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Storia che sta esplodendo!
A lunedì sera, con il prossimo capitolo!
Stay ready!
GO!
Andy $
Quella notte il letto
collaborò. Le coperte non diedero fastidio, nessun fastidioso insetto che
ronzasse nelle orecchie e finestre serrate. La luce non sarebbe entrata neanche
con regolare invito, e Zack avrebbe dormito, e recuperato il sonno perduto.
Alma si svegliò presto
quel mattino, come sempre del resto.
Avrebbe potuto seguire
l’esempio del ragazzo, tutto sommato. In fondo era domenica.
Sospirò, non ci riusciva.
Erano le 8 e già era attiva.
Il sole aveva appena
messo piede fuori, nel cielo, e l’aria era carica del freddo della notte.
Alma, affacciata alla
finestra del suo palazzo, respirava con la bocca. L’aria calda si condensava,
andando a formare una nuvoletta. Sospirò, solite preoccupazioni della vita, e
soffiò via l’ansia dall’interno dell’esofago.
Rimise la testa in casa,
dove la temperatura era ragionevolmente migliore, facendo attenzione a non fare
rumore. Rachel dormiva sul divano, avvolta da due calde coperte di lana. Zorua
era acciambellato sulle sue gambe, e di tanto in tanto muoveva la testa.
Alma sorrise. Era davvero
un bel Pokémon. Lo prese, e lo strinse. Quello non fece una grinza. Il pelo era
lucido e caldo. Lo poggiò sul tavolo, e notò come Rachel, senza il peso
mellifluo del suo Zorua, piegò le gambe, mettendosi in una posizione più
comoda.
Zorua, dormiva, e Alma lo
accarezzava, seduta al tavolo. I capelli neri, legati in una treccia, e le
curve eleganti avvolte in un accappatoio bianco. Aveva le gambe piegate sulla
sedia, e la testa poggiata sul braccio, quello che non accarezzava Zorua.
Più di tutto gli premeva
che l’intera umanità, se quella profezia fosse realmente esatta, fosse nelle
mani di quei ragazzini. Certo, di Zack non c’era di che preoccuparsi. Ma Rachel
le sembrava inesperta.
Acerba.
Si, forse era acerba la
parola adatta. Era abbastanza discutibile, ma forse aveva bisogno di più
allenamento per stare dietro ai ritmi di Zack.
D’altro canto, i due come
squadra erano davvero azzeccati. Lui estroverso al massimo, con un’ottima
capacità di controllare la sua squadra.
Lei molto più riflessiva,
ma anche più intuitiva. Aveva tanto da imparare, ma serviva a dare un limite
alle ambizioni e alle spericolatezze di Zack, che altrimenti, incosciente,
avrebbe potuto farsi del male, dato che non usava darsi dei limiti.
Lei poteva diventare
forte, e levarsi da dosso quella debole armatura fatta di carta argentata,
aprirsi al mondo ed affrontare i suoi fantasmi a testa alta. Migliorare la
propria tecnica di allenamento, vedere posti nuovi, e dimenticare i suoi
problemi. Quella ragazza tendeva a parlare nel sonno, e si svegliava più stanca
e nervosa della notte prima.
Lui poteva consacrarsi
come vera leggenda. Lo immaginava, e sperava tanto di vederlo così, mentre
bussava alla sua porta, abbracciandola e dicendole che era tutto risolto.
Alma sospirò. Ma era
sicura che non fu quel sospiro, quanto la mancanza di Zorua sulle sue gambe a
far svegliare Rachel.
Quella si sentiva la
bocca impastata di colla. Aveva un saporaccio sulla lingua.
Cercava il ciuffo di
Zorua con la mano, senza trovarlo. Poi sentì ridere.
“È qui...” disse Alma.
Attivò il visore mattutino e mise a fuoco Alma, in accappatoio, seduta al tavolo, mentre accarezzava Zorua.
Attivò il visore mattutino e mise a fuoco Alma, in accappatoio, seduta al tavolo, mentre accarezzava Zorua.
“Oh... pensavo fosse
scappato”
“Spero di non averti svegliato”
“No, tranquilla, sei sempre silenziosissima. E non so come fai”
Alma sorrise, e vide Zorua sbadigliare.
“Spero di non averti svegliato”
“No, tranquilla, sei sempre silenziosissima. E non so come fai”
Alma sorrise, e vide Zorua sbadigliare.
“Zack dorme ancora?”
chiese Rachel.
“Si. È in stanza. Che
programmi avete per oggi?"
“Ci muoviamo. Abbiamo stabilito di andare verso Plamenia”
“Ci muoviamo. Abbiamo stabilito di andare verso Plamenia”
“Come mai Plamenia?”
“Beh... si trova un grande parco divertimenti, frequentato da tanti giovani. Li avremo più probabilità di incontrare una vergine”
“Beh... si trova un grande parco divertimenti, frequentato da tanti giovani. Li avremo più probabilità di incontrare una vergine”
“Eh già... ottima
pensata”
“Fosse stato per Zack saremmo dovuti andare a Timea”
“Beh... è più grande”
“Fosse stato per Zack saremmo dovuti andare a Timea”
“Beh... è più grande”
“Ciò non toglie la
validità del ragionamento fatto per Plamenia. Perché perdere altro tempo? La
gente muore, se li c’è più possibilità di trovare una vergine che ad Arceus
vada bene, ebbene, io mi fiondo li”
“Ti sei lasciata coinvolgere...” sorrise dolcemente Alma.
“Ti sei lasciata coinvolgere...” sorrise dolcemente Alma.
“Già... mi sento... responsabile”
“E lo sei. Tu, con Zack”
“Non mi rincuora, questa cosa” sorrise Rachel, alzandosi dal divano. Prese a piegare la coperta, fasciata nel suo largo pigiama di pile.
“Non mi rincuora, questa cosa” sorrise Rachel, alzandosi dal divano. Prese a piegare la coperta, fasciata nel suo largo pigiama di pile.
“Non ti fidi di lui?”
“Beh... è un bravissimo ragazzo... ma... avanti, non lo conosco da così tanto tempo da poter dire di fidarmi di lui”
“Sei quel tipo di persona, allora” osservò la più grande tra le due.
“Beh... è un bravissimo ragazzo... ma... avanti, non lo conosco da così tanto tempo da poter dire di fidarmi di lui”
“Sei quel tipo di persona, allora” osservò la più grande tra le due.
“Ovvero?”
“Non ti piace dare una possibilità a chi hai di fronte”
“La questione è che ho paura di farmi del male, Alma”
“Posso comprenderlo"
“E tu? Il tuo uomo dov’è?”
“Non c’è nessun uomo”
“Appunto. Odio ammetterlo, e la mia autostima cederà per questo, ma sei bellissima anche con i capelli spettinati ed in pigiama”
Alma rise, svegliando Zorua. “Non dire assurdità. Comunque ti ringrazio”
“E quindi?”
“Non ti piace dare una possibilità a chi hai di fronte”
“La questione è che ho paura di farmi del male, Alma”
“Posso comprenderlo"
“E tu? Il tuo uomo dov’è?”
“Non c’è nessun uomo”
“Appunto. Odio ammetterlo, e la mia autostima cederà per questo, ma sei bellissima anche con i capelli spettinati ed in pigiama”
Alma rise, svegliando Zorua. “Non dire assurdità. Comunque ti ringrazio”
“E quindi?”
“Quindi cosa?”
“Perché non hai un uomo accanto?”
“Perché il mio uomo è partito. E non è più tornato”
“Perché non hai un uomo accanto?”
“Perché il mio uomo è partito. E non è più tornato”
“Partito? Per dove?”
“Lui era un ricercatore. Frequentavamo lo stesso corso all’università, ma ci conoscevamo già da prima. Ci volevamo molto bene. Io ho tecnica di ricerca basata molto di più sull’osservazione fatta in laboratorio... mentre lui... beh, lui era come Zack, adorava viaggiare, e si muoveva sempre qui e li. Un giorno partì per una spedizione, e non tornò più”
“Lui era un ricercatore. Frequentavamo lo stesso corso all’università, ma ci conoscevamo già da prima. Ci volevamo molto bene. Io ho tecnica di ricerca basata molto di più sull’osservazione fatta in laboratorio... mentre lui... beh, lui era come Zack, adorava viaggiare, e si muoveva sempre qui e li. Un giorno partì per una spedizione, e non tornò più”
“Che spedizione?”
