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herr- Cards - 17 - Man of Science, Man of Faith

herr

 


PREVIOUSLY ON CARDS Zinzolin mostra ad Hilda come la sua prospettiva di vita con N non sia che uno scherzo. Assieme a Natalie, decide di tramare contro N per ucciderlo. Looker ed il ragazzo, nel frattempo, si incontrano e pensano a come sconfiggere Zinzolin.
[avviso: ad un certo punto nella storia ci sarà una canzone. Lo capirete quando sarà il momento, ad ogni modo, nonostante non venga
nominata, la canzone in questione è questa. Non vi dico di aprirla ora per non rovinarvi la sorpresa, anyway fate come volete]

Il fragore delle mura che cedevano al suolo rimbombava nel salone.
Colonne di polvere si erano alzate da terra e impestavano l’aria, brillando se illuminate dai pochi raggi che si facevano strada attraverso gli squarci nel soffitto. La terra non aveva smesso di tremare e del boato era presente un sempiterno eco.
N osservò gli arazzi raffiguranti la dinastia Harmonia-Gropius che giacevano a terra, distrutti dal terremoto. I viso del padre era lacerato, lungo il suo occhio destro correva una profonda ferita che strappava in due parti il tessuto.
Hilbert si avvicinò, scostando un masso dal suo cammino.
« Cosa significa tutto ciò, N? »
« Hilbert… Posso spiegarti tutto—»
« No, N ». Un caldo sorriso apparve sulle labbra del ragazzo. « Non voglio più le tue solite bugie. Dimmi la verità, per una volta »
« Hilbert… »
« Digli la verità, N! » urlò Zinzolin, lontano dai due, « digli qual è la verità che tanto agogna il tuo amato »
Il suo grido sopraffece l’eco dei crolli per qualche secondo.
« Hilbert—»
« La verità è che non è capace di amare! »
La voce di Zinzolin giungeva alle loro orecchi limpida e cristallina.
« N non sarà mai capace di amare, né te né nessun altra persona su questo mondo! »
« Non è vero, non ascoltarlo Hil—»
« Perché non dovrebbe ascoltarmi, N? Sappiamo entrambi che è così »
Hilbert guardò N confuso. « Cosa sta dicendo, N? »
« Non devi ascoltarlo, sono menzogne »
« Come quelle che mi hai detto? Non hai fatto altro che dirmi bugie! »
« È… è complicato »
« Non deve esserlo » scosse la testa « potremmo semplicemente essere felici assieme, N. Ti amo »
« Anche… anche io »
« Ricordati, N » lo ammonì Zinzolin « ricorda chi sei. Sei un Principe, il Principe degli Harmonia-Gropius, non puoi permettere che il tuo cammino venga ostacolato da un banale mortale. È tua la scelta »
Hilbert prese la mano di N. « N, guardami. Sono io, Hilbert! »
Una lacrima rigò il suo viso, seguita da un’altra serie di gocce. « Hilbert… »
« Fai la scelta giusta! So… so che ne sei capace, so che in fondo al tuo cuore c’è un buona persona, c’è l’N che conosco »
N lanciò un’occhiata a Zinzolin, fissante i due con aria di disprezzo.
Posò poi i suoi occhi sul viso del suo amato.
« Vieni qua, Hilbert » commentò atono a braccia aperte « vieni da me »
« Oh, N! » i suoi occhi si riempirono di gioia « Sapevo che avresti fatto la scelta giusta! »
Il ragazzo corse in direzione di N e lo strinse in un forte abbraccio.

Chapter XVII
Man of Science, Man of Faith

“Smile for me. Go on, Clara Oswald. One last time”
                                                                                       
    Doctor Who, Hell Bent

« Già di ritorno, Hilda? »
Natalie sedeva al tavolo della sua cucina, sorseggiando una tazza di the.
« Natalie! Credevo dormissi »
« Anche io »
« Volevo schiarirmi le idee, farmi una passeggiata » sorrise lei « Tutto qui, è una cosa che faccio molto spesso »
« Allora buonanotte, Hilda. Domani sarà una lunga giornata »

ϡ

Natalie strinse nella mano destra il bollente manico del boiler e versò in due tazze del liquido nerastro.
Un caldo sole filtrava attraverso le finestre ed illuminava i volti delle due giovani.
« Come ci prepariamo per stasera? »
Hilda lanciò uno sguardo fugace alla donna. « Uhm, dovrei vedere. Quand’è che pensavi di passare da Brenda? »
« Poco prima di pranzo, non so bene quando debba recarsi al lavoro »
« Ottimo. Non credo… non credo ci si altro da fare, no? »
« Be’, come pensi di sbarazzarti di  N? »
Hilda abbassò lo sguardo alla sua tazzina.
« Uhm, non saprei. Ci inventeremo qualcosa »
« È quello che hai promesso a Zinzolin, non ricordi? »
« Sì, sì, lo ricordo. Potremmo rinchiuderlo in una cella frigorifera… »
« Pensavo ad un colpo di pistola »
« Sì, sì, giusto… »
« Aspetta, com’è che faremo a incontrarlo? »
Hilda alzò lo sguardo a Natalie, sorridendo imbarazzata. « Come scusa? »
« Come faremo a tendere una trappola ad N? »
« Oh… sono piuttosto certa che verrà alla festa »
« Non potremmo, che so, chiamarlo? Dirgli semplicemente di incontrarci? »
« No, non serve, tranquilla. Atteniamoci semplicemente al programma, lui farà la sua, uhm, parte »

ϡ

« Brioche? »
« Brioche! »
Looker fissò confuso N. « Come scusa? »
« Oggi sarà una lunga giornata, meglio partire preparati! » esclamò N, facendosi strada nell’appartamento di Looker « Che monolocale delizioso »
« Oh, be’, è stata la prima cos—»
« Hai quello che ti ho chiesto? »
« Le cimici? »
« Non solo, l’intero set »
Looker indicò una scatola sul suo tavolo. « È tutto là »
« Ottimo. Allora ci vediamo per le otto al Heathrow Palace. Arrivederci, Looker! »

