Capitolo III.
Una distrazione.
Quello di cui aveva bisogno Valerie era di distrarsi, sul serio. Sentiva di star impazzendo dentro quella casa, senza risposte, senza mangiare, senza lei a trotterellarle intorno tutto il dì.
Erano passati due giorni da quando era sparita dalla sua vita. Ed era da due giorni che continuava a darsi la colpa, a stare male. Si alzava solo per andare al bagno, il resto delle ore lo passava stesa sul letto, a fissare il camino spento con il cuore devastato che le premeva contro la gola.
Abbracciata a Spretzee, poi a Mawile, poi a entrambi.
Ogni cosa si era fatta brutta da quando la piccola non c’era più, persino le giornate di sole.
Ora erano uguali a quelle di pioggia, brutte, desolanti e vuote come una nave senza motore dimenticata in mezzo al mare.
Ora tutto era uguale, tutto aveva perso bellezza.
Da un giorno all’altro, il mondo era diventato grigio e uniforme agli occhi spenti di Valerie. E lei, lei aveva perso ogni traccia di bagliore.
La mattina del terzo giorno si costrinse ad uscire di casa, incapace di restarci un minuto di più; le mura parlavano di lei, il pavimento, i libri sullo scaffale, il divano.
Le foto sul comodino… l’odore, persino.
Lucas presto le avrebbe fatto sapere qualcosa, inutile arrovellarsi più di tanto sull’argomento “polizia”; sapeva che avrebbe lavorato sul suo caso non appena avesse marginato un po’ tutti gli altri.
La polizia di Laverre City non era preparata a simili furti.
Specialmente quelli di Pokémon. Ma avrebbe fatto di tutto per aiutarla, e questo la rese, se non felice, appena più tranquilla.
Mise piede fuori casa in jeans e maglietta sbiadita. Un abbigliamento insolito per una come lei, che fluttuava tra merletti, tacchi alti e gonne di tulle dai colori sgargianti.
Ma chi aveva voglia di vestirsi bene, quando il dolore dentro di lei imperversava implacabile.
Questa volta uscì con le Pokéball strette in mano.
Non li avrebbe mai più lasciati soli. Mai più, un errore pessimo che le era costato una grossa perdita.
Non ce ne sarebbe stata nessun’altra. Motivata da quel pensiero, le stritolò ancora più forte tra le dita, fino a sbiancarsi le nocche. Ci teneva a far sapere a Spretzee e Mawile che erano al sicuro, tra mani che li avrebbero sempre protetti e difesi da tutto.
Anche se ora quelle mani tremavano, erano incerte e sbiancate di dolore.
I piedi scelsero il tragitto per lei, e la trascinarono fino al fulcro della città, ove si trovava lo Zaffiro. Percorse il ponte senza guardarsi intorno neanche una volta, e si ritrovò dinanzi ad uno spiazzo erboso molto ampio; alcuni allenatori si stavano allenando nei paraggi, approfittando della bella giornata e del clima non troppo freddo.
Vedeva mosse ovunque, ordini impartiti con destrezza e coraggio contro l’aria fredda di novembre.
Uno spettacolo grazioso, che sperava fosse in grado di distrarla almeno un po’ dal tremendo dolore in cui si era barricata due giorni prima.
Scelse un posto isolato sull’erba umida, e non appena si sedette, liberò Spretzee e Mawile. I due Pokémon le vennero incontro sorridenti, portandole un po’ di allegria con i loro versi acuti.
Dopodiché, si concentrò su alcune delle lotte che dominavano sovrane in mezzo al verde. Niente pareva rapirla.
Niente e nessuno, almeno fino a quando non incrociò gli occhi con quelli rossi di un Delphox.
La sua determinazione faceva paura, quasi quanto i suoi passi minacciosi che si avvicinavano a lei macinando grandi zolle di terra bagnata.
Il Pokémon, tuttavia, non stava puntando contro la Capopalestra, ma un po’ più a sinistra.
Sulla sua Mawile.
Valerie la scrutò stupita, e fu meravigliata di vederla tanto coinvolta quanto pronta. Saltellava, carica come una molla.
-E’ stata lei a provocarlo.
Sollevò lo sguardo sull’allenatore che aveva appena parlato, e gli sorrise timida. Aveva i capelli lunghi, neri, e due intensi occhi grigi che brillavano sotto le folte sopracciglia color cenere. Era alto, altissimo. Molto più di lei.
E magro, la pelle bianca come la superficie lunare.
In un secondo momento sarebbe stata affascinata da tanta bellezza, ma ora non le importava niente di nessuno. Accettò la sfida, accogliendola più come un modo per distrarsi che altro, e si misero in posizione su una zona desolata.
"Spero di potermi distrarre da te un momento, piccola mia. Concedimelo. Sono due giorni che a fatica respiro, ho bisogno di mettere da parte il dolore.
Perdonami se ti faccio questo affronto. Mi manchi tantissimo…"
-Tutto bene?
-S-sì!- scosse il capo, poi si concentrò sull’avversario. Era in svantaggio di tipo, in quanto Mawile era sia folletto che acciaio, ma poteva contare sulla grande arma che possedeva, infallibile e letale: la bocca.
Quell’immensa voragine di denti che si spalancava sul capo del suo Pokémon si sarebbe rivelata utilissima, in caso di difficoltà. Doveva sfruttarla al meglio, se aveva intenzione di uscire illesa da quello scontro promettente.
Spretzee diede il via alla lotta con un verso acuto, per poi appollaiarsi sulla spalla della sua allenatrice.
