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Secondo Interludio

Pokémon Adventures ITA, questa la nostra base operativa. Immagini e fan art fantastiche, staff cordiale, eccezionale lavoro di traduzione dei volumi di Pokémon Adventure, il manga dei nostri mostriciattoli preferiti, e tanto altro ancora. Venite a trovarci. Anche stasera, come ogni lunedì, siamo sotto con la storia di Adamanta. Il conflitto è alle porte. Ma cerchiamo di capire per bene quello che è successo.
Stay ready.

Andy $





Vari anni prima dell’incendio del tempio di Arceus, Adamanta era un posto unico al mondo.
Lunghi corsi d’acqua si snodavano in un territorio rigoglioso di vita. Il monte trave sovrastava ogni cosa, guardando dall’alto le piccole pianure e le valli popolose come un padre guarda la propria prole.
Come detto, nelle valli si accumulavano le persone, piccoli villaggi spuntavano come funghi, per poi espandersi lentamente.
Tutti paesini piccoli, senza un’identità specifica. Anonimi, quasi tutti uguali. Ogni regnante seguiva dei dettami semplici e pacifici di governo, che permettevano una diplomatica coesistenza di quei piccoli nuclei.
Qualcuno si salvava, per la fama di qualche grande eroe nato o morto li, ma solo due centri spiccavano su tutti.
Il primo era Solnascente. Situato proprio ai piedi del monte Trave, era noto per la presenza dei templari e per la lunghissima scalinata, quella dei mille eroi, che portava fino ai piedi del tempio.
La scalinata era stata costruita in onore di mille uomini, mille eroi che avevano combattuto una lunga e dolorosa guerra, ed ognuno di quei scalini, scolpiti interamente nella roccia della montagna, aveva inciso il nome di uno degli eroi. Morti tutti per salvare Solnascente.
Molto più grande di Solnascente, Nuovaluna era una città nata sul fiume Astro, che aveva fatto del commercio la sua ricchezza. E, come ogni città più grande, oltre alle cose buone, ci sono anche le cose cattive.
Il problema era che le cose cattive, a Nuovaluna partivano dal vertice.

“No Adamo. Non hai capito”
“Me lo rispieghi allora, sua altezza”
Avvolto in un ampio mantello di seta nera, sporcato qua e la di qualche rubino, Nestore camminava frettoloso per la stanza. La mano ingioiellata teneva un bicchiere colmo di vino, rosso come i rubini, che di tanto in tanto portava alla bocca.
Quando si fermò davanti alla finestra, Adamo strinse gli occhi. Il re eclissava quasi totalmente con le grandi e voluminose spalle la luce che filtrava, e quello sporadico raggio che riusciva nel transito, sprigionava più luce del dovuto. Colpivano alcuni dei rubini sulle spalline pompose e si trasformavano in colorate strisce verdi, blu e gialle.
Nestore si girò, spostandosi un ciuffo candido dalla fronte, fissandolo sotto la pesantissima corona.
“Bene. Questo...mondo...è semplicemente una coincidenza”
“Si spieghi meglio” lo esortò Adamo. Certe volte trovava difficile seguire i discorsi del re. D’altronde era il capo delle truppe, non uno studioso.
“La maggior parte della plebe, e per dirla tutta, anche molti tra i nobili, venerano il dio Arceus...” cercando di ridicolizzare con il tono le ultime due parole. “...in quanto pensano che sia stato lui a creare tutto. Umani, Pokémon, piante, alberi, prati, fiumi, laghi, mari...tutto. Beh, si sbagliano”
“Come può essere certo di questa cosa?”

“Se io fossi l’autore del creato vorrei esser venerato da esso. Se avessi dato il respiro a tutti i Pokémon, li comanderei tutti. Se lo avessi fatto con gli uomini farei lo stesso. Vedi...” poi lentamente si avvicinò all’uomo che quotidianamente si ritrovava seduto su quella sedia lussuosa.
“...non mi nasconderei in una –dimensione- parallela. Permetterei a chiunque di vedermi”
Adamo inarcò entrambi le sopracciglia.
“Certo. Da lontano, tenendo le persone di cui non mi fido a debita distanza...ma avrebbero motivo di credere ai loro occhi. Avrebbero una prova”
“Ma...se non Arceus, chi? Oppure, quale Pokémon?”