“Riguardava il mondo distorto. Pare che lì spazio e tempo abbiano una struttura a se stante. Ma... non siamo riusciti mai a saperlo con esattezza. Lui è partito tre anni fa, Zack lo sa. Stavamo per sposarci. Questa doveva essere casa nostra. L’ho presa lo stesso... e mi fa piacere, di tanto in tanto, ospitarlo quando è qui in città. È un ragazzo d’oro, nonostante sia molto testardo”
Rachel annuì. “Mi spiace”
“Riguardava il mondo distorto. Pare che lì spazio e tempo abbiano una struttura a se stante. Ma... non siamo riusciti mai a saperlo con esattezza. Lui è partito tre anni fa, Zack lo sa. Stavamo per sposarci. Questa doveva essere casa nostra. L’ho presa lo stesso... e mi fa piacere, di tanto in tanto, ospitarlo quando è qui in città. È un ragazzo d’oro, nonostante sia molto testardo”
Rachel annuì. “Mi spiace”
“Oh, figurati...” sorrise
Alma. “Un giorno tornerà. Ed io starò qui ad aspettarlo”
“Te lo auguro”
Alma si alzò, ed aprì un
cassetto. Rachel si incuriosì, ed aspettò che tornasse li, al tavolo. La
sentiva strana, quasi come se fosse incorporea. Pareva fluttuasse, tanta la
leggerezza che mostrava.
Aprì un cassetto, poi lo
richiuse. Tornò al tavolo, poggiandovi sopra una Poké Ball.
“Beh... lui...” Alma
stava cedendo alla commozione, ed al dolore, ma era una donna forte, e si
impose di non perdere quella battaglia contro se stessa ed il suo istinto.
“...lui aveva catturato per me questo Litwick... non ho mai avuto l’occasione
di utilizzarlo, volevo fosse lui a mostrarmi come funzionassero i suoi
attacchi...”
“Non hai altri Pokémon? Insomma... dovresti sapere come funziona...”
“Si, lo so. Ma... lui credeva che fossi imbranata, ed io glielo lasciavo credere, perché adoravo quando si avvicinava e cercava di aiutarmi. Era sempre così generoso... e pieno di vita”
Alma diede un leggero colpetto alla sfera, ed un piccolo Litwick prese a
ondeggiare sul tavolo. Zorua, incuriosito, si avvicinò a Rachel, strofinandogli
la coda contro il braccio.“Non hai altri Pokémon? Insomma... dovresti sapere come funziona...”
“Si, lo so. Ma... lui credeva che fossi imbranata, ed io glielo lasciavo credere, perché adoravo quando si avvicinava e cercava di aiutarmi. Era sempre così generoso... e pieno di vita”
Alma diede un leggero colpetto alla sfera, ed un piccolo Litwick prese a
“Rachel... vorrei che lo
usassi tu” tagliò corto Alma.
“Eh?!”
“So che non è un Pokémon
semplice da allenare, ma potrebbe aiutarvi nella vostra causa. Ed in più è
molto crudele il fatto che debba stare rinchiuso in un cassetto quando può
vedere il mondo”
“Alma, io non so se...”
“Fallo per me. Come ringraziamento” il volto della donna si contrasse in una sorta di preghiera, da cui ottenne un sorriso dolce.
“Alma, io non so se...”
“Fallo per me. Come ringraziamento” il volto della donna si contrasse in una sorta di preghiera, da cui ottenne un sorriso dolce.
“Ok”
“Non è facile. Non ha praticamente mai lottato, tranne quando è stato catturato. Ma può essere davvero utile se allenato con dovere. Magari puoi farti aiutare da Zack, lui è molto bravo”
“Oh, credo che ci riuscirò anche senza di lui”
Alma sorrise ed annuì, capendo che tra i due vi fosse una leggera rivalità. Fece rientrare Litwick nella sfera, e sorridendo la porse a Rachel.
“Non è facile. Non ha praticamente mai lottato, tranne quando è stato catturato. Ma può essere davvero utile se allenato con dovere. Magari puoi farti aiutare da Zack, lui è molto bravo”
“Oh, credo che ci riuscirò anche senza di lui”
Alma sorrise ed annuì, capendo che tra i due vi fosse una leggera rivalità. Fece rientrare Litwick nella sfera, e sorridendo la porse a Rachel.
“Abbine cura”
“Certamente”
“Certamente”
Rachel la prese,
gustandosi il calore che aveva dentro quando otteneva un nuovo Pokémon.
“Per che ora avete
stabilito la partenza?” domandò poi Alma.
“Quando quel testone si sveglia...”
“Quando quel testone si sveglia...”
La porta della stanza di
Zack si aprì, scricchiolando.
“Il testone è sveglio...”
fece, con i capelli sconvolti da un corpo a corpo perso con il cuscino ed il
pigiama messo al contrario.
"Grazie di tutto Alma!” sorrideva Zack, agitando la mano, mentre si allontanavano da Edesea. Il sole, adesso caldo, li investiva.
"Grazie di tutto Alma!” sorrideva Zack, agitando la mano, mentre si allontanavano da Edesea. Il sole, adesso caldo, li investiva.
“State attenti, mi
raccomando!” urlava quella. “Qualunque cosa scoprite telefonatemi! Vi voglio
bene!”
Rachel sorrise. Alma era
bella. Ma con il cuore ripieno di dubbi, come ogni donna.
“Buongiorno socia!”
sorrise Zack.
“Hey...”
“Vitale come sempre” sfotté.
“Vitale come sempre” sfotté.
“Già...” lei si fermò e
tirò fuori Zebstrika.
“Eh?! Che vuoi adesso?”
“Non voglio niente da te, ma mi fa piacere il fatto che Zebstrika ti incuta timore. È così che deve essere” Rachel sorrise e Zebstrika soffiò, graffiando il terreno con lo zoccolo.
“Non voglio niente da te, ma mi fa piacere il fatto che Zebstrika ti incuta timore. È così che deve essere” Rachel sorrise e Zebstrika soffiò, graffiando il terreno con lo zoccolo.
“Posso stendere il tuo
Zebstrika quando voglio... dopotutto io... ma che stai facendo?”
Con difficoltà Rachel salì in groppa del suo Pokémon.
Con difficoltà Rachel salì in groppa del suo Pokémon.
“Sei seria?” chiese lui.
“Certo”
“Non è un cavallo, è una zebra”
“Come ti pare. Al trotto Wizard”
“Certo”
“Non è un cavallo, è una zebra”
“Come ti pare. Al trotto Wizard”
Rachel credeva che le
creste sul dorso del Pokémon fossero dure. Ed invece al tatto erano morbide, e
lisce. Lo erano solo con chi si fidava davvero.
La zebra prese a
trottare, lasciando indietro velocemente uno sbalordito Zack.
“Oh... santo cielo... aspettami!”
urlò. Ma Rachel era già lontana.
“Braviary!” lanciò la
sfera per terra e saltò, in modo da trovarsi già sul suo Pokémon. Adorava le
sue piume. Erano morbidissime.
“Raggiungiamoli!”
Braviary partì come un
razzo.
Questione di secondi,
almeno una ventina, e videro Braviary volare velocemente sulle loro teste.
“Ho anche io i miei
mezzi!” urlava Zack.
Rachel sorrise. Accettò
quella sfida mai apertamente rivelata, e si compiacque, sorprendendosi di come tempo
prima non avrebbe mai osato mettersi contro nessuno, contando unicamente su se
stessa e sui suoi Pokémon.
“Avanti! Corri, Wizard!”
Zebstrika nitrì e prese a
correre per le valli che costeggiavano la città di Miracielo. Avrebbero dovuto
superarle per arrivare a Plamenia.
L’aria passava tra i
capelli di Rachel e se ne andava, baciandole la pelle e lasciandole un
piacevole brivido addosso, mentre l’erba alta si apriva al loro passaggio,
mostrandogli il cammino.
Ed era così che voleva
sentirsi. Con l’aria che le graffiava la pelle, e quella paura impellente che
potesse succederle qualcosa, bello o brutto che fosse. Ma almeno pretendeva di
vivere con quel dubbio, sperando che le cose si mettessero meglio. Il peso
delle responsabilità cominciava a diventare fastidioso, ed ogni battito di ciglia
sembrava insormontabile, come se solo con gli occhi avrebbe dovuto alzare
tonnellate.
Ma il bello era quello.
Non voleva fermarsi. Lo sentiva. Qualcosa stava cambiando. Dentro di lei niente
era fermo, era proprio come se si stesse evolvendo anche lei. Stava per
diventare un’altra. Stava per aprirsi, e per conoscere il mondo. Ridendo,
scherzando, sfidando chiunque, sapendo che più di cadere con il sedere per
terra non poteva.