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Il rumore delle nocche di Natalie che cozzavano contro una porta rimbombava nell’aria.
« Chi è? » si udì dall’altra parte della porta.
« Brenda, sono io! »
La porta si spalancò.
Il magro viso di Brenda baluginò dallo stipite « Lisa! Entra pure! »
« Brenda! ». Natalie contrasse la sua faccia nell’espressione più smagliante che potesse. « Grazie per avermi ricordato dove abitavi » commentò la giornalista « con questi vuoti di memoria, sai… »
« Non devi scusarti! Capita a tutti »
Natalie proseguì all’interno dell’appartamento, osservando attorno con curiosità. Al centro della sala v’era un tavolo in legno e due bicchieri colmi d’acqua poggiavano sopra di esso. Una grande finestra illuminava l’ambiente e la mobilia che spaziava ai lati.
« Se non ti dà fastidio ho già preparato due bicchieri d’acqua »
« Oh, perfetto. Avevo giusto sete »
« Allora possiamo accomod—»
Natalie afferrò il braccio di Brenda. « Anzi, avrei un po’ di mal di testa. Hai un’aspirina? »
« Ma certo! Ora vado a prenderla »
« Grazie »
Brenda sparì dietro il corridoio e la ragazza si fiondò sul tavolo. Estrasse dalla tasca una boccetta contenete un liquido e lo versò completamente all’interno del bicchiere. Immerse il dito all’interno dell’acqua e mescolò affinché ne fosse satura in modo omogeneo.
La mano saltò da un bicchiere all’altro, impugnò saldamente il vetro e, sedutasi, cominciò a bere.
« Sono tornata! » esclamò Brenda poco dopo balenando dal corridoio « hai ancora male? »
« Un po’ meno, grazie. Credo che non la prenderò »
Brenda sorrise. « Come vuoi, Lisa! Uh, e cos’avevi ieri? »
« Avevo un appuntamento con… ahem… il falegname »
« Falegname? »
« Sì! ». Che idea idiota, Natalie pensò fra sé e sé. Scosse la testa. « Ho un problema alla serratura della mia porta e avevo paura che potesse entrare qualcuno »
« Non preoccuparti, avremo tante altre occasioni per sentirci »
« Certo, certo… » commentò « ah, ma oggi tu hai la festa al Heathrow Palace! »
« Come sapevi che è là? »
« Come lo so? » le fece eco lei « uhm… avevo… » si guardò attorno. Eccolo! « là, c’è scritto su quel post-it sul frigorifero »
« Oh, che sbadata! Ultimamente sono un po’… » Brenda socchiuse gli occhi « un po’… »
« Ti senti male, Brenda? »
La donna sorrise. « No, no, sto bene… »
« Ed, ahem, a che ora è? »
« Ci vediamo alle 14:00 per preparare tutto, come al so… »
La sua testa si accasciò lentamente sul tavolo e la vitalità spirò via dai suoi occhi. Dalla sua bocca uscivano dei pesanti respiri.
« Dormi bene, Brenda »
Natalie si alzò con i bicchieri in mano e li pose nel lavello. Sciacquò ciascuno due volte con del forte sapone per poi avventurarsi nel corridoio.
In cima al letto della sua camera culminava un abito nero e bianco, riposto in un porta abiti trasparente. È della mia taglia ragionò, squadrandolo. Accanto ad esso v’era un badge recante il nome di Brenda e la sua foto.
Allungò la mano destra all’uncino della sacca porta abiti e la issò in spalla dopodiché si mise in tasca la tessera nominativa.
In punta di piedi ritornò all’entrata e con la maggior delicatezza possibile chiuse la porta dietro di sé. Un metallico clangore risuonò nell’aria.

« Sei sicura che non si sveglierà? »
« Certo, Natalie, non si sveglierà prima di sta notte »
« Come faremo a spiegarle tutto ciò? Andrà sicuramente alla polizia »
« Possiamo occuparcene dopo? Non riusciremmo comunque a—
« Those fingers in my head… »
L’attenzione delle due ragazze fu catturata dall’apparecchio telefonico di Hilda, giacente a qualche metro di distanza da loro nella giacca della ragazza. Dolci note jazz si erano diffuse nell’aria, un suono inconfondibile alle loro orecchie.
« Cos’è? »
« La mia suoneria… »
« Chi è a chiamarti? »
Fa che non sia N si ripeté Hilda nella sua mente, fa che non sia N, fa che non sia N.
Si alzò disinvolta e e andò a recuperare il telefono, accettando la chiamata prima di aver controllato il mittente.
« Buongiorno, Hilda » gracchiò il cellulare.
Il viso di Hilda rabbuiò.
« Zinzolin » commentò atona.
« Chi ti aspettavi? »
N.
« Nessuno »
Il ronzio continuò. « Ottimo. Ti dispiacerebbe andare alla finestra? »
« Come? »
« Andare alla finestra, Hilda »
Hilda allontanò il telefono dalle sue labbra. « Natalie » sussurrò « Natalie! »
La ragazza le restituì uno sguardo confuso.
« Vai alla finestra! »
« Hilda? Ci sei? » continuò la voce, dall’altra parte dell’apparecchio.
« Certamente, Zinzolin! ». Hilda riavvicinò il telefono all’orecchio « Cosa dovevi dirmi? »
« Sei andata alla finestra? »
« No, non cred—»
Alzò lo sguardo e vide Natalie esultare di felicità. Improvvisamente le sue capacità dialettiche erano venute meno e aveva cominciato ad esprimersi a gesti. Muoveva le braccia in aria e sorrideva ad Hilda, che le sorrise di ritorno.
« Adesso vado… »
Hilda raggiunse la finestra e guardò sotto.
Un camion era stato parcheggiato sul ciglio del marciapiede ed una colorata fila di abiti stava uscendo dal retro. Contò tre appendini in metallo, i quali portavano con sé una ventina di vestiti da sera ordinatamente appesi sul supporto metallico.
Avvicinò il telefono alle orecchi in attesa di una risposta, ma ciò che udì fu un suono sordo provenire dalle casse. « Pronto, Zinzolin? »
« Ha chiuso? »
Hilda asserì.
« Be’… » sbuffò Natalie, osservando con cupidigia gli abiti « sono dei gran begli abiti »
« E cosa dovrei farmene? »
« Credo che voglia che ne indossi uno »
« Che? Escluso »
« È un vestito, Hilda! Cosa vuoi che sia? »
« Ok, ok, lo indosserò »
« Ottimo »
Hilda e Natalie tornarono dentro a sedersi. Poteva sentire nell’aria un’atmosfera frizzante, una sensazione che non riuscivano a scrollarsi di dosso. Non avevano idea di cosa sarebbe successo quella sera, l’unica loro era certezza verteva sulla sua natura: sarebbe stata indimenticabile. 

