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John Hancock - Bloodborne - 5. Primi Indizi




5. Primi Indizi


Il calore della tazza, colma di thè caldo, stava avendo un effetto rinvigorente sul corpo di Bellocchio. Le sue mani si stavano lentamente nutrendo dei benefici del contatto con quest’ultima, riacquistando forza e sensibilità. Una cosa che Bellocchio aveva imparato fin da subito, su Nevepoli, era che il suo gelo ti entrava nelle ossa, penetrando a fondo dentro il corpo.

Era ormai più di mezz’ora che Bellocchio e Bianca si trovavano nel bar Enigma. Nonostante fosse ormai ora di pranzo, i due parvero non accusare minimamente la fame. Dopo aver eliminato quell’Abomasnow, Bellocchio era tornato indietro, trascinando il corpo con l’aiuto della Mamoswine di Bianca. Lo avevano lasciato lì dove un tempo c’era la casa di Frank, mentre la squadra della scientifica raccoglieva campioni, per poi portarli in laboratorio, e confrontarli con quelli del Delibird.
Il loro silenzio venne interrotto dal telefono di Bellocchio, che prese a squillare. Lui aprì la tasca del cappotto, frugò all’interno per un paio di secondi, fino a trovarlo. Lesse il nome di Matière sul display poco prima di rispondere.
- Bellocchio, Alberta mi ha appena messa a corrente di quello che è successo stamattina. Proprio non ce la fai a stare lontano dai pericoli, non è vero?
- Buongiorno anche a te, Matière – sorrise, lui.
- Mi farai morire di crepacuore se continui così. Stai bene?
- Benissimo, io e Croagunk ce la siamo cavata alla grande. Abomasnow ha avuto la peggio.
- Lo so, in questo momento lo stanno trasportando via con i Salamance. Plutarch non vede l’ora di poterlo analizzare, ha detto che questo potrebbe aiutare molto.
- A proposito di ciò – Bellocchio bevve un sorso di thè – Ci sono novità con le analisi di quel Delibird?
- Sì, è proprio per questo che ti ho chiamato.
- Ah quindi non è perché sei preoccupata per me.
- Taci.
Bianca, che stava ascoltando la conversazione, si fece scappare una breve e innocente risata.
- Comunque, secondo Plutarch, quel Delibird non ha nulla in comune con altri della sua specie, né con creature conosciute. Pensa si possa trattare di un nuovo virus o un qualche tipo di stramba malattia. Mi ha dato una lista con i suoi sospetti più plausibili, te li leggerei ma non riesco neanche a pronunciarne i nomi.
- E quel trasmettitore?
- Impossibile da rintracciare, ovviamente.
- Mai qualcosa di semplice… - Bellocchio sospirò, massaggiandosi le tempie.
- Già. Dai un paio di ore a Plutarch da quando Abomasnow arriverà qui, e vedrai che avremo altre risposte. Nel frattempo, fa attenzione.
Bellocchio diede uno sguardo al volto di Bianca, trovandola esausta.
- Ora devo andare. Hai qualcos’altro per me, Matière?
- Sì, riguardo quel fenomeno dei fiori che ci hai spiegato. A quanto pare, anche il sangue di Delibird funziona da incredibile fertilizzante, facendo spuntare boccioli e fasci di erba non appena messo a contatto con del terreno.
- Quindi i due hanno sicuramente un qualche legame. Grazie mille, aspetterò tue notizie da parte di Plutarch. Potresti…
- Caricare nella memoria online di Ellie i dati ottenuti dalle analisi? Già fatto. Ti ho anche fatto spedire la tua valigia, ho scelto personalmente i completi.
- Sei un amore.
- Lo so. Fatti sentire, per accertarmi che tu sia ancora vivo – Matière chiuse la conversazione.
E poi sorrise.
Bellocchio non avrebbe in alcun modo averla potuta vedere sorridere, ma sapeva che lei l’aveva fatto.
In quel momento riportò la sua attenzione al mondo attuale: il tavolino a cui erano seduti lui e Bianca. Lei ancora non aveva assaggiato il suo thè né aveva osato mangiare uno dei biscotti portati per accompagnarlo.
Bellocchio ne prese uno e ci diede un morso, assaporando il calore del cioccolato caldo che scorreva giù per la gola. Mentre finì di mangiarlo, il suo sguardo tornò a posarsi su di Bianca.
Rispetto al loro primo incontro, la Capopalestra di Nevepoli gli sembrava completamente diversa. In un solo giorno aveva sviluppato profonde occhiaie, i capelli erano leggermente trascurati e, cosa di maggior rilievo, la sua energia pareva essersi spenta d’improvviso, come una candela accesa su cui si posiziona una campana di vetro.
