In fondo avevo accantonato la mia vecchia me da tempo ormai, e con
essa anche gli amici e i parenti che ne conseguivano. Non ero più
nessuno. Zero.
Giallo
Il Passato - Prima parte.
Dieci anni fa.
Afferrai
una manciata di biscotti dalla confezione senza nemmeno degnarla di uno
sguardo, quindi me li cacciai in gola con foga.
Colazione:
fatta.
Mi
fiondai fuori di casa urlando, nel disperato tentativo di buttar giù l'immenso
boccone dolce senza strozzarmi, qualcosa di solo vagamente comprensibile nella
lingua umana, probabilmente un: "Mamma, papà ci vediamo dopo!".
Nessuna risposta se non si considera un mugolio sommesso e pure vagamente irritato:
non che dovessi stupirmi. I miei genitori erano probabilmente sempre a letto
insieme a Lily (la mia sorellina di cinque anni) e l'unica compagnia che avevo
era il Delcatty di famiglia, certamente più interessato a dormire che a
salutarmi.
Non
appena il pesante portone di legno si fu chiuso alle mie spalle mi bloccai
improvvisamente, guardandomi intorno.
Un
cielo scuro e grigio, uniforme.
Chissà,
forse avrebbe iniziato a nevicare.
Sorrisi
e ispirai l'aria pulita e frizzante del mattino mentre il freddo mi pungeva le
guancie e le dita delle mani. Nella fretta avevo dimenticato i guanti e chissà
cos'altro ancora, ma non aveva importanza: oggi era il giorno, il mio giorno.
Non avevo tempo per certe piccolezze. La piccola cittadina intorno a me non si
era ancora svegliata del tutto, un'alba pallida si affacciava ad Oriente.
"Professor
Birch, sto arrivando!"
Una
delle tante fortune della mia vita era stata quella di nascere ad Albanova, la
sottospecie di villaggio civilizzato in cui si trovava il Laboratorio più
importante della Regione. Allenatori da ogni parte di Hoenn (e non solo) vi
facevano tappa almeno una volta durante il loro viaggio di formazione e solo i
Leggendari sanno a quanti di loro Birch aveva donato il primo Pokemon, lo
Starter.
L'amico
di una vita.
Solo
pensarci mi faceva mettere le ali ai piedi, non stavo più nella pelle: erano
anni che aspettavo questo momento. Ovviamente non sarei stata l'unica, non lo
si è quasi mai quando si parla di situazioni simili, e anche questo contribuiva
alla mia allegria. Come ogni piccolo posto che si rispetti, tutti conoscevano
tutti e io non facevo eccezione. Ma non erano compagni di viaggio quelli che
cercavo, ma degni rivali. A scuola ero stata spesso definita "simpatica
come uno sputo in un occhio" e certamente non mi ero data da fare per
trovarmi degli amici.
D'altra
parte non mi servivano, stavo bene da sola.
Evitai
il vecchio signor Ruby intento a buttare del sale sul vialetto con un agile
balzo, e poi ripresi a correre.
Ormai
c'ero quasi.
Fu
una faccia stanca quella che mi venne incontro dal Laboratorio, profondi occhi
porcini e sguardo bonario sebbene non più di tanto sveglio. Nel vero e proprio
senso della parola. Sotto lo sgualcito, ampio camice bianco da scienziato si
poteva intravedere lo spesso pigiama azzurro con la quale aveva probabilmente
dormito. L'uomo si appoggiò con un lungo sospiro allo stipite della porta,
fissandomi come se fossi una causa persa.
"Sono
le sei del mattino, ed è Domenica..." Mi accorsi solamente allora che ai
piedi aveva delle ridicole pantofole pelose.
"Chi
dorme non piglia pesci." Si passò lentamente una mano sulla faccia,
stropicciandosi la pelle del naso e quella tra le sopracciglia.
"Entra..."
Un suono strascicato, assonnato che si muoveva verso l'interno, ancora
completamente buio. Lo seguii praticamente saltellando, troppo agitata per fare
altro che cercare di distinguere i contorni dei vari oggetti nell'oscurità più
totale. La massiccia e larga figura del professore era scomparsa chissà dove.