“Nessuno, Adamo. Il mondo si è creato per una pura coincidenza. Non esistono forze superiori...vieni” disse poi, avvicinandosi a delle ampolle.
Adamo lo seguì, e guardò curioso le mani del re.
“Questa...” mischiò un liquido celeste con della polvere, poi lo unì ad un altro liquido. Pochi secondi dopo, il colore del liquido all’interno dell’ampolla che teneva in mano cambiò. E l’ampolla esplose in mille pezzi.  ”Vedi...questa non è potenza divina. Questa è alchimia. Unire vari elementi, per creare altri effetti”
“Effetti strani” sorrise Adamo.
“Tanto strani quanto inaspettati. E secondo te, questi elementi sono stati creati da Arceus?”


“...ehm...No?”
“Bravo. D’altronde, se avessi creato veramente tutto io qui, non darei a nessun altro la possibilità di poterlo fare. Terrei questi preziosi strumenti per me” fece Nestore, asciugandosi la mano.
“Comprensibile, certo. Ma ancora non arrivo al nesso”
“Questi strumenti, o meglio, questi elementi, esistevano già prima delle nostre terre. Ed è stato il loro casuale miscuglio a creare quello che vedi oggi”
“Oh. Ora è chiaro”
“Ora, caro Adamo, converrai con me che non possiamo lasciare che la gente pensi che sia stato un Pokèmon, a creare tutto. I Pokémon sono creature incapaci di comprendere quali sono i fattori utili a far muovere la vita. I Pokèmon sono semplici mezzi che utilizziamo per assoggettare altri popoli. Sono le nostre armi”
“Beh...qui, a Nuovaluna è così” convenne Adamo. “Ma a Solnascente non è così. Li i Pokèmon sono venerati, considerati come amici, al pari degli uomini”
“Ed è possibile che questa cosa accada?”

“No, mio re”
“In quanto ambasciatore del genere umano, mi sento coinvolto. Voglio che la gente smetta di porre quelle bestie sul nostro stesso piano”
“Certo”
“E’ per questo che cattureremo Arceus. E lo uccideremo”

“Come?!”
“Arceus”
“Ma ha appena detto che non ci crede, in Arceus”
“Adamo, la comprensione di semplici parole non dovrebbe esserti difficile, nonostante il tuo basso grado d’istruzione. Io ho detto che Arceus non è il responsabile della creazione. Ma so della sua esistenza. Arceus è un Pokèmon molto raro”
“Bene. Quindi? Il da farsi qual è?” domandò Adamo, spaesato.
“Tu e le tue truppe, dovrete velocemente spiegare questa semplice verità ai sovrani degli altri popoli. E chiederai loro di unire le loro truppe alle mie, in modo da raggiungere velocemente questo obiettivo”
“E chi non si rivede nei nostri ideali? Che succederà a chi non riconoscerà la nostra verità?”
“Ucciderai i re di tali popoli, ed invaderai quel posto”
“Ma questo a che ci porterà?”
Nestore sorrise, i suoi denti splendenti si mostrarono in tutto il loro splendore. Si sedette, ed incrociò le braccia.
“I templari sono guerrieri fenomenali. Uomini devoti che votano la propria vita alla preghiera ed all’allenamento. Il loro compito è proteggere il tempio sul monte Trave e l’oracolo. Ma ciò che è ancora più importante è il cristallo della conoscenza, presente all’interno del tempio. E’ l’unico modo per ottenere udienza da Arceus. Ebbene. Noi dobbiamo impossessarcene, ed evocare Arceus. Lo cattureremo, lo indeboliremo, e in pubblica piazza lo uccideremo. Saremo i padroni di un mondo senza un dio. Capisci, Adamo?”
“Si, mio re”
“Se riuscirai in questa impresa, divideremo questi ampi territori, e ti regalerò quello che più ti aggrada. Diverrai re, Adamo. Ricchezze, donne, potere. Tutto per te. Ma dovremmo combattere contro i templari”
Adamo sorrideva. “Si, mio re”
“Bene. Ora esci fuori, motiva le tue truppe ed invadi Vallecometa”. Vallecometa era il centro cittadino più vicino a Nuovaluna.
"Si, mio re. Con permesso” e si dileguò.
Nestore rimase li. Sorrideva. Un sorriso ispido, ricco di rabbia.
Una rabbia che esprimeva sugli altri.
Ormai il uso piano si era delineato. Adamo avrebbe dovuto rendere vero quello che nei suoi sogni erano solo furori e pazzie.

