[avvertenze: ce ne sono tante sto giro. 1, il nome di Matthew Shepard è stato cambiato in Ethan Shepard (su ogni capitolo
nel quale compariva, anche nel XV di Cards) poiché la figura di Matthew
Shepard è esistita veramente ed è morta più o meno come è morto il
personaggio. Ai tempi in cui lo chiamai così non ne ero al corrente,
però ora che l'ho scoperto (il nome era nato dall'unione di Matthew,
nome dell'attore che interpretava Jack Shepard, ed il cognome del
personaggio che interpretava) ho deciso di cambiarlo, non mi sembrava
carino; 2, ho aggiunto due giorni alla "vacanza" che
Hilda fa a Nimbasa City con Ethan, poiché sentivo che la storyline
stesse soffocando e volevo dare un po' di respiro. Trama-wise non cambia
niente, ma un paragrafo è stato riscritto per doveri di trama; 3,
in questo capitolo sono presenti delle citazioni ad ogni capitolo di
Cards, nell'ordine in cui sono usciti (cioè, la citazione del capitolo
IV è dopo la citazione del capitolo III e prima di quella del capitolo
V; 4, non spaventatevi per la lunghezza del capitolo.
Sì, è estremamente lungo, ma non ci sono filler. È tutta trama sooccosa.
Anche questa è una citazione; 5, qua c'è la timeline completa di Cards & Ditching Cards! Casomai vi servisse per qualsiasi cosa: https://i.imgur.com/vqjsqAXr.jpg buona lettura!]
diary – Akala Island; Kantai – 21/08/15
Caro diario,
Hilda non sembra migliorare. Oggi siamo andati in spiaggia, abbiamo fatto un pic-nic all’ombra di una palma, e siamo tornati a casa. Al pomeriggio abbiamo fatto shopping per la città, e lei ha comprato un abito rosso rubino.
Ha smesso di vestire verde. Dice d’essersi stufata.
Io non posso farcela così, ancora per molto. Ho paura. Ho paura di non poter pià riparlare ad Hilda, di rivederla quando la guardo, di sentire la ua voce. Ho paura… che Hilda sia morta.
È per questo che domani ho intenzione di provare l’ultima spiaggia. In caso non funzionasse…
Non so cosa farò.
Che il domani mi porti fortuna.
N
Caro diario,
Hilda non sembra migliorare. Oggi siamo andati in spiaggia, abbiamo fatto un pic-nic all’ombra di una palma, e siamo tornati a casa. Al pomeriggio abbiamo fatto shopping per la città, e lei ha comprato un abito rosso rubino.
Ha smesso di vestire verde. Dice d’essersi stufata.
Io non posso farcela così, ancora per molto. Ho paura. Ho paura di non poter pià riparlare ad Hilda, di rivederla quando la guardo, di sentire la ua voce. Ho paura… che Hilda sia morta.
È per questo che domani ho intenzione di provare l’ultima spiaggia. In caso non funzionasse…
Non so cosa farò.
Che il domani mi porti fortuna.
N
CAPITOLO 9
The Rest Is Silence/With a Kiss I Die
PARTE I
“The Rest Is Silence”
O, I die, Horatio.
The potent poison quite o'ercrows my spirit.
I cannot live to hear the news from England.
But I do prophesy the election lights
On Fortinbras. He has my dying voice.
So tell him, with th' occurrents, more and less,
Which have solicited. The rest is silence.
(William Shakespeare; Hamlet)
The potent poison quite o'ercrows my spirit.
I cannot live to hear the news from England.
But I do prophesy the election lights
On Fortinbras. He has my dying voice.
So tell him, with th' occurrents, more and less,
Which have solicited. The rest is silence.
(William Shakespeare; Hamlet)
flashback – Nacrene City –20/11/11
« Buongiorno
a tutti i nostri ascoltatori da CNT 105.2 e benvenuti a “Chi C’è C’è,
Chi Non C’è Non C’è” dalla vostra carissima Paulina Simpson, che manda
in onda giornalmente le hit più famose del momento mentre discutiamo di
temi filosofici! Per il tema di oggi abbiamo con il professor Someal Oak
della regione di Kenta per discutere di un tema molto importante, che
scoprirete dopo! Ora: musica! ».
Aprì gli occhi.
Le assi di legno si susseguivano una dopo l’altra sul candido soffitto della camera, per finire là dove lo sguardo non riusciva ad arrivare. La stanza era immersa nel silenzio, fatta eccezione per una leggera melodia che, piano piano, s’insediava nella sua mente: non risusciva a riconoscerne lo strumento. Alzò il suo braccio per far leva sul suo corpo e cercò di issare la schiena sul cuscino, per avere una visuale del luogo dove si trovava. Quando guardò le sue braccia, notò che il suo colore rassomigliasse particolarmente a quello delle lenzuola.
Si portò una mano tra i capelli e spostò una ciocca castana dietro l’orecchio. La testa le faceva male.
« He said I'm gonna buy this place and burn it down » udì. La musica stava prendendo sempre più piede nell’etere. « I’m gonna put it six feet underground ».
Poggiò i piedi per terra, e subito provò un brivido diffondersi dalla sua spina dorsale. Il legno era freddo.
« He said I'm gonna buy this place and watch it fall, stand here beside me baby in the crumbling walls ».
Uscita dalla camera da letto notò come, davanti a sé, si estendesse una parete vetrata che copriva l’intero perimetro della sala da pranzo. Un grande tavolo troneggiava al centro, mentre dalla parte opposta delle finestrate v’erano gli elettrodomestici ed il piano cucina.
« Oh I'm gonna buy this place and start a fire, stand here until I fill all your heart's desires ».
Si avvicinò alla finestra ed il suo sguardo si perse nel modesto paesaggio che offriva la piccola città di Nacrene, sobborgo commerciale della città di Castelia City trasformato in vivace città universitaria. Piccole casette dai colori bizzarri costituivano al centro, nel cuore del quale spiccava, su di una collina, il museo e Palestra della città. Dall’altra aprte della strada, di fronte a lei, notò un cartellone pubblicitario, recante la scritta: “Vacanze ad Alola! Un paradiso da sogno!”.
La strada era talmente lontana che, nel suonare della musica, non era capace di distinguere il rumore del traffico.
« He said I'm gonna buy a gun and start a war ».
« Uh? ».
Sul tavolo, spoglio da ogni cosa, giaceva un piccolo foglio ripiegato più volte. Lo afferrò.
« Ciao Erika, sono Joe. Quando ieri ti ho portato a casa non mi sembrata in perfetta forma quindi aspettati oggi di non sentirti bene. Ho lasciato delle medicine per il mal di testa in parte al frigo, chiamami se vuoi ».
« Oh and I'm gonna buy this place, is what I say, blame it upon a rush of blood to the head! ».
Il suo sguardo vagò per la stanza: dov’era il telefono?
Attraversò la cucina per dirigersi in quello che aveva l’aria di sembrare un salotto, e vide uno schermo scintillare in parte alla finestra.
« So meet me by the bridge, meet me by the lake ».
« Ahem… chiama Joe ».
« Chiamo Joe😍🌹❤️🔝» rispose una voce robotica.
Lei raccolse il telefono dal mobile.
« Meet me where I said, blame it all upon a rush of blood to the head ».
« Pronto, Joe? Sì, sono io, Erika… senti, avrei bisogno di una roba… sì, ecco, potresti venire qua? Quando… quando vuoi. Grazie mille ».
« E questa era A Rush of Blood to the Head. Ora, per il programma “Chi C’è C’è, Chi Non C’è Non C’è” abbiamo qua il famosissimo Somal Oak… Samuel, volevo dire Samuel, per discutere di un importante questione che è stata alzata ultimamente da molti giornali e scholars della regione ». Alla sua voce si unì una voce maschile. « Certo, Paulina, grazie di avermi qui con te! Come dicevi, oggi discuteremo di una questione di importanza veramente nazionale, no? Ci puoi giurarlo! » le voci del professore e della speaker si alternavano indistntamente « Infatti, come ha premuto sottolineare il professore, oggi tratteremo della nuova colorazione di smalto gialla… Matte, giallo matte, voglio ricordare. Oh, sì, scusa, giallo matte, di smalto, che ha indossato la capopalestra Elesa per buttare giù la spazzatura… ».
Erika era in cucina. Il suo sguardo fissava la scatola di pillole che Joe aveva preparato per lei il giorno prima.
Afferrò con la mano sinistra le medicine e con la destra trascinò la sedia dal tavolo a sé, facendosi spazio per sedersi. Riempì un bicchiere d’acqua, cacciò l’oggetto cilindro in bocca e deglutì.
« Ho trovato molto interessante, cara Paulina, l’utilizzo da parte di Elesa di questa colorazione, una chiara citazione alla concezione fugace dell’essere di Parmenide, non credi? Quei colori così gialli, così vividi, trasmettevano una chiara sensazione pantagruelica… così, platonica, in un certo senso? Concordo, Samuel! E voi spettatori cosa ne pensate? Mandateci la vostra opinione per SMS o chiamateci! ».
« Ehi, sono venuto appena possibile » esordì Joe, come chiudeva la porta dietro di sé « tutto bene? ».
« Sì, cioè no, cioè… non capisco, veramente… ».
« Ieri hai fatto una brutta caduta, dev’esser stato per questo ».
« Oh… ». Erika sorrise al ragazzo. « Ti ringrazio mo—».
« Shh, shh, non dire nulla. Piuttosto, ti senti meglio ora? ».
« Un po’… ho preso le medicine che mi hai dato ».
« Bene! Cerca di prenderle una volta al giorno, ti aiuteranno a pensare ».
« Gra… grazie ».
Lo sguardo di Joe scivolò dai suoi occhi alla vetrata dietro di essi. « Guarda che bella giornata! Non vuoi uscire? ».
« Non… non sono neanche sicura cosa faccio esattamente… ».
« Erika Joy! Ti sembra questo il modo di comportarsi? Fuori è una giornata bellissima, ed ora tu ed io usciremo a fare una passeggiata! Vestiti che ti aspetto giù! » e, veloce com’era arrivato, se ne uscì.
« Credo che il motivo per cui Elesa abbia scelto il colore giallo affondi le sue radici nell’eterna lotta di classe. È infatti risaputo che, prima di diventare una modella, abbia attraversato un periodo buio nella sua vita, anche a causa degli abusi subiti dal padre ».
Solo ora che era ritornata nel silenzio, si ricordò della presenza della radio.
« Hai ragione Samuel, unna chiara critica al mondo dell’editoria ed al maltrattamento dei Bidoof nell’industria cosmeti—» la radio cadde per terra.
Erika fissò il suo riflesso nei pezzi di vetro che erano sparsi sopra il parquet. Chi era la persona che la fissava indietro?
Aprì gli occhi.
Le assi di legno si susseguivano una dopo l’altra sul candido soffitto della camera, per finire là dove lo sguardo non riusciva ad arrivare. La stanza era immersa nel silenzio, fatta eccezione per una leggera melodia che, piano piano, s’insediava nella sua mente: non risusciva a riconoscerne lo strumento. Alzò il suo braccio per far leva sul suo corpo e cercò di issare la schiena sul cuscino, per avere una visuale del luogo dove si trovava. Quando guardò le sue braccia, notò che il suo colore rassomigliasse particolarmente a quello delle lenzuola.
Si portò una mano tra i capelli e spostò una ciocca castana dietro l’orecchio. La testa le faceva male.
« He said I'm gonna buy this place and burn it down » udì. La musica stava prendendo sempre più piede nell’etere. « I’m gonna put it six feet underground ».
Poggiò i piedi per terra, e subito provò un brivido diffondersi dalla sua spina dorsale. Il legno era freddo.
« He said I'm gonna buy this place and watch it fall, stand here beside me baby in the crumbling walls ».
Uscita dalla camera da letto notò come, davanti a sé, si estendesse una parete vetrata che copriva l’intero perimetro della sala da pranzo. Un grande tavolo troneggiava al centro, mentre dalla parte opposta delle finestrate v’erano gli elettrodomestici ed il piano cucina.
« Oh I'm gonna buy this place and start a fire, stand here until I fill all your heart's desires ».
Si avvicinò alla finestra ed il suo sguardo si perse nel modesto paesaggio che offriva la piccola città di Nacrene, sobborgo commerciale della città di Castelia City trasformato in vivace città universitaria. Piccole casette dai colori bizzarri costituivano al centro, nel cuore del quale spiccava, su di una collina, il museo e Palestra della città. Dall’altra aprte della strada, di fronte a lei, notò un cartellone pubblicitario, recante la scritta: “Vacanze ad Alola! Un paradiso da sogno!”.
La strada era talmente lontana che, nel suonare della musica, non era capace di distinguere il rumore del traffico.
« He said I'm gonna buy a gun and start a war ».
« Uh? ».
Sul tavolo, spoglio da ogni cosa, giaceva un piccolo foglio ripiegato più volte. Lo afferrò.
« Ciao Erika, sono Joe. Quando ieri ti ho portato a casa non mi sembrata in perfetta forma quindi aspettati oggi di non sentirti bene. Ho lasciato delle medicine per il mal di testa in parte al frigo, chiamami se vuoi ».
« Oh and I'm gonna buy this place, is what I say, blame it upon a rush of blood to the head! ».
Il suo sguardo vagò per la stanza: dov’era il telefono?
Attraversò la cucina per dirigersi in quello che aveva l’aria di sembrare un salotto, e vide uno schermo scintillare in parte alla finestra.
« So meet me by the bridge, meet me by the lake ».
« Ahem… chiama Joe ».
« Chiamo Joe😍🌹❤️🔝» rispose una voce robotica.
Lei raccolse il telefono dal mobile.
« Meet me where I said, blame it all upon a rush of blood to the head ».
« Pronto, Joe? Sì, sono io, Erika… senti, avrei bisogno di una roba… sì, ecco, potresti venire qua? Quando… quando vuoi. Grazie mille ».
« E questa era A Rush of Blood to the Head. Ora, per il programma “Chi C’è C’è, Chi Non C’è Non C’è” abbiamo qua il famosissimo Somal Oak… Samuel, volevo dire Samuel, per discutere di un importante questione che è stata alzata ultimamente da molti giornali e scholars della regione ». Alla sua voce si unì una voce maschile. « Certo, Paulina, grazie di avermi qui con te! Come dicevi, oggi discuteremo di una questione di importanza veramente nazionale, no? Ci puoi giurarlo! » le voci del professore e della speaker si alternavano indistntamente « Infatti, come ha premuto sottolineare il professore, oggi tratteremo della nuova colorazione di smalto gialla… Matte, giallo matte, voglio ricordare. Oh, sì, scusa, giallo matte, di smalto, che ha indossato la capopalestra Elesa per buttare giù la spazzatura… ».
Erika era in cucina. Il suo sguardo fissava la scatola di pillole che Joe aveva preparato per lei il giorno prima.
Afferrò con la mano sinistra le medicine e con la destra trascinò la sedia dal tavolo a sé, facendosi spazio per sedersi. Riempì un bicchiere d’acqua, cacciò l’oggetto cilindro in bocca e deglutì.
« Ho trovato molto interessante, cara Paulina, l’utilizzo da parte di Elesa di questa colorazione, una chiara citazione alla concezione fugace dell’essere di Parmenide, non credi? Quei colori così gialli, così vividi, trasmettevano una chiara sensazione pantagruelica… così, platonica, in un certo senso? Concordo, Samuel! E voi spettatori cosa ne pensate? Mandateci la vostra opinione per SMS o chiamateci! ».
« Ehi, sono venuto appena possibile » esordì Joe, come chiudeva la porta dietro di sé « tutto bene? ».
« Sì, cioè no, cioè… non capisco, veramente… ».
« Ieri hai fatto una brutta caduta, dev’esser stato per questo ».
« Oh… ». Erika sorrise al ragazzo. « Ti ringrazio mo—».
« Shh, shh, non dire nulla. Piuttosto, ti senti meglio ora? ».
« Un po’… ho preso le medicine che mi hai dato ».
« Bene! Cerca di prenderle una volta al giorno, ti aiuteranno a pensare ».
« Gra… grazie ».
Lo sguardo di Joe scivolò dai suoi occhi alla vetrata dietro di essi. « Guarda che bella giornata! Non vuoi uscire? ».
« Non… non sono neanche sicura cosa faccio esattamente… ».
« Erika Joy! Ti sembra questo il modo di comportarsi? Fuori è una giornata bellissima, ed ora tu ed io usciremo a fare una passeggiata! Vestiti che ti aspetto giù! » e, veloce com’era arrivato, se ne uscì.
« Credo che il motivo per cui Elesa abbia scelto il colore giallo affondi le sue radici nell’eterna lotta di classe. È infatti risaputo che, prima di diventare una modella, abbia attraversato un periodo buio nella sua vita, anche a causa degli abusi subiti dal padre ».
Solo ora che era ritornata nel silenzio, si ricordò della presenza della radio.
« Hai ragione Samuel, unna chiara critica al mondo dell’editoria ed al maltrattamento dei Bidoof nell’industria cosmeti—» la radio cadde per terra.
Erika fissò il suo riflesso nei pezzi di vetro che erano sparsi sopra il parquet. Chi era la persona che la fissava indietro?
𐌳 𐌳 𐌳
flashback – Accumula Town –20/11/11
« Louis! Louis, svegliati! ».
Louis aprì gli occhi.
Un mosaico di rughe e peli bianchi oscurava la visione, la sua immagine illuminata dalla prepotente luce che entrava prepotentemente nella stanza. Due occhi freddi come il ghiaccio lo scrutavano dall’alto.
« Chi… chi sei? ».
« Tuo nonno, Louis! Che domande sono? ».
L’uomo si spostò dalla visuale e continuò a camminare nella luce, scomparendo dietro ad una parete.
Louis si alzò e lo seguì.
L’uomo girava per la cucina sistemando e mettendo mano a tutto ciò che stava attorno.
« Ho preparato già la colazione per te, ma ora devo proprio scappare. Ci sentiamo sto pomeriggio, ok? ».
« Ok… ».
« Ah, e Louis, ricordati della posta ».
Detto ciò scomparì dietro la porta, e vide la sua sagoma attraverso la finestra scendere per una collina per poi ritrovarsi in città.
Louis si guardò attorno, spaesato. Cos’era quel posto?
Uscì in pantofole e pigiama, colorati di un motivo blu e giallo che si alternava in una lunga scacchiera, e, messi i primi passi sul ciottolato che portava alla cassetta, cominciò la perlustrazione di quel luogo. Il suo sguardo andò avanti, oltre la cassetta di ferro che sanciva l’entrata della sua casa, e si avventurò nella piazza della cittadina che stava sotto di lui, sotto la collinetta dove si trovava in quel momento. Era di modeste dimensioni, e, da quell’altezza, poteva osservare le case farsi sempre più rade in lontananza per dare spazio al bosco.
Una scritta a fiori gialli su erba recava il nome “ACCUMULA TOWN” in un parco là vicino, sebbene alcune lettere fossero difficili da distinguere.
“EKI S.p.A.” recitava la prima busta.
“I MANAGER DI TUTTO IL MONDO INVIDIANO QUESTE DUE MILIONARIE DI BASSANO DEL GRAPPA: NON CREDERAI MAI AL LORO SEGRETO”.
Buttò il resto della pubblicità nel cestino senza neanche guardarlo e rientrò stringendo la posta della EKI.
Caro Louis,
In seguito all’incidente che hai avuto il consiglio amministrativo ha pensato che,
per te, fosse meglio cambiare aria. È da molto che stiamo pensando di cominciare una divisione a Sinnoh
e preferiremmo che sia tu, se scegli di accettare a capo della divisione Sinnehnse. EKI SINNOH© partirà per la primavera del 2012, e ci piacerebbe molto che sia tu coordinare il progetto.
In atte
« …sa di sentirti, il Consiglio di Amministrazione della EKI S.p.A » finì di leggere, mentre metteva piede in casa. « EKI? ».
Lanciò la lettera sul tavolo e lasciò cadere l’involucro che conteneva la busta per terra.
Louis aprì gli occhi.
Un mosaico di rughe e peli bianchi oscurava la visione, la sua immagine illuminata dalla prepotente luce che entrava prepotentemente nella stanza. Due occhi freddi come il ghiaccio lo scrutavano dall’alto.
« Chi… chi sei? ».
« Tuo nonno, Louis! Che domande sono? ».
L’uomo si spostò dalla visuale e continuò a camminare nella luce, scomparendo dietro ad una parete.
Louis si alzò e lo seguì.
L’uomo girava per la cucina sistemando e mettendo mano a tutto ciò che stava attorno.
« Ho preparato già la colazione per te, ma ora devo proprio scappare. Ci sentiamo sto pomeriggio, ok? ».
« Ok… ».
« Ah, e Louis, ricordati della posta ».
Detto ciò scomparì dietro la porta, e vide la sua sagoma attraverso la finestra scendere per una collina per poi ritrovarsi in città.
Louis si guardò attorno, spaesato. Cos’era quel posto?
Uscì in pantofole e pigiama, colorati di un motivo blu e giallo che si alternava in una lunga scacchiera, e, messi i primi passi sul ciottolato che portava alla cassetta, cominciò la perlustrazione di quel luogo. Il suo sguardo andò avanti, oltre la cassetta di ferro che sanciva l’entrata della sua casa, e si avventurò nella piazza della cittadina che stava sotto di lui, sotto la collinetta dove si trovava in quel momento. Era di modeste dimensioni, e, da quell’altezza, poteva osservare le case farsi sempre più rade in lontananza per dare spazio al bosco.
Una scritta a fiori gialli su erba recava il nome “ACCUMULA TOWN” in un parco là vicino, sebbene alcune lettere fossero difficili da distinguere.
“EKI S.p.A.” recitava la prima busta.
“I MANAGER DI TUTTO IL MONDO INVIDIANO QUESTE DUE MILIONARIE DI BASSANO DEL GRAPPA: NON CREDERAI MAI AL LORO SEGRETO”.
Buttò il resto della pubblicità nel cestino senza neanche guardarlo e rientrò stringendo la posta della EKI.
Caro Louis,
In seguito all’incidente che hai avuto il consiglio amministrativo ha pensato che,
per te, fosse meglio cambiare aria. È da molto che stiamo pensando di cominciare una divisione a Sinnoh
e preferiremmo che sia tu, se scegli di accettare a capo della divisione Sinnehnse. EKI SINNOH© partirà per la primavera del 2012, e ci piacerebbe molto che sia tu coordinare il progetto.
In atte
« …sa di sentirti, il Consiglio di Amministrazione della EKI S.p.A » finì di leggere, mentre metteva piede in casa. « EKI? ».
Lanciò la lettera sul tavolo e lasciò cadere l’involucro che conteneva la busta per terra.
𐌳 𐌳 𐌳
flashback – Nacrene City –01/23/12
« Ahem… senti, Lydia, credi che posso staccare oggi? ».
Erika raccolse la sua borsa dalla scrivania dove era stata chinata per tutta la giornata, e nel coglierla essa cozzò contro la lampada verde che illuminava la superficie del legno. La rimise a posto, dopodiché si voltò in direzione della collega, che stava armeggiando con dei libri.
« Adesso? ». Lo sguardo di Lydia corse all’orologio « Ok, va bene, però sistema i libri che hanno riportato dai prestiti. Sono in quella scatola rossa ».
« Ricevuto ».
« Mmh… The Man In The High Castle, P. K. Dick… oh, ecco! ». Raccolse un libro dallo scatolone e lo infilò in uno scaffale riempito di libri, che continuava ai lati ed in più file a creare un dedalo di ripiani. Dall’alto, più che ad una biblioteca comunale, assomigliava ad un labirinto. La città era stata costruita, dopo l’abbandono degli immobili da parte delle aziende che avevano sfruttato il terreno in primo luogo, attorno al centro culturale, di cui la biblioteca costituiva il cuore. Da ciò, era nata una cittadina vivace e proiettata nel futuro.
« The Call of Cthulhu, H. P. Lovecraft… ».
« Shampoo Planet, D. Coupland… ».
Ripose gli ultimi libri al suo posto e riportò lo scatolone da Lydia, dove fu accolta dall’irritato silenzio della ragazza. La superò ed uscì dal luogo, trovandosi sulle scalinate della biblioteca di Nacrene.
« Hilda? ».
Scese.
« Hilda, sei tu? ».
Sentì una fitta alla spalla destra.
« Hilda! Aspetta, sono io! ».
« Uh? ». Si voltò, e davanti a lei era comparso un ragazzo dai capellli corvini, esaltato in qualche specie di sorpresa alla vista della ragazza. « Credo che lei si sia—».
« Hilda! Perché non rispondevi? ».
« Credo che lei si stia confondnedo » sorrise Erika « non sono Hilda, né conosco questa Hilda di cui parla »
Cheren scoppiò in una risata. « Certo, certo, cosa ci fai qua? ». Le afferrò la mano, avvicinandola a lui « se me l’avessi de—».
« MI MOLLI! » esplose la castana, strappandosi con ferocia dalla stretta dell’uomo « la smetta! Non so di che cosa stia parlando ».
L’espressione di Cheren cambiò drasticamente. Se prima era congelata in un sorriso, per quanto confuso, in seguito divenne completo choc. La persona di fronte a lui, persona che credeva di conoscera, si era rivelata una perfetta sconosciuta.
« Non—non stai veramente scherzando? ».
« No! Certo che no! Non so di cosa stia parlando! ».
Aumentò il passo e prima che Cheren se ne accorgesse scomparì dentro il parco di fronte alla scalinata marmorea della biblioteca, il ragazzo lasciato senza parole.
Erika raccolse la sua borsa dalla scrivania dove era stata chinata per tutta la giornata, e nel coglierla essa cozzò contro la lampada verde che illuminava la superficie del legno. La rimise a posto, dopodiché si voltò in direzione della collega, che stava armeggiando con dei libri.
« Adesso? ». Lo sguardo di Lydia corse all’orologio « Ok, va bene, però sistema i libri che hanno riportato dai prestiti. Sono in quella scatola rossa ».
« Ricevuto ».
« Mmh… The Man In The High Castle, P. K. Dick… oh, ecco! ». Raccolse un libro dallo scatolone e lo infilò in uno scaffale riempito di libri, che continuava ai lati ed in più file a creare un dedalo di ripiani. Dall’alto, più che ad una biblioteca comunale, assomigliava ad un labirinto. La città era stata costruita, dopo l’abbandono degli immobili da parte delle aziende che avevano sfruttato il terreno in primo luogo, attorno al centro culturale, di cui la biblioteca costituiva il cuore. Da ciò, era nata una cittadina vivace e proiettata nel futuro.
« The Call of Cthulhu, H. P. Lovecraft… ».
« Shampoo Planet, D. Coupland… ».
Ripose gli ultimi libri al suo posto e riportò lo scatolone da Lydia, dove fu accolta dall’irritato silenzio della ragazza. La superò ed uscì dal luogo, trovandosi sulle scalinate della biblioteca di Nacrene.
« Hilda? ».
Scese.
« Hilda, sei tu? ».
Sentì una fitta alla spalla destra.
« Hilda! Aspetta, sono io! ».
« Uh? ». Si voltò, e davanti a lei era comparso un ragazzo dai capellli corvini, esaltato in qualche specie di sorpresa alla vista della ragazza. « Credo che lei si sia—».
« Hilda! Perché non rispondevi? ».
« Credo che lei si stia confondnedo » sorrise Erika « non sono Hilda, né conosco questa Hilda di cui parla »
Cheren scoppiò in una risata. « Certo, certo, cosa ci fai qua? ». Le afferrò la mano, avvicinandola a lui « se me l’avessi de—».
« MI MOLLI! » esplose la castana, strappandosi con ferocia dalla stretta dell’uomo « la smetta! Non so di che cosa stia parlando ».
L’espressione di Cheren cambiò drasticamente. Se prima era congelata in un sorriso, per quanto confuso, in seguito divenne completo choc. La persona di fronte a lui, persona che credeva di conoscera, si era rivelata una perfetta sconosciuta.
« Non—non stai veramente scherzando? ».
« No! Certo che no! Non so di cosa stia parlando! ».
Aumentò il passo e prima che Cheren se ne accorgesse scomparì dentro il parco di fronte alla scalinata marmorea della biblioteca, il ragazzo lasciato senza parole.
𐌳 𐌳 𐌳
flashback – fuori Castelia City –13/11/11
Quel giorno l’aeroporto era spazzato da un forte vento.
Looker sedeva su una scatola di legno dalla quale fuorisciva della paglia, recante la scritta “FRAGILE” in vernice scura. Di fronte a lui era un aereo di piccole dimensioni, sul quale era stata impressa l’effige del Team Plasma, che, a giudicare dalle quattro file di finestrini su ogni lato, poteva contenere ben poche persone. La luna era alta in cielo ed un vento freddo correva dai meandri del Desert Resort sino alle porte della città di Castelia, dove trovava morte nel labirinto di grattacieli che ostruivano il passaggio della corrente. Non v’era una nuvola e la volta celeste pareva una tela di velluto sulla quale erano stati appesi, come a Natale, addobbi d’ogni tipo.
Looker sospirò, mentre seguiva le linee di vernice tracciate sull’asfalto.
All’ululare del vento si unì un rumori, che, col tempo, cresceva d’intensità.
Il detective cacciò la mano nella tasca e cercò per la pistola: afferrò l’impugnatura.
« Quanti secondi di vantaggio vuoi che ti dia prima che ti spari? » esordì, la figura misteriosa che lo aveva raggiunto da dietro. Non vedeva l’uomo, ma ne individuava la lunga ombra sull’asfalto. « O preferisci dirmi il tuo nome? ».
« Non voglio vant—».
Looker si alzò in una frazione di secondo in piedi, e come si alzava volta la schiena; portò la pistola davanti a sé assieme alla mano sinistra e finalmente poté vedere l’uomo che stava davanti a lui.
« Impressionante ».
« Chi sei? ».
« Colress ».
« Colress cosa? Ci conosciamo? Dov’è Hil—».
« Una domanda alla volta ».
Looker sospirò. « Dov’è Hilda? ».
« Cè stato un cambio di programma. La signorina Baskerville non partirà più per Sinnoh ».
« COSA? Sono stato praticamente obbligato a farle il cazzo di cane da guardia! ».
« Stia cal—».
Un rumore metallico provenì dalla pistola dell’uomo. Aveva levato la sicura.
« O mi rispondi o sparo ».
« Ok. ok » Colress alzò le mani « va bene. Hil… la signorina Baskerville ha deciso, anziché partire per Sinnoh, di sottoporsi ad un processo di cancellamento mnemonico, anche chiamato PRM ».
« Perderà la memoria? ».
Lo scienziato sorrise. « In poche parole ».
« E io cosa cazzo dovrei fare? Eh? ». Agitò la pistola e Colress, di conseguenza, fece un passo indietro.
« I suoi servizi non hanno cessato di essere richiesti. Ryoku vuole avere un colloquio con lei, domani, nella sede del Team Plasma ».
« E se scappassi ora, eh? ». Una scarica di adrenalina era partita dal suo cervello e si era diffusa in tutto il corpo, accelerando il battito cardiaco ed il ritmo dei suoi respiri. Compieva movimenti febbrili e la mano aveva preso a tremare, mentre minacciava di morte l’uomo che stava di fronte a lui. « Se salissi sull’aereo per Sinnoh e me ne andassi? Sareb—sarebbe la fi—fine dei giochi ».
« Credi davvero che l’aereo portasse a Sinnoh? E magari anche che i Rapidash volano e che il cielo è rosso ».
« Non… non capisco ».
Colress infilò la mano nella tasca del suo camice e premette un pulsante.
Una forte esplosione si disinnescò dall’aereo ed il boato scaraventò i due a terra. Le fiamme fiorirono e prosperarono dove una volta era l’intelaiatura di metallo, sia su ciò che era rimasto attaccato al velivolo che su ciò che si era staccato dal corpo ed era stato gettato a terra.
Una colonna di fumo si alzò dalle macerie.
Looker sedeva su una scatola di legno dalla quale fuorisciva della paglia, recante la scritta “FRAGILE” in vernice scura. Di fronte a lui era un aereo di piccole dimensioni, sul quale era stata impressa l’effige del Team Plasma, che, a giudicare dalle quattro file di finestrini su ogni lato, poteva contenere ben poche persone. La luna era alta in cielo ed un vento freddo correva dai meandri del Desert Resort sino alle porte della città di Castelia, dove trovava morte nel labirinto di grattacieli che ostruivano il passaggio della corrente. Non v’era una nuvola e la volta celeste pareva una tela di velluto sulla quale erano stati appesi, come a Natale, addobbi d’ogni tipo.
Looker sospirò, mentre seguiva le linee di vernice tracciate sull’asfalto.
All’ululare del vento si unì un rumori, che, col tempo, cresceva d’intensità.
Il detective cacciò la mano nella tasca e cercò per la pistola: afferrò l’impugnatura.
« Quanti secondi di vantaggio vuoi che ti dia prima che ti spari? » esordì, la figura misteriosa che lo aveva raggiunto da dietro. Non vedeva l’uomo, ma ne individuava la lunga ombra sull’asfalto. « O preferisci dirmi il tuo nome? ».
« Non voglio vant—».
Looker si alzò in una frazione di secondo in piedi, e come si alzava volta la schiena; portò la pistola davanti a sé assieme alla mano sinistra e finalmente poté vedere l’uomo che stava davanti a lui.
« Impressionante ».
« Chi sei? ».
« Colress ».
« Colress cosa? Ci conosciamo? Dov’è Hil—».
« Una domanda alla volta ».
Looker sospirò. « Dov’è Hilda? ».
« Cè stato un cambio di programma. La signorina Baskerville non partirà più per Sinnoh ».
« COSA? Sono stato praticamente obbligato a farle il cazzo di cane da guardia! ».
« Stia cal—».
Un rumore metallico provenì dalla pistola dell’uomo. Aveva levato la sicura.