- Bianca, tutto bene?
- Oh… - lei parve ritornare cosciente solo in quel momento.
- Sì, sto bene.
Si spense di nuovo, mostrando un sorriso fin troppo forzato.
- Bianca – iniziò lui – Sai che non c’è bisogno di forzare così tanto la mano. Ti ringrazio per l’aiuto che mi stai dando, ma puoi tornare a svolgere i tuoi doveri da Capopalestra. Lascia a me il caso.
- Lo troverò – l’interruppe lei.
- Troverai chi?
- Il bastardo che sta uccidendo la mia gente. Hai detto che quel Delibird aveva una trasmittente, giusto?
- Sì, ma potrebbe anche essere un Pokémon sotto osservazione che…
- No, è stato un essere umano. Me lo sento. Inoltre, conosco la zona molto meglio di te, il mio aiuto ti serve.
Gli occhi castani di lei parvero sondare a fondo l’interno dell’anima di Bellocchio, mentre lui era intento a osservarli. Vi lesse determinazione, dolore e paura.
Ma non incertezza.
- E chi si occuperà della Palestra, o dei Pokémon selvatici di cui ti curi?
- Per quello ci sono le mie assistenti e apprendiste.
- Sarà pericoloso, hai visto quell’Abomasnow che ha combinato e ti ho spiegato come ho fatto a eliminarlo.
- Lo so. Mi sono addestrata anche per questo.
“È pur sempre una Capopalestra… un aiuto potrebbe essermi utile. Anche se non credo abbia mai affrontato qualcosa di simile”.
- Va bene, puoi lavorare in coppia con me.
Immediatamente, tutto il calore e l’affetto che Bellocchio aveva scovato nel viso di Bianca, affiorò nuovamente. Tutta l’energia che pareva aver perso nelle ultime ore tornò in superficie, mostrandola per ciò che davvero era. Anche i suoi occhi parvero cambiare colore, diventando caldi e rassicuranti come due tazze di buon cioccolato caldo alle nocciole.
- Grazie mille – gli sorrise lei.
Bianca allungò una mano, andando a trovare quella di Bellocchio, ancora avvolta attorno alla tazza. A lui, quel contatto, parve ancor più bollente del thè.
- E comunque, non credo che potrebbe essere più pericoloso della cameriera che ti sta fissando.
Bianca fece un cenno con la mano libera, indicando dietro di sé.
Bellocchio spostò lo sguardo seguendo il dito della ragazza, andando a trovare Jennifer che, fra un movimento e l’altro, continuava a mandare occhiate truci nella loro direzione. Soprattutto verso la mano di Bianca che sfiorava la sua.
Lui non poté fare a meno di non ridere. Cosa che, a quanto pare, fece infuriare ancora di più Jennifer.
- Sembra che tu abbia una pretendente.
- Già, e tu la stai facendo infuriare tantissimo. È da quando sono arrivato qui a Nevepoli che mi ronza attorno.
Bianca rise di gusto, forzando fin troppo la sua reazione.
- E ora che stai facendo? – chiese lui.
Lei appoggiò la guancia sul proprio pugno chiuso, puntellando il gomito sul tavolo. Dopodiché iniziò a fissarlo dritto negli occhi, con una strana espressione stampata sul viso.
Bianca sentì dei passi dietro di lei, decise quindi di allungarsi sul tavolo, sporgendosi verso di Bellocchio. Arrivò a sfiorarlo col viso, avvicinando le sue labbra all’orecchio destro di lui.
- Ti aiuto.
Gli lasciò un timido bacio sulla guancia.
Tornò a sedersi rapidamente, anche se a Bellocchio parve muoversi tutto a rallentatore, confuso com’era. Non appena Bianca si ricompose, Jennifer si schiarì la voce.
- Posso portare via questi? – chiese lei con voce glaciale, indicando i piatti vuoti.
- Sì, grazie mille. Puoi portarci anche il conto? – rispose Bellocchio.
- Certamente.
Jennifer si allontanò immediatamente, senza degnarli di un altro sguardo.
Bellocchio tornò a guardare Bianca, che sorrideva soddisfatta.
- Non ti facevo così stronza – il suo sguardo pareva accusatore.
- Avevo bisogno di svagarmi un poco. Inoltre, non può davvero pensare di averti tutto per sé. Siamo partner ora, giusto? È mio dovere proteggerti.
- Quale onore.
Jennifer portò loro il conto da pagare, di cui si occupò Bellocchio, lasciando un’abbondante mancia, per cercare di scusarsi un minimo.