_____________________________________________________


La luce della luna risplendeva forte sugli scudi, sulle spade, sulle armature dei soldati.
Timoteo guardò Haxorus, poi Absol e Scyther. I suoi allenatori di spada. Ognuno di loro aveva delle lame, affilate e taglienti.
I suoi amici. I suoi guerrieri.
Si avvicinò ad Absol, accarezzandolo. Quello ricambiò con un sorriso. Era un esemplare bellissimo. Sembrava stare perfettamente a suo agio sotto la luce della luna.
Tutti i suoi soldati erano perfettamente schierati, i loro Pokèmon davanti ai propri scudi.
Marcello guardò Timoteo, sorridente. Era carico, voleva dare una lezione a quegli uomini, odiosi e seccanti.
Haxorus guardava Gengar, che avanzava lentamente. Sogghignava, come suo solito.
 L’esercito degli ingiusti si stava schierando.
Adamo guardava il tempio con occhi bramosi. Nestore aveva bisogno di quel cristallo a tutti i costi.
Lui e Timoteo si squadrarono per un momento. Entrambi concentrati, entrambi fieri di quello che erano.
Timoteo fece la sua ultima carezza ad Absol, e si pose al centro delle sue truppe. Una truppa fatta di soldati, di uomini e Pokèmon.
Anche gli ingiusti avevano truppe formate da tali schieramenti, la differenza però era netta: Haxorus, e gli altri Pokèmon erano amici degli umani, e lottavano per difendere il tempio. Anche loro si battevano per il loro dio, anche loro combattevano per Arceus. Tra i templari ed i loro Pokèmon c’era un legame mistico, un filo che li teneva uniti tra di loro, nella gioia e nel dolore. Nessuna differenza, nessun tipo di pregiudizio ne scala di valori. Gli unici valori che vigevano in quel contesto erano quelli militari. Tutti stavano a ciò che diceva Timoteo. Subito dopo, in uno schema a piramide, c’erano gli altri, tra umani e Pokèmon.
Tra gli ingiusti ed i loro Pokèmon, invece, non esisteva nessuno stato di parità. I primi erano i padroni, gli altri i servi. E ciò bastava a far capire il tutto. Nonostante di natura quei Pokèmon non fossero malvagi, furono inquinati dai pensieri dei loro padroni. Ed erano costretti a combattere. Quelli erano stati iperallenati fino allo sfinimento, basandosi su un sistema di premi e punizioni. Se riuscivano ad ottenere quello che i loro padroni volevano, i Pokèmon potevano mangiare, bere, rilassarsi. Altrimenti niente. Ed i maltrattamenti continuavano. Venivano tenuti in cattività, quando non si allenavano, non uccidevano e non stavano nelle loro sfere, venivano tenuti in gabbia.
Fu proprio per via dei metodi di allenamento degli ingiusti che Arceus inveì contro il mondo che egli stesso aveva creato.
Timoteo guardava Adamo sguainare la spada, puntarla contro il tempio ed urlare qualcosa.
Come in ogni battaglia, il capo dei templari diede le spalle al nemico, guardando le sue truppe. Uomini e donne, stanchi, ricchi di paure e sonni non trascorsi tra le braccia di chi amavano.
“Questa...questa è probabilmente la mia ultima battaglia. Si. Perché oggi sconfiggeremo definitivamente i nostri avversari. Lo faremo, per noi e per loro. Per Prima, e le altre donne che vivono su, nel tempio. E sopra ogni cosa lo faremo per Arceus”
Il volto di Marcello si indurì.
“Sapete cosa vedo davanti? Vedo uomini stanchi, e vogliosi di tornare a casa, tra le loro famiglie. Di divertirsi, e sorridere, senza il peso che questo esercito di pazzi porta alle nostre anime. Ed è proprio alle nostre anime che dobbiamo parlare, chiedendo loro di mantenere strette le catene della nostra concentrazione. Non lasciamoci andare oggi. Non perdiamo. Non perdiamo le nostre vite, non perdiamo i nostri amici. Io...io lotterò per Prima. Voi per chi lotterete?”
Un leggero brusio si alzò.
“Benissimo. Per Arceus” disse Timoteo, alzando la spada verso Adamo.
“Per Arceus!” urlò l’esercito alle sue spalle.
La guerra cominciò. Prima vide dall’alto una scena incredibile. Uomini e Pokèmon coperti di bianco entravano in uno schieramento di elementi neri come la pece, formando una miscellanea strana.
Come se ci fossero tante stelle in un cielo profondamente scuro.
Come se un onda si abbattesse sul bagnasciuga e ristagnasse li, riempiendo piccole pozze.
Preoccupata, Prima andò da Abra, e gli ordinò di trasmettere nella pozza d’acqua le immagini di Timoteo e della sua battaglia.

