True Colors
Non riusciva a nasconderlo, l'inverno le piaceva.
Non smontava neppure il camice di dosso che infilava il lungo parka beige e
s'immergeva nel freddo di quel novembre appena cominciato. A Borgofoglianova il
vento era alto da un paio di giorni, raggiungendo il piccolo nucleo di case del
paesino direttamente dal mare, ad est.
Crystal alzò gli occhi verso l'alto, vedendo il cielo buio sporcato di
nuvole nere cariche di neve.
Non era più una ragazzina. Le lunghe giornate d'inverno passate davanti al
camino a leggere romanzi d'amore erano soltanto una vecchia abitudine persa in
adolescenza, tuttavia le faceva piacere poter pensare di avere la possibilità
di replicare, se solo avesse voluto.
Un altro soffio di vento, forse più ostinato dei precedenti, le mosse i
capelli; li portava legati in un'unica e sola coda dietro la testa. Col tempo
si erano allungati ma stava quasi decidendo di tagliarli. I ciuffi sulla fronte
sfuggivano alla morsa del codino e le cadevano davanti gli occhi, puri e
cristallini, che rifrangevano la luce dorata dei lampioni, donando al suo viso
una luminosità strana, particolare, nuova.
Il suo volto tendeva a impallidire, con quel freddo.
Proprio per via di quel freddo aveva allungato il passo, stingendosi nelle
spalle e creando col respiro delle nuvolette di condensa destinate a sparire
qualche secondo dopo.
La sua pelle candida tendeva a impallidire con quel freddo.
Perché aveva freddo, e quindi aveva accelerato il passo, stringendosi nelle
spalle e creando col respiro delle nuvolette di condensa destinate a sparire
qualche secondo dopo.
Erano le diciotto; non aveva smontato tardi come il giorno prima, quando
alle ventidue era ancora assieme a Elm nel Laboratorio d'osservazione.
Silver l'aveva aspettata pazientemente a casa e non si era lasciato andare
neppure a un commento quando lei aveva varcato l'uscio della porta nonostante
fosse molto contrariato.
- Potevi avvertirmi. È tardi e fa freddo, sarei
venuto a prenderti con un bel tè caldo – aveva detto, col tono di voce calmo e pacato.
- Non preoccuparti, mi ha fatto piacere fare una
passeggiata.
- Ma è tardi, Crys...
Quella fece spallucce e allargò il sorriso, gioviale. - È un periodo, quello invernale dico, in cui adoro stare in mezzo
alla natura... Non preoccuparti.
- Va bene... - sospirò l'altro, voltandosi e tornando a spazzolare il pelo lucido del suo
Weavile.
Era finita in quel modo, la conversazione, in maniera assai
insoddisfacente. Anche perché avevano cenato nel silenzio più che totale,
quella sera, aspettando invano che Gold si palesasse per mangiare assieme a
loro o, quantomeno, avvertire che non sarebbe rincasato.
Convivere con quel casinista era difficile ma era ormai diverso tempo che
condividevano lo stesso tetto e col tempo i più pacati coinquilini ci avevano
fatto il callo.
Anche perché, da quando quello dagli occhi dorati si era fidanzato con la
Caporanger di Johto, Marina, ex membro del nucleo operativo di Oblivia,
sembrava aver trovato una dimensione meno esagitata. In casa vigeva un clima
assai più disteso.
Camminava davanti alla casa della madre di Gold, quando Crystal si ritrovò
a pensare che forse, anche se solo per un timido accenno, il ragazzo avesse
finalmente cominciato a mettere la testa a posto; qualche anno prima non
sarebbe mai riuscita a credere al fatto che quel perditempo anaffettivo avesse
potuto legarsi a una donna per più del tempo di un rapporto sessuale.
Fu costretta a ricredersi.
Erano già un paio d'anni che le due coppie vivevano assieme sotto lo stesso
tetto e, nonostante i piccoli problemi materiali dovuti al fatto di avere due
bagni e quattro utenti, una sola televisione e un frigorifero troppo piccolo
per tutti loro, quel contesto le calzava a pennello: le piaceva tornare a casa
da lavoro e trovare sempre qualcuno ad accoglierla.
