VI★
«Ecco qui. Mangia qualcosa di caldo».
Orthilla annusò la zuppa fumante tra le mani di Brendan; sembrava buona,
odorava di baccamodoro e brillava di un rosso acceso. La afferrò, e il
calore del vassoio le attraversò le mani, provocandole dei brividi lungo
tutta la pelle. Poi, prese il cucchiaio e lo squadrò, sotto gli occhi
vigili di Altaria, accanto a lei, del ragazzo e il suo Sceptile,
appoggiati al muro. Sembravano tutti preoccupati, ma tutti pronti ad
aiutarla, in caso di bisogno.
Si fece forza e mangiò.
Era davvero squisita. Una tiepida carezza allo stomaco, che finalmente si sbrogliò dall’ansia, crogiolandosi nella deliziosa cena.
«L’hai fatta tu?» domandò, e sorrise.
Quando Brendan ricambiò arrossì. Fu una sensazione stupenda.
«No, magari. Ti sei addormentata, e ne ho approfittato per fare una corsa al centro Pokémon. Ho cenato e ho chiesto un piatto per te, poi sono venuto qui! E… niente… eccomi».
Si fece forza e mangiò.
Era davvero squisita. Una tiepida carezza allo stomaco, che finalmente si sbrogliò dall’ansia, crogiolandosi nella deliziosa cena.
«L’hai fatta tu?» domandò, e sorrise.
Quando Brendan ricambiò arrossì. Fu una sensazione stupenda.
«No, magari. Ti sei addormentata, e ne ho approfittato per fare una corsa al centro Pokémon. Ho cenato e ho chiesto un piatto per te, poi sono venuto qui! E… niente… eccomi».
Eccolo, già. Ancora lì, con quegli occhi grigi e quella faccia da
bambino, a guardarla dispiaciuto. Confuso e pieno di domande a cui non
sapeva trovare risposte.
Orthilla tirò un sospiro sollevato e finì la cena in silenzio. Era stato davvero gentile e premuroso a portarle qualcosa da mangiare. Non sapeva come ringraziare.
«Hai pianto molto… ero preoccupato…». Brendan si accomodò accanto a lei. Tradiva un certo nervoso, teneva le mani serrate. «Non ti fermavi…».
Orthilla tirò un sospiro sollevato e finì la cena in silenzio. Era stato davvero gentile e premuroso a portarle qualcosa da mangiare. Non sapeva come ringraziare.
«Hai pianto molto… ero preoccupato…». Brendan si accomodò accanto a lei. Tradiva un certo nervoso, teneva le mani serrate. «Non ti fermavi…».
«Scusa.. avevo bisogno di sfogarmi… erano mesi che mi tenevo
dentro tutto questo… perdonami. Sei capitato tu, io… grazie…».
«Figurati».
Silenzio. Si guardarono e si sorrisero, come i bambini dopo aver fatto pace.
«… Non è la verità».
Brendan si riscosse. Era contento che avesse preso lei l’iniziativa di parlare. In caso contrario, non avrebbe più osato chiederle spiegazioni. Per cosa, alla fine? Per vederla stare male?
Piuttosto sarebbe rimasto con i dubbi.
«Non è la verità quello che hai sentito. Quando la gente ha scoperto che ero la nipote di Adriano si è diffuso un odio immenso sia nei miei confronti che nei suoi…» pensò allo zio, a dove potesse essere. A cosa stava facendo in quel momento. Se aveva trovato la forza di rialzarsi, dopo le accuse pesanti che lo avevano travolto. «Pensano tutti che io mi sia guadagnata il mio posto da Idol sfruttandolo, ma sia io che lui, abbiamo sempre lottato da soli per inseguire i nostri sogni. Il massimo che mio zio…» si schiarì la voce. «… Adriano, ha fatto per aiutarmi è stato darmi qualche dritta. Per il resto, mi ha lasciata al caso, alla mia buona stella, come diceva lui… perché mi potessi fare le ossa».
Brendan cominciò a collegare i pezzi. Ecco perché la scorsa sera era scappata in casa. Perché sentirlo parlare di sogni, di limiti da abbattere,di volontà e coraggio… le doveva aver fatto un male devastante. Le doveva aver portato alla mente i suoi, di sforzi, gli sforzi di una ragazza giovane e piena di talento schiacciata dai pregiudizi.
