scopro una cosa incredibile: N stava seguendo! Da prima che mi facesse perdere la memoria! »
« Oh… » commentò confusa « e quindi? »
« Come “e quindi”? Non capisci? N ha progettato per tutto questo tempo una via di fuga per me! Ha scelto appositamente una persona che somigliasse a me e ha ucciso sia lei che il marito per darmi una nuova identità »
« E perché avrebbe dovuto farlo? »
« Gli serviva qualcuno assoggettato a lui, qualcuno la cui vita dipendesse da lui. È riuscito a fare ben poco comunque, è andato in prigione a quanto ne so—»
« No »
Natalie la guardò sbalordita. « Come? »
« L’ho visto questa mattina, non era in prigione. Zinzolin deve averlo fatto uscire »
« Non può essere… dobbiamo fermarlo! Hilda, è un ragazzo pericoloso! Ha progettato per giorni l’omicidio di due persone, ti ha costretto a tradire la tua amica Bianca e ieri sera si è uccisa per colpa sua. Non sappiamo quante altre persone abbia ucciso, Hilda, non possiamo neanche fidarci di lui! »
Hilda alzò lo sguardo alla finestra, in direzione dello skyline di Castelia.
« Non so, Natalie… »
« Come non sai? Dobbiamo eliminarlo, a qualsiasi costo »
La ragazza si alzò, in direzione di un comò.
« Cosa fai? »
Hilda posò lo sguardo sulla pila di posta che aveva recuperato questa mattina. Scostò delle lettere sino a che non trovò una busta color beige con delle scanalature sulla superficie. Il suo nome era scritto in corsivo a mano sul retro.
« Cos’è? » la apostrofò Natalie.
« Questa mattina ho ricevuto una lettera… ». Aprì con delicatezza la linguetta e vi estrasse un foglio, dello stesso materiale dell’involucro. « Cara Hilda, sarei lieto se lei partecipasse alla mia cena di gala al Heathrow Palace. Non si preoccupi riguardo l’indumento, provvederò io a tutto »
« Chi è? »
« Zinzolin. Domani farà una serata per annunciare la sua candidatura a sindaco, credo che mi voglia mandare là perché dovrò scriverci un articolo »
« E cosa pensi di farne? »
Hilda recuperò il suo telefonino dalla tasca e digitò il numero riportato sulla lettera, sotto lo sguardo confuso di Natalie.
« Zinzolin, che piacere. Sì, sono io, Hilda. Volevo dirti che accetto il tuo contratto, ad una condizione: sarò io ad uccidere N »
Poteva giurare di aver sentito una risata provenire dall’apparecchio telefonico.
ϡ
La notte era calata su Castelia.
Una figura si muoveva nell’oscurità, danzava alla luce dei fanali delle auto e dei lampioni erranti sulle strade della metropoli, scivolava tra i rumori del traffico senza che nessuno sentisse la sua presenza. La sua via era illuminata dalla luce lunare e risplendeva di un pallore etereo.
Raggiunse un incrocio e si fermò di fronte ad un bar.
Si guardò attorno, alla ricerca di qualcuno, che giunse qualche minuto dopo.
« Non pensavo saresti arrivato, N »
« Neanche io, Hilda »
Torno con 14 giorni di ritardo. Non è vero, non sono quattordici, sono solo sette.
Ma questo capitolo è stato difficilissimo da scrivere. La prima parte, perlomeno, la parte di Hilda&N. Eh già, sembrava la fine del mondo ma io sono ancora qua. Ad ogni modo, mancano solo due capitoli
Tante cose sono successe, dopotutto è arrivato l'inverno (di Requiem for a Dream, non di Game of Thrones).
Tanti plot-twist (eeeh?), tante alleanze (fuck the what?) e tanto angst. Tantissimo angst.
Preparatevi perché i prossimi capitoli sono peggio. (ma sono più corti, I suppose it makes it up for everything- almost everything)
h
Commenti
Posta un commento