Bevo
un altro sorso dal mio bicchiere.
Non
so neanche con esattezza quale liquido ci sia dentro, ma non importa: basta che
mi faccia star bene. I ricordi della giornata di oggi sono sfocati: sicuramente
sono andato in Palestra, come il mio lavoro prevede.
Sicuramente,
se sono qui adesso a bere, non mi sono divertito nemmeno oggi.
Qualcuno
si è presentato? Sì, credo di sì. Un ragazzino come tanti altri. Abbiamo combattuto,
ma non aveva possibilità. Non ne ha nessuno: sono troppo bravo. L’ho sconfitto
in pochi minuti e l’ho invitato a riprovare.
In
realtà vorrei non venisse più nessuno. Vorrei solo essere lasciato in pace.
Odio
dover combattere contro avversari che non sono alla mia altezza, non c’è gusto.
Non serve neanche pensare: basta dire il nome di qualche mossa a caso ed ecco
la vittoria.
Una
volta non era così: quando ho iniziato a lottare provavo una sensazione
meravigliosa. Era adrenalina pura, ma con la consapevolezza di dover rimanere
lucido per elaborare una strategia. Non saprei spiegarlo molto bene.
E
non mi buttavo giù nemmeno quando perdevo: rimuginavo per giorni sulla lotta,
su cosa avevo sbagliato, su cosa avrei dovuto migliorare. E così trionfavo.
Forse
è stato proprio il desiderio di migliorarmi così tanto che mi ha rovinato: da
quando sono diventato Capopalestra ho sempre continuato ad allenarmi e presto
sono diventato troppo forte rispetto ai miei sfidanti. O almeno, così dice
sempre il mio amico Vulcano.
Questo
pensiero è molto fastidioso: sperando di annegarlo, stringo forte il bicchiere
e mando giù la bevanda giallognola che vi è dentro.
Non
funziona.
La
mano libera va automaticamente a cercare il cartone che staziona sempre sul mio
tavolo. Lo prendo in mano e lo guardo: contiene un vino di bassa qualità.
Probabilmente l’ho preso perché costava poco.
Per
un attimo mi chiedo se veramente sto bevendo quella roba da un’ora, se
veramente riesco a reggerne il gusto.
Mentre
penso che non dovrei fare così, che sono un Capopalestra, che domani dovrò
lavorare, ne bevo una lunga sorsata direttamente dal cartone.
Non
so neanche da dove ho cominciato: forse per noia, forse per provare qualcosa di
nuovo. Fatto sta che adesso mi ritrovo in questo stato ogni sera, pensando a
quello che ero e a quello che sono diventato.
Ogni
tanto mi dico che la smetterò, che mi devo rialzare, che sfiderò la Lega
Pokémon per ritrovare la passione nella lotta Pokémon.
Eppure
non succede mai: ogni mattina mi alzo e in qualche modo vado in Palestra, ogni
sera bevo un bicchiere di più per cercare di stare bene.
Forse
non sono dissimile da quei ragazzini che continuano a perdere contro di me: non
ho riflettuto abbastanza sulla lotta della mia vita e continuo a ripetere lo
stesso errore. E questo errore continua a farmi perdere.
Bevo
ancora per non ricordare che domani sarà un’altra giornata da passare in
Palestra. Per non ricordare che ho bevuto anche ieri e pensare che
probabilmente domani berrò ancora. Quasi per non ricordare che sto bevendo
adesso.
Presto
il vino finisce, ma a me non basta. Devo mettere a tacere tutti quei brutti
pensieri che mi passano per la testa.
Sei
egoista. Hai pensato alla tua forza senza pensare al tuo compito di
Capopalestra. Hai delle responsabilità.
Io
di responsabilità non ne voglio più, sono troppo stanco.
Mi
alzo per raggiungere il frigorifero, ma ormai non mi reggo nemmeno in piedi:
cado immediatamente a terra, sbattendo il mento.
In
qualche modo sento Raichu venire accanto a me e chiamarmi. Forse è preoccupato.
Faccio
un cenno con la mano, giusto per tentare di calmarlo, mentre il sapore salato
delle lacrime si mischia con quello dolciastro del vino nella mia bocca.
Sono
seduta alla finestra, intenta a guardare l’orto di bacche subito fuori. L’aria
fresca della sera mi scompiglia i capelli e mi ributta in faccia la sottile
scia di fumo che sta uscendo dalla sigaretta.
Una
volta fa avrei storto il naso e mi sarei girata da un’altra parte, ma ora non
ci faccio nemmeno più caso: mi sono abituata.
Non
ricordo nemmeno più quando ho iniziato a fumare: sicuramente mi annoiavo.
È
vero, coltivare bacche è sempre stata la mia passione, non posso dire di non
essere felice. Ma sento che manca qualcosa.
All’inizio
credevo fosse solo per il brusco cambio delle abitudini: dalle missioni
illegali e pericolose del Team Magma a una vita tranquilla passata ad arare la
terra, piantare semi e annaffiare arbusti ne passa. Ero solo un po’
squilibrata, tutto qui.
Mi
serviva qualcosa per riempire le mie giornate e così ho scelto il fumo. Non so
nemmeno precisamente perché.