Era appena passata davanti al forno del paese quando si sentì costretta
dall'odore del pane caldo appena sfornato a fare qualche passo indietro, verso
la porta. Sorrise, pochi minuti dopo aveva tra le mani un sacchetto con una
baguette e dei biscotti alla mela. A Silver piacevano molto, anche se non
l'avrebbe mai ammesso. Lui voleva promuovere per sé quell'aria da duro
menefreghista ma nella vita pratica era profondamente sbadato e ingenuo, forse
per via della sua poca dimestichezza con quegli ambienti caldi e tranquilli.
La ragazza pensò al fatto che lui avesse vissuto per anni senza la
concezione, globalmente parlando, di una casa; le aveva raccontato qualche
aneddoto del periodo del rapimento, di Maschera di Ghiaccio, quando era ancora
un piccolo bambino dalla folta chioma rossa.
Sorrise debolmente, Crystal, immaginandolo da piccolo: doveva essere un
bimbo incredibilmente carino.
La sua mente fece un gran salto, chiedendosi come sarebbe dovuto essere
Silver da padre.
Avvampò, immaginando se stessa col pancione, e quasi sentiva scalciare un
piccolo bimbo con gli occhi cristallini e i capelli rossi.
Lei voleva un maschietto ma conoscendo il suo uomo probabilmente avrebbe
preferito una femminuccia.
Una femminuccia. Con gli occhi cristallini e i capelli rossi.
In fondo entrambi riuscivano a sopravvivere abbastanza dignitosamente, lei
lavorava e guadagnava piuttosto bene e lui aiutava con le spese tramite il
piccolo stipendio che percepiva da Green: lavorava in Palestra a Smeraldopoli
tre volte a settimana, allenando gli allievi più piccoli.
A lui faceva strano passare del tempo nel posto in cui suo padre aveva
pianificato per anni la propria ascesa sulla regione, ma era una situazione
estremamente complicata da analizzare.
Tutto sommato, pensò, avrebbero potuto mantenere tranquillamente un
bambino.
O una bambina.
Sorrise nuovamente, sentendo l'odore del pane sotto al naso. Si chiedeva
come avrebbe preso, lui, la sua voglia di maternità. Forse avrebbe sorriso,
come solo lui faceva, piegando dolcemente i lembi delle labbra e socchiudendo
gli occhi argentei. Poi si sarebbe limitato ad annuire e infine avrebbero fatto
l'amore.
Oppure no.
Ne sarebbe stato scosso, avrebbe spalancato gli occhi sorpreso e li avrebbe
celati a intermittenza dietro le palpebre. Avrebbe abbassato il volto e cercato
le parole migliori per essere quanto più delicato possibile, sbadato com'era in
quelle cose.
Riusciva a saltare da un palazzo all'altro senz'alcuna difficoltà ma non
sapeva proprio come parlare alle persone a cui teneva.
E forse era per quel motivo che Crystal lo amava così tanto.
Sul marciapiede che aveva davanti c'era una grande pozzanghera e lei scese
in strada per evitarla. Proprio in quel momento si ricordava di sua madre che
la rimproverava quando tornava a casa dopo le prime piogge d'autunno; a
Violapoli il tempo era sempre parecchio uggioso in quei periodi dell'anno e le nuvole
lasciavano poco spazio alle schiarite.
Quando accadeva, una piccola Crystal correva in strada a saltare nelle
pozzanghere con gli amici. E fissata con l'ordine e la pulizia com'era sua
madre, ogni volta che ritornava a casa si doveva sorbire una paternale sul
fatto che le signorine si dovessero comportare in maniera differente e che non
fosse conveniente saltare nelle pozzanghere e rovinare quei pantaloncini
dall'orlo così ben ricamato.
S'immaginò madre, Cyrstal, pensando al fatto che non sarebbe stata un
genitore come quelli che aveva avuto lei.
E non si riferiva di certo a suo padre, dato che era nata da una provetta.
Certe volte si fermava a immaginarlo, alto e grosso, con quel filo di pancetta
che avrebbe dovuto avere e gli occhi di cristallo come i suoi.
Lei non somigliava per niente a sua madre, bionda e minuta; lei era così
vogliosa d'indipendenza e di libertà che non avrebbe mai accettato un uomo
accanto soltanto perché aveva voglia di diventare madre, ed ecco che la
fecondazione assistita era corsa in suo aiuto. E siccome assomigliava soltanto
a suo padre, si chiedeva che lavoro facesse, che persona fosse.
Quali fossero i suoi interessi.
Magari era un ricercatore di qualche lontana regione, un politico o un
Capopalestra.