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Il Heathrow Palace era un’imponente villa immersa in un lussureggiante parco di proprietà dello stesso: il Heathrow Park, che si estendeva attorno tutto il palazzo includendo un lago ed un labirinto di rose. L’entrata principale si fregiava di un imponente cancello in ferro battuto dai toni neoclassici, nel quale erano state forgiate scene mitologiche raffiguranti i leggendari di Unova. Il recinto di metallo proseguiva sino a cingere l’intera magione, intervallato da porte più piccole per la servitù, delle quali fece uso Natalie per entrare. L’edifico presentava una pianta rettangolare, diviso in più stanze su tre livelli dal terreno: la sala da ballo, dove si sarebbe svolta la cena di gala, era collocata sul terzo. Un elegante balcone semicircolare conduceva il salone all’esterno, per ammirare lo skyline di Castelia City illuminato a giorno dai grattacieli.
La ragazza, vestitasi con gli abiti che aveva precedentemente rubato da Brenda, seguì altre due ragazze che, come lei, lavoravano per la società di catering. Si presentò con il badge dell’amica e, con sua grande sorpresa, non fu grande lo stupore.
« Sostituisci Brenda, eh? ». Un uomo ammiccò in direzione di Natalie.
« Più o meno »
« A me va bene, basta che non lo sappia il capo »
« Sarò muta come un pesce »
Il ragazzo rise. « Vorrei ben vedere se fossi tu a denunciarti! »

Natalie percorse con grande ammirazione le sale ed i corridoi del palazzo, senza tradire espressioni di stupore di fronte a quadri o statue che la colpissero particolarmente. Il pavimento era lastricato di marmo rosso, lungo il quale si diramavano centinaia di striature biancastre e marroni. Quando, entrata nel salone, alzò lo sguardo, non poté che rimanere estasiata: un affresco raffigurante la dinastia Harmonia-Gropius sormontava il suo capo, al centro del quale pendeva un imponente lampadario di cristallo su più livelli concentrici. Alla sua destra ed alla sua sinistra, adiacenti muri, v’erano sedie dal gusto neoclassico e tavoli non ancora imbanditi. Delle finestrate poste all’altezza del bacino di Natalie interrompevano i motivi araldici della carta da parati.
« Brenda Chenowith? Brenda Chenowith? » urlò una voce, spezzando il silenzio che regnava nel salone. Una donna di mezza età, vestita delle stesse vesti della giornalista, sostava esattamente sotto al lampadario reggendo in mano un plico di fogli.
Natalie si avvicinò. « Sarei io »
La donna la squadrò, poco convinta.
« Ti sta bene il nuovo taglio, Brenda »
« Ahem—»
« No no, non dire nulla. Basta che tu vada a fare il tuo lavoro »
Natalie girò sui tacchi e tornò al piano terra, dove si mise ad aiutare con i preparativi.

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La serata scese dolcemente sulla città.
Il sole era in procinto di tuffarsi nel mare come sfiorava con nostalgia il suo riflesso sul pelo dell’acqua. Emanava una luce rossastra, dipingendo attorno a sé una raggiera di colori porpora che si riflettevano a loro volta nel cielo e nelle nuvole e le colorava di tenui arancioni e rosa. Non v’era una imbarcazione all’orizzonte capace di oscurare la maestosità del fenomeno del tramonto o di relegare la stella ad un secondo posto. Fugaci stormi di gabbiani compivano evoluzioni circolari alla luce crepuscolare, assumendo visti dal porto l’aspetto di leggiadri danzatori nel cielo.
Quando il sole svanì dentro il mare, il cielo cedette il passo alla fredda notte, trapuntata da una miriade di puntini luminosi e illuminata dalla luna, quel giorno nella sua totale espressione.
Hilda scese dall’auto che Zinzolin aveva mandato a casa sua per portarla alla villa con esitazione. L’abito che indossava era verde smeraldo, si fregiava di una scollatura a cuore che si concludeva con due spalline del medesimo colore sino a cingerla sul retro. L’abito proseguiva attillato sull’addome per poi diramarsi in una serie di balze e falde sino ai piedi. Le gambe erano coperte nella loro interezza dal vortice di stoffa che si avviluppava attorno la magra figura della ragazza. Indossava delle scarpette col tacco verde scuro ed i suoi capelli erano raccolti in un’elaborata acconciatura sul suo capo, nonostante qualche ciocca fuoriuscisse dalla pettinatura. In particolare, un ciuffo di capelli castani era lasciato a pendere sul lato destro della sua tempia e scendeva sino al collo, sinuoso.
« Signorina Baskerville » esordì un uomo, vestito di uno smoking nero, inchinandosi di fronte alla ragazza. « Zinzolin ha caldamente suggerito che fossi io ad accompagnarla sino alla sala da ballo »
« Vuole giustiziarmi lontano da occhi indiscreti? Ottima strategia »
Il maggiordomo si rialzò e le sorrise. « Prego, da questa parte »
« Uh, le cose si fanno interessanti… »
Imboccarono una via minore che s’inseriva nel parco del palazzo nascosta da un fitto cespugliame dopodiché furono immessi in un meraviglioso labirinto di rose. Riuscì in lontananza a scorgere una costruzione circolare, all’interno del roseto, ma il maggiordomo fece in modo che non si perdesse lungo la strada.
Quando entrò, attraverso una scala laterale, la dolce melodia di un valzer giunse alle sue orecchie. Poteva udire il chiacchierio degli invitati saturare l’aria e l’afrodisiaco suono dei violini accompagnare il rumore, dandogli un completamente diverso tenore. Anche il più irritante traffico cittadino sarebbe diventato un classico concerto se accompagnato da quella melodia, considerò Hilda.
S’inoltrarono in una piccola anticamera, dalla quale partiva una rampa di scale in salita.
« Salga quelle scale e si ritroverà nella sala »
« Non viene anche lei? »
« No, signorina Baskerville » commentò atono.
« Ma—»
« Prego, non abbia esitazione »
Abbozzò un inchino come Hilda passò davanti a lui e risalì le scale.
Il muro che cingeva la rampa diveniva mano a mano più corto sino a che non scomparì, rivelando alla ragazza una scioccante sorpresa: si trovava, sola, in procinto di discendere la scala che conduceva direttamente al salone. La maestosa scala principale, al di sopra di lei stava solo un balconcino che conduceva ad una stanza privata: di fronte l’intera folla. Lanciò un’occhiata al cameriere che l’aveva scortata sino a lì ma lo vide scomparire dietro un muro.
La musica rallentò, sino a cessare.
Le luci si affievolirono ed un brillante fascio luminoso venne puntato su di lei.
« Quella è Hilda… sì, la giornalista… » udì tra il brusio generale.
« Cosa ci fa qua? »
« Hai visto? Quella è la giornalista di cui Zinzolin parlava… »
Scese il primo gradino, il secondo e poi il terzo. Più si avvicinava al pavimento più sentiva la tensione aumentare in sala, gli occhi erano incollati su di lei e non accennavano a guardare da un’altra parte: era la stella della serata.
Pregò che il tragitto durò il meno possibile e quando non riusciva più a sostenere l’ansia constatò di aver toccato terra. La musica aveva ripreso a suonare, le luci si erano accese nuovamente e le persone avevano quasi dimenticato della sua esistenza.
Tirò un sospiro di sollievo.
« Hilda! ». Natalie apparve tra la folla, reggeva un vassoio di tartine in mano. « Cosa credevi di fare? » sussurrò.
« Non— non l’ho deciso io! Zinzolin voleva, in qualche modo, che facessi questa entrata »
« Be’ se volevamo contare sulla discrezione il nostro piano è saltato. Dobbiamo muo—»
« Shh, Natalie, shh. Lasciami godere la serata, tra un po’ ci penseremo »
Allungò la mano verso un vol-au-vent ripieno e lo cacciò in bocca. Come lo gustava nel palato, ammiccò in direzione della compagna.
« Ricordati qual è l’obiettivo di tutto questo! »
« Sì, uccidere N, ce l’ho ben qua » si diede un colpetto sulla tempia « in mente! »

