Bonsoir, mes amis, giovedì non perdetevi i prossimi capitoli del manga Pokémon più affascinante che esista.
Naturalmente potrete trovare quello, immagini, videorecensioni e le news riguardanti la sesta generazione dei Pokémon su Pokémon Adventures ITA, mentre potrete aggregarvi al gruppo della nostra bellissima fan fiction su Facebook. Lo troverete cliccando - qui -. Giovedì scorso sono state pubblicate le foto di Rachel, chissà che in futuro non esca ancora qualcos'altro.
Ricordo che sabato esce un pezzo della rubrica Consigli Utili, mentre lunedì vi aspettiamo con la consueta uscita del capitolo.
Oggi c'è il numero 10.
Stay Ready.
GO!
Andy $
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Oggi c'è il numero 10.
Stay Ready.
GO!
Andy $
Il sole filtrava
attraverso quelle tapparelle come sempre, ed esili fili di luce illuminavano
seppur poco l’ufficio di Lionell, creando un bellissimo gioco di luce sulle
pareti.
Lionell era seduto alla
scrivania, mentre leggeva da un vecchio libro. Era concentrato al massimo,
sembrava davvero interessato a ciò che faceva, tanto che annullò ogni sorta di
rumore che il suo corpo avrebbe potuto produrre. Solo il respiro era un esile
strascico nell’aria.
Lionell era così.
Un perfezionista. E già,
perché senza perfezione non si raggiunge nessun obiettivo.
Non si ottiene un
bell’ufficio, un’azienda, dei collaboratori e soprattutto le tue ambizioni non
crescono.
Il ticchettio
dell’orologio, sulla parete di fronte a lui, lo infastidiva e non poco.
Sospirò, guardandolo. Il tempo passava.
Andava avanti.
Quelle lancette non
osavano fermarsi, battevano un colpo ogni secondo, e poi scappavano, verso la
meta successiva.
Si chiese cosa potesse
succedere se tramite quell’orologio avesse potuto far tornare il tempo indietro.
Sì. Lo avrebbe staccato
dalla parete ed avrebbe portato indietro di un’ora la lancetta piccola, in modo
che tutto attorno a lui tornasse indietro di sessanta minuti.
Avrebbe potuto salvare
vite e cogliere occasioni perse.
Già. Gli interessavano
molto le occasioni perse.
Poi qualcuno bussò alla
porta e Lionell scosse la testa. Non capitava di rado che si perdesse tra le
sue fantasie. Forse era proprio il fatto che avesse tutta questa fantasia ad
averlo reso uno degli uomini più ricchi di Adamanta.
“Avanti”
La porta si aprì,
scricchiolando. Lionell segnò mentalmente di mettere un po’ d’olio nei cardini.
Odiava il rumore inopportuno.
Era Linda, la segretaria.
Capelli biondo cenere, occhi cerulei e una spruzzata di lentiggini le
incorniciavano il grazioso naso alla francese, che sovrastava due piccole
labbra. Era una bella ragazza, molto formosa, e dal sorriso smagliante.
Nonostante si accorgesse
che certe volte Linda volesse essere più provocante di quanto non facesse
inconsciamente, a lui queste cose non interessavano.
Non gli interessava il
sesso e non gli interessava avere qualcuno accanto.
Obiettivi. Linea dritta.
Mai uscire dal seminato.
“Signore”
“Linda, buon pomeriggio”
“Salve” arrossì quella.
“Salve” arrossì quella.
“Ecco... il signor Ryan
Livingstone è qui. Mi avevate detto di organizzare un appuntamento”
“Oh, certo, mi era proprio passato di mente!” sorrise Lionell, dismettendo il libro e chiudendolo in un cassetto. “Lascialo entrare”
“Oh, certo, mi era proprio passato di mente!” sorrise Lionell, dismettendo il libro e chiudendolo in un cassetto. “Lascialo entrare”
Linda si fece da parte, e
Ryan entrò nell’ufficio. Non aveva una buona cera. Sembrava smagrito, e gli
occhi erano scavati. Nonostante questo, ogni volta che entrava in quell’ufficio
aveva in volto un’espressione di meraviglia.
Gli piaceva tanto la
sedia di Lionell. E la sua scrivania. Ed i suoi vestiti. Aveva un portamento
molto elegante, signorile.
Gli sembrava un vero
gentiluomo.
“Salve, signore”
“Ti ho detto di chiamarmi Lionell, Ryan” cercò di smorzare un po’ quel servilismo.
“Mi scusi”
“Ti ho detto di chiamarmi Lionell, Ryan” cercò di smorzare un po’ quel servilismo.
“Mi scusi”
“E dammi del tu. Non sono
poi così vecchio” sorrise Lionell. Aveva davvero un bel sorriso.
“Va bene. Perché voleva
incontrarmi?”
“Non ci riesci?” sorrise ancora.
“Non ci riesci?” sorrise ancora.
“Ehm... scusi. Scusa” si
corresse ancora.
“Non preoccuparti... ma dimmi... ti trovo in
pessime condizioni. Cosa succede?”