Per diversi minuti (o furono secondi?) rimasi in perfetto silenzio, solamente
ascoltando il suono del mio respiro, poi improvvisamente uno scalpiccio pesante
e le luci si accesero. L'intensità mi costrinse a sbattere le palpebre diverse
volte, quando mi fui abituata alla nuova situazione notai Birch abbandonato su
una sedia girevole imbottita dall'aspetto piuttosto comodo. Accanto a lui c'era
una disordinatissima scrivania piena di fogli, appunti, libri, aggeggi
elettronici e diverse pile di tazze di caffè ormai vuote e piatti sporchi. A
dire il vero tutto il laboratorio era nel caos più assoluto tra scatole di
cartone traboccanti oggetti e Pokéball di vario genere. L'uomo si limitò a
scrollare le spalle di fronte alle mie occhiate curiose.
"Se
fossi venuta a mezzogiorno come avevo suggerito ti saresti trovata di fronte
una scena ben diversa." Suonava quasi come un rimprovero. Non che fossi il
tipo da farmi fermare da un tono severo.
"Non
potevo più aspettare... dove sono?" Con un cenno della testa indicò un
grosso marchingegno dalla forma cilindrica, sovrastato nel lato superiore da
una spessa cupola in vetro. Come mi avvicinai quella si aprì in due, sparendo
all'interno dell'apparecchio e rivelando il suo prezioso contenuto: tre Pokéball
rosso fiammante con incise sopra il simbolo dell'elemento cui il Pokémon
contenuto apparteneva.
"Prenditi
pure tutto il tempo che ti serve, considera che a quest'ora anche loro hanno
sonno e non saranno molto attivi. Non subito almeno. Io ... vado a preparare la
colazione." Borbottò, sparendo nuovamente da qualche parte. Delle sue
parole non poteva proprio fregarmene di meno, non mentre soppesavo le sfere
chiedendomi in base a quale criterio avrei scelto il mio primo Pokémon.
"Treecko,
il Pokémon Legnogeco. Ti piace lui?" Sobbalzai quando mi fece questa
domanda, era rimasto in silenzio tutto il tempo, fissandomi placidamente mentre
beveva un beverone di caffè annacquato o mangiava un toast. Scrollai le spalle,
senza aggiungere altro.
A
dire il vero, no. Non mi piaceva.
Il
problema era che nessuno dei tre aveva veramente suscitato il mio interesse.
Non
appena usciti dalla propria sfera, dopo qualche attimo di intontimento, Mudkip
e Torchic si erano messi a giocare e bisticciare, rincorrendosi per tutto il
laboratorio, sputando deboli fiammelle o sottili getti d'acqua, schiamazzando.
Treecko
invece si era arrampicato fin sopra una libreria, posizionandosi nel primo
spazio vuoto abbastanza grande per lui, e poi era rimasto lì... osservando il
mondo sotto di lui con diffidenza e rassegnazione. Di tanto in tanto, quando
incrociavo il suo sguardo, mi sembrava quasi di capirlo. Per rivolgermi la
parola doveva essere un bel po' di tempo che guardavo la creaturina verde dal
basso della mia posizione. Ma in realtà i miei occhi erano puntati ben oltre
lei, su un'avventura e dei momenti che credevo avrebbero avuto un inizio eroico
o perlomeno magico, dall'atmosfera sfumata e pallida, come quando si proietta
una vecchia pellicola sbiadita.
Pensavo
che avrei riconosciuto il mio futuro compagno solo con un'occhiata, un'intesa
vincente iniziata già dal primo momento.
E
invece...
Cercai
di contenere la delusione, magari avrei davvero dovuto scegliere il tipo Erba,
perlomeno non sembrava un totale imbecille come gli altri due.
Ma
non riuscivo a far altro che esitare, erano occhiate così cupe quelle che il
piccoletto mi rivolgeva!
Sembravano
dire: "Perché a me? Perché non posso essere libero, scappare, andare via.