Magari era un uomo affascinante che, venuto a sapere del fatto che lei
fosse sua figlia, faceva di tutto per incontrarla ogni giorno. E magari lei lo
salutava ogni volta, sorridendo in maniera gioviale.
La sua mente effettuava spesso quei voli pindarici. Alla fine capiva
d'amare sua madre, nonostante la sua superficialità e l'allergia alle
responsabilità che la contraddistinguevano.
Era un miracolo che fosse uscita fuori così bene, figlia di quel pretesto.
Proiettò quella situazione in quel futuro non più così tanto remoto e
immaginò il proprio bimbo amatissimo, con entrambi i genitori presenti.
L'avrebbero cresciuto un po' viziato, quasi sicuramente, considerando le
loro infanzie costellate da buchi d'assenteismo.
Rabbrividiva nel vedersi con il loro bambino in braccio.
O la loro bambina.
I primi alberi cominciavano a preannunciare la presenza del bosco che
divideva il piccolo insediamento dal paese limitrofo più grande, che era
Fiorpescopoli. L'ultima casa sulla destra era quella dove viveva assieme a
Silver, Gold e Marina. Le finestre erano ben chiuse e le tende erano aperte. Si
avvicinò alla porta e cercò nell'ampia borsa di pelle beige le chiavi di casa
ma sotto le mani infreddolite tutto si presentò, tranne ciò che le serviva.
E poi un angelo, il suo angelo, le aprì le porte di casa.
- Sil... Ciao. Non trovavo le chiavi.
- Non le trovi mai – rispose quello, puntando quei fari argentati su di
lei. Aveva i capelli sciolti sulle spalle, poggiati sul maglioncino di filo
azzurro.
Crystal gli sorrise dolcemente, avvicinandosi a lui e lasciandogli un
piccolo bacio sulle labbra.
- Entra, che fa freddo... - aveva ribattuto lui, facendosi da parte.
E lei lo ascoltò, mettendo piede in casa propria, dove il calore le carezzò
le guance, donandole un leggero colorito roseo sul volto impallidito dalle
temperature rigide.
- Ho acceso il camino – aveva detto poi, prima che quella potesse voltarsi
e constatarlo da sola.
- Hai fatto bene. Temo nevicherà a breve.
- Weavile si divertirà – rispose l'altro.
- Già. Anche Smoochy.
Smontò poi il lungo cappotto e lo mise sull'appendiabiti, cercando di non
fare caso allo sguardo di Silver che accarezzava il suo corpo celato dal
camice. Fu proprio lui a darle una mano a levarlo e poi ad appenderlo,
avvicinandola di nuovo e dandole un altro bacio.
- Vuoi qualcosa di caldo? - chiese lui. - Un bel tè, magari.
Lei sorrise e fece spallucce, sedendosi sul divano. Levò le scarpe e tirò
le gambe verso le natiche.
- Vorrei del vino. Rosso – rispose poi, ipnotizzata dalla danza sinuosa del
fuoco.
- Giornatina dura, eh? - chiese ancora Silver, muovendosi verso il bancone
della cucina, proprio alle spalle della poltrona di Gold, nel salotto.
- Giornatina dura – ribadì.
- Che cos'è successo?
Vide l'uomo stappare una bottiglia di Pinot nero che aveva portato Blue
qualche settimana prima e versarlo in due calici di cristallo. Poco dopo lo
porse tra le sue mani e si accomodò accanto a lei. La guardò sciogliere i
capelli e sospirare sollevata, per poi stendersi su di lui, cercando il
contatto col suo corpo e poggiando la testa sul suo petto.
Ingoiò una lunga sorsata di quel pastoso nettare e sospirò nuovamente.
- Potrei diventare la donna più felice del mondo se tu mi facessi dei
grattini...
Lui sorrise e l'accontentò, carezzandole i capelli e grattandole
leggermente collo e spalle.
- Cielo... - sussurrò beata, lei.
- Che dicevi di oggi?
Quella bevve e rispose. - Elm ci ha dato un carico di lavoro davvero
eccessivo. Stiamo studiando le nuove ondate migratorie dirette da Sinnoh e
dobbiamo cercare di capire quali saranno i problemi per le specie autoctone...
- E quindi?
- Quindi c'è molto da fare. Inoltre dobbiamo capire come fare per arginare
i grossi problemi collaterali...
- Tipo?
- Beh, mettiamo caso che un grosso gruppo di Shinx migri a Johto e si
piazzi proprio in queste zone... Loro si nutrono di piccoli mammiferi, ad
esempio qui mangerebbero dei Rattata. E chi altri, a Johto, nei paraggi, preda
i Rattata?