“Niente, Lionell, niente...” abbassò la testa Ryan.
“Niente, Lionell, niente...” abbassò la testa Ryan.
“Sei sciupato, ed hai il
volto cereo. Stai mangiando?”
“Si, certo”
“Forse non ti piace
quello che cuciniamo in mensa?”
“È tutto buonissimo, non è questo”
“Allora forse è l’allenamento. Ti stai allenando troppo”
“A dire il vero quello dell’allenamento è l’unico momento della giornata in cui mi rilasso”
“Non farmi preoccupare, Ryan”
“È Rachel il problema”
“È tutto buonissimo, non è questo”
“Allora forse è l’allenamento. Ti stai allenando troppo”
“A dire il vero quello dell’allenamento è l’unico momento della giornata in cui mi rilasso”
“Non farmi preoccupare, Ryan”
“È Rachel il problema”
“Ti ho chiamato proprio
perché devo parlarti di lei”
“Rachel?!” spalancò gli occhi Ryan. La sorpresa e la paura riuscivano ad attraversare quella maschera di cera che aveva in volto.
“Rachel?!” spalancò gli occhi Ryan. La sorpresa e la paura riuscivano ad attraversare quella maschera di cera che aveva in volto.
“Ecco... io... devi
sapere che...”
Zack, Rachel e Mia
camminavano nei campi attorno a Plamenia. Erano appena usciti dalla città, dopo
qualche ora di attesa. Mia doveva assestare le membra e capire per bene quello
che stava succedendo.
Notava che Zack la
guardava spesso. Zack era carino.
Anche Rachel la guardava.
Ma lei era spesso seria, e usava quello strano sguardo che aveva, quello che ti
attraversava.
Sembrava incantata,
imbambolata. O forse guardava dentro di te.
Anche in quel momento.
“Rachel” la chiamò la
ragazza.
Quella spalancò gli
occhi, e mossi impercettibilmente le sopracciglia. “Si... scusami, ero
sovrappensiero”
“A cosa pensavi?”
“Ma a niente... le solite cose. Ho un po’ di paura”
“Paura?”
“Si. I terremoti, i combattimenti, mio fratello...”
“Oh. Forse dovresti focalizzarti sulle priorità”
“Già, lo so”
“A cosa pensavi?”
“Ma a niente... le solite cose. Ho un po’ di paura”
“Paura?”
“Si. I terremoti, i combattimenti, mio fratello...”
“Oh. Forse dovresti focalizzarti sulle priorità”
“Già, lo so”
“Come fa Zack”
Rachel storse le labbra. “Se sapessi cosa quel ragazzo ha in testa non lo seguirei così volentieri”
Rachel storse le labbra. “Se sapessi cosa quel ragazzo ha in testa non lo seguirei così volentieri”
Mia sorrise, ma non
sapeva che Rachel non stava scherzando così tanto.
Ryan non aveva totalmente
mancato il bersaglio. Instillando il dubbio nei confronti di Zack, puntava a
sgretolare quel legame che si era andato a creare col tempo.
Zack era misterioso.
Troppo. Rachel non si fidava del tutto.
“È un bravo ragazzo, non
dire così”
Rachel sospirò. “Ragazzi
fermiamoci un momento, ho sete”
Zack si girò, e la
guardò. Gli occhi brillavano, illuminati dalla luce pallida del sole
dicembrino.
“È quasi Natale” sorrise
lui.
“Già” rispose Mia. “A
casa mia il Natale è la festa più bella dell’anno. Mio padre e mia madre
finivano di pensare al lavoro, e stavano con me. E mio fratello, quando c’era”
“È morto?”
“È morto?”
“No, non è morto, che
assurdità” sorrise la ragazza. “È sempre stato uno spirito libero, e nonostante
mio padre abbia provato ad iniziarlo alla vita imprenditoriale, non si è mai
visto dietro ad una scrivania. La cravatta gli stringeva il collo” sorrise di
nuovo. “Gli dava l’impressione di un guinzaglio”
“Come si chiama?”
“Raymond. È partito quattro anni fa, con un bellissimo Absol, e da allora riceviamo di tanto in tanto delle cartoline da tutte le parti del mondo”
“Anche io ho un Absol”
“Si, l’ho visto prima di svenire, nel palazzo”
“Come si chiama?”
“Raymond. È partito quattro anni fa, con un bellissimo Absol, e da allora riceviamo di tanto in tanto delle cartoline da tutte le parti del mondo”
“Anche io ho un Absol”
“Si, l’ho visto prima di svenire, nel palazzo”
“Già... a questo
proposito... possiedi solo un Chikorita?”
