-
Lucas! È ora di alzarti!
Nonostante
l’avvenimento di pochi giorni prima, la madre di Lucas cercava di comportarsi
come se nulla fosse successo. Il ragazzo sapeva benissimo che lo faceva per il
suo bene, ma la cosa non riusciva a non dargli un certo fastidio.
Come
poteva svegliarlo in quel modo, come se il mondo girasse come prima?
Sebbene
la sua testa fosse già attiva, il corpo del ragazzo si rifiutava
categoricamente di rispondere. Non trovò di meglio che mugugnare, rigirandosi
tra le coperte. Già non amava particolarmente la scuola, ma tutti gli
avvenimenti – la madre di Barry, il Ponyta, la vecchia Miley, Lucinda che
urlava e gli stringeva il braccio disperata – lo rendevano ancora più
svogliato.
Sua
madre aprì le tende, facendo entrare nella stanza la luce dell’alba.
-
Dai, fatti forza, - gli disse, rassegnata, - ti preparo la colazione. So che
non avrai studiato parecchio per l’interrogazione di oggi, lo capisco se non
andrà molto bene… Ma fai del tuo meglio.
“Quale
interrogazione?”
Fortunatamente,
Lucas era riuscito a trattenersi senza dirlo ad alta voce. Appena sua madre
uscì dalla stanza, schizzò giù dal letto e corse a cercare il suo diario.
Magari sua madre si era solo confusa.
E
invece, in cima alla pagina del giorno, era scritto in penna rossa:
INTERROGAZIONE DI STORIA: STUDIARE
BENE DA PAGINA 85 A PAGINA 102
Giusto
per aggiungere beffa al danno, la frase era pure cerchiata, a indicare la
grande importanza che quella interrogazione doveva ricoprire. E, inutile dirlo,
Lucas non aveva idea di che cosa parlassero le pagine dall’ottantacinque alla
centodue.
Scese
le scale con le gambe che gli tremavano, cercando di sembrare assonnato come
sempre. Gli sarebbe toccato provare a studiare andando a scuola, e sarebbe
comunque andata male. Vero che sua madre avrebbe accettato (solo in quella
circostanza) anche un voto basso, ma non riusciva a non sentirsi in colpa.
Aveva trascurato troppo il suo dovere.
Mangiò
in silenzio e più in fretta del solito, e fu anche particolarmente veloce nel
vestirsi. Barry probabilmente era già a metà strada verso la scuola, ma la cosa
per una volta non lo infastidiva.
Uscì
salutando distrattamente la mamma e dichiarando che sarebbe andato a piedi,
poi, appena fu abbastanza lontano da casa, tirò fuori il libro e cominciò a
leggere. Faceva fatica a leggere camminando e le parole non avevano nessuna
intenzione di fissarsi nella sua testa: non sarebbe riuscito a rimediare
nemmeno una sufficienza in quel modo.
Dopo
aver scorso tre pagine, alzò la testa per assicurarsi di stare andando nella
direzione giusta. Non sapeva se fosse una coincidenza, ma si ritrovò
esattamente vicino al Pozzo Memoria. Lo guardò: era così scuro che sembrava che
i raggi del sole lo rifuggissero.
Forse
avrebbe potuto chiedere al pozzo di non far arrivare la professoressa. Magari
un guasto alla macchina o un problema in bagno, qualsiasi cosa pur di tenerla
lontana da scuola. E si sarebbe preparato benissimo per la volta successiva.
Tuttavia,
esitava: era stato poco attento lui, si sarebbe meritato di prendere un brutto
voto e una sgridata dalla mamma. E sentiva rimbombare nella sua testa le urla
di Lucinda, che diceva che quel pozzo decrepito non avrebbe potuto esaudire
alcun desiderio. Gli sembrava di tradire le aspettative della sua amica. Ma la
tentazione era troppo forte.
Tirò
fuori dalla tasca una monetina, dicendosi che quella era una lezione che non si
sarebbe mai dimenticato.
-
Signora del pozzo! Potresti, per favore, non far venire la mia professoressa a
scuola? Mi sono dimenticato di studiare, mi dispiace. Falle avere un guasto
alla macchina.
E
lanciò la moneta.
Pensava
di essere abituato alla sensazione di freddo che provava dopo aver espresso un
desiderio, ma questa volta lo prese più forte. Gli sembrò che gli si infilasse
dentro e gli mordesse le ossa e lo stomaco, paralizzandoli.
Durò
meno di un secondo.
Lucas
si riscosse e riprese la sua strada con una strana sensazione di disagio
addosso.