« Looker! Qual buon vento! »
Looker apparve svoltando da un angolo, intercettato poco dopo da uno smagliante N. A differenza del primo, che indossava un discreto smoking nero, il ragazzo portava un candido abito lungo la parte superiore ed inferiore, spezzato da solo un paio di scarpe verde smeraldo ed una cravatta del medesimo colore. Un garofano verde pallido culminava sull’occhiello.
« N! Come hai fatto a trovarmi? »
« Ho fatto il giro dell’edificio, prima o poi saresti dovuto arrivare! » scherzò « Piuttosto, hai tutto? »
Dalle mani del detective apparse una valigetta nera, chiusa sull’apice da un lucchetto a quattro cifre.
« Il codice è 0000 »
« Viva la fantasia! » rise N « ad ogni modo, grazie molte. Entriamo? »
« Oh, credevo… come faremo ad entrare? »
N prese sottobraccio Looker e lo spinse a seguirlo, avviandosi entrambi all’entrata del parco. Il flusso di persone che entravano era calato notevolmente dal momento di punta ed ora era deserto il cammino antistante il cancello.
« Invito, prego? »
N consegnò una busta giallo ocra all’uomo.
« Molto bene, ed il suo? » continuò, riferendosi al detective.
« I—»
« È mio marito, è con me »
« Molto bene signori, entrate pure »
« Cosa? » sussurrò Looker, poco più avanti rispetto all’entrata « tuo marito? »
« Cosa c’è? Era l’unico modo per entrare entrambi con un solo invito »
Looker accigliò « Non c’era un modo più ortodosso? »
« Quale modo più ortodosso di marito e marito? » sorrise N, avvicinando le labbra a Looker « Vive l’amour » concluse, consegnando un delicato e repentino bacio a Looker.
« Ehi! »
« Forza, entriamo! Una serata di gala ci aspetta! »

« Brenda! Brenda! »
« Sì? »
Natalie fece una giravolta su sé stessa, reggendo tre vassoi con un braccio e due con l’altro. Il suo viso palesava uno stato d’animo irritato ed indisposto, se fosse possibile anche peggiorato dalla confusione e dalla a suo dire smielata musica che le bombardava le orecchie.
« Più veloce! Devi essere più veloce, muovi quel culo che ti ritrovi! »
« Ehi! Come ti—»
« Tu ascolterai quello che dico e non ribatterai, ok? O ti devo mandare fuori a calci nel culo perché non sei la vera Brenda Chenowith? »
« Sono sicura che sia illegale in qualche modo parlare così a un dip—»
« Bene, hai trovato il lavoro che fa per te, l’avvocatessa, ora vai e vedi di finire quei cinque vassoi entro cinque minuti »
Il ragazzo spinse Natalie dentro la folla, in balia di sé stessa e della confusione generale.
Era un’impresa circense muoversi con cinque vassoi retti su solo due braccia senza far sì che venissero rovesciati su qualcuno o che cadessero rovinosamente a terra. Aveva rinunciato a camminare a testa alta, manteneva il suo sguardo basso individuando i piedi delle persone ed evitandoli affinché il cibo rimanesse integro.
Fu un’ottima strategia per un po’, ma a lungo andare finì per sbattere con molte più persone di quante non avrebbe fatto mantenendo gli occhi ad altezza del viso.
Alzò lo sguardo, nel tentativo di scusarsi per la sesta volta, e rimase interdetta dalla figura che le si era presentata davanti.
« Brenda… » commentò atono l’uomo di fronte a lei « Brenda… Chenowith! »
Indossava uno smoking completamente bianco, sia la parte superiore che pantaloni. Le sue scarpe erano color verde smeraldo ed anche la sua cravatta, tali da riprendere il colore della sua scintillante chioma di capelli.
« Ci conosciamo, per caso? »
« … »
« Non dire nulla, non serve. Abbi solo una buona serata » sorrise lui, dandole una bacca sulla spalla. « Oh, prima però serviamoci! »
Afferrò un bicchiere di spumante e lo portò alla bocca, deliziato.
« Delizioso! »
Natalie abbassò lo sguardo, ricolma di vergogna.
« Dovrei and—»
Le luci si spensero.
La musica cessò.
Un fascio luminoso illuminò il balconcino che dava sulla scalinata, sopra il quale uno schermo televisivo mandava in onda una sola immagine, recante verde su nero “EDWARD WILHELM ZINZOLIN”.
L’attenzione di Natalie ed N era stata catturata, così come per il resto degli invitati.
« Buonasera a tutti! » esordì il saggio, rompendo il silenzio creatosi da lì a poco prima. « Spero che la serata sia di vostro gradimento. Ad ogni modo, avevo invitato qua voi tutti per un motivo ben diverso. Nel corso dei mesi mi avete conosciuto come Zinzolin, un esponente della particolare associazione Team Plasma: sono di più. Sono un filantropo, mecenate e, da oggi in poi, politico della Repubblica di Unova!
« Voglio infatti sancire con questo discorso la mia candidatura a sindaco di Castelia, che verrà poi ufficializzata nei giorni venturi. Viva Castelia City e viva la Repubblica di Unova! »
Uno scroscio di applausi rimbombò nell’aria, appagando la sete di fama di Zinzolin che contrasse il suo viso in un espressione di malizioso sorriso.