La paura c’era, quel
persistente bruciorino sullo stomaco, ma andiamo... chiunque ce l’ha.
Non si chiese dove fosse
Zack, sapeva solo che doveva correre, scappare dalla vecchia Rachel, che invano
cercava di raggiungerla. Non poteva, non doveva raggiungerla. Doveva correre, e
lasciare il pregiudizio ed il timore alle spalle.
Affrontare. Era quella la
nuova parola d’ordine.
Zack intanto rideva,
sempre compiaciuto dai suoi voli ad alta velocità con Braviary. “Scendi su
Rachel!” sorrise poi.
Braviary andò in
picchiata, e Rachel vide l’ombra di Braviary ingrandirsi sempre di più su di lei.
Alzò la testa. Zack la guardava sorridendo.
“Non ti ho mai vista
ridere in questo modo! Sei carina quando ridi!” urlava, cercando di farsi
ascoltare.
Ma tanto Rachel non
sentiva. Voleva solo il suo dannatissimo iPod, per sentire gli Snow Patrol. In
quel momento avrebbe voluto ascoltare “What if the storm ends?”, le sarebbe
sembrato leggendario.
I chilometri da
percorrere erano tanti.
E quando videro Miracielo
da lontano, capirono di essere a metà strada.
“È ora di pranzo” sorrise
Zack, scendendo a terra. Saltellò un paio di volte, per riattivare la
circolazione delle gambe, poi si avvicinò ad uno degli sporadici alberi
presenti nell’erba alta della vallata.
“Qui credo sia perfetto”
fece sorridente il ragazzo. Come sempre.
“Siamo un po’
isolati...non sarebbe meglio incamminarci verso Miracielo...almeno li potremmo
stare più tranquilli e sicuri, senza il rischio di qualche attacco di un
Pokémon selvatico”
“Siamo allenatori, e
sappiamo affrontare queste situazioni...per me qui va benissimo” Zack fece una piroetta,
allargò le braccia e si lasciò cadere sull’erba alta e morbida. Sentiva quel
dolore dietro alla schiena rapito dall’aria frizzante, e sparire velocemente.
Le nuvole scappavano via dal suo sguardo, lasciando solamente una grossa tela
azzurra ben tesa.
La fissava. “Chissà oltre
cosa c’è?”
“Eh?” chiese Rachel, cercando uno dei sandwich che Alma gli aveva preparato. Pensò che quella donna fosse veramente premurosa.
“Eh?” chiese Rachel, cercando uno dei sandwich che Alma gli aveva preparato. Pensò che quella donna fosse veramente premurosa.
“Intendo oltre al
cielo... secondo te cosa c’è oltre?"
“L’universo”
“Sicura?”
“Si”
Zack alzò la testa. “Lo hai visto?”
“Beh... no... ma...”
“E se volessero che tu creda che ci sia l’universo? E magari in realtà non c’è nulla? Oppure tutto. Potrebbero esserci tutte le risposte, oltre il cielo...”
“Hai tutta questa voglia di chiederti cosa c’è oltre l’atmosfera?”
“Mi pongo spesso questa domanda”
“L’universo”
“Sicura?”
“Si”
Zack alzò la testa. “Lo hai visto?”
“Beh... no... ma...”
“E se volessero che tu creda che ci sia l’universo? E magari in realtà non c’è nulla? Oppure tutto. Potrebbero esserci tutte le risposte, oltre il cielo...”
“Hai tutta questa voglia di chiederti cosa c’è oltre l’atmosfera?”
“Mi pongo spesso questa domanda”
“Credevo che volando in
alto con Braviary fossi arrivato su Marte...”
“Sbagli... che si mangia?” chiese lui, mettendosi a sedere.
“Sbagli... che si mangia?” chiese lui, mettendosi a sedere.
Rachel gli lanciò un
sandwich avvolto nella pellicola trasparente. Insalata e gamberetti.
“Buono...” riuscì a dire
lui, masticando. Prese una Poké Ball, tirandola nel silenzio più che totale.
Ne uscì Growlithe.
“Eccolo qui!” sorrise
Zack, appena il Pokémon accorse verso di lui, saltandogli addosso. Divise il
suo sandwich e gliene diede metà.
Rachel vedeva quel
ragazzo ridere, così tanto in armonia con l’ambiente che lo circondava che
quasi sembrava fosse un elemento del paesaggio.
E poi quel Growlithe. Le
orecchie puntate verso l’alto, gli occhi vispi, ed il pelo folto e lucido.
Questo era strano. Non era arancione, tendeva invece sul giallo. Prima di
incontrare Zack, Rachel non mai visto un Growlithe con quello strano colore di
pelo.
“Come mai il tuo
Growlithe non è del colore normale?”
“Perché è un Pokémon cromatico”
“Ovvero?” chiese lei, sedendosi con il suo pranzo in mano accanto a lui. L’ombra dell’albero che avevano alle spalle si estendeva attorno alla zona circostante, creando un perimetro di fresco. Nonostante fosse inverno il calore stava aumentando in modo massiccio. Rachel pensò che fosse per via del risveglio di Groudon, a Hoenn. Adamanta non era poi così distante.
“Perché è un Pokémon cromatico”
“Ovvero?” chiese lei, sedendosi con il suo pranzo in mano accanto a lui. L’ombra dell’albero che avevano alle spalle si estendeva attorno alla zona circostante, creando un perimetro di fresco. Nonostante fosse inverno il calore stava aumentando in modo massiccio. Rachel pensò che fosse per via del risveglio di Groudon, a Hoenn. Adamanta non era poi così distante.
“Un Pokémon cromatico è
un normalissimo Pokémon, che ha l’unica particolarità di avere una parte del
dna modificato. Ciò significa che il suo aspetto, molto spesso il colore, varia
dalle specie normali”
“Wow...”
“È difficilissimo trovare dei Pokémon cromatici”
“Come hai trovato Growlithe?”
“Oh... beh, è stato il mio primo Pokémon. Tu lo vedi così, piccolino e tenero, ma in realtà questo Pokémon ha tantissima esperienza”
“Ma hai deciso di non farlo evolvere” gli rammentò.
Zack mosse impercettibilmente le sopracciglia. Stirò le labbra e distolse lo sguardo. “Beh... è il mio amico, come ho detto, mi piace vederlo così... e tu? Larvitar come sta? Ancora devo vederlo meglio”
“Ti accontento subito” sorrise lei. Larvitar uscì fuori dalla sfera.
“Wow...”
“È difficilissimo trovare dei Pokémon cromatici”
“Come hai trovato Growlithe?”
“Oh... beh, è stato il mio primo Pokémon. Tu lo vedi così, piccolino e tenero, ma in realtà questo Pokémon ha tantissima esperienza”
“Ma hai deciso di non farlo evolvere” gli rammentò.
Zack mosse impercettibilmente le sopracciglia. Stirò le labbra e distolse lo sguardo. “Beh... è il mio amico, come ho detto, mi piace vederlo così... e tu? Larvitar come sta? Ancora devo vederlo meglio”
“Ti accontento subito” sorrise lei. Larvitar uscì fuori dalla sfera.
Si guardò stranito ed
impaurito, immobilizzandosi, muovendo solo gli occhi, mentre guardava il cielo
e le nuvole in lontananza.
“Presentati” disse a
bassa voce Zack.
Il Pokémon fissò il suo
sguardo su Rachel, che sorrideva. Vedeva i suoi occhi azzurri, e poi il
sandwich.
“Ha fame...” suggerì
ancora a bassa voce il ragazzo.
“Oh... tieni...” fece
ancora Rachel, staccando un pezzo del suo pranzo, e porgendolo a Larvitar.
Quello abbassò la testa,
tenendo gli occhi fissi su Rachel, e spostandoli ritmicamente sul cibo.
Lentamente si avvicinava alla ragazza, schivo, impaurito da qualsiasi gesto o
mossa inopportuna. Intanto il vento soffiava, e l’erba alta frusciava.
“Avanti. È tuo” Rachel
cercava di essere incoraggiante.
Larvitar allora prese il
cibo, e fece due passi indietro, guardando sempre Rachel.
“Sposta lo sguardo”
suggerì per l’ultima volta Zack.
Lo fece. E Larvitar si rilassò,
mangiando il sandwich.
“Aveva fame” osservò
Zack. “Più piccoli sono, i Pokémon, più hanno bisogno di mangiare”
“Già...” sorrise lei,
affascinata dal Pokémon.