“No. Ho anche un Metang”
“Potevi provare ad utilizzarlo per rompere una finestra e scappare”
“No. Ho anche un Metang”
“Potevi provare ad utilizzarlo per rompere una finestra e scappare”
“Era a casa. E comunque
non saprei come utilizzarlo. Quel Pokémon mi è stato regalato da mio padre, ma
non...so cosa farci”
“È un Pokémon molto potente”
“È un Pokémon molto potente”
“A me non piace lottare. È
poco empatico, come tipo. Ed io con i Pokémon ci faccio amicizia. Lui non...non
ricambia”
Zack pensò al fatto che
Metang non rispettasse Mia. Era possibile. “Senza offesa, ma Chikorita è un
Pokémon molto vulnerabile. Hai bisogno di qualche Pokémon che ti protegga in
caso di necessità. Cioè, io, come anche Rachel, ti proteggeremo laddove
potremo, ma Arceus non voglia che ti capiti qualcosa mentre noi non siamo nei
paraggi”
“Non sono una ragazzina” si irritò leggermente Mia. “So benissimo cavarmela da sola”
“Lo so. Proprio per questo voglio darti questo Pokémon” e Zack cacciò dalla tasca la ball di Magmortar. “Tienilo. Io non ne ho bisogno”
“È un Magmortar”
“Non sono una ragazzina” si irritò leggermente Mia. “So benissimo cavarmela da sola”
“Lo so. Proprio per questo voglio darti questo Pokémon” e Zack cacciò dalla tasca la ball di Magmortar. “Tienilo. Io non ne ho bisogno”
“È un Magmortar”
“È lui che ha provocato
l’incendio. L’ho catturato e sono venuta a salvarti”
Mia lo prese. “Lui ha
scatenato quell’incendio incredibile? Non era stata l’esplosione di una
bombola?”
“Ha fatto tutto lui. È un Pokémon molto potente. Dovresti tenerlo tu”
“Ha fatto tutto lui. È un Pokémon molto potente. Dovresti tenerlo tu”
“Grazie”
“Di nulla. E poi potrebbe esserci d’aiuto. Io ho già sei Pokémon con me, e tu ne hai due, quindi puoi portarlo”
“Grazie ancora”
“Smettila di ringraziarmi. Hai finito, Rachel?”
“Di nulla. E poi potrebbe esserci d’aiuto. Io ho già sei Pokémon con me, e tu ne hai due, quindi puoi portarlo”
“Grazie ancora”
“Smettila di ringraziarmi. Hai finito, Rachel?”
Quella alzò la testa,
mentre riponeva la borraccia nello zaino. “Si... lascio un po’ libero Litwick...
è così carino... poi ci scalderà, con questo freddo...”
Litwick uscì, e si guardò
intorno.
C’era Rachel, la sua amica.
Poi Zack. Quello non gli stava molto simpatico. E poi una ragazza bionda.
Gli tese la mano.
“Tieni quel coso lontano
da me!” esclamò Zack, allontanandosi di qualche passo.
“Ma è una candelina”
disse confusa Mia, prendendogli la mano che Litwick gli offrì.
“È un Pokémon, Mia”
sospirò Rachel, camminando.
“Lo so... dicevo solo
che...”
“Vabbè lascia
perdere...stringilo forte, nel caso tu abbia freddo” sorrise malignamente,
guardando Zack. Quello aggrottò le sopracciglia.
Mia strinse Litwick per
mano e presero a camminare.
“Com’è carino!”
“Com’è carino!”
Litwick
sorrideva, mentre fluttuava a mezz’aria.
E fu così
che Litwick camminò mano nella mano di Mia. Rachel lo guardava infastidita.
Pensava.
Zack stravedeva per lei, Litwick stravedeva per lei. Solo lei la trovava
irresistibilmente irritante?!
La
guardava. Sapeva benissimo perché Zack era attratto da lei.
Bel viso,
voce dolce. E forme un po’ ovunque.
O almeno
era questo che voleva credere. Purtroppo le forme erano tutte dove dovevano
essere.
Nei punti
giusti.
Sospirò
consolandosi credendo di essere più intelligente. Poi aumentò il passo,
raggiungendo e superando Zack. Aveva voglia di camminare, di correre, sentiva
dentro una strana sensazione, come se un lucchetto ed una catena comprimessero
il petto e tutto ciò che conteneva.
“Hey... dove
corri?” chiese a voce stranamente bassa Zack.
Rachel lo
guardò, con lo sguardo opaco. “Dove stiamo andando?”
“Al monte Trave”
“Al monte Trave”
“Ho
freddo” cambio netto di direzione del discorso.
“Se vuoi
ti prendo il giubbino dallo zaino”
“No, non
fare niente”
“Rachel, c’è qualche problema?”
Ma lei non rispose, camminando oltre. Zack rimase li, come un citrullo, fino a quando Mia, pochi passi dietro di lei lo raggiunse.
“Rachel, c’è qualche problema?”
Ma lei non rispose, camminando oltre. Zack rimase li, come un citrullo, fino a quando Mia, pochi passi dietro di lei lo raggiunse.
“Che
succede?” chiese la bionda.
Zack tentennò
a risponderle. Era davvero bella. “Ehm... sarà in quel periodo... è un po’
strana”
“Sarà forse per la sua candelina?” chiese ancora, con immane ingenuità.
“Sarà forse per la sua candelina?” chiese ancora, con immane ingenuità.
A quel
punto Rachel esplose. Si girò verso Mia e prese ad urlare.