Timoteo strinse la spada, e prese a correre verso Adamo. Haxorus lo seguì. Gengar lo stava aspettando.
“Non l’avrai vinta!” urlò il templare, attaccando forte con la sua spada. Adamo alzò lo scudo, e contrattaccò. La spada di Timoteo fermò quella di Adamo.

Da sempre i due si rivaleggiavano, ma nessuno dei due riusciva a prevalere sull’altro.
La spada di Timoteo stava a pochi centimetri dalla sua fronte, quella di Adamo spingeva, per affondare nelle carni di quell’uomo che tanto odiava.
Doveva riuscire a vincere quella battaglia. Doveva arrivare al tempio, e prendere il cristallo.
Il cristallo.
L’unica ragione di tutta quella solfa, di quello spargimento di sangue.
L’unico modo di far apparire Arceus. Ed allora Nestore avrebbe avuto la possibilità di catturarlo, e di ottenere tutto ciò che voleva.
Dopodichè avrebbe reso Adamo ed i suoi uomini delle persone schifosamente ricche. Adamo si immaginava già capo di una grande metropoli. Metropoli che avrebbe portato a diventare la capitale di un enorme stato, che lo avrebbe venerato come unico re.
Doveva esaudire questa sua sete di potere ad ogni costo, avrebbe ammazzato anche Nestore se ce ne fosse stato il bisogno.
E Timoteo e quell’esiguo rimasuglio di esercito erano il suo ostacolo.
Da levare di mezzo.
Eticamente non era corretto far attaccare gli umani dai Pokèmon, ma ad Adamo non era mai importato nulla dell’etica.
“Gengar!”
Quello stava scansando i Dragopulsar di Haxorus. L’allenamento del templare con il suo drago erano stati molto intensi, tanto da rendere quest’ultimo indipendente in battaglia.
Il fantasma distolse per qualche secondo lo sguardo dall’avversario, ciò gli costrinse ad abbassare la guardia.
“Vai Haxorus, ora!” urlò Timoteo, dando una pedata sulle gambe di Adamo, facendolo ruzzolare per terra.
Haxorus, come se fosse stato temprato dalle parole del suo compagno, usò un forte Lanciafiamme su Gengar, che accusò il colpo, balzando indietro. Il viso dello spettro era contrito.
“Gengar, usa Palla ombra su Timoteo!” urlò Adamo da terra. Haxorus ruggì, ma non riuscì ad evitare che la sfera oscura prodotta dalle mani di Gengar partisse.
Ad alta velocità stava per raggiungere Timoteo. Questo sapeva che il suo scudo sarebbe servito a poco, e che se fosse sopravvissuto a quell’attacco, non l’avrebbe fatto senza pochi danni. Nonostante tutto era coraggioso e carico. Prima non mentiva. E gli disse che sarebbe stato del fuoco ad ucciderlo, e null’altro.
Fermo restando questo, la sfera oscura si stava avvicinando. E lo stava per colpire. Si nascose dietro allo scudo, cercando di lasciare scoperta il meno possibile dall’abbraccio di quella protezione inefficace.
Haxorus ruggì ancora, riprendendo ad usare Dragopulsar su Gengar, come se non dovesse accadere nient’altro.
“Cosa...cosa è successo?”
La confusione della guerra circostante si calmò per un momento, e lui cacciò la testa fuori.
Absol era fermo, sguardo contrito assetto basso. Era pronto ad attaccare.
“Grazie, Absol!” urlò Timoteo, rialzandosi, cercando di quantificare quanto fosse ignobile quell’uomo. “Palla ombra non ha fatto un graffio al mio amico Absol”
“L’ho visto...” Adamo sbuffò, sembrava quasi volesse bruciare Timoteo con lo sguardo. Poi diede un urlo enorme, attaccando Timoteo con forza. La spada voleva andarsi ad infilare tra il collo e la cassa toracica, ma lo scudo bloccò ancora l’attacco. Con un veloce strattone, Timoteo gli fece cadere la spada, e gli diede un forte calcio alle ginocchia.
“Arrenditi, Adamo, e stasera non morirai”
“Sarai tu a morire! Gengar, vai con Ipnosi!” e finalmente, ricevuto l’ordine, Gengar attaccò Haxorus, mettendolo a dormire.
“No! Absol, pensa a difendere Haxorus!” poi girò lo sguardo verso Adamo. “E tu smettila di fare il vigliacco, e lotta ad armi pari contro di me!” un forte colpo di spada andò a battere rumorosamente contro lo scudo di Adamo, che contrattaccò sbattendo violentemente il manico della spada sulla fronte protetta dall’armatura del templare. Quello barcollò, poi cadde, stordito.