« O mi rispondi o sparo ».
« Ok. ok » Colress alzò le mani « va bene. Hil… la signorina Baskerville ha deciso, anziché partire per Sinnoh, di sottoporsi ad un processo di cancellamento mnemonico, anche chiamato PRM ».
« Perderà la memoria? ».
Lo scienziato sorrise. « In poche parole ».
« E io cosa cazzo dovrei fare? Eh? ». Agitò la pistola e Colress, di conseguenza, fece un passo indietro.
« I suoi servizi non hanno cessato di essere richiesti. Ryoku vuole avere un colloquio con lei, domani, nella sede del Team Plasma ».
« E se scappassi ora, eh? ». Una scarica di adrenalina era partita dal suo cervello e si era diffusa in tutto il corpo, accelerando il battito cardiaco ed il ritmo dei suoi respiri. Compieva movimenti febbrili e la mano aveva preso a tremare, mentre minacciava di morte l’uomo che stava di fronte a lui. « Se salissi sull’aereo per Sinnoh e me ne andassi? Sareb—sarebbe la fi—fine dei giochi ».
« Credi davvero che l’aereo portasse a Sinnoh? E magari anche che i Rapidash volano e che il cielo è rosso ».
« Non… non capisco ».
Colress infilò la mano nella tasca del suo camice e premette un pulsante.
Una forte esplosione si disinnescò dall’aereo ed il boato scaraventò i due a terra. Le fiamme fiorirono e prosperarono dove una volta era l’intelaiatura di metallo, sia su ciò che era rimasto attaccato al velivolo che su ciò che si era staccato dal corpo ed era stato gettato a terra.
Una colonna di fumo si alzò dalle macerie.
FINE PARTE I
PARTE II
“With a Kiss I Die”
PARTE II
“With a Kiss I Die”
Eyes, look your last.
Arms, take your last embrace. And, lips, O you
The doors of breath, seal with a righteous kiss
A dateless bargain to engrossing death.
Come, bitter conduct, come, unsavoury guide.
Thou desperate pilot, now at once run on
The dashing rocks thy seasick, weary bark.
Here’s to my love! O true apothecary,
Thy drugs are quick. Thus with a kiss I die.
(William Shakespeare; Romeo and Juliet)
Errore 404
Arms, take your last embrace. And, lips, O you
The doors of breath, seal with a righteous kiss
A dateless bargain to engrossing death.
Come, bitter conduct, come, unsavoury guide.
Thou desperate pilot, now at once run on
The dashing rocks thy seasick, weary bark.
Here’s to my love! O true apothecary,
Thy drugs are quick. Thus with a kiss I die.
(William Shakespeare; Romeo and Juliet)
Errore 404
« Mi stai ascoltando, Hilda? ».
« Uh? ».
« Non hai prestato attenzione ad una parola che ho detto ».
« Non è ver—».
« Cosa ho detto? ».
Hilda non rispose.
« Come pensavo » la incalzò, esibendo un freddo sorriso « e ti risparmio la fatica di chiedermelo — che evidentemente ti sei già presa. Sei licenziata ».
Una frazione di secondo perché le sue labbra pronunciassero la parola, un’interminabile minuto per collegare il significato all’immagine del licenziamento. Un’ipotesi da lei scioccamente mai presa in considerazione, ma che avrebbe rappresentato una significativa minaccia per la sua condizione.
Licenziata.
Licenziata.
Le dure parole dell’uomo colpirono come un treno in corsa la giovane ragazza, lasciandola senza parole. Tentò più volte di aprir bocca ma ogni pensiero volesse cominciare le moriva in gola.
« … ».
« Ti vedo scioccata. Ottimo ».
« Non capisco… ».
« Hai smesso di scrivere per il Castle ».
« Quello l’avevo capito, il motiv—».
« Hilda, i tuoi articoli fanno schifo. Fa schifo ogni cosa che scrivi, non mi capacito di come ti abbia tenuta in redazione per più di un anno ».
« Posso migliorare! Ti prego, lasciami scrivere un ultimo articolo! ».
« Potrei » sarcastico « mettere in fila parole come all’asilo è sempre stata la tua specialità ».
Una lacrima rigò il volto della giovane.
« Questo lavoro è tutto ciò che ho » continuò, in procinto di un pianto « non posso perderlo ».
« Mi fa piacere che dopo la tua permanenza qua tu abbia scoperto un vago interesse nel giornalismo » fece, permeando le sue parole di un pungente sarcasmo « ma hai appena attraversato la linea di demarcazione tra giornalista incompetente e disoccupata incompetente ».
Aprì un cassetto, dal quale tirò fuori un plico di fogli, e lo pose sulla scrivania, dopodiché porse una penna alla giovane, mantenendo sul suo viso un’espressione di ruffiano dispiacere.
« Ora dobbiamo discutere del licenziamento ».
Cercò lo sguardo della giovane, corrotto da scintillanti gocce d’acqua, trattenendosi dal continuare. Nonostante lei cercasse di nasconderlo, era chiaramente scossa dalla notizia, ma la sua condizione pareva a Francis, se guardando a lungo nel profondo del suo intimo avesse trovato compassione, oltremodo spinta.
Palesò il suo stato emanando un pesante sospiro.
« Parlando seriamente, Hilda » attaccò, e come prese a parlare fece scomparire dentro ai cassetti ogni scartoffia presente sul tavolo, lasciando spazio alla visione della ragazza « non puoi continuare così. Non puoi.
« Da quando ti ho assunta non hai fatto altro che fregartene di questo giornale, come se tutto ti fosse dovuto. E cosa dovrei dirti? Povera, povera, povera Hilda? Svegliati, ragazza ».
« Mi impegnerò di più » fu ciò che riuscì a pronunciare, la mente annebbiata « io—».
Due rintocchi della porta interruppero il loro discorso.
« Posso entrare? » si udì, filtrato dallo spesso legno che separava la voce dalle loro quattro orecchie.
« Avanti ».
Dalla porta baluginò la testa di una giovane ragazza dai capelli castano chiaro. Una coppola viola copriva la patte superiore del capo, e fu l’unico indumento che Hilda riuscì a notare dallo squarcio che si era creato.
« Oh, Jessica, hai già parlato con Natalie? ».
« Sì, sì, volevo solo dirti che è tutto ok per la presentazione della Lega ».
Gli occhi della castana seguivano con sufficienza questo discorso, ancora immersi nella discussione di poco prima. Stava per venire licenziata, ed il suo capo parlava come se non fosse niente con la prima che passava.
Sbuffò.
« Ok, ok, ci sentiamo dopo ».
« Sì, scusa ancora, cia—» e la porta si richiuse davanti a lei.
« Dicevamo, Hilda, non mi lasci altra scelta ».
« Io—».
« Non rendere questo più difficile di quanto non lo sia già. Prendi le tue cose, e vai ».
« Uh? ».
« Non hai prestato attenzione ad una parola che ho detto ».
« Non è ver—».
« Cosa ho detto? ».
Hilda non rispose.
« Come pensavo » la incalzò, esibendo un freddo sorriso « e ti risparmio la fatica di chiedermelo — che evidentemente ti sei già presa. Sei licenziata ».
Una frazione di secondo perché le sue labbra pronunciassero la parola, un’interminabile minuto per collegare il significato all’immagine del licenziamento. Un’ipotesi da lei scioccamente mai presa in considerazione, ma che avrebbe rappresentato una significativa minaccia per la sua condizione.
Licenziata.
Licenziata.
Le dure parole dell’uomo colpirono come un treno in corsa la giovane ragazza, lasciandola senza parole. Tentò più volte di aprir bocca ma ogni pensiero volesse cominciare le moriva in gola.
« … ».
« Ti vedo scioccata. Ottimo ».
« Non capisco… ».
« Hai smesso di scrivere per il Castle ».
« Quello l’avevo capito, il motiv—».
« Hilda, i tuoi articoli fanno schifo. Fa schifo ogni cosa che scrivi, non mi capacito di come ti abbia tenuta in redazione per più di un anno ».
« Posso migliorare! Ti prego, lasciami scrivere un ultimo articolo! ».
« Potrei » sarcastico « mettere in fila parole come all’asilo è sempre stata la tua specialità ».
Una lacrima rigò il volto della giovane.
« Questo lavoro è tutto ciò che ho » continuò, in procinto di un pianto « non posso perderlo ».
« Mi fa piacere che dopo la tua permanenza qua tu abbia scoperto un vago interesse nel giornalismo » fece, permeando le sue parole di un pungente sarcasmo « ma hai appena attraversato la linea di demarcazione tra giornalista incompetente e disoccupata incompetente ».
Aprì un cassetto, dal quale tirò fuori un plico di fogli, e lo pose sulla scrivania, dopodiché porse una penna alla giovane, mantenendo sul suo viso un’espressione di ruffiano dispiacere.
« Ora dobbiamo discutere del licenziamento ».
Cercò lo sguardo della giovane, corrotto da scintillanti gocce d’acqua, trattenendosi dal continuare. Nonostante lei cercasse di nasconderlo, era chiaramente scossa dalla notizia, ma la sua condizione pareva a Francis, se guardando a lungo nel profondo del suo intimo avesse trovato compassione, oltremodo spinta.
Palesò il suo stato emanando un pesante sospiro.
« Parlando seriamente, Hilda » attaccò, e come prese a parlare fece scomparire dentro ai cassetti ogni scartoffia presente sul tavolo, lasciando spazio alla visione della ragazza « non puoi continuare così. Non puoi.
« Da quando ti ho assunta non hai fatto altro che fregartene di questo giornale, come se tutto ti fosse dovuto. E cosa dovrei dirti? Povera, povera, povera Hilda? Svegliati, ragazza ».
« Mi impegnerò di più » fu ciò che riuscì a pronunciare, la mente annebbiata « io—».
Due rintocchi della porta interruppero il loro discorso.
« Posso entrare? » si udì, filtrato dallo spesso legno che separava la voce dalle loro quattro orecchie.
« Avanti ».
Dalla porta baluginò la testa di una giovane ragazza dai capelli castano chiaro. Una coppola viola copriva la patte superiore del capo, e fu l’unico indumento che Hilda riuscì a notare dallo squarcio che si era creato.
« Oh, Jessica, hai già parlato con Natalie? ».
« Sì, sì, volevo solo dirti che è tutto ok per la presentazione della Lega ».
Gli occhi della castana seguivano con sufficienza questo discorso, ancora immersi nella discussione di poco prima. Stava per venire licenziata, ed il suo capo parlava come se non fosse niente con la prima che passava.
Sbuffò.
« Ok, ok, ci sentiamo dopo ».
« Sì, scusa ancora, cia—» e la porta si richiuse davanti a lei.
« Dicevamo, Hilda, non mi lasci altra scelta ».
« Io—».
« Non rendere questo più difficile di quanto non lo sia già. Prendi le tue cose, e vai ».
♦︎ ♦︎ ♦︎
presente – Highway – 18/02/13 [3:32 AM]
Un
rivolo di sangue scorreva dalla nuca dell’agente di polizia sino al
mento, ramificandosi come un delta in sottili correnti di minore portata
che, sottili e paralleli come i fili di un telaio, si gettavano sulle
sue vesti. I suoi occhi erano fuori dalle orbite e parevano osservare un
punto indeterminato, infinito, oltre il campo visivo della ragazza. Che
vedessero la luce?
Quando Hilda spostò lo sguardo su di sé, notò che la pistola che stringeva in mano era intrisa del liquido ematico, parte del quale aveva fatto in tempo a seccarsi sui suoi vestiti e la sua mano, mentre la restante era gocciolata a terra.
Un silenzio innaturale pervadeva quel luogo.
Hilda trascinò il corpo dell’uomo sino ad un cespuglio poco vicino, ritornò alla sua vettura e proseguì, dritta, impassibile. Apatica.
Quando Hilda spostò lo sguardo su di sé, notò che la pistola che stringeva in mano era intrisa del liquido ematico, parte del quale aveva fatto in tempo a seccarsi sui suoi vestiti e la sua mano, mentre la restante era gocciolata a terra.
Un silenzio innaturale pervadeva quel luogo.
Hilda trascinò il corpo dell’uomo sino ad un cespuglio poco vicino, ritornò alla sua vettura e proseguì, dritta, impassibile. Apatica.
𐌳
Il cadavere di Ethan si rivelò da trasportare più difficile del previsto.
Aveva parcheggiato la macchina in parte ad un guard rail, in prossimità del quale v’era un grosso squarcio nel metallo che proseguiva per una decina di metri: quanto bastava per attraversarlo. Il terreno, oltre l’autostrada, proseguiva per una decina di metri in discesa sino a che non era interrotto da un fiume di ampia portata che scorreva verso il mare. La ragazza lanciò una fugace occhiata al percorso che avrebbe dovuto fare per scendere e mettere il corpo, dopodiché si decise a prevelarlo dal portabagagli e trascinarlo, con tutta la forza che aveva in corpo, sino alla riva. La parte più macchinosa fu tirarlo fuori dal dove l’aveva messo a giacere, e dopo molti tentativi giunse all’idea che avrebbe dovuto issarlo sulle sue spalle e fare da leva. Prese Ethan per i piedi, caricò le sue gambe sulle spallle e tirò il peso verso il basso, accovacciandosi, ottenendo che il resto del corpo roteasse verso l’alto e cadesse di faccia per terra.
Udì nel fare ciò dei rumori di ossa fratturarsi.
Chiuse il portabagagli e calciò il corpo fino alla discesa, dove non ci fu più bisogno di spostarlo che il peso stesso del ragazzo fece il resto. Rotolò come un sacco di Pokéball giù, giù ed ancora più giù, sino a fermarsi a pressapoco un metro dalla riva.
Hilda lo seguì, avendo cura di non inciampare e fare la stessa fine di Ethan. Giunta al termine del percorso diede un ultimo calcio alla sua carcassa, ormai ridotta in stato pietoso e cadde in acqua come un sasso in un bicchiere. Il sangue cominciò a diffondersi attraverso il liquido, molto meno di quanto aveva immaginato giacché era morto da più di un’ora, ed il resto fecero le correnti, trascinandolo via. Lentamente, con fatica, il suo corpo si allontanò dalla ragazza e con esso sentì un peso liberarsi dal suo cuore.
Si levò la maglietta, reggiseno e pantaloni, e li sciacquò sotto l’acqua corrente, lavando buona parte del sangue che si era incrostato su di essi.
Quella situazione le pareva così catartica.
Come il sangue di Ethan si allontanava da lei, spinto dalla corrente, ed il freddo della notte accarazzeva la sua pelle, si sentì pulita. Vedeva l’acqua scorrere, e poteva immaginarsi là, dentro, a scorrere.
Chiuse gli occhi.
« E così… è finita ».
Riaprì gli occhi.
Ethan era di fronte a lei, nel fiume, in piedi come uno scoglio che non cede all’impeto dell’acqua. Indossava i vestiti che l’aveva visto indossare prima, lavato del sangue vermiglio che lo aveva sporcato. La sua faccia era ordinata.
« Ethan? ».
« Erika? » la canzonò lui.
« Eri… ».
« Morto? ».
Erika spiegò le sue labbra in un blando sorriso. « Sì ».
« Hai mai provato a morire? ».
« Co— come scusa? ».
« Ti ho fatto una domanda » sorrise Ethan. Il suo volto candido era illuminato dalla luce lunare ed i suoi occhi brillavano sotto quel fascio. Pareva al centro di un proiettore, padrone di un palco, come un attore che doveva dare il proprio monologo. « Hai mai provato a morire? ».
« Non— non credo ».
« Quindi non sai cosa si prova ».
Erika scosse la testa.
« Mi dimenticherai, vero? ». Cercò lo sguardo della sua interlocutrice, confusa da quella dichiarazione « così come hai dimenticato Bianca, Natalie, Julie… ».
« Non—non li ho dimenticati ».
« Eppure l’hai fatto ». Le labbra di Ethan erano corrugate in un sorriso, ma l’unica sensazione che trasmettevano ad Hilda era di amarezza e sconforto. « Non che sia stato di proposito… prima o poi accadrà. Alla fine è una questione di sopravvivenza ».
« Io… io ci tenevo a Bianca ».
« Tutta colpa del vino, no? ».
« Non avevo altra scelta ».
Il suo ghigno aveva qualcosa di spettrale. Non poteva guardarlo in faccia senza vedere il suo viso coperto di sangue, la sua pelle un mosaio di vetri e detriti ed il suo corpo un ammasso di ossa in putrefazione.
« Sono sicuro che sia quello che ti ripeti. Non hai scelta ».
« Tu non capiresti comunque—».
« Perché, perché sono morto? ».
« Non… non lo so. Sono stanca ».
« Hai ragione, è stato stancante per tutto oggi » rise « io… credo… credo che andrò a dormire. Ci vediamo domani, ok? ».
« Non pensavo che avessi bisogno di dorm— Ethan? Ethan? » esclamò, interrotta la frase « Dove sei! Ethan? ».
Ethan era scomparso.
Il ragazzo era svanito, come una visione, così com’era apparito. La sua presenza venuta a mancare, Hilda non sapeva cosa pensare dello scambio appena ricevuto.
Si guardò attorno ed, appurato di trovarsi da sola, ritornò sui suoi passi.
Raccolse i vestiti e li indossò, anche se erano ancora bagnati: si sarebbe asciugata, sperando, una volta in macchina.
Risalì la collinetta con non poca fatica e si ritrovò davanti alla macchina.
Infilò le chiavi nella tasca dei pantaloni e fece per prendere le chiavi.
Un brivido corse lungo la sua schiena.
Erano vuote.
L’acqua.
Doveva averle perse quando aveva immerso i jeans nell’acqua.
« Cazzo! » urlò, e diede un calcio alla carrozzeria della macchina. « Uh? ».
Il rumore di un motore riempì il silenzio, soffocando il flebile scorrere del fiume là sotto.
Un cono di luce la illuminò progressivamente, come si avvicinava, e dietro di quello video una macchina nera avvicinarsi.
La portiera sinistra della vettura si aprì, fermatasi, ed Hilda in quel momento capì.
Alzò le mani in aria.
Almeno in prigione sarebbe stata al caldo.
♦︎ ♦︎ ♦︎
« Ti rendi conto, Cheren? Mi hanno licenziato! Io sono— mpf— scioccata! ».
Hilda azzannò la ciambella che stringeva nella mano destra. La rispettiva spalla era piegata in posizione innaturale per reggere il telefono col quale stava parlando in quel momento, mentre la mano sinistra viaggiava per la tastiera del computer.
« Cioè come è possibile? Lavor— mpf— due anni a loro! Come se era niente! Cioè roba che se non mi facevo— mpf— rispettare dall’inizio, mi licenziavano subito! A gratis! Cioè io non ho parole Cheren, cioè, tipo, capisci? ».
« Ora sto— mpf— ndo nel sito degli annunci, magari trovo qualcosa… sì, esatto, anche solo per rimettermi in pari, esatto… cioè io lavoro duro e tutto, però così non si fa eh! ».
« Ti dico! Cioè, sta mattina mi hanno licenziato, cioè, roba che non mi facevano neanche prendere la mia roba! Roba da pazzi! Mpf… fatto! Esatto! Ora vediamo… forse ho trovato qualcofa… mpf—».
𐌳
« Buongiorno! ».
« Buongiorno a lei! » sorrise Hilda « sono… sono qua per l’annuncio che ho trovato online ».
« Certamente. Si mettà là, davanti al logo, e sorrida. Tre, due, uno… ».
La ragazza si allontanò dall’uomo di fronte a lei, posizionandosi a circa due metri di distanza. Alzò la testa, portò un cartellone con scritto #126 all’altezza del ventre e sorrise dentro la telecamera.
« Come ti chiami? ».
« Hilda Baskerville ».
« Da dove vieni? ».
« Lavo… sto a Castelia City, faccio qualche lavoro, il solito ».
Dietro a lei era appeso un poster blu sul quale risaltava la scritta a caratteri cubitali “Il Grande Fratello 12”.
« Partiamo con delle domande per conoscerci, ok? Domande semplici semplici ».
Hilda esibì il migliore dei suoi sorrisi, mentre con la mano sinistra si spostava una ciocca di capelli da una parte all’altra del viso. Ciondolò col peso del corpo da destra a sinistra per più volte, lo sguardo che vagava tra l’obbiettivo della macchina da ripresa e gli occhi dell’intervistatore.
« Qual è l’attuale Campione della Lega? ».
« Questa la so… è facile… sì, cioè, Drayden ».
« A…? ».
« A che? ».
« Non è Drayden, ma comincia con la a. A…? ».
« Comincia A lottare? ».
L’intervistatore trattenne una risata.
« Non ho capito la domanda, può rifarla? ».
« Alder, era Alder ».
« Ah, Alder! Be’ Alder, Drayden, so’ simili no? ».
« In quale tipo è specializzata la Palestra di Elesa? ».
« Facile! La so, seguo il suo reality show ogni giorno… Tipo Luce? ».
« Ha dei Pokémon, signorina Baskerville? Vuole presentarceli? ».
« Oh, certo! Ho il mio Brownie! ». Detto ciò tirò fuori dalla tasca una scintillante Pokéball, dalla quale uscì in un lampo rosso un Jigglypuff rosa.
« Ci sa dire in cosa si evolve? ».
« Certo, ovviamente… Paglotaff? ».
𐌳
« Davvero? Ti sei iscritta al Grande Fratello 12? ».
Un ragazzo dai capelli corvini copriva l’intera visuale dello schermo del computer.
La sua voce giungeva distorta e gracchiante alle orecchie di Hilda, e così credeva che Cheren ricevesse la sua. L’immagine, al contrario, pareva esser in buone condizioni: riusciva a vedere lui e ciò che stava dietro, una porta finestra che dava su un balcone.
« Sì, anche se dubito che mi prendano ».
« Come mai? ».
« Boh, cioè, l’intervista era strana… tipo mi hanno fatto domande sceme ».
« Ah… mi disp—».
« Figurati! Non è niente, dopotutto ».
« Suppongo di sì… ».
« Ma tu, Cheren? Come va, sei ad Aspertia, no? ».
« Esatto! Vado avanti e indietro con Nacrene, in realtà… stiamo costruendo la nuova Palestra ».
« Ci sono possibilità per te? ».
« Speriamo! Siamo in cinque ad aver mandato la richiesta, alla fine deciderà il consiglio assieme a Lenora ».
« Oh, fra quanto lo saprete? ».
« Non ne ho idea… dobbiamo ancora sistemare un sacco di cose, chiamare gli Allenatori, trasferire la Palestra, un casino ».
« Immagino… boh io ora devo andare, è stato bello sentirti! In caso— ti dico come va a finire, ok? ».
« Va bene, ott—» l’immagine si annerì.
♦︎ ♦︎ ♦︎
« Hilda Baskerville? ».
« Po—posso spiegare ».
La figura si mosse dal fascio di luce.
« Cosa c’è da spiegare, Hilda? ».
« Co—cosa? ».
Una figura bassa e tozza venne investita dal cono luminoso. Era un anziano, vestito di abiti che alla giovane sembrarono più tappeti che toghe cerimoniali, sui quali erano ricamati diversi motivi e fantasie. Da parte sua, Hilda abbassò le mani, confusa dalla situazione.
« Non… non sei un poliziotto? ».
« Perché dovrei esserlo? ».
« Non—» Hilda si guardò attorno. « Non so. Non ne ho idea ».
« Bene, dunque ». Sul viso dell’uomo comparve un sinistro sorriso. « Cosa ci fa una così bella e giovane ragazza qua, nel bel mezzo della notte? ».
« Io…».
« Dov’è che stavi andando? ».
« A Castelia City, ma, veramente, non serv—».
« Mi sembra di capire che la sua macchina abbia dei problemi, non è così? ».
« Più… più o meno ».
« Baby, can't you see, I’m calling…».
Attraversarono l’insegna “ENTRATA OVEST - CASTELIA CITY”.
« La ringrazio ancora per… quello che sta facendo ».
Nella penombra in cui era relegata la macchina, un sorriso nacque sulle labbra di Hilda.
« Non serve ringraziarmi, Hilda ».
« …it’s dangerous, I’m falling… ».
« Ok… ». Di fronte a loro gli scintillanti grattacieli di Castelia City formavano una cresta frastagliata di luci e colori che si dipingeva sul cielo notturno, una tela di blu velluto. Una melodia suonava in sottofondo, assieme al leggero rumore delle ruote che scorrevano sull’asfalto. « Come ti chiami? ».
Una risata saturò l’aria. « Oh, il mio nome non è importante »
« Oook… ». Hilda alzò gli occhi al tettuccio della macchina. « E come fai a sapere il mio? ».
« Hai tante domande, eh? ».
« … I need a hit, baby, give me it… ».
« Non è una risposta ».
« Pensavi veramente di riceverla? ».
« … too high, can’t come down… ».
« Non—non lo so. Credo di no ».
L’uomo sorrise. « Altre domande? ».
« … with a taste of your lips I’m on a ride, you’re toxic I'm slipping u—» Hilda premette il pulsante della frequenza e la musica s’interruppe, prendendo piede una trasmissione completamente diversa. «—verato all’Ospedale Centrale di Castelia City, dove è stato portato d’urgenza in seguito ad un colpo di pistola sparato ad altezza del ventre, che non ha compromesso le sue funzioni vitali. Il ragazzo è ancora in prognosi riservata, ma a quanto riportato non è in pericolo di vita. Dall’Ospedale Centrale di Castelia City, è tutto ».
Hilda sgranò lo sguardo.
« Sembra che il tuo amico ce l’abbia fatta, dopotutto ».
« Come—».
« Appoggiati sul sedile e rilassati, fra qualche ora saremo di ritorno in città ».
L’uomo diede un colpo alla radio e cambiò nuovamente il segnale.
« … I’m addicted to you, don’t you know that you're toxic? ».
𐌳
presente – Castelia City – 18/02/13 [6:45 AM]
Un nuovo sole sorgeva su Castelia City, esattamente a 104° gradi sull’orizzontale del mare della città.
Hilda lo osserviva salire attraverso il finestrino della macchina, mentre un uomo sconosciuto la guidava attraverso il traffico mattutino che così bene conosceva, e brillare sulle acque del golfo di Castelia, irradiando la città di colori purpurei. Una leggera brezza s’insinuava nello spazio che separava il vetro con la carrozziera ed accarezzava la pelle della giovane.
Sebbene la sua mente fosse proiettata nel futuro, in ciò che avrebbe dovuto fare da lì a breve, e ciò era per lei fonte di angoscia, cercò di trarre da quei pochi secondi di pace un po’ di calma. Un po’ di sicurezza, che ciò che la avrebbe aspettata non sarebbe stato dopotutto così grave: ma, forse, era chiedere troppo, pensò.
« Dove mi stai portando? ».
« Hai per caso qualcosa da fare? ».
« Mi piacerebbe che mi rispondessi con una risposta ».
L’uomo sorrise. « Stiamo andando da N ».
« In ospedale? ».
La macchina scese nel parcheggio dell’edificio.
« Quindi mi lasci qua e basta? ».
« Vuoi che rimanga ad aspettarti? ».
« Non—non lo so. Fai come vuoi ».
Hilda premette il suo corpo contro la maniglia dello sportello e aperto spostò il peso al di fuori della vettura, rimanendo con un piede ancorato all’interno.
« Stanza 345, quinto padiglione ».
La ragazza asseri, dopodiché scomparse scomparse dentro le scale del sotterraneo.
L’uomo si reclinò sulla sedia, alzò gli occhi al cielo e sospirò.
Il suo braccio, allungato alla radio.
«—ntinua la ricerca a Hilda Baskerville, l’efferata criminale che si nascondeva dietro il nome di Erika Joy, dopo il suo ultimo avvistamento al casello dell’uscita occidentale di Castelia City… ».
Un sorriso inarcò le sue labbra.
Cacciò la mano dentro le tasche della sua tunica e cercò per un oggetto indefinito, che quando tirò fuori si rivelò essere un dispositivo cellulare. Lo aprì e digitò un numero.
« Buongiorno, avrei delle informazioni sulla posizione di Hilda Baskerville ».
Hilda lo osserviva salire attraverso il finestrino della macchina, mentre un uomo sconosciuto la guidava attraverso il traffico mattutino che così bene conosceva, e brillare sulle acque del golfo di Castelia, irradiando la città di colori purpurei. Una leggera brezza s’insinuava nello spazio che separava il vetro con la carrozziera ed accarezzava la pelle della giovane.
Sebbene la sua mente fosse proiettata nel futuro, in ciò che avrebbe dovuto fare da lì a breve, e ciò era per lei fonte di angoscia, cercò di trarre da quei pochi secondi di pace un po’ di calma. Un po’ di sicurezza, che ciò che la avrebbe aspettata non sarebbe stato dopotutto così grave: ma, forse, era chiedere troppo, pensò.
« Dove mi stai portando? ».
« Hai per caso qualcosa da fare? ».
« Mi piacerebbe che mi rispondessi con una risposta ».
L’uomo sorrise. « Stiamo andando da N ».
« In ospedale? ».
La macchina scese nel parcheggio dell’edificio.
« Quindi mi lasci qua e basta? ».
« Vuoi che rimanga ad aspettarti? ».
« Non—non lo so. Fai come vuoi ».
Hilda premette il suo corpo contro la maniglia dello sportello e aperto spostò il peso al di fuori della vettura, rimanendo con un piede ancorato all’interno.
« Stanza 345, quinto padiglione ».
La ragazza asseri, dopodiché scomparse scomparse dentro le scale del sotterraneo.
L’uomo si reclinò sulla sedia, alzò gli occhi al cielo e sospirò.
Il suo braccio, allungato alla radio.
«—ntinua la ricerca a Hilda Baskerville, l’efferata criminale che si nascondeva dietro il nome di Erika Joy, dopo il suo ultimo avvistamento al casello dell’uscita occidentale di Castelia City… ».
Un sorriso inarcò le sue labbra.
Cacciò la mano dentro le tasche della sua tunica e cercò per un oggetto indefinito, che quando tirò fuori si rivelò essere un dispositivo cellulare. Lo aprì e digitò un numero.
« Buongiorno, avrei delle informazioni sulla posizione di Hilda Baskerville ».
𐌳
Stanza 345. Il numero che si trovava di fronte a lei.
Afferrò la maniglia con esitazione e, il suo corpo che faceva leva sulla porta, entrò nella stanza.
Trasecolò: la stanza era vuota.
V’era solo un lettino, disfatto, mentre il resto della camera pareva non esser stato usato da qualche giorno. L’aveva giocata.
Fece per rimettere piedi fuori dalla stanza, quando vide degli uomni vestiti in divise blu scuro andare nella sua direzione. Inizialmente non ci fece caso, ma poi si rese conto, con orrore, che era proprio lei il loro obbiettivo.
Le sue gambe partirono da sole.
♦︎ ♦︎ ♦︎
Error 404
« Those fingers in my hair ».
Delle dolci note jazz riempirono l’aria.
« That sly come-hither stare ».
Erika entrò nella cucina avvolta da un accappatoio verde smeraldo, i capelli raccolti in una molletta che li faceva cadere dolcemente verso il basso. Canticchiò il motivo della sua soneria, per poi avvicinarsi e rispondere.
« That strips my conscience bare, it’s witch—».
« Pronto? ».
Stette in silenzio, ad ascoltare, per qualche secondo.
« Sì, sono io Hilda Baskerville, cosa c’è? ».
« Davvero? Un lavoro a Nacrene City? È fantastico! Sì, sì, sarò da voi per il colloquio al prima possibile! ».
Delle dolci note jazz riempirono l’aria.
« That sly come-hither stare ».
Erika entrò nella cucina avvolta da un accappatoio verde smeraldo, i capelli raccolti in una molletta che li faceva cadere dolcemente verso il basso. Canticchiò il motivo della sua soneria, per poi avvicinarsi e rispondere.
« That strips my conscience bare, it’s witch—».
« Pronto? ».
Stette in silenzio, ad ascoltare, per qualche secondo.
« Sì, sono io Hilda Baskerville, cosa c’è? ».
« Davvero? Un lavoro a Nacrene City? È fantastico! Sì, sì, sarò da voi per il colloquio al prima possibile! ».
𐌳
« Hilda… Claude… Baskerville… è questo il suo nome? ».
Hilda asserì.
« Molto bene, vuole parlarmi delle sue esperienze passate? ».
« Certo! Cioè, sì, in breve… a 17 anni ho partecipato alla Lega di Unova, ho sconfitto le prime sette pal—».
« Ti avevo detto di non farti più vedere »
Lui le rivolse uno sguardo divertito, accennando ad una risata con la bocca.
« Suppongo tu abbia chiesto troppo »
« Non ti basta quello che hai ottenuto? Hai vinto tu, riconoscilo, accettalo, festeggia, esulta di gioia, non lo so, semplicemente non tornar più da me, non lo sopporterei »
« Mi arrendo »
Detto ciò portò un passo indietro, girandosi in direzione della strada.
« Ecco, bravo, vai, e non tornare di grazia »
Hilda s’interruppe.
« Va tutto bene? ».
« Credo… credo di sì ».
« Vuole bere un po’ d’acqua? ».
« Non… non serve, grazie. Credo di aver avuto un giramento di testa, ma ora va bene. Dicevo… ho partecipato alla Lega, ma all’ottava palestra ho deciso di interrompere e di tornare a casa, dove ho frequentato la scuola di studi superiori per diventare una giornalista di Striaton City, e da là sono andata a Castelia ».
« Allora? » urlò lei, a qualche metro di distanza dal ragazzo « è aperto? »
« L’ultimo giro, pensi di farcela? »
Inarcò le labbra in un sorriso eccitato « Non vedo l’ora! »
« Siamo riusciti a prendere la cabina a cuore! »
N sorrise « Non è stato molto difficile, è la prima che passa. Dopo sarebbero rimaste le picche, i quadri ed infine i fiori, decisamente meglio i cuori »
« Dove è stata assunta al Castle, no? ».