“È un
Pokémon! Un fottuto Pokémon! Guarda!” Rachel prese la sfera di Litwick e lo
fece entrare.
Mia lo
vide sparire.
“Le
candeline non entrano nelle sfere!” continuò.
“Ehm... scusami”
disse Mia, innocente.
“Figurati...
almeno sono chiara fin dapprincipio!” alzò abbastanza la voce, in modo da farsi
sentire.
“Stai
parlando di me?!” chiese poi Zack.
“Certo
che sto parlando di te!”
Mia si
fece da parte, come fosse l’arbitro tra due sfidanti.
“Credevo
che quella storia fosse chiusa!”
“Non ho chiuso un bel niente! Non sei chiaro con le persone!”
“Ma che dannazione vuoi?! Se non voglio dire una cosa a qualcuno non vedo perché mi debba sentire obbligato!”
“Ma almeno che eri il campione! Mi sarei sentita molto più tranquilla!”
“Ma spiegami il motivo!”
“Perché se mi avessi rapita sapevano già la faccia che avevi!” urlò. Ammise a se stessa di esser stata un po’ troppo sarcastica, cosa attestata anche dal sorriso di Mia.
“Non ho chiuso un bel niente! Non sei chiaro con le persone!”
“Ma che dannazione vuoi?! Se non voglio dire una cosa a qualcuno non vedo perché mi debba sentire obbligato!”
“Ma almeno che eri il campione! Mi sarei sentita molto più tranquilla!”
“Ma spiegami il motivo!”
“Perché se mi avessi rapita sapevano già la faccia che avevi!” urlò. Ammise a se stessa di esser stata un po’ troppo sarcastica, cosa attestata anche dal sorriso di Mia.
“Non ti
fidi proprio, eh?!”
“Perché dovrei?! Sei un totale sconosciuto! E non so nemmeno il motivo per cui Mia ci sta seguendo! Che ingenuità!”
“Perché dovrei?! Sei un totale sconosciuto! E non so nemmeno il motivo per cui Mia ci sta seguendo! Che ingenuità!”
“Io che
c’entro?” domandò Mia, e fu quello il momento in cui la terra prese a tremare.
Altro
terremoto, Mia urlava come se le stessero per tagliare un braccio, mentre
Rachel si irrigidì. Non riusciva ad abituarsi a quella sensazione squilibrio
sotto i suoi piedi.
Zack tirò
a sé le ragazze, e guardò attorno.
“È lì”
disse poi.
“Eh?!”
chiesero all’unisono loro.
“Qualcosa
sta per uscire da li” disse Zack, puntando il dito contro un punto indistinto
del terreno.
Rachel si
girò. Plamenia era ancora in ordine.
Mia si
appiattì contro il petto del ragazzo, mormorando una preghiera, mentre i suoi
occhi venivano nascosti da un ciuffo biondo.
Rachel
pensò in fretta. Nonostante l’ostilità ingiustificata nei suoi confronti,
quella ragazza era il cristallo. La strinse, cercando di proteggerla da
qualsiasi cosa fosse uscita dal terreno.
“Ecco... state
indietro”
Rachel
raccolse Mia dal petto di Zack, e la cinse sopra i seni e sulla pancia.
La terrà
si squarciò con un tonfo sordo, e pietre e polvere si alzarono ovunque.
Zack
indietreggiò di qualche passò, poi mise mano alle Pokéball.
“Eccoti
qui...” sorrise poi, quando una torre di più di venti metri si erse davanti ai
suoi occhi.
Era uno
Steelix.
Occhi rossi spiritati ed uno strano sorriso sul volto. Quel Pokémon
era dannatamente alto, e sembrava essere fuori controllo.
“Forse
era lui la causa dei terremoti, e non Groudon” fece Rachel.
“Non ne
ho idea... vai Growlithe”
“Growlithe?!” esclamarono contemporaneamente le ragazze.
“Growlithe?!” esclamarono contemporaneamente le ragazze.
Il cane poliziotto
si sistemò sul campo. Vide Steelix, poi, e fece un passo indietro, ma solo per
poterlo guardare meglio. Prese a ringhiare, rizzando il pelo ed avvicinandosi
il più possibile al pavimento con la testa, reattivo.
“Che cosa
vuoi fare?! Tira fuori Gyarados e lotta alla pari!” urlava Rachel.
“Zitta.
So quello che faccio” fece lui, quasi sussurrandolo.
“Ci farai
uccidere!”
“Almeno
ora! Fidati di me almeno ora!” si girò per un attimo lui, e fu allora che
Steelix attaccò.
Delle
rocce aguzze cominciarono a cadere sul povero Growlithe, che si vide costretto
a schivarle. Non ci fu neanche bisogno che Zack glielo indicasse, bastò un po’
di senso di autoconservazione.
Saltava
qua e la.
“È
Cadutamassi” sospirò Zack, ragionando. Growlithe sembrava quasi divertirsi
mentre schivava quei proiettili che cadevano dall’alto. Intanto Steelix si
innervosì, prendendo ad intensificare l’attacco.
