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Undicesimo Capitolo - 11


Vi anticipo che venerdì sul nostro blog, che troverete - qui -, verrà pubblicato un off topic, scritto da me, sempre sui Pokémon. Non perdetevelo, perchè venerdì io e Rachel, la coautrice della storia, faremo un annuncio che, per chi ci segue con affetto, credo possa regalare un sorriso.
Ad ogni modo troverete tutto ciò che serve sui Pokémon, come immagini, news, rumors e le scan di Pokémon Adventures solo su Pokémon Adventures Ita, il portale dei Pokémon su Facebook.
Oggi è fuori il capitolo 11. Che succederà lì, sulla cima del monte Trave?
Scopritelo di seguito.
Stay ready...
Go!

Andy $ 




Il sole era tramontato da un bel pezzo, e la cima del Monte Trave era illuminata unicamente da alcune torce, che per altro erano state accese probabilmente dal custode, quasi a farlo a posta.
Quello era ignaro del fatto che di lì a poco, quel posto sarebbe diventato un campo di battaglia.
La neve continuava a scendere sottile e tranquilla, e fredda si scioglieva a contatto con la pelle dei ragazzi.
Mia, Rachel e Zack guardavano Ryan con un’ostilità mai vista prima. Se ne avessero avuta la possibilità, lo avrebbero fulminato con la vista.
“Che ci fai qui?!” urlò Rachel, facendo un passo avanti a Zack.
“Ti ho detto alcune cose, su questo ragazzo, l’altra volta, ricordi?”
Rachel ammutolì immediatamente. Quella cosa gli interessava.
Ryan invece con tutta calma scese dal suo Salamence ed incrociò le braccia.
“Ricordo”
Zack la guardò senza sapere dove quella discussione avrebbe potuto portare.
“Beh. Continuo a ripeterti che non è chi dice di essere. Nel suo passato ci sono cose spiacevoli. Cose che nessuno vorrebbe aver fatto”
“Il mio passato è pulito. Come la mia coscienza” rispose Zack.
“Chi era Emily White, Zack?”
Zack spalancò gli occhi facendo un passo indietro.
“Tu... tu che sai di Emily White?!” chiese il ragazzo, impanicato.
Mia e Rachel lo guardarono preoccupate.
“Avanti. Rispondimi”
“Chi è Emily White?” sollecitò Rachel.
“Emily è una parte del mio passato. Una parte che non voglio ricordare
“Chi è Emily White?” domandò Ryan stavolta.
“Dannazione! Che vuoi da me?! Che vuoi dalla mia vita?! Che ti ho fatto?!”
“Hai costretto mia sorella a seguirti”
“Io non ho costretto nessuno!”
“Rachel dovrebbe stare accanto a me”
“Rachel è libera di andare con chi gli pare!”
“Calmati. Ragazzi, fate il vostro dovere”
Le quattro reclute, più Marianne si fecero avanti.
“Oh cavolo...” tentennò Rachel.
“Stai calma. Ricordati gli allenamenti” fece Ryan. Zack alzò gli occhi e lo guardò in modo interrogativo. Per un attimo il verde smeraldo del suo sguardo incontrò il rosso rubino di quello dell’avversario. Quello rideva sornione.
“Combattiamo!” urlò una delle reclute.
“Rachel... mi raccomando” Zack la guardava con fare serio.
“So quello che faccio” rispose fredda lei.
Siccome era un 4 contro 2, Zack combatteva contro Marianne ed una recluta, mentre Rachel contro due reclute.
“Vai Wizard! Forza Zorua!” la ragazza lanciò due sfere sul campo di battaglia.
Il vento aumentava. Si stava scatenando una bufera di neve. Mia si chiuse nel giubbotto, facendo qualche passo indietro. Vide gli avversari di Rachel mandare in campo un esemplare di Golbat ed un Combusken.

“Non farti prendere dal panico. Forza” la incoraggiò Zack.
Rachel strinse le mani nei pugni, respirando lentamente con la bocca.
“Ok. Mi raccomando. Dobbiamo essere veloci. Siamo più allenati e più motivati di loro. Wizard, vai con l’attaccò Ondashock! Colpisci Golbat. Zorua, tu ti occuperai di Combusken, anche se sei svantaggiato. Mi raccomando!”
Zorua fece un cenno con il capo, mentre vide un potente attacco Ondashock andare a colpire il pipistrello avversario. Un colpo. Più che efficace.
Fuori combattimento.
Ryan inarcò un sopracciglio. Quel Pokémon era notevole.
“No! Golbat!” urlò il proprietario di quello.
“Combusken! Vai con Doppiocalcio su Zorua!” ordinò l’altro.
“Zorua cerca di evitarlo!”
Combusken saltò veloce verso l’avversario, mentre Zorua rimaneva basso.