Durante
le prime due ore tentò comunque di leggere le pagine assegnate e di assimilare
più che poteva, anche se non servì a molto: la preoccupazione e il fatto di
dover stare attento a non farsi beccare dagli altri professori non favorivano
certo la memorizzazione dei concetti. Si sentì più sollevato solo quando un
bidello si presentò in classe ad affermare che la professoressa della terza ora
non si sarebbe presentata per un guasto alla macchina e che, dal momento che il
preavviso era stato troppo poco, non era stato possibile organizzare una
sostituzione. Tutti gli studenti esultarono per aver guadagnato un’ora libera,
tutti meno Lucas: la sensazione di disagio che l’aveva preso dopo aver espresso
il desiderio al pozzo non si era placata affatto e aveva l’impressione di aver
combinato qualcosa di grosso.
Non
aveva parlato del desiderio espresso quella mattina nemmeno a Barry: sentiva lo
stesso presentimento che gli aveva impedito di parlarne a sua madre.
-
Oggi esci anche tu all’una, giusto? - gli chiese quando lo vide all’intervallo,
giusto per iniziare una conversazione. Barry alzò gli occhi al cielo e scosse
il capo.
-
No, non posso. Devo fare un progetto sulle ultime tecnologie nell’allevamento
dei Pokémon con alcuni miei compagni, quindi mi fermo qui. Colpa del Pelato.
Il
Pelato era uno dei professori più severi della scuola e Barry aveva avuto la
sfortuna di capitare proprio nella sua classe. L’unica fortuna che aveva Lucas
nello stare separato dal suo migliore amico era proprio non avere il Pelato
come insegnante.
Il
progetto si rivelò per Barry più noioso del previsto: lui era sempre stato più
interessato alle lotte che non agli altri aspetti della crescita dei Pokémon.
E, dopo quanto accaduto alla Pensione, aveva deciso che l’argomento sarebbe
stato tabù, almeno per un po’. Ma il Pelato non sapeva di tutto questo e Barry
non poteva certo spiegarglielo.
L’unica
punta di interesse fu quando lui e i suoi compagni trovarono un articolo su
delle Poké Ball di ultima produzione, più potenti di quelle normali, che
venivano utilizzate per catturare dei Pokémon feriti o particolarmente
aggressivi e portarli con facilità nelle Pensioni o in altri centri
specializzati. Barry non era affatto interessato a come funzionassero nel
dettaglio, ma l’articolo affermava che tali gioiellini della tecnologia
sarebbero entrati presto in commercio a disposizione degli Allenatori.
L’unico
vero problema era il prezzo: non era particolarmente alto di per sé, ma era ben
più dei risparmi che Barry aveva da parte. Eppure, avere una di quelle Ball gli
avrebbe facilitato enormemente la cattura di nuovi Pokémon.
Continuò
a rifletterci, mentre tornava a casa. Doveva trovare un lavoretto che gli
permettesse di mettere da parte abbastanza soldi per acquistarle: avrebbe
potuto presentarsi alla Pensione tutti i pomeriggi per dare una mano, magari:
ora che Miley… Beh, suo marito aveva bisogno di molto aiuto.
Ma,
mentre passava davanti al Pozzo Memoria, gli venne in mente che c’era una
scorciatoia.
Subito
si disse di no: non era il caso di scomodare il pozzo per una cosa così
triviale. Però la tentazione era troppo forte: si disse che l’avrebbe fatto
quella volta e poi mai più. Anzi, prima di andare a casa sarebbe passato alla
Pensione Pokémon per sentire se il proprietario avesse bisogno di aiuto.
Prese
una monetina, la sfregò e si avvicinò al pozzo.
-
Ragazza del pozzo! Ho… avrei una richiesta. Potresti fare in modo di farmi
trovare dei soldi sulla strada di casa. Li utilizzerò anche per aiutare i
Pokémon, lo prometto.
E
lanciò.
Pensava
di essere abituato a quella sensazione che gli mordeva il petto ogni volta che
esprimeva un desiderio, ma non riuscì a farsi trovare pronto: la morsa gelida
gli lacerò il petto, togliendogli il respiro, e si diffuse velocemente lungo le
membra.
Un
attimo dopo, era tutto finito: Barry scosse le braccia rimaste intorpidite e si
avviò verso casa, scrutando la strada con attenzione.
Giusto
poco prima di arrivare a casa sua, notò una macchietta colorata in mezzo a un
cespuglio: si guardò intorno con circospezione e si avvicinò. Un piccolo
rotolino di banconote, forse caduto a qualcuno, giaceva tra i rami del
cespuglio. Non era molto, ma, aggiunto ai risparmi di Barry, bastava per
acquistare quelle Poké Ball di ultima generazione. Dimentico del suo proposito
di andare alla Pensione, si recò soddisfatto verso casa.
