Cuordilava
“Sorgenti termali del Centro Pokémon: il luogo ideale per rilassarsi!”
By: Xavier
Cuordilava,
nonostante le ridotte dimensioni e la difficoltà di essere raggiunta,
era una cittadina che valeva la pena visitare, unica del suo genere.
Sorgeva in una valle alle pendici del maestoso Monte Camino, circondata
su ben tre lati dalle imponenti creste rocciose del vulcano, che pareva
quasi voler proteggere con un grezzo abbraccio quella piccola oasi di
pace e tranquillità, la quale doveva la sua fama per l'appunto al famoso
cratere, che le aveva donato un clima favorevole, una visuale
meravigliosa e, soprattutto, le tanto rinomate terme.
L'unica via terrestre che consentiva di giungere in città era il Passo Selvaggio, una forra scoscesa e ripida che partiva dalla vetta dell'acrocoro e scendeva, snodandosi in sentieri brulli intervallati da brevi ripiani erbosi, perennemente ricoperti di cenere, fino alla vallata del Percorso 112, a est di Cuordilava. Piacevole in discesa, per i più avventurosi, ma ostico in salita per chiunque.
Lilith aveva appena attraversato quella scarpata ed aveva finalmente messo piede nella città vera e propria, dove si era appena trasferita. Il tragitto in funivia era stato rilassante, le aveva permesso di vedere dall'alto tutti i dintorni del paesino, il fitto bosco di conifere imbiancate, gli aspri pendii del monte, gli sterminati colli all'orizzonte, seduta comodamente nella cabina con la sua Dratini sulle ginocchia. L'ultimo tratto di strada però l'aveva sfiancata e non vedeva l'ora di riposarsi un po'; e pensare che era partita da Zafferanopoli, dove aveva lasciato quasi tutto e tutti. Cuordilava sembrava il posto ideale per iniziare una nuova vita con una nuova identità, poiché nessuno la conosceva e, come recitava anche il cartello all'ingresso, Cuordilava era "il luogo ideale per rilassarsi".
Relax.
Era tutto quello di cui Lilith, una giovane ragazza dai capelli turchini e dal look dark, aveva bisogno in quel momento della sua vita.
Si diresse subito verso la sua nuova abitazione, un modesto bilocale proprio accanto all'erboristeria, dando di tanto in tanto delle occhiate guardinghe ai dintorni delle vie: non c'era un gran via vai di gente, nonostante il paesino fosse una rinomata meta turistica, vi erano soprattutto anziani dall'aspetto docile e bonario, accompagnati spesso da bambini festosi e vivaci, probabilmente i nipoti. Un'atmosfera decisamente tranquilla, se paragonata a quella della sua metropoli d'origine, dove tutti pretendevano di conoscerla ma nessuno la conosceva per davvero.
Entrò in casa, chiuse l'anta alle proprie spalle e tirò un sospiro di sollievo.
Abbandonò sciattamente i bagagli per terra e diede una rapida ispezione alla casa: era pulita, il parquet era di un legno lucido e chiaro, con qualche insignificante graffio qua e là, nella piccola cucina vi era l'essenziale, un forno, un lavello, un frigo e una tavola da quattro posti, poco più a destra si apriva una zona salotto munita di un tavolino, fatto rigorosamente in vetro cinereo, e una soffice poltrona imbottita per vedere comodamente seduti la TV posta di fronte. Infine, la camera da letto munita di matrimoniale e il piccolo bagno annesso erano divisi dal resto dell'ambiente tramite un sottile muro, alla cui metà si apriva una porta in laminato bianco.
«Allora, ti piace la nostra nuova casetta?» chiese dolcemente al suo Pokémon, dopo averlo fatto uscire fuori dalla sua Sfera per permettere anche a lui di ispezionare.
Anche Dratini sembrava soddisfatta dell'acquisto, annuiva con la testolina.
«Bene, mi fa piacere. Adesso però devo lasciarti qui per un po', devo andare in un posto dove non posso portarti, ma tornerò presto, vedrai!» disse alla creatura, chinandosi per concederle qualche carezza. Dratini rispose con un'espressione rattristata, che avrebbe fatto intenerire persino un Regirock, ma alle terme i Pokémon non erano ammessi e Lilith non poteva farci nulla.