Forse per un errore di calcolo non si rese conto della velocità dell’avversario, che piombò su di lui come una meteora in collisione colpendolo con un primo calcio, e caricando per il secondo.
“No!” Rachel era pronta al peggio, quando vide Zebstrika utilizzare un Attacco Rapido proprio mentre il secondo calcio stava per essere scagliato.
“Grande Zebstrika! Zorua! Ora vai con Falselacrime!”
E come un grande attore, Zorua finse di piangere, facendo abbassare per un attimo la guardia di Combusken.
“Attento, Combusken!” urlò il suo proprietario.
“Wizard, vai con l’attacco Scintilla!”
Zebstrika caricò il pelo di elettricità. La criniera cambiò velocemente colore, diventando gialla, e piccole particelle elettriche cominciarono a propagarsi nell’aria, quindi corse incontro a quello, mentre Zorua lo stava distraendo.
“No! Combusken!”
Quello si girò di scatto, e saltò, facendo una capriola, per evitare di essere caricato da Zebstrika.
“Vai con Calciardente!”
Combusken fece una capriola, mentre dalla sua zampa una fiamma luminosa apparve. Con potenza l’attacco si abbattè sull’avversario, ma fu una mossa poco furba, considerato l’attacco che Zebstrika aveva in canna.
Il potenziale elettrico fece il resto. Combusken rimase fulminato e paralizzato per terra, mentre Zebstrika si rialzò con fatica.
“Bravissimi, tutti e due” sorrise Rachel, facendoli rientrare. Zack intanto aveva sconfitto molto più semplicemente Marianne e lo scagnozzo con la solita coppia Absol – Lucario.
Ryan rimase a braccia conserte, sorridendo.
“Bravissimi. Ma... quello era solo l’aperitivo”
“Ryan, non voglio combattere contro di te” fece Rachel, riponendo le sfere.
“Ma io si” aggiunse Zack.
“Io puntavo proprio te”
Ed è qui che torniamo a parlare di nuovo di potenziale elettrico. Ioni positivi contro ioni negativi, poli opposti.
Che stavolta si respingevano.
Un lampo partiva dagli occhi di entrambi, e raggiungeva l’avversario. Metaforicamente parlando.
Già, perché la neve intanto continuava a cadere, e si ammucchiava sui loro cappucci.
“Vogliamo cominciare?” domandò Zack.
“Dopo di te. Mi concederai la mia rivincita”
“Dovrò concedertene ancora molte, a quanto pare”
“Vai, Flygon!”
Il Pokémon uscì dalla sfera, e prese a volare velocemente in aria, per poi scendere di nuovo in picchiata.
“Scontro Aereo? Ti accontento subito! Vai Braviary!”
L’aquila uscì fuori, gridando.
“Rendiamo la cosa più interessante! Flygon! Terrempesta!”
Flygon ruggì, ed una potente tempesta di sabbia si espanse velocemente.
Il problema era che nevicava.
E fu così che cominciò a piovere fango.
Ryan sorrideva. E Zack aveva già capito. “Non ci tengo. Non sacrificherò il mio Braviary per questa inutile lotta”
“E così il campione della Lega perde uno dei tre match contro il sottoscritto... io lascio qui il mio Pokémon. Tocca a te” sorrise sornione Ryan.
Zack lo sapeva. Era inutile far lottare Braviary nel fango. Conosceva già la strategia di Ryan. Prima avrebbe temporeggiato, e sfruttato la velocità di Flygon per permettere al fango di posarsi sulle ali di Braviary, dopodichè avrebbe usato un semplice attacco Raffica, che avrebbe permesso al fango di solidificarsi. E così Braviary avrebbe perso lo stesso.
Lui già aveva previsto tutto. Far lottare lo stesso il suo Pokémon non era saggio.
Non era un sadico.
“Vai Gyarados” fece, stufo.

Il fango cadeva ancora, e Flygon era fermo, a pochi metri dalla testa di Ryan.
“E così sono in vantaggio...” disse Ryan.
“E per quale motivo?”
“Uno a zero per me. E poi io posso volare”
“Da quanto tempo sei un allenatore, Ryan?”
“Abbastanza da conoscere le combinazioni tra tipi”
Zack sorrise. “Se non fossi così terribilmente impertinente ti sfiderei più volentieri”
“Beh, tutti dobbiamo fare qualcosa per tirare avanti. Ma dopo oggi ti scomparirà la voglia di sfidarmi. Flygon, vai con l’attacco Agilità!”
Flygon cominciò a volare come un proiettile, fermandosi di tanto in tanto per dare un punto di riferimento fittizio all’avversario. Gyarados ruggiva, e questo impauriva leggermente Rachel. Mia invece era terrorizzata.