Zinzolin scomparve
Hilda si guardò attorno, spaesata dal discorso di Zinzolin, alla ricerca di Natalie, quando vide i suoi capelli da lontano perdersi nella folla.
« Natalie! Natalie! » esclamò come la raggiunse « Hai senti—»
Il suo viso cozzò contro la stoffa morbida e bianca di uno smoking.
« Oh, mi scusi signore, non vol—»
L’uomo si girò.
Trasalì.
Gli occhi castani di Hilda incrociarono gli occhi verde smeraldo di N.
Entrambi erano senza parole.
« N… »
« Hillda… »
« Devo— devo andare… »
Hilda abbassò lo sguardo e continuò per la sua strada, ma N la fermò. Pose le sue mani alle nude spalle della castana e la mise davanti a lei. Poteva ammirarla in tutta la sua bellezza, una bellezza che aveva tanto bramato di vedere con i suoi occhi.
« Sei… bellissima » commentò. « Sei la più bella creatura che abbia mai visto in vita mia »
« N… »
« No, ti prego. Non dire nulla » sussurrò « vuoi, invece, concedermi questo ballo? »
N si inchinò, porgendole la mano destra.
« Oh… »
« Di’ di sì, Hilda Baskerville »
Un sorriso incurvò le labbra di Hilda.
« Allora dirò di sì, Natural Harmonia-Gropius »
Le note di un dolce valzer si diffusero nell’aria. La folla si spostò verso i muri mentre qualche sporadica coppia di danzatori decideva di prendere posto al centro della sala.
Le braccia di Hilda tremavano al solo pensiero di doversi esibire sotto gli occhi di tutti, nonostante una parte di sé fosse eccitata per l’idea di danzare con N. Sarebbe stato un ultimo ricordo piacevole, prima di voltare pagina della sua vita e nascondere quelle memorie all’oblio della mente.
N si pose davanti a lei, alzò il braccio sinistro e lo stese verso l’esterno, mentre pose quello destro a semicerchio sulla scapola di Hilda. Lei si limitò a seguire i movimenti del ragazzo, completando la circonferenza di braccia che aveva cominciato.
« Hai mai ballato il valzer? » pronunciò, dolce e mellifluo.
« No, non credo di averlo mai fatto » ribatté imbarazzata « nei miei sogni, magari » scherzò.
« Credi di esser capace di assecondare i miei movimenti? »
« Se tu sarai capace di farmeli assecondare »
« Oh, Hilda Baskerville, io sono capace di portarti sulla luna »
Mosse il piede destro in avanti e ruotò l’angolazione del bacino di novanta gradi. Hilda seguì armoniosamente i suoi passi e, lentamente, ingranarono la marcia.
Un sorriso dispiegò la bocca di N. « Non te la cavi male »
« Ho un ottimo maestro » sorrise anch’essa.
Il ragazzo avvicinò le sue labbra alle labbra di Hilda. « Allora promettimi di dargli un bacio non appena lo vedrai » sussurrò dolcemente.
« Sarà fatto »
Prima di quanto potesse immaginare, il ballo aveva preso piede e si era creato un nutrito gruppo di coppie che danzavano leggiadre sul parquet della sala. Le dolci note del violino erano capace di sciogliere anche i cuori più duri e di ammorbidire anche i più sprezzanti animi. Hilda respirava un’atmosfera magica, fatata. Stava vivendo un sogno ad occhi aperti.
« Non è niente male come ultimo ballo » scherzò Hilda « è un peccato che debba finire »
« Di’ una parola e continuerò a ballare sino a che il mio corpo me lo permetterà »
« Mi piace pensare che possa essere così. Danzare su questo parquet in eterno, solo noi due, al suono del violino »
« È questo il tuo più grande desiderio, Hilda Baskerville? »
« Sai qual è il mio più grande desiderio, N »
Il viso di N si rabbuiò.
« Non posso offrirti più che tutto me stesso »
« Ma c’è una cosa che tutto te stesso non sembra poter dare »
Hilda scosse la testa. « Ma non ne parleremo oggi. Non ne parleremo ora, voglio conservare un bel ricordo di questa serata »
N si arrestò.
« Ho paura che questo ballo sia finito » mormorò.
Improvvisamente, i suoi occhi si erano spenti ed il viso aveva assunto un’espressione malinconica. Il suo sguardo assente eludeva le occhiate della ragazza.
« Oh ». Hilda si guardò attorno. « Vuoi concedermene un altro? »
« Non credo sarà possibile »
« Come? »
N mosse un passo indietro. « Devo andare, Hilda »
« No, resta ». Afferrò il suo braccio « Ti prego, ancora un po’ »
Il ragazzo si divincolò dalla stretta sotto gli occhi languidi di Hilda e si allontanò dalla sala da ballo, « Ricordati perché sei qua, Hilda. Non dimenticartelo mai »
« Ed il ballo che mi hai promesso? »
« Attenderò con ansia il giorno in cui potremmo ballare insieme, Hilda. Non ora, non domani, forse mai. Sino ad allora, non passerà un giorno in cui non vorrò danzare ancora con te »
N si voltò e la sua chioma verde sparì nella folla. 

ϡ

« Non pensavo saresti arrivato, N »
« Neanche io, Hilda »
Hilda abbozzò un sorriso. « No, veramente. Pensavo… »
« Pensavi che non avrei capito il codice? »
« Non sono mai stata brava in queste cose »
« Incantrami al solito ti amo » scherzo lui « una ragazza di poche parole, eh? Potevi almeno dirmi l’orario »
« Credevo che l’avessi capito. L’orario dei messaggi, credevo l’avessi capito… »
« Avevo intuito che fosse così, ma ho preferito prendermi con anticipo »
« Quanto anticipo? »
« Due, tre orette… tutto e di più per la mia amata Hilda! » scherzò lui, sorridente.
« Non ho voglia di scherzare, N » continuò lei, il suo tono era serio e differente da qualsiasi altra intonazione che avesse mai conosciuto prima « ti ho chiamato qua per uno scopo preciso »
« Cosa pensi di fare? »
« Voglio eliminare Zinzolin. Eliminarlo completamente »
« Non potrai mai ucciderlo, Hilda. Lo sai »
« Sì, lo so… ma se ci fosse un’altra soluzione? »
N la fissò. « Potrebbe darsi che ce ne sia una »
Gli occhi di Hilda si illuminarono. « Davvero? » 
« Sì, ma dovrai ascoltarmi attentamente »