Larvitar finì il suo
pasto, poi guardò Rachel. Guardò il suo panino, o almeno quello che ne era
rimasto, e glielo diede. Larvitar si avvicinò e lo prese, stavolta con maggiore
fiducia nei confronti della sua allenatrice. Si lasciò accarezzare, mentre
mangiava il sandwich.
“E così, la nostra eroina
cedette il pranzo per fare amicizia con Larvitar”
Zack sorrise dolcemente. “Aspetta...” si girò, verso lo zaino, da cui cacciò delle mele. Sembravano buone.
Zack sorrise dolcemente. “Aspetta...” si girò, verso lo zaino, da cui cacciò delle mele. Sembravano buone.
“Alma mi ha dato queste
mentre, tu eri in bagno”
“Come al solito... sempre le solite preferenze...”
“Come al solito... sempre le solite preferenze...”
“Che vuoi farci...”
sorrise lui. “Comunque sono due mele, una testa. Le ha date ad entrambe”
“Sicuro che ti abbia dato solo le mele?”
“Si, non aveva molto cibo in casa”
“Sicuro che ti abbia dato solo le mele?”
“Si, non aveva molto cibo in casa”
“Non intendevo quello”
“Finiscila”
“Finiscila”
Rachel squittì
sorridendo, poi si alzò. Larvitar prese a seguirla.
“Vado a fare un po’ di
allenamento. Tu che fai?” domandò lei.
“Riposo un po’...”
“Ok”
“Ok”
E fu così, che mentre
Rachel si incamminava nell’erba alta, in attesa di qualche Rattata molto
territoriale, Zack si stese nell’erba, sotto l’ombra di quel grande platano e si
rilassò. Tirò fuori anche Braviary.
“Riposati all’aria
aperta...”
L’aquila aprì le ali, e
dopo una breve volata di sopralluogo, si poggiò sul platano. Anche Growlithe
era fermo, vicino al suo allenatore, con il muso sulla sua pancia.
“Eh... lo so... il cielo
è immenso... guai se non fosse così”
Rachel camminava, e ad
ogni suo passo cercava di abbassare l’erba calpestata, per permettere a
Larvitar, che in quell’erba scompariva, di seguirla.
Si girò a guardare per un
attimo Zack, e Braviary che si era appena appoggiato sul platano. Poi si guardò
le mani, sudate, che asciugò sul giubbino.
Le piaceva quella
liberta. Le piaceva anche il fatto che girasse in cerca di un Pokémon
selvatico, il fatto che sarebbe potuto uscire all’improvviso dall’erba alta, e
coglierla di sorpresa.
Le piaceva quella
pressione che aveva nello stomaco, e le piaceva che il sole le baciasse la
pelle. Sciolse i capelli, per un momento, per rifarsi la coda di cavallo, poi
la rimise su. Le piaceva la coda, le risaltava il collo. Credeva di avere un
bel collo. E delle belle mani.
E mentre si perdeva nei
suoi pensieri, si rese conto che Larvitar non era più dietro di lei.
“Oddio! Larvitar!”
Si girò velocemente,
avvitandosi sui piedi come se fosse una vite, cercando di vedere quella
macchiolina scura nel verde chiaro dell’erba alta.
“Larvitar! Vieni qui!”
Non c’era. Si girò,
cercando di calmare il sistema nervoso. Si rese conto di avere troppo caldo.
Levò il giubbino da dosso, rimanendo con il maglioncino di filo.
“Calmati, Rachel... deve
essere qui, non può essere andato lontano... Larvitar!”
Fece qualche passo
indietro, cercando un viottolo nell’erba. Magari, incuriosito da qualcosa,
Larvitar aveva lasciato il percorso creato dai piedi della sua allenatrice,
forgiandone uno dall’erba alta.
Si guardò attorno, ed
effettivamente un viottolo c’era.
“Oh, grazie al cielo!”.
Con i suoi piedi ingigantì quel percorso, che si snodava qui e lì nell’erba.
Cercava di guardarsi attorno, di vedere il corno che aveva sulla testa.
Niente.
Larvitar era sparito, e
non riusciva a trovarlo. L’unica strada da seguire era proprio il piccolo
percorso.
Che sembrava girare in
tondo per varie e varie volte.
Arrivò a rassegnarsi.
“Uff... che diamine!”
“Un Larvitar qui?! Santo
cielo! E’ il momento giusto per catturarlo!”
La voce, maschile ed
anche un po’ fastidiosa, nasale, proveniva da qualche decina di metri alle
spalle di Rachel. Dopo qualche alto ciuffo d’erba, c’era qualcuno.
Vedeva una sagoma.
Beh... una testa. Un
testa... scura. Nera.
Capelli neri. O era un
cappello.
Senza curarsi di nulla,
prese a correre verso quell’individuo misterioso, noncurante del fatto di
essere entrata in un territorio di Zigzagoon. Qualcuno di loro utilizzò anche
Turbosabbia, alzando un alto quantitativo di terreno.
Rachel chiuse gli occhi a
fessura, e si mise a tossire, cercando di coprire il naso e la bocca con il
maglione, alzando il collo e scoprendo la pancia.
“Oh, santo cielo, no!”
Fece per andarsene, ma le
si pose avanti, ed attaccò con Azione. Colpì Rachel sulle gambe, che perse
l’equilibrio e cadde.
Faccia per terra, nel
terreno e nell’erba. Nonostante le piacesse l’odore dell’erba umida, in quel
momento stabilì che la sua priorità dovesse essere Larvitar. Cercò di alzarsi,
barcollando per il colpo subito, quando Zigzagoon ruggì. Un lieve terremoto
scosse il già precario equilibrio della ragazza, costretta a fare un passo
indietro per ritrovare il giusto bilanciamento.
“Lasciami passare,
dannazione! Wizard!”
Zebstrika uscì, e guardò
Rachel col volto contrito. Poi vide Zigzagoon. Nitrì, perdendo qualche scossa
d’elettricità qua e la.
“Ora lasciami andare, o
ti friggo!” urlò. Salì in groppa a Zebstrika, e da lì ebbe una visuale migliore
del posto. L’uomo misterioso lottava, davanti a lui c’era un Grovyle.
Larvitar si stava
difendendo con vari attacchi, cercando di scappare quando quello usava frustata
o fendifoglia.
“No! Larvitar! Wizard,
raggiungiamolo!”
Zebstrika cominciò a trottare velocemente verso il punto davanti ai suoi occhi, fino a quando l’erba alta non si diradò verso una zona sterrata.
Zebstrika cominciò a trottare velocemente verso il punto davanti ai suoi occhi, fino a quando l’erba alta non si diradò verso una zona sterrata.
“Larvitar!”
Indossava una felpa nera
e dei jeans, ma anche sotto alla felpa voluminosa sembrava fosse molto magro.
“Guarda che questo è il
mio Larvitar! Cercatene un altro!”
“In realtà questo Larvitar è mio! Finisci subito di attaccarlo!”
“In realtà questo Larvitar è mio! Finisci subito di attaccarlo!”
“Che?! Perché dovrei
crederti?! È rarissimo trovare un Larvitar in queste zone, non lo lascerò di
certo ad una tipa dal bel viso”
“Non è che è rarissimo...è impossibile trovarlo! Se vai alla grotta delle lanterne ne troverai sicuramente qualcuno”
“Non è che è rarissimo...è impossibile trovarlo! Se vai alla grotta delle lanterne ne troverai sicuramente qualcuno”
“Ora ho questo tra i miei
desideri, e questo prenderò”
“Uff...” Rachel tirò fuori la Poké Ball e ci fece entrare Larvitar.
“Uff...” Rachel tirò fuori la Poké Ball e ci fece entrare Larvitar.
“Ma... hey! Lo stavo
catturando!”
“Cavolo! È mio! Lo vedi?!”
“Cavolo! È mio! Lo vedi?!”
Quello appuntì
ulteriormente il viso, e si avvicinò. “Ti sfido!”
“Eh?!”
“Accetti?!”
“Accetti?!”
“Perché vuoi sfidarmi?”
“Perché mi hai mancato di
rispetto, e queste cose non le tollero. E poi voglio sconfiggere quel Larvitar
una volta per tutte. Per levarmi questo sfizio”
“Non credo che contro di te userò il mio Larvitar. È anche in svantaggio, come tipo”
“Non credo che contro di te userò il mio Larvitar. È anche in svantaggio, come tipo”
“Tsk... fifona. Se
proprio vuoi, userò un altro Pokémon, al posto di Grovyle”
Rachel toccò la morbida
criniera di Zebstrika, mentre quel bruciorino nello stomaco divampava forte
come un incendio. Era preoccupata. Si girò in direzione di Zack, ma non lo
vedeva. Era troppo lontana dal platano.
