Poche parole. Ricordate sempre di passare qui, Pokémon Adventures ITA, mettere un bel mi piace e leggere le fantastiche avventure degli eroi più famosi dei Pokémon. Di seguito il secondo capitolo della fan fiction. Buona lettura.
State sul pezzo.
Andy Black $
Quella notte Rachel dormì
pesantemente. Stringeva Zorua a sé, parevano entrambi stremati.
Mai come quella notte non
ebbe tempo di fantasticare un po’. Solitamente sguinzagliava la sua mente,
lasciandola un po’ libera prima di cadere tra le braccia di Morfeo, quella
notte invece capì che aveva finito anche l’esigua energia per pensare.
La mattina successiva si
alzò prima del solito.
La sera precedente aveva
stilato una tabella di marcia. Tabella di marcia che prevedeva una mattinata
piuttosto piena.
Suo fratello le aveva
suggerito di dirigersi in città, con l’intento di cercare sfidanti. A Rachel
parve una buona idea, ma prima voleva assicurarsi che la ferita di Zorua non
gli impedisse di combattere e per farlo si sarebbe accertata delle sue
condizioni combattendo contro qualche Pokémon selvatico nel bosco.
Si vestì e scese al piano
di sotto.
Ryan era già in piedi e
osservava distrattamente la tv. I suoi occhi cremisi sembravano perdersi fuori
dalla finestra, ignorando le macchie di colore sparse sul televisore. Pensava a
qualcosa, qualcosa che intorpidiva i suoi sensi, tanto da non riuscire a
percepire i passi della sorella per le scale.
“Hey, tutto a posto?”
domandò Rachel. Ryan tornò mentalmente attivo, sobbalzando e voltandosi di
scatto. Fissò negli occhi la ragazza. Adorava il colore di quegli occhi. Non
aveva mai visto nessuno con la stessa tonalità di azzurro. “Oh, Rachel,
buongiorno. Ti sei svegliata presto” osservò.
Il suo sorriso era
tirato, stanco.
“A quanto pare oggi avrò
una giornata piena, quindi ho preferito anticipare la sveglia...hai già fatto
colazione?” concluse spostando lo sguardo in direzione della cucina.
Il ragazzo annuì,
seguendola in cucina e alzando il volume della tv in modo che potessero
ascoltarla anche dalla stanza accanto.
Rachel prese del succo
dal frigo, mentre Ryan con la stessa aria distratta mise sul fuoco la
macchinetta del caffè. Zorua, ancora in forma umana e con la benda sul braccio,
lo guardava assorto.
L’atteggiamento di Ryan
la incuriosiva, anche se non vi diede più peso del necessario. Ryan era
meteoropatico, e con una giornata nuvolosa come quella, la ragazza sapeva di
non potersi aspettare molto dal suo umore. Prese un pacco di biscotti dalla
mensola, ne allungò un paio al suo Pokémon e vide il fratello versarsi una
tazzina di caffè.
“Quindi che hai
intenzione di fare?” le chiese d’un tratto.
Rachel alzò gli occhi dai
biscotti e pensò a come aveva ordinato la giornata.
“Faccio colazione,
preparo la borsa e vado nel bosco a vedere come se la cava Zorua contro qualche
Pokémon selvatico...sai, per la ferita di ieri. Dopodiché vado al centro
Pokémon e cerco qualche avversario...poi...” si fermò un attimo a pensare a quello
che avrebbe fatto dopo. In quel momento l’attenzione di Ryan fu catturata dal
TG alla tv, tanto che alzò la mano facendole segno di restare un attimo in
silenzio.
Allungò le orecchie,
cercando di capire cosa avesse attirato l’attenzione del fratello.
“...Proseguono nella regione di Hoenn violenti terremoti. Lo sciame
sismico di natura sconosciuta che si è abbattuto sulla regione è in crescendo
d’intensità, tanto che la città di Forestopoli è stata in larga misura evacuata
e la palestra chiusa. Altri disagi si riscontrano nell’isola di Ceneride, dove
il livello del mare si sta pericolosamente alzando. Per maggiori dettagli vi
rimandiamo allo speciale...”
Ryan scosse la testa,
sospirando e riportando la sua attenzione al discorso della sorella.
“Scusa, continua pure”
“Dicevo, dopo il centro
Pokémon non so davvero cosa fare, che mi consigli?”
Il ragazzo restò qualche
secondo a riflettere sul piano della ragazza, bevendo il caffè e pensando a
quali altre alternative avesse. “Direi che per il momento può bastarti”
concluse alla fine “Dopotutto come prima giornata è più che sufficiente” le
sorrise. Poi sembrò ricordarsi di qualcosa all’improvviso.
