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Lycia_ : ZERO - Capitolo 8: Rosa


In fondo avevo accantonato la mia vecchia me da tempo ormai, e con essa anche gli amici e i parenti che ne conseguivano. Non ero più nessuno. Zero.

Rosa, la fine



I ricordi sono così, ti colpiscono quando meno te l'aspetti.
Dritti al cuore, dritti alla testa, come una freccia scoccata da Cupido.
No.
Non posso permettere che accada di nuovo.
In questi ultimi anni mi sono isolata, allontanata da tutto e da tutti, per evitare di e di far soffrire ancora, di ricadere nel vortice, di cullarmi ancora nella falsa speranza di valori mai esistiti.
Però se c'è qualcuno che, con tutte le mie "migliori" intenzioni, non sono proprio riuscita a schiodarmi mai di dosso, è quel piccolo e macilento Zubat che il capo mi aveva detto di buttar fuori a pedate.
Quel piccolo e macilento Zubat che adesso è un Golbat.
"Forza Ishi, Metaltestata!" L'Aggron abbassa la testa, il corno appuntito e quello spezzato rivolti verso di noi. La parte superiore del cranio sta iniziando a brillare di luce propria, il Pokémon emette dei grossi sospiri, quasi rochi rantoli; la sua ultima occasione di riprendere fiato prima dell'attacco.
Anche Golbat, ormai allo stremo delle forze, ne approfitta. So che non riuscirebbe a schivare la mossa, lo so.
"Basta, ferma! Ci arrendiamo!" Alzo le mani in segno di resa e guardo negli occhi, uno ad uno, i miei compagni ed i suoi, per poi indugiare definitivamente nello sguardo nocciola e vagamente sconcertato di Lily. "Ci arrendiamo." Ripeto piano, scandendo le parole. “Avete vinto.”
Avrei dovuto dirlo molto tempo fa.
Per un attimo, il silenzio regna sovrano e nessuno muove un muscolo, pare quasi che il tempo si sia fermato, abbia deciso di indugiare un secondo, solo un secondo di più, su questo breve e insignificante sprazzo di vita.
Poi un tonfo sordo, leggero, e la magia s'infrange: il pipistrello giace a terra, il muso rivolto verso il cielo con una strana espressione beata stampata sopra.
Ansima, riprende fiato inghiottendo e risputando fuori l'aria quasi febbrilmente.
E' finita, e stavolta sul serio.
Improvvisamente mi sento caricata di una moltitudine di sguardi, tanto diversi quanto pesanti.
"Ero convinta che tu fossi più coraggiosa ma a quanto pare non hai le palle nemmeno per difendere gli ideali sbagliati in cui credi."
Disprezzo, disprezzo puro. Nient'altro.
L'ultimo commento di mia sorella nei miei confronti fu quindi poco più di un sibilo.
A quanto pare ai suoi occhi non meritavo niente di più.
Fa un cenno con la testa ai suoi amici ed inizia a camminare, loro la seguono da bravi cagnolini.
"Andiamo a salvare Mew!"
"Si! E visto che ci siamo daremo pure una bella lezione a Giovanni!"
Sicuro.
D'altra parte lui è semplicemente uno degli allenatori con alle spalle sei dei Pokémon migliori di tutta Kanto, Pokémon che possiede da quanto aveva all'incirca dieci anni, e loro ragazzini con manie di grandezza.
Quando mi passa abbastanza vicino da essere a portata di braccio afferro bruscamente mia sorella per un spalla, bloccandola.
"Tu non sei migliore di noi. Ricordatelo." Poco più di un sussurro, non volevo che gli altri sentissero.
Non l'ho nemmeno guardata negli occhi. A dire il vero in quel momento il mio sguardo non era poi così presente, fisso sulla melma sotto i nostri piedi, dodici, undici, dieci anni fa.
Quando tutto, in un certo senso, andava bene.
La sento divincolarsi, grugnire e poi andarsene, affrettando il passo.
A me non rimane altro da fare che raggiungere il mio Golbat e inginocchiarmi accanto a lui, controllandone sommariamente lo stato.
Fin troppo buono, dopotutto.
Mi frugo tra le tasche, fino a cercare una Pozione Max. Ho bisogno che si rimetta e il più in fretta possibile.
"Perché l'hai fatto?" Josh, ovviamente. Le domande scontate, chissà come mai, toccano sempre a lui.
Lo degno di un'occhiata piatta e scrollo le spalle.
"Non ha senso posticipare una sconfitta, puoi tirarla per le lunghe quanto vuoi: tanto alla fine il risultato non cambia." Una volta curato, pungolo severamente il Pokémon con uno dei miei diti ossuti. "Forza, in piedi." Lui geme, brontola qualcosa, ma non da segni di avermi anche solo calcolato.