Seguitò una breve pausa, mentre deliziati dal panorama che quella ruota offriva i due, accoccolati, non avevano proferito parola. Ancora i piedi, la castana avvicinò il capo al vetro, ammirando estasiata il gioco di luci e colori che offriva Nimbasa la sera, ed afferrò la mano al giovane.
Si voltò verso di lui, ed avvicinò le sue labbra a quelle del ragazzo, portando il suo braccio destro attorno il collo del giovane. N, di suo, si spinse verso l’amata, chiudendo quella meravigliosa con un lungo e dolce bacio.
« Signorina? ».
« Uh? ». Hilda asserì.
« Molto bene, firmi il documento e potrà lavorare con noi ».
Hilda guardò in basso: un plico di fogli giaceva sul tavolo, sotto il suo naso. Corrugò la fronte a quella vista.
« Sono sempre stati qua i fogli? ».
« Come scusi? ».
« Niente » scosse la testa « adesso li firmo ».
Hilda asserì.
« Molto bene, vuole parlarmi delle sue esperienze passate? ».
« Certo! Cioè, sì, in breve… a 17 anni ho partecipato alla Lega di Unova, ho sconfitto le prime sette pal—».
« Ti avevo detto di non farti più vedere »
Lui le rivolse uno sguardo divertito, accennando ad una risata con la bocca.
« Suppongo tu abbia chiesto troppo »
« Non ti basta quello che hai ottenuto? Hai vinto tu, riconoscilo, accettalo, festeggia, esulta di gioia, non lo so, semplicemente non tornar più da me, non lo sopporterei »
« Mi arrendo »
Detto ciò portò un passo indietro, girandosi in direzione della strada.
« Ecco, bravo, vai, e non tornare di grazia »
Hilda s’interruppe.
« Va tutto bene? ».
« Credo… credo di sì ».
« Vuole bere un po’ d’acqua? ».
« Non… non serve, grazie. Credo di aver avuto un giramento di testa, ma ora va bene. Dicevo… ho partecipato alla Lega, ma all’ottava palestra ho deciso di interrompere e di tornare a casa, dove ho frequentato la scuola di studi superiori per diventare una giornalista di Striaton City, e da là sono andata a Castelia ».
« Allora? » urlò lei, a qualche metro di distanza dal ragazzo « è aperto? »
« L’ultimo giro, pensi di farcela? »
Inarcò le labbra in un sorriso eccitato « Non vedo l’ora! »
« Siamo riusciti a prendere la cabina a cuore! »
N sorrise « Non è stato molto difficile, è la prima che passa. Dopo sarebbero rimaste le picche, i quadri ed infine i fiori, decisamente meglio i cuori »
« Dove è stata assunta al Castle, no? ».
Seguitò una breve pausa, mentre deliziati dal panorama che quella ruota offriva i due, accoccolati, non avevano proferito parola. Ancora i piedi, la castana avvicinò il capo al vetro, ammirando estasiata il gioco di luci e colori che offriva Nimbasa la sera, ed afferrò la mano al giovane.
Si voltò verso di lui, ed avvicinò le sue labbra a quelle del ragazzo, portando il suo braccio destro attorno il collo del giovane. N, di suo, si spinse verso l’amata, chiudendo quella meravigliosa con un lungo e dolce bacio.
« Signorina? ».
« Uh? ». Hilda asserì.
« Molto bene, firmi il documento e potrà lavorare con noi ».
Hilda guardò in basso: un plico di fogli giaceva sul tavolo, sotto il suo naso. Corrugò la fronte a quella vista.
« Sono sempre stati qua i fogli? ».
« Come scusi? ».
« Niente » scosse la testa « adesso li firmo ».
♦︎ ♦︎ ♦︎
« Buongiorno a tutti, sono io, Frank McPhilip, e in questo momento mi trovo davanti all’entrata dell’Ospedale Centrale di Castelia City dove una fonte anonima ha segnalato la presenza di Hilda Baskerville—».
Looker allungò la mano verso la radio e con un colpo secco la spense.
« Cosa pensavi di fare là dentro, eh? ».
« Non ti riguarda ».
« Ah sì? ». Il detective batté la nocca della mano contro il finestrino, indicando la folla di giornalisti e passanti che si era raggruppata presso l’entrata dell’ospedale, attratti dalla caccia alla fuggitiva. « Ti ho appena salvato dall’intero corpo di polizia di Castelia e dalla stampa e non vuoi ancora dirmi cosa stavi facendo? ».
« Possiamo… possiamo parlarne da qualche altra parte? ».
𐌳
presente – Castelia City [casa di Looker] – 18/02/13 [13:12 PM]
Hilda
stringeva fra le sue mani una tazza di tè bollente. Premeva le sue
mani, fredde, contro la superficie bollente della ceramica per trovare
un po’ di conforto e intiepidire la bevanda che si sarebbe trovata a
bere, da lì a poco. Indossava una felpa blu, sulla quale risaltavano le
lettere cubitali JCPD, mentre alle gambe il paio di jeans che aveva
prima, dopo che essi fossero stati adeguatamente puliti.
« Possiamo farci qualcosa per la maglietta? ».
« Il sangue non è andato perfettamente via, credo che dovrò lavarla un’altra volta. Forse due ».
« Ok… volevo—volevo solo ringraziarti per tutto questo. Ero veramente morta dopo la serata di ieri ».
Looker sorrise. « Non sei la sola ».
« Uh? ». Ero veramente morta. « Oh… io—».
« Tranquilla ». L’uomo prese posto al tavolo, impugnando fra le mani una pistola che recava macchie di sangue su tutta la sua superficie. L’attenzione della ragazza fu catturata dall’altra pistola che, al contrario, giaceva sul tavolo. « Ti ringrazio per avermela riportata, ci tenevo molto. Ma a proposito, cosa c’hai fatto? Una partita di boxe? ».
« Quasi ».
« Ad ogni modo, dovrei riuscire a lucidarla come nuova. Per quanto riguarda l’odore, invece, non son molto sicuro ».
« Scusa ancora ».
« Figurati, non serve scusarsi. Piuttosto, cosa diamine hai fatto in queste ultime ore? Il telegiornale le ha dette tutte: sparatorie, omicidi, fughe in ospedale… ».
« È una storia lunga… credi di avere tutto questo tempo? ».
« Abbiamo tutto il tempo del mondo, Hilda » sorrise.
« Allora… ». Hilda lanciò uno sguardo al riflesso che la tazza le restuitiva. Poteva fidarsi dell’uomo che sedeva di fronte a lei? Era spuntato dal nulla per salvarla dalla polizia, pur essendo un agente della polizia internazionale, e l’aveva accolta a casa sua come se si conoscessero. O meglio, lo conosceva, ma ogni sua memoria legata agli eventi passati era brumosa. E dopo quello che era succeso, doveva essere estremamente cauta. « Dopo—dopo che sono andata da te, quando ti ho parlato dei cd, sono uscita dalla città. Avevo ancora pochi soldi così sono andata in questo motel, il primo che ho trovato, per prendere un attimo di fiato. Non me la sentivo di tornare ad Anville, e pensavo che rimanere nei paraggi fosse la scelta migliore.
« Comunque, poco dopo è arrivato Louis… N… » un brivido corse lungo la sua schiena « comunque, l’ho incontrato ».
« Sai come ti può aver trovato? ».
Le parole di N tornarono a galla. Quando mi hai lasciato con Ethan, abbiamo litigato. La polizia ha fatto irruzione e ci ha portato via… io sono andato in prigione, ma ne sono uscito subito dopo. Poi sono tornato a casa, e sono stato chiamato da questo strano tipo… Lacker, penso si chiami—
« No ».
Lanciò uno sguardo a Looker, intento a lucidare la pistola, e cercò per la sua attenzione, in quegli occhi castani, che in quel momento erano completamente assorti dall’arma a fuoco.
« Poi? ».
« Uh, sì… poi se n’è andato, ed è arrivato Ethan. Aveva una pistola… quella pistola. Penso abbia fatto fuoco, ma senza ferire nessuno. N è andato via, io ed Ethan abbiamo parlato per un po’, finché non abbiamo deciso di andarcene. È stato lì quando—quando ho sparato ad N ».
« È ancora vivo, lo sapevi? ».
Alzò di scatto la testa. « Sì, l’ho sentito ». Una scintilla aveva acceso i suoi occhi.
« Uh-uh » mugugnò « è stato un colpo piuttosto brutto. Nel senso, non potevi mancarlo più di così ».
« Era la mia prima volta alla pistola ».
Looker sorrise. « Hai avuto modo di imparare in fretta ».
« Ad ogni modo ». Hilda scosse la testa, senza che il suo cervello comprendesse il sarcasmo di quanto appena detto da lui. « Ethan mi ha portato in qualche altro posto, un altro motel, non so… stavolta ha usato la sua carta di credito, credo. E io… ».
« L’hai ucciso » completò la frase. « Dev’esser stato un motel proprio brutto ».
« Non era bellissimo » lo incalzò.
« Quindi, se credo di aver capito bene, scappando con Ethan nella tua macchina hai incontrato l’agente di polizia, hai ucciso pure lui e… non so, hai buttato il corpo da qualche parte? ».
« In un fiume vicino all’autostrada ».
« E poi sei tornata a Castelia, come se niente fosse? ».
Hilda sospirò.
Meditava se raccontare la verità, tutta la verità, ma ne valeva veramente la pena?
« Sì ».
« Ok… cos’hai intenzione di fare ora? ».
« Non ne ho idea ».
« Qualcosa dovrai pur fare, no? ».
« Suppongo… di sì ».
Looker si alzò. « Vado a controllare se i biscotti son pronti » e scomparì dietro le porte della cucina, mugugnando qualche frase che Hilda non riuscì a capire.
Avvicinò la tazza alle labbra e diede un sorso, per poi ritrarsi allo scoprire come il liquido non fosse ancora raffredatosi propriamente.
« Fai la bella vita, eh? ».
Alzò lo sguardo disorientata: Ethan era davanti a lei, dove prima sedeva Looker, un arcigno sorriso disegnato sulle sue labbra.
« Ethan? ».
« Come mai sei sempre così sorpresa di vedermi? ».
« Non sei reale » scosse la testa, e ritornò a guardare il suo riflesso nella superficie dell’acqua.
« Ah no? Lo ero certamente quando hai tentato di spararmi, o forse mi confondo con quando mi hai fracassato il cranio con un abat-jour? ». Una risata saturò l’aria. « Alcune volte non ricordo proprio dove ho la testa… ah, già! L’hai buttata in un fiume dopo averla usata come carriola per una ventina di metri! Grazie Hild—».
« BASTA! » urlò, il ragazzo che rimaneva impassibile all’escandescenza di Hilda « smettila di parlare, smettila—».
« Ok, ok! Va bene, so che questi temi sono particolarmente delicati. Parlando d’altro » allungò la mano verso una pistola e la prese in mano, rigirandosela davanti ai suoi « non è invitante questa pistola? A me sicuramente ».
« Sei solo nella mia testa » lo respinse.
« Forza, prendila, cosa ti cambia? Spara a Looker e vai a fare quello che sei venuta a Castelia per fare ».
« E sarebbe? ».
« Vendetta ».
Quella parola strappò un sorriso, per quanto amaro, alla ragazza.
« Non posso fare più niente ».
« Puoi cominciare rubandogli questa pistola. Non è difficile, promessa, l’ho fatto! Provare per credere ».
« Anche ammesso che lo facessi, dove andrei? ».
« C’è Looker per questo, no? ».
« Hilda? ».
La voce del detective riportò la sua attenzione su di lui.
« Eh? ».
« Sono… sono pronti i biscotti ».
Hilda fece scivolare lo sguardo sulla sedia di Ethan, per controllare che ci fosse ancora, ma notò che fosse scomparso. Ritornò a guardare il castano e sorrise.
« Non credo—credo di averne bisogno ». Lasciò andare la presa della tazza e si alzò. « Looker, sai per caso di una sede del Team Plasma? Cioè, qualche edificio di rappresentanza, cose del genere… ».
« Perché questa domanda? ».
« Rispo—rispondimi e basta ».
« No… non sono mai stato in un luogo del genere ».
Lo sguardo di Hilda scese sul tavolo: una delle due pistole era incredibilmente vicina a lei. Con un po’ di fortuna, sarebbe riuscita ad avere la meglio.
Avanzò un passo verso essa. « Ok… posso chiederti come sei entrato in possesso dei cd? ».
« Siediti Hilda, e ne parl—».
« Rispondi alla mia domanda… non accetterò altro come risposta ».
« Vuoi veramente saperlo? ».
Hilda si avventò sulla pistola e la puntò dritta verso di lui. « Sì ».
« Metti giù quella pistola ».
« Rispondi ».
« Ok, ok, va bene, quello che vuoi… Colress. Ora che lo sai, sei contenta? La tua vita è migliorata? ».
« Chi—chi è? ».
« Il professore incaricato del tuo PRM. C’ho parlato qualche volta, e devo dire… non è molto affabile ».
« Come lo conosci? Cosa c’ent—».
« Ho risposto ad una tua domanda, ora tu posi la mia p—».
« ZITTO! » infuriò. Le sue braccia tremavano al peso, anche metaforico, della pistola che reggeva fra le mani. « Non—non è finita ».
« Ah sì? » Looker si avvicinò al tavolo ed afferrò, con decisamente più calma e risolutezza, l’altra pistola, per poi puntarla con il solo braccio destro contro di lei. « Giochiamo alla roulette russa. Vediamo chi ha la pistola carica ».
« Non vuoi fare questo gioco » sorrise Hilda.
Looker abbassò la pistola al carpet e fece fuoco.
Un rombo saturò l’aria.
Un disegno spettrale apparse sul volto della precedentemente calma ragazza.
« Pensavi seriamente che io non sapessi riconoscere le mie pistole? L’odore del sangue si sentiva lontano miglia ».
« Io—».
« Sei disperata, Hilda. Ti vedi? Scappi da una persona all’altra, e se non riesci ad uscire usi la violenza. Ti disprezzo ».
« Non ti permett—».
« Cosa pensavi di fare? Pensavi di andare da Ryoku o chi per lui e chiedergli gentilmente—».
La voce del detective passò in secondo piano, in quel momento. Rivide Looker, in altre situazioni, nei loro incontri passati, ed i suoi pensieri riornarono a galla. Quello che ti dovevo te l’ho restituto. Non sei l’unica la cui vita è stata rovinata. Ora vai, Erika. È ora il tempo di andare. Qualcosa non andava. Qualcosa, in quella discussione, era profondamente sbagliato.
Improvvisamente, le parole del detective presero ad attraversare i suoi occhi, come brevi flash.
« Non farlo, Hilda. Aiutaci ».
« Aiutare delle persone che volevano metterti in galera per prendersi il merito di qualcosa che non hanno fatto? Merito per cosa, poi? Siete rimasti con un pugno di mosche ».
« Io… non capisco cosa sta succedendo ».
« Ti hanno ingannato, Hilda, e io sono qui per aiutarti ».
« Vieni, ti accompagno a casa ».
« Non farlo, Hilda. Puoi ancora fare la cosa giusta, pensa a Julie, pensa a—»
« Sai cosa, Looker? Io penso a Julie. Io penso a Natalie, ci penso ogni minuto che passa. E avrei ricordato anche te se non mi avessi tentato di ingannare in modo così becero. Può darsi che abbi veramente una terza chance, ed è quella che scelgo. Mi sto prendendo le mie responsabilità, prenditi tu le tue ».
« Perché mi hai dato il primo cd? » lo interruppe.
« Cosa? » continuò Looker, stordito.
« Perché mi hai dato il primo cd? Il secondo, posso capire, racconta la mia storia. Ma il primo? Quale senso aveva? ».
« Non lo so, l’ho messo…».
« Non fai le cose a caso, lo sappiamo entrambi ».
« Ora, cosa significa questa discussione? Mi hai ascolta—».
« Sparami ».
Looker sgranò gli occhi.
« Che? ».
« Sparami » sorrise « giochiamo alla roulette russa ».
« Non sai di costa stai parlando—».
« Non riesci a spararmi, vero? Non credo che tu non ne abbia il coraggio, ma più che tu non possa farlo. Non mi hai salvato per niente, non mi hai consegnato il primo cd per niente, non hai mandato N da me per niente… ed è quello che scoprirò ».
Lasciò cadere la pistola, per poi afferrare la tazza di the. Portò il liquido alla sua bocca e con un singolo shot si sgolò la bevanda, ormai raffredatasi, dopodiché scaraventò la ceramica sullo spigolo del tavolo. Attaccato al manico, che stringeva con decisione nelle sue dita, era una considerevola semicupola, con punte aguzze ed affilate.
Lo avvicinò alla gola e puntò uno degli spigoli verso la sua trachea, impremendo una lieve pressione su di essa cosicché la pelle, in quell’esatto punto, facesse una rientranza.
« Abbassa… qualsiasi cosa tu abbia in mano ». Era tanto perplesso quanto spaventato dalle azioni di Hilda.
« Dammi la pistola carica e dimmi dove si trova la sede del Team Plasma ».
« Hil—».
Hilda premette il manico contro la gola.
« Ok, ok, ok, calma… » Looker allungò la mano verso il tavolo e fece scivolare la pistola dall’altra parte « Verso la metà di Mode Street, un palazzo in mattoni ».
Un sorriso apparse sulle labbra della ragazza come raccoglieva l’arma.
« Serviva così tanto? ».
Mise la pistola in tasca e girò i tacchi.
« Non so cosa tu di pensi di me, ma non sono un tuo nemico. Non lo sono mai stato » mormorò Looker, il viso di Hilda che scompariva dietro la porta. « È—è per questo che ti ho lasciato il secondo. Spero—spero che tu possa tenerlo a mente. Buona fortuna ».
Come la castana imboccò le scale, sorrise.
« Possiamo farci qualcosa per la maglietta? ».
« Il sangue non è andato perfettamente via, credo che dovrò lavarla un’altra volta. Forse due ».
« Ok… volevo—volevo solo ringraziarti per tutto questo. Ero veramente morta dopo la serata di ieri ».
Looker sorrise. « Non sei la sola ».
« Uh? ». Ero veramente morta. « Oh… io—».
« Tranquilla ». L’uomo prese posto al tavolo, impugnando fra le mani una pistola che recava macchie di sangue su tutta la sua superficie. L’attenzione della ragazza fu catturata dall’altra pistola che, al contrario, giaceva sul tavolo. « Ti ringrazio per avermela riportata, ci tenevo molto. Ma a proposito, cosa c’hai fatto? Una partita di boxe? ».
« Quasi ».
« Ad ogni modo, dovrei riuscire a lucidarla come nuova. Per quanto riguarda l’odore, invece, non son molto sicuro ».
« Scusa ancora ».
« Figurati, non serve scusarsi. Piuttosto, cosa diamine hai fatto in queste ultime ore? Il telegiornale le ha dette tutte: sparatorie, omicidi, fughe in ospedale… ».
« È una storia lunga… credi di avere tutto questo tempo? ».
« Abbiamo tutto il tempo del mondo, Hilda » sorrise.
« Allora… ». Hilda lanciò uno sguardo al riflesso che la tazza le restuitiva. Poteva fidarsi dell’uomo che sedeva di fronte a lei? Era spuntato dal nulla per salvarla dalla polizia, pur essendo un agente della polizia internazionale, e l’aveva accolta a casa sua come se si conoscessero. O meglio, lo conosceva, ma ogni sua memoria legata agli eventi passati era brumosa. E dopo quello che era succeso, doveva essere estremamente cauta. « Dopo—dopo che sono andata da te, quando ti ho parlato dei cd, sono uscita dalla città. Avevo ancora pochi soldi così sono andata in questo motel, il primo che ho trovato, per prendere un attimo di fiato. Non me la sentivo di tornare ad Anville, e pensavo che rimanere nei paraggi fosse la scelta migliore.
« Comunque, poco dopo è arrivato Louis… N… » un brivido corse lungo la sua schiena « comunque, l’ho incontrato ».
« Sai come ti può aver trovato? ».
Le parole di N tornarono a galla. Quando mi hai lasciato con Ethan, abbiamo litigato. La polizia ha fatto irruzione e ci ha portato via… io sono andato in prigione, ma ne sono uscito subito dopo. Poi sono tornato a casa, e sono stato chiamato da questo strano tipo… Lacker, penso si chiami—
« No ».
Lanciò uno sguardo a Looker, intento a lucidare la pistola, e cercò per la sua attenzione, in quegli occhi castani, che in quel momento erano completamente assorti dall’arma a fuoco.
« Poi? ».
« Uh, sì… poi se n’è andato, ed è arrivato Ethan. Aveva una pistola… quella pistola. Penso abbia fatto fuoco, ma senza ferire nessuno. N è andato via, io ed Ethan abbiamo parlato per un po’, finché non abbiamo deciso di andarcene. È stato lì quando—quando ho sparato ad N ».
« È ancora vivo, lo sapevi? ».
Alzò di scatto la testa. « Sì, l’ho sentito ». Una scintilla aveva acceso i suoi occhi.
« Uh-uh » mugugnò « è stato un colpo piuttosto brutto. Nel senso, non potevi mancarlo più di così ».
« Era la mia prima volta alla pistola ».
Looker sorrise. « Hai avuto modo di imparare in fretta ».
« Ad ogni modo ». Hilda scosse la testa, senza che il suo cervello comprendesse il sarcasmo di quanto appena detto da lui. « Ethan mi ha portato in qualche altro posto, un altro motel, non so… stavolta ha usato la sua carta di credito, credo. E io… ».
« L’hai ucciso » completò la frase. « Dev’esser stato un motel proprio brutto ».
« Non era bellissimo » lo incalzò.
« Quindi, se credo di aver capito bene, scappando con Ethan nella tua macchina hai incontrato l’agente di polizia, hai ucciso pure lui e… non so, hai buttato il corpo da qualche parte? ».
« In un fiume vicino all’autostrada ».
« E poi sei tornata a Castelia, come se niente fosse? ».
Hilda sospirò.
Meditava se raccontare la verità, tutta la verità, ma ne valeva veramente la pena?
« Sì ».
« Ok… cos’hai intenzione di fare ora? ».
« Non ne ho idea ».
« Qualcosa dovrai pur fare, no? ».
« Suppongo… di sì ».
Looker si alzò. « Vado a controllare se i biscotti son pronti » e scomparì dietro le porte della cucina, mugugnando qualche frase che Hilda non riuscì a capire.
Avvicinò la tazza alle labbra e diede un sorso, per poi ritrarsi allo scoprire come il liquido non fosse ancora raffredatosi propriamente.
« Fai la bella vita, eh? ».
Alzò lo sguardo disorientata: Ethan era davanti a lei, dove prima sedeva Looker, un arcigno sorriso disegnato sulle sue labbra.
« Ethan? ».
« Come mai sei sempre così sorpresa di vedermi? ».
« Non sei reale » scosse la testa, e ritornò a guardare il suo riflesso nella superficie dell’acqua.
« Ah no? Lo ero certamente quando hai tentato di spararmi, o forse mi confondo con quando mi hai fracassato il cranio con un abat-jour? ». Una risata saturò l’aria. « Alcune volte non ricordo proprio dove ho la testa… ah, già! L’hai buttata in un fiume dopo averla usata come carriola per una ventina di metri! Grazie Hild—».
« BASTA! » urlò, il ragazzo che rimaneva impassibile all’escandescenza di Hilda « smettila di parlare, smettila—».
« Ok, ok! Va bene, so che questi temi sono particolarmente delicati. Parlando d’altro » allungò la mano verso una pistola e la prese in mano, rigirandosela davanti ai suoi « non è invitante questa pistola? A me sicuramente ».
« Sei solo nella mia testa » lo respinse.
« Forza, prendila, cosa ti cambia? Spara a Looker e vai a fare quello che sei venuta a Castelia per fare ».
« E sarebbe? ».
« Vendetta ».
Quella parola strappò un sorriso, per quanto amaro, alla ragazza.
« Non posso fare più niente ».
« Puoi cominciare rubandogli questa pistola. Non è difficile, promessa, l’ho fatto! Provare per credere ».
« Anche ammesso che lo facessi, dove andrei? ».
« C’è Looker per questo, no? ».
« Hilda? ».
La voce del detective riportò la sua attenzione su di lui.
« Eh? ».
« Sono… sono pronti i biscotti ».
Hilda fece scivolare lo sguardo sulla sedia di Ethan, per controllare che ci fosse ancora, ma notò che fosse scomparso. Ritornò a guardare il castano e sorrise.
« Non credo—credo di averne bisogno ». Lasciò andare la presa della tazza e si alzò. « Looker, sai per caso di una sede del Team Plasma? Cioè, qualche edificio di rappresentanza, cose del genere… ».
« Perché questa domanda? ».
« Rispo—rispondimi e basta ».
« No… non sono mai stato in un luogo del genere ».
Lo sguardo di Hilda scese sul tavolo: una delle due pistole era incredibilmente vicina a lei. Con un po’ di fortuna, sarebbe riuscita ad avere la meglio.
Avanzò un passo verso essa. « Ok… posso chiederti come sei entrato in possesso dei cd? ».
« Siediti Hilda, e ne parl—».
« Rispondi alla mia domanda… non accetterò altro come risposta ».
« Vuoi veramente saperlo? ».
Hilda si avventò sulla pistola e la puntò dritta verso di lui. « Sì ».
« Metti giù quella pistola ».
« Rispondi ».
« Ok, ok, va bene, quello che vuoi… Colress. Ora che lo sai, sei contenta? La tua vita è migliorata? ».
« Chi—chi è? ».
« Il professore incaricato del tuo PRM. C’ho parlato qualche volta, e devo dire… non è molto affabile ».
« Come lo conosci? Cosa c’ent—».
« Ho risposto ad una tua domanda, ora tu posi la mia p—».
« ZITTO! » infuriò. Le sue braccia tremavano al peso, anche metaforico, della pistola che reggeva fra le mani. « Non—non è finita ».
« Ah sì? » Looker si avvicinò al tavolo ed afferrò, con decisamente più calma e risolutezza, l’altra pistola, per poi puntarla con il solo braccio destro contro di lei. « Giochiamo alla roulette russa. Vediamo chi ha la pistola carica ».
« Non vuoi fare questo gioco » sorrise Hilda.
Looker abbassò la pistola al carpet e fece fuoco.
Un rombo saturò l’aria.
Un disegno spettrale apparse sul volto della precedentemente calma ragazza.
« Pensavi seriamente che io non sapessi riconoscere le mie pistole? L’odore del sangue si sentiva lontano miglia ».
« Io—».
« Sei disperata, Hilda. Ti vedi? Scappi da una persona all’altra, e se non riesci ad uscire usi la violenza. Ti disprezzo ».
« Non ti permett—».
« Cosa pensavi di fare? Pensavi di andare da Ryoku o chi per lui e chiedergli gentilmente—».
La voce del detective passò in secondo piano, in quel momento. Rivide Looker, in altre situazioni, nei loro incontri passati, ed i suoi pensieri riornarono a galla. Quello che ti dovevo te l’ho restituto. Non sei l’unica la cui vita è stata rovinata. Ora vai, Erika. È ora il tempo di andare. Qualcosa non andava. Qualcosa, in quella discussione, era profondamente sbagliato.
Improvvisamente, le parole del detective presero ad attraversare i suoi occhi, come brevi flash.
« Non farlo, Hilda. Aiutaci ».
« Aiutare delle persone che volevano metterti in galera per prendersi il merito di qualcosa che non hanno fatto? Merito per cosa, poi? Siete rimasti con un pugno di mosche ».
« Io… non capisco cosa sta succedendo ».
« Ti hanno ingannato, Hilda, e io sono qui per aiutarti ».
« Vieni, ti accompagno a casa ».
« Non farlo, Hilda. Puoi ancora fare la cosa giusta, pensa a Julie, pensa a—»
« Sai cosa, Looker? Io penso a Julie. Io penso a Natalie, ci penso ogni minuto che passa. E avrei ricordato anche te se non mi avessi tentato di ingannare in modo così becero. Può darsi che abbi veramente una terza chance, ed è quella che scelgo. Mi sto prendendo le mie responsabilità, prenditi tu le tue ».
« Perché mi hai dato il primo cd? » lo interruppe.
« Cosa? » continuò Looker, stordito.
« Perché mi hai dato il primo cd? Il secondo, posso capire, racconta la mia storia. Ma il primo? Quale senso aveva? ».
« Non lo so, l’ho messo…».
« Non fai le cose a caso, lo sappiamo entrambi ».
« Ora, cosa significa questa discussione? Mi hai ascolta—».
« Sparami ».
Looker sgranò gli occhi.
« Che? ».
« Sparami » sorrise « giochiamo alla roulette russa ».
« Non sai di costa stai parlando—».
« Non riesci a spararmi, vero? Non credo che tu non ne abbia il coraggio, ma più che tu non possa farlo. Non mi hai salvato per niente, non mi hai consegnato il primo cd per niente, non hai mandato N da me per niente… ed è quello che scoprirò ».
Lasciò cadere la pistola, per poi afferrare la tazza di the. Portò il liquido alla sua bocca e con un singolo shot si sgolò la bevanda, ormai raffredatasi, dopodiché scaraventò la ceramica sullo spigolo del tavolo. Attaccato al manico, che stringeva con decisione nelle sue dita, era una considerevola semicupola, con punte aguzze ed affilate.
Lo avvicinò alla gola e puntò uno degli spigoli verso la sua trachea, impremendo una lieve pressione su di essa cosicché la pelle, in quell’esatto punto, facesse una rientranza.
« Abbassa… qualsiasi cosa tu abbia in mano ». Era tanto perplesso quanto spaventato dalle azioni di Hilda.
« Dammi la pistola carica e dimmi dove si trova la sede del Team Plasma ».
« Hil—».
Hilda premette il manico contro la gola.
« Ok, ok, ok, calma… » Looker allungò la mano verso il tavolo e fece scivolare la pistola dall’altra parte « Verso la metà di Mode Street, un palazzo in mattoni ».
Un sorriso apparse sulle labbra della ragazza come raccoglieva l’arma.
« Serviva così tanto? ».
Mise la pistola in tasca e girò i tacchi.
« Non so cosa tu di pensi di me, ma non sono un tuo nemico. Non lo sono mai stato » mormorò Looker, il viso di Hilda che scompariva dietro la porta. « È—è per questo che ti ho lasciato il secondo. Spero—spero che tu possa tenerlo a mente. Buona fortuna ».
Come la castana imboccò le scale, sorrise.
𐌳
presente – Castelia City [sede del Team Plasma] – 18/02/13 [16:48 PM]
Ryoku era intento a giocare ad un solitario di carte.
Il silenzio cedette il passo a due rintocchi sulla porta, che trovarono come cassa di risonanza lo spazioso ambiente dove il Saggio era solito passare la maggior parte del tempo.
« Avanti ».
La faccia di Colress fece capolino dalla porta.
« C’è Hilda al piano terra ».
« Davvero? Looker si è fatto sentire? ».
Lo scienzato scosse la testa.
« Ok… falla passare, e mandamela qua ».
Il silenzio cedette il passo a due rintocchi sulla porta, che trovarono come cassa di risonanza lo spazioso ambiente dove il Saggio era solito passare la maggior parte del tempo.
« Avanti ».
La faccia di Colress fece capolino dalla porta.
« C’è Hilda al piano terra ».
« Davvero? Looker si è fatto sentire? ».
Lo scienzato scosse la testa.
« Ok… falla passare, e mandamela qua ».
𐌳
« Buongiorno, Hilda ».
Hilda mosse i primi passi all’interno della sala, osservando con sguardo sorpreso tutto ciò che la circondava, dalle vetrate colorate rappresentanti scene storiche delle regione di Unova agli arazzi che erano stati posti fra una delle sopracitate finestre e l’altra. Il tavolo era imponente, in confronto alla giovane, ed intarsiato di quella che sembrava un’incoronazione. Due grandi Pokémon, che lei individuò essere Reshiram e Zekrom, sedevano ai lati, mentre sotto i quali erano due scritte a caratteri a lei sconosciuti. Ai lati scene di vita quotidiana, come un ragazzo intento a giocareo con un Minccino od un Archeops che sorvolava un’isola facevano da cornice.
« Ti piace? Zinzolin aveva certamente gusto ».
« Zinzolin? ». La sua voce si alzò di un’ottava.
« Hai avuto un passato con lui, eh? ».
« S—sì. Credo, almeno. Non riesco a ricordare il suo viso, ancora ».
« Io sono Ryoku, molto piacere. Siediti pure dove vuoi, e poggia la pistola sul tavolo ».
« Come—».
« Credevi che non si notasse? Siediti, e parliamo ».
Hilda estrasse la sua pistola dalle tasche e la poggiò sul tavolo, per poi sedersi sulla prima sedia che le capitò a tiro.
« Anche Ethan sedeva lì, l’ultima volta che l’ho visto. Non certamente l’ultima volta che, tu, l’hai visto ». Un sorriso inarcò le labbra del Saggio.
« Ethan… è stato qua? ».
« Così come N e Zinzolin, e molti altri dopo di loro. Sono sicuro che avrai molte domande, Hilda. Questo luogo ti ricorda qualcosa? ».
« Non credo. Dovrebbe? ».
« Ne parleremo dopo, tranquilla. Hai domande, a proposito? ».
« In realtà sì, molte ».
« Sono qua per questo ».
« Dopo… dopo il ballo, la festa a casa di Zinzolin, cos’è successo? ».
« Sei stata portata qua, dove sei stata curata ed il veleno di Zinzolin tolto dal tuo apparato circolatorio. Ti abbiamo tenuto qua dentro per una settimana, mentre all’esterno confermavano la morte di Hilda Baskerville e il funerale ».
« Ho—ho avuto un funerale? ».
Ryoku sorrise. « Sì. Dopodiché saresti dovuta partire per Sinnoh, ma alla fine hai deciso di rimanere qua, con N, e procedere al PRM ».