“Aspettami qui” le disse
sparendo al piano di sopra.
Rachel annuì. Ryan tornò
pochi secondi dopo che lei avesse finito di fare colazione.
Il ragazzo mise sul
tavolo degli oggetti che attirarono immediatamente l’attenzione della ragazza.
“Qui abbiamo Pokéball,
pozioni ed antidoti” le disse.
Rachel ovviamente sapeva
già cosa fossero. Anche se non li aveva mai utilizzati, aveva visto diverse
volte suo fratello prendersi cura di Gallade e Trapinch con rimedi simili.
“Sono per me?” chiese con
la voce emozionata. Suo fratello le annuì, guardandola con aria divertita.
“Se vuoi andare prima al
bosco ad allenarti potrebbero esserti utili, soprattutto le sfere. Zorua è un
buon Pokémon, ma più Pokémon hai più hai possibilità di vincere”
Ryan spiegò brevemente
l’utilizzo dei rimedi, cercando di essere il più chiaro e pratico possibile.
“Tu verrai a guardarmi
combattere?” domandò all’improvviso lei.
Ryan annuì, dopo averle
fatto un sorriso dolce.
“Non so bene a che ora
arriverò, ho una cosa da sbrigare, ma penso che per le 11 dovrei essere lì”
Rachel fece un segno
d’assenso. Zorua riprese la sua forma originale e rientrò nella sua sfera,
mentre la ragazza si preparava ad uscire. Una volta pronta e con la borsa con i
nuovi strumenti con sé si precipitò verso la radura.
Il sole nascosto dietro
le nubi era avaro di luce, rendendo il percorso nel bosco inquietante. Anche se
Zorua non era al massimo delle forze, aveva capito che era benissimo in grado
di difenderla da pericoli medio-piccoli, e quindi, a meno che non avesse
trovato un Feraligatr in quel bosco, cosa alquanto improbabile, poteva contare
sul suo migliore amico. E poi la strada la conosceva a memoria.
Batterono qualche piccolo
Pokémon coleottero, per lo più Wurmple, prima di arrivare alla radura.
Era in ansia all’idea che
potesse di nuovo trovare lo strano ragazzo del giorno prima, ma una volta
arrivata notò che la radura era vuota. Tirò un sospiro di sollievo, senza
rendersene conto, ed iniziò il solito allenamento fisico. Notò soddisfatta che
Zorua riusciva a muoversi senza problemi, la ferita era completamente guarita.
“Adesso dovremmo seguire
il consiglio di Ryan e catturare qualcosa, che dici?” Zorua la guardò un po’
dubbioso. La giovane gli carezzò la testa.
“Tranquillo, non ti
metterò mica da parte” lo canzonò. Il Pokémon si diede una scrollata, smuovendo
il nero e lucido pelo.
“Quindi...da queste parti
cosa si può catturare?” ricordava vagamente di aver affrontato qualche piccolo
Pokémon coleottero, ma non erano certo quelli il suo bersaglio.
“Se proprio devo
catturare qualcosa voglio che sia un Pokémon...forte...tu che dici?”
Zorua emise il suo verso
in assenso. Decisero di addentrarsi nel bosco alla ricerca di qualche Pokémon
selvatico.
Continuarono per circa
due ore, nel bosco l’aria umida le faceva sentire ancora più freddo.
Affrontarono qualche Caterpie, Sewaddle, ancora Wurmple e altri piccoli
Pokémon, ma nessuno sembrò catturare l’attenzione della ragazza.
“Il primo Pokémon che
catturerò dev’essere qualcosa di grandioso, capisci? Uno di quelli che posso
guardare negli occhi e dire: sì, aspettavo proprio lui!” parlava col suo
Pokémon, proprio come se quello la potesse capire. Zorua le trotterellava al
fianco, attento ad altri possibili avversari.
Alla fine decisero di
rinunciare e tornare in città. Aveva ancora gli strumenti nella borsa. Tirò
fuori una Poké Ball osservandola con aria curiosa. Si chiedeva come sarebbe
stata la sua prima cattura.
Dentro di sé sperava non
finisse come la sua prima lotta.
Scosse la testa, facendo
ondeggiare i capelli corvini, poi si avventurò verso la città.
Primaluce era un sobborgo
piuttosto piccolo, da un lato dava sul mare, subito dopo qualche casa e presto
si perdeva nel Bosco Memoria. Era di origini antiche e la parte centrale era
circondata da alte mura medioevali. All’epoca Primaluce era famosa come grande
luogo di scambio e di commercio, ma oramai era solo un piccolo porto,
utilizzato specialmente per l’arrivo delle merci da trasportare a Timea,
metropoli e capitale della regione.