- I Pokémon uccello.
- Esatto… - sorrise distratta l’altra, bevendo di nuovo.
- Continua.
- Si… - sospirò, con gli occhi chiusi, totalmente abbandonata sul suo uomo.
- Gli Shinx… sarebbero molto più avvantaggiati degli Spearow, in questa caccia,
e finirebbero quindi per favorire una successiva migrazione degli Spearow, che
a loro volta invaderebbero altri territori e minerebbero alla catena alimentare
di un altro ecosistema. In virtù di ciò potrebbero estinguersi delle specie...
- Gli Shinx non mi sembrano così malvagi.
Crystal rise. - Oh, non lo sono...
- Beh, comunque ho capito. Avete una grande responsabilità, assieme ai
Ranger.
- Esattamente. Fortunatamente adesso sono a casa. Ora mangiamo qualcosa e
magari dopo ci facciamo un bel bagno caldo? Che ne dici? - domandò poi lei,
alzando il volto verso l'altro e incontrando il suo sguardo divertito.
- Sono d'accordo. In realtà avrei già cominciato a preparare qualcosa...
- Sappi che ti sposerò al più presto – rise poi la donna. - Che hai messo a
cucinare?
Soltanto quando il fuoco nel camino scoppiettò lui spostò lo sguardo dagli
occhi della bella moretta.
- Pesce e verdure. E ho comprato la salsa di soia, che era finita.
Crystal annuì. - Marina ne mangia a vagonate.
Silver si limitò a fare spallucce, evitando volutamente di aprire il
discorso su Gold e Marina, ma Crystal rimase sull'argomento, guardando un punto
non ben definito del soffitto e continuando a parlare, mentre lui rimaneva
seduto accanto a lei, in silenzio.
- Mi chiedo come faccia a essere così magra...
- Beh, fa parecchio movimento, è pur sempre una Ranger...
- E Gold, anche Gold mangia solo schifezze, ed è magrissimo... Non capisco.
- Metabolismo, immagino.
- Beata lei... - ribatté poi. E Silver sospirò.
- Tu non sei grassa.
Lei sorrise, bevendo un ultimo e più lungo sorso di vino, poggiando poi il
calice per terra e voltandosi sulla pancia. Il bicchiere dell'uomo era ancora
mezzo pieno.
- Tu sei troppo gentile... E mi vedi magra soltanto perché sei innamorato
di me. Guarda... - fece, alzandosi poi all'in piedi. Sbottonò i pantaloni e li
abbassò totalmente, sfilandoseli. Afferrò poi le cosce tra le mani e sbuffò.
- Sono enormi... E pure qui, sul fondoschiena... - continuò sconfortata,
voltandosi e mostrandolo al fidanzato. Silver la guardava e socchiudeva gli
occhi, facendo segno di no con la testa ma divertito dalla cosa. Prese un sorso
di vino e sospirò.
- Vaneggi.
Poi il suo sguardo si abbassò, preso dall'impacciamento che provava ogni
volta che le faceva un complimento. - Sei... ecco, sì, sei bellissima. Non c'è
bisogno di farsi questi problemi...
E fu lì che Crystal sorrise ancora, felice. I loro occhi s'incontrarono di
nuovo e, mentre il fuoco del camino rigettava su di loro un po' di caldo
sollievo, Crystal sentì ancora quell'impulso: voleva fare di Silver il padre
dei suoi figli.
Prese il calice dalle mani dell'uomo e bevve in una sorsata ciò che ne
rimaneva, poggiò quindi il bicchiere di cristallo sul tavolino e, lentamente,
salì a cavalcioni su di lui. Sorrise, sentendo le sue mani calde sulle cosce, e
poi sulle natiche. Crystal si piegò in avanti e lo baciò, sorridendo e
sussurrandogli una frase nell'orecchio. - Mi piaci. Ma tanto.
Gli occhi di Silver si riempirono di felicità.
- Anche tu – le rispose, baciandola delicatamente. Sentiva le labbra della
donna carezzare le sue, e poi le loro lingue si toccarono. Le mani dell'uomo si
strinsero dolcemente sulle natiche della donna, che però si fermò.
- Io devo parlarti... - disse, spostandogli con delicatezza le mani.