“Gyarados, usa Dragodanza”
“Uhm... interessante”
Gyarados ruggiva ancora, mentre il suo corpo lungo si torceva come se stesse davvero danzando sulle note di una danza tribale.
Il fango cadeva sul suo corpo umido, e scivolava per terra, accumulandosi sulla neve che andava via via sciogliendosi.
“Flygon, usa Extrarapido!”
“Gyarados, vai con Colpo”
“Cosa?!”
Zack non si difese. Attaccò. La loro precedente lotta aveva portato Ryan fuori pista. Un approccio difensivo, che Zack non era solito usare, non faceva per Pokémon con la potenza di Gyarados, e con il vantaggio sui tipi.
E quindi Ryan si aspettava al massimo che Zack urlasse a Gyarados di schivare l’attacco, ma non di contrattaccare.
E fu così che come un lampo Flygon si gettò a capofitto verso Gyarados, che, vedendolo arrivare, prese bene la mira e lo colpì con una grossa capocciata.
Flygon si abbattè sulla neve sporca con violenza.
“Attacca, Gyarados!”
Quello si scagliò con una ferocia immane sull’avversario, colpendolo altre due volte.
“Flygon! No! Prova a schivare!”
Quello con le ultime forze rimaste si spostò, evitando l’ultimo colpo, che Gyarados inflisse al pavimento della montagna. Quest’ultimo ruggì. Era davvero furioso.
“Flygon, usa Doppioteam! E poi Riposo!”
Quello si volle cautelare. Insomma, il suo Flygon non poteva perdere in quel modo, preso in contropiede.
Salì in volo ad una buona altitudine, e si sdoppiò in varie copie, cominciando a planare in cerchio.
Dopodichè si addormentò.
Ryan sorrise.
“Non mi fermerà questo. Gyarados, usa Mulinello!”
“E arriverebbe fin li sopra?!” esclamò sorpreso Zack.
Gyarados ruggì, e creò un mulinello dalle dimensioni abnormi. Ryan non si rese conto di aver spalancato la bocca.
“Ora!”
Il mulinello si abbattè su Flygon e sulle sue copie, che nemmeno il tempo di recuperare le poche energie rimaste, era finito fuori combattimento, schiantandosi con veemenza sul pavimento.
“Umpf... Flygon, ritorna... a quanto pare siamo pari”
Zack sorrise leggermente. Il fango smise di cadere su di loro. Al suo posto di nuovo la morbida e delicata neve.
“Già. Ed ora?”
“Ora ho un giocattolino nuovo che vorrei provare”
“Oh, adoro provare giocattolini. Di solito però li rompo”
Ryan sorrise e tirò in campo Feraligatr.
Quello ruggì. Gli occhi spiritati, apriva e chiudeva voracemente la bocca, come se stesse masticando aria.
“Gyarados, torna. Rachel, ti farò vedere il mio sesto Pokémon”
Quella inclinò la testa, con le braccia conserte, ed una gamba dinnanzi l’altra. Non pareva essere molto interessata, a quanto traspariva dal suo viso.
“Vai, Torterra!”
Un esemplare enorme di Torterra fece la comparsa sul campo. Mosse lentamente la testa, guardò Zack, e poi Feraligatr, cominciando ad emettere un verso spaventoso.
Feraligatr ruggì.
“Cominciamo... a quanto pare neanche loro sono più nella pelle” fece Ryan.
“Libero di accontentarti. Torterra,  usa Foglielama!”
Torterra ruggì, e dall’albero enorme che aveva sul guscio partirono delle foglie taglienti, che velocemente si fiondarono su Feraligatr.
“Usa Geloraggio!” fece invece Ryan.
Quello fece partire un raggio celeste dalla bocca, che prese in pieno le foglie, andatesi poi a schiantare sul corpo di Feraligatr senza alcun danno, e continuò, andando a colpire Torterra sul guscio.
“No! Torterra, resisti!”
“Vai!” esclamò sorridente e pieno di entusiasmo Ryan. Il Geloraggio aveva creato una patina ghiacciata sul guscio di Torterra, vicino alla testa.
“Torterra, usa Radicamento!”
Dal carapace di Torterra partirono delle radici, che scavarono nella neve e scavarono nella roccia.
“Divertiti” disse poi Zack al suo Pokémon.
“Non servirà contro il mio geloraggio! Continua Feraligatr!”
Il geloraggio continuava a picchiare sul guscio di Torterra.
“Resisti! E continua con il Radicamento!”
“Ma che stai facendo, Zack?!” urlò Mia. Non reagiva all’attacco. In quel modo avrebbe perso l’incontro.
“Feraligatr... fermo...” Ryan sentiva qualcosa.
“Ora!” urlò Zack. Dal terreno uscirono le radici che partivano dal guscio di Torterra, che afferrarono Feraligatr per la coda e le zampe posteriori.