***
Lucinda
si arrischiò a muovere un altro piccolo passo verso la Medicham addormentata.
Le foto sarebbero venute un po’ scure, ma più di così non poteva davvero
avvicinarsi: non aveva intenzione di spaventare una mamma Pokémon che aveva
appena avuto dei piccoli, l’avrebbe solo sottoposta a inutile stress. Da quella
distanza i due piccoli Meditite si vedevano appena, stretti contro il corpo
della loro madre: facevano tenerezza. Lucinda si mise una mano davanti alla
bocca per fare meno rumore possibile col suo respiro, con l’altra scattò un
paio di foto che avrebbe poi portato al Professore. Si alzò con estrema
cautela, allontanandosi il più silenziosamente possibile. Quando fu fuori dalla
vista del nido, si appuntò la posizione su un taccuino: sarebbe certamente
tornata a vedere quei cuccioli.
Ormai
iniziava a sentirsi addosso l’umidità della grotta e aveva bisogno di uscire.
Secondo
il Professor Rowan, pochi metri più sopra più sopra si trovava un altro nido di
Pokémon, per la precisione si trattava di una famigliola di Golbat e Zubat:
Lucinda non aveva molta voglia di salire ancora, ma, se avesse fatto tutto in
quel giorno, si sarebbe risparmiata un’altra gita. Non amava particolarmente il
freddo del Monte Corona, soprattutto quando doveva stare ferma diverso tempo e
muoversi cautamente.
Uscì
dalla grotta e cominciò a camminare spedita sul sentiero che portava verso la
cima, pensando al bagno caldo che si sarebbe concessa una volta a casa.
All’improvviso
sentì un fruscio provenire dalla boscaglia e si bloccò. Cominciò a scrutare tra
i cespugli, le orecchie tese, ma l’unico rumore era il vento che le frustava i
capelli. Mise comunque una mano sulla Poké Ball, pronta a chiamare in aiuto i
suoi Pokémon. Proprio quando iniziò a pensare di essersi sbagliata, un Absol si
sporse appena da dietro un albero e fissò intensamente la ricercatrice, anche
lui all’erta. Dopo pochi secondi, si voltò e si inoltrò di nuovo nella
boscaglia. Lucinda tirò un sospiro di sollievo: aveva fatto bene a scegliere di
andare a vedere l’altro nido, aveva anche avuto la fortuna di vedere un Absol.
Già si immaginava le espressioni di stupore e invidia di Barry e Lucas quando
gliel’avrebbe raccontato.
Salì
ancora e si inoltrò in una seconda grotta: il nido era abbastanza vicino
all’ingresso, molto in alto. Si vedevano solo i piccoli Zubat addormentati:
probabilmente la loro madre era andata a procurarsi del cibo.
Si
allontanò dal nido dopo averlo fotografato, esattamente come aveva fatto con
Medicham, e tornò sul sentiero per affrontare la discesa, soddisfatta di quella
giornata. Osservare due nidi nello stesso giorno non era un evento che capitava
tutti i giorni, tutto sommato, e ripagava gli sforzi e il freddo del Monte
Corona.
Era
quasi alla fine dell’ultima grotta – dopo pochi metri sarebbe sbucata sul
Percorso 207 – quando sentì un rumore di massi ormai familiare: un gruppo di
Graveler l’aveva vista e aveva deciso di difendere il proprio territorio. Era
preparata a quella situazione, anche perché non era la prima volta che le
capitava.
-
Vai, Prinplup! Usa Acquadisale!
Di
norma schizzare un po’ d’acqua in giro bastava a disperdere quei Pokémon
selvatici, ma il gruppo sembrava particolarmente incattivito. Evidentemente
danneggiato e infastidito dalla doccia inattesa, caricò verso Prinplup, che
riuscì a schivare con facilità. Un Pokémon solo non sarebbe bastato: Lucinda
mandò in campo anche il suo Machoke.
-
Machoke, Vitaltiro!
Uno
dei Graveler cadde a terra, stordito. Non si sarebbe rialzato per un po’.
Infuriato
per l’attacco subito dal compagno, un altro Graveler sollevò senza difficoltà
un masso e lo scagliò contro Machoke, che si scansò appena in tempo.
Lucinda
si rese conto troppo tardi che il colpo sarebbe arrivato dritto a lei. Quando
sentì il masso fischiare nella sua direzione, si immobilizzò per la paura.