Il Centro Pokémon si
trovava proprio vicino al porto. Di solito era una zona piuttosto attiva, con
un bel viavai di pescatori e allenatori, oltre che di qualche piccolo mercante
che vendeva prodotti a basso prezzo su piccoli banchetti mobili. Rachel li
visitava spesso. Nonostante non amasse molto portare catenine ed altri ninnoli,
amava guardare la mercanzia.
Una volta davanti alle
porte del centro, la ragazza si bloccò per un secondo. Non aveva idea di come
cercare uno sfidante, forse poteva riconoscere gli allenatori in mezzo ad un
gruppo, vedendo quelli che avevano Poké Ball in vista.
Riconobbe con noia di
sentirsi totalmente spaesata.
Entrò nel centro medico,
nella speranza di trovare qualche conoscente, magari qualcuno degli amici di
suo fratello a cui chiedere consiglio.
C’era più gente del
previsto e dopo un’occhiata fugace intuì che non ci sarebbe stato nessuno
disposto a darle una mano. Si sedette nell’angolo di un divanetto, a debita
distanza da una chiassosa coppia di bambine, probabilmente gemelle,
probabilmente in attesa dei loro genitori.
Continuava a restar lì a
sprecare tempo quando si rese conto che erano quasi le dieci e mezza. Suo
fratello sarebbe arrivato e lei gli avrebbe detto che non aveva affrontato
nessuno perché si vergognava a chiedere una lotta. Scosse la testa con
veemenza. Doveva affrontare la situazione. Si ricompose e si avvicinò ad un
ragazzo, sembrava avesse la sua età.
Rachel sfoderò il sorriso
della domenica, e fece uscire Zorua dalla sua sfera, quindi gli toccò un
braccio, per attirare la sua attenzione. “Ciao...ti andrebbe una sfida? Così,
per allenamento...”
Cercò di far sembrare il
suo sguardo quanto più determinato possibile. Il giovane la guardò per un
istante, cercando di valutare che tipo fosse, dopodiché le sorrise.
“Va bene. Mi chiamo Kyle.
E tu?” Il ragazzo dai capelli a spazzola corvini le porse la mano.
“Rachel”
“Bene, Rachel, allora
andiamo”
Lei annuì e i due si
diressero verso la sala di allenamento. Zorua li seguiva al trotto,
concentrato.
Arrivati sul campo, il
ragazzo tirò fuori il suo Pokémon, un esemplare di Solrock. Zorua lo aspettava
già in campo, ringhio poco convincente e assetto d’attacco, basso. Spavaldo.
Al via i due ragazzi
partirono con gli attacchi.
“Solrock, vai con
Introforza”
Il Pokémon meteorite
s’illuminò, emanando energia dal suo corpo.
“Zorua, non farti
intimorire! Ripicca!”
Zorua incassò il colpo,
senza tuttavia riportare danni preoccupanti, e si scagliò sul bersaglio,
centrandolo in pieno e causandogli parecchi danni.
Rachel non perse
l’occasione e continuò l’attacco.
“Ed ora, Zorua, vai con
Sbigoattacco!”
L’attacco preventivo di
Zorua impedì a Solrock qualunque tipo di difesa, e fu quindi colpito.
“No! Solrock,
riprenditi!” urlò Kyle. Quello tornò a fluttuare davanti al ragazzo. “Bravo!
Usa l’attacco Lanciafiamme!”
Rachel spalancò gli
occhi. L’immagine del fuoco che colpiva la sua povera volpe, nell’incontro
precedente, le aveva garantito non pochi problemi di autocontrollo. Vedeva
l’avversario caricarsi, e cominciare a cacciare un getto di fiamme ad alta
temperatura, diretta proprio contro Zorua.
L’impatto era vicino, e
poco prima che avvenisse, Zorua si girò verso Rachel, fissandola negli occhi,
noncurante del fatto che stesse per essere colpito dall’avversario.
E fu quello sguardo a
dare l’impulso di un pensiero a Rachel. Un pensiero ben preciso.
Zorua aveva bisogno di
lei, delle sue parole, dei suoi comandi. Non poteva abbandonarsi alla paura e
all’ansia. In quel modo non sarebbe mai riuscita a vincere, ed il suo amico si
sarebbe fatto male.
Zorua stava giocando col
fuoco. Non si scansava, e magari sarebbe stata la cosa migliore da fare. Ma
aspettava che fosse la sua padrona a dargli degli ordini.
Quando quel pensiero
raggiunse il centro operativo della mente di Rachel, lei reagì prontamente.
“Protezione! Ora!”
