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Courage for Halloween 2019 - Hancock (ft. Blaze Power & Lila May) - Hard Rain



Hard Rain.


Il sudore le irritò gli occhi; lo asciugò distrattamente. In quella foresta l’aria era soffocante. Diede un rapido sguardo verso l’alto, scorgendo il sole. Doveva essere all’incirca mezzogiorno. Tornò a concentrarsi.
Strisciò nel sottobosco, cercando di fare quanto meno rumore possibile. Con la mano sinistra andava a rimuovere i ramoscelli più piccoli, o i sassi che avrebbero potuto graffiarle il ventre. La destra reggeva il coltello kukri che si era procurata da una delle svariate casse d’equipaggiamento distribuite tutt’intorno.
Mentre s’avvicinava alla posizione che si era prestabilita in mente, un rumore che ben conosceva attirò la sua attenzione. Fu un solo istante, e il fruscio, rapido e violento, fu seguito dal grido di dolore della sua preda.
Uno strano brivido d’eccitazione le percosse la schiena, facendole vibrare l’intero corpo. D’istinto si tirò su, e iniziò a camminare lentamente verso l’origine dei lamenti. Appena ebbe il contatto visivo, ne fu certa: la trappola era riuscita. Iniziò a correre, col coltello stretto nella mano, infischiandosene del rumore prodotto. Doveva sbrigarsi, per non attirare troppo l’attenzione.
Mentre correva rifletté sulla facilità con la quale aveva costruito quella trappola: le erano bastati dei grossi rami da affilare e legare insieme, come fossero un enorme pettine, e una corda da tendere che, quando spezzata, avrebbe lanciato in avanti il legno. Sperava soltanto di aver fatto bene i calcoli e averla posizionata alla giusta altezza. Gli arrivò dalle spalle, lui non poteva vederla, impegnato com’era nel tentare di rimuovere le punte dal suo corpo: erano penetrate poco sopra le ginocchia, trafiggendolo e immobilizzandolo sul posto. Se avesse provato a sedersi o stendersi, si sarebbe lacerato completamente, in questo modo era facilmente visibile per lei.
Lei gli girò intorno, portandosi faccia a faccia con lui. Non era stata la sua prima preda, ma la strana sensazione non accennava a scemare.
- Iris… aiutami – del sangue sgorgò dalle sue ferite quando lui cercò di muoversi.
- Sono tutti pazzi qui. Se ci ribelliamo tutti quanti, riusciremmo a batterli.
- Batterli? Non ne vedo il motivo, io voglio vincere – rispose lei, conficcando la lama fra le costole di lui, poco sotto al cuore.
Girò rapidamente la lama di lato, facendo diventare la ferita un foro molto più ampio.

“Che peccato, Valerio. Mi dispiace averti dovuto uccidere, ma sei finito nella mia trappola. E pensare che avevo fantasticato così tanto, su di noi. Avrei tanto voluto fare del sano e violento sesso, insieme, e non solo masturbarmi nel pensarlo. Strana la vita”.

Iris rimase lì a osservare Valerio perdere le ultime forze, mentre una strana sensazione di piacere le inondava il basso ventre. Troncò la base della trappola, fece cadere il cadavere per terra e iniziò a frugare all’interno delle sue tasche, cercando qualsiasi cosa di utile. La sua mente tornò indietro, a quando non si sarebbe mai immaginata in una simile situazione.
Quando le avevano suggerito del torneo per diventare campioni, Iris si era iscritta senza neanche pensarci.
Quando aveva scoperto i suoi avversari, e aveva puntato in particolar modo l'occhio su N, Crystal e Silver, si era quasi eccitata all'idea di poter competere contro di loro - allenatori validi che le avrebbero potuto tenere testa, sì. Farle aprire gli occhi su quanto fosse forte. E brava. E praticamente imbattibile.

Ma quando aveva saputo che avrebbe dovuto uccidere, pur di ottenere quel posto, l'eccitazione era stata talmente tanta da quasi farle paura. Si era spaventata, un brivido l'aveva trafitta da parte a parte. La metà sua più umana avrebbe voluto solo rifiutare, tirarsi indietro.
Non aveva mai ucciso - non lo avrebbe fatto ora. Non era un'assassina.

Iris non era un'assassina.