"Il Boss non ne sarà contento." Stavolta il tono di rimprovero apparteneva a una delle due reclute più giovani.
"Probabilmente non verrà mai nemmeno a saperlo, sbaglio Zero?" Una melodiosa risatina divertita accompagna queste parole: Sheela e il suo piacevolissimo nasino appuntito stanno osservando rapiti il cielo azzurro, le morbide labbra rosa sempre semi-dischiuse e una bianca mano affusolata delicatamente appoggiata su un lato del suo bel faccino lentigginoso. La sua sembra una semplice posa di contemplazione, come quella di una bambina spensierata, stanca dopo aver giocato a lungo, ma io so benissimo esserci di più.
C'è sempre qualcosa di più quando si parla di Sheela.
Seguo la direzione dei suoi occhi, la visiera del berretto mi impedisce di avere una panoramica completa ma mi accontento di quel poco che vedo, un’immagine fugace ma chiara. Mi alzo nuovamente in piedi, forse qualche mio collega vorrebbe continuare la conversazione, capirci qualcosa di più, ma personalmente non può fregarmene di meno di quello che vogliono loro.
"Ehi tu." Chiamo e indico il ragazzo con i brufoli.
"Io?"
"Si tu, come hai detto che ti chiami?"
"Paul."
"Ok, perfetto, Paul dammi la tua Pokéball."
"E perché scusa? Dentro c'è solamente quella sottospecie di Rattata che ho usato prima, il Capo mi aveva avvertito che era un totale incapace. Ero quasi tentato di mollarlo qui, tanto al Team non serve."
Neanche tu, ma non ritengo sia il caso di farglielo notare.
E poi ha veramente detto la parola "scusa"?
"Appunto, dammelo."
"Continuo a non capire."
"Ma ti sei fatto assumere per discutere o cosa?" Non che abbia una particolare autorità su di lui, ma sono un membro da diversi anni. I pivellini rispettano sempre chi è più esperto di loro anche se di grado non lo sarebbero affatto.
Finalmente si decide a lanciarmela.
Dopo essermela rigirata qualche secondo tra le mani, me l'assicuro sul fianco, alla cintura.
"Guarda che non è tua, ma del Team." Ignorando completamente i suoi belati a mo' di rimprovero, mi volto verso Golbat puntellandomi le mani alla vita.
"Ti muovi o vuoi passare il resto dei tuoi giorni qui?" Uno stridio è la risposta che stavo aspettando, non mi serve guardarlo per sapere che il pipistrello si è alzato in volo per raggiungermi. Dal canto mio, mi allontano, cominciando a scendere giù lungo la fiancata dell'isola.
"E ora dove vai?!" Una gran bella domanda, dove vado? Dove andrò?
Hoenn è così vicina che mi pare quasi di scorgerne l'ombra in lontananza.
Forse potrei passare da casa, riprendere in mano la mia vecchia me da dove l'avevo lasciata.
Oppure... oppure...
"Lontano." Effettivamente la destinazione è l’ultimo dei miei problemi.
Improvvisamente, due grosse, membranose ali blu scuro mi cingono da dietro, abbracciandomi.
Odio quando Golbat fa così, l'ho sempre odiato e continuerò a farlo.
Però stavolta non cerco di liberarmi dalla sua presa.
Non posso proprio fare altrimenti: c’è una scarpata a due passi da me.
Quindi lascio che continui a dimostrarmi tutto il suo appiccicoso affetto, sospirando.
Questa stupida, frastagliata isola rocciosa è "scolpita" proprio come una piramide Maya: a gradoni.
Perlomeno però potrà tornarmi utile: il mio Pokemon non è così forte da riuscire a prendere il volo con me sopra senza "un aiutino".
Un lieve rumore inizia ad udirsi, una piccola eco nell'aria, come il battito d'ali di un colibrì.
La Polizia è vicina, sento quasi l'ombra dell'elicottero azzurro, visto poco prima insieme a Sheela, incombere sopra di me.
Non ho nessunissima intenzione di passare il resto dei miei giorni in prigione.
"Allora, hai finito di rompere? Dobbiamo fare presto, prima che ci vedano." Sento la presa allentarsi, scomparire, quindi un fruscio mi segnala che il Pokémon è partito.
Conto dieci secondi lentamente, chiudo gli occhi e prego Rayquaza lassù che quella sottospecie di pipistrello troppo cresciuto non sia in ritardo.
Non è la prima volta che lo facciamo, però non riesco mai ad evitare l'ansia.
Poi, mi butto.