Il suo Zorua fu ricoperto
da una sorta barriera protettiva, sul quale l’attacco di Solrock si abbattè
impetuoso.
Zorua si girò di nuovo.
Un sorriso comparve sul suo volto.
Rachel lo seguì. Aveva
capito che era lei a doverlo difendere.
“Bene! Ora usa Finta!”
La volpe dribblò il getto
di fuoco avversario e partì all’attacco, fintando un attacco a destra,
conclusosi poi alla sinistra del Pokémon fluttuante.
L’attacco fu di nuovo
violento. Zorua era davvero carico quella mattina.
E fu così Solrock ritornò
nella sua sfera, sconfitto, e Rachel ottenne la sua prima vittoria. Non riuscì
a trattenere un sorriso, soddisfatta per com’erano andate le cose. Zorua le
corse vicino, lei si limitò ad abbracciarlo, carezzandogli la testa.
“Sei stata brava” disse
Kyle. Le si riavvicinò e le porse la mano, stavolta per complimentarsi con lei
dell’incontro.
“Ho avuto fortuna con il
tipo del mio Pokémon” si limitò a rispondere.
“Ora sarà meglio che
vada, è stato un bel match, se ripasserò di qua spero di rincontrarti”
I due si avviarono verso
l’uscita della stanza, dividendosi una volta nel centro medico. Rachel
controllò rapidamente le condizioni di Zorua, rendendosi conto che era
praticamente illeso.
Si sedette di nuovo sul
divano, quando notò suo fratello che entrava nel centro, guardandosi attorno
finché non la vide. Le si avvicinò.
“Allora? Come è andata?”
domandò.
“È andato tutto bene! Mi
sono allenata al bosco e poi qui ho sconfitto il mio primo avversario”
Ryan carezzò la testa,
soddisfatto.
“E invece per la cattura
hai trovato qualcosa?”
“Non c’era niente di...
interessante” si limitò a mormorare.
Ryan sospirò,
aspettandosi quella reazione.
“Dovresti mirare ad un
team bilanciato se intendi vincere...comunque lasciamo stare quest’argomento...
fammi vedere un po’ come te la cavi”
“Vuoi sfidarmi?!” chiese
terrorizzata la ragazza.
“No...” sorrise divertito
Ryan. “...non io... qualcun altro”
Tre ore più tardi, erano
di nuovo a casa, impegnati a mangiare qualcosa al volo mentre Rachel ascoltava
attentamente quello che il fratello aveva da dirle riguardo la costruzione di
un team bilanciato. Aveva affrontato altre quindici sfide, vincendone 10,
ottenendo 3 pareggi e 2 sconfitte. Era decisamente soddisfatta del risultato,
ma dopo quella mattinata si sentiva stremata. Aveva utilizzato sia gli Antidoti
che le Pozioni che il fratello le aveva dato e sul momento ne aveva anche
dovuti comprare altri.
Finita anche la parte
delle spiegazioni, Ryan l’avvertì che sarebbe dovuto uscire e che probabilmente
sarebbe tornato solo in tarda serata. Rachel si stese un po’ a riposare, era
decisamente stanca, ma Zorua dal canto suo era davvero distrutto. Aveva
sopportato stoicamente ogni incontro, mettendoci il massimo impegno. Dormirono
per un bel po’, recuperando le energie spese durante tutta la prima parte della
giornata.
Al suo risveglio il cielo
si stava colorando d’arancio. Le nuvole erano sparite appena in tempo per
permettere al tramonto di mostrarsi in tutta la sua malinconica luminosità.
Rachel era nel letto, godendosi quel torpore post sonno. Quasi post coma.
Guardava il soffitto, pronunciando le labbra. Quando dormiva molto pesantemente
le si gonfiavano, ma non ne capiva il motivo. Stese le dite, toccando la folta
coda di Zorua. A quel contatto, il Pokémon scosse il pelo.
Era stanchissimo. Aveva
lottato fino allo stremo.
Rachel si alzò, sedendosi
sul letto, la volpe si appallottolò, mettendosi più comoda. La ragazza sorrise.
Lo guardò poi. Alcuni graffi non erano ancora guariti.
“Ryan...” rifletté.
Pensò bene di prendere in
prestito gli strumenti di suo fratello, per rimettere completamente Zorua in
sesto.
Decise di fare il grande
passo, e si alzò.
Ryan le aveva detto che
la borsa con i suoi rimedi era nel ripostiglio del sottoscala. Quindi vi si
avviò portando Zorua in braccio, fallendo nel tentativo di non svegliarlo.