“Hai
bisogno di aiuto!” urlò Mia.
“No, stai
tranquilla... ora lo stendiamo... Growlithe, usa Fossa!”
Growlithe
scavò velocemente un tunnel, e saltò dentro. Steelix non lo vedeva, e non
sarebbe lo stesso riuscito a farlo, per via dell’enorme quantità di polvere
alzata dal trambusto e dalla mossa di Steelix.
“Sai,
vero che Steelix è un Pokémon di terra?” chiese Rachel.
“Infatti!
È uscito da sottoterra, ci saprà tornare!” esclamò l’altra.
Zack
sbuffò, e schioccò le dita. Come d’incanto Growlithe saltò fuori alle spalle di
Steelix.
“Sali!”
urlò Zack, e vide il suo Pokémon salire velocemente lungo i massi d’acciaio che
componevano il corpo dell’avversario. Steelix pareva non accorgersi di nulla, e
continuava a bombardare di masse la zona che aveva davanti, ormai piena di
nulla oltre che sassi.
Growlithe
velocemente raggiunse la cima di Steelix poi abbaiò.
“Ora!”
Quello
lanciò un Lanciafiamme potentissimo dritto sul volto di Steelix, che ruggì.
Poi urlò.
Lentamente
cercava di muoversi, ma il fuoco stava facendo il suo effetto.
Fu pochi
secondi prima che Steelix cominciasse a barcollare che Zack fece rientrare
Growlithe nella sfera.
Già. Si volle
godere lo spettacolo in completa tranquillità.
Steelix
chiuse gli occhi, e con il capo rosso, per via dell’acciaio surriscaldato,
cadde di gran peso alle sue spalle, producendo un fortissimo rumore.
Mia
cercava riparo tra le esili braccia di Rachel, che volle proteggerla unicamente
per il suo status quo.
Poi il
silenzio. Si sentiva il rombo lontano dei tuoni che cadevano sul suolo.
“Ed ecco
che il mio piccolo Growlithe stende un Pokémon alto quanto un palazzo”
“Bravissimo!”
esplose in un sussulto di gioia Mia, correndo ad abbracciare Zack.
Rachel
storse le labbra e sospirò. Beata ingratitudine.
Ringraziarono
Arceus per lo spavento e continuarono a camminare, per arrivare al monte Trave.
“Che ha
detto?” chiese Marianne, non appena vide Ryan uscire dall’ufficio.
Quello
silenzioso salutò Linda con un cenno del capo e raggiunse la ragazza
afroamericana.
Fu
proprio Lionell a chiedere a Linda di limitare al massimo i rumori inutili, e
lei rispettava diligentemente le indicazioni fruitegli dal capo.
Si sentivano
solo i neon ronzare.
I passi
di Ryan risuonavano forti nel corridoio, come rintocchi di campane a
mezzanotte, fin quando non le si fermò dinnanzi.
“Andiamo
a parlarne in un altro posto. Ho voglia di allenarmi”
“Non pensi di esagerare?”
“Con l’allenamento?”
“Già”
“No”
“Forse dovresti rilassarti. Inseguire tua sorella non è molto semplice”
“Novità?”
“Si stanno dirigendo verso il Monte Trave. Di nuovo”
“E noi saremo li ad aspettarli”
“Che hai in mente?”
“Voglio prendermi la mia rivincita. E finalmente riuscire a strappare mia sorella dalle grinfie di quel ragazzo”
“Che ti ha fatto di male?”
“Mi ha rubato Rachel. È già abbastanza” disse poi, riprendendo a camminare. Marianne allungò il passo, cercando di raggiungerlo, e lo tirò per un braccio.
“Non pensi di esagerare?”
“Con l’allenamento?”
“Già”
“No”
“Forse dovresti rilassarti. Inseguire tua sorella non è molto semplice”
“Novità?”
“Si stanno dirigendo verso il Monte Trave. Di nuovo”
“E noi saremo li ad aspettarli”
“Che hai in mente?”
“Voglio prendermi la mia rivincita. E finalmente riuscire a strappare mia sorella dalle grinfie di quel ragazzo”
“Che ti ha fatto di male?”
“Mi ha rubato Rachel. È già abbastanza” disse poi, riprendendo a camminare. Marianne allungò il passo, cercando di raggiungerlo, e lo tirò per un braccio.
“Aspettami!
Che vorresti fare ora?”
“Beh, a quanto pare Rachel ha un motivo in più per tornare qui con me”
“Vuoi spiegarmi?”
“Tutto a tempo debito, mon cheri...ora cerchiamo di organizzarci per la prossima uscita”
Marianne lo guardava, a testa alta perché era bassa, e cercava di cogliere un indizio dalla luce che aveva negli occhi.
“Beh, a quanto pare Rachel ha un motivo in più per tornare qui con me”
“Vuoi spiegarmi?”
“Tutto a tempo debito, mon cheri...ora cerchiamo di organizzarci per la prossima uscita”
Marianne lo guardava, a testa alta perché era bassa, e cercava di cogliere un indizio dalla luce che aveva negli occhi.
“Non vuoi
dirmelo?”