- Che... che succede? – domandò. Era premuto con le spalle contro lo
schienale del divano, guardava in alto e sentiva il fiato caldo della donna
sulle labbra. Lei aveva calato il volto, fissando la trama del maglioncino
dell'uomo, quindi sospirò.
- Io... Dovrei dirti una cosa...
Dapprima Silver inarcò le sopracciglia, quindi corrucciò lo sguardo.
- Che succede?
La sua voce era dura come la roccia e fredda come il vento che soffiava
quella sera a Borgofoglianova.
- Io... io ti amo. Ti amo tanto, Sil, e non credo di esser mai riuscita ad
amare nessuno in questo modo. Sei l'unico motivo per cui mi sveglio al mattino,
ma ti sogno tutte le notti. Torno a casa da lavoro solo per vederti e... e per
stare con te. Perché ti amo...
Lui avvampò violentemente, sorridendo con quella dolcezza insita nel suo
animo. – Anch’io…
- Passo l'intera giornata a studiare, per apprendere cose, per migliorare
la vita alle persone ma l'unica cosa di cui sono certa, l'unica cosa per cui
non ho mai dovuto aprire un libro per esserne a conoscenza, è ciò che provo per
te. Perché sei l'unico uomo con cui ti tradirei e... e vorrei avere un bambino
da te.
Il cuore della donna batteva forte. Guardava gli occhi di quello, sperando
che il suo sguardo tradisse la sua reazione con qualche istante d'anticipo;
difatti quello spalancò gli occhi, tenendo le sopracciglia alzate per qualche
secondo, prima di sorridere addolcito e quasi commosso.
- Un bambino?
- Un piccolo te. O una piccola te.
- Una femminuccia? - chiese ancora, pieno di sorpresa nello sguardo.
Lei annuì, compiaciuta per quella reazione. Cominciò a lacrimare, senza
neppure rendersene conto, abbassandosi nuovamente su di lui per baciarlo.
Il camino scoppiettò ancora quando i loro vestiti, tutti, caddero sul
tappeto. Il freddo baciava le loro carni ma la loro unione li riscaldava,
costringendoli in quella danza d'amore e di passione, in cui l'uno completava
l'altra, in cui i loro corpi s'incontravano, in cui il piacere inebriava il
loro sangue, lo riscaldava, lo portava a viaggiare veloce nelle loro vene, a passare
per il cuore e per la testa, dove non c'era nessuno oltre che loro.
Silver aveva lasciato che fosse lei a guidare l'amplesso, baciando le sue
labbra delicatamente, unendo la danza delle loro lingue e i movimenti sinuosi
dei loro corpi.
Crystal ondeggiava su di lui, gustandosi quel piacere così caldo e denso,
soddisfacente, pieno di passione, mentre le mani passavano tra i capelli rossi
di Silver, e scendevano più giù, premendo sui pettorali duri e sugli addominali
ben definiti.
- Ti amo... - diceva lei, sospirando e sentendo il suo uomo dentro di lei,
mentre conquistava il suo corpo e arrivava lentamente fino alla testa, dove
esplodevano grosse ondate di piacere.
- Anche io...
- Ti amo!
- Anche io...
E poi la danza della donna rallentava, e ai suoi movimenti venivano
sostituiti quelli di Silver, che l'afferrò per le spalle e per la schiena,
senza mai uscire dal suo corpo; la stese sul divano e lei spalancò le cosce,
prendendo le redini di quel gioco, entrando e uscendo dal suo corpo, più e più
volte, sentendola gemere a ogni colpo delicato che subiva.
Le mani di Crystal carezzavano la schiena dell'uomo, le sue scapole,
fermandosi sulle natiche, sode.
E ancora, quei gemiti si trasformavano in piacere e il piacere si
trasformava in calore. Quando raggiungeva l'orgasmo, Cyrstal affondava il volto
nel collo dell'uomo, inebriandosi del suo odore e ricominciando daccapo.
- Ti amo Crys...
- Anch'io, Sil...
E quando sembrava che quell'unione si avvicinasse al termine, Silver
riprendeva a muoversi ancor più forte, con maggior vigore, possedendo ogni
cellula del suo corpo.
Lei s'era totalmente abbandonata a lui, fidandosi dei suoi movimenti e
lasciando che entrasse e uscisse dal suo
corpo, svuotandolo lentamente dal desiderio che aveva di lui, fino a quando il
calore la riempì e quella danza rallentò rapida.
E Silver terminò quella dolce corsa sfinito, steso su di lei, ancora uniti
in quell'abbraccio.
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