Quello sbadigliò, irrigidendo i muscoli, in maniera illegalmente dolce. Rachel
sorrise e lo depositò ai piedi della porta. Una volta aperta si rese conto che
la missione sarebbe stata più difficile del previsto.
La valigetta si trovava
esattamente sul ripiano più alto.
“Dannazione!” esclamò,
quando si accorse che anche mettendosi in punta di piedi non riusciva per un
soffio a toccare la valigetta.
Sbuffò contrariata,
ripromettendosi di lamentarsene con Ryan in futuro, ma senza demordere cercò di
spingersi ancora oltre, con l’unico risultato di riuscire a sfiorarla. Si
ritrasse per qualche istante, valutando la strategia migliore, dopodiché si
riavvicinò, afferrando con un braccio il ripiano e spiccando un balzo, riuscendo
finalmente ad afferrarla. Non si rese conto però che il ripiano non era
correttamente fissato, o forse semplicemente l’età ne aveva rovinato i
sostegni. Improvvisamente la borsa con i rimedi e un altro contenitore
dall’aria piuttosto pesante, assieme a pile di libri e scartoffie, le vennero
catapultati addosso. Si parò istintivamente la testa con le braccia, cadendo di
schiena e ascoltando il tonfo e il rumore assordante.
Restò immobile per
qualche secondo, con il cuore che le batteva a mille, poi si abbandonò sul
pavimento, sentendo i canini di Zorua che le mordevano l’estremità della manica
per attirare la sua attenzione.
“Tutto a posto” si limitò
a sussurrare. “È tutto a posto, ora calmati...”
Sospirò profondamente
sedendosi sul pavimento ed incrociando le gambe.
“Perché sono così bassa?”
si chiese, annoiandosi già solo ad immaginarsi nel mettere a posto tutta quella
roba. Poi la sua attenzione fu catturata da qualcosa.
Il secondo contenitore si
era aperto, riversando tutto il suo contenuto sul pavimento. Iniziò a
raccogliere tutto il contenuto analizzandolo attentamente. Erano cose vecchie e
polverose. Sorrise, quando vide che erano di suo padre, professore
universitario a Edesea, la città della regione famosa per il gran numero di
università e musei.
“Documenti, documenti,
foto...come era carino papà...e...e questa cos’è?”
Una lettera. Dietro
riportava la firma del padre e la dicitura ‘Per
Rachel’.
La osservò incuriosita
per qualche secondo, prima di decidersi ad aprirla.
Zorua le saltò sulle
gambe, come se volesse sbirciare quello che l’elegante grafia che John
Livingstone molto tempo prima aveva inciso in modo indelebile sulla carta.
Mia adorata bambina, se stai leggendo questa
lettera vuol dire che la mia codardia ha avuto il sopravvento e che non sono
riuscito ad essere sincero con te come realmente meriti...
Era ormai sera quando
Ryan tornò a casa. Le luci della casa erano spente, eccetto quella del
corridoio del primo piano. Il ragazzo aveva appena messo piede in casa quando
Zorua gli corse incontro con aria agitata, addentando il lembo del suoi
pantaloni.
Cercava di tirarlo verso
le scale.
In un attimo al ragazzo
si gelò il sangue nelle vene. Temeva che potesse essere successo qualcosa di
grave, una caduta dalle scale o un malore. Si precipitò al piano di sopra
sorpassando Zorua. Salì i gradini due a due, finché non trovò Rachel
inginocchiata davanti al sottoscala.
Non sembrava ferita, ma
c’era qualcosa in lei che lo inquietò. Era immobile e sembrava non aver sentito
ne i suoi passi ne la sua voce, quando l’aveva chiamata. Fra le mai stringeva
un pezzo di carta di cui il ragazzo ignorava l’identità.
Per un attimo, un
brevissimo istante, Ryan ne fu spaventato. Non riusciva a riconoscere sua
sorella. Strinse i denti, e le si inginocchiò al fianco, toccandole leggermente
una spalla e mormorando il suo nome.
“Rachel...”
Meccanicamente, la
ragazza si voltò verso di lui, lo sguardo era ancora perso, e sbatté due volte
le palpebre nel tentativo di metterlo a fuoco.
“Tu lo sapevi?” chiese
debolmente.
Erano le uniche parole
che riuscì a dire. Ryan si sentì percorrere da un brivido. Diede una fugace
occhiata alla lettera che la ragazza stringeva tra le mani e capì. Capì, ma
rimase in silenzio, un silenzio ben più esplicativo di qualunque parola.
Lo sguardo della ragazza
si fece di nuovo vivo, intenso. E incredulo.
“Tu lo sapevi”
La sua voce sembrava un
soffio. Per un attimo mille pensieri le attraversarono la mente. In un istante
la sorpresa si trasformò in rabbia.