“Ho detto che te lo dirò... ma calmati. Ora andiamo a combattere”
“Già... a questo proposito, hai un nuovo membro nella tua squadra”
“Membro?”
“Si, un nuovo Pokémon”
“Chi?”
“Ho detto che te lo dirò... ma calmati. Ora andiamo a combattere”
“Già... a questo proposito, hai un nuovo membro nella tua squadra”
“Membro?”
“Si, un nuovo Pokémon”
“Chi?”
“Avrai un
Feraligatr”
“Wow” non si sconvolse Ryan.
“Il tuo
team sta diventando davvero forte”
“Per competere con quello di Zackary Recket dovrò utilizzarlo al meglio. Andiamo in palestra”
“Per competere con quello di Zackary Recket dovrò utilizzarlo al meglio. Andiamo in palestra”
Era forse
il silenzio che più di ogni altra cosa infastidiva Zack.
Non che
Rachel fosse una grande parlatrice.
Lui
divideva le persone in due tipologie. Quelle che sanno parlare, e quelle che
sanno ascoltare.
E Rachel
sapeva ascoltare.
Ma stare
zitta per più di due ore, senza neanche fare un cenno non era naturale.
Era
forzato.
Rachel
non voleva parlargli, e intanto camminava come capogruppo, mentre Litwick
fluttuava accanto a lei. Il freddo diventava sempre più pungente, e fu
costretta, come poi fecero anche Mia e Zack, a tirar fuori il giubbino.
L’erba
alta ad un certo punto si interrusse. Era stata bruciata dal freddo.
Erano
entrati nella zona del Monte Trave.
“È ancora
arrabbiata?” domandò Mia, dispiaciuta.
“Non lo
so”
“Spero solo di non essere stato io ad aver creato questo qui pro quo”
“No, non sei tu, non preoccuparti... è con me che ha dei problemi”
“Proprio come dei fidanzati” sorrise dolcemente la bionda.
“Spero solo di non essere stato io ad aver creato questo qui pro quo”
“No, non sei tu, non preoccuparti... è con me che ha dei problemi”
“Proprio come dei fidanzati” sorrise dolcemente la bionda.
“Non
siamo fidanzati”
“All’inizio ho pensato lo foste”
“Un ruolo del genere richiederebbe più pazienza di quanta ne esiste nel mio corpo. Rachel è complicata”
“Come tutte le donne. Ma ha qualcosa da donarti, che nessuno tranne che una donna può darti. Ed è l’amore”
“Mia, non amo Rachel, non stiamo insieme e probabilmente non mi parlerà mai più”
“All’inizio ho pensato lo foste”
“Un ruolo del genere richiederebbe più pazienza di quanta ne esiste nel mio corpo. Rachel è complicata”
“Come tutte le donne. Ma ha qualcosa da donarti, che nessuno tranne che una donna può darti. Ed è l’amore”
“Mia, non amo Rachel, non stiamo insieme e probabilmente non mi parlerà mai più”
E
quest’ultima frase fece sorridere, anche se per poco, la diretta interessata, che
intanto ascoltava con attenzione ogni cosa.
Il vespro
cominciava a manifestarsi. Quel pallido sole stava lentamente facendo ritorno
dove nessuno poteva vederlo, e mano a mano che scompariva, il buio scendeva, e
la luce di Litwick diventava più luminosa.
A meno di
dieci chilometri c’era il Monte Trave. E sul terreno videro tracce di
nevischio.
Il vento
prese a soffiare forte, e da terra fogliame ed altro si alzò, volteggiando in
una girandola, danzando per sparire dalla loro vista.
“Fa freddo”
disse ad un certo punto Mia.
“Lo so,
tesoro, ma non è questo granchè. Sono stato sulla Vetta Lancia, una volta,
durante un mio viaggio. E beh, li c’era davvero da disperarsi”
“Sei stato a Sinnoh?”
“Si, sono stato anche li. Ho viaggiato molto”
“Eppure sei così giovane”
“Ho avuto la fortuna di partire presto”
“Sei stato a Sinnoh?”
“Si, sono stato anche li. Ho viaggiato molto”
“Eppure sei così giovane”
“Ho avuto la fortuna di partire presto”
“Eppure è
difficile avere gli stimoli adatti a non volersi mai fermare in un posto”
“Questo si... ma dopo un po’ hai dentro questa cosa che preme e che ti parla. Come voci, segnali di fumo che percepisco solo io, mi dicono di partire e di cercare nuove avventure. Allora preparo la mia squadra, il mio zaino e parto”
Mia sembrava essersi dimenticata del freddo pungente, anche se il respiro cominciava a condensarsi davanti ai loro volti.
“Questo si... ma dopo un po’ hai dentro questa cosa che preme e che ti parla. Come voci, segnali di fumo che percepisco solo io, mi dicono di partire e di cercare nuove avventure. Allora preparo la mia squadra, il mio zaino e parto”
Mia sembrava essersi dimenticata del freddo pungente, anche se il respiro cominciava a condensarsi davanti ai loro volti.