« Oh, sì… credo di ricordare qualcosa… al Porto di Castelia, la S.S. Diane… ».
« Esatto. Dopo averti riportata di nuovo qua dentro, hai cominciato la procedura per il reset mnemonico, che è durata una settimana, sotto la supervisione del professor Colress e della professoressa Flennel. E infine, be’… sai già ».
« C’è stato un motivo per cui mi avete portato a Nacrene City? ».
« No, nulla di particolare. Colress si è occupato di questo lato, e si è anche occupato di N ».
« Zinzolin? ».
« È morto. Me ne sono occupato personalmente, e qualche mese dopo abbiamo fatto avere il corpo alla stampa. Non volevamo—non volevamo che morisse subito dopo lo scandalo. Troppa attenzione sul Team Plasma ».
« Oh, ok… ora cosa succederà? ».
« Ora siamo daccapo, nell’occhio del ciclone. E dobbiamo prepararci prima che l’alluvione ci colpisca ». Ryoku si alzò in direzione della porta « Vieni, devo mostrarti una cosa ».
« BODY 1… ».
« Era la tua stanza, Hilda. La stanza dove hai vissuto prima del PRM ».
Hilda avanzò con non poco esitazione la mano verso la maniglia, e finalmente la strinse. Per un breve attimo, un flash le attraverso gli occhi: un’immagine, fugace, di quella porta. Una memoria passata.
Premette verso il basso e spinse il peso del suo corpo in avanti.
Quando la porta, si aprì, una stanza bianca venne rivelata dietro di lei.
« Quanto sono rimasta qua? ».
« Una settimana, circa. Giorno più, giorno meno ».
« Ed N? ».
« Lui era nella stanza accanto » sorrise Ryoku. « Dimmi, qualche ricordo sta venendo a galla? ».
Hilda continuò a muoversi all’interno di quella stanza, ignorando le parole del Saggio. Il suo sguardo scivolò sulle pareti, bianche, per poi finire su ogni più piccolo dettaglio che la mobilia presentasse: il comodino in parte al letto era leggermente scheggiato, e gli angoli presentevano un principio di muffa.
Avanzò ancora e si sedette sul bordo del letto, rivolgendo lo sguardo a Ryoku.
Un altro flash attraversò i suoi occhi.
« Avanti ».
« Sei sveglia! Non credevo di trovarti sveglia ».
« Neanche— neanche io. È la colazione? ».
« Sì, quando finisci, vieni pure da me e cominceremo la prima sessione ».
« Come… come hai detto che si chiamava il professore? Caless? ».
« Colress ».
« Oh… ».
« Credi di esserti ricordata qualcosa? ».
« Qualcosina, diciamo ». Si guardò attorno. « In realtà… ho un dubbio ».
« Dimmi pure ».
« Se sono stata sottoposta al PRM, perché sono qua? Cioè, perché mi ricordo? Non—non capisco ».
« Ethan è venuto qua, mentre eri sotto i ferri. Non c’entrava con te, ma l’ho lasciato girare un po’ per l’edifico prima di uscire ed in qualche modo deve averti trovato. Forse ha sentito la tua voce, o ha tirato a indovinare. Quando… quando ha interrotto il tuo processo, la tua mente ha sì cancellato ogni memoria di Hilda, ma anziché accartocciarle e buttarle via le ha, in qualche modo, immagazzinate nel tuo inconscio ».
« E quando Ethan mi ha trovato, ha innescato la reazione ».
« Credo di sì. Dovresti chiedere a Colress. Ora però ho paura che dobbiamo ritornare in sala, non credi? Continuiamo a parlare là ».
« Come mai, se posso, Ethan era venuto qua? » fece Hilda, chiudendo la porta dietro di sé.
« Era il nipote di Zinzolin ».
Hilda trasecolò.
« Non lo sapevi? Lo aveva inviato da te per tenerti lontana da N mentre lui giocava a Monopoli con Castelia e la Lega ».
« Non—non ne avevo idea ».
« Ora lo sai » sorrise Ryoku. « Vuoi scusarmi un attimo? Torno subito ».
La castana osservò il Saggio attraversare la sala senza degnarla del minimo sguardo per poi uscire. Lei, al contrario, prese posto in una sedia ed appoggiò la schiena sul morbido schienale, di pelle imbottita.
« Chi l’avrebbe mai detto, eh? Era tutto un complotto per plagiarti » esordì Ethan nel silenzio.
« Uh? Ethan? ».
Ethan era apparso davanti a lei, dall’altra parte del tavolo. Scomparì subito dopo.
« Ora mi vedi! » udì nell’aria, senza però associare la sua voce ad una persona, « ora no! ».
Ethan riapparse a capotavola, dove sedeva Ryoku poco prima. « Che buffo che sono, eh? Ancora più divertente che giocare a whack-a-Diglett con me! ».
« Whack? ».
« Hai presente, no? » Ethan diede un colpo al tavolo con il pugno chiuso « quando devi colpire il Diglett con l’abat-jour? Oh, scusa, lapsus! Intendevo con un martello. Ma forse hanno la stessa efficacia? ».
« Sei solo nella mia testa ».
« Continui a dirmelo! Mandami via, allora ».
Hilda strinse i denti, palesando un lieve sorriso.
« Non te ne se ancora accorta, vero? ».
« Di cosa stai parlando? ».
« Della tua pistola » sorrrise Ethan.
Gli occhi della castana attraversarono il tavolo.
« Cosa? Dov’è la pistola? ».
« Bingo! ».
« Stai zitto! Che—che fine ha fatto? ».
« Sembra che qualcuno abbia perso il suo giochino » la canzonò lui. « Prova a chiedere al tuo amico ».
I piedi di Hilda scattarono verso la porta e si avventò sulla maniglia, facendo per aprirla.
Quello che ricevette non fu che un clangore meccanico.
« Che? ».
« Sembra che qualcuno ci abbia chiusi dentro ».
« No… non è possibile! Aiuto! ». Prese a battere i pugni sulla superficie del legno, mentre dalla sua gola un lamento straziato saturava l’aria. « Aiuto! AIUTO! ».
« Prova a tirare una sedia. Dicono che funzioni ».
Hilda arretrò ed afferrò una sedia per lo schienale. L’idea di ascoltare una voce nella sua mente era quanto di più lontano poteva concepire, ma in quel momento tanto valeva provare, ragionò. Nessuno avrebbe lamentato di una sedia rotta.
Alzò la sedia con entrambe le mani ed a fatica la scaraventò davanti a sé.
L’oggetto cadde a peso morto per terra senza che né esso né la porta subissero alcun contraccolpo.
« Che idea idiota » commentò.
« Forse funziona solo colle persone ».
Riprese la sedia in mano e la trascinò lontano la porta, dove lei ritornò a cercare di aprirla.
« Non ti rendi conto che non funzionerà? Siediti, giochiamo a briscola ».
« Stai zitto ».
« Ok! Me ne vado. Però non mi avrai così facilmente ».
La stanza ritornò nel silenzio.
♦︎ ♦︎ ♦︎
« Buongiorno ».
« Buongiorno! Biblioteca di Nacrene City, di cosa ha bisogno? ».
Un ragazzo dai capelli verdi, che arrivavano sino al bacino, era comparso davanti al bancone di Hilda. Indossava una maglietta bianca, dei jeans ed una giaccia di pelle marrone che lo copriva. Sorrideva.
« Starei cercando un libro, ma non ho ben presente quale ».
« Mi dica pure! Farò quanto possibile per trovarlo ».
Hilda accese il computer e fece partire il programma dell’inventario, mentre l’uomo davanti a sé estreava un pezzo di carta dalla tasca.
« Hilda, eh? » commentò « che bel nome che ha ».
La castana rimase interdetta da quella frase, ma capì poi che si stesse riferendo al badge che portava sulla camicetta verde smeraldo e sorrise. « Oh, grazie ».
« Non mi sono ancora presentato, che scortese. Sono Natural ».
« Anche il suo nome è carino! Mi dica, dunque, che libro voleva? ».
« È un thriller, credo… ha un nome strano, e non credo neanche di ricordare bene il nome dell’autore. Penso sia Emmerich qualcosa ».
« Non c’è problema! Ora vediamo ».
Hilda si alzò e proseguì all’interno, districandosi fra le diverse curve che prendevano i settori della biblioteca.
« Ora andiamo nella sezione thriller e proviamo a cercare per nome, ok? Magari vedendo il libro se ne ricorda ».
« Ok… ».
« Si ricorda il cognome? O l’iniziale ».
« Penso fosse G? Gio… qualcosa ».
« Ok, ok! Controlliamo… E. G. … ».
Si abbassò e guardò fra i libri sistemati sotto la lettera capitale G. « Si ricorda di cosa parlasse? ».
« Oh, è ambientato a Castelia City ».
« Ottimo! Allora cerchiamo così… Castelia City… ».
Estrasse una decina di libri e li passò uno ad uno a Natural, mentre lui li sfogliava e puntualmente consegnava indietro a lei.
« Nessuno di questi? ».
« Non credo ».
« Forse… forse non è la G? O non c’è Castelia? ».
« No, sono sicuro… è abbastanza nuovo ».
« Oh, non saprei aiutarla, mi dispiace ».
« Niente, si figuri ».
Hilda rimise i libri al loro posto ed accompagnò il ragazzo all’esterno, questa volta però facendo un giro diverso da quello precedente. Attraversarono la sezione delle novità e la vetrina degli ultimi arrivi, dove grandi cartelloni e scaffali di copie degli stessi libri infestavano.
Natural si fermò a metà.
« C’è qualcosa? ».
« Credo… credo che sia questo ».
Il suo dito indicava un cartellone di Castelia City al tramonto, con lo skyline della città illuminato dei colori porpora ed arancio. Sul porto due ragazzi erano avvolti in un abbraccio. La scritta CARDS figurava a caratteri cubitali in basso.
« Questo… ».
« Oh! Erika Joy? ».
« Sì, lei! Mi ero confuso » rise Natural.
« Non c’è problema! Questi libri in realtà sono disponibili anche per la vendita, ad un prezzo ridotto. Dobbiamo tenerne due-tre per l’inventario, però per il resto, se vuole… ».
« Con piacere, grazie! ».
« Ok… allora, sono esattamente 9,90 Poké! ».
Natural sorrise. « Eccoli ».
Mentre Hilda era intenta a svolgere le operazioni burocratiche, il ragazzo passò il tempo ad osservarla.
« Sa di essere molto bella? ».
« Non—non credo » rise lei. « Mi ritengo normale. Comunque, la bellezza sta nell’occhio di chi guarda ».
« Solo un occhio cieco potrebbe osar dire il contrario ».
« Suppongo » commentò Hilda atona « grazie mille, comunque, del complimento ».
« Di niente—».
« Posso farle una domanda? ».
Natural asserì.
« Ci siamo… ci siamo per caso già visti da qualche altra parte? ».
« Ahem, non credo » rise « Si fidi, non credo che dimenticherei una faccia così facilmente ».
Il ragazzo si allontnanò dal bancone stringendo Cards in mano ed uscì.
Hilda sistemò le sue cose sul bancone e spense il computer. Aveva ripreso la lettura del libro, che aveva interrotto coll’arrivo di Natural, da qualce minuto, quando un pensiero la colpì come un treno in corsa.
Abbassò il romanzo di getto ed alzò il suo sguardo.
« Natural? ».
Una lacrima corse lungo la sua guancia.
Lanciò la sedia indietro per l’impeto con cui si alzò e corse verso l’uscita, il ritmo del suo cuore che aumentava di secondo in secondo.
L’immagine di Natural era stampata nella sua mente.
Attraversò l’intera biblioteca ed uscì dall’entrata principale, spalancando le porte che davano sull’ampia scalinata in marmo: era là sotto, che lo vide, che percorreva la strada di giuntura dei primi scalini.
« Natural! » le lacrime che scorrevano sul suo viso « Natural! Aspetta! ».
Corse verso di lui, mentre si volgeva a guardare l’ascesa della castana.
« Hilda? Cosa c’è? ».
« Mi sono ricordata! ». Percorse gli ultimi scalini e scese all’altezza del ragazzo, avvicinandosi al suo visto, mentre i suoi occhi erano impregnati da goccioloni di lacrime che scendevano, bagnando tutto il suo viso. « Mi—mi ricordo. Di te, di noi ».
N sorrise. « Oh, Hilda, avevi dimenticato? ». Accarezzò la sua guancia, scostando le lacrime. « Non importa. Ora sei qua, al sicuro, e niente ti farà più del male ».
« Non—non capisco. Dove sono? Cosa è successo? Ryoku, Colress, Looker… ».
« Non ti ricordi? Hilda, sei morta ».
♦︎ ♦︎ ♦︎
Un boato saturò l’aria.
A quel suono, si aggiunse una sirena.
Hilda balzò indietro dalla porta, mentre essa veniva scaraventata a terra: un polverone di detriti e polvere si sollevò in aria.
« Che—coff—cazzo? ».
Una voce maschile la chiamò. « Hilda? ».
Lentamente, un leggero vento spazzò via la coltre di fumo e palesò le figure d’ombra che era riuscita a scorgere dall’altra parte: era Looker, ed accanto a lui stava un Crobat.
« Looker? Cosa ci fai qua? ».
La castana gli si avvicinò, come il detective allungava la mano verso di lei. La fece uscire dalla stanza e si gettò su di lui, le sue mano che stringevano contro le spalle dell’uomo.
« Non c’è tempo, devi andarten—».
« Aspetta! Devo—devo dirti di Ryoku! Pensavamo fosse buono—».
Looker sorrise. « Lo so, lo so, ma ora devi andare ».
« Cosa? Lo sai? ».
« Ne parleremo dopo » continuò « ora tieni questa, e scappa ».
« La—la tua pistola? Tu come farai? ».
« Ho Albert con me, ma tu devi andare ».
« Io—».
« Non dire niente, vai! ».
Hilda attraversò il corridoio che aveva percorso prima con Ryoku, la pistola stretta nella sua mano destra, alla ricerca di una via d’uscita. Quando arrivò in concomitanza dell’entrata dell’ascensore, notò con suo orrore come non fosse possibile chiamarlo più da quel piano.
« Cazzo! » esclamò, e diede un colpo col calcio della pistola alla latta che rivestiva l’uscita « cazzo! ».
𐌳
« È tutto pronto, Colress? ».
Colress fece cadere la provetta che stava maneggiando, ed essa si fratturò al pavimento in migliaia di frammenti.
« Che c’è? Tutto bene? ».
Un uomo era apparso sulla soglia dell’entrata del laboratorio di Colress, mentre una sirena rimbomava nelle loro orecchie.
« Come hai fatto ad entrare? ».
« Ho seguito Hilda ».
« È troppo pericoloso qua—».
« Shh, calmo. Devo solo parlare con Ryoku ».
Colress scosse la testa. « È meglio—è meglio di no. Credimi, io—».
« Stai zitto, Colress. Prendi le tue cose e raggiungimi dove abbiamo concordato ».
Ryoku, nel frattempo, era intento a raccogliere tutti i suoi documenti e scartoffie presenti nel suo ufficio, mentre di tanto in tanto lanciava uno sguardo per assicurarsi che la pistola sottratta alla castana fosse ancora là dove l’aveva messa. In breve tempo, la scrivania fu svuotata di ogni materiale rigurdante il Team Plasma e medesima sorte toccò a tutto ciò che riempiva la biblioteca.
Ripose tutti i reperti in una valigia, che cominciò a richiudere con tanta frenta quanta sbadataggine, allertato dai suoini che provenivano dall’esterno: il rombo di una sirena, cominciato a rimbombare qualche minuto prima, non accennava a smettere, e poteva udire le pareti tremare.
Un ticchettio lentamente si aggiunse a quel coro di frastuoni.
Vide balenare un bastone dalla porta, dopodiché una voce, che non si sarebbe mai sognato di sentire ancora, raggiunse le sue orecchie: « Buongiorno, Ryoku. Mi fa piacere rivederti ».
« Cosa? T—tu? ».
« È da un po’ che non ci vediamo, eh? Oh, sto interrompendo qualcosa? Devi andare in vacanza? ».
« Non—non è possibile, dovevi—».
« Smettila di parlare. Piuttosto, stavo discutendo prima su Colress, quale morte è più indolore? Morte per arma da fuoco o per arma bianca? ».
Gli occhi di Ryoku sfrecciarono alla pistola. Era posata sulla scrivania, a pochi metri da lui. Lentamente avanzò un passo in avanti.
« Però poi ho avuto un’idea geniale ». Estrasse dalla tunica una piccola pistola e la puntò contro Ryoku. « La riconosci? Io sì ».
« Non—».
« Non parlare, è il mio momento. Dicevo, la riconosci? ».
« N—no ».
L’uomo fece fuoco ad un piede di Ryoku, ed il Saggio si chinò in posizione fetale, accompagnando il movimento da urla di dolore.
« Ti ho fatto male? Dimmi adesso come ti senti » e sparò ancora, sta volta all’altezza del braccio destro. A questo punto, Ryoku s’era gettato per terra, come solo supporto la scrivania sulla quale aveva poggiato il suo busto e le sue braccia. Poteva vederla, a pochi centimetri dalla sua mano: la pistola. « Sai, Ryoku, ho sempre desiderato ucciderti. Pensavo di torturarti in qualche modo, ma onestamente è troppa fatica. Credevi veramente di liberarti di me, prendere le redini del Team Plasma e scappare? ». Rise. « Addio, Ryoku ».
Sparò un terzo colpo, che andò a colpire il busto, poco sotto il cuore. Un rivolo di sangue spruzzò perpendicolarmente alla ferita d’entrata per poi assumere una traiettoria parabolica, come una fontana di acqua vermiglia.
Il corpo ormai senza vita del Saggio si accasciò a terra, adagiato sopra uno specchio di sangue in continua espansione.
L’uomo entrò, scavalcò il corpo e trascinò il bagaglio di documenti fuori dalla stanza, lasciando una traccia di sangue che lo seguiva per tutto il corridoio.
𐌳
Era il terzo od il quarto piano che Hilda aveva percorso, correndo a perdifiato, quando il suo occhio venne catturato una serie di irregolari strisce rosse che percorrevano il pavimento. La strada, in quel punto, prendeva un bivio, e scelse di seguire la direzione che puntava verso il basso: verso, sperava, l’uscita.
Scese delle rampe di scale, e poi ancora, sino a che non le parse di essere finita in un labirinto dal quale uscire era impossibile. Fu solo quando udì un rumore di trascinamento, seppur sopraffato dal continuo rombare delle sirene, che nel suo cuore provò una sensazione di liberazione. Qualcuno, qualcuno che stesse cercando l’uscita come lei.
« C’è qualcuno? Qualcuno? » esordì. « Sto cercando di uscire da un’ora, ma tutte le uscite sono bloccate.
« Hilda? ».
Una voce maschile rispose.
La castana girò una curva, per ritrovarsi un uomo che stringeva nella mano destra un bastone da passeggio e nell’altra un bagaglio pregno di sangue.
« Tu? ».
« Che piacere rivederti, Hilda! Hai trovato N all’ospedale? ».
« Era—era una trappola! C’era la polizia! ».
« Davvero? A me non sembra che ti abbiano preso ».
« Cosa cazzo ci fai qua? ».
L’uomo sorrise. « Non ti ricordi, eh? ».
« Cosa stai dicendo? » scosse la testa Hilda « non so chi tu sia—».
« Va bene così. Ti sarà tutto chiaro, a dovere ». Lanciò una carta ai piedi della ragazza. « Credo sia di Ryoku. È sporca di sangue, ma dubito che Ryoku verrà mai a lamentarsene. Usala, forse aprirai qualche ascensore. O forse no. Spero di rivederti, Hilda » e l’uomo scomparse dietro un altro corridoio.
Hilda si chinò, raccolse la tessera e la rigirò fra le sue mani.
Ritornò all’entrata dell’ascensore che aveva visto poco prima, e la passò attraverso la fessura di identificazione: una luce verde si accese in alto.
Lentamente, le porte si aprirono.
« Grazie, suppongo? » mormorò, mentre si faceva strada al suo interno. Cliccò il bottone G, ultimo in ordine dopo il numero 1, e si appoggiò a peso morto contro la parete.
Sospirò.
5.
4.
3.
2.
1.
Le porte si spalancarono.
« Distretto di Polizia di Castelia City! » urlarono in coro. Un uomo si pose davanti a lei, in giubbotto antiproiettile e puntando una pistola davanti a lei, mentre tutt’attorno uno squadrone bloccava ogni uscita. « Hilda Baskeville, lei è in arresto per duplice omicidio, furto d’identit—».
Le sue orecchie smisero di sentire.
La sua vista si annerì e svenne.
𐌳
« …Who had love that's now departed? I know I've got to find… ».
Hilda schiuse gli occhi.
Una macchia grigia era in movimento davanti ai suoi occhi, mentre poteva udire dei rumori strani in lontananza.
« Shh, non muoverti ». Ethan era apparso davanti a lei.
Alzò il capo, di poco, per avere una panoramica più ampia della sua sitazione, e si accorse di esser distesa sui sedili posteriori di una macchina.
Ethan sedeva dall’altra parte del sedile, facendole segno di non parlare.
Indicò il guidatore, nascosto alla vista della ragazza.
« Ch—».
Scomparve.
« Hilda? ». La voce di Looker rimbombò nella sua testa. « Ti sei svegliata? ».
Hilda cercò di alzarsi, spostando il suo corpo dall’altra parte: ora poteva vedere il detective, nel suo classico trench beige, alla guida della vettura. « Dove—dove sono? Dov’è la polizia? ».
« Sono io la polizia » sorrise.
« Intendo—intendo la polizia di prima. L’ascensore… che cosa è successo? ».
« Ryoku e Colress sono scappati, facendo saltare in aria il palazzo dopo la loro fuga. Quando il primo piano è esploso, ti stavano escortando fuori ».
« Non—non capisco ».
« Nella confusione dello scoppio ti ho preso ».
« Non è… illegale? Mi stai—stai sottraendo alla polizia ».
« Se desideri così tanto andarci, posso p—».
« No, no, ok. Dove stiamo andando? ».
« Noi da nessuna parte. Tu hai una destinazione ».
« E? ».
Looker arrestò improvvisamente la macchina, causando la castana di sobbalzare dal sedile. Si aggrappò al sedile anteriore, pur stordita.
« Cosa cazzo— ».
« Ora, ascoltami bene » si voltò verso di lei « ho programmato nel navigatore satellitare una destinazione. Io non posso proseguire più, da qua in poi ».
« Non capisco, dove devi andare? ».
« Non ti intere—».
« Sì che mi interessa! Non fai altro che dirm—».
« STAI ZITTA! » urlò. Abbassò la testa, moderando i toni. « Senti, puoi decidere di fare quel cazzo che vuoi e venire catturata dalla polizia nel frattempo, o fare come dico ».
« Come faccio a sapere che non è una trappola? ».
« Lo è » la incalzò lui « ed è l’unico modo per avvicinarsi a loro. Confido in te, Hilda. So—so che hai giudizio, e che farai la scelta giusta. Addio ».
Looker aprì la portiera e corse via, scomparendo dietro un incrocio della strada.
𐌳
presente – fuori Castelia City – 19/02/13 [20:23]
“DESTINAZIONE
RAGGIUNTA” lampeggiava il navigatore satellitare, mentre Hilda si
apprestava a fare una manovra in un grande slargo cementato. Davanti a
lei, un’insegna di metallo sanciva l’entrata ad un sedicente “Hangar
36”, che si estendeva per quelli che a lei sembravano chilometri.
Fermò la macchina, il ronzio della radio che continuava in sottofondo. « …la ricerca di Hilda Baskerville continua, ed il dipartimento di polizia di Castelia City ha aperto un’inchiesta sui possibili collegamenti che la donna abbia avuto col Team Plasma, un’associazione criminale attiva negli anni passati, della quale la ragazza si era direttamente interessata durante la sua breve carriera da giornal—».
Il rumore s’interruppe come lei estraeva le chiavi dalla toppa.
Uscì poco dopo.
« È possibile che fosse entrata nell’organizzazione già allora, e che il caso mediatico scoppiato tra lei ed l’ormai-ex capo del Team Plasma, Edward Whilelm Zinzolin, fosse una farsa per attirare l’attenzione del pubblico. Ora mandiamo in onda la conferenza stampa presenziata da Looker Barkins, l’agente della polizia internazionale a capo dell’inchiesta… Buonasera a tutti, sono Looker Barkins. Abbiamo individuato la posizione… ».
Fermò la macchina, il ronzio della radio che continuava in sottofondo. « …la ricerca di Hilda Baskerville continua, ed il dipartimento di polizia di Castelia City ha aperto un’inchiesta sui possibili collegamenti che la donna abbia avuto col Team Plasma, un’associazione criminale attiva negli anni passati, della quale la ragazza si era direttamente interessata durante la sua breve carriera da giornal—».
Il rumore s’interruppe come lei estraeva le chiavi dalla toppa.
Uscì poco dopo.
« È possibile che fosse entrata nell’organizzazione già allora, e che il caso mediatico scoppiato tra lei ed l’ormai-ex capo del Team Plasma, Edward Whilelm Zinzolin, fosse una farsa per attirare l’attenzione del pubblico. Ora mandiamo in onda la conferenza stampa presenziata da Looker Barkins, l’agente della polizia internazionale a capo dell’inchiesta… Buonasera a tutti, sono Looker Barkins. Abbiamo individuato la posizione… ».
𐌳 𐌳 𐌳
flashback – Dipartimento di Polizia di Castelia City – 19/02/13 [19:15]
«
… di Hilda Baskerville, e stiamo attualmente facendo tutto il possibile
per catturarla. Stiamo inoltre cercando di capire i collegamenti che la
ragazza aveva con il Team Plasma, e questo ci ha permesso di allargare
il campo di indagine e poter ricollegare la signorina Baskerville a
molti dei crimini commessi nella città di Castelia City negli anni
passati. Abbiamo ragione di credere che, in seguito alla chiusura
dell’inchiesta su Edward Whilelm Zinzolin ed il Team Plasma, la
Baskerville abbia finto la propria morte e si sia nascosta ad Anville
Town sotto falsa identità per continuare la sua attività criminale.
Temiamo soffra di una qualche forma di disturbo dissociativo
dell’identità o schizofrenia, ed è per questo che sentiamo il bisogno di
informare il pubblico sulla sua personalità. Hilda Baskerville è una
mina vagante ed ora, più che mai, c’è il bisogno che venga interrotta ».
𐌳 𐌳 𐌳
presente – fuori Castelia City – 19/02/13 [20:26]
Il primo capannone nel quale era entrata si era rivelato un buco nell’acqua.
Era un labirinto di cemento e capannoni di metallo, per lo più abbandonati alle intemperie del vento e della pioggia, ed immerso nel silenzio più totale, fatta eccezione per i suoi passi che rimbomavano all’interno delle rimesse. Perché Looker l’aveva portata lì?
Lentamente, le sue orecchie presero sopravvento sul suo senso della vista.
« Sucking too hard on your lollipop, or love’s gonna get you down… ».
Si voltò.
Una musica, simile ad una filastrocca dal ritmo allegro e vivace, ronzava nell’aria.
« … sucking too hard on your lollipop, or love’s gonna get you down… ».
« Eh? Chi è? » chiamò.
Non ottenne risposta.
Avanzò un passo in direzione della canzone, e, quando sentì le parole farsi più chiare, continuò nella direzione. Mano a mano che si avvicinava alla fonte sonora, la situazione perdeva sempre più senso.
« … say love, say love, or love's gonna get you down… ».
« … say love, say love, or love’s gonna get you down… ».
Entrò in un altro capannone, vuoto anch’esso.
« … I went walking in with my mama one day… ».
Si avvicinò e proseguì lungo il suo lato destro, la musica che si intensificava.
« … when she warned me what people say… ».
Eccolo: era di fronte a lei, su uno sgabello di plastica, un carillon a forma di scrigno, all’interno del quale una bambina roteava su sé stessa.
« … live your life until love is found… ».
Raccolse il carillon fra le sue mani e lo rigirò. Uno scotch di carta era stato appiccicato sul retro, e la scritta “CIAO HILDA” scritta sopra a caratteri cubitali.
« Fai come se fossi a casa tua ».
Hilda si voltò.
Innavertitamente richiuse le mani fra loro, coprendo il carillon ed interrompendo la melodia.
« J—Joe? ».
Colress rise.
« È così che mi ricordi? ».
Esitò, per qualche secondo, confusa dalla domanda. Dal modo in cui si poneva, il suo intercedere e le sue vesti, dedusse che non fosse quella la sua vera identità. « Non è il tuo vero nome, mi sbaglio? ».
« Colress Jackson, piacere » asserì, avvicinandosi alla ragazza.
« Permetta di presentarmi: sono Colress Jackson ».
« Piacere. Hil—Hilda Baskerville ».
« Mi… mi ricordo di te ». Un sorriso, per quanto infelice la situazione fosse, riscaldò il volto di Hilda.
« Associare dei visi nuovi ai tuoi ricordi è l’ultimo passo verso il recupero della memoria » commentò, quasi soddisfatto delle sue parole « presumo che ora tu ti riconosca in Hilda Claude Baskerville ».
« Io—io sono Hilda Baskerville. Claude… non lo uso mai ».
« Me l’hai già detto ».
« Credo—credo di sì ». Hilda si guardò attorno. « Perché sono qua? Cosa ci fai tu, qua? ».
« Potrei sbagliarmi, ma sono abbastanza sicuro che tu abbia guidato di tua spontanea volonta sino a qua » la incalzò, ed al vedere un cenno di assenso nei suoi occhi proseguì risoluto « quindi perché non rispondi tu alla prima domanda? Ed io risponderò alla tua ».
« È stato Looker— un ex detective di Castelia City, credo. Non ne ho idea in realtà ».
« È stato lui a farti guidare da sola fino a qua? ».
Hilda scosse la testa. « No, no, mi ha detto di venire qua. Mi ha dato le coordinate… e tutto il resto ».
« Oh. E sai come mai? ».
« Non so— non so se tu abbia presente la mia si—».
Colress sorrise. « So tutto, Hilda ».
« Oh. Ok, ora tocca a te ».
Il professore si allontanò da lei, in direzione di un tavolo lungo il lato sinistro del capannone, e si mise a maneggiare delle Pokéball che giacevano su di esso.
« Vedi, Hilda, oggi parto. Devo finire i preparativi, quindi sono venuto qua ».
« Non—non è una risposta ».
« Ah no? ». Un ghigno comparve sulle labbra, impossibile da parte di Hilda vederlo poiché girato di schiena. « E cosa sarebbe? ».
« È un motivo. Non mi dice niente di utile a riguardo ».
« È pur sempre una—».
« È una risposta, ok » lo interruppe, la sua voce alzatasi di tono « ora dimmi cosa ci faccio io qua. O perché siamo qua assieme, quello che vuoi. Dammi—dammi una risposta. Dammi un motivo per restare ».
Colress non rispose.
Seguì un breve silenzio, interrotto da casuali rumori metallici che l’armeggiare dello scienziato causava e la risposta di Hilda fu quella di girare i tacchi. Era rivolta alla porta d’uscita, in procinto di muoversi, quando udì un’altra voce unirsi al silenzio.
« Buonasera, Hilda ».
Sussultò.
Dietro di lei, era apparso un altro uomo.
« Le nostre strade si incrociano di nuovo, eh? ».
Voltatasi, per associare la voce familiare ad un volto, riconobbe in lui il misterioso uomo che aveva incontrato più volte quel giorno.
« Questi incontri… c’è qualcosa di poetico nel nostro incrociare di strade, non credi? Anche se, a dire la verità, c’è molta poca casualità in tutto ciò ».
« Tu—».
« Zinzolin! Credevo non arrivassi più ».
Zinzolin.
« Ho dovuto sistemare una cosa » sorrise il Saggio. « Perché non hai fatto accomodare la nostra ospite? ».
Zinzolin.
« Zi—Zin—».
« Avevo paura che il mio ricordo fosse stato sepolto! » commentò allegro « Sono felice di essermi sba—».
« Cosa cazzo ci fai qua? ». Hilda mise un passo indietro. « Tu— eri morto! ».
Una risata cristallina si sollevò nell’aria.
« Anche tu, l’ultima volta che ti ho visto, stavi morendo ».
« Non—non ha senso, tu—».
« L’hai già detto ».
« Eri morto… Ryoku—».
« Ryoku è morto, Hilda ».
« Non arrabbiatevi, voi due » commentò atono l’uomo « Piuttosto, Hilda, cos’hai intenzione di fare? Vuoi rimanere qua? Aiutarci con le valigie? ».
I suoi occhi oscillavano come un pendolo tra i due uomini. Prima osservava Zinzolin, un ghigno malefico dipinto sul suo volto, dopodiché Colress, che, pur mantenendo il suo aplomb, le trasmetteva una strana sensazione. Era quasi a disagio, più con lui che con il Saggio.
« Voglio— voglio risposte. Cosa sta succedendo? ».
« Succede!, » la incalzò, in un impeto di vivacità « che io ed il qui presente Zinzolin questa sera voleremo via da Unova e tu, Hilda Claude Baskerville, verrai rinchiusa in prigione per il resto della tua vita ». Il suo tono si era fatto normale.
Hilda scosse la testa. « Sei matto da legare ».
« L’unica che legheranno, qua, sei tu ».
« Spiegherò—spiegherò tutto ».
« Oh, certo. Non hai ucciso tu Ethan? ».
« No— cioè, sì, io—».
« Vedi? ». Colress rise. « Non hai scelta ».
« Colress? ».
Un’ombra apparse all’entrata del capannone.
« Erika? Cosa ci fai qua? ».
Un brivido corse lungo la schiena di Hilda.
« Oh, Louis! Vieni qua. Stavo giusto spiegando ad Hilda, o Erika, il nostro piano ».