Poi si convinse che ad
ogni modo, quella sfida sarebbe risultata un valido allenamento.
“Ok. Andiamo”
Scese da Zebstrika e lo
ripose nella sfera. Poi mandò in campo Larvitar.
Gli si avvicinò, per poi
accasciarsi sulle ginocchia quando ce lo aveva davanti.
“Non devi più scappare.
Segui sempre me, o stammi vicino. Ma non scappare più”
Larvitar sembrava aver capito.
Larvitar sembrava aver capito.
Un crostaceo rosso e
bianco prese a sbattere le chele in modo frenetico.
Rachel rifletté. Anche
Corphish era più forte, come tipo, rispetto a Larvitar. Quindi sicuramente
avrebbe utilizzato mosse basate sull’attacco speciale del crostaceo. Quindi non
avrebbe avuto bisogno di avvicinarsi.
“Ok... Larvitar,
Terrempesta!”
Sabbia e detriti
cominciarono ad alzarsi da terra, e presero a soffiare. Rachel non sembrava
esserne colpita.
“Hey!” urlò l’altro.
Il tipo alzò il cappuccio
della felpa, cercando di proteggersi dalla sabbia.
“Cor... Corphish! Vai con
Protezione!”
Una patina di energia
rivestì temporaneamente il corpo del crostaceo.
“Bene! Larvitar, vai con
Stridio!” e velocemente si tappò le orecchie con le dita.
Stridé.
E Corphish rabbrividì. Un
detrito più grande colpì il suo carapace, facendo svanire l’effetto di
Protezione. “Dannazione!” il tipo digrignò i denti. “Vai con Bollaraggio”
Corphish saltò, e prese a
sparare bolle, molto velocemente.
Sfortunatamente per lui,
neanche una riuscì ad arrivare a destinazione. La sabbia ed i detriti le fecero
scoppiare tutte.
“Ottimo! Usa l’attacco
Insidia!”
“Attento Corphish!”
Larvitar svanì per un
momento, per poi riapparire poco distante dall’aragosta, e la colpì, facendola
ruzzolare di poco.
“Ora che è vicino! Vai
con Presa!” urlò il secco.
Una chela di Corphish
afferrò il corno di Larvitar, quello che aveva sulla testa. Il Pokémon di
Rachel prese a urlare.
“Vai, scaraventalo per
aria!”
La chela strinse ancora
di più nel momento in cui i piedi del piccolo Larvitar si alzarono da terra,
quindi Corphish lo lanciò in aria.
Aspettò che Larvitar
stesse per scendere, quindi Corphish balzò, per colpire con grande veemenza il
corpo dell’avversario, che atterrò poco lontano da Rachel.
“No! Come va, Larvitar?!”
Quello si rimise sulle due zampe, volenteroso di vendetta. Aveva un gran temperamento.
Quello si rimise sulle due zampe, volenteroso di vendetta. Aveva un gran temperamento.
“Usa l’attacco Frana!”
Pietre di media–grande
dimensione si formarono sulla testa di Corphish, per poi crollargli addosso.
“Cerca di evitarle!” urlò
l’altro.
Corphish prese ad usare
Martellata sulle pietre. Ma erano tante, e più lui le evitava e più Larvitar si
infuriava e ne creava in maggior quantità.
Ed alla fine soccombette.
Corphish fu sommerso da tante pietre, che fecero abbastanza danno, nonostante
non fossero efficaci al massimo.
Forse fu lo stridio ad
abbassare la difesa del crostaceo.
Fatto stava che Corphish
barcollava.
“Ora, Larvitar, usa
Colpo!”
Larvitar corse
velocemente verso Corphish, e lo colpì con forza, due volte, prima di fermarsi,
a respirare profondamente.
La tempesta cessò.
Corphish era a terra, fuori combattimento.
“Si! Bravo Larvitar!”
“No! Corphish!” l’avversario corse verso il suo Pokémon.
“No! Corphish!” l’avversario corse verso il suo Pokémon.
“Contento?” chiese con
una punta d’orgoglio e di superbia Rachel.
“Si... ho scoperto i miei
limiti. E complimenti, sei un’ottima guerriera”
“Sono un’allenatrice, non una guerriera. Comunque grazie”
“Ora vado. Ci becchiamo in giro” e si dileguò.
“Sono un’allenatrice, non una guerriera. Comunque grazie”
“Ora vado. Ci becchiamo in giro” e si dileguò.
Larvitar tornò nella
sfera, e Rachel, in groppa a Wizard, arrivò velocemente al platano.
“Allora? Allenata?”
“Oh, si... quei Zigzagoon sono davvero audaci”
“Oh, si... quei Zigzagoon sono davvero audaci”
“Beh... andiamo”
Il viaggio fino a
Palladia gli parve fosse eterno. Seduto sul retro di un camioncino dell’Omega
Group, Ryan non riusciva a pensare ad altro oltre la sorella. Dopo la nottata
passata quasi del tutto sveglio a parlare con Lionell, sentiva che la testa
stesse per scoppiargli. La mole di informazioni ricevute nella giornata
precedente era bastevole a causare uno shock in chiunque, tuttavia il ragazzo
sapeva di non potersi permettere un lusso simile. Ogni volta che credeva di
trovarsi al limite, gli apparivano davanti gli occhi vuoti della sorella,
quando l’aveva trovata vicino alle scale con in mano quella vecchia lettera.
Si riprese di scatto,
ad uno scossone del mezzo. Non si era reso conto di essersi addormentato.
Controllò il suo orologio, erano appena le undici. Erano in viaggio tra quattro
ore, ciò voleva dire che non mancava molto al loro arrivo. Indossò il
giacchetto che aveva portato con sé, di semplice incerata nera, e si avvicinò
al portellone. Marianne si trovava accanto al posto di guida da dove sembrava
diramare istruzioni agli uomini già stanziati nella città e che sembrava non
avessero idea di dove si trovasse la ragazza.
Una volta arrivati
quella gli riassunse la situazione, non ci volle molto, visto che si trattava
di un semplice “Non abbiamo idea di dove sia finita” a cui Ryan non diede
troppo peso. Se l’aspettava. Proprio per questo aveva già pensato ad un modo
per cercarla senza doversi necessariamente affidare ai cani di Lionell. Liberò
Gallade dalla sfera e si diresse verso il centro Pokémon.
Sapeva che per il
Pokémon sarebbe stato difficile risalire alla scia emozionale della sorella, ma
sapeva altrettanto bene che non sarebbe stato impossibile. Erano passati più di
due giorni da quando la ragazza era stata lì, ma conoscendo il suo Pokémon in
circa mezz’ora sarebbe riuscito a rintracciare una qualche pista. Si avvicinò
al bancone dell’infermiera, consegnandole una foto della sorella e sperando che
avesse qualche informazione da dargli.
“Scusi, sa dirmi per
caso se ha visto questa ragazza?”
La donna inclinò il
capo, assorta. Ryan la incoraggiò.
“Dovrebbe essere
passata di qui un paio di giorni fa... di mattina. Mattina presto.”
Sperava che quella
notasse l’impazienza nella sua voce, ma dopo alcuni istanti di silenzio la
ragazza gli riconsegnò la foto.
“Aspetta qui” si
limitò a dire. Ryan annuì, sedendosi ad un tavolinetto lì di fianco. Si sfregò
gli occhi per resistere alla sonnolenza che cercava di impadronirsi del suo
corpo. Stava davvero arrivando al limite, ammise. Il suo corpo necessitava un
riposo che in quel momento lui non poteva, né tantomeno voleva, dargli. Gallade
era fermo al centro della stanza. Teneva gli occhi chiusi, e lo stesso Ryan
poteva percepire l’energia psichica che il suo Pokémon stava utilizzando, nel
tentativo di districare quell’immensa matassa di fili che nella mente del
Pokémon rappresentavano le emozioni e le tracce psichiche dei vari visitatori
del centro.
Mentre lo osservava da
una porta dietro al bancone uscì un uomo. Doveva essere sulla quarantina, i
capelli erano brizzolati e gli occhi castani trasmettevano un innato senso di
tranquillità.
“Sei tu che cerchi la
ragazza?” chiese. In quel momento il centro era assolutamente deserto. Il
ragazzo annuì, alzandosi e avvicinandolo.
“Ha visto questa
ragazza? È mia sorella, è sparita da qualche giorno... Qualcuno ha detto di
averla vista qui, all’alba di un paio di giorni fa e non ho nessun’altra
traccia” non sapeva nemmeno più definire come potesse suonare la sua voce.
Stanca? Esasperata? O semplicemente vuota?