“Siamo
quasi arrivati” fece Rachel, stupendo i due compagni di viaggio. Si girò per un
momento, quelli erano così vicini che sembravano essere rimasti attaccati con
la colla.
“Ti sei
ripresa?” chiese Zack.
“Con te
non voglio parlarci. Mi hai deluso molto. Pensavo fossi diverso”
“Io non ti ho fatto niente”
“Di te mi fidavo”
“Non ti farei mai del male, e lo sai. Ti voglio bene”
“Finchè non mi dirai chi sei non potremmo avere un rapporto”
“Ragazzi finite di litigare...non potrei sopportare un altro spavento come quello di prima”
“Io non ti ho fatto niente”
“Di te mi fidavo”
“Non ti farei mai del male, e lo sai. Ti voglio bene”
“Finchè non mi dirai chi sei non potremmo avere un rapporto”
“Ragazzi finite di litigare...non potrei sopportare un altro spavento come quello di prima”
Rachel
sorrise. “In effetti ogni volta che litighiamo la terra trema”
“Fosse causa nostra?” domandò lui.
“Fosse causa nostra?” domandò lui.
Rachel
dipinse per un momento un piccolo sorriso sul suo volto, onde cancellarlo con
velocità. Si fermò, facendosi raggiungere dai ragazzi.
Un fiocco
di neve gli si era poggiato sulle labbra.
“Nevica”
sussurrò, poi lo catturò con la lingua. “Converrebbe fermarci qui, ed
accamparci per la notte”
“Ti avrei
seguito sicuramente, Rachel, ma non c’è tempo. Non vorrei che si manifestasse
qualche altro terremoto. Potrebbe benissimo finire peggio di così”
“Vuoi
salire le scale?”
“Scale?!” esclamò Mia.
“Scale?!” esclamò Mia.
“Si. I
mille scalini degli eroi” rispose Rachel.
“Spero
che Zorua stavolta rimanga dentro la sfera” punzecchiò il ragazzo, ottenendo
solo una brutta guardata da parte della mora.
“Avete
intenzione di salire mille scalini?!”
“Abbiamo
intenzione... con noi ci sei anche tu”
“Non so se ce la faccio”
“Mia, puoi fare quello che vuoi, la fatica è tutta una questione psicologica...basta che ti distrai”
“Già. Basta che conti cento volte da uno a dieci, e poi è fatta” aggiunse Rachel.
“Non so se ce la faccio”
“Mia, puoi fare quello che vuoi, la fatica è tutta una questione psicologica...basta che ti distrai”
“Già. Basta che conti cento volte da uno a dieci, e poi è fatta” aggiunse Rachel.
“Non
possiamo volare nemmeno con Braviary...il tempo non è dei migliori...è meglio
mettersi in marcia prima che le condizioni meteo peggiorino” concluse Zack, che
poi prese per mano mia e ritornò a camminare, lasciando Rachel da sola,
indietro.
Litwick
girava attorno alla sua testa, facendo una sorta di strana danza, e cantando
armoniosamente.
“Beato te
che ridi”
E fu
così, che tra risate le di Mia e Zack e mugugni di Rachel arrivarono alle
scale.
“Diamoci
da fare” fece il ragazzo. Erano le 20, e non accennava a smettere di nevicare.
Anzi, pareva nevicasse ancora più fitto.
Cominciarono
la salita, e Rachel era sempre più persa nella sua testa.
Pareva
fosse circondata unicamente dal buio, non riusciva ad uscire da quel posto, e
nonostante si trovasse in mezzo alla natura, sotto la neve, e stava salendo una
lunga scalinata il suo unico problema in quel momento era Zack.
Lo
guardava, mentre sorrideva alle battute di Mia.
Era forse
gelosia?
Non si
trattava di mia, no. Il problema era davvero Zack.
Celava
qualcosa, lo si vedeva da lontano, e Rachel, che spesso non si fidava nemmeno
di se stessa, e faceva bene, non capiva perché avrebbe dovuto fidarsi di un
totale sconosciuto.
Sempre
così sfuggente, sempre così evanescente nel momento in cui si parlava di lui.
E
quell’incredibile attitudine all’avventura che lo portava categoricamente ogni
volta a sfidare la morte, senza alcun timore, come se fosse sicuro di non poter
morire.
Si
sentiva indistruttibile.
Ed il
motivo non lo conosceva.
Sapeva il
suo nome ed il suo cognome, sapeva fosse un ventunenne e sapeva che era nato a
Celestopoli. Dopo un salto temporale enorme, di cui non sapeva nulla, arrivò ad
Adamanta, e studiò con Alma ad Edesea. Per forza di cose vinse le medaglie alle
palestre associate alla Lega Pokémon e diventò il campione di quel torneo.
Poi lo
incontrò nella radura accanto Primaluce e da li tutti i guai.
Maledetti
terremoti.
Nonostante
Rachel l’avesse sollecitato a parlare di sé più di una volta, le informazioni
scaturite furono sempre melliflue.