Louis sorrise. « Ciao! Non pensavo di vederti qua ».
Il viso della ragazza era dipinto di terrore.
« È uno scherzo, vero? ».
« Erika, mi dispiace molto per quello che è successo » continuò sorridente « sono sicuro che troverai qualcosa da fare in prigione ».
« Siete matti… voglio andarm—».
« E lasciarci? Non ho neanche spiegato la parte migliore! ». Estrasse una Pokéball dalla sua tasca, dalla quale uscì un Gothithelle, alla quale era stato posto un ingegno tecnologico in testa. « Gothithelle, bloccala ».
Delle catene purpuree di pura energia, dall’apparenza immateriale, proruppero dal terreno e si avvinghiarono sui polsi di Hilda, costringendola al terreno, come lei faceva per scappare.
« Non avere paura » la rincuorò Louis « andrà tutto bene. Non vogliamo farti male ».
« Non sai chi sono, vero? » ringhiò.
« Certo che lo so! Sei Hilda Baskerville, quella che ha cercato di uccidermi. Chi saresti, sennò? ».
« COS—».
« Louis, segui Zinzolin fuori. Dovete sistemare una faccenda ».
Louis asserì, e seguì il Saggio all’esterno del capannone.
« Cosa cazzo stava dicendo? ».
« Louis, intendi? ». Colress sorrise. « L’ho ammetto, ho dato il meglio di me. È un perfetto braccio destro »
« Cosa cazzo vuoi fare di me? » gridò Hilda « non—non puoi rinchiudermi qua per sempre ».
« Hai ragione, e non lo farò. Lascia che ti spieghi quello che succederà: Looker, assieme all’intero squadrone d’assalto della CCPD farà breccia in questo hangar, ti arresterà e, mentre io sarò in volo per Sinnoh tu starai venendo trasferita in una prigione ». Quella situazione aveva tutta l’aria del suo ultimo incontro con Zinzolin. « Tornando a noi… dov’ero finito? Ah, sì! Come siamo arrivati qua. Sapevi che abbiamo un’amica in comune? Julie Jackson ».
A quelle parole sussultò.
« È stato grazie alla sua morte che ho conosciuto Zinzolin, e sono entrato in contatto con lui ». Si voltò e ricominciò ad armeggiare con degli strumenti sul piano di lavoro. « Devi sapere, Hilda, che la vita per gli scienziati non è affatto facile. Mancano i fondi, mancano le strumentature e le strutture adatte. Ed è qua che io e Zinzolin abbiamo trovato un punto d’accordo! In cambio del mio savoir-fare, ho ricevuto soldi per continuare i miei progetti ». Si voltò, esibendo un coltello dalla lama larga e sottile che indicava in direzione di Gothithelle « Lei è uno degli esempi. Grazie all’amplificatore di frequenze, i suoi poteri sono immensamente maggiori ».
« Ed hai ucciso Ryoku per questo? Un cappello di metallo? ».
« È stato Zinzolin a farlo. Io avrei preferito lasciarlo morire nell’incendio del palazzo, ma suppongo che volesse la sua vendetta… è sempre stato un tipo impulsivo. Anche l’ospedale, è stato veramente un brutto tiro, è per questo che ho chiamato Looker e gli ho chiesto di portartici fuori. Perché sprecare quest’occasione? Alcune volte, Zinzolin si fa accecare dalla vendetta ».
Hilda rise.
« E questa cos’è? ».
« Oh, ma io non ho niente contro di te. Sei solo capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato ». Si avvicinò a lei, il coltello in mano; « Non mentivo quel giorno, anni fa. Io vorrei aver conosciuto Hilda Claude Baskerville. Purtroppo mi sei più utile dietro le sbarre che dietro ad un cocktail ».
Hilda prese la rincorsa e si gettò contro di lui, ma le catene la fecero rimbalzare in dietro.
Strinse i denti. « Ethan cosa c’entrava in tutto ciò? »
« Ethan era uno scemo. Gli ho dato il tuo nome, mi faceva pena… Sapevo che, una volta risvegliata Hilda, ti saresti liberata di lui. Un omicidio in più, in caso fosse difficile collegarti a Bianca, o quella giornalista idiota che hai fatto ricoverare… Veronica? ».
La ragazza si dimenò dalle catene, pur rimanendo ancorata al suolo. Tentava di avvicinarvisi, ma ogni tentativo finiva per rivelarsi un buco nell’acqua.
« Appena lo saprà Looker… ».
« Looker fa parte del piano, Hilda. N gli aveva promesso il caso del decennio: un solo agente della polizia internazionale, che con le sue sole forze sgominava un’intera associazione criminale… Purtroppo, quando si è scontrato con la realtà non è stato affatto divertente ». Poggiò il coltello. « Ryoku non ha mai avuto intenzione di salvarti. Né te, né N. L’aereo per la salvezza, quel tredici novembre, era pieno di dinamite. Ed è quello che ha continuto a fare: pianificare la sua fuga, ha semplicemente cambiato capro espiatorio ».
Colress, per un momento, rimase in silenzio.
« Hai presente quella poesia? Chi è amato non conosce morte, perché l’amore è immmortalità… c’era anche una seconda parte, credo. Ad ogni modo, trovo che calzi a pennello per questa situazione… potrai non essere morta, non ancora, ma nessuno porta la tua memoria. In un certo senso, sei morta ». La ragazza non rispose. « Non vuoi parlare, eh? Va bene, va bene. Torno a finire le mie cose ».
Ritornò ad armeggiare al tavolo, Hilda che fissava il retro della sua camicia, inerme. La stanza era piombata nuovamente nel silenzio; tuttavia, questa volta si era trovata in trappola: senza nulla che potesse fare, il mondo si era rivelato per essere contro di lei. Ogni persona che conosceva, che si era mai disposta di aiutarla, aveva mostrato il suo vero volto: N non ricordava nulla di lei, Looker l’aveva barattata per il successo, e lui, la persona a cui aveva affidato la sua vita qualche anno prima, si era ritorto contro di lei.
Si sentiva schiacciata, oppressa dal peso di un futuro che, paradossalmente, non aveva futuro. Qualsiasi mossa avrebbe fatto, non sarebbe stata che la fuggitiva mancata alla giustizia. Le catene di Gothithelle erano una perfetta metafora delle catene che sentiva dentro di sé: la sua identità, Hilda Baskerville, era incatenata sull’immagine di una criminale, di una persona che non avrebbe meritato più niente, nel futuro prossimo.
« Looker… è diverso. Lo so… ».
« Pensavi veramente che lo fosse? Che ti tenesse in vita perché ti voleva proteggere? Una volta, può darsi. Ora, sei solo il suo biglietto verso un grado più alto di carriera ».
I suoi respiri divennero affanni, e quegli stessi affanni mutarono in gemiti di pianto. Le lacrime, con sua grande sorpresa, cominciarono a scendere.
« Non… » singhiozzò « non… non me lo merito ».
« Punti di vista ».
« Non—non ho mai voluto uccidere nessuno! » urlò. Il suo viso era bagnato dalle lacrime e la sua voce incrinata. « Non ho mai voluto niente di tutto ciò! Bianca, Ethan, Natalie… è—è tutta colpa di Zinzolin. Io—».
« Non avevi scelta, lo so » la interruppe Colress « hai mai pensato di risolvere i tuoi problemi? ». Si voltò. « Oh, stai piangendo? Non piangere ».
« Almeno… almeno lasciami li—libera ».
Fece un passo verso di lei. « Oh, Hilda, non ce l’ho con te. Te l’ho detto, posto sbagliato al momento sbagliato. Come Julie in strada ».
« Lo sai che l’ha uccisa Zinzolin, vero? » ringhiò « È tutta colp—».
« Lo so, Hilda. Ora scusami, ma ho finito, ho un aereo da prendere. Addio, Hilda Claude Baskerville ».
Era un labirinto di cemento e capannoni di metallo, per lo più abbandonati alle intemperie del vento e della pioggia, ed immerso nel silenzio più totale, fatta eccezione per i suoi passi che rimbomavano all’interno delle rimesse. Perché Looker l’aveva portata lì?
Lentamente, le sue orecchie presero sopravvento sul suo senso della vista.
« Sucking too hard on your lollipop, or love’s gonna get you down… ».
Si voltò.
Una musica, simile ad una filastrocca dal ritmo allegro e vivace, ronzava nell’aria.
« … sucking too hard on your lollipop, or love’s gonna get you down… ».
« Eh? Chi è? » chiamò.
Non ottenne risposta.
Avanzò un passo in direzione della canzone, e, quando sentì le parole farsi più chiare, continuò nella direzione. Mano a mano che si avvicinava alla fonte sonora, la situazione perdeva sempre più senso.
« … say love, say love, or love's gonna get you down… ».
« … say love, say love, or love’s gonna get you down… ».
Entrò in un altro capannone, vuoto anch’esso.
« … I went walking in with my mama one day… ».
Si avvicinò e proseguì lungo il suo lato destro, la musica che si intensificava.
« … when she warned me what people say… ».
Eccolo: era di fronte a lei, su uno sgabello di plastica, un carillon a forma di scrigno, all’interno del quale una bambina roteava su sé stessa.
« … live your life until love is found… ».
Raccolse il carillon fra le sue mani e lo rigirò. Uno scotch di carta era stato appiccicato sul retro, e la scritta “CIAO HILDA” scritta sopra a caratteri cubitali.
« Fai come se fossi a casa tua ».
Hilda si voltò.
Innavertitamente richiuse le mani fra loro, coprendo il carillon ed interrompendo la melodia.
« J—Joe? ».
Colress rise.
« È così che mi ricordi? ».
Esitò, per qualche secondo, confusa dalla domanda. Dal modo in cui si poneva, il suo intercedere e le sue vesti, dedusse che non fosse quella la sua vera identità. « Non è il tuo vero nome, mi sbaglio? ».
« Colress Jackson, piacere » asserì, avvicinandosi alla ragazza.
« Permetta di presentarmi: sono Colress Jackson ».
« Piacere. Hil—Hilda Baskerville ».
« Mi… mi ricordo di te ». Un sorriso, per quanto infelice la situazione fosse, riscaldò il volto di Hilda.
« Associare dei visi nuovi ai tuoi ricordi è l’ultimo passo verso il recupero della memoria » commentò, quasi soddisfatto delle sue parole « presumo che ora tu ti riconosca in Hilda Claude Baskerville ».
« Io—io sono Hilda Baskerville. Claude… non lo uso mai ».
« Me l’hai già detto ».
« Credo—credo di sì ». Hilda si guardò attorno. « Perché sono qua? Cosa ci fai tu, qua? ».
« Potrei sbagliarmi, ma sono abbastanza sicuro che tu abbia guidato di tua spontanea volonta sino a qua » la incalzò, ed al vedere un cenno di assenso nei suoi occhi proseguì risoluto « quindi perché non rispondi tu alla prima domanda? Ed io risponderò alla tua ».
« È stato Looker— un ex detective di Castelia City, credo. Non ne ho idea in realtà ».
« È stato lui a farti guidare da sola fino a qua? ».
Hilda scosse la testa. « No, no, mi ha detto di venire qua. Mi ha dato le coordinate… e tutto il resto ».
« Oh. E sai come mai? ».
« Non so— non so se tu abbia presente la mia si—».
Colress sorrise. « So tutto, Hilda ».
« Oh. Ok, ora tocca a te ».
Il professore si allontanò da lei, in direzione di un tavolo lungo il lato sinistro del capannone, e si mise a maneggiare delle Pokéball che giacevano su di esso.
« Vedi, Hilda, oggi parto. Devo finire i preparativi, quindi sono venuto qua ».
« Non—non è una risposta ».
« Ah no? ». Un ghigno comparve sulle labbra, impossibile da parte di Hilda vederlo poiché girato di schiena. « E cosa sarebbe? ».
« È un motivo. Non mi dice niente di utile a riguardo ».
« È pur sempre una—».
« È una risposta, ok » lo interruppe, la sua voce alzatasi di tono « ora dimmi cosa ci faccio io qua. O perché siamo qua assieme, quello che vuoi. Dammi—dammi una risposta. Dammi un motivo per restare ».
Colress non rispose.
Seguì un breve silenzio, interrotto da casuali rumori metallici che l’armeggiare dello scienziato causava e la risposta di Hilda fu quella di girare i tacchi. Era rivolta alla porta d’uscita, in procinto di muoversi, quando udì un’altra voce unirsi al silenzio.
« Buonasera, Hilda ».
Sussultò.
Dietro di lei, era apparso un altro uomo.
« Le nostre strade si incrociano di nuovo, eh? ».
Voltatasi, per associare la voce familiare ad un volto, riconobbe in lui il misterioso uomo che aveva incontrato più volte quel giorno.
« Questi incontri… c’è qualcosa di poetico nel nostro incrociare di strade, non credi? Anche se, a dire la verità, c’è molta poca casualità in tutto ciò ».
« Tu—».
« Zinzolin! Credevo non arrivassi più ».
Zinzolin.
« Ho dovuto sistemare una cosa » sorrise il Saggio. « Perché non hai fatto accomodare la nostra ospite? ».
Zinzolin.
« Zi—Zin—».
« Avevo paura che il mio ricordo fosse stato sepolto! » commentò allegro « Sono felice di essermi sba—».
« Cosa cazzo ci fai qua? ». Hilda mise un passo indietro. « Tu— eri morto! ».
Una risata cristallina si sollevò nell’aria.
« Anche tu, l’ultima volta che ti ho visto, stavi morendo ».
« Non—non ha senso, tu—».
« L’hai già detto ».
« Eri morto… Ryoku—».
« Ryoku è morto, Hilda ».
« Non arrabbiatevi, voi due » commentò atono l’uomo « Piuttosto, Hilda, cos’hai intenzione di fare? Vuoi rimanere qua? Aiutarci con le valigie? ».
I suoi occhi oscillavano come un pendolo tra i due uomini. Prima osservava Zinzolin, un ghigno malefico dipinto sul suo volto, dopodiché Colress, che, pur mantenendo il suo aplomb, le trasmetteva una strana sensazione. Era quasi a disagio, più con lui che con il Saggio.
« Voglio— voglio risposte. Cosa sta succedendo? ».
« Succede!, » la incalzò, in un impeto di vivacità « che io ed il qui presente Zinzolin questa sera voleremo via da Unova e tu, Hilda Claude Baskerville, verrai rinchiusa in prigione per il resto della tua vita ». Il suo tono si era fatto normale.
Hilda scosse la testa. « Sei matto da legare ».
« L’unica che legheranno, qua, sei tu ».
« Spiegherò—spiegherò tutto ».
« Oh, certo. Non hai ucciso tu Ethan? ».
« No— cioè, sì, io—».
« Vedi? ». Colress rise. « Non hai scelta ».
« Colress? ».
Un’ombra apparse all’entrata del capannone.
« Erika? Cosa ci fai qua? ».
Un brivido corse lungo la schiena di Hilda.
« Oh, Louis! Vieni qua. Stavo giusto spiegando ad Hilda, o Erika, il nostro piano ».
Louis sorrise. « Ciao! Non pensavo di vederti qua ».
Il viso della ragazza era dipinto di terrore.
« È uno scherzo, vero? ».
« Erika, mi dispiace molto per quello che è successo » continuò sorridente « sono sicuro che troverai qualcosa da fare in prigione ».
« Siete matti… voglio andarm—».
« E lasciarci? Non ho neanche spiegato la parte migliore! ». Estrasse una Pokéball dalla sua tasca, dalla quale uscì un Gothithelle, alla quale era stato posto un ingegno tecnologico in testa. « Gothithelle, bloccala ».
Delle catene purpuree di pura energia, dall’apparenza immateriale, proruppero dal terreno e si avvinghiarono sui polsi di Hilda, costringendola al terreno, come lei faceva per scappare.
« Non avere paura » la rincuorò Louis « andrà tutto bene. Non vogliamo farti male ».
« Non sai chi sono, vero? » ringhiò.
« Certo che lo so! Sei Hilda Baskerville, quella che ha cercato di uccidermi. Chi saresti, sennò? ».
« COS—».
« Louis, segui Zinzolin fuori. Dovete sistemare una faccenda ».
Louis asserì, e seguì il Saggio all’esterno del capannone.
« Cosa cazzo stava dicendo? ».
« Louis, intendi? ». Colress sorrise. « L’ho ammetto, ho dato il meglio di me. È un perfetto braccio destro »
« Cosa cazzo vuoi fare di me? » gridò Hilda « non—non puoi rinchiudermi qua per sempre ».
« Hai ragione, e non lo farò. Lascia che ti spieghi quello che succederà: Looker, assieme all’intero squadrone d’assalto della CCPD farà breccia in questo hangar, ti arresterà e, mentre io sarò in volo per Sinnoh tu starai venendo trasferita in una prigione ». Quella situazione aveva tutta l’aria del suo ultimo incontro con Zinzolin. « Tornando a noi… dov’ero finito? Ah, sì! Come siamo arrivati qua. Sapevi che abbiamo un’amica in comune? Julie Jackson ».
A quelle parole sussultò.
« È stato grazie alla sua morte che ho conosciuto Zinzolin, e sono entrato in contatto con lui ». Si voltò e ricominciò ad armeggiare con degli strumenti sul piano di lavoro. « Devi sapere, Hilda, che la vita per gli scienziati non è affatto facile. Mancano i fondi, mancano le strumentature e le strutture adatte. Ed è qua che io e Zinzolin abbiamo trovato un punto d’accordo! In cambio del mio savoir-fare, ho ricevuto soldi per continuare i miei progetti ». Si voltò, esibendo un coltello dalla lama larga e sottile che indicava in direzione di Gothithelle « Lei è uno degli esempi. Grazie all’amplificatore di frequenze, i suoi poteri sono immensamente maggiori ».
« Ed hai ucciso Ryoku per questo? Un cappello di metallo? ».
« È stato Zinzolin a farlo. Io avrei preferito lasciarlo morire nell’incendio del palazzo, ma suppongo che volesse la sua vendetta… è sempre stato un tipo impulsivo. Anche l’ospedale, è stato veramente un brutto tiro, è per questo che ho chiamato Looker e gli ho chiesto di portartici fuori. Perché sprecare quest’occasione? Alcune volte, Zinzolin si fa accecare dalla vendetta ».
Hilda rise.
« E questa cos’è? ».
« Oh, ma io non ho niente contro di te. Sei solo capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato ». Si avvicinò a lei, il coltello in mano; « Non mentivo quel giorno, anni fa. Io vorrei aver conosciuto Hilda Claude Baskerville. Purtroppo mi sei più utile dietro le sbarre che dietro ad un cocktail ».
Hilda prese la rincorsa e si gettò contro di lui, ma le catene la fecero rimbalzare in dietro.
Strinse i denti. « Ethan cosa c’entrava in tutto ciò? »
« Ethan era uno scemo. Gli ho dato il tuo nome, mi faceva pena… Sapevo che, una volta risvegliata Hilda, ti saresti liberata di lui. Un omicidio in più, in caso fosse difficile collegarti a Bianca, o quella giornalista idiota che hai fatto ricoverare… Veronica? ».
La ragazza si dimenò dalle catene, pur rimanendo ancorata al suolo. Tentava di avvicinarvisi, ma ogni tentativo finiva per rivelarsi un buco nell’acqua.
« Appena lo saprà Looker… ».
« Looker fa parte del piano, Hilda. N gli aveva promesso il caso del decennio: un solo agente della polizia internazionale, che con le sue sole forze sgominava un’intera associazione criminale… Purtroppo, quando si è scontrato con la realtà non è stato affatto divertente ». Poggiò il coltello. « Ryoku non ha mai avuto intenzione di salvarti. Né te, né N. L’aereo per la salvezza, quel tredici novembre, era pieno di dinamite. Ed è quello che ha continuto a fare: pianificare la sua fuga, ha semplicemente cambiato capro espiatorio ».
Colress, per un momento, rimase in silenzio.
« Hai presente quella poesia? Chi è amato non conosce morte, perché l’amore è immmortalità… c’era anche una seconda parte, credo. Ad ogni modo, trovo che calzi a pennello per questa situazione… potrai non essere morta, non ancora, ma nessuno porta la tua memoria. In un certo senso, sei morta ». La ragazza non rispose. « Non vuoi parlare, eh? Va bene, va bene. Torno a finire le mie cose ».
Ritornò ad armeggiare al tavolo, Hilda che fissava il retro della sua camicia, inerme. La stanza era piombata nuovamente nel silenzio; tuttavia, questa volta si era trovata in trappola: senza nulla che potesse fare, il mondo si era rivelato per essere contro di lei. Ogni persona che conosceva, che si era mai disposta di aiutarla, aveva mostrato il suo vero volto: N non ricordava nulla di lei, Looker l’aveva barattata per il successo, e lui, la persona a cui aveva affidato la sua vita qualche anno prima, si era ritorto contro di lei.
Si sentiva schiacciata, oppressa dal peso di un futuro che, paradossalmente, non aveva futuro. Qualsiasi mossa avrebbe fatto, non sarebbe stata che la fuggitiva mancata alla giustizia. Le catene di Gothithelle erano una perfetta metafora delle catene che sentiva dentro di sé: la sua identità, Hilda Baskerville, era incatenata sull’immagine di una criminale, di una persona che non avrebbe meritato più niente, nel futuro prossimo.
« Looker… è diverso. Lo so… ».
« Pensavi veramente che lo fosse? Che ti tenesse in vita perché ti voleva proteggere? Una volta, può darsi. Ora, sei solo il suo biglietto verso un grado più alto di carriera ».
I suoi respiri divennero affanni, e quegli stessi affanni mutarono in gemiti di pianto. Le lacrime, con sua grande sorpresa, cominciarono a scendere.
« Non… » singhiozzò « non… non me lo merito ».
« Punti di vista ».
« Non—non ho mai voluto uccidere nessuno! » urlò. Il suo viso era bagnato dalle lacrime e la sua voce incrinata. « Non ho mai voluto niente di tutto ciò! Bianca, Ethan, Natalie… è—è tutta colpa di Zinzolin. Io—».
« Non avevi scelta, lo so » la interruppe Colress « hai mai pensato di risolvere i tuoi problemi? ». Si voltò. « Oh, stai piangendo? Non piangere ».
« Almeno… almeno lasciami li—libera ».
Fece un passo verso di lei. « Oh, Hilda, non ce l’ho con te. Te l’ho detto, posto sbagliato al momento sbagliato. Come Julie in strada ».
« Lo sai che l’ha uccisa Zinzolin, vero? » ringhiò « È tutta colp—».
« Lo so, Hilda. Ora scusami, ma ho finito, ho un aereo da prendere. Addio, Hilda Claude Baskerville ».
§
Era passato un buon quarto d’ora quando vide Louis entrare.
« Louis? ».
« Puoi chiamarmi anche N » sorrise « non serve più fare finta ».
Camminò diretto verso il tavolo, ignorando la ragazza incatenata al suolo.
Quando lo osservò, e vide i suoi vestiti, qualcosa di particolare la colpì. Portava dei jeans beige molto attillati, una maglietta bianca ed un capellino nero a coprire la sua chioma.
« Perché ti sei vestito così? ».
« Come, scusa? ».
« Guardami, quando ti parlo ».
Louis rise.
« Senti, magari siamo stati amici, ok, però non credo tu sia nella posizione di darmi ordini ».
« Sto per andare in galera per il resto della mia vita ».
« Lo dici come se non fosse colpa tua ».
Hilda strinse i denti.
« Va bene, va bene. Puoi per piacere avvicinarti? ».
Il ragazzo afferrò una valigietta dal tavolo e si voltò. « Così va meglio. Cos’è che volevi, ancora? ».
« I vestiti. Perché sei vestito così? ».
« Cosa significa? ». Un sorriso riscaldò il freddo volto dell’uomo, come si avvicinava a lei. « Perché mi girava ».
« Eri… eri vestito così anche il primo giorno che ci siamo incontrati ».
« Davvero? Il destino » commentò sarcastico.
« Era il sedici ottobre ».
« Impressionante. Te lo sei riletto prima di venire qua? ».
Hilda scosse la testa.
« Me lo ricordo, N ».
« Mi fai quasi tristezza, sai? Se non avessi cercato di ucciderm—».
« Non ho cercato di ucciderti ».
« Ah no? ». Ora esibiva un sorriso a trentadue denti sul suo viso. « Buono a sapersi! Questo mi ha sicuramente salva—».
« Stavo cercando di proteggerti da Ethan. Lui—lui ti avrebbe uccis—».
« E così hai avuto la geniale idea di farlo—».
« ASCOLTAMI! » urlò. Louis, all’udire quell’acuto, si ritirò di qualche passo. « Volevo—volevo proteggerti. Sapevo che Ethan voleva ucciderti, e così ti ho colpito per potermi occupare di lui. Il colpo che ti ho fatto non era mortale… non lo è mai stato. Volevo proteggerti »..
« Può darsi » sospirò « questo non rende la situazione meno patetica. Ora scusami, ma devo andare. Buona galera, suppongo ».
Fece per voltarsi, quando Hilda ritotrnò a parlare: « Ti amo! ».
Ciò che ottenne in risposta non fu che una risata.
« Sei proprio disperata, eh? ».
Louis se ne stava andando, e con lui ogni speranza di rivdere N in vita. Ogni speranza di vivere.
Doveva pensare a qualcosa.
« Aspetta! ».
Il ragazzo interruppe la sua uscita.
« Cosa c’è, ancora? ».
« S—sei scusato ».
Louis era ancora di schiena. « Come, scusa? ».
« Sei scusato, N. Non importa ».
« Per cosa? » rise, voltatosi « cosa st—».
« Scusato per il valzer ».
Louis sosse la testa. Un movimento impercettebile, in sincronia con i suoi occhi che, per un attimo, uscirono dalle orbite. « Cosa cazzo dici—».
« Mi avevi chiesto scusa per il valzer, e l’ho accettata ».
« Scusa? ». Le labbra del ragazzo non sapevano se dispiegarsi in un sorriso o corrugarsi in un’espressione confusa. « Sei delirante ».
« Ciao Hilda. Scusa per il valze » recitò. « Ti amo ed amerò per sempre. X, x, N ».
« Sei mat—».
« È il messaggio che mi hai mandato, poco prima dell’operazione. Mettesti anche due baci, come quel giorno del vocabolario. Ti ricordi, la parola vuoto? ».
« Senti, sei matta… Ciao ».
Louis era sulla soglia dell’uscita.
« Come hai fatto a dimenticarti? » pianse Hilda. « Come… come hai fatto a perdere ogni memoria di noi? La ruota panoramica, il valzer… come hai fatto a dimenticarmi? ».
Non rispondeva.
« Hai… ». Hilda s’inginocchiò a terra. Le lacrime scorrevano, copiose, e bagnavano il cemento sul quale aveva messo piede. « Hai lasciato che Natural ed Hilda morissero. Come… come ti chiesi quel giorno. Spe—speravo in un futuro migliore. Ma forse è meglio così. Non hai più memoria di N, e potrai vivere. Forse ora, troverai pace con te stesso ».
La figura di Louis non avanzava passi.
« Non dirò addio ad N, perché a questo punto dubito che sia rimasto N in te, ma non dirò addio neanche a Louis. Sei… sei uno sconosciuto, per me. Spero tua sia felice ».
Si accasciò a terra e chiuse gli occhi, mentre in sottofondo il rumore dei suoi passi la cullava.
Una scarica solleticò il suo braccio destro.
Uno stridio bruciò nelle sue orecchie.
« Uh? ».
Aprì gli occhi.
Louis era davanti a lei, in ginocchio, e stava colpendo le sue catene con una pietra violacea. La prima era stata spezzata, e si era dematerializzata nell’aria con un lampo. Ora, Louis era all’opera nell’altra.
« Cosa—cosa sta succedendo? Louis… ».
Un sorriso comparve sul suo volto. « Ancora col gioco dei nomi? ».
La secona catena si spezzò, e con un lampo di luce scomparve.
« Co—cosa? Gioco dei nomi? ».
« Forza, alzati » sorrise. I suoi occhi verde smeraldo incrociarono l’opaco castano di Hilda, e fu in quel momento che vide lo scintillio che, tempo fa, l’aveva catturata. Quella speranza che le riscaldava il cuore. N. « Dobbiamo correre ».
« N? ».
« Non mi vedi? » rise.
« Non—non capisco. Louis—».
« Forza! ».
Afferrò la sua mano e corse verso l’uscita.
Mentre correvano, l’unico pensiero di Hilda era N.
Vederlo assiema a lei, al suo fianco, che correva verso la libertà, era la cosa più bella che avesse visto in quegli ultimi giorni. Sapere che il suo N fosse al suo fianco alleggeriva il suo cuore più di qualsiasi altra cosa in quel momento; stava scappando da ciò che le sembrava una condanna a vita ed il suo volto era su ogni telegiornale di Unova, ma nel momento in cui veniva ricambiata uno sguardo da lui, tutto il mondo si fermava. Se solo fosse stato così, pensò.
Il cielo era di un buio pesto e districarsi nel labirinto di capannoni non fu facile: a guidarli fu una strana luce che proveniva dall’uscita. Una colonna di fumo si ergeva, come la Stella Polare, nel cielo di quella serata. Uscirono dall’hangar e presero a farsi strada nei campi, fra l’erba alta, il vento che accarezzava i loro capelli e l’aria pungente della sera che solleticava la sua pelle. Le stelle erano alte nel cielo, e tutto ciò aveva un che di romantico nella sua mente.
Certo, non era la sua idea di appuntamento, ma d’altronde era di N che si stava parlando.
La macchina era in fiamme.
Era quella la fonte del fumo.
A quella vista, Hilda cacciò un urlo, mentre N si limitò ad un più calmo « No », ripetuto fino allo sfumare nel vento invernale.
« Come facciamo? » pianse « come… come facciamo? Non abbiamo via d’uscita ».
« Tro—troveremo qualcosa… io e t—».
« NON TI RENDI CONTO! » gridò « Siamo spacciati! ».
Nel giro di pochi secondi, si erano trovati avviluppati l’uno nell’altro. Hilda stringeva fra le sue mani le braccia di Hilda e lui, inerme, la fissava, come ad attendere una risposta dalla ragazza.
« Non… non so come fare… » commentò Louis, i loro sguardi incrociati « mi dispiace ».
Hilda lo spinse via.
« Non sei N ».
« Cosa—cosa stai dicendo? ».
« Ti ho visto… ho visto i tuoi occhi ». Scuoteva la testa e si rannicchiava su sé stessa, come a trovare riparo dal freddo. « C’è qualcosa… qualcosa di N, in te. Ma non sei N ».
« Sono—sono N! ».
« Sì? Ah sì? » lo incalzò Hilda « allora… allora… dimmi le carte. Cosa dicevano le carte? ».
« Carte? Ti sembra il m—».
« DIMMELO E BASTA » strillò.
N alzò le mani verso di lei. « Hilda… calma, sistemerò tu—».
« Non ti ricordi, vero? ».
Il suo respiro era affannato ed lentamente la temperatura bassa stava attraversando la sua pelle. Poteva sentire il freddo pungere le sue ossa, come sottili lame che s’infiltravano e la pugnalavano mortalmente. Strinse le braccia su di sé e si allontanò ancora di più dal ragazzo.
« Quando… quando mi hai detto del biglietto, ho ricordato qualcosa. È—è molto confuso, ma ti ho ricordato. C’è ancora moltiss—».
« Qui—quindi non sai chi sono? ».
« So che sei Hilda Baskerville, e che ti amavo… credo ».
Le lacrime continuavano a scendere.
« Non—non mi ami? ». Il suo tono ed il verso che emise pronunciando quelle parole erano molto più vicini ad una risata che ad un pianto, ma, a quel punto, ogni sua emozione era confusa.
« Devo ricord—».
« Basta! Ba—basta. Do—dobbiamo solo tro—trovar—» cadde a terra.
« HILDA! ».
N si gettò su di lei e la raccolse con tutte le sue forze, issando il suo corpo sulle sue spalle. Si avvicinarono al fuoco della macchina, dove avrebbero potuto trovare un po’ di sollievo.
« E così » proruppe una voce maschile « il lupo perde il pelo ma non il vizio ».
Colress e Zinzolin erano apparsi poco lontano da loro. Le loro figure proiettavano lunghe ombre sul cemento, silhouette che, all’apparenza, erano molto più spaventose e possenti delle persone stesse. I due, vicini, sia per abbigliamento che per portamento, potevano essere scambiati per un duo comico.
« Non—non avvici—».
« Smettila, N. Quante volte te lo devo ripetere? ».
« Non serve, Zinzolin. Ora sistemiamo tutto ».
Estrasse dalla tasca una Pokéball ed, in un lampo rosso, fece uscire Gothtithelle.
« No… non lo farò ancora ».
« Sono sicuro che sarà meglio sta volta, N. Dai, forza, lascia Hilda, il suo posto è in prigione ».
« NO! » gridò « non—non la lascerò. Non tornerò mai con voi ».
Zinzolin estrasse una pistola dalla tasca.
« Allora faremo fuori Hilda, così non avrai più ragione di restare ».
« No, no, aspett—».
Uno sparò bruciò nell’aria.
Un foro perfettamente circolare scintillava di rosso vermiglio sul torace di Hilda. In poco tempo uno zampillo di sangue prese a gorgogliare dalla ferita, e le mani di N, che la stringevano fra loro, bagnate di quel denso liquido.
« Gothithelle, Distortozona ».
♦︎ ♦︎ ♦︎
Error 404
« Morta? ».
N si allontanò da lei.
« Non ti ricordi? ».
Il paesaggio cambiò radicalmente. Ora, si trovava nel parcheggio dell’hangar, Colress e Zinzolin che si avvicinavano a loro due ed N, l’N della visione, che sorreggeva una Hilda altrettanto fantomatica sul terreno.
« Ti ricordi, ora? ».
N, un altro N, stava in parte a lei, ed i suoi respiri erano come sbuffi di aria gelida sul suo collo.
