Oggi
è veramente una giornata splendida: il sole brilla alto nel cielo azzurrissimo
privo di nuvole, ma non fa troppo caldo. C’è ancora quel tepore primaverile che
rende piacevole stare all’aperto e non fa sudare.
La
giornata perfetta per fare un picnic con la propria famiglia: proprio per
questo motivo io, mio marito e i miei due figli siamo andati fino al Prato Mele
Mele. Qui gli Oricorio e i Cutiefly sono abbastanza tranquilli: svolazzano
intorno a noi desiderosi di qualche bocconcino, ma non insistono troppo.
I
miei bambini stanno giocando rincorrendosi tra i fiori, chiamandosi e cercando
di acchiappare qualche Pokémon con le mani.
-
Lylia, fa’ attenzione! Non allontanarti troppo! Iridio, seguila e tienila
d’occhio!
Non
so nemmeno se quei due mi abbiano sentita. Forse mi preoccupo un po’ troppo, il
Prato Mele Mele è abbastanza piccolo, è difficile perderli di vista. Li guardo
giocare in mezzo ai fiori per un po’, prima di girarmi verso il mio amato
Paver.
-
Adoro queste giornate tutti insieme, sai? Dovremmo replicarle più spesso...
Avvicino
la mia mano alla sua, cercando di prenderla.
Ma
le mie dita gli passano attraverso.
Improvvisamente
sento la paura crescere dentro di me: è come se avessi già vissuto quella
situazione e sapessi che è il solo il preludio di qualcosa di ancora più
terribile. Scatto in piedi, cercando di afferare Paver, ma non ci riesco. E lui
non dice nulla.
-
Paver? Paver, cosa succede? Paver, rispondi! - inizio a gridare, terrorizzata.
Lui mi guarda come se fossi trasparente, senza dare cenno di avermi sentito.
Mi
rendo conto che non sento più nemmeno le urla divertite di Iridio e Lylia.
Forse si sono resi conto di quello che sta succedendo e si sono spaventati: mi
guardo velocemente intorno per vedere dove sono.
Ma
non li trovo.
Chiamo
i loro nomi, sempre più forte. Ho paura, ho tantissima paura, non riesco a
capire che cosa stia succedendo. Non era possibile: stava andando tutto bene
fino a pochi minuti fa...
All’improvviso
mi ritrovo seduta sul mio letto, mentre stringo le coperte in mano, col nome di
Lylia che ancora mi esce dalle labbra. Mi guardo intorno: è tutto buio. La mia
mano viaggia automaticamente verso l’interruttore della luce. Non ho neanche
avuto bisogno di pensarci, oramai è un gesto impulsivo.
Lascio
tempo ai miei occhi di abituarsi, poi mi guardo intorno: sono nella mia stanza,
nell’Æther Paradise. Non c’è traccia né del Prato Mele Mele, né di Paver, né di
Iridio, né tantomeno di Lylia.
Sono
sola.
A
quella constatazione scoppio a piangere, rigirandomi e affondando la faccia nel
cuscino. È da tempo che va avanti così: sono stata abbandonata da tutti.
Non
c’è più nessuno con me.
Il
primo a lasciarmi è stato proprio Paver, ma non è stata colpa sua. Io l’ho
convinto ad investigare sulle Ultracreature, ed è stato per un errore mio che
lui è precipitato in un’altra dimensione.
È
stata solo colpa mia.
Ho
tentato di recuperarlo, ma invano: non sono più riuscita a riaprire quel
portale per l’Ultramondo. E ho perso per sempre mio marito.
Nel
frattempo, cercavo di tenere Lylia e Iridio più vicini possibile a me. Non
avrei sopportato di rimanere senza di loro.
Ma
quegli ingrati mi hanno abbandonata. Ho fatto di tutto per loro, li ho viziati,
coccolati, trattati nel migliore dei modi. Ho cercato di far sentire loro
l’affetto che io non ricevevo più.
Ma
hanno dato retta al loro egoismo, non hanno considerato me: hanno rubato Cosmog
e Tipo Zero, le uniche due cose che potevano riportare Paver a me, e mi hanno lasciata
sola.
Non
nego di essere entrata in una profonda crisi dopo questo episodio: li sognavo -
e li sogno tuttora - ogni notte, e ogni notte loro se ne vanno da me, tutti
quanti.
A
volte penso che sia un peso troppo grande da sopportare.
Tuttavia,
non mi sono arresa: riportare Paver forse mi aiuterà a riportare anche loro.
Dunque ho continuato le ricerche sugli Ultravarchi e sulle Ultracreaure.
Mi
asciugo le lacrime con un fazzolettino e mi soffio il naso. Poi mi siedo più
composta sul materasso e mi guardo allo specchio montato esattamente di fronte
al letto.