Eppure, per quanto tempo ancora avrebbe dovuto continuare a bramare quell'ambita posizione di prestigio? Era piccola. Aveva solo quindici anni. E in quindici anni di vita non c'era mai stato modo di essere presa sul serio da nessuno.
Nemmeno i suoi avversari, quelli che aveva quasi ammirato, all'inizio, ma che ora, guardandoli cenare di fronte a lei, sentì quasi di voler eliminare lì stante.
Tutti i suoi sforzi, gli sforzi dei suoi Pokémon... lacrime grosse quanto caramelle minacciarono di scivolarle dagli occhi e cascare nella patina viola del suo dessert alla baccamora.
Si trattenne per non tirare un calcio a Sanzo, seduto proprio di fronte a lei, mentre un fuoco anomalo le pervadeva i sensi più selvaggi ed incontrollati. Ogni maledetto giorno ad allenarsi e quasi farsi uccidere da un Haxorus impazzito, le scalate per irrobustirsi, le lotte feroci contro gli allenatori... e alla fine della fiaba, solo il sapore bruciante della sconfitta, quello che corrode la gola, talmente acido da ucciderti. 'Una bambina', le dicevano. 'Torna a giocare con le bambole.'
Era una sensazione che non poteva essere descritta. Una sensazione che le tornò su, pronta ad essere vomitata su tutti quanti.
Cercò di affogare la frustrazione e l'invidia nel dessert, pulendosi poi con un tovagliolo la bile e la panna dai bordi di una bocca consunta di morsi e screpolata d'angoscia.
A quel punto, un uomo parlò. -Vi ricordate le modalità del torneo, vero?
Non che ci fosse bisogno di ripeterle. Iris le ricordava a memoria. Non dormiva più la notte, ripassandosele di continuo nella testa, come un mantra, alla ricerca di qualche via di fuga, forse, dal prevedibile massacro in cui sarebbe stata coinvolta. O magari, qualche spiraglio di vittoria.
-Verrete dislocati in quest'area, e dovrete uccidervi a vicenda finché non ne resterà solo uno. Vi verranno fornite armi iniziali, strumenti. Ma tutto il resto, naturalmente, dipenderà da voi.
Iris guardò di nuovo i suoi avversari, uno ad uno, quelli che l'avevano colpita, quelli che non aveva neanche guardato ancora in faccia. Non conosceva granché, eccetto qualche capopalestra, i quattro che aveva adocchiato o qualcuno della sua regione d'appartenenza.
Le si ribaltò lo stomaco di rabbia, e orrore. La miscela delle due le iniettò le iridi di sangue al pensiero di qualcuno di loro ammazzato da lei, dalla sua manina piccola di ragazzina, il suo corpo minuto e fragile che dominava, dotato d'astuzia, sugli altri, molto più grossi e statuari del suo.
Si affondò una mano tra i capelli color mirtillo, fino a stringersi il collo intrappolato dentro un fine collarino rosa. Aveva le dita sudate, tremanti. Non voleva che i suoi avversari la notassero, e la ritenessero non pronta. Era già successo troppe volte - e troppe volte lei si era limitata ad accusare il colpo in religioso silenzio.
-Si tratta di sopravvivere, dunque.
Alla parola sopravvivere si illuminò tutta, e digrignò i canini.
Certo, sopravvivere. Un gioco da ragazzi.
Iris lo aveva sempre fatto.


Guzma stava correndo a perdifiato. Aveva visto le luci in cielo e sapeva perfettamente cosa significassero: approvvigionamenti. Quei bastardi si divertivano a vederli strisciare, uccidersi e straziare per sopravvivere. E quelle casse lanciate dal cielo non erano altro che la conferma a tutto questo. Per rendere il tutto più interessante, ogni tanto ne sparavano qualcuna da un aereo, contenente chissà che cosa.

“Non che tu non sia capace di rubare le provviste degli altri. Che poi se sono il primo che arriva non è neanche rubare, ma insomma. È quello che hai sempre fatto, Guzma, fin da ragazzino all’Affaroni, no? Bazzicavi sempre sul Viale Royale, senza meta e senza soldi, così per gioco. E mamma che si arrabbiava di vederti tornare a casa tardi ogni volta e ti gridava di studiare invece di perdere tempo, altrimenti che ci andavi a fare a scuola? Ma infatti, chi glielo faceva fare a mamma e papà di farti prendere il traghetto tutti i giorni, andata e ritorno, e farti fare la scuola per allenatori a Mele Mele? Tu avevi bisogno di una Poké Ball, non di un corso di studi, ma no, ‘sei piccolo’, ‘non sai ascoltare le persone, figuriamoci i Pokémon’. Ma andate al diavolo!