-Delphox, sarà un gioco da ragazzi! Lanciafiamme!
Mawile schivò l’attacco con un balzo, ma prima che potesse rimettersi in posizione, una seconda, potente fiammata la investì, buttandola a terra.
Maledizione. Il folletto parò i danni, ma furono comunque ingenti.
Valerie doveva inventarsi una strategia. Delphox e il suo allenatore sembravano volere una lotta seria, beh, lei gliel’avrebbe concessa.
-Mawile, so che ti chiedo tanto ma… ho un piano in mente. Per favore, subisci un po’ di attacchi. Fingi di essere scema, un po’ lenta, debole. Dopo un po’, rimani a terra. Non ti alzare. Sai cosa fare dopo, piccola mia.
Mawile obbedì senza neanche pensarci: si fidava della sua allenatrice, e sapeva che non avrebbe mai rischiato con la sua salute se non per un motivo ben specifico.
Altri attacchi arrivarono, tutti potenti ed efficaci. Valerie le ordinava di schivare, e lei faceva finta di essere lenta, subiva danno e finiva a terra.
Fino a quando decise di non rialzarsi più, realmente provata.
Spretzee rimase in silenzio quando ciò accadde, senza annunciare nessun vincitore, e fu per quel motivo che Delphox, imprudente, si avvicinò per accertarsi della sua vittoria.
Pessimo errore.
Le fauci di Mawile si spalancarono in uno Sgranocchio devastante, e in meno di mezzo secondo si chiusero sul collo del Pokémon Volpe, facendolo gemere di dolore e sorpresa al contempo.
Le mascelle carnivore cominciarono a stritolarlo lentamente, un’agonia buia e soffocante alla quale Delphox, di tipo psico, non poteva sfuggire.
-Che caz…!
-Non ti aspettavi un attacco di tipo buio, eh?
Il ragazzo la guardò: era serio, ma gli occhi brillavano di meraviglia per quel clichè a cui non aveva saputo porre rimedio.
-Delphox, resisti! L’avversario è debole: usa il bastone per infliggere danno!
-Mawile, sbarazzatene con un calcio.
E Mawile lo fece. Il bastone finì lontano, come la speranza, per Delphox, di poter ritornare libero.
Allora il ragazzo tentò il tutto per tutto, la carta finale. Ordinò qualcosa al suo Pokémon, qualcosa che Valerie non riuscì a cogliere, ma di cui presto ebbe dimostrazione: Delphox prese a surriscaldare il suo corpo, così tanto che alla fine i gradi divennero insopportabili.
La bocca assassina di Mawile si bruciò la lingua, i denti, il palato, tutto.
E fu così che la temeraria acciaio folletto fu costretta a mollare la presa, e a darsi per spacciata ancora prima che il Magifiamma di Delphox la finisse, questa volta sul serio.
Spretzee annunciò il vincitore, e Valerie ritirò immediatamente Mawile, lievemente abbattuta a causa della sconfitta appena subita. -Bravissima, sei sempre fenomenale.- le sussurrò, prima di riporre la Pokéball nel taschino dei jeans. << Complimenti, tu e il tuo… >>
-Sei Valerie. Vero?
Il silenzio precipitò su di lei come un manto di neve. Non seppe perché, ma il fatto che lui l’avesse appena riconosciuta le scatenò dentro un leggero moto di fastidio; aveva sperato di non ricevere importuni da parte di nessuno, e fin’ora se l’era cavata abbastanza bene.
Del resto, senza trucco, sembrava quasi un’altra persona.
Eppure quel giovane era riuscito ad inquadrarla alla perfezione, nonostante i suoi vani tentativi di rendersi estranea.
Avrebbe dovuto aspettarselo, in qualche modo.
-Spero che questa non fosse una sorta di sfida in palestra.
-Oh, no…- rise piano, invogliandolo ad increspare le labbra divertito. -No, di solito ci impegniamo più di così. Grazie per la lotta. Mi ha aiutata a distrarmi, io…
-Figurati.- Lui le venne più vicino, a piccoli passi. Odorava di pioggia, un aroma che Valerie conosceva fin troppo bene. Un aroma che odiava, e che amava, allo stesso tempo. E che gli piacque molto, su di lui. -Ho saputo del tuo Pokémon… mi dispiace tanto. Spero tu possa ritrovarlo.
Avrebbe voluto sentire altro. Avrebbe davvero voluto, ma in quel momento le si tapparono le orecchie di dolore, e l’unica cosa che riuscì a percepire ancora fu solo il suo battito cardiaco.
In un attimo, la mente offuscata le si riempì dell’essenza della sua piccola.
Dei suoi passi allegri per tutta casa, quando d’inverno rientrava tutta eccitata dopo essersi rotolata in mezzo alla neve e, tremante di freddo, si andava subito a riscaldare dinanzi al fuoco crepitante.
Dei suoi versi dolci quando poi si accucciava tra le caviglie di Valerie, mentre lei finiva di tessere un nuovo abito per la sua nuova collezione.
Due immensi occhi neri, scuri e profondi come l’infinito le occuparono ogni singola particella di pensiero, facendola cadere in una specie di trance.
Era così doloroso vederla nei suoi ricordi…
A riportarla su se stessa non fu il ragazzo, ma la vibrazione del suo cellulare.
Lo sbloccò in tutta furia, agitata, e quando se lo portò all’orecchio, la voce di Lucas le spedì il cuore in gola.
“Vediamoci al bar di Laverre City alle 15:00. Abbiamo una pista.”
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