Una
ventata più forte e la mia sigaretta si spegne. Mi ripeto mentalmente la
promessa che mi sono fatta: ora che si è spenta la lascio stare, devo andare a
dormire. Ma non posso fare a meno di cercare l’accendino nella mia tasca e
mettere rimedio a quello che il vento ha fatto.
Solo
dopo averla riaccesa e aver preso una profonda boccata, mi rigiro tra le mani
l’accendino. È un comunissimo accendino rosso di plastica, comprato per pochi
soldi in una tabaccheria e destinato a sparire chissà dove. Ho anche
stupidamente perso il precedente.
Ma
non posso fare a meno di ricordare i tempi del Team Magma.
Se
avessi tenuto quell’accendino, mi chiedo che cosa vedrei di questi anni passati
dopo la lotta tra Groudon e Kyogre. Non sono molti, ma sono stati molto uguali
fra di loro: divisi tra stagione per piantare, stagione per raccogliere e
stagione per lasciar riposare il terreno. Ho conosciuto qualcuno, me ne ricordo
il nome e il volto, ma poco di più. Non ho vissuto molto intensamente come
facevo prima.
Sì,
dev’essere per questo che ho iniziato a fumare. L’ozio è il padre dei vizi, si
dice, non è vero?
Beh,
tenere una piantagione di bacche non è che sia proprio oziare. Il lavoro da
fare è tanto, spesso anche molto faticoso. Toglere le erbacce, arare, piantare,
annaffiare, controllare che le erbacce non rispuntino, e così via.
Ma
non carica di adrenalina come facevano le missioni del Team. Quelle sì che mi
facevano sentire viva: il terrore di essere scoperta, la consapevolezza di
stare commettendo dei reati, il lieve senso di colpa che puntualmente ricacciavo
indietro.
Come
si fa a lasciare tutto questo all’improvviso e vivere una vita tranquilla
uguale a quella che conducono le altre persone?
Io
sono una donna attiva, non sono fatta per sopravvivere. Ma ormai quei tempi
sono andati.
La
sigaretta presto finisce: osservo le ultime volute di fumo che si sperdono
nella notte, poi mi giro verso il tavolo. Tengo sempre un pacchetto di cicche a
portata di mano, per quanto fumare mi piaccia, lascia in bocca un sapore
assolutamente disgustoso.
Ne
metto in bocca una e chiudo gli occhi, lasciandomi cadere su una sedia.
L’atto
di masticare la cicca mi riprota ancora di più a quel tempo, quando ero
un’altra Rossella: forse il vizio delle cicche è più radicato che quello del
fumo.
Dovrei
fare qualcosa, prendere in mano la mia vita, smettere di fumare e fare qualche
attività più stimolante...
Ma
non riesco.
Da
quando ho iniziato a condurre una vita normale è come se qualcosa dentro di me
si fosse spento per sempre. Strana similitudine, considerando che lavoravo per
il Team Magma, ma è il modo migliore per spiegarlo.
Probabilmente
la mia vita sarà così per sempre: ripetitiva e banale.
Ogni
tanto penso che morirò ancora con la sigaretta fra le labbra.
Bentornati a questa edizione di Addictions!
Ora è giugno, il sole splende, siamo tutti liberi
dai nostri impegni... Ma chi voglio prendere in giro.
Le dipendenze di questi capitoli sono abbastanza
banali: alcool e fumo. Direi che però non potevo esimermi dal trattarle, no?
In ogni caso, la sfida maggiore di questi capitoli è
stata proprio renderle poco banali. Abbiamo così tante testimonianze di
fumatori e bevitori incalliti che poi
hanno ritrovato la loro strada che non è stato facile rendere Rossella e
Corrado una loro copia!
Perché loro, poi? Per la scelta di Corrado mi sono
basata sul suo comportamento nel videogioco: svogliato, non affronta una bella
sfida da parecchio tempo e pensa di andare a sfidare la Lega Pokémon per
provare qualche emozione forte. Io ci ho visto un po’ gli effetti della
“sbronza triste”: bevi, ti ubriachi, realizzi quanto la tua vita faccia schifo
e ti deprimi (anche perché Corrado mica ci va a sfidare la Lega, rimane un po’
lì a piangersi addosso). Quindi taac, eccolo inserito in questa raccolta.
Rossella... Beh, buona domanda. Nel manga ha sempre
una cicca in bocca, che è molto utile per scacciare via il sapore cattivo che
lascia la sigaretta (almeno così mi dicono, io non ho mai fumato). Alla fine la
parte dedicata a lei è diventata più una riflessione sulla sua vita che non sul
vizio del fumo, ma andrà bene così. Tra l’altro è un personaggio che nel manga
ho apprezzato davvero tanto, non faccio spoiler in caso ci fosse qualcuno che
non abbia ancora letto. Ne dubito, ma si sa mai! Quale modo migliore di onorare un
personaggio se non dandogli una dipedenza contro cui combattere?
Ahem.
Come al solito, ringrazio Andy per avermi concesso
questo spazio e spero che i capitoli siano stati di vostro gradimento!
Alla prossima!
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