Marcello accorse, preoccupato. “Timoteo! Come stai?!”
“Sto bene. Pensa a lottare piuttosto” rispose il capo dei templari, rimettendosi lentamente in piedi. Fu in grado di vedere Scyther lottare contro la spada di Adamo, che sarebbe andato volentieri a finire Timoteo.
“Scyther, cerca Makuhita e portalo qui!”
La mantide si dileguò velocemente, mandando a vuoto l’attacco di Adamo, colpito poi sul volto da un pugno di Marcello.
“Torna di la, Marcello, ed aiuta chi è in difficoltà”
“Si, Timoteo”, fece, e poi sparì. Timoteo prese la sua spada da terra, ma si rese conto che Adamo era sparito dalla sua visuale. Poi si girò di spalle, e lo colpì ancora al volto, stavolta con lo scudo.
Dolore atroce.
Timoteo urlò, il sangue si espanse sul suo volto da una ferita sulla fronte, andando a sporcare la candida armatura.
Ora era davvero infuriato. Con la spada prese a martellare forti colpi sullo scudo, in serie. Stringeva l’impugnatura e rilasciava la sua rabbia sullo scudo di Adamo. Le onde d’urto che inferivano i colpi sulla difesa del malvagio facevano in modo da farlo indietreggiare.
“Tu!” e poi un colpo. “Non” altro colpo. “Puoi” ancora. “Fare così!” questa volta il colpo fu davvero tremendo, tanto da spaccare lo scudo in due pezzi, e da scheggiare la spada.
Adamo giaceva impaurito per terra. Timoteo sferrò un potente calcio sul volto di quello, che poi perse conoscenza.
Intanto Scyther era arrivato assieme a Makuhita.
“Eccoti, meno male. Usa svegliopacca su Haxorus, presto”
Detto fatto. Timoteo ringraziò il Pokèmon lotta e si guardò attorno. Non c’erano fiamme. Si combatteva alla luce della luna, che quella notte stava dando il meglio di se.
Forse prima si sbagliava.
Tornò a guardare Adamo. Giaceva ancora per terra, muovendosi lentamente, e non riuscendo ad alzarsi.
Nonostante odiasse uccidere, Timoteo si trovava costretto a farlo.
Adamo era un individuo pericoloso, ed avrebbe fatto correre rischi impensabili a tutte le persone devote e di buon cuore.
“E’ finita, Adamo”. Timoteo impugnò la spada e portò la lama scheggiata accanto al volto del malvagio.
“Tu...tu non potrai fermare la distruzione. Siamo fatti per questo. Per rompere, per abbattere tutto ciò che è stato creato. Voi non capite che Arceus si ciba di voi. Vi utilizza come mezzi per vivere, riempiendo con la vostra felicità la sua pancia. Io so che per te è assurdo ascoltare le mie parole. Ma io non voglio che nessuno possa controllare le mie volontà, sfruttare i miei stati d’animo, punirmi se sbaglio. Nessuno può punirmi”
Timoteo ebbe un accenno di sorriso, inarcando un sopracciglio. “E’ quello che sto facendo”. Gli diede un altro calcio, poi, nello stomaco. Adamo sputò sangue sulla lama della spada del templare. Pochi metri dietro di lui vi era un precipizio, molto ampio, in cui quella notte erano caduti centinaia di Pokèmon ed allenatori. Gli sembrava strana quella calma, mentre urla e morti si susseguivano come note su di un pentagramma.
“I miei Pokèmon mi vendicheranno” disse Adamo, asciugandosi dal sangue e dalla saliva che gli sporcava il volto.
“Tu hai solo un povero sfortunato Gengar che non sa agire da solo. Sta cercando di scampare agli attacchi di Haxorus e di Absol, ma tra poco sarà il suo turno. Lo cattureremo con le sfere pulitrici costruite dall’artigiano, lavando via le macchie che hanno sporcato la sua anima. E lo addestreremo a fare del bene”
“Ti sbagli se credi che io abbia solo Gengar. E comunque posso ancora dare degli ordini ora. Muk, attacca!”
D’improvviso Marcello si sentì immobilizzare le gambe. Un Muk, tanto puzzolente quanto grosso, aveva invischiato le sue gambe, immobilizzandole con il suo corpo.
“No! Noctowl aiutami!”
Marcello però non si era accorto che uno Skarmory aveva sconfitto Noctowl, che ora giaceva esanime.
E fu così che Marcello fu inghiottito da quella melma mobile. Pochi attimi dopo, Muk si ritirò, lasciando per terra il corpo esanime ed irriconoscibile di Marcello, con l’armatura bruciata dagli acidi interni del suo corpo, che avevano reso una tavolozza scombinata la sua faccia.
Marcello era morto.