Sforzi, dunque, che non erano serviti a niente salvo rivelarsi inutili.
Si diede di nuovo dello stupido.
«Solo che…» Orthilla strinse il piatto con forza, facendo sbiancare le nocche già pallide. «Non mi aspettavo un fallimento così grande… non sono mai stata piena di me, la fiducia che tiravo fuori sul palco la dovevo solo al mio pubblico. Ai ragazzi che mi corteggiavano, le ragazze che mi invidiavano. Forse in questo sono stata parassita…» mormorò con rammarico.
La mente tornò alle rose sul palco, gli occhi sognanti dei giovani, le ammiratrici che sognavano di avere i suoi capelli, le sue gambe, la sua grinta travolgente, tutto. Ripensò ai ragazzi che le chiedevano di sposarli, ai poster enormi appesi ai lampioni, ai balconi delle case.
Ai palloncini blu sollevati in suo onore, quando arrivava a portare splendore nelle città.
A quanto era luminoso il mondo, visto con gli occhi di una sognatrice.
E a quanto faceva schifo ora, che si rifiutava persino di uscire di casa.
La nostalgia la prese alla gola come una tentazione troppo forte. Ma il braccio di Brendan poi strusciò contro il suo, la sua mano calda si arrampicò fino a raggiungerle il viso.
Brividi.
La accarezzò in modo intimo, scostandole i capelli dietro le orecchie con impaccio, e quel gesto spontaneo le fece tremare il cuore.
Si guardarono. Orthilla si morse il labbro, malcelando l’improvvisa voglia di baciarlo sulle labbra.
«La consapevolezza di aver fallito come persona, più che come idol… fa ancora troppo male…» abbassò la voce. «… l’odio che tutti provavano nei miei confronti fu peggio di un pugno allo stomaco… e ora come ora mi trovo smarrita… piena di paure… Brendan… » lo guardò di nuovo, disperata, ma la calma tersa che vi era negli occhi di lui riuscì a rasserenarla. «Non esco mai di casa. Ecco perché mi sono rifiutata di andare a cenare con te al centro Pokémon, ieri sera».
«Invece dovresti».
«E invece no. Hai idea di cosa accadrebbe?».
Brendan lo sapeva, sapeva che l’avrebbero umiliata in molti. Ma ora era diverso, ora c’era lui al suo fianco. Doveva aiutarla a prendere il volo, aiutarla ad uscire dalla tana e affrontare il mondo. Ne aveva tutte le capacità, semplicemente, aveva smesso di crederci.
Orthilla aveva temuto che se ne sarebbe andato, invece era lei che era scappata via da se stessa, ecco la verità.
Prima di lasciare Ceneride, avrebbe ricongiunto tutte le sue parti più fragili. Sì, era quella la sua missione adesso. Ricomporre un puzzle stupendo. «Invece sì. Non puoi saperlo del tutto, fino a quando non esci da qui».
Entrambi lasciarono che quelle parole si persero nell’aria della notte che entrava dalla finestra, sovrappensiero. Orthilla realizzò con piacere di sentirsi più leggera, come un Hoppip trasportato dal vento primaverile. Stava ancora male, ma finalmente qualcuno aveva scelto di credere a lei, piuttosto che al mondo intero. Una strana sicurezza le riscaldò le gote. Si rese conto che con Brendan accanto poteva stare protetta, che nulla l’avrebbe scalfita più se lui le faceva da scudo. Forse erano solo illusioni, o la pace del momento. Ma il pensiero la fece rilassare un poco, sciogliendo la tensione. Si mise sulle ginocchia e si fece vicino a lui. Poi, gli strinse la mano con una forza che nemmeno lei pensava di possedere. «Grazie, Brendan…».
Silenzio. Si guardarono e si sorrisero, come i bambini dopo aver fatto pace.
«… Non è la verità».
Brendan si riscosse. Era contento che avesse preso lei l’iniziativa di parlare. In caso contrario, non avrebbe più osato chiederle spiegazioni. Per cosa, alla fine? Per vederla stare male?
Piuttosto sarebbe rimasto con i dubbi.