E quel giorno, finalmente, hai deciso di non uscirtene a mani vuote dal Supermarket Affaroni come al solito. Passando dal reparto Sfere Poké hai aspettato che non ci fosse nessuno e hai infilato quella Ball in tasca per poi uscire dall’ingresso senza acquisti. Bum, l’allarme. E menomale che avevi pure staccato l’etichetta del prezzo. E via a correre, correre, correre, senza girarti verso gli altri, tanto li sentivi che ti urlavano dietro. Quando non li hai sentiti più ti sei fermato a vedere dove fossi finito e, diamine, ti eri perso. Avevi superato Ohana addirittura, dove non eri mai stato, senza rendertene conto. Non hai fatto altro che scappare”.

Era scesa la notte ormai, ed era stato solo per un colpo di fortuna che lui aveva adocchiato le luci intermittenti rosse sfrecciare su, nel cielo sopra la Zona Safari. Con il buio, era arrivato anche il freddo. Gli avevano dato del pazzo ad aver scelto quella divisa come equipaggiamento, ma adesso si stava rivelando utile: aveva preso un costume da Babbo Natale. Comodo, caldo, e con una quantità incredibile di tasche interne, si era rivelato più che utile in molte occasioni.
Si arrampicò su di un leggero innalzamento del suolo, salendo su una pila di rocce. Estrasse la balestra e osservò davanti a lui tramite il mirino telemetrico. La cassa era atterrata qualche centinaio di metri più avanti, in una zona dove gli alberi erano meno fitti rispetto a ciò che aveva visto finora. Non vide segni di movimento né sentì il più minimo rumore, escluso il vorticare del vento intorno alla piccola altura dove si trovava al momento. Eccitato al pensiero di cosa si potesse trovare all’interno delle casse, si rimise la balestra in spalla e si lanciò sul pendio. Si mosse con tutta calma, cercando di fare quanto meno rumore possibile. Era sicuro di essere il solo ad aggirarsi in quella zona ma non voleva comunque correre rischi. Non aveva Pokémon, dopotutto.

“Sono sadici, quelli del torneo, ad aver sequestrato i Pokémon. Che senso ha allenarsi per diventare Campione, allora? Senza manco dirlo prima, tra l’altro, che razza di prova si sarebbe dovuta affrontare. Bah. Ti è andata bene ad aver trovato la balestra, dato che finché non hai avuto un’arma non riuscivi a fare un passo fuori dal nascondiglio, altro che ‘grande Guzma’. Senza Golisopod sei finito, lo sai, tu e lui siete sempre stati una cosa sola, uguali, da quando l’hai catturato con quella benedetta Poké Ball.

Eri finito nel percorso 8, scappando come un pazzo. Già faceva buio e non valeva neanche la pena di tornare a casa con una scusa qualunque, saresti rientrato l’indomani dicendo di aver dormito da un compagno. Non avevi amici a Ohana, ma che ne sapevano. Tanto valeva usarla subito, quella Poké Ball: hai iniziato a guardarti intorno, cercare, esplorare il percorso. Ma fino a quel momento i Pokémon li avevi visti solo a scuola o catturati da altri e non ti eri mai preoccupato che potessero attaccarti. Hai provato a puntare un Trumbeak, ma quando stavi per lanciare la Ball ti ha visto e sei scappato via. Non era paura, figuriamoci, è che era già evoluto e la Poké Ball non andava bene e poi Toucannon è brutto come la fame. Mai voluto averne uno. Hai provato con qualche Rattata, ma loro sì che avevano paura, topi di fogna. Scappavano. L’unico che non scappava non era un Rattata ma un Salandit che per poco non ti avvelenava i polmoni, quello era pericoloso sul serio. Poi, su quello spiazzo roccioso, senz’erba alta, un Wimpod. Scappato anche lui. ‘Fermati almeno tu, maledizione!’, ma niente. Se non fosse che eri Guzma ti saresti messo a piangere, invece sei dignitosamente crollato a terra battendo i pugni. Quando hai smesso quel Wimpod è ricomparso e hai lanciato la Ball un’ultima volta, da seduto, concentrandoti. La spia rossa e poi bianca del pulsante centrale fu l’unica luce di quella notte tremenda”.