Io non voglio lei. Io non voglio nessuno tranne che la Natura. Eppure, per
quanto lo desideri non posso farci niente. Posso solo sperare nel meno
peggio."
No,
non potevo proprio.
Sopportare
quello sguardo, giorno per giorno...
Non
era così che doveva andare.
Dato
che non mi ero degnata di rispondere decentemente, il professore si alzò
sbuffando sonoramente.
"Tu
continua pure a fissarlo come se non ci fosse un domani, io servo da mangiare
ai ragazzi."
I
"ragazzi" si rivelarono essere, oltre a quelli che avevo già avuto
modo di conoscere, tre Poochyena.
O
almeno io pensavo che fossero solamente tre.
"Per
tutti i Kyogre, Aurum... vuoi venire a mangiare, si o no?! Ti assicuro che
nessuno ti torcerà un capello, per favore...". Un guaito.
Straziante.
Sembrava
che più che cercare di convincerlo a mangiare il professor Birch stesse
cercando di scuoiarlo vivo.
Improvvisamente
ecco apparire sia lui, che l'uomo.
Il
primo sembrava in fuga dalla propria morte, lo sguardo era proprio quello di un
cucciolo spaurito e spaventato. Il secondo invece appariva trafelato e sfinito.
Il
Pokemon corse attraverso la stanza fino a che non si rese conto di non essere
solo. Gli starter e quelli che a prima vista parevano i suoi compagni lo
ignoravano vistosamente, ma io non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso.
Evidentemente la mia vista dovette turbarlo molto perché emise un verso ancora
più acuto del primo e invertì la rotta, scappando alle goffe e grassocce
braccia umane che tentavano di afferrarlo e rintanandosi al sicuro, sotto la
scrivania.
"Dannazione,
Aurum!"
"Ma...
ma quel Poochyena è... giallo!" Giallo dove sarebbe dovuto essere grigio e
marrone al posto del nero. Ma quello che più colpiva di lei erano il naso e gli
occhi, non di un cupo e morbido rosso sangue, ma di un gelido e intenso azzurro
acceso.
"Si,
è un esemplare molto raro." Lo scienziato tentò nuovamente di avvicinarsi,
si mise gattoni e poi allungò una mano verso il piccoletto che però sembrò
rimpicciolirsi ancora di più, indietreggiando e sfuggendo ancora.
Sembrava
molto più che spaventato: il suo era terrore puro.
"Perché
si comporta così?"
"E'
sfuggita al Team Idro, o meglio... a sentire l'allenatore che me l'ha
portata... l'hanno buttata fuori a calci." Scrollò le spalle, come se
questa fosse una risposta " Destinata ad essere niente popò di meno che
una dei cuccioli preferiti di Ivan, le sue abilità di combattimento non si sono
rivelate all'altezza del suo pelo dorato. E' una codarda, ecco tutto."
Con
un grugnito, vidi Birch sparire sotto la scrivania.
"E
così adesso se ne occupa lei."
"E
chi altro? Questa piccolina non ha nessuno: Agli allenatori non interessa un
Pokemon debole che non vuole combattere e da queste parti non ci sono Pensioni
o persone dal cuore d'oro pronte ad accoglierla. Certe cose accadono solo nei
film." Non sapevo cos'altro dire, così mi chiusi in un silenzio carico di pensieri
mentre l'uomo tornava finalmente ad alzarsi con in braccio un'immobile,
tremante Poochyena. I suoi occhi vagavano da una parte all'altra della stanza,
irrequieti, come se stessero già pensando a dove rifugiarsi non appena avesse
avuto l'opportunità di scappare. Mi era ricapitato a volte di trovarmi di
fronte Pokémon impauriti, spesso ti sentivi appiccicare addosso il loro sguardo
in cerca di aiuto, disperato.
Ma
non Aurum.
Lei
non si soffermava mai su nessuno, non guardava mai nessuno, non stava mai
ferma.
Dava
l'impressione che avesse paura perfino della vita stessa, dello scorrere del
tempo, di quello che avrebbe potuto vedere se si fosse fermata un attimo.