Si
rese conto troppo tardi che aveva fatto esattamente il contrario di quello che
avrebbe dovuto fare: avrebbe dovuto scansarsi, o tentare di proteggersi
chiamando un altro Pokémon.
Il
masso la colpì in pieno petto, scagliandola all’indietro per qualche metro. La
vista le si annebbiò completamente e non sentì nulla quando atterrò malamente
sul pavimento della grotta. Non riusciva più a respirare e annaspava
disperatamente. In un ultimo barlume di lucidità tentò di rimettersi in piedi e
richiamare i suoi Pokémon, ma realizzò che non si sentiva più le gambe. Si
toccò il petto e la gola, sentendosi qualcosa di caldo e appiccicoso addosso. E
infine precipitò in un buio profondo.
***
Barry
non riusciva a smettere di singhiozzare, aggrappato a sua madre. Non poteva
trattenere le urla disperate tra un singhiozzo e l’altro, neanche quando si
sentiva bruciare i polmoni e la gola per la mancanza di aria.
-
È tutta colpa tua! Cosa faceva lì da sola?
-
Barry, calmati… È stato…
-
NON È STATO UN INCIDENTE! LUI L’HA MANDATA A MORIRE!
Rowan
si era guardato le mani, incapace di rispondere.
-
BARRY! Mi… lo scusi, professore…
Rowan
aveva scosso il capo.
-
No, non importa. Ha solo… ha solo bisogno di elaborare…
Appena
l’avesse visto di nuovo, l’avrebbe preso a pugni, si promise Barry. Gli avrebbe
fatto sentire il dolore che aveva sentito Lucinda
Lucas
invece non piangeva. Stava immobile sulla sedia e stringeva i pugni: aveva già
dei solchi piuttosto profondi sui palmi delle mani ed era seduto così rigidamente
che sentiva tutti i muscoli indolenziti. Ma gli sembravano dei dolori molto più
sopportabili rispetto a ciò che stava cercando di affrontare.
-
Io… la voglio vedere.
-
Lucas…
Sua
madre si era morsa il labbro, titubante. Aveva capito perfettamente il
desiderio di suo figlio, ma si chiedeva se quello avrebbe potuto sopportare una
vista del genere.
-
La devo vedere.
Sua
madre si era girata verso l’infermiere. Quest’ultimo aveva annuito.
-
Dammi solo un attimo.
Aveva
attraversato le porte rosse e ne era uscito poco dopo, facendo un cenno a
Lucas. Barry lo aveva seguito rapido. Poco dopo avevano visto il corpo di
Lucinda, posto su di una piastra bianca refrigerante, coperto fino al volto da
un lenzuolo bianco. Pareva stesse dormendo, ma l’eccessiva immobilità e il pallore
rendevano evidente che non fosse così.
La
mente di Lucas si era spenta. Non riusciva a pensare a nulla, men che meno a
piangere o urlare. Si sentiva completamente vuoto. Solo pochi giorni prima,
aveva preso la sua mano andando verso la Torre Memoria…
***
Giusto
un’ora prima Lucas e Barry avevano saputo che Lucinda avesse avuto un incidente
nel Monte Corona e che fosse in ospedale. Si erano precipitati entrambi in
macchina coi loro genitori e si erano diretti a Giubilopoli. Una volta in
ospedale, avevano tartassato i medici di domande, anche se i loro genitori
avevano cercato di fermarli e tranquillizzarli. Poco dopo avevano ricevuto una
risposta: la loro amica non ce l’aveva fatta.
Subito
gli parve che niente sembrasse importante.
Nella
sua testa, Lucas continuava a maledirsi: se avesse potuto tornare indietro,
avrebbe chiesto la salvezza per Lucinda. Cos’era un’insufficienza in confronto?
E
Barry sapeva benissimo che non sarebbe mai più riuscito a toccare le Ball che
tanto aveva desiderato: non gli interessava neanche più allenarsi, diventare
forte e trovare dei nuovi Pokémon.
La
madre di Lucas si avvicinò: gettò una rapida occhiata all’inconsolabile Barry e
si rivolse a suo figlio.
-
Io… l’ho detto a tuo padre. Sta arrivando.
Anche
lei aveva gli occhi lucidi, ma si imponeva a rimanere tranquilla: sapeva quanto
Lucas avesse bisogno di lei, in quel momento. Annuì lentamente poi, totalmente
fuori di sé, tirò un pugno nel muro. Sua madre, spaventata, gli afferrò il
braccio nel tentativo di fermarlo e vide le sbucciature sulle nocche.
I
loro sguardi s’incontrarono, entrambi colmi di lacrime.