 
 “No! Bastardo!” un altro calcio di Timoteo rivolto verso Adamo lo avvicinò al precipizio.
“Gengar...” quello affannava. “...occupati di Prima. Ora”
“Non toccare Prima!” urlò Timoteo, che colpì con violenza immane la faccia di Adamo, che ricadde indietro, tuffandosi nel vuoto del precipizio.
Adamo era andato. Ed anche Gengar.
Gengar si stava avvicinando.
“No, cazzo! Haxorus, Scyther, Absol, e chiunque possa farlo! Fermate Gengar!”
Timoteo si limitò a dire quello. Il terrore bloccò i suoi arti. La spada cadde dalle sue mani. Poche decine di templari stavano fronteggiando ancora meno ingiusti, centinaia di cadaveri e di feriti stavano su quel terreno come foglie cadute in autunno.
Sangue ed odio erano riversati nell’aria, la morte camminava tra di loro con una disinvoltura quasi imbarazzante.
Si era portata via anche Marcello.
Marcello non c’era più. C’era solo un corpo esanime. Chiuse quello che rimaneva delle sue palpebre, le pupille erano state interamente bruciate e disciolte dall’acido di quel Muk che ora giaceva sotto forma di pozza.
Guardava Gengar viaggiare spedito, mentre fluttuava verso il tempio. La foresta, con i suoi colori scuri, che costeggiava la scalinata del monte Trave, riusciva a mimetizzare il fantasma. Haxorus però riusciva a stargli dietro. Poco dopo c’era Scyther e più distante uno stanco Absol. Avevano dato tutto quella sera, ma la battaglia era quasi vinta.
E di fuoco nessuna traccia. Possibile che Prima avesse sbagliato?



No.


Haxorus rincorreva Gengar, standogli a meno di cinque metri di distanza. Il ghigno malefico dello spettro innervosiva il drago, che ruggiva, lanciandogli enormi lanciafiamme contro. Quello però era più rapido, e riusciva abbastanza facilmente a scansare gli attacchi di Haxorus. Molti si schiantarono contro la pietra della montagna, facendo alzare in volo numerosi stormi di Pokèmon. Altri presero in pieno gli alberi della foresta.
Ed un incendio divampò in maniera magniloquente.
Un incendio che non conosceva ragioni. Arceus stava cominciando a riprendersi ciò che era suo. Partendo dal monte Trave. E sul monte Trave c’era il tempio.
“No! Prima!”
Timoteo prese a correre, appesantito dal suo equipaggiamento. Non vedeva più niente di tutto ciò che aveva attorno, non sapeva su cosa stava muovendo i suoi passi, se fosse il normale campo di battaglia oppure qualche corpo senza vita.
Dapprima lasciò lo scudo sul campo di battaglia. Quello pesava e non poco.
Poi gettò anche la spada.
Doveva correre, salire i 1000 scalini, provare a raggiungere il tempio prima del fuoco.
Ma le sue gambe non potevano farlo.
Era troppo stanco ed appesantito.
“Haxorus!” urlò. Quello si voltò, ruggendo, mentre continuava a correre.
“Scyther, presto insegui Gengar e fermalo. Vai con Extrarapido!”
La mantide velocemente sfruttò la mossa per scattare davanti allo spettro, che spaventato attaccò con un attacco Ipnosi, che non andò a segno. Scyther utilizzò Nottesferza, mossa che si rivelò efficace. Gengar lentamente prese ad accasciarsi.
“Haxorus vieni! Scyther, mettilo fuori combattimento! Absol, aiuta chi è in difficoltà!”
Timoteo levò l’armatura, rimanendo a petto nudo e con i calzoni che usava di solito sotto la sua protezione. Poi salì in groppa ad Haxorus.
“Ora! Andiamo al tempio!”
Haxorus ruggì di nuovo, e prese a correre velocemente verso la cima del monte, salendo le scale sei alla volta, mentre le fiamme divampavano ai fianchi di esse.
Sapeva che sarebbero stata la causa della sua morte, ma doveva provarci. In quel momento non pensò neanche al fatto che potesse morire.
Ed invece, arrivati più o meno alla fine delle scale dei mille guerrieri, le fiamme presero il sopravvento sulla sua voglia di salvare Prima.
E morì.
Bruciato dalle fiamme del suo amico, Haxorus. Entrambi lasciarono quel mondo con le lacrime al viso.