ϡ

Hilda raggiunse le scale in tempo per notare la figura slanciata di N perdersi tra i corridoi del palazzo. Aveva l’attitudine di un fantasma al quale, più si avvicinava, più pareva allontanarsi. I suoi passi rimbombavano nell’aria ma la sua immagine era sempre più lontano ai suoi occhi.
Scese al primo piano, la vana speranza di rivederlo era ciò che bastava per muovere le sue gambe e spingerla dove non avrebbe mai osato andare. Allora il suono dei violini era svanito e non rimaneva che un indistinto eco ad infestare le sale del Heathrow Palace.
« Hilda! Cosa ci fai qui? »
Avvertì un stretta al braccio, che la costrinse a girarsi.
« Natalie… »
« Ti devo ricordare il nostro piano? »
« Lasciam—»
Natalie la fissò intensamente negli occhi.
« Non ti lascerò andare, Hilda. Ora tu verrai con me ed assieme faremo fuori N, ok? »
« Io—»
« Ok? »
Hilda deglutì.
« Ok »
« Ottimo ». Un sorriso illuminò il volto di Natalie « Ora seguimi, prenderemo l’occorrente necessario »
« Occorrente? Cosa— cosa ci serve? »
Natalie la strattonò verso la sala cucine dove, controvoglia, passarono in rassegna ogni tipo di coltello e strumento per tendere una trappola al ragazzo dai capelli verdi.
Come i suoi occhi si posavano sugli acciai da cucina, Hilda provava le sue membra tremare. Sentiva profondamente sbagliato quello che stavano cercando di fare ed al contempo non trovava dentro di sé il coraggio di mettere in azione il suo piano. Quand’era il momento giusto?, si chiese. Natalie pareva così convinta che anche i più blandi sentimenti che potevano portarla ad andare contro N trovavano legna per il proprio fuoco.
Allungò la mano verso un coltello a lama piatta e larga, posando la sua mano sul manico di legno. Quando lo estrasse dalla fodera, una luce accecò i suoi occhi. Osservò attentamente il riflesso che le restituiva lo strumento e, per la prima volta, si vide bella. Un fugace sorriso balenò sul suo volto.
« Natalie… »
Natalie era assorta nella sua intensa ricerca. Non si voltò verso la giovane ma si limitò a rispondere.
« Sì? Hai pensato a come distrarre N? »
« Ecco, a proposito… »
« A proposito cosa, Hilda? »
« Non credo di voler più ucciderlo… er, uccidere N »
« Cosa? ».
Girò il collo sino ad incrociare lo sguardo di Hilda. « Cosa? »
« Nessuno ci obbliga a farlo. Potremmo lasciarlo in pace, magari sarebbe capace di darci una nuova identità e di—»
« Ne ho abbastanza di nuove identità! Ho dovuto rinunciare al mio lavoro ed ai miei affetti solo per colpa di N, senza contare tutte le persone che ha ucciso o ferito durante il percorso! Quando capirai che è un mostro? »
« Non è un mostro… »
« Sì che lo è! Come fai a non vederlo? »
« Perché lo amo ». Provò un brivido lungo la schiena come pronunciava quelle parole. « Io amo N »
« Anche dopo tutto ciò che ha fatto? Come fai ad amarlo! »
« Perché so che oltre a quell’N c’è l’N di cui mi sono innamorata »
Natalie rimase a fissare i coltelli.
« Se la pensi così… » mormorò, avvicinando la mano ad un coltello dalla lama lunga ed affusolata, « non mi lasci altra scelta »
« Mi stai minacciando? »
« Devo, Hilda. Fosse l’ultima cosa che faccio, lo ucciderò »
Hilda portò il coltello che stringeva fra le mani avanti a sé. « Vuoi davvero rischiare di ferirmi per portare avanti i tuoi ideali? »
« Non esiterò a farlo » ribatté atona « come ha fatto Bianca prima di me. Non lascerò che il suo suicidio rimanga impunito »
« La colpa è so—»
« … solo tua, lo so. Diresti qualsiasi cosa pur di proteggere N, ne sei succube »
« Quel cazzo di N ti è entrato nel cervello, Hilda, ne sei succube! »
Nella sua mente udì le parole di Ethan rimbombare.
« Mi dispiace che tu la pensi così, Natalie »
« Anche a me dispiace che tu non lo capis—»
Delle voci roche e gravi si fecero strada nelle orecchie di Hilda e Natalie. L’eco dei passi pesanti si era diffuso anche nella stanza.
« Cos’è? »
« Mi dispiace che sia dovuto finire così, Natalie » sorrise lei « avrei veramente voluto che tu capissi questa situazione »
« Di cosa— di cosa stai parlando? Cosa stai dicendo? »
Un tonfo sordo interruppe la loro conversazione.
La porta che le separava dal resto del palazzo venne scardinata dai perni che la tenevano in piedi e cedette al suolo, alzando una coltre di polvere nell’aria. Delle tute blu apparvero sulla soglia dell’uscita, un striscia nera attraversava i loro bacini.
Come la polvere si diradò si rivelarono alla vista di Natalie ed Hilda due poliziotti, entrambi reggenti in mano un arma da fuoco di forma longitudinale.
« Natalie Inkgard, lei è in arresto per furto, omicidio plurimo e furto d’identità »
« Cosa? »
Il viso della donna parlava più di quanto le sue labbra avessero mai potuto dire.
« Mi dispiace, Natalie, il tuo gioco è finito »
« Hilda, cosa cazzo hai fatto? » gridò « COSA CAZZO HAI FATTO! »
Un agente poggiò la sua mano sinistra sul braccio di Natalie ma lei ritrasse il corpo, esibendo come difesa il coltello con il quale aveva minacciato Hilda.
« Ti daremo l’aiuto di cui hai bisogn—» Hilda si accasciò sul piano della cucina, reggendosi con le braccia. Tossì ripetutamente. « bisogno, Natalie! »
« Signorina, sta bene? La signora le ha fatto qualcosa? »
« No—» tossì « no, no. Sto bene, occupatevi di lei »
« LASCIATEMI STARE! LASCIATEMI STARE! »
« Hai bisogno di un aiuto medico, Natalie! Sei malata! »
Un agente si pose davanti a Natalie e le afferrò il coltello dalla mano, scaraventando a terra successivamente. Il secondo uomo  le chiuse le mani all’interno di un paio di manette e le strinse le braccia tra i pugni affinché non si dimenasse. I suoi occhi erano iniettati di sangue, era in preda a forti convulsioni.
« NON È COLPA MIA! NON HO FATTO NULLA! NON HO FATTO NULLA! È TUTTA COLPA DI N! DI N! »
« Addio Natalie! »

ϡ

« Come prima cosa, dovremmo trovarci un modo di sbarazzarci di Natalie »
« Cosa? Perché? »
« È una mina vagante, è un rischio troppo grande averla con noi »
« No! Non voglio— non voglio tradirla! »
« Ho paura che dovrai farlo Hilda, ma tranquilla, non servirà ucciderla »
« Se non vuoi ucciderla cosa farai? »
« Qualche ora prima chiameremo la polizia, dicendo di sapere che la vera Lisa Fisher è morta e che Natalie Inkgard, una giornalista del Castle, l’ha uccisa assieme al marito per rubarle la identità »
« COSA? Non posso farle questo! »
« Devi, Hilda. È l’unico modo per cui possiamo farla passare per psicologicamente instabile e fare in modo che ogni cosa che dica sia falsa! »
« Non lo so… non c’è una soluzione migliore? »
« Siamo in una guerra: dobbiamo fare dei sacrifici »

ϡ


Il labirinto di rose consisteva in un roseto di forma quadrata, all’interno del quale si estendevano alti e geometrici i cespugli di rosa. Vi era un’entrata per ogni lato e si congiungevano in un quadrato concentrico poco prima del centro, rappresentato da una fontana di grandi dimensioni raffigurante Reshiram e Zekrom. Sullo specchio dell’acqua era riflessa la luna, in continuo mutamento grazie al flusso sempiterno del liquido.
Il rumore della fontana saturava l’aria.
N era chino ad osservare la sua immagine sulla superficie acquea, anch’esso tremolante.
« Sapevo che ti avrei trovato qua »
Rimase a guardare il suo riflesso.
« Hilda » commentò atono.
« È appena arrivata la polizia. Natalie… » esitò, osservando la schiena candida del ragazzo « hanno portato via Natalie »
« Ottimo. Perché sei venuta a cercarmi? »
« Volevo dirti addio »
« Ci siamo già detti addio, non ricordi? Va’ da Looker, ti aspetta all’interno del Palazzo »
« Io… »
« Vai »
Hilda sbuffò.
Il suo sguardo vagò attorno a sé, scorse sul terreno di terra battuta e sull’imponente statua, illuminata da una decina di fari ai lati del basamento.
« Io… »
Hilda tossì.
« Ti— ti amo »
N alzò il capo.
« Ti amo, N. Come puoi essere indifferente a questo? »
« Va’ da Looker, Hilda »
Lo sterile gorgoglio dell’acqua accompagnava le sue parole.
Hilda mosse un passo indietro e si voltò. Davanti a sé una parete di rose si estendeva per una decina di metri, conducendo poi alla via d’uscita.
« E Hilda… »
« Sì, N? »
« Non ho mai considerato la nostra relazione un gioco »
Inizialmente Hilda non capì cosa intendeva il ragazzo. Esitò qualche secondo, tempo nel quale rimase in silenzio.
« Come scusa? »
« Mi avevi chiesto… tempo fa, mi avevi chiesto se considerassi la nostra relazione un gioco. No, non lo faccio »
Un sorriso compiaciuto illuminò suo viso.
« Addio, N » concluse, scomparendo dietro i cespugli di rose.