-
Non è giusto! – urlò quello, a pieni polmoni. - Perché lei?! Cos’ha fatto di
male?! DIMMI PERCHÉ!
E
crollò, sfinito, tra le braccia di sua madre. Quella lo strinse e gli baciò il
capo, senza dire nulla.
***
Una
settimana dopo la morte di Lucinda, i due amici non erano ancora riusciti a
riprendersi. Sedevano in silenzio nella camera di Lucas: da quel giorno non
avevano fatto neanche una lotta e malapena erano usciti di casa. I loro
genitori avevano accordato loro il permesso di restare a casa per un po’, nel
tentativo di far passare il lutto.
Ma
era tutto tremendamente difficile.
Lucas,
guardando fuori dalla finestra e carezzando distrattamente uno dei suoi
Pokémon, stava cercando di ripensare a cosa facesse prima di perdere Lucinda.
Gli sembravano passati secoli, non riusciva neanche a concepire una vita senza
di lei. Tirò su col naso: le lacrime non lo abbandonavano mai.
Poi
Barry parlò.
-
Non hai mai pensato che è una coincidenza strana?
Lucas
lo guardò perplesso.
-
Che intendi?
-
Quello che succede da un po’ di tempo a questa parte.
Lucas
scosse il capo, a indicare che non aveva ancora capito di cosa quello parlasse.
Lo realizzò solo un attimo dopo: Miley. E il Ponyta morto. L’infortunio della
madre di Barry.
-
In effetti… non sono mai successe tante
disgrazie tutte insieme. Tutte così vicine, poi...
Sentì
la sensazione, ormai familiare, che lo prendeva quando esprimeva un desidero al
Pozzo Memoria, ma molto attenuata rispetto al solito. Si spaventò lo stesso e
guardò Barry per vedere se anche lui avesse sentito qualcosa, ma il suo amico
aveva lo sguardo fisso oltre i vetri della finestra.
-
Pensi che sia… collegato a quello che abbiamo fatto al Pozzo?
Lucas
si strinse nelle spalle.
-
Non penso. Cioè, perché dovrebbe?
Barry
rimase in silenzio un attimo.
-
Mi dispiace parlartene adesso, ma… ci pensavo da un po’. Ho paura che siamo noi
la causa di tutto. Il giorno del nostro primo desiderio, la padrona della
pensione si è ammalata. Poi abbiamo chiesto di farla guarire, e tua mamma si è
fatta male. Quando ho chiesto di rafforzare la mia squadra, quel Pokémon alla
Pensione ha avuto un infarto. Poi abbiamo chiesto salute per i nostri Pokémon,
e proprio lo stesso giorno c’è stato l’incidente alla Pensione. E una settimana
fa…
Deglutì,
senza riuscire più ad andare avanti. Lucas intuì che doveva essere passato
anche lui dal Pozzo Memoria, probabilmente in un momento diverso dal suo.
-
Anch’io avevo espresso un desiderio. - mormorò.
-
Però le cose non sono collegate. Si tratta semplicemente di… coincidenze. Solo
coincidenze sfortunate. - aggiunse poi, con più convinzione.
Non
poteva nascondere che il ragionamento di Barry gli aveva messo addosso un po’
di inquietudine, ma non poteva avere un senso. Non era possibile che quei
desideri, così innocenti, avessero causato tante disgrazie.
MI
SPIEGHI COME UNA COSTRUZIONE DI SEI MILIONI DI ANNI FA, MESSA IN PIEDI PER
TIRARE L’ACQUA DA SOTTOTERRA A QUI, POSSA FAR CAPITARE DELLE DISGRAZIE?
Lucinda
avrebbe risposto così, se avesse assistito a quella conversazione.
-
Questa è Sparta… - mormorò, riuscendo quasi a farsi venire da ridere. Barry non
diede impressione di essersi accorto di alcunché.
-
Scusa. Forse mi sono lasciato trasportare…
-
Tranquillo…
I
due ripiombarono nuovamente in un profondo silenzio.
Lucas
lasciò vagare lo sguardo sugli oggetti nella sua stanza: i libri di scuola
erano accatastati a casaccio su una mensola, sulle pareti erano ancora appesi
dei vecchi disegni che aveva fatto da bambino e, in bella vista sulla scrivania
c’era un portapenne a forma di panda che gli aveva regalato Lucinda. Il sorriso
che fece fu amaro: non si sarebbe mai liberato del suo fantasma. Pure nella sua
stessa camera aveva un oggetto che gliel’avrebbe ricordata tutti i giorni.
Fece
del suo meglio per ricacciare indietro le lacrime.
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