Faccio
pietà: sono tutta spettinata, ho gli occhi gonfi e le guance rosse. Quasi con
rabbia, afferro il pettine che tengo sempre sul comodino ed inizio a passarlo
tra i miei lunghi capelli biondi.
Anche
a notte fonda, Samina deve essere bellissima e perfetta.
Terminata
l’opera, mi cade l’occhio sul Pikachu congelato alla destra dello specchio. Lo
guardo per qualche secondo, poi sorrido. Mi alzo e inizio ad accarezzare il
blocco di ghiaccio, osservando l’espressione vuota e immobile del Pokémon.
-
Scusami, carissimo... Lo so, non sono da sola. Tu ci sei e non te ne andrai
mai. Starai con me per sempre. Non è vero?
Dalla
bocca di Pikachu non esce alcun verso, non potrebbe neanche, ma io sono
certissima che mi abbia detto di sì.
Dopo
la perdita di tutti i miei affetti, ho iniziato a riversare amore sui Pokémon.
Ma d’altra parte è normale: chiunque sia solo cerca un po’ di consolazione in
loro. Sanno essere molto più fedeli delle persone, alle volte.
A
me però non basta che se ne stiano nella Residenza, assolutamente. Purtroppo
molti di loro hanno il vizio di scappare.
Allora
ho deciso di congelarli, in modo da averli sempre accanto a me. Loro non mi
abbandoneranno e resteranno sempre meravigliosi, esattamente come lo sono io. A
volte non riesco a soffocare la mancanza della mia famiglia, ma ormai è poco
importante.
La
ricerca sulle Ultracreature procede benissimo e, se non ritroverò Paver, amerò
con tutta me stessa quella creatura che già si è manifestata qui. Come si
chiamava? Ah, giusto.
Nihilego.. . ...
-
Bill, vieni a mangiare! È pronto!
-
Altri cinque minuti!
Non
ho neanche capito quello che mi ha detto mia sorella, ho dato la prima risposta
che mi è venuta in mente. Spero solo sia quella giusta.
Ho
un po’ di fame e devo andare in bagno, ma non posso smettere di lavorare
adesso. Sono vicino a trovare un nuovo modo di rivoluzionare il Sistema di
Memoria Pokémon: si tratta di un dispositivo che permette di accedere al
proprio Box in qualunque luogo per inviare e ritirare Pokémon. Presto gli
Allenatori non saranno più costretti ad entrare nei Centri Pokémon per cambiare
la propria squadra. Sarà una cosa fantastica.
Mi
avvicino di più allo schermo per studiare le linee del codice che sto scrivendo:
per ora sembra procedere tutto senza errori. Abbasso gli occhi sui fogli
scribacchiati a mano che tengo sulla scrivania accanto al mio computer per
ricontrollare quello che sto facendo, poi aggiungo qualche linea di codice. Il
dispositivo è quasi pronto.
L’ultima
ricontrollatina e mi staccherò.
-
Bill...
La
voce di mia sorella è poco più di un sussurro. Parla sempre a voce molto bassa
quando entra in camera mia, sa che altrimenti mi dà fastidio.
-
Ho detto tra cinque minuti! Sto facendo un lavoro abbastanza difficile,
preferirei che non mi disturbassi.
Il
tono della mia voce è piuttosto arrabbiato. Non mi piace essere interrotto
mentre sto lavorando e, nonostante la mia famiglia lo sappia, fa di tutto per
darmi noia. A volte mi chiedo se non lo faccia apposta: forse è invidiosa dei
miei progetti e del mio successo e tenta di mettermi i bastoni tra le ruote per
rallentarmi, fingendo di essere preoccupata. Non trovo altra spiegazione.
Lei
non risponde. Riesco a vedere il suo riflesso nello schermo del PC: sta tenendo
tra le mani un piatto di pasta, ha lo sguardo basso e mi pare che stia
tremando, anche se non ne sono sicuro.
-
Appoggialo qui. - le dico più gentilmente, indicando un punto indefinito sulla
scrivania. Non posso proprio staccarmi da quello che sto facendo, non adesso.
Magari passerò un po’ di tempo con lei più tardi.
-
Io non lo appoggio da nessuna parte! - strilla all’improvviso, costringendomi a
voltarmi verso di lei.
-
Non stai mai con noi, sei sempre chiuso nella tua stanza davanti a quel coso,
non esci mai... Il piatto non te lo appoggio qui, se lo vuoi dovrai uscire!
Altrimenti crepa di fame!