« Non—non è possibile. Non è successo, que—questo, tutto questo, è un so—sogno… ».
Zinzolin fece fuoco alla ragazza, ed Hilda vide il suo stesso corpo ricoprirsi di sangue.
Il paesaggio cambiò nuovamente.
Si trovavano di nuovo di fronte all’entrata della biblioteca di Nacrene City.
Questa volta, però, N era scomparso: al suo posto era apparsa una Gothithelle.
« Dov’è N? ».
« Ero io, N. Questa è la mia vera forma ».
« Cosa… cosa sta succedendo? ».
« Zinzolin ti ha appena sparato, e sei entrata nel fascio della Distortozona che ha colpito N ».
« Non—non capisco. Sono morta o no? ».
Il tono di Gothithelle non era né felice né triste: aveva tutta l’aria d’essere un robot.
« Non sei morta. Non ancora. In questo momento ci troviamo nella tua mente, dove la Distortozona ti ha intrappolata ».
« Co—come faccio ad uscire? ».
« Non puoi uscire. Sei intrappolata nella tua mente ».
Hilda scosse la testa. « Continuo a non capire. Perché sei qua? Perché sono intrappolata nella mia mente? ».
« È la funzione della Distortozona, amplificato dalla scienza di Colress. Una normale Distortozona modifica le condizioni della battaglia, questo raggiunge la tue mente. Lo scopo era di reprimere N nella mente di Louis, ma nel momento in cui anche tu sei entrata nel raggio di azione ha anche avuto effetto su di te ».
« Questo… questo sarebbe reprimere Hilda Baskerville? ».
« È esatto ».
« E che fine faccio? ».
« In questo momento stai morendo all’esterno dell’Hangar 36 ».
« Che fine ha fatto N? ».
« Non posso rivelarti questo tipo di informazioni ».
« Significa… che ci sono cose che puoi dirmi? ».
« Sono una proiezione di Gothithelle nella tua mente. Puoi chiedermi ciò che vuoi, e se è nelle mie capacità risponderò ».
« Ok ».
Hilda si sedette su una panchina.
« Prima di tutto, posso scegliere io la location no? Tanto è nella mia mente ».
« Puoi dare vita a qualsiasi cosa che la tua immaginazione riesca a creare ».
Gli alberi lungo l’orizzonte si trasformarono in una dolce marea, e la campagna di Nacrene divenne anch’essa nient’altro che acqua di mare. Il cielo si tinse di azzurro chiaro e la torre delle telecomunicazioni colorò di toni bianco panna, sino a trasformarsi in un un faro.
Davanti a lei comparve un tavolino di legno e la strada che si snodava di fronte ai suoi occhi fu ricoperta di verde.
Una lieve brezza prese a spirare dal mare.
« Ora va meglio. Quand’è che posso svegliarmi? ».
« Non è previsto alcun risveglio per Hilda Claude Baskerville ».
Hilda sgranò gli occhi. « Cosa? ».
« Non è previsto alcun—».
« L’ho capito quello. Cosa cazzo dovrei fare, restare qua finché non muoio? ».
« Hilda Claude Baskerville rimarrà repressa nell’incoscio fino alla morte del corpo ».
« Ma non ha senso! ».
Stette lì, con le mani in aria ed uno sguardo che trasudava indignazione dipinto in viso aspettandosi una risposta da Gothithelle.
« Perché non rispondi? ».
« Rispondo a domanda posta ».
Hilda si coprì la faccia con le mani. « Ok, allora. Come faccio ad uscire? ».
« Hilda Claude Baskerville rimarrà repressa nell’incoscio fino a volere contrario ».
« Da parte di chi? ».
« Da parte di chiunque mi comandi il contrario ».
« Chiunque? ».
« Solo a Colress è permesso a comandarmi azioni, in quanto creatore dell’amplificatore ».
« Hai volontà? ».
« Non ho una mia volontà che scavalchi quella di Colress ».
« Ok, ma io, se voglio, posso uscire? ».
« Hilda Claude Bask—».
« Basta con ste cazzate! Posso o no uscire? Ok, anzi, aspetta, aspetta… può Hilda Claude Baskerville uscire? ».
« Hilda Claude Baskerville rimarrà repressa nell’incoscio fino a volere contrario ».
« E se Hilda Claude Baskerville volesse uscire di sua spontanea volontà? ».
« Non è possibile farlo ».
Hilda sospirò.
« Quanto mi manca di vita? ».
« Non è un’informazione che posso rivelare ».
« Quindi lo sai? ».
« Io vedo il futuro. La mia proiezione nella realtà, in verità. So quello che succederà, ma non mi è permesso rivelarlo ».
« Cosa? Sul serio? Sai il futuro? ».
« È esatto ».
« E io… uscirò? ».
« Non è un’informazione che posso rivelare ».
« Ok, ok, va bene. Da te non otterrò niente. Posso parlare con qualcuno? ».
« Puoi creare nella tua mente qualsiasi tipo di persona ».
« Ok, e se voles—».
« Ciao, Hilda ».
Ethan era apparso davanti a lei.
N si allontanò da lei.
« Non ti ricordi? ».
Il paesaggio cambiò radicalmente. Ora, si trovava nel parcheggio dell’hangar, Colress e Zinzolin che si avvicinavano a loro due ed N, l’N della visione, che sorreggeva una Hilda altrettanto fantomatica sul terreno.
« Ti ricordi, ora? ».
N, un altro N, stava in parte a lei, ed i suoi respiri erano come sbuffi di aria gelida sul suo collo.
« Non—non è possibile. Non è successo, que—questo, tutto questo, è un so—sogno… ».
Zinzolin fece fuoco alla ragazza, ed Hilda vide il suo stesso corpo ricoprirsi di sangue.
Il paesaggio cambiò nuovamente.
Si trovavano di nuovo di fronte all’entrata della biblioteca di Nacrene City.
Questa volta, però, N era scomparso: al suo posto era apparsa una Gothithelle.
« Dov’è N? ».
« Ero io, N. Questa è la mia vera forma ».
« Cosa… cosa sta succedendo? ».
« Zinzolin ti ha appena sparato, e sei entrata nel fascio della Distortozona che ha colpito N ».
« Non—non capisco. Sono morta o no? ».
Il tono di Gothithelle non era né felice né triste: aveva tutta l’aria d’essere un robot.
« Non sei morta. Non ancora. In questo momento ci troviamo nella tua mente, dove la Distortozona ti ha intrappolata ».
« Co—come faccio ad uscire? ».
« Non puoi uscire. Sei intrappolata nella tua mente ».
Hilda scosse la testa. « Continuo a non capire. Perché sei qua? Perché sono intrappolata nella mia mente? ».
« È la funzione della Distortozona, amplificato dalla scienza di Colress. Una normale Distortozona modifica le condizioni della battaglia, questo raggiunge la tue mente. Lo scopo era di reprimere N nella mente di Louis, ma nel momento in cui anche tu sei entrata nel raggio di azione ha anche avuto effetto su di te ».
« Questo… questo sarebbe reprimere Hilda Baskerville? ».
« È esatto ».
« E che fine faccio? ».
« In questo momento stai morendo all’esterno dell’Hangar 36 ».
« Che fine ha fatto N? ».
« Non posso rivelarti questo tipo di informazioni ».
« Significa… che ci sono cose che puoi dirmi? ».
« Sono una proiezione di Gothithelle nella tua mente. Puoi chiedermi ciò che vuoi, e se è nelle mie capacità risponderò ».
« Ok ».
Hilda si sedette su una panchina.
« Prima di tutto, posso scegliere io la location no? Tanto è nella mia mente ».
« Puoi dare vita a qualsiasi cosa che la tua immaginazione riesca a creare ».
Gli alberi lungo l’orizzonte si trasformarono in una dolce marea, e la campagna di Nacrene divenne anch’essa nient’altro che acqua di mare. Il cielo si tinse di azzurro chiaro e la torre delle telecomunicazioni colorò di toni bianco panna, sino a trasformarsi in un un faro.
Davanti a lei comparve un tavolino di legno e la strada che si snodava di fronte ai suoi occhi fu ricoperta di verde.
Una lieve brezza prese a spirare dal mare.
« Ora va meglio. Quand’è che posso svegliarmi? ».
« Non è previsto alcun risveglio per Hilda Claude Baskerville ».
Hilda sgranò gli occhi. « Cosa? ».
« Non è previsto alcun—».
« L’ho capito quello. Cosa cazzo dovrei fare, restare qua finché non muoio? ».
« Hilda Claude Baskerville rimarrà repressa nell’incoscio fino alla morte del corpo ».
« Ma non ha senso! ».
Stette lì, con le mani in aria ed uno sguardo che trasudava indignazione dipinto in viso aspettandosi una risposta da Gothithelle.
« Perché non rispondi? ».
« Rispondo a domanda posta ».
Hilda si coprì la faccia con le mani. « Ok, allora. Come faccio ad uscire? ».
« Hilda Claude Baskerville rimarrà repressa nell’incoscio fino a volere contrario ».
« Da parte di chi? ».
« Da parte di chiunque mi comandi il contrario ».
« Chiunque? ».
« Solo a Colress è permesso a comandarmi azioni, in quanto creatore dell’amplificatore ».
« Hai volontà? ».
« Non ho una mia volontà che scavalchi quella di Colress ».
« Ok, ma io, se voglio, posso uscire? ».
« Hilda Claude Bask—».
« Basta con ste cazzate! Posso o no uscire? Ok, anzi, aspetta, aspetta… può Hilda Claude Baskerville uscire? ».
« Hilda Claude Baskerville rimarrà repressa nell’incoscio fino a volere contrario ».
« E se Hilda Claude Baskerville volesse uscire di sua spontanea volontà? ».
« Non è possibile farlo ».
Hilda sospirò.
« Quanto mi manca di vita? ».
« Non è un’informazione che posso rivelare ».
« Quindi lo sai? ».
« Io vedo il futuro. La mia proiezione nella realtà, in verità. So quello che succederà, ma non mi è permesso rivelarlo ».
« Cosa? Sul serio? Sai il futuro? ».
« È esatto ».
« E io… uscirò? ».
« Non è un’informazione che posso rivelare ».
« Ok, ok, va bene. Da te non otterrò niente. Posso parlare con qualcuno? ».
« Puoi creare nella tua mente qualsiasi tipo di persona ».
« Ok, e se voles—».
« Ciao, Hilda ».
Ethan era apparso davanti a lei.
♦︎ ♦︎ ♦︎
presente – fuori Castelia City – 19/02/13 [22:31]
Un lampo di luce purpurea proruppe dagli occhi di Gothithelle ed investì i due ragazzi, inermi.
Quando la forte luminosità scomparve, Louis emerse dalla posizione fetale in cui si era trovato poco prima per aiutare la ragazza, i suoi occhi che vagavano attorno alla ricerca di qualcosa.
« Louis? ».
Colress fece un passo avanti ed allungò le sue mani verso di lui.
« Forza, vieni con noi. Andrà tutto bene ».
Le mani e le braccia di Louis erano ricoperte di sangue e così i suoi vestiti, dove aveva già seccato sottoforma di crosta. Il corpo di Hilda giaceva, privo di vita e di movimenti, sopra uno specchio di liquido cremisi. Colta in un sonno dal quale non sapeva quando si sarebbe risvegliata, era ammirata dai tre come un sacerdote contemplava una statua votiva nel suo tempio.
« Cosa.. è successo? » mormorò Louis sbigottito.
Colress lo strattonò a sé e gli fece segno di andare da Zinzolin.
« Niente. Dobbiamo andare, è tardi ».
Louis, Colress e Zinzolin, seguiti dal Gothithelle, si allontanarono dalla scena, lasciando la ragazza nel silenzio più totale.
Quando la forte luminosità scomparve, Louis emerse dalla posizione fetale in cui si era trovato poco prima per aiutare la ragazza, i suoi occhi che vagavano attorno alla ricerca di qualcosa.
« Louis? ».
Colress fece un passo avanti ed allungò le sue mani verso di lui.
« Forza, vieni con noi. Andrà tutto bene ».
Le mani e le braccia di Louis erano ricoperte di sangue e così i suoi vestiti, dove aveva già seccato sottoforma di crosta. Il corpo di Hilda giaceva, privo di vita e di movimenti, sopra uno specchio di liquido cremisi. Colta in un sonno dal quale non sapeva quando si sarebbe risvegliata, era ammirata dai tre come un sacerdote contemplava una statua votiva nel suo tempio.
« Cosa.. è successo? » mormorò Louis sbigottito.
Colress lo strattonò a sé e gli fece segno di andare da Zinzolin.
« Niente. Dobbiamo andare, è tardi ».
Louis, Colress e Zinzolin, seguiti dal Gothithelle, si allontanarono dalla scena, lasciando la ragazza nel silenzio più totale.
𐌳
Louis osservava il suo riflesso nel bicchiere di thé che Zinzolin aveva preparato poco prima per lui nell’aereo privato. Il suo sguardo oscillava, come un pendolo, da ciò che vedeva nell’acqua sporca e fumante di quel cono ai due uomini, che in quel momento si trovavano ad armeggiare con delle importanti valigie su e giù per lo sportello del velivolo. C’era un tavolino per ognuno di loro, una tv appesa al soffitto ed un minibar dove aveva recuperato un panino.
Teneva ancora la maglietta sporca di sangue, ma ciò che era rimasto sulla sua pelle era riuscito a lavarlo via con l’acqua. Ora si trovava infreddolito seduto su un divanetto a tentare di ricordare il suo passato.
Qualche volta, brevi flash attraversavano i suoi occhi, scene di vita che non ricordava di aver vissuto. Grattacieli, rose, fari… che cosa c’entravano con lui?
« C’è tutto? » udì provenire dalle labbra di Colress.
« Credo di sì. Tutto quello che avevamo portato con noi è stato trasferito qua… ».
« Dove sono le mie apparecchiature? ».
Zinzolin lanciò un’occhiata alla pila di valigie. « Quali apparecchiature? ».
« Quelle… che N doveva portare ». Rivolse il suo sguardo alla scala che conduceva all’esterno. « Quelle che avevo mandato N a prendere… torno subito, tu intanto sistemati ».
« Non manca un pilota? ».
« Il pilota sono io, caro mio! » esclamò Colress ormai scendendo le scale.
« Quindi » pronunciò Zinzolin « siamo solo io e te. Ti trovi bene qua? ».
Louis asserì.
« Ottimo. Colress è andato a prendere una cosa, appena torna partiamo ».
Si sedette nel tavolino accanto a lui, dalla parte opposta del corridoio, che comunque si trattava solo di qualche metro di distanza, essendo il jet in sé di dimensioni ridotte.
« Mi hai chiamato, Zinzolin? ».
« Sì, N, avevo intenzione di dirti una cosa ».
« Cos’è che non potevi dirmi a telefono? ».
« Ho bisogno che tu interrompa la corrispondenza telefonica con Hilda ».
« Stai bene, Louis? Ti vedo pensieroso ».
Louis portò una mano alla testa.
« Solo… solo un po’ di mal di testa ».
« Là… i tuoi amici… voi avete nascosto tutto! ».
« Voi? Miei amici? A chi ti riferisci? Zinzolin? ».
« Sì… ».
« Potevi dirlo prima! Io e Zinzolin non siamo amici, siamo più… colleghi?, sì, dai, colleghi. Ultimamente le cose non vanno molto bene ma conto di sistemarle al più presto ».
« E cosa… cosa vuoi da me? ».
« Cosa voglio da te? Che domande! Offrirti un accordo! ».
« Ti vedo male, bevi pure il tuo tè, sono sicuro che ti troverai meglio ».
Louis serrò gli occhi. Delle fitte attraversavano la sua testa, e gli era difficile anche solo tenere aperte le palpebre.
« Non è niente male come ultimo ballo, è un peccato che debba finire ».
« Di’ una parola e continuerò a ballare sino a che il mio corpo me lo permetterà ».
« Mi piace pensare che possa essere così. Danzare su questo parquet in eterno, solo noi due, al suono del violino ».
« È questo il tuo più grande desiderio, Hilda Baskerville? ».
« Sai qual è il mio più grande desiderio, N ».
« Io… Ti— ti amo ».
« Ti amo, N. Come puoi essere indifferente a questo? ».
« Va’ da Looker, Hilda… E, Hilda,… ».
« Sì, N? ».
« Non ho mai considerato la nostra relazione un gioco ».
« Digli la verità, N! Digli qual è la verità che tanto agogna il tuo amato ».
« Hilbert—».
« La verità è che non è capace di amare! ».
« N non sarà mai capace di amare, né te né nessun altra persona su questo mondo! ».
« Non è vero, non ascoltarlo Hil—».
« Perché non dovrebbe ascoltarmi, N? Sappiamo entrambi che è così ».
« Non… non ti lascerò andare ».
« Dovrai farlo. Sorridi per me. Forza, Natural Harmonia-Gropius. Un… Un… ultima… volta… ».
« Sei sicura di volerlo fare? Dopo di questo… dopo tutto ciò non sarai più Hilda Baskerville, sarà come se non fosse mai esistita ».
« Neanche Natural Harmonia-Gropius ».
« Allora facciamolo ».
« Baciami, N. Lascia che Hilda e Natural muoiano con questo ».
N si alzò dalla sedia, i suoi occhi illuminati da una luce che non aveva mai conosciuto prima Quando, per spostare il suo corpo in alto, fece forza sul tavolino, il bicchiere di tè sobbalzò e cadde a terra, rovesciando con fragore il liquido bollente sul pavimento.
« Louis? Cos’è successo? ».
« Niente » bofonchiò, e scavalcò la sedia, in direzione dell’uscita.
« Stai cercando qualcosa? ».
« Solo una roba ».
Il suo sguardo corse in direzione dei bagagli che i due avevano portato il momento prima nell’aereo. Era là: la pistola che cercava, l’arma con cui avevano colpito Hilda. Giaceva sulla poltrona, nascosta dal tavolino che la copriva da sopra.
Si fiondò a raccoglierla.
« Louis, cosa fai? ».
Non rispose.
« Louis? Tutto bene? LOUIS! ».
« Non chiamarmi così, Zinzolin » mormorò infine « non sono Louis ».
Quando si rialzò, stringeva la pistola in mano.
« Louis, sei impazzito? Metti gi—».
« Sai bene qual è il mio nome. Natural Harmonia-Gropius, ma mi hai sempre chiamato N ».
Il viso di Zinzolin si dipinse di terrore.
« Non—».
« Stai zitto. È da molto, troppo tempo che questa cosa viene rimandata, ed è ora di finirla una volta per tutte ». I due erano in piedi, uno di fronte all’altro, ad un paio di metri di distanza attraverso il corridoio. Zinzolin tentava di indietreggiare, ma lo spazio di manovra era troppo poco anche solo per fuggire. N alzò la pistola. « Anni fa mi facesti scegliere tra Hilbert ed il Team Plasma, e scelsi il Team Plasma. Ora ho cambiato idea ».
Rimosse la sicura.
« N—».
« Addio, Zinzolin ».
Uno sparo bruciò nelle loro orecchie.
Zinzolin fece per allontanarsi, ma non riusci a superare la velocità del proiettile, che lo colpì dritto nel mento, attraversò il suo cervello e fini nel muro dietro di lui. Vide i suoi occhi diventare vitrei e la vita spirare dal suo corpo come cadeva, con il tonfo col quale Hilbert cadde, anni or furono, ed una pozza di sangue si estese attorno a lui.
L’ultimo baluardo del Team Plasma, l’ultim
Mise la pistola in tasca e scese dall’aereo.
♦︎ ♦︎ ♦︎
Error 404
« Ethan? ».
« In persona! L’Isola Vittoria, eh? » notò, indicando con lo sguardo il maestoso faro che aveva creato nella sua mente la ragazza. « Dicono che se esprimi un desiderio al faro, Victini lo realizzerà. O forse era in un altro posto? Non ne ho idea, non te lo ricordi mai ».
« Come—come hai fatto? ».
« Sono nella tua mente, Hilda. Nel momento stesso in cui hai pensato di chiamarmi, sono arrivato ».
Ethan era in piedi, davanti a lei, il suo ciuffo castano mosso dalla brezza che spirava. Era vestito come il giorno prima, che il tempo bagnasse i suoi vestiti di sangue e tumefacesse il suo viso.
« Devi—devi aiutarmi ».
« A fare cosa? ».
« Non lo capisci? Sono intrappolata qua! Ne—nella mia testa! ».
Il ragazzo si avvicinò, e nelle sue mani comparse improvvisamente un mazzo di rose. « Non serve. Rimani qua, con me. Saremo felici ».
« Non lo saremo » scosse la testa lei « noi— tu non esisti. Sei solo una proiezione della mia testa. Ethan… è morto ».
Prima che se ne accorgesse, il suo braccio destro era stretto nella morsa della mano del castano. « Eppure sono vivo! ».
« È—è una proiezione. Non sei reale ».
« Finché rimani qua, lo sono. E lo sarò per sempre ».
« Se morirò, non ci sarà nessun per sempre ».
Il volto di Ethan si rabbuiò.
« Non c’è proprio niente che possa fare, eh? ».
« Puoi aiutarmi a fuggire da qua ».
Sospirò. « Sei sicura di volerlo fare? ».
Hilda asserì.
« Se è quello che Hilda vuole, va bene ». Volse il suo sguardo a Gothithelle, che era rimasta per tutto il tempo nella stanza. « C’è un modo per uscire, Gothithelle? ».
« Hilda Claude—».
« Non Hilda. Qualcuno, qualsiasi persona… come si fa ad uscire? ».
« Il mio compito è quello di reprimere Hilda Claude Baskerville in questo corpo. Chiunque, che non sia Hilda Claude Baskerville, può uscire ».
« Gliel’avevo già chiesto » lo incalzò Hilda « è come un disco rotto ».
Ethan si avvicinò a Gothithelle. « Gothithelle, come può, questa persona, uscire? ».
« Se viene riconosciuta come non Hilda Claude Baskerville, sarà fatta uscire ».
« Qui—».
« Aspetta, Hilda » la interruppe lui. « Gothithelle, posso uscire io? ».
« Tu sei Hilda Claude Baskerville. Sei una proiezione della sua mente ».
« Eth—».
« Aspetta, ancora una cosa. In base a cosa vedi se una persona è Hilda Claude Baskerville o no? ».
« Il mio compito è di reprimere i ricordi di Hilda Claude Baskerville. Se i ricordi di una persona corrispondono ai ricordi di Hilda Claude Baskerville, quella persona viene repressa ».
« Quindi se trovi qualcuno che non ha i suoi ricordi, che non è lei, la fai uscire? ».
« È esatto ».
Lo sguardo di Ethan corse verso Hilda. « Hai sentito? ».
« Sì, cioè » Hilda scosse la testa « non ho capito. Come facc—».
« Erika Joy! Fai uscire lei! ».
« Che? ».
« Crea, ora, una copia di Erika Joy. La stessa persona che eri tu, Erika, prima che io venissi da te. Prima di quel fatidico incontro ».
« Non ha sen—».
« Provaci! Provare—provare non costa nulla ».
Hilda abbassò lo sguardo. E se Ethan avesse avuto ragione? Onestamente, non sapeva cosa avrebbe fatto. Ma non fare niente, ragionò, era altrettanto inutile. Al solo pensiero, di fronte a lei apparse Erika Joy.
« Gothithelle » esordì Ethan « lei va bene? ».
« Dove sono? » mormorò la giovane. « Cosa ci faccio qua? ».
« Lei non è Hilda Claude Baskerville. I suoi ricordi non corrispondono ai ricordi di Hilda Claude Baskerville ».
« Erika, ascoltami, ho bisogno che tu faccia una cosa ».
« Tu chi sei? E per—».
« Non c’è tempo! Ascoltami » Hilda afferrò le sue spalle e la scosse. « Ascoltami molto bene. N— Louis, è in pericolo. Devi andare a salvarlo. Dirigiti verso il capannone dove ero prima… gira a sinistra uscita dal primo capannone, vai avanti, ed entra nel quarto a destra. Se non sono là… non so dove siano. Ricord—».
Lo sguardo di Gothithelle si illuminò.
Un lampo spazzò via sia Ethan ched il Pokémon ed Hilda, per un attimo, perse i sensi.
« In persona! L’Isola Vittoria, eh? » notò, indicando con lo sguardo il maestoso faro che aveva creato nella sua mente la ragazza. « Dicono che se esprimi un desiderio al faro, Victini lo realizzerà. O forse era in un altro posto? Non ne ho idea, non te lo ricordi mai ».
« Come—come hai fatto? ».
« Sono nella tua mente, Hilda. Nel momento stesso in cui hai pensato di chiamarmi, sono arrivato ».
Ethan era in piedi, davanti a lei, il suo ciuffo castano mosso dalla brezza che spirava. Era vestito come il giorno prima, che il tempo bagnasse i suoi vestiti di sangue e tumefacesse il suo viso.
« Devi—devi aiutarmi ».
« A fare cosa? ».
« Non lo capisci? Sono intrappolata qua! Ne—nella mia testa! ».
Il ragazzo si avvicinò, e nelle sue mani comparse improvvisamente un mazzo di rose. « Non serve. Rimani qua, con me. Saremo felici ».
« Non lo saremo » scosse la testa lei « noi— tu non esisti. Sei solo una proiezione della mia testa. Ethan… è morto ».
Prima che se ne accorgesse, il suo braccio destro era stretto nella morsa della mano del castano. « Eppure sono vivo! ».
« È—è una proiezione. Non sei reale ».
« Finché rimani qua, lo sono. E lo sarò per sempre ».
« Se morirò, non ci sarà nessun per sempre ».
Il volto di Ethan si rabbuiò.
« Non c’è proprio niente che possa fare, eh? ».
« Puoi aiutarmi a fuggire da qua ».
Sospirò. « Sei sicura di volerlo fare? ».
Hilda asserì.
« Se è quello che Hilda vuole, va bene ». Volse il suo sguardo a Gothithelle, che era rimasta per tutto il tempo nella stanza. « C’è un modo per uscire, Gothithelle? ».
« Hilda Claude—».
« Non Hilda. Qualcuno, qualsiasi persona… come si fa ad uscire? ».
« Il mio compito è quello di reprimere Hilda Claude Baskerville in questo corpo. Chiunque, che non sia Hilda Claude Baskerville, può uscire ».
« Gliel’avevo già chiesto » lo incalzò Hilda « è come un disco rotto ».
Ethan si avvicinò a Gothithelle. « Gothithelle, come può, questa persona, uscire? ».
« Se viene riconosciuta come non Hilda Claude Baskerville, sarà fatta uscire ».
« Qui—».
« Aspetta, Hilda » la interruppe lui. « Gothithelle, posso uscire io? ».
« Tu sei Hilda Claude Baskerville. Sei una proiezione della sua mente ».
« Eth—».
« Aspetta, ancora una cosa. In base a cosa vedi se una persona è Hilda Claude Baskerville o no? ».
« Il mio compito è di reprimere i ricordi di Hilda Claude Baskerville. Se i ricordi di una persona corrispondono ai ricordi di Hilda Claude Baskerville, quella persona viene repressa ».
« Quindi se trovi qualcuno che non ha i suoi ricordi, che non è lei, la fai uscire? ».
« È esatto ».
Lo sguardo di Ethan corse verso Hilda. « Hai sentito? ».
« Sì, cioè » Hilda scosse la testa « non ho capito. Come facc—».
« Erika Joy! Fai uscire lei! ».
« Che? ».
« Crea, ora, una copia di Erika Joy. La stessa persona che eri tu, Erika, prima che io venissi da te. Prima di quel fatidico incontro ».
« Non ha sen—».
« Provaci! Provare—provare non costa nulla ».
Hilda abbassò lo sguardo. E se Ethan avesse avuto ragione? Onestamente, non sapeva cosa avrebbe fatto. Ma non fare niente, ragionò, era altrettanto inutile. Al solo pensiero, di fronte a lei apparse Erika Joy.
« Gothithelle » esordì Ethan « lei va bene? ».
« Dove sono? » mormorò la giovane. « Cosa ci faccio qua? ».
« Lei non è Hilda Claude Baskerville. I suoi ricordi non corrispondono ai ricordi di Hilda Claude Baskerville ».
« Erika, ascoltami, ho bisogno che tu faccia una cosa ».
« Tu chi sei? E per—».
« Non c’è tempo! Ascoltami » Hilda afferrò le sue spalle e la scosse. « Ascoltami molto bene. N— Louis, è in pericolo. Devi andare a salvarlo. Dirigiti verso il capannone dove ero prima… gira a sinistra uscita dal primo capannone, vai avanti, ed entra nel quarto a destra. Se non sono là… non so dove siano. Ricord—».
Lo sguardo di Gothithelle si illuminò.
Un lampo spazzò via sia Ethan ched il Pokémon ed Hilda, per un attimo, perse i sensi.
♦︎ ♦︎ ♦︎
presente – fuori Castelia City –18/02/13 [23:02]
Erika aprì gli occhi.
Un telo blu scuro si estendeva oltre le possibilità visive dell’occhio, e, così come un manto di velluto, era trapuntato di stelle: migliaia di puntini luminosi che scintillavano nel buio della notte. Un leggero vento accarezzava la sua pelle, e delle scariche di acuto dolore si diffondevano nel suo corpo dal ventre.
Quando fece per portare la mano alla pancia, notò la ferita da fuoco ed il sangue che n’era uscito.
Gridò.
Era confusa, sia sul luogo in cui si trovava che su ciò che era successo: per qualche strano motivo, non riusciva a ricordare niente.
Poggiò le mani a terra e spinse contro il cemento per alzarsi sulle ginocchia, e da lì a fatica si mise in piedi.
Avanzò un passo.
Ogni movimento bruciava nelle sue ossa e provocava in lei fitte di dolore inimmaginabili.
« Ascoltami molto bene. N— Louis, è in pericolo. Devi andare a salvarlo ».
« Eh? » mormorò. « Cos’è che era? ».
« Dirigiti verso il capannone dove ero prima… gira a sinistra uscita dal primo capannone, vai avanti, ed entra nel quarto a destra ».
« Qua—quarto a destra? ».
Un telo blu scuro si estendeva oltre le possibilità visive dell’occhio, e, così come un manto di velluto, era trapuntato di stelle: migliaia di puntini luminosi che scintillavano nel buio della notte. Un leggero vento accarezzava la sua pelle, e delle scariche di acuto dolore si diffondevano nel suo corpo dal ventre.
Quando fece per portare la mano alla pancia, notò la ferita da fuoco ed il sangue che n’era uscito.
Gridò.
Era confusa, sia sul luogo in cui si trovava che su ciò che era successo: per qualche strano motivo, non riusciva a ricordare niente.
Poggiò le mani a terra e spinse contro il cemento per alzarsi sulle ginocchia, e da lì a fatica si mise in piedi.
Avanzò un passo.
Ogni movimento bruciava nelle sue ossa e provocava in lei fitte di dolore inimmaginabili.
« Ascoltami molto bene. N— Louis, è in pericolo. Devi andare a salvarlo ».
« Eh? » mormorò. « Cos’è che era? ».
« Dirigiti verso il capannone dove ero prima… gira a sinistra uscita dal primo capannone, vai avanti, ed entra nel quarto a destra ».
« Qua—quarto a destra? ».
𐌳
Se i suoi calcoli erano esatti, il luogo che ricordava nella sua mente era quello dove lei, Erika, aveva appena messo piede. Il capannone era vuoto, fatta eccezione per dei tavoli da lavoro lungo i lati destro e sinistro, ricoperti di attrezzi. Una valigietta di medie dimensioni scintillava alla luce della luna poco avanti a lei.
Fece qualche passo e si avvicinò al lato sinistro, sorretta anche dal tavolo, quando sentì un rumore di passi avvicinarsi.
Si chinò e nascose sotto il piano di legno.
Non riusciva a vedere chi fosse entrato.
Poco dopo, un altro rumore si unì a quello.
Sporse il suo viso per vedere cosa stesse succedendo; mentre l’uomo di prima era impegnato davanti al tavolo, all’entrata era baluginato un ragazzo che lei riconosceva.
Quando lo vide meglio, sussultò: era Louis.
« Zinzolin, che c’è? » borbottò Colress.
Louis non rispose.
« Zin… » fece, come si voltò « …zo— Louis? ».
« Zinzolin mi ha chiesto di prendere una cosa ».
« Mi sembra strano, ho già tutto io ».
N si guardò attorno.
« Uhm, voleva chiamarti in realtà ».
« Sei sicuro? E perché ha mandato te? ».
« Io… doveva finire qualcosa ».
« Ah sì? ». Sul volto di Colress comparve un sorriso. « Molto bene. Vieni qua, c’è una cosa che devo dirti ».
N, lentamente avanzò dei passi verso di lui.
« Cosa c’è? ».
« Vedi questa cosa Louis? Qua ».
Colress indicò uno spazio vuoto sul tavolo.
« Ahem… credo—».
Louis fu scaraventato a terra.
Prima che potesse accorgersene, lo scienziato aveva impugnato la valigietta ed usata come sfollagente per mandare al tappeto il ragazzo, che come cadde rivelò la pistola nella sua cinta.
Colress posò la valigietta a terra.
Il suo sguardo corse nuovamente sul piano di lavoro, e si fermò su un scintillante segmento acciaio. La sua mano si affrettò a raggiungere l’impugnatura ed il momento dopo era là a dondolare il coltello in aria.
« Cosa pensavi di fare, Louis? ».
« N—niente ».
Lo scienziato alzò il piede destro e spinse il ventre giù.
N cacciò un urlo di dolore.
« Cos’è questa? ». Abbassatosi per raccogliere la pistola la gettò dietro di sé « Non ci servirà più ».
Erika, da quell’angolazione riusciva a vedere tutto ora che i due si erano spostati ed il ragazzo finito a terra.