La cassa d’approvvigionamento era atterrata in una piccola zona circondata da alberi, su di un letto d’erba che arrivava quasi alle ginocchia di Guzma.
Lui le si avvicinò e l’aprì senza problemi. Le sue mani iniziarono a scavare sempre più velocemente, febbricitanti per l’adrenalina, all’interno della cassa. Era stracolma di razioni, acqua, armi e munizioni esplosive per la balestra. Prese questo come un segno del destino, quella cassa era diretta a lui.
- Oh Oh Oh, che bel regalo di Natale! – urlò ad alta voce.
Iniziò a sistemare tutto all’interno del proprio vestito. Peccato che non ci fossero Poké Ball neanche stavolta, era improbabile ma continuava a sperarci.
Per qualche motivo, un brivido gli percorse la spina dorsale, facendogli rizzare i peli sulle braccia. Istintivamente si girò, puntando la balestra davanti a sé. La luce della luna si riflesse in un qualcosa che si trovava nascosto fra i tronchi degli alberi, esattamente da dove era giunto lui.
Senza pensarci un attimo, Guzma fece scoccare la corda della balestra, e il lungo dardo d’acciaio saettò nell’aria, fendendola. Il suo sibilo durò un solo istante, e venne poi seguito da un clank.
- Clank? – si chiese Guzma, vedendo il dardo venire riflesso da quello.
L’intruso si iniziò a muovere, scostando i rami che gli si paravano davanti. Guzma venne assalito dall’adrenalina, mentre incoccava un nuovo dardo. Decise di utilizzare uno di quelli esplosivi. La creatura era appena fuoriuscita dal cerchio di alberi, quando Guzma finalmente sparò. Il dardo partì veloce e silenzioso, araldo di morte.

“Così, Guzma! Spara, a primo impatto, prima che ti attacchi lui, come hai insegnato a Golisopod. All’inizio, da Wimpod, aveva paura di battersi, come si faceva male fuggiva via, non c’era verso di farlo tornare in campo se si sentiva in difficoltà. Gli hai insegnato a lottare contro i più deboli allora, per forza di cose, e ha iniziato a saper stare al mondo, a farsi valere. Ha imparato che la prima impressione è tutto, che se l’altro ti piglia per debole ci va giù pesante fin dall’inizio. Devi essere tu il lupo e lui la pecora, anche se l’altro ti sembra, e sottolineo sembra, più lupo di te. Diamine, ha imparato alla grande! Appena si è evoluto è diventato un bestione, dalla sogliola che era, e non c’era Pokémon che non lo temesse. Entrava in campo e subito alzava le mani, ma forte eh, nessuno partiva in quarta come lui. Poi, se l’avversario reagiva, aveva ancora il vizio di farsela sotto, quello gli è rimasto, ma è comprensibile. Gli hanno dato del codardo, gli altri stupidi aspiranti campioni. Golisopod non è codardo, Golisopod è come te, Guzma, e farti da parte quando non sei sicuro di vincere non è vigliaccheria, è buonsenso. In lotta uno vince e l’altro perde: se sei forte attacchi e vinci, se no quantomeno scappi”.

Il sorriso sulle labbra del tiratore si smorzò quando vide una chela afferrare al volo il suo proiettile. L’esplosione che seguì fu abbastanza violenta, incendiando l’erba tutt’intorno. Alla luce del fuoco, Guzma poté vederlo: un enorme Scizor si trovava al suo cospetto, non un graffio sulla sua armatura. Lasciò cadere ciò che restava del dardo, e si lanciò verso di lui.

“Scappa!”

Guzma cercò di evitarlo, ma il Pokémon era fin troppo veloce per lui. In un istante gli bloccò caviglie e torace fra le sue chele. Lo tenne sollevato quel poco che bastava per non dargli possibilità di afferrare qualcosa da terra. La morsa sul corpo era violentemente ferrea, si potevano quasi udire le ossa gemere.
Scizor arretrò di un paio di passi, allontanando la sua preda dall’arma che gli era caduta ai piedi. Il fuoco si rifletteva sulla sua armatura, dandogli l’aspetto di un demone.
Alzò Guzma sulla testa, tenendolo parallelo al suolo. Rapidamente spostò la chela dalle caviglie allo stomaco, per poi tirare violentemente. Squarciò il suo corpo in due, all’altezza dello sterno. Il sangue schizzò ovunque, tingendo l’erba ai loro piedi, bruciando nelle fiamme insieme agli organi che iniziavano a cadere.

“Che morte di merda. Beh, almeno non sono morto come quell’idiota del team Rocket, vestito con dello spandex e un tronco nel culo”.