All’esterno, la bufera si era ormai placata. Nevicava, i fiocchi cadevano lenti, facendosi trascinare dal vento, in un numero così esiguo da far credere impossibile la furia con cui vorticavano fino a qualche ora prima. Alcuni di essi erano resi traslucidi e luminosi dalla luce solare, creando tanti piccoli diamanti che fluttuavano nell’aria, rincorrendosi come dei bambini in giardini d’estate.
Bellocchio e Bianca stavano camminando nella neve fresca, le gambe che affondavano quasi fino al ginocchio in quella sostanza soffice come panna per fragole, spruzzando fiocchi di neve tutt’attorno a loro.
- Dove credi di dover andare? – Bianca prese la parola, acconciandosi nuovamente i capelli in due ordinate trecce.
- Non ho indizi sufficienti per avere un posto in particolare in mente. I dati analizzati da Ellie sono insufficienti. L’unica pista era quella che ho seguito io stamattina, fino a trovare quell’Abomasnow. Lì intorno non c’era nulla di simile alla tana di quel Delibird, né carcasse di Pokémon nei paraggi. Matière, quando ha chiamato poco fa, mi ha detto che erano in elaborazione i miei dati, cercando delle somiglianze fra Delibird e Abomasnow. Le uniche cose certe che conosciamo al momento sono solo la crescita improvvisa di flora e l’aggressività eccessiva dei due Pokémon.
- Crescita improvvisa di flora? – chiese Bianca.
- Sì. Nella tana di Delibird abbiamo trovato delle orchidee. Inoltre, il sangue di Abomasnow era stato in grado di far crescere a velocità incredibile delle piante, fiori ed erba verde e completamente in forze, anche sotto tutta la neve che si trova sul terreno.
I due continuarono a camminare, inserendosi sulla via principale di Nevepoli. I negozi stavano ora riaprendo dopo la pausa pranzo. Gli spazzaneve si stavano occupando di sgomberare la strada, permettendo il passaggio delle auto, mentre altri addetti in groppa a dei Machamp spargevano sale tutt’intorno. Il traffico era quasi assente, tutti avevano preferito muoversi a piedi o, chi poteva, trasportato da qualche Pokémon, evitando così il rischio di incidenti con le autovetture.
Bellocchio iniziò a spiegare a Bianca nel dettaglio ciò che era successo non appena aveva incontrato quel Abomasnow, procedendo poi con lo scontro e il suo stupore nel aver visto crescere a velocità improbabile tutta quella vegetazione, lì dove il sangue del Pokémon impazzito toccava il terreno.
- Sei sicuro che fosse sangue quello?
- Sì, ne sono certo, sgorgava dalla ferita dove quell’asse di legno aveva impalato Abomasnow.
I due passarono davanti un barbiere, con l’iconico palo posto all’esterno, vicino l’insegna. I colori blu, bianco e rosso si rincorrevano l’un l’altro, avvolgendosi in spirali continue. Le luci natalizie si specchiavano sul vetro posto a protezione del palo, donandolo d’infinite stelle che andavano a muoversi e a cambiare locazione in base al flusso del vento che faceva ondeggiare i lunghi fili di luci natalizie. Bellocchio ricordò per un attimo la sua infanzia e vagò con la mente, fino a ritrovare Henry Hunter, che tutti chiamavano “Pop”. Il barbiere dove suo padre lo portava sempre a tagliare i capelli. Ricordò con affetto il sorriso del vecchio, che indirizzava a qualsiasi suo cliente. Era l’unico barbiere di colore che avesse mai visto, ricordava. Alle narici tornò l’odore della lacca che utilizzò per sistemargli i capelli, ricostruendo il tanto adorato palo da barbiere posto fuori dalla sua insegna. Ricordò anche le risate che si fecero, Pop e lui, quando suo padre tornò a riprenderlo e lo trovò così, con i capelli lunghi intrecciati sul capo, quasi come fossero la punta di una lancia da torneo.
Con suo rimpianto, ritornò alla realtà quando Bianca riprese a parlare. Non colse quasi nulla di ciò che disse, quindi si vide costretto a chiederle di ripetere la frase.
- Credevo di averti perso.
- Scusa, ero ritornato nei miei ricordi d’infanzia. Colpa del palo da barbiere.
- Dicevo – Bellocchio poté captare il tono leggermente divertito di Bianca – Che, nonostante i miei studi, non ho mai sentito di una cosa simile. Non esiste nessuna pianta in grado di crescere così velocemente. Sicuro che non fosse un attacco di Abomasnow?