“No!” urlò Ryan.
“Ottimo! Continua! Avvolgilo per bene!”
Continuavano ad uscire radici dal terreno, che fasciavano con ancora più forza il Pokémon d’acqua.
Feraligatr ruggiva, ed impotente per via dell’immobilità prese a ruggire con forza. Le radici presero a coprirgli le gambe ed il torace. Quello sbatteva con forza la coda, ed agitava inutilmente le zampe anteriori, cercando di liberarsi.
Ma niente.
“Torterra, chiudiamo!”
Le radici uscirono con ancora più forza e velocità dal terreno, e bloccarono anche le braccia dell’alligatore azzurro, quindi presero a stritolarlo.
“Fermati” fece Ryan, facendo rientrare Feraligatr nella sfera. Era cupo.
“Hai perso”
“Ho perso, si”
“Ci vuole allenamento per cose come questa”
“Complimenti. Hai reinventato una mossa. Radicamento serviva a recuperare punti salute...”
“Ed io l'ho utilizzata per levarti i tuoi”
“Capisco perché sei il campione della Lega... ma Rachel...” disse poi, voltandosi verso di lei. Lo sguardo di quella era paragonabile a quello di una cerbiatta ferita.
“...stai vagando per la regione con un finto scopo, quando l’unica cosa che vuoi è trovare te stessa. Rachel, io ho trovato la tua famiglia”
“Cosa?!”
“La tua famiglia, Rachel. Io ho parlato con la tua famiglia”

Rachel si bloccò.
Crack.
Lo aveva sentito. E quasi giurava che tutti in quel posto, da suo fratello all’Oracolo, avessero potuto sentirlo a loro volta.
Ryan la guardava, gli occhi cremisi fissi su di lei, come se ci fossero stati solo loro due in quello spiazzo. E per un attimo Rachel aveva davvero desiderato che fosse così. Che ci fossero solo loro due e che potevano parlare senza urlare per sorpassare la distanza fisica e psicologica che li separava.
Ma poi alle sue parole qualcosa si era spezzato.
Conosco la tua famiglia. So che loro ti stanno ingannando. Il tuo viaggio è vuoto. Inutile.
Non era così, non voleva che fosse così.
Troppe cose le stavano vorticando per la mente.
Salvare il mondo. Ho trovato la tua famiglia. Contattare Arceus. Ti stanno ingannando. Proteggere l’Oracolo. Non fidarti di loro. Salvaguardare il Cristallo.
Era stanca. Psicologicamente.
Teneva la testa bassa e respirava affannosamente.
Avrebbe voluto urlare. Piangere. Aveva bisogno di liberarsi di quella sensazione che la consumava.
Zack adesso stava iniziando a preoccuparsi.
“Rachel... va tutto bene?” il suo tono lasciava trasparire la sua ansia.
Provò ad avvicinarla, ma la ragazza si ritrasse. Il campione si accorse solo in quel momento che stava tremando. Una minima parte di lui sperava di poter incolpare il freddo, ma capiva da solo quanto ridicola fosse quell’idea.
“Stammi lontano, per favore” la ragazza sembrava volersi piegare su sé stessa. Si cingeva da sola con le braccia e si teneva bassa col busto. Continuava a tremare, violentemente, e si ostinava a fissare il suolo.
“Hai capito, Rachel? Lascialo stare, torna a casa, torna con...” fece il ragazzo con gli occhi rossi.
“BASTA PER FAVORE, STA’ ZITTO!!” le parole di quello furono interrotte dal grido della ragazza.
Quello rimase immobile, come se gli fosse impossibile anche solo prendere per vere le parole della ragazza, come se non gli fosse possibile accettare e assimilare quel rifiuto.
Intorno a Rachel si stava creando un vuoto. Mia, spaventata si era allontanata, cercando riparo dietro Zack, che, nonostante volesse, temeva di peggiorare la situazione avvicinandosi alla ragazza.
Lui e Ryan erano gli unici che si mantenevano ad una distanza equa dalla giovane, ma nessuno dei due sapeva come affrontare quello che le stava capitando. Rachel si era abbassata definitivamente, continuava a tenersi stretta mentre si trovava quasi a sfiorare il terreno.
Ryan tentò di avvicinarla, nel tentativo di calmarla, ma quella scattò in piedi, mettendo di nuovo distanza fra i due.
“Io... non ci capisco più niente!” era più una sua presa di consapevolezza che un messaggio ai due ragazzi.
Un modo per dire, okay, basta, sono al limite e non ce la faccio davvero più.
Gli occhi erano pieni di lacrime e il suo sguardo sembrava un misto fra rabbia e smarrimento. Ryan ricordava di averglielo visto quella sera, mentre cercava disperatamente di tenerla fra le braccia per far calmare la sua furia.