«Appena torno, se fai la brava, ti farò assaggiare un Lavottino, intesi?» salutò così il draghetto, mostrandole la confezione intatta di biscotti, una delizia locale per umani e Pokémon; afferrò quindi il borsone con il necessario e uscì di casa.
Si accedeva alle terme tramite il Centro Pokémon, non molto distante dalla dimora della giovane, che impiegò pochi minuti di camminata per recarsi sul posto. Una volta entrata, si fermò al bivio che divideva gli ambienti femminili da quelli maschili; si mordeva nervosamente il labbro inferiore, i manici della borsa le scivolavano dalle dita sudate, si guardava ansiosamente attorno, temendo di essere fissata da qualcuno, ma nessuno pareva dare particolare attenzione a lei.
Una mano le si posò sulla spalla, facendola sussultare: «Signorina, posso esserle d'aiuto?»
Si voltò di scatto in direzione di quella voce, e notò la figura massiccia di un'infermiera del centro.
«Io uhm, c-cercavo lo spogliatoio femminile…» balbettò, leggermente rassicurata dall'epiteto con cui era stata appellata.
«Alla sua destra, prosegua dritto, non può sbagliarsi» rispose cortesemente l'addetta.
Ringraziò con un modesto inchino e prese la direzione indicatale. Arrivò davanti l'uscio, ancora restia ad aprire.
Non era ancora riuscita a liberarsi del tutto da quelle latenti paranoie, dopo anni vissuti nel timore del giudizio altrui, a nascondere ciò che era e sentiva di essere, temeva di essere "scoperta".
«Ma io ormai sono Lilith» sussurrò senza accorgersene «anzi, sono sempre stata Lilith»
E aveva ragione; "Abram" non era mai esistito, quel nome non le era mai appartenuto, non l'aveva mai ritenuto proprio, era solo il nome della maschera spuria che era stata costretta a portare per troppo tempo. Le piaceva assimilarsi alla sua Dratini che, pur rimanendo sempre la stessa, aveva cambiato pelle con la muta, per indossarne una più accogliente e adatta a quel corpo in mutamento. Anche Lilith aveva cambiato l'involucro esterno che rinchiudeva la sua anima, nulla di più.
Si fece forza e spinse la maniglia, entrò nello spogliatoio e lo trovò vuoto. Non impiegò molto tempo a cambiarsi e quando fu pronta uscì, con un po' più di sicurezza, per dirigersi verso le vasche di acqua calda.
Fortunatamente, nemmeno lì vi era molta gente: c'erano soprattutto anziane signore intente a scambiare chiacchiere quotidiane su cosa cucinare e come farlo, sui nipoti o figli che non vedevano da molto, sul clima o su una recente serie TV che aveva riscosso molto successo. Lilith entrò timidamente in acqua, e tutti gli sguardi si posarono improvvisamente su di lei e quel brusio cessò di colpo.
Ebbe paura.
Iniziò a tremare.
Era già pronta a doversi scusare ma…
«Ehi, ma tu sei nuova!» improvvisamente una voce si alzò dal coro, una voce giovane e vivace.
Lilith alzò la testa e i propri occhi grigi incontrarono quelli scarlatti di una sua coetanea, a pochi metri da lei. Quei capelli rossi erano inconfondibili: si trattava di Fiammetta, la Capopalestra della città.
«Già, non l'abbiamo mai vista. Benvenuta cara!» anche le altre vecchiette salutarono così Lilith.
La fanciulla si sentì improvvisamente riempire il cuore di gioia e rispose: «Sì, è la prima volta che vengo qui, mi sono trasferita oggi. Vengo da Kanto»
Un certo cicalio fermentò da quella affermazione.
«Kanto! Mio figlio è lì per lavoro!»
«Mia nipote è stata in vacanza ad Aranciopoli, l'anno scorso!»
«Ci sono stata in viaggio di nozze con mio marito! Bei tempi, ci tornerei volentieri!»
Lilith ascoltava compiaciuta tutto quel brusio, ogni sua tensione era stata sciolta dal tepore delle acque e dal calore con cui l'avevano accolta nella cerchia. Finalmente si sentiva a suo agio, accettata e rispettata. Non chiedeva niente di più, niente di meno; chiuse gli occhi e si immerse fino al naso, concedendosi delle piacevoli ore di meritato relax.
Note dell'autore: Salve!