Vedere un uomo sconosciuto agitare un coltello contro Louis aveva fatto partire il suo cuore a mille. Il dolore che provava, le fitte che infestavano il suo ventre, erano impercettibili in quell’istante. Tutto ciò a cui pensava era come mettersi in salvo. Sarebbe riuscita a salvare Louis?
Lentamente si mise con tutti e quattro gli arti per terra e gattonò fuori dal tavolo, in direzione dell’arma che giaceva ad un metro di lei.
« Ah, l’amore… un gioco a cui hai già perso, N. Deduco a questo punto di star parlando con N, no? Cosa posso— uh? ».
Portò indietro la spalla sinistra e la schiena ruotò sull’asse delle sue gambe. La mano destra continuava a puntare il coltello verso N, ma i movimenti che compiva il suo busto erano sempre più rivolti verso ciò che accadeva dietro di sé. Quando finalmente, voltò anche il viso, Hilda capì che era il momento per entrare in azione: si fiondò con tutte le sue forze sulla pistola, e la impugnò salda fra le mani.
« Hild—».
Alzò la canna verso di lui.
Colress non fece in tempo a girarsi completamente che colpì la sua spalla destra, causando il suo corpo di cedere per un attimo, e, mentre ancora si reggeva in piedi, sparò un altro colpo al petto. Lo fissò dritto negli occhi, nei quali riconobbe la persona di Joe, come il suo cadavere privo di vita si accasciava al suolo ed i suoi occhi si spegnevano.
« HILDA! » chiamò N « cosa ci fai qua? ».
« Lou? Io—io—» tentò di alzarsi « io… ».
Fece per cadere, ma i ragazzo corse a raccoglierla. La pistola cadde dalle sue mani e scivolò a terra.
« Va tutto bene, Hilda. Mi ricordo ».
« Di co—cosa parli? Ricordi? Dove mi trovo, Lou? ».
« Non… non ricordi? ».
Erika scosse la testa.
« Cosa dovrei ricordare? Perché sono qua? ».
Gothithelle.
« Cerca di ricordare! Non—non puoi dimenticare, Hilda! Il valzer, ti ricordi il valzer? ».
« Valzer? Di cosa parl—».
La ragazza cedette al suolo.
La ferita che aveva sul ventre si era riaperta, ed il sangue aveva ripreso a scorrere.
« HILDA! ».
Fu solo in quel momento che si rese conto di ciò che stava accadendo tutt’attorno: un assordante sirena squillava nell’aria ed un plotone di uomini armati aveva fatto breccia nell’hangar.
N stava rialzandosi quando fu accerchiato da guardie, e davanti ai due amanti apparse la faccia di Looker.
« Distretto di Polizia di Castelia City! ».
FINE PARTE II
PARTE III
PARTE III
O happy dagger,
this is thy sheath.
There rust: and let me die
(William Shakespeare; Romeo and Juliet)
presente – Castelia City – 27/02/13
10:21 AM
Sconosciuto
Incontrami all’incrocio fra la ventiduesima e Mode Street per le 5. So del Team Plasma.
this is thy sheath.
There rust: and let me die
(William Shakespeare; Romeo and Juliet)
presente – Castelia City – 27/02/13
10:21 AM
Sconosciuto
Incontrami all’incrocio fra la ventiduesima e Mode Street per le 5. So del Team Plasma.
Looker sedeva in un tavolino ed osservava il traffico davanti a sé.
Le sue mani tamburellavano sui suoi vestiti ed i suoi occhi correvano alla ricerca di ogni fonte sonora non appena il minimo rumore fosse stato captato dalle sue orecchie. Aveva scelto una posizione per cui, casomai qualcuno arrivasse, non sarebbe stato colto di sorpresa.
Con la mano sinistra, stringeva da sopra la giacca la pistola che aveva incastrato nella cinta.
Erano appena le 4:58 quando vide un ragazzo avvicinarsi, stringendo una strana valigietta in mano.
« N? ».
Il ragazzo levò i suoi voluminosi occhiali da sole dagli occhi e li inforcò nei suoi capelli verdi. « Looker! Che piacere vederti ».
« Pensavo non avessi più il coraggio di farti vedere qua, a Castelia ».
N sorrise.
« Alcune persone sono senza vergogna. Posso? ».
Senza ottenere una risposta, si sedette.
« Sai, pensavo che fossi stati tu a mandarmi quel messaggio ».
« Il tuo sesto senso, uh? Deformazione professionale, suppongo… ». Afferò la lista delle bevande e la sfogliò « Già ordinato? ».
Looker strinse i denti. « Non so che idea tu ti sia fatto, ma non ho tempo da perdere. Ho un processo da portare avanti ».
« Capisco, capisco. Sai come si chiama questo bar? ».
« Non ne ho la più pallida idea » recitò, con fare quasi orgoglioso.
« Si chiama Bar Grandangolo. E sai cos’è successo? ».
« Felicemente all’ocuro ».
N sorrise. « Mi sa che hai ragione. Non è successo nulla di importante. Questa… questa situazione, mi ricorda molto il nostro primo incontro. Quando ti offrii quell’accordo, no? Per molti versi è simile ».
Issò la valigietta dal terreno, e dal modo in cui lo fece Looker poté vedere che fosse piuttosto pesante, e la gettò sul tavolo con un tonfo sordo. Inserì qualche numero all’interno del lucchetto, per poi vederla aprire con un clangore meccanico davanti ai suoi occhi.
« Ma ora, penso che tu voglia parlare d’affari. Ho delle cose che ti possono interessare » sorrise « questo, questo e quest’altro ».
Sul tavolo erano allineati tre oggetti molto differenti tra loro: una scatola nera, un plico di fogli ed un telefono.
« E come mai? ».
« Vedi » fece, indicando la scatola nera « in questo hard-drive ci sono tutte le registrazioni e le foto prese dalle telecamere di sorveglianza dell’edificio del Team Plasma nel quale hai incontrato Ryoku e Colress ».
Looker rise.
« Non so di cosa tu stia parlando. Ed anche se fosse, dubito che tu abbia qualcosa ».
« Come preferisci » continuò, esibendo il suo solito sorriso « in quest’altro, invece, ho stampato per te ogni documento che Ryoku, Colress e Zinzolin hanno manipolato per incastrare Hilda e che tu hai, molto felicemente, accettato come prova per supportare il tuo caso ».
« Cosa caz—».
« Aspetta! Qua viene il bello! In questo piccolo telefono, invece, c’è la tua confessione! ».
« Sei delirante ».
« Io credo che l’opinione pubblica abbia un’idea diversa ».
« Non mi credi? Se vuoi portarteli a casa! Ho fatto delle cop—».
« Ok, addio ».
Looker spinse il tavolino e si alzò, facendo per andare.
« Ho già mandato tutto alla stampa » commentò N « pensavo ti facesse piacere saperlo, quando tutta la stampa di Castelia City sarà da te a chiederti cosa ci fa il più—».
A quelle parole, il detective si gettò su di lui e lo spinse a terra.
« Non—non serve che mi ringrazi ».
« Sei solo un bastardo. Non ho mai voluto tutto ciò. Non ho mai chiesto di cominciare una cazzo di indagine per la morte di Shauntal, non ho mai cercato di andare dietro l’uomo più potente di Castelia, e questo è il risultato! Hilda è colpevole » pronuncio l’è con particolare accento « se non altro di avermi rovinato la vita, e io me la sto riprendendo. E se a te dà fastidio, tanto meglio. Non fosse stato per te, non sarei mai finito qua ».
N si aggrappò alla sedia e si alzò. Ritornò al tavolo e raccolse il telefono da là, per poi mettersi a scriverci qualcosa sopra.
« Cosa stai facendo? ».
« Sai cos’è successo in questo bar? Nel Bar Grandangolo, alle cinque del pomeriggio del sedici ottobre 2011, Hilda Baskerville ha accettato il mio patto, e con esso la sua vita è stata rovinata per sempre. Ora, oggi ventisette febbraio 2013 alle cinque in punto, sto mandando tutto ciò che mi hai appena detto alla stazione di polizia di Castelia City. C’è qualcosa di poetico in tutto ciò, no? ».
« Razza di cogl—».
« Alt! Alt » sorrise N, il braccio sinistro che teneva Looker lontano da lui ed il destro che digitava sul cellulare « guardati attorno: siamo circondati da giornalisti, che aspettano solo una mossa falsa. Hai finito di vivere. Anche se questo può non bastare per scagionare Hilda, le prove che hai uno scopo personale nell’incarcerarla metteranno in dubbio l’intero processo agli occhi della regione, e con queste altre prove, tutto ciò che hai costruito finirà. Addio, Looker ».
Mise il telefono in tasca, inforcò gli occhiali da sole sul naso ed uscì di scena, mentre il detective fissava l’orda di giornalisti che, in quell’esatto momento erano appparsi tutt’attorno.
𐌳 𐌳 𐌳
diary – Castelia City – 23/10/13
Ho deciso che scriverò un diario.
Oggi Hilda è tornata finalmente a casa, ed hanno chiuso una volta per tutte il processo a suo carico.
L’avvocato diceva che, finché non avessero messo la parola fine a questa faccenda, era meglio che non ci vedevamo… ero così contento di vederla. Purtroppo, non ricorda ancora niente.
Credo che siano ancora gli effetti di Gothithelle.
Quado finiranno?
Alcuni momenti ho paura di non rivederla mai più. È per questo che devo restare con lei.
Ed è per questo che ho cominciato un diario.
Voglio monitorare i suoi progessi.
Alla prossima pagina, quindi.
N
𐌳 𐌳 𐌳
presente – Castelia City – 14/12/13
« E così sei stata trovata innocente, vero? ».
Erika fissò intensamente Judith, una lacrima che scese lungo la sua guancia.
« Esatto ».
La donna allungò la mano verso la sua mano e la strinse forte. « Sei una donna molto forte, Erika, un esempio per tutte noi. Nessuno… nessuno può immaginare quello che hai passato ».
« Grazie, Judith, ma devo dire che se non fosse stato per il mio Lou non credo che ce l’avrei fatta ».
« Grazie anche a te, allora, Louis! Per averci riportato sana e salva la nostra Erika a casa ».
La telecamera inquadrò un imbarazzato N, e la sua risposta fu quella di esibire un imbarazzato sorriso al cameraman.
« Cosa ne dite, ragazze? Non trovate che la loro storia sia bellisima? ».
Il pubblico esultò in grida di gioia.
« Come? Non ho capito bene! Fatevi sentire, pubblico del Judith Shallow Show! ».
Questa volta la furia fu maggiore e diede quasi fastidio alla ragazza sentire quelle persone urlare il suo nome dall’altra parte del palco. Sorrise comunque, confidando nella fine di quel tour de force.
« Erika, dimmi, ora che farai? Ti sei già ripresa dal processo? ».
« A essere onesta, dopo che fu scoperta la conspirazione di Looker Barkins è stata praticamente un strada in discesa. Ho apprezzato molto che tu abbia sempre tifato per me anche qua, sul programma ».
« Non c’è di che, Erika! Pubblico fatevi sentire! ».
Le persone sugli spalti tornarono a gridare.
« Dicevamo, comunque, hai qualche posto di particolare dove andare? ».
« In realtà sì » sorrise Erika. Allungò la mano destra a Louis, e la strinse. « Io e Lou abbiamo deciso di trasferirci ad Alola, vogliamo cambiare aria ».
« ALOLA? » starnazzò Judith « questo è FANTASTICO! Vero, pubblico? ».
Il pubblico esultò.
« Possiamo sapere qualche dettaglio in anticipo? ».
« In realtà non sappiamo bene neanche noi. È da un po’ di tempo che volevo cambiare aria e sai, tra una cosa e l’altra, ho pensato che Alola fosse la regione ideale. Non abbiamo idea dove ci fermeremo, gireremo un po’ finché non troveremo il nostro piccolo angolo di paradiso… vero Lou? ».
« Verissimo » sorrise N.
Erika fissò intensamente Judith, una lacrima che scese lungo la sua guancia.
« Esatto ».
La donna allungò la mano verso la sua mano e la strinse forte. « Sei una donna molto forte, Erika, un esempio per tutte noi. Nessuno… nessuno può immaginare quello che hai passato ».
« Grazie, Judith, ma devo dire che se non fosse stato per il mio Lou non credo che ce l’avrei fatta ».
« Grazie anche a te, allora, Louis! Per averci riportato sana e salva la nostra Erika a casa ».
La telecamera inquadrò un imbarazzato N, e la sua risposta fu quella di esibire un imbarazzato sorriso al cameraman.
« Cosa ne dite, ragazze? Non trovate che la loro storia sia bellisima? ».
Il pubblico esultò in grida di gioia.
« Come? Non ho capito bene! Fatevi sentire, pubblico del Judith Shallow Show! ».
Questa volta la furia fu maggiore e diede quasi fastidio alla ragazza sentire quelle persone urlare il suo nome dall’altra parte del palco. Sorrise comunque, confidando nella fine di quel tour de force.
« Erika, dimmi, ora che farai? Ti sei già ripresa dal processo? ».
« A essere onesta, dopo che fu scoperta la conspirazione di Looker Barkins è stata praticamente un strada in discesa. Ho apprezzato molto che tu abbia sempre tifato per me anche qua, sul programma ».
« Non c’è di che, Erika! Pubblico fatevi sentire! ».
Le persone sugli spalti tornarono a gridare.
« Dicevamo, comunque, hai qualche posto di particolare dove andare? ».
« In realtà sì » sorrise Erika. Allungò la mano destra a Louis, e la strinse. « Io e Lou abbiamo deciso di trasferirci ad Alola, vogliamo cambiare aria ».
« ALOLA? » starnazzò Judith « questo è FANTASTICO! Vero, pubblico? ».
Il pubblico esultò.
« Possiamo sapere qualche dettaglio in anticipo? ».
« In realtà non sappiamo bene neanche noi. È da un po’ di tempo che volevo cambiare aria e sai, tra una cosa e l’altra, ho pensato che Alola fosse la regione ideale. Non abbiamo idea dove ci fermeremo, gireremo un po’ finché non troveremo il nostro piccolo angolo di paradiso… vero Lou? ».
« Verissimo » sorrise N.
𐌳 𐌳 𐌳
diary – Mele Mele Island; Hau’Oli – 12/01/14
Caro diario,
siamo ufficialmente ad Alola. Ci siamo sistemati in un piccolo hotel che dà sul mare ed ora Hilda sta facendo il bagno al tramonto. Credo che mi unirò, fra poco. È bello poter andare in giro per una città senza che le persone ci fermino perché ci hanno visto sui giornali. Qualcuno la riconosce, o la fissa, ma va bene.
Mi accontento.
Credo che Hilda abbia avuto dei flash della sua vita, oggi. Stavamo leggendo un giornale.
Speriamo che si insefichino.
Per ora mi sto divertendo.
N
𐌳 𐌳 𐌳
presente – Akala Island; Kantai – 13/07/15
Erika
uscì dal camerino sfoggiando un abito rosso fuoco. Era sorretto tramite
due sottili spalline ricoperte di fiori e si snodava dal seno alle
ginocchia con motivi floreali su di esso. Fece una ruota su sé stessa
come arrivò davanti ad N, emozionata per la conquista in fatto di moda.
« Ti piace, Lou? ».
« È… carino ».
« Come carino? ».
« È molto bello, ok ».
Erika sbuffò.
« Sei sempre il solito ».
Ritornò in camerin col broncio dipinto sul viso.
« Ehi! Erika, aspetta! ».
La sua testa sbucò fuori dalla tendina. « Che c’è? ».
« Senti, scusa, è che sti giorni… non lo so ».
« Ti stai stufando di Alola? ».
« Non è questo! È che… stiamo facendo tutti i giorni la stessa cosa. Spiaggia, shopping, spiaggia, shopping, spiaggia, shopping… ».
« Non è quello per cui siamo venuti ad Alola? »
« No! Io… ».
« Cosa, Lou? Alcune volte mi sembra che tu non voglia neanche me! Non sei mai felice, e quando lo sei non dura niente! È come se non volessi stare con me! » e richiuse la tendina davanti a sé.
« Forza, Lou! Quelle valigie non pesano neanche tanto! ».
N uscì dalla boutique stringendo due pesanti sacchetti di cartone fra le mani. Vestiti e cappelli d’ogni tipo straripavano da quei contenitori, tanto che doveva fare i salti mortali per riuscire a portarli integri sino alla macchina.
« Erika! Erika! ».
« Che c’è? Devi lamentarti ancora? »
« Erika—» pronunciò ansimante « devo— anf, dirti una— anf, cosa ».
Poggiò i sacchetti a terra.
« Cosa c’è? ».
« Devo… dirti una cosa ».
N s’inchinò.
« Erika Joy, vuoi sposarmi? ».
« Ti piace, Lou? ».
« È… carino ».
« Come carino? ».
« È molto bello, ok ».
Erika sbuffò.
« Sei sempre il solito ».
Ritornò in camerin col broncio dipinto sul viso.
« Ehi! Erika, aspetta! ».
La sua testa sbucò fuori dalla tendina. « Che c’è? ».
« Senti, scusa, è che sti giorni… non lo so ».
« Ti stai stufando di Alola? ».
« Non è questo! È che… stiamo facendo tutti i giorni la stessa cosa. Spiaggia, shopping, spiaggia, shopping, spiaggia, shopping… ».
« Non è quello per cui siamo venuti ad Alola? »
« No! Io… ».
« Cosa, Lou? Alcune volte mi sembra che tu non voglia neanche me! Non sei mai felice, e quando lo sei non dura niente! È come se non volessi stare con me! » e richiuse la tendina davanti a sé.
« Forza, Lou! Quelle valigie non pesano neanche tanto! ».
N uscì dalla boutique stringendo due pesanti sacchetti di cartone fra le mani. Vestiti e cappelli d’ogni tipo straripavano da quei contenitori, tanto che doveva fare i salti mortali per riuscire a portarli integri sino alla macchina.
« Erika! Erika! ».
« Che c’è? Devi lamentarti ancora? »
« Erika—» pronunciò ansimante « devo— anf, dirti una— anf, cosa ».
Poggiò i sacchetti a terra.
« Cosa c’è? ».
« Devo… dirti una cosa ».
N s’inchinò.
« Erika Joy, vuoi sposarmi? ».
𐌳 𐌳 𐌳
diary – Akala Island; Kantai – 02/07/15
Caro diario,
oggi ho scoperto che nell’hotel dove stiamo celebrano matrimoni.
Non so cosa fare con Hilda… passano i giorni e lei non si ricorda niente, ed anzi, mi sembra che peggiori quasi. Della ragzza che conoscevo non rimane più l’ombra. Non so se ce la farò per molto così, ancora.
Penso… penso che ci sposeremo. Ho in mente di fare qualcosa di speciale, per farle ricordare.
Spero che funzioni.
N
𐌳 𐌳 𐌳
presente – Akala Island; Kantai – 22/08/15
«
Erika Joy, vuoi accogliere Louis Bloomfield come tuo sposo, promettendo
di essergli fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e
nella malattia, e di amarlo e onorarlo tutti i giorni della tua vita,
finché morte non vi separi? ».
Le lacrime coprivano tutto il viso di Erika.
« Lo voglio » affermò.
Il funzioniario della celebrazioni chiuse il tomo che reggeva nelle mani e lo posò sul leggio di plastica davanti a lui. Porse una penna ed un foglio da far firmare ad N, il quale, scritto ciò che doveva scrivere, lo passo ad Erika. L’uomo, nell’attesa che i da-poco-sposi finissero, aveva tirato fuori il telefono e stava digitando qualcosa su di esso.
« Abbiamo… finito ».
« Uh? ». Alzò lo sguardo dal cellulare. « Ok, poggiala là. Vi nomino marito e moglie. Può baciare la sposa ».
Erika saltò di gioia nelle braccia di N, lanciando il bouquet di fiori tropicali in aria. Esso volteggiò su sé stesso un paio di volte, per poi cadere ad una decina di metri dall’altare, e per l’impatto il nastro si sciolse, liberando l’intera composizione floreale sulla sabbia.
Le due persone che osservavano la celebrazione, dalla penultima fila delle panchine, applausero per qualche secondo.
Un rumore di campane provenì dalle casse stereo che erano poste ai lati della navata.
« Bene, pausa di venti minuti al buffet » gracchiò la voce del funzionario dagli speaker « i prossimi sono Mark Dempsey e Jenny Prat ».
L’uomo quindi si allontanò dal microfono in direzione del buffet in riva al mare.
« Siamo sposati! Non è fantastico? » annunciò N.
« Sì… credo. Non è un po’ brutto sposarsi qua? ».
« Scherzi? Ci siamo sposati in riva al mare, abbiamo anche un pantragruelico buffet che ci aspetta, musica… ».
« Lo so, Lou, ma mi aspettavo che qualcosa di più! Non c’era nessun al nostro matrimonio, ed è stato celebrato dal facchino dell’hotel! ».
« E con ciò? Siamo comunque marito e moglie! ».
Erika guardò in basso. « Suppongo di sì. Buffet? ».
« Certo! Sto morendo di fame ».
« Louis Bloomfield » sorrise N al funzionario.
Si erano trovati solo loro a tre a mangiare al buffet, nonostante qualche saltuario cliente dell’hotel passasse ogni tanto a rubare qualche pezzo di torta o frutto nello scaffale dei dolci. I tavolini erano stati posti a mezzaluna ad affacciarsi su una piccola spiaggia privata, nella quale una scala conduceva al piccolo altare ed alle file di sedie di plastica che componevano lo spazio per celebrare i matrimoni.
L’uomo stringeva nelle mani una fetta di torta nuziale.
« Mpf? » rispose confuso.
« Sono quello che ha appena sposato.
« Ah! Mpf—ok. Ogni tanto viene qualche ospite dell’hotel e devo mandarli via ».
N sorrise. « Volevo solo ringraziarla per quello che ha fatto ».
« Oh—mpf, non è—mpf, nien—mpf niente ». Mise un altro boccone nelle proprie fauci. « Mpf— mmm, mpf—voi? ».
« Cosa? ». Il ragazzo era confuso.
« Mpf… mmm… il cibo, lo pagate voi, no? ».
N asserì.
« Ok, ottimo. Ci vediamo! ».
Gettò il piatto di plastica nel cestino, afferrò una bottiglia di vino dal frigobar e risalì le scale dell’altare, tornando dentro l’hotel. N fissò i suoi movimenti con uno sguardo indispettito, ma non poté metabolizzare le sue emozioni che vide Erika apparire nel suo campo visivo.
« Erika? ».
« Lou! Cosa facciamo, ora? Ho—mpf—ito l’insalata di riso ».
« Che? ».
Erika deglutì. « Dicevo, ho fnito l’insalata di riso ».
« Oh! Vuoi ballare? ».
« Ballare? Certo! » si guardò attorno. « Dov’è la musica? ».
« Vado… vado io ». Estrasse il suo telefono ed andò in direzione del mixer, dietro l’altare delle celebrazioni.
Poco dopo, una dolce melodia si diffuse nell’aria, come N riscendeva le scale che portavano alla spiaggia.
« Che canzone è? Mi sembra… mi sembra di averla già sentita ».
N sorrise. « Si chiama Suite per Orchestra Jazz no. 2 ».
« Oh… ». Erika aveva uno sguardo confuso. « penso di essermi confusa ».
Il ragazzo infilò le sue braccia sotto quelle della giovane e le alzò, in posizione di ballo.
« Chi lo sa? Magari, in un’altra vita ».
« Certo » rise lei « comunque, cosa dovrei fare? Non so ballare ».
« Sai, prima di conoscerti, conoscevo questa ragazza. Era molto tempo fa… » Avanzò un passo in avanti, ed Erika assecondò i suoi movimenti. « Neanche lei sapeva ballare ».
« E? ».
Senza preavviso N portò due passi indietro, e la ragazza, colta di sorpresa, fece fatica a seguire. Incespiscò sui suoi piedi.
« Seguì i miei passi ».
« È—è quello che sto facendo, ma vai troppo veloce ».
« È il ritmo del valzer ».
« Hai mai ballato il valzer? ».
« No, non credo di averlo mai fatto » ribatté imbarazzata « nei miei sogni, magari ».
« Credi di esser capace di assecondare i miei movimenti? ».
« Se tu sarai capace di farmeli assecondare ».
Erika si perse a guardare il vuoto.
« Erika? Erika? ».
« Uh? Oh, scusa ».
« Cos’è successo? ».
« Niente » scosse la testa « andiamo avanti ».
N la fissò dritto negli occhi. « Dimmi, qualsiasi cosa fosse ».
« Ti giuro, non è nient—».
« Non te la cavi male ».
« Ho un ottimo maestro ».
« Allora promettimi di dargli un bacio non appena lo vedrai ».
« Sarà fatto ».
Erika si fermò, di punto in bianco.
« Erika? ».
Scosse la testa. « Cosa c’è? ».
« Ti sei fermata ».
« Scusa… ricominciamo ». Alzò le braccia in direzione di N e le richiuse nella morsa. « Dai, continuiamo ».
N proseguì in avanti. « Cos’è successo? ».
« Niente ».
« Non è nient—».
« Basta, ok? ».
« Erika, dimmelo! Non ti sto chiedendo nient—».
« BASTA! ».
Erika spinse N via da lei. « Che cazzo di problemi hai? ».
« Non… non dire cos—».
« Se non voglio dirtelo non voglio dirtelo, ok? Smettila di chiedermelo ».
Rivolse la schiena al ragazzo e si allontanò, in direzione delle scale.
« Aspetta! As—aspetta… Hilda ».
Erika si fermò.
« Cosa? ».
« Asp—».
« Ho sentito. Come mi hai chiamato? ».
« Hil—Hilda ». Un sorriso riscaldò il viso di N. Qualcosa si era sbloccato.
« Perché cazzo mi chiameresti così? » fece. Si voltò. « Eh? Che cazzo di nome è? ».
« Attenderò con ansia il giorno in cui potremmo ballare insieme, Hilda. Non ora, non domani, forse mai. Sino ad allora, non passerà un giorno in cui non vorrò danzare ancora con te » recitò.
Lo sguardo di Erika si perse nel vuoto.
« Hilda… ». Avanzò un passo in direzione della ragazza, che in quel momento aveva abbassato il capo. Sembrava fosse vittima di una sincope. « Senti… ».
Hilda alzò lo sguardo.
« N? ».
Una lacrima corse lungo la guancia di N. « Sì, Hilda. N ».
I due corsero fra le braccia l’uno dell’altro, ed una volta abbracciati cercarono per le rispettive labbra. Si unirono in un lungo bacio, i loro volti colmi di lacrime.
« N… ».
« Hilda! Non—non sai da quanto tempo ho sognato questo momento ».
Hilda si staccò per un attimo. « Cosa— cosa è successo? Dove siamo? ».
« Ad Alola. Ci siamo appena sposati! ».
Il suo sguardo scese in basso, ai loro vestiti. N indossava un completo bianco, il medesimo completo che aveva indossato la notte della cerimonia alla festa di Zinzolin, mentre la ragazza era avvolta in un corpetto bianco che scendeva in svariate balze fino al terreno. Quando guardò in alto, invece, notò il mare davanti a sé che si estendeva oltre lo sguardo.
« Sembra… sembra un sogno ».
« Non è un sogno! È la realtà, Hilda! Tutto questo… è la realtà ».
Hilda inarcò le labbra in un sottile sorriso, mentre si scostava le lacrime con la mano.
« Non pensavo che saremmo mai riusciti a farlo ».
« Fare cosa? ».
« Essere… felici ».
Saltò in punta di piedi e raggiunse le sue labbra, dove nuovamente scoccò un altro bacio.
« Ora cosa facciamo? ».
« Quello che vogliamo! Sei libera, Hilda, e nessuno ti insegue più. Abbiamo il mondo nelle nostre mani ». Cercò lo sguardo castano dei suoi occhi, ma la sua attenzione era catturata da qualcosa di non ben precisato. Afferrò le sue spalle e la scosse, senza però avere effetto. Hilda non compieva movimenti. « Hilda? Hilda? Rispondimi! ».
Scosse ancora, più volte, e diede un ultimo bacio, nella speranza di una risposta, ma tutto ciò che ottenne fu una fredda indifferenza.
« HILDA! HILDA! ».
« Cosa… cosa c’è? ». Erika alzò lo sguardo. « Cosa c’è che gridi, Lou? ».
Sul viso di N era dipinta la faccia del terrore.
« È… è successo qualcosa? ».
« Erika? ».
« Certo che sono io! Chi ti aspettavi? ». Passò la mano sul viso, e con sua grande sorpresa la vide umida. « Perché stavo piangendo? ».
Rise.
« Lacrime… di gioia, suppongo » commentò atono N.
« Già, già. Ora possiamo tornare in camera? Perderemo Life of Elesa! ».
N la fissò allontanarsi dalla spiaggia mentre lei urlava il suo nome, Louis.
Si asciugò la faccia dalle lacrime e risalì anche lui la scala.
Le lacrime coprivano tutto il viso di Erika.
« Lo voglio » affermò.
Il funzioniario della celebrazioni chiuse il tomo che reggeva nelle mani e lo posò sul leggio di plastica davanti a lui. Porse una penna ed un foglio da far firmare ad N, il quale, scritto ciò che doveva scrivere, lo passo ad Erika. L’uomo, nell’attesa che i da-poco-sposi finissero, aveva tirato fuori il telefono e stava digitando qualcosa su di esso.
« Abbiamo… finito ».
« Uh? ». Alzò lo sguardo dal cellulare. « Ok, poggiala là. Vi nomino marito e moglie. Può baciare la sposa ».
Erika saltò di gioia nelle braccia di N, lanciando il bouquet di fiori tropicali in aria. Esso volteggiò su sé stesso un paio di volte, per poi cadere ad una decina di metri dall’altare, e per l’impatto il nastro si sciolse, liberando l’intera composizione floreale sulla sabbia.
Le due persone che osservavano la celebrazione, dalla penultima fila delle panchine, applausero per qualche secondo.
Un rumore di campane provenì dalle casse stereo che erano poste ai lati della navata.
« Bene, pausa di venti minuti al buffet » gracchiò la voce del funzionario dagli speaker « i prossimi sono Mark Dempsey e Jenny Prat ».
L’uomo quindi si allontanò dal microfono in direzione del buffet in riva al mare.
« Siamo sposati! Non è fantastico? » annunciò N.
« Sì… credo. Non è un po’ brutto sposarsi qua? ».
« Scherzi? Ci siamo sposati in riva al mare, abbiamo anche un pantragruelico buffet che ci aspetta, musica… ».
« Lo so, Lou, ma mi aspettavo che qualcosa di più! Non c’era nessun al nostro matrimonio, ed è stato celebrato dal facchino dell’hotel! ».
« E con ciò? Siamo comunque marito e moglie! ».
Erika guardò in basso. « Suppongo di sì. Buffet? ».
« Certo! Sto morendo di fame ».
« Louis Bloomfield » sorrise N al funzionario.
Si erano trovati solo loro a tre a mangiare al buffet, nonostante qualche saltuario cliente dell’hotel passasse ogni tanto a rubare qualche pezzo di torta o frutto nello scaffale dei dolci. I tavolini erano stati posti a mezzaluna ad affacciarsi su una piccola spiaggia privata, nella quale una scala conduceva al piccolo altare ed alle file di sedie di plastica che componevano lo spazio per celebrare i matrimoni.
L’uomo stringeva nelle mani una fetta di torta nuziale.
« Mpf? » rispose confuso.
« Sono quello che ha appena sposato.
« Ah! Mpf—ok. Ogni tanto viene qualche ospite dell’hotel e devo mandarli via ».
N sorrise. « Volevo solo ringraziarla per quello che ha fatto ».
« Oh—mpf, non è—mpf, nien—mpf niente ». Mise un altro boccone nelle proprie fauci. « Mpf— mmm, mpf—voi? ».
« Cosa? ». Il ragazzo era confuso.
« Mpf… mmm… il cibo, lo pagate voi, no? ».
N asserì.
« Ok, ottimo. Ci vediamo! ».
Gettò il piatto di plastica nel cestino, afferrò una bottiglia di vino dal frigobar e risalì le scale dell’altare, tornando dentro l’hotel. N fissò i suoi movimenti con uno sguardo indispettito, ma non poté metabolizzare le sue emozioni che vide Erika apparire nel suo campo visivo.
« Erika? ».
« Lou! Cosa facciamo, ora? Ho—mpf—ito l’insalata di riso ».
« Che? ».
Erika deglutì. « Dicevo, ho fnito l’insalata di riso ».
« Oh! Vuoi ballare? ».
« Ballare? Certo! » si guardò attorno. « Dov’è la musica? ».
« Vado… vado io ». Estrasse il suo telefono ed andò in direzione del mixer, dietro l’altare delle celebrazioni.
Poco dopo, una dolce melodia si diffuse nell’aria, come N riscendeva le scale che portavano alla spiaggia.
« Che canzone è? Mi sembra… mi sembra di averla già sentita ».
N sorrise. « Si chiama Suite per Orchestra Jazz no. 2 ».
« Oh… ». Erika aveva uno sguardo confuso. « penso di essermi confusa ».
Il ragazzo infilò le sue braccia sotto quelle della giovane e le alzò, in posizione di ballo.
« Chi lo sa? Magari, in un’altra vita ».
« Certo » rise lei « comunque, cosa dovrei fare? Non so ballare ».
« Sai, prima di conoscerti, conoscevo questa ragazza. Era molto tempo fa… » Avanzò un passo in avanti, ed Erika assecondò i suoi movimenti. « Neanche lei sapeva ballare ».
« E? ».
Senza preavviso N portò due passi indietro, e la ragazza, colta di sorpresa, fece fatica a seguire. Incespiscò sui suoi piedi.
« Seguì i miei passi ».
« È—è quello che sto facendo, ma vai troppo veloce ».
« È il ritmo del valzer ».
« Hai mai ballato il valzer? ».
« No, non credo di averlo mai fatto » ribatté imbarazzata « nei miei sogni, magari ».