“Tu sapevi tutto!” in un
attimo balzò in piedi. Il battito fuori controllo, respirava con enormi
difficoltà. Sentiva di aver perso ogni controllo su se stessa, sentiva di aver
perso se stessa.
“Era tutta una menzogna!
Tutta la storia come fratello e sorella, tutto quanto!” si scagliò addosso a
Ryan, che non ebbe nessun problema nell’immobilizzarla, incrociandole le
braccia e stringendola al suo petto.
“Sapevi tutto! Mi hai
tenuto tutto nascosto! Mi hai mentito! Da sempre!”
Il ragazzo non aveva idea
di come arrestare la sua furia, non sapeva cosa dire per calmarla, per non
risultare ancora più meschino di quanto non apparisse ai suoi occhi in quel
momento. Ma non riusciva a trovare niente nel database delle scuse. Quello non
poteva essere scusato.
“Rachel... cerca di
capire” abbozzò “Era troppo presto, e poi... non c’era motivo di dire
tutto...non c’era motivo di dover distruggere la nostra famiglia...”
Rachel trovò nuovo impeto
dalla rabbia, sapeva che non le era possibile sovrastare il fratello, ma non
trovava altro modo di sfogare quella rabbia, e quindi tornò ad urlare.
“Ma sarebbe stata la
verità! Non hai mai pensato che fosse giusto che io sapessi?!”
Ryan sospirò, abbassando
la testa, incontrando lo sguardo di brace della ragazza. Poi la rialzò, non
riusciva ad affrontare quel peso.
Rachel sbuffò, stanca,
sfibrata dentro, e all’improvviso scoppiò a piangere.
Aveva perso la carica che
la rabbia le aveva dato. Si staccò dal fratello correndo in camera e
chiudendosi a chiave, ignorando le proteste del ragazzo.
Zorua non fece in tempo
ad entrare, e rimase fuori.
Il pianto le stava
attutendo i sensi, stordendola al punto da non riuscire più a distinguere la
voce del fratello, dal ronzio di pensieri che sentiva le si stava creando nella
mente. Senza nemmeno rendersene conto, restando rannicchiata sul pavimento, con
le spalle contro la porta, si addormentò.
Ryan continuò a chiamare
Rachel per qualche minuto, prima di rinunciare. Gallade al sua fianco lo guardò
preoccupato, ma il ragazzo si limitò a sorpassarlo mentre tornava al piano di
sotto. Era tardi, non si sentivano più rumori provenire dalla città. Sospirò
pesantemente, era stata una giornata pesante anche per lui, ma non poteva
ancora fermarsi. Al piano di sotto iniziò a risistemare gli oggetti caduti
dall’armadio. La lettera era rimasta per terra, soffocò l’impulso di
strapparla. Era tardi ormai, avrebbe dovuto farlo molto tempo prima. La
riguardò per l’ennesima volta, la conosceva, la ricordava, ricordava di aver
scoperto suo padre a scriverla, cinque anni prima e di aver provato a farlo
desistere. Si rese conto di avere un mal di testa fortissimo. Finì di
risistemare in fretta e se ne andò in camera, portando la lettera con sé.
Si buttò sul letto,
scivolando in un nero mare senza sogni.
Fu Zorua a svegliarla,
alcune ore dopo, battendo con la zampa sulla porta.
Rachel riconobbe l’autore
di quel piccolo rumore, e si spostò quando bastava per aprire la porta. Zorua
si fiondò dentro, e dopo che Rachel chiuse di nuovo la porta a chiave, le si
fiondò addosso, leccandole il viso, che sembrava stesse cadendo a pezzi per via
del trucco sciolto. La ragazza lo abbracciò stretto mormorando qualcosa che
neppure lei ritenne comprensibile. Si guardò attorno, uno strano malessere le
bloccava lo stomaco. Improvvisamente le sembrò che quella stanza la soffocasse.
Doveva andarsene. Prese una borsa e cominciò a buttarci dentro tutto quello che
aveva nelle vicinanze e che pensò potesse esserle utile. Indugiò qualche
secondo sulle Poké Ball che Ryan le aveva lasciato, ma poi decise di prendere
anche quelle.
“Non si sa mai”
bisbigliò.
Stava per avviarsi alla
porta quando si bloccò. Non ce l’avrebbe fatta ad uscire senza che nessuno la
sentisse. Anche ipotizzando che Gallade stesse dormendo, camminare per la casa
avrebbe procurato comunque troppo rumore. L’altra alternativa era la finestra.