Questa volta mi sono occupato io di mandare avanti questa deliziosa serie, sperando di essere stato all'altezza degli standard della mia collega, sigh, non vorrei aver guastato tutto (?) Ad ogni modo, questa storia è una dedica ad una mia carissima amica, la cui OC è appunto protagonista del racconto. Spero vi sia piaciuto.
~Xavier
L'unica via terrestre che consentiva di giungere in città era il Passo Selvaggio, una forra scoscesa e ripida che partiva dalla vetta dell'acrocoro e scendeva, snodandosi in sentieri brulli intervallati da brevi ripiani erbosi, perennemente ricoperti di cenere, fino alla vallata del Percorso 112, a est di Cuordilava. Piacevole in discesa, per i più avventurosi, ma ostico in salita per chiunque.
Lilith aveva appena attraversato quella scarpata ed aveva finalmente messo piede nella città vera e propria, dove si era appena trasferita. Il tragitto in funivia era stato rilassante, le aveva permesso di vedere dall'alto tutti i dintorni del paesino, il fitto bosco di conifere imbiancate, gli aspri pendii del monte, gli sterminati colli all'orizzonte, seduta comodamente nella cabina con la sua Dratini sulle ginocchia. L'ultimo tratto di strada però l'aveva sfiancata e non vedeva l'ora di riposarsi un po'; e pensare che era partita da Zafferanopoli, dove aveva lasciato quasi tutto e tutti. Cuordilava sembrava il posto ideale per iniziare una nuova vita con una nuova identità, poiché nessuno la conosceva e, come recitava anche il cartello all'ingresso, Cuordilava era "il luogo ideale per rilassarsi".
Relax.
Era tutto quello di cui Lilith, una giovane ragazza dai capelli turchini e dal look dark, aveva bisogno in quel momento della sua vita.
Si diresse subito verso la sua nuova abitazione, un modesto bilocale proprio accanto all'erboristeria, dando di tanto in tanto delle occhiate guardinghe ai dintorni delle vie: non c'era un gran via vai di gente, nonostante il paesino fosse una rinomata meta turistica, vi erano soprattutto anziani dall'aspetto docile e bonario, accompagnati spesso da bambini festosi e vivaci, probabilmente i nipoti. Un'atmosfera decisamente tranquilla, se paragonata a quella della sua metropoli d'origine, dove tutti pretendevano di conoscerla ma nessuno la conosceva per davvero.
Entrò in casa, chiuse l'anta alle proprie spalle e tirò un sospiro di sollievo.
Abbandonò sciattamente i bagagli per terra e diede una rapida ispezione alla casa: era pulita, il parquet era di un legno lucido e chiaro, con qualche insignificante graffio qua e là, nella piccola cucina vi era l'essenziale, un forno, un lavello, un frigo e una tavola da quattro posti, poco più a destra si apriva una zona salotto munita di un tavolino, fatto rigorosamente in vetro cinereo, e una soffice poltrona imbottita per vedere comodamente seduti la TV posta di fronte. Infine, la camera da letto munita di matrimoniale e il piccolo bagno annesso erano divisi dal resto dell'ambiente tramite un sottile muro, alla cui metà si apriva una porta in laminato bianco.
«Allora, ti piace la nostra nuova casetta?» chiese dolcemente al suo Pokémon, dopo averlo fatto uscire fuori dalla sua Sfera per permettere anche a lui di ispezionare.
Anche Dratini sembrava soddisfatta dell'acquisto, annuiva con la testolina.
«Bene, mi fa piacere. Adesso però devo lasciarti qui per un po', devo andare in un posto dove non posso portarti, ma tornerò presto, vedrai!» disse alla creatura, chinandosi per concederle qualche carezza. Dratini rispose con un'espressione rattristata, che avrebbe fatto intenerire persino un Regirock, ma alle terme i Pokémon non erano ammessi e Lilith non poteva farci nulla.
«Appena torno, se fai la brava, ti farò assaggiare un Lavottino, intesi?» salutò così il draghetto, mostrandole la confezione intatta di biscotti, una delizia locale per umani e Pokémon; afferrò quindi il borsone con il necessario e uscì di casa.