« Credi di esser capace di assecondare i miei movimenti? ».
« Se tu sarai capace di farmeli assecondare ».
Erika si perse a guardare il vuoto.
« Erika? Erika? ».
« Uh? Oh, scusa ».
« Cos’è successo? ».
« Niente » scosse la testa « andiamo avanti ».
N la fissò dritto negli occhi. « Dimmi, qualsiasi cosa fosse ».
« Ti giuro, non è nient—».
« Non te la cavi male ».
« Ho un ottimo maestro ».
« Allora promettimi di dargli un bacio non appena lo vedrai ».
« Sarà fatto ».
Erika si fermò, di punto in bianco.
« Erika? ».
Scosse la testa. « Cosa c’è? ».
« Ti sei fermata ».
« Scusa… ricominciamo ». Alzò le braccia in direzione di N e le richiuse nella morsa. « Dai, continuiamo ».
N proseguì in avanti. « Cos’è successo? ».
« Niente ».
« Non è nient—».
« Basta, ok? ».
« Erika, dimmelo! Non ti sto chiedendo nient—».
« BASTA! ».
Erika spinse N via da lei. « Che cazzo di problemi hai? ».
« Non… non dire cos—».
« Se non voglio dirtelo non voglio dirtelo, ok? Smettila di chiedermelo ».
Rivolse la schiena al ragazzo e si allontanò, in direzione delle scale.
« Aspetta! As—aspetta… Hilda ».
Erika si fermò.
« Cosa? ».
« Asp—».
« Ho sentito. Come mi hai chiamato? ».
« Hil—Hilda ». Un sorriso riscaldò il viso di N. Qualcosa si era sbloccato.
« Perché cazzo mi chiameresti così? » fece. Si voltò. « Eh? Che cazzo di nome è? ».
« Attenderò con ansia il giorno in cui potremmo ballare insieme, Hilda. Non ora, non domani, forse mai. Sino ad allora, non passerà un giorno in cui non vorrò danzare ancora con te » recitò.
Lo sguardo di Erika si perse nel vuoto.
« Hilda… ». Avanzò un passo in direzione della ragazza, che in quel momento aveva abbassato il capo. Sembrava fosse vittima di una sincope. « Senti… ».
Hilda alzò lo sguardo.
« N? ».
Una lacrima corse lungo la guancia di N. « Sì, Hilda. N ».
I due corsero fra le braccia l’uno dell’altro, ed una volta abbracciati cercarono per le rispettive labbra. Si unirono in un lungo bacio, i loro volti colmi di lacrime.
« N… ».
« Hilda! Non—non sai da quanto tempo ho sognato questo momento ».
Hilda si staccò per un attimo. « Cosa— cosa è successo? Dove siamo? ».
« Ad Alola. Ci siamo appena sposati! ».
Il suo sguardo scese in basso, ai loro vestiti. N indossava un completo bianco, il medesimo completo che aveva indossato la notte della cerimonia alla festa di Zinzolin, mentre la ragazza era avvolta in un corpetto bianco che scendeva in svariate balze fino al terreno. Quando guardò in alto, invece, notò il mare davanti a sé che si estendeva oltre lo sguardo.
« Sembra… sembra un sogno ».
« Non è un sogno! È la realtà, Hilda! Tutto questo… è la realtà ».
Hilda inarcò le labbra in un sottile sorriso, mentre si scostava le lacrime con la mano.
« Non pensavo che saremmo mai riusciti a farlo ».
« Fare cosa? ».
« Essere… felici ».
Saltò in punta di piedi e raggiunse le sue labbra, dove nuovamente scoccò un altro bacio.
« Ora cosa facciamo? ».
« Quello che vogliamo! Sei libera, Hilda, e nessuno ti insegue più. Abbiamo il mondo nelle nostre mani ». Cercò lo sguardo castano dei suoi occhi, ma la sua attenzione era catturata da qualcosa di non ben precisato. Afferrò le sue spalle e la scosse, senza però avere effetto. Hilda non compieva movimenti. « Hilda? Hilda? Rispondimi! ».
Scosse ancora, più volte, e diede un ultimo bacio, nella speranza di una risposta, ma tutto ciò che ottenne fu una fredda indifferenza.
« HILDA! HILDA! ».
« Cosa… cosa c’è? ». Erika alzò lo sguardo. « Cosa c’è che gridi, Lou? ».
Sul viso di N era dipinta la faccia del terrore.
« È… è successo qualcosa? ».
« Erika? ».
« Certo che sono io! Chi ti aspettavi? ». Passò la mano sul viso, e con sua grande sorpresa la vide umida. « Perché stavo piangendo? ».
Rise.
« Lacrime… di gioia, suppongo » commentò atono N.
« Già, già. Ora possiamo tornare in camera? Perderemo Life of Elesa! ».
N la fissò allontanarsi dalla spiaggia mentre lei urlava il suo nome, Louis.
Si asciugò la faccia dalle lacrime e risalì anche lui la scala.
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diary – Akala Island; Kantai – 22/08/15
Caro diario,
è finita. Oggi… oggi ho finalmente potuto parlare con Hilda, per l’ultima volta.
Abbiamo ballato il valzer, il valzer che le avevo promesso quattro anni fa, nella spiaggia dell’hotel. Certo, non è il palazzo di Zinzolin, però è stata una bella esperienza.
Non credo che riuscirò più a risvegliare Hilda, ormai ho provato con tutto. Qualsiasi microscopica possibilità che avevo, con lei, è finita. È bruciata.
Non so co
« … sa fare più, ormai. Restar— no, restare no, rimanere con Erika non vale più— no, no… non ha più senso. È come rimanere con uno Sigilyph— ma che cazzo dico? No… è come rimanere con un fantasma— no, neanche così! ».
N afferrò la pagina dal diario e la strappò in un colpo solo, dopodiché la appallottolo e la gettò nel cestino della camera.
Gettò la sua schiena sullo schienale imbottito.
Che ci faccio qua? pensava, in continuazione ed in continuazione. Più spendeva del tempo con Erika e più l’idea di star buttando anni della sua vita al vento prendeva piede in lui. Sapeva che la sua Hilda era ancora là dentro, in fondo, da qualche parte, ma bastava? L’amava così tanto da rimanere a sorvegliare la sua carcassa? Il suo involucro? È quello che aveva fatto per i passati quattro anni. Star dietro ad Hilda, star dietro ad Erika, poi, per un breve momento, di nuovo dietro ad Hilda, per poi riprecipitare nel baratro che era Erika.
Si alzò.
A passo felpato attraverso la stanza, il diario stretto fra le mani, ed innescò l’accendino. Una blanda fiamma illuminava la camera quella sera, mentre Erika dormiva sonni tranquilli nel letto matrimoniale accanto. Uscì nella terrazza, avvicinò le pagine del libro alla fiamma e lasciò che essa prendesse fuoco. Mollò la presa di essa sopra il portaombrelli che stava la fuori e rientrò.
Aprì la sua valigia: la sacca contenente i soldi era ancora nascosta nel doppiofondo. La tirò fuori, estrasse qualche mazzetta da essa e la poggiò sul comodino di Erika.
Raccolse dei vestiti che aveva pulito quella mattina e li buttò dentro la valigia, la richiuse ed uscì.
𐌳 𐌳 𐌳
presente – Akala Island; Kantai – 23/08/15 [8:47]
Erika aprì gli occhi.
Mormorò qualcosa di indistinto dalle sue labbra, dopodichè trascinò il suo corpo dall’altra parte del letto, alla ricerca di Louis. Quando allungò il braccio verso suo marito, tuttavia, non trovò che il vuoto.
Isssò su la schiena e guardò nuovamente il letto, constatando come fosse effettivamente vuoto di Louis.
« Lou? » chiamò.
Il suo sguardo corse all’orologio.
8.47.
« Lou? Dove sei? ».
Gettò il suo corpo di nuovo a letto per un attimo, fino a che la sua mente non metabolizzò un pensiero che la fece tremare da testa a piedi.
Si rialzò, veloce come si era lasciata cadere, e si alzò dal materasso.
Corse alla porta finestra e la spalancò, dritta nella terraza, ma Louis non era nemmeno là. Al contrario, un pungente odore di bruciato pervadeva l’aria.
Girò sui tacchi ed andò a controllare nella sala da cucina, vuota anch’essa, e in un impeto corse verso il bagno: era vuoto.
« LOU? » gridò. « LOU, DOVE SEI? ».
Spalancò la porta della camera dentro il corridoio comune dell’hotel, e con suo grande disappunto l’intero edificio stava ancora dormendo.
Ritornò dentro trafelata.
La sua valigia mancava.
« LOU? » urlò, ma sapeva che non avrebbe ricevuto risposta.
Louis era scomparso.
Tirò fuori ogni cassetto dal comò e dai comodini, ma nulla era fuori posto: mancavano solo dei vestiti, vestiti che appartenevano a Louis.
Quando si era trovata ad ispezionare il suo, notò tre mazzette di banconote legate da una fascetta azzurra che giacevano sul suo comodino. Le afferrò, incuriosita dalla scoperta, ma trovatasi insoddisfatta per le informazioni che ciò poteva darle sulla posizione di Louis le gettò via, dietro di sé; finirono sul letto.
Si abbassò per raccogliere il cestino e lo rivolse al contrario, scuotendolo affinché ogni cosa dentro cadesse.
C’erano solo un pezzo di carta appallottolato su sé stesso.
La signora delle pulizie passava ogni giorno, ragionò, quindi dovevano essere nuovi.
Li raccolse e li stirò sulle sue ginocchia.
La scrittura era di Louis.
I suoi occhi si illuminarono.
« Caro diario, Hilda non sembra migliorare. Oggi siamo andati in spiaggia, abbiamo fatto un pic-nic all’ombra di una palma, e siamo tornati a casa… ». Sul suo viso era dipinta un’espressione che tutto trasmetteva fuorché certezza. I suoi occhi castani erano sgranati fino al limite, tanto che sembrava avesse appena visto un cadavere. « Che cazzo? Caro diario, è finita. Oggi… oggi ho finalmente potuto parlare con Hilda, per l’ultima volta… chi cazzo è Hilda? ».
Lo girò.
« Caro diario, domani andremo a fare shopping a Kantai. Non ho intenzione di restare un minuto di più con Erika. Eh? ».
Lasciò cadere il pezzo di carta e si mosse in girò.
« Hilda, eh? Bastardo » mormorò, in punto di lacrime.
Uscì di nuovo in terrazza, sperando che l’aria fresca del mattino le facesse cambiare idea, ma niente serviva a placare le sensazioni che provava dentro di sé. Rabbia mista a confusione era ciò che sentiva, in quel momento, per una persona che non aveva la minima idea esser mai esistita.
« E che cazzo di nome è Enne? » gridò, sperando che qualcuno la sentisse, in riferimento al nome con cui si era fermato ogni volta. « Ma cosa cazzo c'hanno fatto? Bruciato un cadavere? ».
Voltò il capo in direzione dell’acuto odore di cenere che sentiva e con suo orrore vide che il portaombrelli era completamente annerito al suo interno, ed un mattoncino nero all’interno del quale intravedeva qualche sfumatura verde giaceva sotto.
Allungò il suo braccio all’interno del contenitore e lo raccolse.
« Che cazzo è? ».
Lo aprì: una ventata di cenere investì il suo viso.
Le pagine all’interno erano ancora intatte, l’umidità del portaombrelli aveva circoscritto le fiamme al solo esterno, dopodiché si erano estinte a causa dell’ambiente sfavorevole.
Lo aprì verso il centro, dove vide fiumi di parole ricoprire le pagine. Corse con le dita sino alla prima.
« Ho deciso che scriverò un diario. Oggi Hilda è tornata finalmente a casa, ed hanno chiuso una volta per tutte il processo a suo carico… » smise di pornunciare che leggeva, sino alal fine della prima pagina, dove erano psoti i saluti. « Voglio monitorare i suoi progessi. Alla prossima pagina, quindi… Enne? ».
« Non è un sogno! È la realtà, Hilda! Tutto questo… è la realtà ».
« Non pensavo che saremmo mai riusciti a farlo ».
« Fare cosa? ».
« Essere… felici ».
Sentì una stretta allo stomaco e delle scariche di dolore diffondersi attraverso tutto il suo corpo. Le sue mani, nel momento stesso in cui reggevano quel diario, tremavano alla sola idea di farlo. Alla sola idea di N.
Una lacrima rigò il suo volto.
« Enne? » ripeté « Enne… ».
Lasciò cadere il diario.
Mormorò qualcosa di indistinto dalle sue labbra, dopodichè trascinò il suo corpo dall’altra parte del letto, alla ricerca di Louis. Quando allungò il braccio verso suo marito, tuttavia, non trovò che il vuoto.
Isssò su la schiena e guardò nuovamente il letto, constatando come fosse effettivamente vuoto di Louis.
« Lou? » chiamò.
Il suo sguardo corse all’orologio.
8.47.
« Lou? Dove sei? ».
Gettò il suo corpo di nuovo a letto per un attimo, fino a che la sua mente non metabolizzò un pensiero che la fece tremare da testa a piedi.
Si rialzò, veloce come si era lasciata cadere, e si alzò dal materasso.
Corse alla porta finestra e la spalancò, dritta nella terraza, ma Louis non era nemmeno là. Al contrario, un pungente odore di bruciato pervadeva l’aria.
Girò sui tacchi ed andò a controllare nella sala da cucina, vuota anch’essa, e in un impeto corse verso il bagno: era vuoto.
« LOU? » gridò. « LOU, DOVE SEI? ».
Spalancò la porta della camera dentro il corridoio comune dell’hotel, e con suo grande disappunto l’intero edificio stava ancora dormendo.
Ritornò dentro trafelata.
La sua valigia mancava.
« LOU? » urlò, ma sapeva che non avrebbe ricevuto risposta.
Louis era scomparso.
Tirò fuori ogni cassetto dal comò e dai comodini, ma nulla era fuori posto: mancavano solo dei vestiti, vestiti che appartenevano a Louis.
Quando si era trovata ad ispezionare il suo, notò tre mazzette di banconote legate da una fascetta azzurra che giacevano sul suo comodino. Le afferrò, incuriosita dalla scoperta, ma trovatasi insoddisfatta per le informazioni che ciò poteva darle sulla posizione di Louis le gettò via, dietro di sé; finirono sul letto.
Si abbassò per raccogliere il cestino e lo rivolse al contrario, scuotendolo affinché ogni cosa dentro cadesse.
C’erano solo un pezzo di carta appallottolato su sé stesso.
La signora delle pulizie passava ogni giorno, ragionò, quindi dovevano essere nuovi.
Li raccolse e li stirò sulle sue ginocchia.
La scrittura era di Louis.
I suoi occhi si illuminarono.
« Caro diario, Hilda non sembra migliorare. Oggi siamo andati in spiaggia, abbiamo fatto un pic-nic all’ombra di una palma, e siamo tornati a casa… ». Sul suo viso era dipinta un’espressione che tutto trasmetteva fuorché certezza. I suoi occhi castani erano sgranati fino al limite, tanto che sembrava avesse appena visto un cadavere. « Che cazzo? Caro diario, è finita. Oggi… oggi ho finalmente potuto parlare con Hilda, per l’ultima volta… chi cazzo è Hilda? ».
Lo girò.
« Caro diario, domani andremo a fare shopping a Kantai. Non ho intenzione di restare un minuto di più con Erika. Eh? ».
Lasciò cadere il pezzo di carta e si mosse in girò.
« Hilda, eh? Bastardo » mormorò, in punto di lacrime.
Uscì di nuovo in terrazza, sperando che l’aria fresca del mattino le facesse cambiare idea, ma niente serviva a placare le sensazioni che provava dentro di sé. Rabbia mista a confusione era ciò che sentiva, in quel momento, per una persona che non aveva la minima idea esser mai esistita.
« E che cazzo di nome è Enne? » gridò, sperando che qualcuno la sentisse, in riferimento al nome con cui si era fermato ogni volta. « Ma cosa cazzo c'hanno fatto? Bruciato un cadavere? ».
Voltò il capo in direzione dell’acuto odore di cenere che sentiva e con suo orrore vide che il portaombrelli era completamente annerito al suo interno, ed un mattoncino nero all’interno del quale intravedeva qualche sfumatura verde giaceva sotto.
Allungò il suo braccio all’interno del contenitore e lo raccolse.
« Che cazzo è? ».
Lo aprì: una ventata di cenere investì il suo viso.
Le pagine all’interno erano ancora intatte, l’umidità del portaombrelli aveva circoscritto le fiamme al solo esterno, dopodiché si erano estinte a causa dell’ambiente sfavorevole.
Lo aprì verso il centro, dove vide fiumi di parole ricoprire le pagine. Corse con le dita sino alla prima.
« Ho deciso che scriverò un diario. Oggi Hilda è tornata finalmente a casa, ed hanno chiuso una volta per tutte il processo a suo carico… » smise di pornunciare che leggeva, sino alal fine della prima pagina, dove erano psoti i saluti. « Voglio monitorare i suoi progessi. Alla prossima pagina, quindi… Enne? ».
« Non è un sogno! È la realtà, Hilda! Tutto questo… è la realtà ».
« Non pensavo che saremmo mai riusciti a farlo ».
« Fare cosa? ».
« Essere… felici ».
Sentì una stretta allo stomaco e delle scariche di dolore diffondersi attraverso tutto il suo corpo. Le sue mani, nel momento stesso in cui reggevano quel diario, tremavano alla sola idea di farlo. Alla sola idea di N.
Una lacrima rigò il suo volto.
« Enne? » ripeté « Enne… ».
Lasciò cadere il diario.
𐌳 𐌳 𐌳
presente – Akala Island; Kantai – 23/08/15 [10:39]
« Mi scusi, signore, vuole qualcosa? ».
N alzò la testa dal suo libro.
Una ragazza dalla pelle ambrata, vestita in un bikini floreale, stava sorreggendo un vassoio colmo di cocktail colorati.
« No, grazie mille. Sto bene così ».
Richiuse il libro e lo poggiò sul tavolino, distendendo il suo corpo sullo schienale della sedia.
Di fronte a sé si estendeva la visione più bella della sua vita, l’isola di Akala, in tutti i suoi colori, sfumature e curve naturali, che davano vita a quella che, a ben vedere, era chiamata la Perla di Alola.
Chiuse gli occhi.
In quel momento, aveva trovato la pace.
N alzò la testa dal suo libro.
Una ragazza dalla pelle ambrata, vestita in un bikini floreale, stava sorreggendo un vassoio colmo di cocktail colorati.
« No, grazie mille. Sto bene così ».
Richiuse il libro e lo poggiò sul tavolino, distendendo il suo corpo sullo schienale della sedia.
Di fronte a sé si estendeva la visione più bella della sua vita, l’isola di Akala, in tutti i suoi colori, sfumature e curve naturali, che davano vita a quella che, a ben vedere, era chiamata la Perla di Alola.
Chiuse gli occhi.
In quel momento, aveva trovato la pace.
FINE PARTE III
« Signore, la disturbo? ».
N tenne gli occhi chiusi. « In realtà, sì ».
« Posso favorire? » fece, ed udì il rumore di una sedia trascinare sul ponte del traghetto. « Oh, anche lei ha letto Casteliagate: the Affair behind the Scenes? Dicono che il finale sia orrendo! ».
Il ragazzo strabuzzò gli occhi, per poi aprirli.
« Mi scusi, cos'è che vuole? ».
La sua interlocutrice alzò il capo, svelando il suo viso dietro il grande cappello che stava indossando.
« Cosa intende? » sorrise la ragazza. « Ma non mi sono ancora presentata! Hilda Harmonia-Gropius-Baskerville. È un nome lungo, lo so: mio marito ha radici nobiliari ».
N sgranò gli occhi.
« Davvero? De—dev’essere fortunata, allora ».
« Lo sono... non per quello, ma lo sono. Ci sto parlando in questo momento, dopo molto, troppo tempo ».
FINE.
Ed è finita anche questa. Per sempre, sta volta.
Cosa dire? Tante cose.
Prima di tutto vorrei fare una piccola riflessione, un piccolo trivia che poi metterete nella pagina Wikipedia di Cards: il file di Ditchign Cards (poi vi spiego perché) ha esattamente 71.338 parole, mentre il file di Cards 79.791. Esatto, nonostante Cards abbia diciotto capitoli e Ditching Cards solo nove, in quanto a lunghezza totale non sono poi così lontane.
Cosa dire? Tante cose.
Prima di tutto vorrei fare una piccola riflessione, un piccolo trivia che poi metterete nella pagina Wikipedia di Cards: il file di Ditchign Cards (poi vi spiego perché) ha esattamente 71.338 parole, mentre il file di Cards 79.791. Esatto, nonostante Cards abbia diciotto capitoli e Ditching Cards solo nove, in quanto a lunghezza totale non sono poi così lontane.
Per
quanto riguarda l'errore di battitura, invece, non è un errore. O
meglio, lo è, ma non è voluto. Il nome infatti "Ditching Cards" deriva
dal fatto che il file di Cards fosse stato chiamato così, proprio
perché, ai tempi, dovevo "buttare Cards", nel senso di liberarmi di essa
(riscrivendola). Il file di Cards originale è rimasto dunque intatto;
quando però mi sono trovato a dover scrivere Ditching Cards, ho pensato
di tenere il nome e fare questo errore "carino" di battitura quasi
impercettebile: Ditchign Cards.
Ora delle considerazioni della trama: come avrete notato, o forse no, in questo capitolo non viene svelato tutto ciò che è successo. O meglio, viene spiegato, ma alcuni dettagli non sono stati chiariti. Il motivo di questa scelta è semplice: non mi sono ritrovato senza sapere come spiegare le cose (coff coff J J Abrams coff coff), bensì ho pensato che, essendo questo capitolo dialogue-driven, fosse innaturale che i personaggi rivelassero tutto come se stessero spiegando quelllo che è successo. Dicono ciò che è successo dal loro (spero) punto di vista, e quindi molte informazioni che sono già note fra i due personaggi o cose che il personaggio anche non considera importanti, non vengono dette. Esempio: Colress non menziona che Julie Jackson sia sua cugina ad Hilda, nonostante lei lo sia. Hilda purtroppo morirà senza sapere questo dettaglio importantissimo!!! Scherzi a parte, volevo solo chiarire che non è che mi è partito l'embolo e sono impazzito, ma ho voluto rendere le cose più realistiche.
Ad ogni modo, per qualsiasi dubbio su qualsiasi cosa, chiedetemi. Ogni legame è (più o meno) chiaro nella mia testa, e cercherò di spiegarvelo come meglio posso.
Per quanto riguarda la trama del capitolo in sé, sento di dover dare delle spiegazioni circa una cosa. Nonostante ciò, se questo non chiarisce i vostri dubbi, non abbiate problemi a chiedere. Ad ogni modo, dicevo, volevo spendere due parole su Gothithelle e su quello che è successo, dato che è la prima volta che scrivo qualcosa di vagamente syfy. L'obbiettivo di Colress (nel gioco) era quello di portare i Pokémon oltre i loro limiti naturali e innescare il loro potere "completo". Il "cappello" di metallo menzionato da Hilda, ovvero lo strumento usato da Colress per amplificare i poteri psichici di Gothithelle, è servito per rendere la Distortozona più potente: grazie a ciò, ora Gotithelle poteva entrare nelle loro menti. A cosa serviva, però? Lo scopo di Colress era quello di "sopprimere" tutti i ricordi legati ad N che ci fossero N, in modo che potesse emergere Louis Bloomfield (= tipo cancellare la memoria e riportare N allo stato di Louis) poiché pensava che N si fosse ricordato di Hilda.
In realtà, come Hilda capisce, N non si era ricordato di sé stesso (N) ma era ancora Louis: così facendo, quando Gothithelle lo colpisce e lo sopprime, anziché sopprimere i ricordi legati ad N e riportarlo allo stato di Louis, riporta Louis allo stato di N. Il contrario avviene però per Hilda: Hilda, che si ricorda tutto, entrando nel fascio di Gothithelle vede sé stessa intrappolata dentro la sua testa, e capisce che l'unico modo per uscirne è far uscire Erika, anche se saprà che non potrà mai tornare con N. Povera :(
Dicevamo, quando Erika si sveglia cerca di andare da Louis e poi fa la badass come sappiamo tutti.
Non sto a spiegare ogni cosa (se avete dei dubbi, ripeto, non abbiate paura a chiederli), anche perché sto capitolo è lungo 57 pagine e ci sarebbero troppi dettagli. Ho cercato di renderlo il più intrattenente possibile, mischiando azione a introspezione e #revelesciòs.
Volevo anche addressare (perdonate l'inglesismo) una questione che due dei miei lettori hanno portato alla luce: la tua storia non c'entra niente coi Pokémon.
E hanno ragione! In realtà la risposta è: non è vero. Ora lo spiego.
Che il fattore Pokémon sia scarso è vero, molto vero, soprattuto in Ditching Cards; questo, tuttavia, è un effetto del mio voler portare le storie Pokémon ad un livello più "maturo" (non mi piace questa parola in termini di storie, la trovo abbastanza arrogante. Sarò io. Ad ogni modo, è l'unica cosa che mi viene in mente). Avendo scritto questa storia basandosi sui TV sciò che guardo (non guardo trashate, lo giuro. Solo PLL ma lo guarda mezzo mondo e poi è molto bello), è stato per me abbastanza difficile incastrare i Pokémon nella trama. L'ho fatto dove potevo, posso dire a mia discolpa. Certo, Noah Hawley è riuscito a scrivere una storia coi fiocchi & controfiocchi sui supereroi, ma io non sono Noah Hawley e devo tenermi su un certo livello di mediocrità. Guardate Legion. Non è facoltativo. Oltretutto, in una storia del genere, usare i Pokémon sarebbe come sparare alle gomme nei film d'azione: finiscono dopo dieci minuti. Ma noi vogliamo che durino, perciò spariamo alla carrozzeria che col cazzo che ci rimane per due pistole semi-automatiche di due scemi che rincorrono una macchina sperando di raggiungerla. Ogni film d'azione. Fine.
Grazie a chi ha letto Ditching Cards.
Ora delle considerazioni della trama: come avrete notato, o forse no, in questo capitolo non viene svelato tutto ciò che è successo. O meglio, viene spiegato, ma alcuni dettagli non sono stati chiariti. Il motivo di questa scelta è semplice: non mi sono ritrovato senza sapere come spiegare le cose (coff coff J J Abrams coff coff), bensì ho pensato che, essendo questo capitolo dialogue-driven, fosse innaturale che i personaggi rivelassero tutto come se stessero spiegando quelllo che è successo. Dicono ciò che è successo dal loro (spero) punto di vista, e quindi molte informazioni che sono già note fra i due personaggi o cose che il personaggio anche non considera importanti, non vengono dette. Esempio: Colress non menziona che Julie Jackson sia sua cugina ad Hilda, nonostante lei lo sia. Hilda purtroppo morirà senza sapere questo dettaglio importantissimo!!! Scherzi a parte, volevo solo chiarire che non è che mi è partito l'embolo e sono impazzito, ma ho voluto rendere le cose più realistiche.
Ad ogni modo, per qualsiasi dubbio su qualsiasi cosa, chiedetemi. Ogni legame è (più o meno) chiaro nella mia testa, e cercherò di spiegarvelo come meglio posso.
Per quanto riguarda la trama del capitolo in sé, sento di dover dare delle spiegazioni circa una cosa. Nonostante ciò, se questo non chiarisce i vostri dubbi, non abbiate problemi a chiedere. Ad ogni modo, dicevo, volevo spendere due parole su Gothithelle e su quello che è successo, dato che è la prima volta che scrivo qualcosa di vagamente syfy. L'obbiettivo di Colress (nel gioco) era quello di portare i Pokémon oltre i loro limiti naturali e innescare il loro potere "completo". Il "cappello" di metallo menzionato da Hilda, ovvero lo strumento usato da Colress per amplificare i poteri psichici di Gothithelle, è servito per rendere la Distortozona più potente: grazie a ciò, ora Gotithelle poteva entrare nelle loro menti. A cosa serviva, però? Lo scopo di Colress era quello di "sopprimere" tutti i ricordi legati ad N che ci fossero N, in modo che potesse emergere Louis Bloomfield (= tipo cancellare la memoria e riportare N allo stato di Louis) poiché pensava che N si fosse ricordato di Hilda.
In realtà, come Hilda capisce, N non si era ricordato di sé stesso (N) ma era ancora Louis: così facendo, quando Gothithelle lo colpisce e lo sopprime, anziché sopprimere i ricordi legati ad N e riportarlo allo stato di Louis, riporta Louis allo stato di N. Il contrario avviene però per Hilda: Hilda, che si ricorda tutto, entrando nel fascio di Gothithelle vede sé stessa intrappolata dentro la sua testa, e capisce che l'unico modo per uscirne è far uscire Erika, anche se saprà che non potrà mai tornare con N. Povera :(
Dicevamo, quando Erika si sveglia cerca di andare da Louis e poi fa la badass come sappiamo tutti.
Non sto a spiegare ogni cosa (se avete dei dubbi, ripeto, non abbiate paura a chiederli), anche perché sto capitolo è lungo 57 pagine e ci sarebbero troppi dettagli. Ho cercato di renderlo il più intrattenente possibile, mischiando azione a introspezione e #revelesciòs.
Volevo anche addressare (perdonate l'inglesismo) una questione che due dei miei lettori hanno portato alla luce: la tua storia non c'entra niente coi Pokémon.
E hanno ragione! In realtà la risposta è: non è vero. Ora lo spiego.
Che il fattore Pokémon sia scarso è vero, molto vero, soprattuto in Ditching Cards; questo, tuttavia, è un effetto del mio voler portare le storie Pokémon ad un livello più "maturo" (non mi piace questa parola in termini di storie, la trovo abbastanza arrogante. Sarò io. Ad ogni modo, è l'unica cosa che mi viene in mente). Avendo scritto questa storia basandosi sui TV sciò che guardo (non guardo trashate, lo giuro. Solo PLL ma lo guarda mezzo mondo e poi è molto bello), è stato per me abbastanza difficile incastrare i Pokémon nella trama. L'ho fatto dove potevo, posso dire a mia discolpa. Certo, Noah Hawley è riuscito a scrivere una storia coi fiocchi & controfiocchi sui supereroi, ma io non sono Noah Hawley e devo tenermi su un certo livello di mediocrità. Guardate Legion. Non è facoltativo. Oltretutto, in una storia del genere, usare i Pokémon sarebbe come sparare alle gomme nei film d'azione: finiscono dopo dieci minuti. Ma noi vogliamo che durino, perciò spariamo alla carrozzeria che col cazzo che ci rimane per due pistole semi-automatiche di due scemi che rincorrono una macchina sperando di raggiungerla. Ogni film d'azione. Fine.
Grazie a chi ha letto Ditching Cards.
Cosa farò dopo?
Non lo so. Ho perso un libro a casa di mia sorella e devo farmelo rispedire. Ah, e per chi fosse interessato a come fosse finita la mia breve storia con Tre metri sopra il cielo: na merda. Il libro si è rivelato brutto, ma onestamente non mi dà fastidio la cosa, sapevo che fosse brutto e volevo toccare con mano lo scempio; quello che mi fa arrabbiare è il fatto che ho scoperto di aver avuto a casa già una copia di quel libro, e ciò significa che ho speso 9 € per niente. Ho anche scoperto di avere Scusa ma ti chiamo amore ed Ho voglia di te, ma glisso.
Dopo aver letto quello (il libro perso: Generation X. La copertina è bella), ho in mente di fare cose, vedere persone, il solito. Scriverò altro? Non lo so. Indubbiamente, Cards è finita, e posso dormire pace sapendo che Hilda Harmonia-Gropius-Baskerville e Natural Harmonia-Gropius-Baskerville stiano facendo la bella vita in qualche paradiso nel mondo dei Pokémon. Scriverò altro? Sicuramente, ma è un commento tautologico più che altro (vedete che paroloni? Sono studiato). Ho in mente 2-3 idee, nulla che farò in tempi prossimi, però chissà.
Per me è finita un'era. Grazie a tutti quelli che hanno partecipato, a chi ha semplicemente aperto Cards&Ditching Cards, a chi ha recensito, seguito, ricordato, preferito, a tutti. Grazie.
Ora torno a vedere You're The Worst.
Non lo so. Ho perso un libro a casa di mia sorella e devo farmelo rispedire. Ah, e per chi fosse interessato a come fosse finita la mia breve storia con Tre metri sopra il cielo: na merda. Il libro si è rivelato brutto, ma onestamente non mi dà fastidio la cosa, sapevo che fosse brutto e volevo toccare con mano lo scempio; quello che mi fa arrabbiare è il fatto che ho scoperto di aver avuto a casa già una copia di quel libro, e ciò significa che ho speso 9 € per niente. Ho anche scoperto di avere Scusa ma ti chiamo amore ed Ho voglia di te, ma glisso.
Dopo aver letto quello (il libro perso: Generation X. La copertina è bella), ho in mente di fare cose, vedere persone, il solito. Scriverò altro? Non lo so. Indubbiamente, Cards è finita, e posso dormire pace sapendo che Hilda Harmonia-Gropius-Baskerville e Natural Harmonia-Gropius-Baskerville stiano facendo la bella vita in qualche paradiso nel mondo dei Pokémon. Scriverò altro? Sicuramente, ma è un commento tautologico più che altro (vedete che paroloni? Sono studiato). Ho in mente 2-3 idee, nulla che farò in tempi prossimi, però chissà.
Per me è finita un'era. Grazie a tutti quelli che hanno partecipato, a chi ha semplicemente aperto Cards&Ditching Cards, a chi ha recensito, seguito, ricordato, preferito, a tutti. Grazie.
Ora torno a vedere You're The Worst.
Yeah, you know that it's true: I've been saving all my summers for you [like fro-oo-ot!]
[anche sta volta dovevo dirlo]
herr and The Ficcies
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