L’uomo annuì alla domanda.
“C’ero io di turno
quella mattina, me li ricordo. Era con un ragazzo, più o meno della sua età,
capelli castani, occhi verdi”
“Sì” lo interruppe
lui, “è un nostro conoscente. Non troviamo nemmeno lui” mentì.
“Bé,” alzò le spalle
l’uomo “Onestamente non so dirti molto, so che parlavano del museo sul monte.
Non appena entrati mi hanno consegnato i loro Pokémon, hanno dormito e quando
si sono svegliati hanno mandato giù tutto quello che un essere umano poteva
divorare in dieci minuti. Parlavano del monte e sembrava stessero cercando
qualcosa da quelle parti...” si fermò di nuovo a pensare.
“Non so cos’abbiano
trovato, però. L’unica cosa presente sul monte era il museo, ma quel giorno era
chiuso.” concluse l’uomo restituendo la foto a Ryan.
Il ragazzo annuì,
stringendo la mano dell’uomo.
“La ringrazio,
davvero, non ha idea di quello che valgono le sue parole, mi creda.”
Mentre finivano di parlare, Gallade riaprì gli occhi. Si avvicinò al suo allenatore, toccandogli appena il braccio e annuendo quando quello lo guardò.
Mentre finivano di parlare, Gallade riaprì gli occhi. Si avvicinò al suo allenatore, toccandogli appena il braccio e annuendo quando quello lo guardò.
“Ora devo andare” si
congedò col medico “La ringrazio ancora”
Uscì dal centro di
corsa, seguendo il Pokémon Lama fino all’accesso della funivia. Nonostante
l’allerta terremoti fosse ormai scemata, il mezzo pubblico era ancora chiuso,
segno della forse eccessiva prudenza degli abitanti di quella città. Dopo
qualche altro secondo immobile Gallade trovò nuovamente la strada percorsa dai
due ragazzi e guidò Ryan fino alla base della scalinata. Il giovane schioccò la
lingua, contrariato. Non era sua intenzione arrampicarsi fin lassù a piedi,
probabilmente l’unica possibilità era utilizzare il teletrasporto di Gallade,
sperando che quell’ulteriore azione non stancasse eccessivamente il suo
Pokémon, visto che ne avrebbe avuto bisogno anche al ritorno.
Stava per
teletrasportarsi quando squillò il telefono. Dopo essersi diviso dagli altri
dell’Omega Group si sorprese a pensare che Marianne avesse aspettato fin troppo
prima di chiamarlo. Si limitò a deviare la chiamata. Ora non aveva tempo per
ascoltare le lamentele di quella donna sul suo allontanamento, al ritorno, con
qualche indizio in mano le avrebbe dato le informazioni e aspettato che lo
conducesse al posto giusto. Dopotutto con l’elaborazione dei dati di suo padre
stava ampiamente ricambiando il favore.
Si smaterializzò in un
istante, coprendo la distanza della scalinata in una frazione di secondo e
trovandosi improvvisamente in cima. Le condizioni di Gallade erano ottimali, il
Pokémon non aveva minimamente risentito dello spostamento e questo sollevò il
ragazzo.
“Sei l’unico su cui
posso davvero contare” si limitò a dirgli dandogli una pacca sulla spalla.
Quello annuì, conscio della frustrazione che il suo allenatore stava provando e
preoccupato anch’esso per la ragazza. In poco tempo recuperò la traccia
abbandonata sulle scale e si diresse verso la porta del museo. Erano entrati.
Il ragazzo constatò
che l’edificio era chiuso e ripensando alla funivia arrivò alla conclusione che
doveva essere chiuso anche quella volta. Eppure le indicazioni del suo Pokémon
erano fin troppo precise.
“Sono entrati” si
limitò a mormorare.
Senza perdersi d’animo
ricominciò a bussare sulla porta, cercando di fare più rumore possibile. Per
quanto il museo fosse chiuso, doveva per forza esserci un guardiano
all’interno. E le probabilità che fosse lo stesso di quel giorno erano
decisamente alte.
Impiegò all’incirca un
quarto d’ora prima di riuscire a farsi notare da qualcuno, ma alla fine un uomo
di mezz’età, con un tesserino sul petto gli fece cenno che doveva andarsene,
cercando di spiegarsi a gesti. Il ragazzo gli fece capire che doveva
assolutamente parlargli. Proprio a lui. No, il museo in sé non c’entrava.
Sorpreso, l’uomo gli fece cenno di girare attorno all’edificio, verso una
probabile entrata secondaria. Ryan eseguì, trovandosi davanti la porta del
gabbiotto che ospitava il custode e che impediva un accesso diretto al museo.
“Che vuoi?” gli
ringhiò quello.
Ryan non si fece
intimorire e tirò nuovamente fuori la foto della ragazza.
“Da quel che mi
risulta è venuta qui un paio di giorni fa, sa dirmi se l’ha vista?”
L’uomo storse il naso, senza nemmeno prenderla in mano.
L’uomo storse il naso, senza nemmeno prenderla in mano.
“Ragazzo, da che ne so
qui non è arrivato nessuno, o almeno, nessuno che io abbia visto. Tuttavia, se
ti interessa saperlo, c’è stata un’intrusione nel museo, due giorni fa” strinse
i pugni.
“Non so chi diamine
sia stato, ma a parte un mattone rotto, pare non ci siano stati altri danni...”
Ryan non aveva intenzione di ascoltare le fisse dell’uomo, ma la seppur remota
possibilità che potesse fornirgli qualche indizio lo indusse a star fermo fino
alla fine del suo racconto.
“Li avevo quasi presi,
ma appena entro nella stanza, puff, non c’era più nessuno, scomparsi. Erano due
perché ho sentito delle voci e ho sentito dei passi diversi, sai, a fare questo
mestiere certe cose s’imparano” gli confessò con un certo orgoglio. “...ma al
dunque sono scomparsi. La cosa più strana, è che ieri il direttore del museo è
stato chiamato da una ricercatrice di Edesea, Calma, Asma, non ricordo come si
chiamasse, che gli ha chiesto di passare sul fatto, visto che non erano degli
intrusi ma dei ricercatori. Ricercatori, ci credi?” concluse quello.
Ryan non lo stava già
più ascoltando. Aveva ottenuto quello che gli serviva. Si districò
assecondandolo con qualche frase e concludendo con un:
"Capisco, allora non l’ha vista, grazie mille per il tempo che mi ha concesso. Arrivederla."
"Capisco, allora non l’ha vista, grazie mille per il tempo che mi ha concesso. Arrivederla."
Di nuovo, non aspettò
una replica dell’uomo, ma con un cenno fece capire e Gallade che era arrivato
il momento di tornare ai piedi del monte. Quello eseguì.
Non appena fu sceso
dal monte chiamò Marianne, ignorando le sue parole si limitò a comunicarle
quanto aveva scoperto e a dirle di venirlo a prendere. Erano le due del
pomeriggio, in serata sarebbero sicuramente arrivati ad Edesea. Quello che
Marianne doveva fare era trovare questa ricercatrice. Al resto avrebbe pensato
lui.
Arrivarono a Plamenia
dopo tre ore di volo\trotto ed un’ora di cammino, atta a far riposare i Pokémon.
Era una città immensa,
piena di palazzi e di uffici. Le strade erano colme di traffico, mentre la
gente sui marciapiedi si affannava a correre da qualche parte.
“Eccoci arrivati” disse
Zack. Il suo stare fermo era in netto contrasto con la fretta degli altri.
“Non sono mai stata a Plamenia”
“Non sono mai stata a Plamenia”
Alzò il naso al cielo,
cercando, senza riuscirci, di raggiungere con lo sguardo le punte degli immensi
grattacieli. Il cielo cominciava a scurirsi.
“Beh... cominciamo la
nostra missione” sorrise Zack. Tirò fuori la tavola di Hermann, e si guardò
intorno.
“Qui non ci sono
ragazzi...” osservò Rachel.
Guardandosi attorno,
tantissimi uomini e donne, impomatati, incravattati ed impettiti, con le loro
valigette e buste varie, si affrettavano.
Ma di ragazzi neanche
l’ombra.
“Beh... forse potremmo
cercare anche qui...” disse la ragazza.
Zack rise. “Ma dai! Non
vedi come sono stressate queste persone?! Se non facessero... cose... impazzirebbero”
Rachel ammise che il
ragionamento filava. “E allora dobbiamo recarci direttamente al parco divertimenti”
Da lontano riuscivano a
vederlo. Il sole cercava invano di nascondersi dietro una grande ruota
panoramica. Il sole al tramonto illuminava i loro visi, e rendeva quella sagoma
ludica nera.