Il freddo della notte era ormai sceso da un pezzo. Il cielo stava iniziando a ricoprirsi di nuvole, nere e cariche di pioggia. Alzò lo sguardo verso l’alto, individuando il Noctowl che volava, silenzioso e letale, sopra le loro teste. Lo vide fare il numero otto in volo, prima di riprendere il proprio giro.
- Bravo, qui Delta. Alpha non ha individuato nessun bersaglio, settore 7-G libero. Passa altrove.
- Ricevuto Delta. Ho sentito dei rumori nel 4-N, vado a controllare.
- Ti copro le spalle. Charlie da te come va?
- Tutto silenzioso e tranquillo. Non vediamo nessuno, iniziamo a ritornare alla base. Charlie chiudo.
Si mosse quel poco che le bastava a cambiare angolo di tiro. Regolò il mirino telescopico e controllò lì dove probabilmente si trovava qualcuno. Vide uno dei suoi compagni attraverso il fogliame, intento a inseguire qualcuno. Alzò lo sguardo verso il loro Noctowl quando Bravo emise il richiamo. Il Pokémon partì in picchiata, senza emettere alcun suono. Ancora si stupiva di quanto fosse silenzioso il suo volo. Calcolò la traiettoria del Pokémon Gufo e fu così in grado di individuare, più o meno, la posizione della loro preda. Scrutò fra le ombre al di sotto delle braccia spettrali degli alberi, finché non ne vide una in movimento.
Spostò lo sguardo di poco verso sinistra, individuando il suo compagno, lo riconobbe dalla sciarpa che, nel suo mirino, rifletteva la luce.

“Ottima idea quella di marcarci”.

Ritornò velocemente al suo obiettivo. Lo individuò, riuscì a scorgerne la sagoma che sfrecciava nel sottobosco. Inspirò a fondo e aspettò, continuando a seguirlo. Lui continuava ad abbassarsi e a spostarsi, saltare e schivare. Si trovava in una zona con una fitta vegetazione, ma lei aspettava soltanto il momento giusto.
Sentì il cuore batterle nelle tempie, costante, calmo. La sua preda giunse finalmente in uno spazio più aperto. Le venne spontaneo sorridere. Il suo battito si fermò per un istante.
Premette il grilletto.
Pochi istanti dopo, vide la sua preda cadere.
- Qui Delta, preda colpita, controllate che sia morta.
Aspettò per un po’, controllando nel frattempo l’area circostante. La sua arma era silenziata, ma meglio non correre rischi.
- Bel colpo, gli hai tolto il fianco destro.
- Controlla se ha qualcosa di utile, poi torna qui. Sta per arrivare la pioggia, dobbiamo preparare il campo base.
La piccola Caterpie scivolò giù dalla sua spalla, posizionandosi vicino il fianco.
- Ce ne hai messo di tempo, per tornare – disse lei, aggiustando il mirino del fucile di precisione.
- Ho dovuto evitare tutti i filamenti di Caterpie, sarebbe molto più facile se fossero di meno.
Silver si stese di fianco a lei, riprendendo il binocolo fra le mani. Era dall’inizio della loro alleanza che i due lavoravano in coppia: cecchino e ricognitore, erano arrivati fin lì soprattutto grazie a questo.
- Torniamo all’interno, Crystal? – le chiese lui.
- Non ancora, preferisco aspettare che N torni. È stato un colpo di fortuna trovarlo, mi dispiacerebbe vederlo morire adesso.
- Già, concordo. È bravo coi Pokémon, grazie a lui abbiamo quel Noctowl dalla nostra.
Dopo poco, N fece finalmente ritorno. La pioggia iniziò a cadere, confondendo i contorni del mondo.
- Dovremmo rientrare – disse N, accarezzando il pelo del suo Noctowl.
Crystal e Silver erano intenti a rimuovere gli oggetti che si trovavano nel sito di appostamento, quando la Caterpie che Crystal aveva resa sua amica, gemette. Era il segnale.
Crystal si precipitò vicino a lei e appoggiò la mano sul letto di ragnatele su cui poggiava: aveva costruito un intricato sistema di filamenti che percorreva la foresta tutt’intorno a loro. Invisibili e senza peso, non era praticamente possibile accorgersi di averne colpito uno, ma la vibrazione veniva propagata di filamento in filamento, fino a raggiungere la postazione dove Caterpie controllava il tutto.
La ragazza vi poggiò la mano, avvertendo a sua volta le vibrazioni. Erano molte, e molto violente. Qualcuno era inseguito da una miriade di Pokémon. Dovevano per forza essere Pokémon, dato che non erano rimasti in molti, vivi. Crystal aveva ipotizzato ne fossero rimasti al massimo altri due o tre, oltre alla sua squadra. Nel frattempo Caterpie si era già messa al lavoro e stava segnando su di un tronco spezzato le coordinate.
- Sono nel settore 7-G. Andiamo? – chiese Crystal, stendendosi nuovamente sul terreno. Aprì il bipede e ci appoggiò sopra il suo fucile anti-materiale, un Pindad SPR-2. Estrasse il caricatore, e lo caricò con nuovi proiettili. Il freddo del metallo le mandò dei brividi lungo le dita, che le ricordarono di quella volta, anni fa, quando fu mandata in missione a combattere contro dei fanatici che si ostentavano come i diretti discendenti dei Vietcong.
Il rumore del caricatore le fece sparire quei pensieri dalla testa, mentre controllava il colpo in canna, con un automatismo che quasi la stupiva e ripugnava. Non le era mai piaciuto uccidere, aveva semplicemente dovuto scegliere da che parte del proiettile stare. In fondo, si trattava di questo, sopravvivere un altro giorno.
- Io sono pronta. Tenete gli auricolari accesi, vi contatterò per darvi indicazioni più precise appena Caterpie ne saprà qualcosa di più. Silver e N annuirono, per poi partire spediti, entrambi trasportati dal grosso Noctowl.
Passarono i minuti, mentre le loro figure si facevano sempre più piccole, praticamente invisibili all’interno della cortina di pioggia che si stava riversando in quel momento. Mano a mano che il tempo passava, il temporale diventava sempre più violento. Fulmini iniziarono a cadere con violenza incredibile, coprendo ogni altro suono nel raggio di chilometri. Crystal si allungò verso il borsone militare, e ne estrasse la lunga coperta e il mirino di ricambio. Con gesti resi rapidi dall’esperienza, rimosse il mirino telescopico e lo sostituì con quello a ingrandimento regolabile. Più funzionale rispetto all’altro, ma molto più ingombrante e visibile da un occhio esperto. Crystal non aveva voluto rischiare, ma adesso si era rivelato necessario. I suoi compagni di squadra si stavano allontanando sempre di più mentre le notificavano le nuove posizioni, e lei non voleva rischiare di non essere equipaggiata al meglio per ogni situazione; sia per coprirgli le spalle, sia nel caso in cui fosse rimasta sola. Si coprì con la coperta termica e la stese anche sul fucile, fino al mirino, in modo da mimetizzarsi quanto più possibile, anche se, con la pioggia e il fango che la stava ricoprendo, questa era un’azione superflua.
- Ci siamo, Iris è rincorsa da un branco di Pokémon selvatici. È in compagnia di Brock – le annunciò N.
- Correggo, era in compagnia di Brock. Un Seviper gli ha appena tranciato una gamba, è praticamente morto – aggiunse Silver.
Crystal stava osservando la scena da lontano, e vide chiaramente lo Scizor che si stava avventando su di Iris. Aveva quelli che le sembrarono brandelli di tuta rossa fra le chele.