“Devi scappare! Ora!” urlò Olimpia.
Abra fluttuava  a mezz’aria, e poco lontano da lei c’era Prima, distrutta dal pianto, seduta per terra, con la testa e le braccia sul suo letto.
“Prima! Le fiamme stanno distruggendo il tempio!”
“Non importa! Non mi importa niente! Timoteo è morto, ed io l’ho visto con i miei occhi! Stava venendo qui a salvarmi!”
“Prima...” Olimpia si avvicinò e si sedette sul letto. “...Timoteo ha fatto quello che doveva. Il suo dovere era fermare gli ingiusti. Hanno vinto la battaglia.
Abbiamo vinto la battaglia”
“Lui è morto!”
Olimpia fissava la giovane. “Guardami”
Quella alzò il viso, cercando di focalizzare il viso dell’anziana. Nel fantastico caleidoscopio che le sue lacrime avevano creato, il volto di Olimpia sembrava di troppo.
“Lui non è morto. Lui è vivo. Dentro di te”
“Come?”
Olimpia si alzò, e prese per mano Prima. La fece sollevare dal pavimento, e la mise in piedi. Poi sorrise, e le toccò la pancia.
“Qui c’è Timoteo. Il tuo Timoteo è qui. Ha voluto lasciare un pezzo di se all’interno della tua anima”
“Come?” chiese ingenuamente Prima, stupita dalla notizia.
“Darai al mondo un erede. Ma devi scappare da qui. Nei pressi della cascata di Zefira c’è una piccola grotta. Vai li, e cresci il tuo bambino”
Prima guardava shoccata Olimpia.
“Sandra verrà con te, e ti aiuterà”
“O-ok” tentennò Prima, scossa dai singhiozzi e dalle lacrime.
Olimpia prese ancora le mani dell’oracolo.
“Cosa più importante, però, è che tu porti in salvo con te questo”. Olimpia diede un cofanetto in pietra, pieno di intarsi bellissimi.
“Cos’è?”
“E’ il cristallo sacro ad Arceus. Se questo venisse perso, non potremmo più metterci in contatto con lui”
“Ok”
“Abbine cura”
“Si, Olimpia”
“Ora vai”
Prima annuì. Prima però posò la scatola sul letto e strinse forte Olimpia.
Quella sorrise. L’aveva letteralmente cresciuta ed educata per adempiere ai suoi doveri.
Era come una figlia per lei. Quella figlia che non aveva mai potuto avere.
L’abbraccio durò il più del previsto, e senza accorgersene le fiamme divamparono nella stanza.
“Sandra!” urlò Olimpia. Quella accorse velocemente con una tinozza, cercando invano di spegnere il fuoco.
“E’ inutile! Vieni qui!” urlò ancora l’anziana.
Sandra si trovò spaesata davanti alla richiesta di raggiungerla senza spegnere le fiamme. Olimpia le mise una mano sulla spalla.
“Prenditi cura di lei”
Le fiamme inghiottivano velocemente tutto.
“Vieni anche tu, Olimpia!” urlò Prima.
“No. Io devo stare qui. Abra, Teletrasportati alle cascate Zefiro”
E fu così che le fiamme inghiottirono il tempio. Ma Prima ed il cristallo erano in salvo.
In fondo era quello che interessava.
Che il cristallo fosse in salvo. E che Prima fosse con esso.

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