Si avvicinò nuovamente, l’avrebbe presa con la forza, portata a casa e lì le avrebbe dato tutto il tempo di calmarsi, ma doveva agire adesso che tutti sembravano incapaci di muoversi.
Tuttavia, senza che nemmeno se ne accorgesse un Larvitar gli sbarrava la strada.
Gli occhi rossi del piccolo Pokémon lo fissavano pieni di astio, mentre Zebstrika e Zorua sembravano voler riparare la loro allenatrice. Persino il piccolo Litwick, ancora incapace di una vera e propria lotta si mostrava accanto alla ragazza, facendo divampare la sua fiammella.
Ryan indietreggiò per forza di cose. Sapeva quanto fosse pericoloso quel piccolo Pokémon per un normale essere umano.
In quel momento Larvitar lanciò forte il suo verso, e si bloccò. Il piccolo Pokémon Peldisasso iniziò a cambiare il suo aspetto, il verde del suo corpo iniziò a mutare in un colore grigiastro, e una corazza gli crebbe attorno, lasciando solo delle piccole cavità per gli occhi o poco più.
Per un attimo la tensione di Rachel si sciolse.
Anzi no. Si sentiva soffocare, di nuovo.  
Era colpa della neve, di tutta quella neve che rendeva il paesaggio tanto bianco da farla risaltare come una macchia nera, un errore su un foglio immacolato.
Diede l’ordine senza nemmeno pensare.
“Pupitar, Terrempesta!”
Improvvisamente il Pokémon iniziò a girare su sé stesso, creando un vortice di terriccio che si abbatté sullo spiazzo e sui presenti, che si unì alla neve, creando di nuovo una pioggia sporca e fitta. Non si riusciva a vedere nulla, anche perché i ragazzi tenevano gli occhi chiusi.
Ryan indietreggiò ulteriormente, sentendo solo vagamente uno spostamento d’aria alla sua sinistra e rendendosi conto dal rumore che esso era creato dalla corsa di Zebstrika.
Si, era proprio Zebstrika. Rumore di zoccoli.
Rachel stava scappando.
“Maledizione!” le parole gli morirono in gola, rendendosi conto di non avere con sé nessun Pokémon per bloccarla e che riuscisse a destreggiarsi contro la tempesta.
Dopo un minuto quasi eterno, nello spiazzo torno a cadere semplice neve. Mia, protetta da Zack che l’aveva riparata col suo stesso corpo, era terrorizzata. Il ragazzo invece era incredulo.
Dall’altra parte dello spiazzo invece si trovavano Marianne e le altre tre reclute, ancora stupiti ed accovacciati a terra.
Concludeva lo scenario Ryan, immobile al centro dello spiazzo.
Aveva già capito quanto sarebbe stato faticoso rintracciarla. La neve stava aumentando l’intensità della sua caduta e fra poco le orme degli zoccoli sarebbero state coperte. Aggiungendoci la velocità del Pokémon, la possibilità di recuperarla era pura utopia.

Zack era rimasto interdetto. Si girò verso Mia, con il volto funereo, e schiuse leggermente la bocca.
“Zack...”
“Mia”
“Dov’è Rachel?”
Zack aveva ancora sul volto la paura e lo sgomento. Rachel aveva mollato. Si girò verso la scala. “Non... non c’è più...”
Il respiro cominciava ad accelerare, il petto non riusciva a contenerlo, e le voci di tutte le persone presenti li rimbombavano nella sua testa con forza.
Il fango che aveva sulla faccia colava, come lacrime, cadeva per terra, rimbombava con le voci.
Rimbombava con i suoi pensieri.
Con la sua rabbia.
Di scatto corse verso Ryan, che lo vide arrivare all’ultimo, spiccò un salto e lo colpì in faccia con un pugno, facendolo cadere per terra. Gli si avventò addosso come un avvoltoio in picchiata, continuando a colpirlo.
“Perché?! Perché non sei rimasto dov’eri?! Perché hai rotto quest’armonia?!”
Marianne e gli scagnozzi corsero verso Zack, afferrandolo per le braccia.
“Sei uno stronzo!” urlò ancora. Una volta che lo separarono da Ryan, cercò di liberarsi in tutti i modi, mordendo, agitandosi e sputando.
“Stai mettendo a rischio il destino del mondo!” urlò Zack.
Ryan era a terra, con un prevedibile mal di testa. Rivoli di sangue uscivano dalla sua bocca, e l’occhio destro in seguito si sarebbe gonfiato in seguito all’ecchimosi.
Aprì l’occhio sinistro, l’unico che riusciva ad aprire d’altronde, e si rialzò, aiutato da Marianne. Un treno lo aveva investito. Si doveva essere proprio così, perché si sentiva davvero come se si fosse addormentato sulle rotaie.