« Ti ricordi cosa devi fare, Hilda?
Hilda asserì. « Sì, ho tutto in mente »
« Ottimo » sorrise Looker « ricorda, parla ad alta voce e fai in modo da essere molto vicino a lui »
« Non è la persona più gradevole del mondo ma farò uno sforzo »
« Non sto scherzando, Hilda. È la nostra unica possibilità »
« Lo so, lo so. È la terza? o quarta volta che me lo ripeti? »
« Voglio solo che tutto vada alla perfezione, ok? »
« E sarà così, ok? »
« Ok, ok! Ripetimi quello che devi dire »
Hilda fece un sorriso canzonatorio. « Buonasera, Zinzolin. Ho fatto… »

« … ho fatto ciò che mi avevi chiesto »
La pesante porta di legno si chiuse alle sue spalle con un tonfo sordo.
Guardò di fronte a sé, alla sua sinistra stava un caminetto crepitante mentre alla sua destra un tavolino di vetro, sulla quale sommità figurava una scacchiera di quello che le sembrò vetro. Le pareti erano ricoperte di libri ed un ritratto raffigurante un distinto signore troneggiava troneggiava sopra il fuoco.
Zinzolin sedeva dall’altra parte del tavolino, sottostante ad un raffinato lampadario.
« Ottimo » sorrise il saggio « accomodati pure, Hilda. Dobbiamo parlare »
« Lo credo anch’io »
Avanzò di qualche passo e si sedette su di uno sgabello dal gusto neoclassico.
« Ho avuto molto tempo per pensare a ciò che faremmo nel futuro, Hilda, ai piani che tu hai per il futuro. Ebbene, non sono sicuro di voler portare avanti i progetti che avevo con te »
Hilda avvertì un bruciore al collo. Ogni respiro che faceva grattava la sua trachea e diffondeva uno sgradevole odore nel palato.
« Non voglio più che tu uccida N, Hilda »
« Come scusa? »
« Non voglio più ucciderlo, Hilda ». Pronunciò quelle parole con la calma e la tranquillità che permeavano i suoi discorsi. In qualche modo non era riuscita a convincerlo della verità delle sue azioni. « Ti senti male? »
« Come—»
« Hilda, Hilda! » sorrise lui « Pensavi davvero di giocarmi un tiro del genere? Non potresti mai uccidere N, non sei capace di uccidere! » sorrise il saggio « L’ho sempre saputo »
« Non è vero! Io—» sbatté i pugni contro il tavolo « l’ho ucciso! Io l’ho ucciso! »
« Non agitarti, Hilda. Stai calma. Come stavo dicendo, uccidere N non rientra più nei miei piani. Sarà pure inutile ai miei scopi ma è pur sempre il Principe, come credi che potrei guidare i Sette Saggi senza di lui? Mi hai fatto un favore in realtà »
« Posso spieg—»
« Non serve. Piuttosto, mi premeva dirti un’altra cosa. Ti ricordi quando ti ho detto che uno di voi doveva morire? »
Quelle parole ridestarono Hilda dallo sconforto in cui era caduta poco prima. Improvvisamente la discussione aveva ripreso un interesse alieno.
« Ho paura che sarai tu a morire, Hilda. Spero che non ti arrechi troppo disturbo »
Cosa.
Si alzò in piedi, sentitasi aggredita dal solo pensiero. Si ritrasse dalla figura di Zinzoline, avvicinandosi al tepore del camino. « Cosa? Cosa cazzo stai dicendo? »
« L’hai sempre saputo, Hilda! Non potete stare assieme, non potrete mai farlo. Nel frattempo, finché voi non lo capirete, devo separarvi a forza »
« Non riuscirai mai ad uccidermi, Zinzolin! »
« Dovresti sapere che quando voglio una cosa la ottengo, Hilda. Infatti, stai già morendo »
« Co— cosa? »
« Hai per caso accusato un malore alla festa? Colpi di tosse? Male alla gola? È il veleno che ho fatto inserire all’interno del vestito. Durante tutto questo tempo la tua pelle è stata a contatto con una superficie fortemente impregnata di veleno, un veleno inodore ed incolore »
« No… non è vero… »
Le sue braccia presero ad agitarsi. Non era capace di mantenere la sua mascella chiusa, qualcosa nel suo corpo voleva rigettare quell’idea. Nella sua mente, i pensieri più conturbanti presero piede.
Provò un bruciore alla gola.
« NON È VERO! » gridò, perso il controllo di sé stessa.
« Hilda, non prenderla così male! D’altro canto, N vivrà! Non ne sei felice? »
Quando alzò lo sguardo, Zinzolin era ad un passo da lei.
« Allontanati! ALLONTANATI MOSTRO! »
« Non essere così cattiva nei miei confronti! Voglio solo aiutarti! »
Era in trappola.
Il suo piano, lo stesso piano che credeva potesse salvarla era stato ciò che l’aveva costretta alla morte. Il suo cuore aveva accelerato i battiti, la sua mente era annebbiata da molteplici emozioni. Provava rabbia, una forte rabbia ed un forte rancore nei confronti dell’uomo che le aveva distrutto pezzo dopo pezzo la vita e paura. N non l’avrebbe salvata, non ne sarebbe stato capace.
Corse alla porta e vi si gettò con tutta la forza che aveva in corpo.
Più batteva, più le speranze di essere salvata svanivano e con esse la volontà di vivere.
« AIUTO! AIUTO! » urlò, ogni parola era un marchio a fuoco sulla sua gola.
Le lacrime cominciarono a scendere copiose, mescolandosi al sangue ed alla polvere. La sua bocca era impastata e vide un rivolo rosso cremisi stillare dalle sue labbra. Sangue.
Me lo merito? si chiese. Aveva deliberatamente scelto di salvare N, anche dopo le ammonizioni di Natalie: sì, aveva scelto lei quella strada. In qualche modo sapeva che non sarebbe durata, era forse la giusta condanna?
« Non voglio morire! » singhiozzò « non… non voglio… »
« Cosa ti rende diversa da Bianca o Julie? Quando ho fatto uccidere Julie non mi sembrava che tenessi così tanto alla sua vita. O di Bianca. Anche io ho dovuto fare dei sacrifici, ho addirittura ucciso il mio capo! Si chiamava Bronius, se ti interessa » mormorò « ma certo che ti interessa! Stai per morire, non potresti sicuramente lamentartene, no? »
Le sue parole erano permeate da un crudo risentimento.
Tossì nuovamente, questa volta il sangue si gettò sul pavimento, tingendolo di un rosso acceso. Avvicinò la bocca al liscio e freddo marmo e vomitò. Se non avesse saputo il contrario, avrebbe detto che il cibo che rigettava le stesse bruciando la gola. Non era capace di sopportare tale dolore.
Si trascinò sino al tavolino, gattonando come un Liepard zoppo, e nel tentativo di alzarsi spinse la sua mano sino alla sommità.
Facendo pressione su di esso era stata capace di alzarsi.
La struttura, in equilibro precario, traballò e come effetto la scacchiera venne scaraventata a terra. Ogni pedina si frantumò al suolo risuonando nell’aria con un forte suono stridulo.
« Io… non ho—» fu interrotta da un altro rivolo di sangue « ho pianto per Ju— Julie… »
« Non è vero, Hilda, hai pianto per te stessa! Sapevi che prima o poi sarebbe successo anche a te, non sei la prima né l’ultima. Grazi a te, quando sarò sindaco di Castelia, la più importante città Unova, potrò puntare agli organi amministrativi ed alle cariche più alte. La regione di Unova sarà nuovamente unificata e non saranno più gli Harmonia-Gropius a regnare, ma i Zinzolin! È una nuova era quella a cui tu hai dato inizio è il tuo sangue che getterà le basi per la rinascita della civiltà »
La visione di Zinzolin si faceva sfocata. I colori si confondevano tra loro, il crepitio del fuoco pareva l’unico suono contemplato al silenzio delle parole del saggio e la luce fu risucchiata. Lentamente, Hilda lasciò la presa del tavolino e si accasciò a terra.