- Ne sono certo. Ha perso sangue per la strada. Io ho seguito le pozze di sangue che si era lasciato dietro, trovando gruppi di fiori e piante varie spuntare esattamente in concomitanza con i luoghi dove si era accumulato più sangue.
- Mi pare strano… che io sappia, soltanto Celebi e alcuni altri Pokémon, come i Meganium al massimo della loro potenza, sono in grado di ridare vita alle piante e di favorirne la crescita. Ma non con questi ritmi, tanto meno dal loro stesso sangue.
Bianca ebbe un brivido che le percorse l’intera schiena, facendole tremare l’intero corpo.
- Non va bene che dal sangue nascano piante e fiori. È una cosa che mi fa ribrezzo. C’è qualcosa di brutto in tutta questa storia. È…
Si fermò per qualche istante, cercando le parole adatte.
- Innaturale, ecco – si strinse fra le sue stesse braccia, cercando di scacciare via le brutte sensazioni che stavano attorcigliandole le budella.
- Non piace neanche a me. Soprattutto l’idea di Plutarch secondo cui si potrebbe trattare di una qualche forma di malattia che porti i Pokémon a essere così aggressivi. Sembrano non provare neanche dolore. O meglio, lo provano, ho visto Delibird infuriarsi, ma mi sembra siano inebriati alla vista del sangue.
- Che vuoi dire? – Bianca stava iniziando a perdere colorito.
Bellocchio se ne accorse, quindi preferì evitarle i particolari più dettagliati.
- Niente di che, semplicemente sia Delibird che Abomasnow mi parevano non curarsi delle proprie ferite, anzi, queste li facevano infuriare ancora di più.
“Non credo che Bianca possa sopportare l’idea di sapere che durante il combattimento, quell’Abomasnow, abbia bevuto lo stesso sangue che sgorgava dalle sue ferite”.
- Chiaro… - lentamente, l’arrossamento dovuto anche al gelo, tornò ad apparire sulle guance di Bianca.
Stavano camminando davanti un negozio di cioccolato quando il telefono di Bianca squillò.
- Chi sarà mai? – chiese a se stessa mentre rispondeva.
- Sono Bianca.
Bellocchio l’osservò ascoltare per decine e decine di secondi, senza proferire una parola. Mano a mano che il tempo passava, il viso di Bianca iniziava a far fede al suo nome.
- Ok. Sì, ci pensiamo noi, grazie mille – attaccò.
- Chi era? È successo qualcos’altro? – Bellocchio iniziò a preoccuparsi.
- Era la centrale di polizia. Mi hanno riferito che un uomo e suo figlio, mentre erano a caccia, hanno ritrovato uno strano posto fra i boschi, hanno detto che lì c’erano fiori, piante e alberi dalla grandezza spropositata. Il padre si è inoltrato dicendo al figlio di aspettare fuori. È tornato poco dopo con delle ossa di Pokémon selvatici. Inutile dire che padre e figlio sono scappati a gambe levate subito dopo. Ho detto che ce ne saremmo occupati io e te, mi stanno mandando le coordinate esatte del sito.
- Forse…
“Che sia in qualche modo collegato al sangue di questi Pokémon fuori di testa?”.
- Pensi che possa essere collegato in qualche modo a ciò che è accaduto con Abomasnow? Magari altri Pokémon simili sono passati di lì – Bianca fece eco ai suoi pensieri.
- Potrebbe essere.
- Abbiamo la nostra pista? – chiese lei.
- Credo proprio di sì.
Bianca prese il telefono fra le mani e lo sbloccò, andando a cliccare sull’icona dei messaggi, cercando quello appena ricevuto, con le coordinate del sito.
- È piuttosto in profondità, nel cuore dei boschi – disse lei.
Senza perdere tempo, mise mano alla Poké Ball di Mamoswine e ci salì in groppa, aiutando poi Bellocchio a seguirla.
- Pronta, partner? – le chiese lui.
- Andiamo – rispose lei.
Affondò le sue mani nella folta pelliccia di Mamoswine, aggrappandosi al suo manto per evitare di cadere. S’inclinò in avanti, in modo da essere colpita da meno vento possibile. Subito dietro di lei, Bellocchio la imitò.
Mamoswine partì con una velocità inaspettata per la sua stazza, ruggendo forte. Alcuni passanti si spaventarono, e le vetrine tremarono al suo passaggio.
L’ultima cosa che Bellocchio fu in grado di vedere con chiarezza fu il palo da barbiere. Si afferrò al ricordo di Pop mentre il vento iniziava a rombare nelle sue orecchie.

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