“Guzma? Probabilmente è così che è morto”.

Senza pensarci troppo, Crystal prese la mira, spostandosi col mirino quel poco che bastava più in avanti per compensare il vento, la distanza e il movimento della sua preda, e, seguendo il suo rituale, premette il grilletto. L’esplosione, seppur minima, le illuminò per un istante il volto, e poi il suo proiettile partì, fendendo aria e gocce di pioggia.
Non perse tempo, e mentre osservava il suo operato, aveva già ricaricato il colpo in canna. La testa di Scizor esplose in mille pezzi in seguito all’impatto con il suo proiettile perforante e a frammentazione. Iris continuò a correre, Silver e N erano giunti ormai in sua prossimità e sembrava si stessero scambiando delle parole. Silver estrasse le sue MAC-11 e iniziò a fare fuoco, mentre N lo copriva con un fuoco costante del suo fucile a pompa. I due discesero a terra, mentre Noctowl, in volo, gli iniziò a indicare la strada più libera. Attorno a loro si stavano iniziando ad ammassare sempre più Pokémon, provenienti da diverse direzioni.
In quel momento risuonò l’imponente allarme acustico, il cui volume superò anche il rumore della tempesta. In alto nel cielo Crystal vide apparire i due elicotteri cargo che trasportavano l’enorme schermo degli annunci. Risuonarono quattro allarmi.

“Siamo rimasti solo noi, perfetto. Abbiamo vinto”.