Era al secondo piano della casa, un’altezza eccessiva per lanciarsi nel vuoto e
anche ammettendo che sarebbe caduta sulla siepe in giardino e che questa
avrebbe attutito il rumore, oltre che la caduta stessa non era comunque
sufficiente. Ci pensò per un attimo. Prese in braccio Zorua, facendo in modo
che si potessero guardare negli occhi.
“Ho bisogno del tuo
aiuto, sai?”
Pochi minuti dopo era sul
cornicione della finestra, zaino in spalla. Faceva freddo, ma l’adrenalina
intorpidì la sua capacità di percezione, guardò di nuovo Zorua, che stringeva
fra le braccia e si scambiarono un cenno d’assenso, dopodiché si getto nel
vuoto. Lasciò che fosse il suo Pokémon a decidere il momento e a poco da terra
quello utilizzò l’attacco Protezione.
Erano ancora interi.
Restò col fiato grosso
per alcuni secondi, volle accertarsi di essere viva davvero, e quando ne fu
sicura iniziò a correre. Era quasi l’alba eppure non se ne accorse. Superò
l’entrata al bosco che tanto la terrorizzava in un soffio, correndo quanto più
le sue gambe potessero, lo zaino pesava ma non gliene importava, aveva un
boccetta vuota e una vecchia borraccia rinvenute nel suo armadio, sarebbe
passata vicino il ruscello, le avrebbe riempite e sarebbe corsa verso Timea,
nel tentativo di far perdere le sue tracce.
Dopo una lunga corsa
arrivò al ruscello. Se suo fratello si era svegliato e aveva capito che non era
a casa l’avrebbe cercata alla radura, dalla parte opposta a quella in cui si
trovava. Restò per un attimo a riprendere fiato, aveva i polmoni che le
bruciavano ed ogni respiro era doloroso. Si permise solo in quel momento di
controllare se tutto ciò che aveva era ancora a posto e non era stato
danneggiato dalla caduta. Con sua gioia era tutto in ordine, i vestiti di
ricambio più spiegazzati, ma non aveva importanza. Aveva preso tutti i suoi
risparmi ed era sicura di poterci arrivare abbastanza lontano. Intanto mentre
pensava ad una possibile tabella di marcia, faceva scorta d’acqua. Era di nuovo
pronta a rimettersi in cammino, quando qualcosa le sbarrò la strada.
Aveva la criniera carica
d’elettricità. Ad un primo sguardo risultava grazioso, ma qualcosa le fece
capire che probabilmente in quella zona non erano spesso ammessi visitatori.
Rachel si ritrasse istintivamente
osservando le sinistre scintille del Blitzle che aveva davanti conficcarsi nel
terreno e gli zoccoli del Pokémon raschiare nervosi il terreno, senza
distoglierle lo sguardo di dosso. Era in pericolo.
Improvvisamente il
Pokémon iniziò a brillare, caricando il proprio corpo di energia elettrica.
Sottocarica.
Quella parola le
attraversò la mente, Il Pokémon si stava preparando a rinforzarsi per sferrare
un attacco. Deglutì rumorosamente. Indietreggiando ulteriormente e ritrovandosi
a pochi centimetri dall’acqua del ruscello.
Zorua s’intromise,
ringhiando al Pokémon che aveva davanti. Si pose davanti a Rachel, come per
proteggerla. La ragazza cercò di recuperare un po’ di buonsenso. Doveva
attaccare prima che lo facesse il suo avversario. Ma era già troppo tardi. Il
Pokémon Caricavolt era scattato. La ragazza non riuscì a trattenere un urlo, la
confusione, l’emozione, la rabbia, tutto si era messo ad impedirle di ordinare
qualcosa a Zorua, qualcosa che servisse per difendere entrambi. Blitzle aveva
attaccato, e come con il Lanciafiamme di Solrock, solo all’ultimo lei trovò la
forza di reagire. Si avventò su Zorua, afferrandolo e saltando lateralmente,
evitando per un soffio l’attacco Scintilla del nemico. Di nuovo l’adrenalina
che fluiva nel corpo, vide il Pokémon caricare il prossimo attacco, e dentro di
sé non poté fare a meno di ripensare alla lettera che aveva scatenato tutto
questo.
"Mia adorata bambina, se stai leggendo questa lettera
vuol dire che la mia codardia ha avuto il sopravvento e che non sono riuscito
ad essere sincero con te come realmente meriti.
È passato tanto tempo da quando ti vidi per la
prima volta.