Aurum
non temeva solamente il mondo, ma perfino i sentimenti.
Quelli
buoni più dei cattivi.
"Vedi
questo lato, sul collo?" Guardai dove il professore m'indicò: c'era una
chiazza priva di pelo che prima non avevo notato: rosa pallido, pulita,
dall'aspetto frastagliato e scosceso come carta stropicciata. A concentrarsi
bene si poteva riconoscere lo strano simbolo che la cicatrice rappresentava: un
ovale che pareva attraversato da due ossa destinate a congiungersi in un
triangolo poco sopra la figura principale.
"Non
serve solo a indicare che un tempo questa piccolina faceva parte del Team ma è
anche una copertura."
"A-a
cosa?"
"A
un'altra cicatrice, più profonda probabilmente. Quella che è stata causa della
sua espulsione: gli errori non sono ammessi... forse non è riuscita a schivare
in tempo una mossa, o ancor più grave... si è rifiutata di attaccare."
Vedendo
la mia espressione inorridita il professore fece un'espressione dura, severa.
"Non
avrai seriamente pensato che tutti al mondo trattino i Pokemon come se fossero
loro amici, vero?"
Non
capivo, e come potevo?
"Ma...
perché? E come fa a sapere tutte queste cose?" Lui scosse la testa grave.
"Sono
stato allenatore anch'io prima di te, e... ho molti anni sulle spalle di cui
rispondere." Non aggiunse altro per diverso tempo, meditabondo. Io
attendevo una risposta alla mia prima domanda e non avevo nessuna intenzione di
cedere. La Poochyena sembrava essersi calmata almeno un po', sebbene fosse
sempre sul "chi va là". "Alcune persone fanno semplicemente
quello che gli viene detto di fare."
Quanto
erano vere quelle parole! Ma allora avevo veramente troppo poco cervello per
farmele semplicemente quadrare: gonfiai il petto e sono pressoché convinta che
perfino i miei occhi iniziarono a brillare di fuoco vivo, luce propria. Senza
pensarci due volte mi sciolsi i capelli, trattenuti in una coda alta da un nastro
argento cupo, quindi a passo sicuro mi avvicinai alla Poochyena saldamente
trattenuta e delicatamente le legai il filo intorno al collo, concludendo con
un fiocco scenografico ma non ingombrante.
"Questo
dovrebbe coprire quel brutto segno." le sussurrai, prima di pronunciare le
infervorate, stupide parole che mi rimbombavano in testa.
"No.
Ci sono valori alla quale non si trascende, che si lavori per i cattivi o non.
Se si è buoni allora...allora..."
"Non
sono discorsi adatti a una ragazzina di dieci anni, limitati a scegliere il tuo
futuro Pokémon e poi lasciami sistemare in pace." Indispettita dal suo
tono saccente e dal fatto che non mi avesse lasciato finire la frase, chiusi la
bocca fulminandolo con lo sguardo.
La
stanza cadde in un silenzio assordante e anche le parole che avremmo
pronunciato in futuro sarebbero suonate finte, distaccate, sbagliate.
Quel
discorso lasciato a metà però qualche risvolto positivo l'aveva avuto: Aurum.
Avevo
scelto il mio nuovo compagno.
Mi
sentii due occhi puntati addosso.
In
quello stesso momento seppi che anche lei aveva scelto me.
Sorrisi.
"Io
e te, piccola, diventeremo forti insieme. Diventeremo forti per sconfiggere il
Team Idro. Vendicheremo te e tutti gli altri Pokémon che hanno fatto soffrire.
Io lo so, non possiamo perdere."
Nota: Suppongo che si sia già
capito che questo capitolo è completamente ambientato nel passato di Zero. Mi è
sembrato fondamentale scriverlo visto che nella storia in sé non ci sarebbe
proprio modo di intuire quasi niente di lei. Ovviamente questo è solamente il
primo. L'atmosfera non è "pesante" (situazione che spero di aver
saputo rendere meglio di questa >.<) come negli altri capitoli e invece è
decisamente più scontata.
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