“In quanto tempo ci
arriveremo?” chiese Rachel.
Arrivarono fuori le porte del parco divertimenti.
“Due biglietti” sorrise
Zack. Adorava quel parco. Ci andava sempre, quando si recava a Plamenia.
Pagò, e anche abbastanza,
offrendo anche per Rachel, senza accettarli quando lei dopo volle rimborsarlo.
“Senza problemi, anzi... mi
fa piacere”
“Oh... ok... potevo
incontrarti prima”
Zack sorrise, fece una
decina di passi, e poi si fermò. Una marea di persone, perlopiù ragazzini con
meno di 15 anni, si muovevano come elettroni in stato eccitato.
“E... ora?” chiese a
Rachel.
“Dobbiamo provare”
“Ok, ok... andiamo”
E dopo una marea di
“scusa, puoi mettere la mano qui?” vicino ad ogni ragazzina, senza che la
tavola si illuminasse, Zack sospirò.
“È impossibile!”
“Non demordere. Vedi... quella”
“È troppo piccola per
questa cosa... anche se fosse lei, non potrebbe seguirci. Non riusciremo a
gestirla durante i momenti tragici”
“Prova!”
“Prova!”
Una ragazza più grande si
avvicinò a quella. Una ragazza più grande e più pettoruta. Notevolmente più
pettoruta.
Zack partì, reattivo come
una mina.
“Figurati se è vergine,
quella...” sbuffò Rachel. Portò le mani ai fianchi, cercando di capire gli
uomini ed i loro ormoni.
“Ciao, mi scusi se ti
disturbo, ma...” gli occhi di Zack lottavano con il suo cervello per rimanere
al livello del volto della ragazza che aveva di fronte. La bambina guardava
curiosa il ragazzo.
“Si?”
“Ecco... puoi metterla qui?”
“Come?”
“La mano. Puoi metterla... qui?”
“Perché dovrei?”
“Stiamo facendo una ricerca... avanti, non succederà...” gli occhi cedettero. “...niente...” per poi ridimensionarsi immediatamente, e tornare a guardare lo sguardo ceruleo della ragazza.
“Ecco... puoi metterla qui?”
“Come?”
“La mano. Puoi metterla... qui?”
“Perché dovrei?”
“Stiamo facendo una ricerca... avanti, non succederà...” gli occhi cedettero. “...niente...” per poi ridimensionarsi immediatamente, e tornare a guardare lo sguardo ceruleo della ragazza.
“Ehm... ok”
“Fidati”
Tentennando, la ragazza
mise la mano sulla lastra.
Come immaginabile, non
successe niente.
“Ok. Gra... grazie”
Ultima guardata e poi
fuga. La ragazza si aggiustò la scollatura e si dileguò, prendendo per mano la
bambina.
“Che abbiamo risolto?” chiese
infine Rachel.
“Non era quella
giusta...”
“Oh! Non mi dire! La maggiorata non era vergine?! Chissà come mai!”
“Non è che non era vergine... questo non lo so. Non aveva un animo puro...”
“Bah... da adesso la tavola la tengo io...”
“Oh! Non mi dire! La maggiorata non era vergine?! Chissà come mai!”
“Non è che non era vergine... questo non lo so. Non aveva un animo puro...”
“Bah... da adesso la tavola la tengo io...”
“Infatti te la stavo
dando, perché voglio andare sulla ruota panoramica”
“Ok... ti seguo... anche
se non dovremmo. Dobbiamo salvare il mondo dall’ira di Arceus”
“Arceus ci darà una tregua per un giro sulla ruota, dai...”
“Arceus ci darà una tregua per un giro sulla ruota, dai...”
Rachel si girò di spalle,
per far sistemare nel suo zaino la lastra di Hermann, poi giusto il tempo di
due passi, in direzione dell’imponente ruota, che qualcosa cominciò a non
andare per il verso giusto.
“Oh... cavolo...” dissero
insieme i ragazzi.
La terra tremava. Ancora.
“Santo cielo! Rachel,
allontanati da qui! Torniamo all’ingresso, dove non c’erano palazzi né
giostre!”
Il terremoto, stavolta
più forte di molto rispetto a quella volta nel bosco, sembrava non dar tregua a
niente e nessuno. Le persone urlavano disperate, mentre cercavano riparo dalla
gran parte dei palazzi che crollavano.
Rachel si girò, durante
la sua corsa, e la meraviglia e lo stupore la costrinsero a fermarsi.
“Non... no”
La ruota panoramica si
era staccata dal perno. No, non stava rotolando, bensì si era sbilanciata, ed
ora stava crollando su di un lato.
E fu così che tonnellate
di ferro si abbatterono sulla casa degli specchi e vari stand, oltre che sui
bagni.
“Rachel!” esclamò Zack,
tirandola per la mano.
Passarono davanti ad un
palazzo, e poco dopo un’esplosione violenta diede il via ad un incendio.
“Cazzo!” esclamò Rachel,
spaventata. Il terremoto si fermò, ma le urla delle persone che gridavano erano
davvero tragiche.
Il fuoco cominciò a
divampare, bruciando vasti tendoni di plastica e palazzi già pericolanti dopo
la scossa di terremoto.
Fu allora che Zack la
sentì. Quasi come se vedesse tutto al rallentatore, si rese conto che il
palazzo in preda alle fiamme non era vuoto.
“Aiuto! Qualcuno mi
aiuti!”
Una voce di donna. Nel
palazzo infuocato.
“No!” Zack partì in una
corsa forsennata, tirando fuori dalle sue sfere Absol e Lucario.
“Zack! Dove vai?! Tra un
po’ ci sarà la scossa di assestamento!”
Ma Zack non sentì nulla.
Chiuso nella sua testa, cercò di isolare tutto quello che non provenisse dalla
sua testa. E ci riuscì. Tranne che per il battito del suo cuore, che scalpitava
come un cavallo nella prateria.
Rachel lo vide entrare
nella casa, ma poi sparì dietro alle fiamme.
“No!”
La notte stava calando
davvero in fretta. Marianne aveva impiegato buona parte della restante giornata
per trovare la presunta ricercatrice Asma, rivelatasi poi Alma. Maledisse
mentalmente la scarsa capacità mnemonica del custode, ma alla fine si rilassò.
Ryan aveva dormito e
mangiato e sebbene non fosse al massimo delle sue capacità, si sentiva quantomeno
in forma. La città di Edesea stava lentamente riprendendo il suo corso, la
maggior parte dei palazzi pubblici erano stati danneggiati solo lievemente
grazie alle imponenti misure di sicurezza che, come a Timea, erano all’ordine
del giorno nella costruzione degli edifici. Si recò personalmente nella sede
della Facoltà di Storia e Mitologia di Edesea. La conosceva fin troppo bene,
anche suo padre aveva lavorato lì. Sperava di poter sfruttare il suo legame con
l’università, per quanto flebile, per riuscire a contattare la donna, ma
onestamente non sapeva a chi chiedere. Si sedette per un attimo, per riprendere
nuovamente fiato. Un mal di testa allucinante lo stava divorando. Sembrava che
l’emicrania fosse diventata la sua nuova malattia cronica.
“Finirà tutto...
quando la troverò” ansimò sottovoce.
“Tutto a posto?” la
timida voce che lo scosse apparteneva ad una ragazza. Doveva avere circa
vent’anni. Capelli castani raccolti in una coda laterale, spruzzata di
lentiggini ed occhi ambrati. Probabilmente era una studentessa.
“Tutto... a posto”
annuì il ragazzo.
“Non ti ho mai visto
qui, sei di un’altra facoltà?”
Lui scosse la testa
“Cercavo una persona,
dovrebbe insegnare qui. Si chiama Alma... Ma mi sono reso conto di non avere
nessuna idea di come trovarla a quest’ora”
La ragazza lo guardò
dubbiosa.
“Alma è una
professoressa. Come mai la cerchi a quest’ora?”
La domanda lo mandò
nel panico. Era preparato a mentire con qualche funzionario del luogo, magari a
qualcuno che poteva aver sentito parlare di suo padre, chiedendo un qualche
recapito, ma con l’emicrania non era sicuro di poter trovare una scusa sul
momento. Optò per una mezza verità.
“Sto cercando
qualcosa... e credo che la professoressa potrebbe aiutarmi. È una questione di
vita o di morte, non posso aspettare domani”
Aveva letto da qualche
parte che dire “è una questione di vita o di morte” alle donne fa più effetto,
sperò fosse vero.