Quella sera io e Ryan aspettavamo la fine del
turno di tua madre. Eravamo da soli in casa, e quel monello, che all’epoca
aveva appena otto anni, non riusciva a star fermo. Gli avevo appena promesso
che per il suo decimo compleanno gli avrei dato il permesso di tenere un
Pokémon ed era fuori di sé dalla gioia. Continuava a dire che doveva
assolutamente andare al centro medico per informarsi, per sapere come avrebbe
dovuto trattarlo e che avrebbe avuto bisogno di molto tempo per prepararsi.
Ridevamo su queste sciocchezze quando Martha tornò, spalancando la porta. Era
pallida, i suoi begli occhi verdi era appannati dall’inquietudine. Forse fu per
quello che ci misi qualche istante a realizzare che teneva due esserini tra le
braccia. Una bambina, ed un cucciolo di Zorua. Quella fu la prima volta che ti
vidi e posso assicurarti che non sarò mai in grado di dimenticarmene finché
avrò vita.
Non ci spiegò mai dove ti avesse trovata, avevi
all’incirca due anni, quindi esclusi che fossi stata abbandonata dopo un parto.
Ero agitato, lo ammetto, Martha aveva decretato che restassi con noi, e per
quanto pieno di sconcerto non sarei mai stato in grado di negarglielo. Avevi lo
sguardo triste di chi era reso conto di essere solo. Uno sguardo che mi uccise
dentro e che mi strinse le viscere. Ryan ti guardava incuriosito, fu lui che
dopo un attimo di sbigottimento si limitò a chiedere:
“Come si chiama?”.
Ti indicava come se fossi qualcosa mai visto e
avevo nello sguardo quella genuina curiosità che solo i bambini possono avere.
Martha disse semplicemente “Rachel”.
Ti adottammo quella sera stessa.
Fu un procedimento lungo, ma non ti avremmo mai
lasciata. Non lo faremo mai, bambina, ricordalo sempre."
Chiuse gli occhi
istintivamente, ed una lacrima non riuscì a restare aggrappata alle sue lunghe
ciglia. Tutto ciò era troppo, non ce la poteva fare a sopportare quel peso
dentro. Si abbandonò a sé stessa, stringendo il piccolo Pokémon a sé.
Fu quando poté sentire
l’elettricità caricare l’aria che qualcosa spezzò quell’incantesimo di dolore e
terrore.
“Palmoforza, Lucario!”
Una voce che dentro di sé
conosceva già troppo bene riempì l’aria, spazzando via la carica elettrica che
la circondava. Fra lei e il Blitzle ora si frapponeva un Lucario e alle spalle
della ragazza apparve il tipo dal bizzarro ciondolo. Il tipo che due giorni prima
l’aveva sconfitta e che adesso si frapponeva fra lei e il suo avversario.
Fu stupito quanto lei di
trovare un volto conosciuto in quella boscaglia, dove i primi raggi del sole
bianco invernale si insinuavano nei rami e illuminavano l’acqua, facendola
splendere di un bianco accecante.
Rachel si sorprese a
piangere.
Quello le si chinò
affianco, cingendole le spalle con un braccio.
“Va tutto bene,
tranquilla” le sorrideva con la stessa espressione di quando l’aveva sfidata e
di quando le aveva regalato quella Baccafrago. L’aiutò a rimettersi in piedi,
sollevandola quasi di forza, mentre il Pokémon nemico continuava ad osservarli
dubbioso, senza togliergli gli occhi di dosso.
“Lucario, fatti da parte,
è l’avversario di questa signorina ed è un’allenatrice abbastanza capace da
sconfiggerlo da sola” fece quello.
Rachel sobbalzò, ma non
protestò, si asciugò a forza le lacrime col braccio e lasciò che Zorua si
rimettesse in posizione d’attacco, mentre sia il ragazzo che il suo Lucario si
facevano da parte. Blitzle iniziò a caricarsi di nuovo, più lo faceva, più la
sua difesa aumentava, ma improvvisamente Rachel capì che quello non era affatto
un problema.
“Zorua, Punizione!”
Il Pokémon partì, veloce,
all’attacco. Fu un colpo decisamente potente che lo spinse con potenza, tanto
da farlo cadere nell’acqua del torrente.
“Prima che si rialzi, vai
con Finta!”
Zorua caricò di nuovo
l’avversario, raggiungendolo e sparendo un istante prima di colpirlo, il
Pokémon che si stava rialzando rimase disorientato e non poté evitare il colpo
sul fianco che gli sferrò la piccola volpe e che lo fece di nuovo cadere in
acqua, stremato.
Senza nemmeno pensarci
Rachel tirò fuori la sua Poké Ball. Se doveva catturare un Pokémon, aveva
deciso che sarebbe stato quello.
La Ball intrappolò il
Pokémon, troppo stremato per opporle una resistenza degna di questo nome e
finalmente tutto finì.
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