Si accedeva alle terme tramite il Centro Pokémon, non molto distante dalla dimora della giovane, che impiegò pochi minuti di camminata per recarsi sul posto. Una volta entrata, si fermò al bivio che divideva gli ambienti femminili da quelli maschili; si mordeva nervosamente il labbro inferiore, i manici della borsa le scivolavano dalle dita sudate, si guardava ansiosamente attorno, temendo di essere fissata da qualcuno, ma nessuno pareva dare particolare attenzione a lei.
Una mano le si posò sulla spalla, facendola sussultare: «Signorina, posso esserle d'aiuto?»
Si voltò di scatto in direzione di quella voce, e notò la figura massiccia di un'infermiera del centro.
«Io uhm, c-cercavo lo spogliatoio femminile…» balbettò, leggermente rassicurata dall'epiteto con cui era stata appellata.
«Alla sua destra, prosegua dritto, non può sbagliarsi» rispose cortesemente l'addetta.
Ringraziò con un modesto inchino e prese la direzione indicatale. Arrivò davanti l'uscio, ancora restia ad aprire.
Non era ancora riuscita a liberarsi del tutto da quelle latenti paranoie, dopo anni vissuti nel timore del giudizio altrui, a nascondere ciò che era e sentiva di essere, temeva di essere "scoperta".
«Ma io ormai sono Lilith» sussurrò senza accorgersene «anzi, sono sempre stata Lilith»
E aveva ragione; "Abram" non era mai esistito, quel nome non le era mai appartenuto, non l'aveva mai ritenuto proprio, era solo il nome della maschera spuria che era stata costretta a portare per troppo tempo. Le piaceva assimilarsi alla sua Dratini che, pur rimanendo sempre la stessa, aveva cambiato pelle con la muta, per indossarne una più accogliente e adatta a quel corpo in mutamento. Anche Lilith aveva cambiato l'involucro esterno che rinchiudeva la sua anima, nulla di più.
Si fece forza e spinse la maniglia, entrò nello spogliatoio e lo trovò vuoto. Non impiegò molto tempo a cambiarsi e quando fu pronta uscì, con un po' più di sicurezza, per dirigersi verso le vasche di acqua calda.
Fortunatamente, nemmeno lì vi era molta gente: c'erano soprattutto anziane signore intente a scambiare chiacchiere quotidiane su cosa cucinare e come farlo, sui nipoti o figli che non vedevano da molto, sul clima o su una recente serie TV che aveva riscosso molto successo. Lilith entrò timidamente in acqua, e tutti gli sguardi si posarono improvvisamente su di lei e quel brusio cessò di colpo.
Ebbe paura.
Iniziò a tremare.
Era già pronta a doversi scusare ma…
«Ehi, ma tu sei nuova!» improvvisamente una voce si alzò dal coro, una voce giovane e vivace.
Lilith alzò la testa e i propri occhi grigi incontrarono quelli scarlatti di una sua coetanea, a pochi metri da lei. Quei capelli rossi erano inconfondibili: si trattava di Fiammetta, la Capopalestra della città.
«Già, non l'abbiamo mai vista. Benvenuta cara!» anche le altre vecchiette salutarono così Lilith.
La fanciulla si sentì improvvisamente riempire il cuore di gioia e rispose: «Sì, è la prima volta che vengo qui, mi sono trasferita oggi. Vengo da Kanto»
Un certo cicalio fermentò da quella affermazione.
«Kanto! Mio figlio è lì per lavoro!»
«Mia nipote è stata in vacanza ad Aranciopoli, l'anno scorso!»
«Ci sono stata in viaggio di nozze con mio marito! Bei tempi, ci tornerei volentieri!»
Lilith ascoltava compiaciuta tutto quel brusio, ogni sua tensione era stata sciolta dal tepore delle acque e dal calore con cui l'avevano accolta nella cerchia. Finalmente si sentiva a suo agio, accettata e rispettata. Non chiedeva niente di più, niente di meno; chiuse gli occhi e si immerse fino al naso, concedendosi delle piacevoli ore di meritato relax.
Note dell'autore: Salve!
Questa volta mi sono occupato io di mandare avanti questa deliziosa serie, sperando di essere stato all'altezza degli standard della mia collega, sigh, non vorrei aver guastato tutto (?) Ad ogni modo, questa storia è una dedica ad una mia carissima amica, la cui OC è appunto protagonista del racconto. Spero vi sia piaciuto.
~Xavier
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