Poi ricollegò. “Recket...”
“Ryan! Ti distruggo! Ti ammazzo!”
“La prossima volta finirà diversamente... andiamo via” fece quello.
Salirono sui Salamence e volarono via, velocemente.
Zack rimase sotto la neve, sporco di fango e sangue, ed urlava al cielo.

“Maledetto! Che tu sia maledetto!”

Rachel correva in groppa a Zebstrika. Sentiva le raffiche di vento gelido sfiorarle il viso, ma non se ne sentiva intaccata. Non sentiva niente. O forse semplicemente sentiva troppo. Così tante cose che non aveva spazio per provare nient’altro. Fosse dolore, freddo, fame.
Corse lasciando che fosse il suo Pokémon a decidere la destinazione. Nonostante il ghiaccio e la neve si fossero depositati in grandi quantità sugli scalini, i duri zoccoli di Zebstrika non correvano il rischio di perdere la presa, ed in una manciata di secondi il Pokémon era già sceso dal monte e cavalcava a velocità impressionante verso il bosco che circondava la montagna
Teneva gli occhi chiusi, stringendoli al punto da indolenzirle la testa.
Quando si trovò nel folto del bosco, Zebstrika si fermò. Rachel tardò qualche istante ad accorgersene e quando se ne rese conto aprì timidamente un occhio e poi l’altro. Quella scalinata così insidiosa da salire era stata ridiscesa in pochi secondi.
Smontò dalla groppa del Pokémon, indugiando per qualche secondo sul terreno ghiacciato. Dopodiché chiamò fuori Pupitar.
Era stanca, ma gli sorrise ugualmente.
“Grazie”
Si era evoluto, probabilmente in risposta al suo stato d’animo. Le dispiaceva, da una parte, che fosse stata la rabbia a spingere il suo Pokémon a mutare, ma d’altro canto era felice che l’avesse protetta, anzi, che l’avessero protetta, erano stati tutti i suoi Pokémon a proteggerla e difenderla in modo da permetterle di scappare.
Era stanca, ma doveva muoversi. Si prese qualche minuto per valutare la situazione. Mentre pensava un piccoli gruppo di Salamence si stava allontanando dalla montagna e solo dopo qualche minuto avvistò anche Braviary. Si fece più piccola, cercando di rimanere immobile. Volava in cerchio.
Zack e Mia la stavano cercando.
Doveva scappare, di nuovo. Sospirò. Il peso di quella convinzione le cadde addosso. voleva allontanarsi di nuovo. Da tutto e da tutti. Era stanca, tuttavia addormentarsi in mezzo a quella nevicata, nonostante il sacco a pelo e il calore dei suoi Pokémon, poteva essere davvero pericoloso.
Si rimise in groppa a Zebstrika, facendo rientrare Pupitar nella sfera e lasciando liberi solo Litwick e Zorua. Il piccolo Pokémon malavolpe aveva preso di nuovo le sue solite sembianze umane e la osservava preoccupato. La ragazza gli sorrise, scompigliandogli i capelli rossi e lo abbracciò stretto.
Era il suo unico legame, era tutto ciò che aveva. Era sempre stato tutto ciò che aveva. Una lacrima le sfuggì e se la asciugò con la manica del giacchetto. Non poteva crollare adesso. In mezzo alla neve il suo unico indizio per orientarsi erano le luci di Palladia, smorzate dal continuo cadere della neve. Non si preoccupava nemmeno troppo di possibili inseguitori dall’alto, vista la tormenta che si stava per scatenare gli sarebbe stato impossibile seguirla. Incredibilmente quelle condizioni meteorologiche così avverse avevano finito per facilitarle la fuga.
Sorrise. Ma era un sorriso amaro, un po’ triste, manifestato all’ironico pensiero di quanto fortunata fosse stata quella nevicata. Dopodiché diede un colpo con le gambe a Zebstrika e lo indirizzò verso la Grotta delle Lanterne.

Braviary atterrò a Palladia. Il centro Pokémon, aperto fino a tarda notte, rappresentò per Zack e Mia un ottimo riparo.
La ragazza era pallida. Il freddo le aveva congelato il sangue, e si stava per presentare un principio di ipotermia. Non sentiva più le punte delle mani.
Tremava.
Zack si rese conto di quanto delicata fosse.
“Mia...come va?” chiese lui, una volta seduti ad un tavolino. Le si mise accanto, cingendola con il braccio. Il giubbino la imbottiva, ma stranamente non era riuscita nel contrastare il freddo.
“Ho...ho freddo” rispose lei, battendo i denti.
“Hai ragione. Ho già chiesto due brodini caldi”
“Grazie”
“Non preoccuparti. Anzi, scusami”
“Perché?”
“Stai vivendo queste disavventure per via mia...”