Quel pensiero le si bloccò all’istante quando lesse e ascoltò il messaggio.
“Carissimi contendenti, notando il vostro ardore nel competere, siamo giunti a una conclusione: non ci saranno più i quattro finalisti come avevamo prestabilito. Dato che vi piace così tanto combattere, faremo un nuovo gioco. Chiunque riuscirà a sopravvivere fino all’alba, verrà recuperato da un elicottero e sarà uno dei vincitori. Sempre se ce ne sarà più di uno. Divertitevi”.
- Figli di puttana! – Crystal urlò a sé stessa.
Portò una mano all’auricolare e lo attivò – Silver, N, avete sentito? Dobbiamo sopravvivere fino all’alba, non è finita. Ripiegate immediatamente qui, vi copro io le spalle. Portate con voi Iris, viva.
- Ricevuto – risposero loro due, all’unisono.
Crystal non ricordò molto dei successivi minuti, se non la precisione dei calcoli e la velocità con cui li operava, per non mancare neanche un colpo. Il sudore, misto alla pioggia, continuava a caderle negli occhi e lei, cocciutamente, continuava a rimuoverlo con gesti esasperati. Con precisione chirurgica, i suoi colpi andavano costantemente a colpire i Pokémon selvatici nei punti vitali alla loro sopravvivenza o al movimento, in modo da ridurre il peso sulle spalle dei suoi compagni. Vide la spalla di un Primeape esplodere, portandosi via mezzo torace. Il suo sangue si mischiò alla pioggia che imperlava il suo manto, mentre schizzava via in ogni direzione, creando archi concentrici tagliati dagli spruzzi irregolari. Un attimo dopo, Primeape giaceva a terra, e Crystal, con mani esperte e mente di freddo ferro, inseriva un nuovo proiettile in canna.
I Pokémon continuavano a lanciare i loro attacchi sui suoi compagni ma, per loro fortuna, il più delle volte finivano con l’intralciarsi a vicenda, o col colpire tutta un’altra zona. Grande aiuto era dato dalle abilità psichiche di Noctowl che deviava proiettili o li rispediva al mittente con forza raddoppiata.
Il tempo passava, e finalmente i suoi compagni di squadra superarono il punto caldo.
- Boom – predisse Crystal.
Sparò al tronco dentro al quale era nascosto il maggior quantitativo di esplosivo. In un istante s’infiammò completamente, eruttando fiamme da ogni lato. A catena, dai suoi lati si produssero una serie di esplosioni concatenate, che finirono con l’investire l’intera cintura di alberi dove adesso si trovavano la maggior parte dei Pokémon. Lei, Silver e N avevano passato sei giorni dedicati interamente al preparare quella trappola che aveva adesso dato i suoi frutti. Lunga un centinaio di metri e larga una trentina, era l’unica fascia di terra che circondava la loro altura a essere quella più esposta.

- Perché mai dovremmo perdere tanto tempo, fatica e risorse per creare qualcosa di così abnorme? – gli chiese Crystal.
- Siamo protetti su praticamente ogni fronte, e io da lì in alto riesco ad avere una visuale a trecentosessanta gradi.
- Contro gli esseri umani, certo. Ma i Pokémon? Come la fermiamo un’orda? Credo che questo sia il problema più grande. Noi sopravvissuti diventeremo sempre più deboli, mano a mano che passa il tempo, mentre loro sono nel loro habitat. Precauzione, ho la sensazione che potrebbe ritornarci utile – rispose Silver.


Con un sorriso, Crystal pensò che quella notte Silver aveva avuto davvero un’ottima idea.
- Allora, chi aveva ragione? – chiese il rosso, dall’altra parte dell’auricolare.
- Tu, lo ammetto.
- Come premio, dovrai portarmi a cena fuori una volta che tutto questo sarà finito.
- Lo vedremo. Per ora, pensa a sopravvivere – rispose lei, sorridendo.
Vide Silver e N scortare Iris per la strada sicura, in modo da non incappare nelle trappole di Caterpie. Quella era stata una sua, di idea. Avevano utilizzato lo stesso metodo con cui rilevavano degli intrusi, cospargendo però i filamenti con tossine paralizzanti. Utile sia contro i Pokémon, che contro gli umani. Crystal regolò il mirino per la minore distanza di tiro e tornò a coprirgli la ritirata, uccidendo i pochi Pokémon che non restavano bloccati nelle tele della sua Caterpie. Quest’ultimi, più sfortunati, rimasero paralizzati mentre l’enorme Persian con cui aveva fatto amicizia Silver li dilaniava con gli artigli. Adesso la pioggia, più leggera ma egualmente incessante, cadeva sui bossoli e i caricatori vuoti sparsi tutt’intorno a lei. Aveva perso il conto di quante volte avesse cambiato caricatore o rifornito l’ultimo rimastole, e ancor di più aveva perso il conto di quanti proiettili avesse messo in canna. Quando finalmente i quattro sopravvissuti furono riuniti, Crystal aveva ormai dolore alla spalla per il rinculo del suo fucile, e i pochi Pokémon rimasti in vita venivano ora eliminati da Noctowl e Persian.
La pioggia cessò.
Crystal si alzò, sentendo le gambe scricchiolare di protesta. Strinse la mano a Iris e le allungò una borraccia con dell’acqua. I tre avevano il fiato corto e stavano cercando di riprendersi dall’enorme sforzo che avevano fatto, aprendosi col sangue la strada del ritorno. La sua Caterpie si arrampicò lungo il fianco, posizionandosi sulla spalla destra. Accompagnata dai suoi due compagni di squadra e l’aggiunta Iris, s’inerpicò fin sopra all’altura, sul suo nido da cecchino. Insieme, i quattro osservarono il sole nascere a est. Chiuse gli occhi, crogiolandosi nel calore dei raggi solari che la raggiunsero.
“Complimenti ai nostri quattro sopravvissuti. Voi siete i nostri nuovi campioni, un elicottero giungerà a breve per prelevarvi, dopodiché ci sarà la premiazione in diretta nazionale” annunciò la voce nel cielo.
Non aveva voluto uccidere tutte quelle persone e Pokémon, ma se si fosse rifiutata, sarebbe stata lei a morire. Crystal lo sapeva. In fondo, era come essere ritornati nel periodo in cui si era arruolata. Ora, con il titolo di Campionessa dalla sua, sarebbe stato possibile cambiare quello sporco e corrotto mondo.
Silver intrecciò le sue dita a quelle di lei, sorridendole.
- Non montarti la testa, questo è solo per avermi aiutata.
- Certo, come no. Mi raccomando, scegli una buona pizzeria per Sabato – lui le fece l’occhiolino.
Stavolta fu lei a sorridere.