E mentre
la fatica cominciava a farsi sentire, la neve continuava a coprire di bianco le
chiome smorte degli alberi che aveva accanto. Il vento soffiava, Rachel sapeva
che se non si fosse mantenuta in equilibrio, sarebbe stato proprio quel vento,
unito alla stanchezza che aveva nelle gambe, a farla volare giù.
Pensò che
quello fosse un grande problema. Ricominciare la scalinata daccapo, oh no,
dannazione.
A
dispetto di tutto continuava a stringere i denti, ed a salire le scale, sferzata
dal vento vorace d’inverno.
Quella
partenza avventata, cominciata come una fuga rappresentava per lei l’inizio di
qualcosa di dogmatico.
Diventare
una donna.
Era
importante che rivestisse di duro ferro la sua esile figura per evitare che
proprio il vento dell’insicurezza la portasse a perdere la sua strada.
E a dover
ricominciare daccapo.
“Sono
quasi arrivati, Ryan” riferì Marianne.
“Perfetto.
Prepariamo i Salamence. Dobbiamo essere li velocemente”
Ryan
stava facendo delle flessioni. Accanto a lui, Gallade meditava, mentre Flygon,
Bisharp e Feraligatr erano stati lasciati liberi.
Quello
era il modo di Ryan per rilassarsi. Fare flessioni. Non pensare. Stare in
silenzio.
Non
pensare.
Zackary
Recket.
Non pensare.
Sconfitta.
Non
pensare.
Poi
sbuffò, e si lasciò cadere a pancia per terra. Marianne guardava silenziosa i
movimenti del biondo, senza muoversi.
“Stavolta
pensi di farcela?”
“Stavolta
so che ce la farò. La mia squadra è migliorata. E quel Feraligatr è davvero
forte”
Poi una voce dall’interfono di Marianne disturbò il silenzio.
Poi una voce dall’interfono di Marianne disturbò il silenzio.
“Si... subito.
Ryan, Rachel è sulla cima”
Negli
occhi di Ryan splendette qualcosa. Ambizione e vendetta.
“Bene.
Andiamo”
“Siamo
arrivati”
La voce
di Zack suonava così piena di serietà che pareva non fosse stato lui a parlare.
Mia fu
l’ultima a mettere piede sulla cima innevata del Monte Trave. Sentiva qualcosa
di strano serpeggiargli nello stomaco.
Stava per
vomitare, ma ne valeva la pena.
Stava
tutto per finire.
Stava
tutto per tornare alla normalità.
“Pensi
che dovremmo entrare nel tempio?” domandò Rachel a Zack.
“Dopo
l’ultima volta non credo sia il caso. Anzi... qui dovrebbe andare bene”
“Che devo fare?” domandò Mia.
“Che devo fare?” domandò Mia.
Rachel e
Zack si guardarono, poi la guardarono.
“Il cristallo
dov’è?” chiese la mora.
Mia aprì
il giubbino, mostrano la gemma verde sui seni.
“Ok. Non
so... prendila in mano e concentrati. Pensa ad Arceus”
“Si! Pensa ad Arceus!” fece l’altro.
“Si! Pensa ad Arceus!” fece l’altro.
Mia levò
lo zaino, e lo gettò per terra. La neve cadeva, e le si poggiò sul volto una
volta che alzò la testa.
“Arceus...”
sussurrò Mia, protendendo il cristallo al cielo.
Rachel e
Zack fecero automaticamente un passo indietro.
Immaginavano
entrambi Arceus. Immaginavano entrambi di vedere la divinità.
E poi Mia
prese ad urlare.
Rachel
ebbe un sussulto, ma poi sospirò.
“Non ci
riesco!”
“Ma siamo
sicuri sia lei l’oracolo?” chiese il ragazzo.
Rachel e
Mia lo guardarono interdette. L’ultima annuì.
“Riproviamo”
fece lui.
Rachel
levò lo zaino e prese la stele, quindi Mia mise velocemente la mano sul punto.
E la
stele si illuminò.
“È lei”
sentenziò Rachel”
“Riproviamo ad evocare Arceus, allora!” urlava Zack.
“Riproviamo ad evocare Arceus, allora!” urlava Zack.
“Ok, ci
riprovo”
Rachel
ripose la stele illuminata nello zaino e rimase a guardare Mia, che abbandonò
le ansie ed i dispiaceri ad un lungo sospiro. Poi afferrò il cristallo e lo
alzò al cielo.
“Arceus”
sussurrò. Serrò poi le labbra e strinse gli occhi, emettendo un piccolo
lamento. “No! Non ci riesco!”
“Non ci riesci perché non state facendo le cose nel verso giusto!”
“Non ci riesci perché non state facendo le cose nel verso giusto!”
La voce
non era dei tre ragazzi. Quelli si guardarono intorno, mentre Mia raccolse lo
zainetto e si avvicinò a Zack.
Ryan ed
altre quattro reclute, compresa la scagnozza di colore apparvero davanti a
loro.
“Ancora
tu?!” urlò Zack.
“Ryan!
Sparisci!” lo sovrastò Rachel.
“Rachel... devi sapere tutto”
“Rachel... devi sapere tutto”
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