“In fondo lo facciamo per una buona causa”
Zack sorrise, e poggiò la sua testa contro quella della bionda. Il sonno cominciava a farsi sentire.
“È stata dura, vero, sconfiggere quel ragazzo dagli occhi rossi?”
“Ogni lotta deve essere presa nel modo giusto. I miei Pokémon sono allenati. A questo proposito li ho lasciati qui, per essere curati. Torterra è rimasto congelato, è tuttavia ha continuato a lottare”
“Non me l’aspettavo, a dire il vero”
“La mossa delle radici?”
“Già”
“Il frutto di anni di allenamento. Torterra è molto forte”
“Senti...” disse poi la ragazza, cercando di muovere lentamente le mani e le dita. “...vorrei parlare di Rachel”
“Si”
“Era così importante per te?”
“Non ci conoscevamo da tanto. Anzi, eravamo quasi dei completi sconosciuti, ma le volevo del gran bene. È una ragazza che ha sofferto molto. Non volevo abbandonarla da sola contro il mondo”
“Perché è scappata? Che aveva contro di te?”
Zack sospirò, lasciando Mia dalla presa e poggiando la testa sul tavolo.
“Ryan ha fatto di tutto per mettermi in cattiva luce. Ha svelato cose che non le avevo detto, come ad esempio la questione della Lega Pokémon...di cui sono campione...”
“O quella riguardo Emily White”
“Si” Zack s’incupì immediatamente.
“Posso sapere chi è?”
“Mi fa male parlarne”
“Dimmi solo se posso fidarmi di te. Ho visto le tue capacità di allenatore, e sei il migliore che abbia mai incontrato...nonostante la mia esperienza ho...ho riconosciuto in te una grande forza d’animo. Ma non conosco il Zack uomo. Ho paura che tu possa essere una brutta persona”
“Io sono così come mi vedi”
“Vorrei sapere se prima eri come adesso”
“Avrebbe tanta importanza saperlo? L’importante è adesso. L’importante è domani”
“Ryan...chi è Emily White?”
Zack deglutì. Gli sembrò di ingoiare un pugno di sabbia. Distolse lo sguardo.
Emily White era una cicatrice.
Una cicatrice aperta.
E Mia stava girando il coltello nella piaga.

Ryan provava una bizzarra miscela di emozioni.
Una parte di questa era rabbia. I suoi occhi cremisi osservavano il soffitto della sua stanza, ripensando alla sfida di quella giornata. Gli era impossibile dormire, ma ormai era una condizione con cui stava imparando a convivere.
La sua seconda sfida contro il campione della lega era stata di nuovo un fallimento. Non riusciva ad accettarlo.
Passò una mano fra i capelli dorati, facendola scendere fino ad arrivare a coprirsi gli occhi. Aveva fatto del suo meglio. Ne era sicuro. Tuttavia non era ancora sufficiente. Feraligatr era stremato, così come lo era Flygon. Avevano fatto del loro meglio, non erano loro il problema, se ne rendeva tranquillamente conto. Il problema era semplicemente che il ragazzo di nome Ryan era ancora inabile con combattimenti di quel livello.
Strinse la coperta su cui era disteso, avrebbe voluto strapparla. Avrebbe voluto lasciar sfogare quella parte di lui che bruciava nella rabbia. Ma non era quello il momento giusto. Non poteva permettersi delle distrazioni così improduttive.
E d’altra parte era felice. Ammettendo che nonostante tutto le cose non erano andate come aveva previsto, era comunque riuscito a guadagnare una piccola vittoria. Era finalmente riuscito a dividerli. Rachel era scappata, era finalmente riuscito a spezzare l’assurdo legame di fiducia che la univa a quel ragazzo. Adesso la strada era tutta in discesa. Se Arceus avesse voluto, Zack e Rachel non si sarebbero mai più rivisti.
Ma dopotutto c’era anche un lato negativo. L’aveva persa anche lui.
Si alzò di scatto dal letto, pensando alla situazione.
La tempesta di sabbia che Rachel aveva scatenato era stata potente quanto bastava a bloccare tutti i presenti, e la velocità con cui si era dileguata non lasciava dubbi sulla scelta del Pokémon che aveva usato. Era stato impossibile per chiunque seguirla e da quella posizione centrale della regione poteva essersi diretta in qualsiasi altra città.
Una mossa imprevedibile, degna di sua sorella.
Avrebbero dovuto ricominciare da zero con le ricerche, tuttavia contava che non sarebbe stato difficile ritrovarla.
Era sola, confusa e probabilmente anche spaventata. In più Ryan era sicuro che non avesse abbastanza denaro per sopravvivere da sola a lungo. E a quel punto era ovvio che sarebbe tornata da lui.
Avevano mandato a controllare la Professoressa Alma, in uno slancio di eccessiva prudenza, ma era più che sicuro che non si sarebbe fatta viva da quella donna.