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Ciao ragazzi! Finalmente è arrivato il momento di leggere come va a finire l'avventura, ambientata nel recente passato di Zack, in cui sfida la Lega Pokémon di Adamanta. Come semrpe troverete tutte le informazioni sui nostri blog ed altro sulla pagina Facebook Pokémon Adventures ITA , dove DOVETE passare! Troverete di tutto! Martedì prossimo uscirà il nuovo capitolo del manga di Pokémon Back To the Origins! Non mancate! Andy $ Ok. L’ultima porta era stata chiusa. Ora l’unica cosa da fare era calmarsi un attimo e rilassarsi. Quella giornata aveva regalato fin troppe emozioni. Una piccola anticamera buia, poco illuminata, precedeva un lungo corridoio, che si concludeva con un’enorme porta dorata. Zack decise di tirar fuori tutti i suoi Pokémon. Gyarados, Torterra, Lucario, Braviary ed Absol. E Growlithe, naturalmente. Tutti lì, tutti fermi, tutti in   ansia, tutti in attesa che qualcosa fosse accaduto. Aspettavano che le parole uscissero dalla bocca di

Quindicesimo Capitolo - 15

Salve ragassuoli, mi dispiaccio ogni volta per il ritardo nella pubblicazione, e mi rendo conto che sta diventando un disagio. Ecco perchè, dalla settimana prossima, per problemi di lavoro, la fan fiction sarà pubblicata il MARTEDì. Chiedo ancora scusa, e spero di non aver recato disagio. Ringrazio tutti quelli che hanno messo mi piace alla pagina   Pokémon Adventures ITA . Vedere il seguito crescere ogni giorno di più è una grande soddisfazione. Sei su EFP? Vieni a recensirci anche lì!  Andy Black, autore su EFP Ricordo sempre che il nostro progetto, Pokémon Courage ha bisogno di sostegno da parte vostra...niente soldi, tranquilli, basta solamente un po' di partecipazione. Siamo davvero così pochi a leggere questa bellissima storia? Entrate anche voi a far parte della famiglia di Pokémon Courage . Ho finito con le raccomandazioni. Cominciamo. Stay Ready...Go! Andy $   “Rachel...sei davvero tu?” chiese sgomento Ryan, quasi commosso. Zorua fece un

Cy - Dark Tales of fairy type - 1 - Il medico della peste

" Non giudicare mai un libro dalla copertina " Frase trita e ritrita, nevvero? Forse oggigiorno ha anche perso significato. Viene usata senza pudore, senza pensare che quella è la dura verità e che spesso, ma che dico... sempre le apparenze ingannano. Ci sono Pokémon che sembrano quello che non sono, che pensano quello che nessuno ha mai pensato prima d'ora. Ci sono persone - quelle come me - che hanno il coraggio di narrare le storie che non devono essere narrate. Come quelle dei Pokémon assassini. Il dottore della Peste Spritzee adorava le fragranze. Non a caso era il Pokémon Profumo. Usciva dalla sua tana sempre pregna di odore di gelsomino e lavanda alla ricerca di nuovi aromi. I fiori di Baccarcadè avevano un odore tutto proprio e, nonostante servissero per indebolire le capacità dei tipo folletto, lei ne era attratta. Si mosse goffamente verso gli arbusti con le gemme ancora da sbocciare e ne recise lo stelo. Li portò con sé, nasconde