«Non è la verità quello che hai sentito. Quando la gente ha scoperto che ero la nipote di Adriano si è diffuso un odio immenso sia nei miei confronti che nei suoi…» pensò allo zio, a dove potesse essere. A cosa stava facendo in quel momento. Se aveva trovato la forza di rialzarsi, dopo le accuse pesanti che lo avevano travolto. «Pensano tutti che io mi sia guadagnata il mio posto da Idol sfruttandolo, ma sia io che lui, abbiamo sempre lottato da soli per inseguire i nostri sogni. Il massimo che mio zio…» si schiarì la voce. «… Adriano, ha fatto per aiutarmi è stato darmi qualche dritta. Per il resto, mi ha lasciata al caso, alla mia buona stella, come diceva lui… perché mi potessi fare le ossa».
Brendan cominciò a collegare i pezzi. Ecco perché la scorsa sera era scappata in casa. Perché sentirlo parlare di sogni, di limiti da abbattere,di volontà e coraggio… le doveva aver fatto un male devastante. Le doveva aver portato alla mente i suoi, di sforzi, gli sforzi di una ragazza giovane e piena di talento schiacciata dai pregiudizi.
Sforzi, dunque, che non erano serviti a niente salvo rivelarsi inutili.
Si diede di nuovo dello stupido.
«Solo che…» Orthilla strinse il piatto con forza, facendo sbiancare le nocche già pallide. «Non mi aspettavo un fallimento così grande… non sono mai stata piena di me, la fiducia che tiravo fuori sul palco la dovevo solo al mio pubblico. Ai ragazzi che mi corteggiavano, le ragazze che mi invidiavano. Forse in questo sono stata parassita…» mormorò con rammarico.
La mente tornò alle rose sul palco, gli occhi sognanti dei giovani, le ammiratrici che sognavano di avere i suoi capelli, le sue gambe, la sua grinta travolgente, tutto. Ripensò ai ragazzi che le chiedevano di sposarli, ai poster enormi appesi ai lampioni, ai balconi delle case.
Ai palloncini blu sollevati in suo onore, quando arrivava a portare splendore nelle città.
A quanto era luminoso il mondo, visto con gli occhi di una sognatrice.
E a quanto faceva schifo ora, che si rifiutava persino di uscire di casa.
La nostalgia la prese alla gola come una tentazione troppo forte. Ma il braccio di Brendan poi strusciò contro il suo, la sua mano calda si arrampicò fino a raggiungerle il viso.
Brividi.
La accarezzò in modo intimo, scostandole i capelli dietro le orecchie con impaccio, e quel gesto spontaneo le fece tremare il cuore.
Si guardarono. Orthilla si morse il labbro, malcelando l’improvvisa voglia di baciarlo sulle labbra.
«La consapevolezza di aver fallito come persona, più che come idol… fa ancora troppo male…» abbassò la voce. «… l’odio che tutti provavano nei miei confronti fu peggio di un pugno allo stomaco… e ora come ora mi trovo smarrita… piena di paure… Brendan… » lo guardò di nuovo, disperata, ma la calma tersa che vi era negli occhi di lui riuscì a rasserenarla. «Non esco mai di casa. Ecco perché mi sono rifiutata di andare a cenare con te al centro Pokémon, ieri sera».
«Invece dovresti».
«E invece no. Hai idea di cosa accadrebbe?».
Brendan lo sapeva, sapeva che l’avrebbero umiliata in molti. Ma ora era diverso, ora c’era lui al suo fianco. Doveva aiutarla a prendere il volo, aiutarla ad uscire dalla tana e affrontare il mondo. Ne aveva tutte le capacità, semplicemente, aveva smesso di crederci.
Orthilla aveva temuto che se ne sarebbe andato, invece era lei che era scappata via da se stessa, ecco la verità.
Prima di lasciare Ceneride, avrebbe ricongiunto tutte le sue parti più fragili. Sì, era quella la sua missione adesso. Ricomporre un puzzle stupendo. «Invece sì. Non puoi saperlo del tutto, fino a quando non esci da qui».
Entrambi lasciarono che quelle parole si persero nell’aria della notte che entrava dalla finestra, sovrappensiero. Orthilla realizzò con piacere di sentirsi più leggera, come un Hoppip trasportato dal vento primaverile. Stava ancora male, ma finalmente qualcuno aveva scelto di credere a lei, piuttosto che al mondo intero. Una strana sicurezza le riscaldò le gote. Si rese conto che con Brendan accanto poteva stare protetta, che nulla l’avrebbe scalfita più se lui le faceva da scudo. Forse erano solo illusioni, o la pace del momento. Ma il pensiero la fece rilassare un poco, sciogliendo la tensione. Si mise sulle ginocchia e si fece vicino a lui. Poi, gli strinse la mano con una forza che nemmeno lei pensava di possedere. «Grazie, Brendan…».