"Noi siamo qui per salvare il mondo, in nome dei Pokemon che ci vivono!"
Solo parole, vere e proprie urla di rabbia, portate dal vento, una voce familiare forse.
Mi faccio coraggio e allungo il collo per vedere l'isola sotto di noi, non siamo alti, non ancora, ma stiamo prendendo quota velocemente. Non riesco già più a distinguere le figure umane dalla Natura, palude e roccia, verde e marrone.
E blu.
Lo scintillio dell'elicottero della Polizia è inconfondibile, se mi sforzo, probabilmente più con la mia scarsa immaginazione che altro, riesco quasi a vedere i miei colleghi cercare di nascondersi o lottare (Josh, solo lui ne avrebbe la forza) per sfuggire alla Legge. Anche se ai miei occhi interiori in tutto questo non c'è posto per Sheela, lei è una che sa sempre esattamente dove e quando trovarsi al momento giusto, niente sfugge al suo controllo. Prima, sembrava quasi che tutto stesse andando secondo qualche suo strano e personalissimo piano. No, sicuramente starà già scappando, proprio come me, oppure si rivelerà improvvisamente essere una talpa dei piedipiatti.
Golbat, continua a salire e salire.
Quando sei immersa nell'immenso spazio vuoto che vuoto non è del cielo, ti aspetteresti che tutti i rumori cessino, come quando sei sott'acqua. Ma l'aria è un'ospite tutt'altro che tranquillo e i suoi ululati, il grido del vento, il suo gelido potente tocco, riempiono le orecchie abbastanza da coprire qualsiasi altro suono.
Un caldo alone rosato appare proprio alle nostre spalle, nel centro dell'Isola Suprema, dove la battaglia già vinta di Giovanni infuria. Sono sicurissima che abbia già catturato il famigerato Mew, assorbito e incanalato i suoi poteri nella macchina creata dai nostri scienziati. Lo strano colore che sta piano piano iniziando ad inglobare il mondo intorno a sé ne è la prova.
Occuparsi di quei due o tre moscerini fastidiosi che sono Lily e gli altri non dovrebbe causargli poi tanti problemi, è già successo in passato.
Ogni anno c'è qualche moccioso nuovo, assetato di gloria e di fama.
Poi potrà finalmente andarsene, decollare giusto un secondo prima che la Polizia lo raggiunga, tornando raggiante alla sua Villa sull'Isola Cannella, pronto a sfruttare fino all'ultima goccia l'antico potere delle cellule di Mew.
Distrattamente mi passo una mano sui capelli, spinti all’indietro dalla velocità. Manca il berretto. Forse qualcuno riuscirà a trovarlo, laggiù.
Finalmente mi decido a guardare in avanti, verso il cielo azzurro che sembra fondersi all'orizzonte con un oceano della stessa sfumatura.
Il volo del grosso pipistrellone azzurro si stabilizza dolcemente.
Quando Aurum se n'è andata credevo veramente di aver abbandonato tutto quello che rimaneva di me, ma la realtà è che finché sono rimasta ancorata al dolore, ai ricordi, io non sono stata né una persona nuova né tanto meno quella vecchia, Zero appunto.
Ma adesso, voglio solo guardare al futuro.

In questo momento non mi sento né buona né cattiva.
Né Zero né Katrina.
Solo me stessa.


Note:
Ho fatto del mio meglio per cercare di far combaciare tutti gli eventi con il punto di vista di Zero, provando a spiegare il più possibile. Non voglio fare la palla e quindi eviterò di aggiungere quello che penso riguardo a questo capitolo.
Concludo così una fanfiction che era nata per essere corta, la prima fanfiction (e speriamo non l'unica) che il cervellino della sottoscritta abbia mai partorito.
Dato che mi sento uguale a prima e non ho avuto illuminazioni di sorta, passo subito a ringraziare (ma proprio tanto <3 ) tutti quelli che mi hanno reso possibile raggiungere questo risultato (ok, va bene, non è una premiazione o roba varia ma per me è molto importante visto che ho la brutta tendenza ad iniziare una cosa e poi lasciarla a metà).
Shalutoni, Lycia <3

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