Quella, sempre
dubbiosa, sembrò comunque notare la sincerità nelle sue parole.
“Sono una sua
studentessa. Non so se c’è ancora, ma qualche ora fa era nell’aula 7. Non c’era
una vera e propria lezione, ma stava discutendo con altra gente, quindi forse
si è trattenuta ancora...” Ryan si alzò, ringraziandola. Alla fine aveva
ottenuto ciò che voleva. Per fortuna senza fare il nome del padre. Forse gli
sarebbe stato necessario, una volta avvicinata la donna, ma sperava non
servisse.
Impiegò pochi minuti
per arrivare davanti alla porta dell’aula. Nonostante volesse entrare di colpo
e prendere la donna da parte si costrinse a non farlo. Se era il suo unico
collegamento con la sorella, doveva cercare di rabbonirla, non assalirla. Si
sedette di nuovo, respirando lentamente e cercando di riprendersi.
Nella sua mente tutto
vorticava a velocità inimmaginabile.
Si ritrovò di nuovo costretto
a fare un punto della situazione, come fosse uno di quei giochi in cui ogni
volta che si arrivava ad un check point si veniva obbligati a ricontrollare
tutte le proprie azioni per vedere se si era capito tutto del percorso svolto.
Dalla sua entrata
nell’Omega Group, un probabile gruppo di security nazionale, aveva iniziato ad
allenarsi nell’attesa di ricevere informazioni su sua sorella. Aveva ricevuto
Bisharp, il suo Trapinch si era evoluto in Vibrava, poi all’improvviso era
piovuta dal cielo la notizia dell’avvistamento di Rachel. In un filmato di una
telecamera del centro Pokémon, che il ragazzo si guardava bene dal chiedere
come fosse finito in mano loro, la si vedeva riposare vicino ad un altro
ragazzo, identificato a sua volta come Zackary Recket.
Su di lui gli erano
state passate informazioni sommarie, non sapeva quanto affidabili, non sapeva
quanto complete. Si limitò a riportare nella sua mente i fatti essenziali, il
ragazzo era nato a Celestopoli da una famiglia originaria di Galeia. Era tornato
in patria dopo aver viaggiato in molte altre regioni, principalmente per Kanto
e Johto, ma anche in altri luoghi. Questi erano gli unici dati ufficiali che
gli avevano fornito e non gli interessava cercarsene altri. Il solo fatto che
fosse insieme a Rachel gli impediva di catalogarlo nella rosa dei suoi
favoriti. Stava per passare all’ulteriore analisi della giornata precedente,
quando la porta si spalancò.
La donna che ne uscì,
accompagnata da due uomini, era davvero bella. Ryan la osservò, aveva visto una
foto, ma trovarsela davanti lo lasciò impreparato per qualche istante. Fu il
ricordo del suo scopo a permettergli di avvicinare la donna senza subirne
alcuna conseguenza.
“Scusi, ha un minuto?”
i suoi occhi cremisi la fissavano, ma quella non riuscì a capire cosa ci fosse
dentro. Indietreggiò di un mezzo passo, facendo in modo che ci fosse circa un
metro di distanza fra i due.
“Ti serve qualcosa?”
gli chiese con aria sorpresa.
“Probabilmente abbiamo
un’amicizia comune... e avrei un favore da chiederle al riguardo” iniziò,
guardandosi intorno. “Sarebbe un problema parlare in un posto più tranquillo?”
le chiese poi Ryan.
Alma sembrò voler
temporeggiare. Si guardò intorno, poi cedette.
“L’aula da cui sono
appena uscita, possiamo parlare lì” gliela indicò. Il ragazzo annuì,
precedendola e dando un’occhiata sommaria al posto. Per un brevissimo istante
si rivide mentre aiutava il padre a trasportare incartamenti o ad attaccare il
proiettore. Si chiese se ancora oggi i professori non sapessero accendersi i
proiettori da soli. Poi tornò in sé. Prese nuovamente la fotografia di Rachel e
la porse alla donna.
“Sono più che sicuro
che lei conosce questa ragazza” si limitò a constatare.
Alma deglutì
pesantemente. Non sapeva molto su Rachel, ma Zack le aveva accennato qualcosa
su una fuga, solo che non ne erano mai state chiarite le motivazioni. In quel
preciso momento si chiese in che guai si fosse cacciata quella ragazza prima di
arrivare da loro.
“Perché la cerchi?” si
limitò a chiedere.
Domanda prevedibile, lecita.
“È mia sorella” non
aveva bisogno di mentire su questo punto “È scappata di casa qualche giorno fa.
La sto cercando.”
Il tono di voce era
neutro, stanco.
Alma ebbe un brutto
presentimento.
“Come puoi ben vedere,
non è con me” rispose evasiva.
Ryan le sorrise, come
si sorride ad un bambino che si sa stia mentendo.
“Questo posso notarlo,
professoressa, ma lei probabilmente sa dov’è” il tono era ancora paziente,
tuttavia una parte di lui iniziava ad irritarsi.
“Guardi, se può essere
d’incoraggiamento, il suo nome è Rachel Livingstone, è scappata di casa la
notte fra domenica e lunedì, probabilmente l’ha incontrata presto, era in
compagnia di un ragazzo, so che si chiama Zackary Recket, ma non ho idea di
dove si trovino al momento. Ed ho davvero bisogno di saperlo”
Il suo sguardo non
ammetteva repliche, Alma se ne rendeva conto. E si rendeva conto che c’era
qualcosa di sbagliato in tutto ciò. Probabilmente aveva ragione lui. Era sua
sorella, era scomparsa e dopo chissà quali ricerche era arrivato fino a lei
proprio per trovarla. Eppure qualcosa la spaventava. Quel ragazzo la
spaventava, era come se dietro al suo sguardo si nascondesse dell’altro.
“Mi spiace, l’ho
incontrata, ma ci siamo separati quasi subito. L’ultima volta che li ho sentiti
si dirigevano a Palladia” le venne naturale mentire, non sapeva nemmeno dirne
il motivo.
“Oh, ma questo non è
vero, professoressa. Perché nei giorni scorsi ha contattato il museo,
probabilmente per coprire una loro effrazione”. Ryan era seccato, davvero
tanto. Questi ultimi giorni stavano davvero mettendo alla prova la sua
pazienza. Alma indietreggiò nuovamente, appoggiandosi alla cattedra.
“Non so di cosa tu
stia parlando” negò.
“Lei no, ma il custode
sì. Ricorda, anche se in modo leggermente inesatto, il suo nome. Ha parlato con
il direttore e con una scusa davvero pessima ha coperto il loro accesso al
museo.” la braccava.
Alma rimase in
silenzio, spostandosi dietro la cattedra, quasi volesse mettere quante più
barriere possibili fra lei e il ragazzo.
“Signora Alma, davvero...”
cercò di usare il tono di voce più comprensivo che aveva, ma si rese conto
persino lui dei suoi scarsi risultati “...ho solo bisogno di sapere dove si
trova Rachel. Una volta che me l’avrà detto sparirò, sarà come se non fossi mai
esistito per lei” sorrise. Era il sorriso di un serpente. Alma si sentiva una
rana.
“Mi spiace, ma non ho
idea di che cosa tu stia parlando” chiuse, secca. “Adesso, devo andare” fece un
passo verso la porta, ma lui la bloccò. Fece uscire Bisharp dalla sfera.
“Non ho intenzione di
ripetermi ulteriormente, lo tenga da conto” gli occhi cremisi ardevano.
Alma respirò
profondamente.
“Nemmeno io” rispose.
Poi pigiò un bottone. Era il pulsante d’allarme. Una sirena suonò nel
corridoio. Ryan sibilò, fece rientrare Bisharp nella sua Ball e chiamò Gallade.
Sparirono prima che gli agenti riuscissero ad entrare nell’aula, lasciando Alma
confusa e spaventata.
I due riapparvero
dentro il furgone dell’Omega Group, facendo sobbalzare Marianne, che
istintivamente aveva messo mano alle sue Poké Ball. Ryan la bloccò con un cenno
della mano.
“Non ha voluto dirmi
nulla” fu il suo unico commento. Tremava dalla rabbia.
Marianne si rimise
seduta, era tranquilla.
“Non preoccuparti, in
ogni caso sono più che sicura che quest’incontro l’abbia scossa abbastanza da
voler riferire ai ragazzi della tua visita. Rintracceremo la sua chiamata ed
allo stesso tempo li troveremo” la sua voce era calma.
Ryan si stese sui
sedili laterali del mezzo, crollando dalla stanchezza.
“Lo spero” fu il suo
unico commento.
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