Finita
la sua sfuriata, esce di corsa sbattendo la porta. Tento di chiamarla: le devo
spiegare perché non posso smettere di lavorare. Devo dirle che perderei la
concentrazione e rischierei di fare grossi errori che mi costringerebbero a
ricominciare da capo. Devo farle capire che ho dedicato la mia vita a
migliorare l’esperienza dei giovani Allenatori e che questo compito non prevede
riposo.
La
sento singhiozzare, probabilmente è andata nella sua stanza. Sento anche le
voci dei miei genitori: capisco che le stanno chiedendo cosa sia successo, ma
non riesco a seguire bene la conversazione.
Scuoto
la testa e riprendo a guardare lo schermo del mio computer: non posso
permettermi distrazioni, mi sono già fermato abbastanza per oggi. Rileggo
ancora del codice e non posso fare a meno di interettare i miei stessi occhi su
quello schermo: sono incavati e sotto ci sono delle borse da fare invidia ad un
Kangaskhan. Non so se sia la luce, ma sembro anche pallido e smunto. Quand’è
stata l’ultima volta in cui ho mangiato in maniera normale? Di solito i miei
genitori o mia sorella mi portano i pasti in camera e non li finisco mai. Ma
non è colpa mia, purtroppo non ho veramente tempo. Non dormirei nemmeno, se
fosse per me: solo che ogni tanto crollo sulla scrivania e non mi sveglio per
qualche ora. Purtroppo il corpo umano funziona così e, sebbene sia solo un
impedimento alla mia produttività, non posso farci niente.
Mi
è stato ripetuto molte volte che un ritmo del genere non fa bene, che dovrei
mangiare e bere con regolarità e concedermi del sonno tutte le notti. Ma non
posso smettere di lavorare, mai: il mio nome è conosciuto ovunque, persino
nelle altre regioni si sono ispirati al mio Sistema di Memoria Pokémon. Se
rallentassi la mia attività, qualcuno potrebbe diventare più famoso e ricco di
me. E non voglio che succeda.
Sono
sicuro che, dopo aver ultimato questo prodotto, potrò finalmente riposarmi un
pochino.. . ...
ANGOLINO AUTRICE
Salve
a tutti!
Va
bene, questa volta ho giocato facile: si capiva già dai giochi che Samina non
avesse tutte le rotelle al posto giusto (d’altra parte è la cattiva del gioco,
no?). Ma, come ho già spiegato la volta scorsa, Pokémon o ci dice poco o non ci
dice e sta a noi scavare nella psiche dei personaggi, se lo desideriamo. Ci ho
provato e ho tentato di dare questa spiegazione: Samina si è sentita
abbandonata da tutti i suoi affetti, piano piano, e ha cominciato a riversare
amore sui Pokémon, un po’ come succede a chi non ha famiglia ma vizia i propri
animali domestici. Solo che il suo non era amore, ma mania che nascondeva un
bisogno d’amore e, per trattenere almeno loro, li ha congelati. Simpatico, no?
Bill,
invece... eh. Lui non è solo il bravo Allenatore esempio di virtù che ho citato
la scorsa puntata, ma addirittura è l’inventore del Sistema di Memoria Pokémon.
Un signor personaggio, insomma.
Sappiamo
che si è sempre dedicato anche a diverse prove ed esperimenti e lo si vede bene
sia nel manga sia nel gioco. Allora ho semplicemente immaginato che un giorno
questo poveraccio sia così sopraffatto dalla sua bravura e dall’utilità delle
sue invenzioni che non possa più fare a meno di staccarsene. Diventa, insomma,
dipendente dal proprio lavoro e anche dal proprio successo.
Già
che ci sono, faccio un brevissimo excursus sui personaggi della scorsa
pubblicazione: la one-shot su Mirton è stata la prima che ho scritto e quella
che ha dato il via a questa raccolta. All’inizio l’ho scritta un po’ per scazzo
(si può dire?), volendo mettermi alla prova con temi relativamente maturi che
non avevo trattato nei miei prodotti precedenti. Penso che sia riuscita bene e
sappiamo tutti che Mirton ha canonicamente un problema col gioco d’azzardo (e,
se non lo sapevate, ora lo sapete).
Per
quanto riguarda Lino... Mi dispiace, sul serio. Faccio ammenda. Per me è sempre
stato abbastanza tenerino come personaggio, un povero bimbo malato che però
vuole diventare Allenatore come tutti i suoi coetanei. Dunque gli ho riservato
la sorte che riservo a tutti i personaggi che mi ispirano tenerezza: l’ho
maltrattato e l’ho fatto diventare dipendente dalle sue medicine.
Spero
che i pezzi vi siano piaciuti, ringrazio ancora Andy Black e tutto il gruppo di
Courage per la pubblicazione e per la fiducia che nutrono nei miei confronti!
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