Questo insieme di sensazioni lo confondeva.
Rendeva il suo instabile carattere ancora più lunatico.
Si affacciò alla finestra. Davanti aveva la città di Timea. La luce notturna della luna padroneggiava su quel cielo d’ebano, puntinato da innumerevoli fiocchi di neve.  Il Monte Trave, indifferente alla battaglia tenutasi sulle sue pareti continuava la sua sonnacchiosa veglia sulla regione e le sue città.
Tirò la tenda per coprire quella visione, ed uscì dalla stanza.
Non aveva voglia di far nulla e allo stesso tempo quell’inattività lo uccideva. Chiamò fuori dalla sfera Gallade. Aveva immediatamente curato i suoi Pokémon non appena rientrato e adesso erano di nuovo in forma, per quanto subissero ancora l’affaticamento della sfida.
Decise di uscire in città.
Il caos a Timea non si era mai davvero fermato dall’inizio dei terremoti. La gente continuava a muoversi velocemente, senza la minima consapevolezza di ciò che gli accadeva attorno. Li trovava ridicoli. Piccole formichine interessate solo alla vita del loro formicaio, senza capire che la foresta in cui vivevano stava morendo.
Si avventurò in quella marmaglia senza guardarsi alle spalle, vagando per vicoli sconosciuti semplicemente seguendo la folla di persone.
Gli occhi cremisi fissavano attentamente ciò che lo circondava. Alla fine era possibile che Rachel fosse arrivata anch’essa in quella città, quindi, perché lesinarsi nel pattugliarla?
Camminava osservando volti, memorizzando abiti, visi, pettinature.
Gallade lo seguiva fedelmente, controllando a modo suo quella marea di sensazioni che captava e ordinandole nella sua mente.
La loro camminata continuò, allontanandosi dalle folle e arrivando alla periferia della città. Davanti a lui iniziavano a mostrarsi i primi alberi del Bosco Memoria. Lo osservò quasi sorpreso.
Ricordava come tempi lontani quelli in cui accompagnava la sorella nel bosco per i suoi primi allenamenti e ripensava divertito alla sua furia quando l’aveva seguita alla radura. S’incamminò verso il bosco d’istinto, seguendo il sentiero che collegava la capitale a Primaluce.
Non gli capitava spesso di usare il bosco come via di collegamento fra le due città, piuttosto lo usava solo per allenamenti sporadici, quando non aveva modo di arrivare in altri posti o aveva poco tempo a disposizione.
Adesso invece camminava con calma, osservando la notte farsi largo fra quei rami e oscurare il sentiero che aveva davanti. La neve crepitava sotto i suoi passi, riempiendo l’aria immobile con quel solo rumore. La vita nel bosco sembrava essersi fermata quella notte in cui la sorella era fuggita.
Camminò a lungo, osservando le ampie macchie bruciate dagli incendi e pensò a quanto quel panorama fosse cambiato in una manciata di ore. Continuò a camminare, notando come qualche sporadica pianta cercava di affermarsi fra le neve e come alcuni Pokémon, troppo incauti per considerare la sua presenza un pericolo, sfrecciassero nei sentieri o svolazzassero fra i rami, riempiendo per qualche istante la notte con il suono dei loro movimenti. Camminò fino ad arrivare alla radura.
Fu sollevato nel trovarla intatta, la roccia su cui sua sorella era solita sedersi era ancora al suo posto e la zona non era stata interessata dagli incendi. Si sedette sulla roccia, abbandonandosi per qualche istante alla stanchezza. Quel luogo che così tanto gli ricordava sua sorella lo tranquillizzava. Era sicuro di sentire ancora la presenza della ragazza in quel luogo. Si sarebbe addormentato volentieri, lasciandosi coprire da quella coperta bianca, ma sapeva quanto letale potesse essere quella sensazione. Anche Gallade sembrava aver trovato un po’ di calma in quel luogo.
Restarono così per parecchi minuti, senza muoversi.
Le parole di Lionell continuavano a scorrergli nella testa, come quando ci si fissa con una canzone.
Ripensava a quelle parole. Le sentiva nelle orecchie.
Ryan...Rachel è mia figlia”
“Cosa?!”
“Ho passato innumerevole tempo a maledirmi per essermela fatta sfuggire”
“Come?! Cosa stai dicendo?!”
“Hai sentito bene. Rachel è mia figlia”
Gli pareva difficile credere a quelle parole. Dopotutto però Lionell non aveva motivo di mentire.
La neve si posava sugli indumenti del ragazzo, gelandolo fin dentro alle ossa. Fu solo quando iniziò davvero a non sentire più le braccia e le gambe che si alzò e con un ordine al suo Pokémon si teletrasportarono via da lì.


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