Il ragazzo arrossì, colto alla sprovvista da quella dimostrazione di
affetto non programmata. «Figurati… beh, hai visto?».
Orthilla fece una faccia stranita.
«Alla fine non sono andato via! Tu che avevi tanta paura… proprio non capisco voi donne e i vostri scleri».
«Ma se non ne hai mai avuta una… cosa ne puoi sapere, tu, dei nostri “scleri”, eh?»
«Alla fine non sono andato via! Tu che avevi tanta paura… proprio non capisco voi donne e i vostri scleri».
«Ma se non ne hai mai avuta una… cosa ne puoi sapere, tu, dei nostri “scleri”, eh?»
«Ho avuto la fidanzata anche io».
«Mi domando a quale età».
Sceptile non trattenne un verso divertito, e il suo riso scettico valse più di mille parole.
Brendan diventò paonazzo e si sollevò dal materasso con fare altezzoso. Si schiarì la voce, prima di cambiare argomento, come faceva sempre quando qualcosa lo metteva a disagio. «E comunque, si è fatto tardi! Devo tornare al Centro Pokémon». Tornò in sala e afferrò la sua borsa.
Si affrettò alla porta, la aprì e prima di uscire guardò Orthilla. Si sorrisero. Era contento di vederla così serena e pacata. Dopo il pianto che l’aveva vista protagonista, quelle piccole labbra sollevate appena ora sembravano un arcobaleno in mezzo ai tuoni. Meravigliosa. Era bellissima. Tutta intera, faceva invidia alle stelle e allo stesso Sole. Solo, doveva imparare a tenersi salda, senza smarrire i pezzi. «Non è colpa mia se le ragazze hanno gusti orribili!» sbottò, per poi farle l’occhiolino e andarsene.
Orthilla lo osservò allontanarsi dallo spioncino della porta. Sperò che non gli accadesse niente durante il viaggio di ritorno. Ora che era certa di avere dell’affetto sincero a portata di mano, avrebbe fatto di tutto, di tutto, pur di tenerlo stretto a sé per sempre.
Nda
ed eccoci qui col sesto capitolo. Mi rendo conto che è davvero corto, ma ho intenzione di allungare il prossimo, in più farà la sua comparsa un "nuovo" personaggio, eheh.
Vedrete, vedrete!
Come vi è sembrato questo capitolo?
Spero di ricevere qualche recensione, per il momento passo e chiudo.
Byee
Lou
«Mi domando a quale età».
Sceptile non trattenne un verso divertito, e il suo riso scettico valse più di mille parole.
Brendan diventò paonazzo e si sollevò dal materasso con fare altezzoso. Si schiarì la voce, prima di cambiare argomento, come faceva sempre quando qualcosa lo metteva a disagio. «E comunque, si è fatto tardi! Devo tornare al Centro Pokémon». Tornò in sala e afferrò la sua borsa.
Si affrettò alla porta, la aprì e prima di uscire guardò Orthilla. Si sorrisero. Era contento di vederla così serena e pacata. Dopo il pianto che l’aveva vista protagonista, quelle piccole labbra sollevate appena ora sembravano un arcobaleno in mezzo ai tuoni. Meravigliosa. Era bellissima. Tutta intera, faceva invidia alle stelle e allo stesso Sole. Solo, doveva imparare a tenersi salda, senza smarrire i pezzi. «Non è colpa mia se le ragazze hanno gusti orribili!» sbottò, per poi farle l’occhiolino e andarsene.
Orthilla lo osservò allontanarsi dallo spioncino della porta. Sperò che non gli accadesse niente durante il viaggio di ritorno. Ora che era certa di avere dell’affetto sincero a portata di mano, avrebbe fatto di tutto, di tutto, pur di tenerlo stretto a sé per sempre.
Nda
ed eccoci qui col sesto capitolo. Mi rendo conto che è davvero corto, ma ho intenzione di allungare il prossimo, in più farà la sua comparsa un "nuovo" personaggio, eheh.
Vedrete, vedrete!
Come vi è sembrato questo capitolo?
Spero di ricevere qualche recensione, per il momento passo e chiudo.
Byee
Lou
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