ϡ

« Delle cimici? »
« Sì. Devi fare in modo che confessi ciò che ha fatto. Noi lo riprenderemo e con l’aiuto di Looker manderemo la sua confessione in onda su ogni apparecchio televisivo e radiofonico del Heathrow Palace e dintorni »
« E come… come pensi che questo possa fermarlo? »
« Non lo farà. Non troveranno le basi per incriminarlo, ma nessuno vorrà più avere a che fare con lui. Dopodiché, il resto del Team Plasma penserà a cosa farne »

ϡ

Un tonfo sordo risvegliò Hilda dallo svenimento.
Come aprì gli occhi, vide che la porta che un attimo prima la bloccava dallo scappare dalle grinfie di Zinzolin giaceva a terra. Degli uomini vestiti di nero erano entrati e pullulavano nella stanza, il saggio era al centro e delle urla indistinte provenivano dalla sua bocca.
Si sforzò di ascoltarlo.
« Non ho fatto niente! Non potete imprigionarmi! Non potete prendermi! Non ho fatto nulla »
« Zin… Zinzolin… »
« Hilda! Di’ a questi uomini, io non ho fatto nulla! Diglielo che non ho fatto nulla! »
Vide una macchia rosa avvicinarsi a lei.
« Signorina, sta bene? »
« NON L’AVRAI VINTA! NON L’AVRETE VINTA! UNOVA NON SARÀ NELLE VOSTRE MANI! » gridava Zinzolin, le sue urla bruciavano nelle orecchie di Hilda come veleno.
« Sto… morendo… »
« Signorina, la porteremo—»
« CHIEDIGLI CHE FINE HA FATTO HILBERT! CHIEDIGLI COSA È SUCCESSO, HILDA! CHIEDIGLI DI HILBERT! CHIEDIGLI DI HILBERT! »

ϡ

« Oh, e Hilda… »
« Sì? »
« Perché mi hai detto quelle cose nel messaggio? Cosa significava quel ti amo? »
« Mi era rimasto dello spazio » rispose lei, la sua voce era corrotta da un nota di ironia.
« Sono serio, Hilda »
Un sorriso illuminò il suo volto « Anche io, N. Ora dobbiamo dirci addio, domani sarà una lunga giornata »
« Allora addio, Hilda »

ϡ

« HILDA! HILDA! »
Un’altra voce saturava le orecchie di Hilda.
« Cos’è successo, Hilda? »
« Sto—» tossì, del sangue arrivò sino al viso di N « sto morendo… »
Nonostante non le rimanessero più forze, un sorriso parve incurvare le sue labbra.
« No, non morirai… non lo permetterò, Hilda… »
« Non preoccuparti, N. Andrà tutto bene »
« No, non andrà tutto bene… non posso lasciare che tu muoia, Hilda! »
« Ormai—» tossì ancora « quel che è fatto è fatto… »
Il viso di N si bagnò di lacrime.
« Hilda… »
I loro sguardi si incrociarono. Hilda non era più capace di distinguere le forme, vedeva solo macchie di colore senza una forma che si tratteggiavano davanti a lei, ma N riuscì comunque a incontrare i suoi. Fino a che vi era un barlume di luce, una scintilla di vita in essi, non si sarebbe dato per vinto.
« Shh, N, non dire nulla. Lascia che il nostro ultimo momento sia magico »
« No… non posso! Non posso vederti morire! »
Hilda rise. « Dovrai farlo »
« Non… » le sue lacrime scesero sul viso dell’amata, unendosi al sangue ed al sudore « non ti lascerò andare »
« Sorridi per me. Forza, Natural Harmonia-Gropius. Un… »
Sentì le sue ossa divenire più pesanti.
« Un… ultima… volta… »

♦︎ ♦︎ ♦︎

« Sapevo che avresti fatto la scelta giusta, N »
N sorrise. « Mi dispiace molto, Hilbert ». Una lacrima rigò il suo volto.
« Non essere triste! Saremo felici assieme, N! Te lo prometto »
« Lo saremo? »
Le lacrime scendevano copiose.
« Sì, lo saremo » continuò Hilbert « guardami, N, guardami in faccia. Te lo prometto, saremo assieme »
N eluse il suo sguardo. « Mi… mi dispiace »
« Non dispiacertene! »
« Invece sì » proruppe. Portò la manica della sua maglietta sino all’occhio e la imbevve di lacrime, asciugando il bulbo. « Avrei tanto voluto farlo »
« Co— cosa intendi? »
 « Addio, Hilbert » sorrise N, un sorriso amaro che dipingeva un quadro triste e dissentito delle emozioni del ragazzo « ti amo »
Liberò le sue braccia dalla stretta del ragazzo e le porto avanti a sé, contro Hilbert. Il castano non riuscì a fermarlo ed N proseguì, facendo forza sul suo torace.
Hilbert incespicò nelle macerie, perse l’equilibrio e la spinta decisiva del principe lo gettò negli abissi del castello.

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