E dopo una settimana di attesa siamo ritornati, ancora più forti di prima! Ci voleva un po' di tempo per renderci conto di quanto la nostra storia stesse prendendo pieghe al dir poco assurde! Abbiamo abbondantemente superato le 9000 visualizzazioni (GRAZIE) da quando abbiamo comuinciato questo percorso con voi, e questo inorgoglisce tutti, sia noi di Pokémon Courage, sia lo staff di Pokémon Adventures ITA, pagina che ci ha sponsorizzato dall'inizio ed è cresciuta con noi in modo spropositato in questi mesi! Grazie, grazie ed ancora grazie.
Bando agli sproloqui, avete aspettato due settimane per leggere questo capitolo, e mi scuso per l'attesa. Ma l'attesa aumenta il desiderio...quindi...spero che stasera troviate soddisfazione.
Buona lettura.
Andy $
Bando agli sproloqui, avete aspettato due settimane per leggere questo capitolo, e mi scuso per l'attesa. Ma l'attesa aumenta il desiderio...quindi...spero che stasera troviate soddisfazione.
Buona lettura.
Andy $
Il ticchettio della tastiera
era veloce ed inesorabile, arrivava alla sua testa, quasi come il martello di
un maniscalco, e sinceramente la stava infastidendo. Ma stava lavorando.
Ed Alma quando lavorava non pensava ad altro.
Ed Alma quando lavorava non pensava ad altro.
Stava registrando tutti gli avvenimenti
che stavano colpendo la terra in quei giorni. I Pokémon sembravano essere
impazziti.
O almeno solo i Pokémon più
potenti e difficili da contrastare.
Non riusciva a credere che
Ho-Oh avesse potuto bruciare Amarantopoli.
Era strano.
Lasciò perdere i processi mentali, mentre davanti ai suoi occhi i suoi pensieri si manifestavano scritti sul foglio word. Si, forse ne avrebbe scritto un libro.
Lasciò perdere i processi mentali, mentre davanti ai suoi occhi i suoi pensieri si manifestavano scritti sul foglio word. Si, forse ne avrebbe scritto un libro.
Intanto pregava che Zack
riuscisse a bloccare quella situazione. Altrimenti stava solo perdendo tempo davanti
a quella tastiera.
Proprio in quel momento si
fermò per un secondo e ragionò.
Aveva passato la sua intera
vita sui libri, dedicandosi alla conoscenza, a nutrire la propria mente di
nozioni ed informazioni, lasciando divertimento e voglia di uscirne all’interno
del cassetto del primaopoitiaprirò, ma si rese conto che, nonostante la giovane
età, aveva davvero perso troppi attimi rinchiusa in quello studio, prona sui
libri.
“Thomas...”
Il pensiero si spostò così
rapidamente sul suo uomo da farle venire un momento di capogiro. Sbilanciò la
testa dietro le spalle, guardando il soffitto bianco.
No, c’era una macchia di
umidità, poco distante dall’angolo tra la parete ed il soffitto.
Dovevano riverniciare. E
ricostruire per intero l’università, s’intende.
Non era saggio stare in
quell’edificio pericolante, e nonostante il rettore le dicesse con regolarità
di non sostare per troppo tempo nell’ufficio, lei se ne fregava, e lavorava.
Guardò la porta, come se
qualcuno o qualcosa dovesse entrarvi e prenderla, rapirla con sé.
Scappare. Scappare dalle
responsabilità. Scappare da ogni cosa.
E cercare il suo Thomas.
Sorrise ripensando ai dolci
momenti che avevano passato. Piccoli momenti, episodi sparsi, apparvero davanti
ai suoi occhi come i fari di un auto davanti ai suoi occhi, salvo poi spegnersi
e scomparire.
Nel suo profondo il dubbio
che fosse scappato via, e che avesse utilizzato la scusa della ricerca sul
Mondo Distorto per andarsene, pulsava come il cuore di un toro.
Pensava alla favola, però,
pensava all’amore e alla fiducia che aveva in lui, e sapeva che prima o poi, in
quell’ufficio abbandonato e dismesso i suoi stivali, sempre un po’ sporchi di
terreno, avrebbero chiesto il permesso di entrare.
Il fiume dei pensieri stava
straripando, e il segno intermittente del foglio word reclamava la sua
attenzione.
Le cose non si scrivono da
sole.
Poi qualcuno bussò alla
porta.
“Avanti” disse la bella donna
dopo un sospiro.
Zack. Zack a testa bassa.
“Zack!” Alma scattò in piedi,
fregandosene del foglio word e del libro che avrebbe dovuto scrivere.
Se Zack era lì significava
che non ce l’aveva fatta.
Se era a testa bassa
significava che era stato sconfitto.
Se era stato sconfitto voleva
dire che la situazione non la gestivano più loro.
“Alma...”
“Zack! Che è successo?!” erano un ossimoro, quei due insieme. Lei sembrava stesse per morire di palpitazioni. Mentre lui pareva già morto
“Zack! Che è successo?!” erano un ossimoro, quei due insieme. Lei sembrava stesse per morire di palpitazioni. Mentre lui pareva già morto
“Ho perso. Di nuovo” disse
Zack, con tono funereo.
“Beh... può capitare...”
“Alma non può capitare. Non in questa situazione. Io devo salvare tutto e tutti qui, e sono solo. Voglio soltanto che Rachel ritorni, ed aspettare questa fine in silenzio”
“Perché parli così?!”
Zack staccò la sua cintura, quella con le Poké Ball, e la posò sulla scrivania della donna, quasi volesse liberarsi dal peso che le sue anche portavano per tutta la giornata.
“Beh... può capitare...”
“Alma non può capitare. Non in questa situazione. Io devo salvare tutto e tutti qui, e sono solo. Voglio soltanto che Rachel ritorni, ed aspettare questa fine in silenzio”
“Perché parli così?!”
Zack staccò la sua cintura, quella con le Poké Ball, e la posò sulla scrivania della donna, quasi volesse liberarsi dal peso che le sue anche portavano per tutta la giornata.
“Non ce la faccio più”
Alma capiva che per un ragazzo così giovane tutta quella pressione era deleteria. Aveva bisogno di essere motivato.
Alma capiva che per un ragazzo così giovane tutta quella pressione era deleteria. Aveva bisogno di essere motivato.
“Vuoi spiegarmi per bene?”
“Non voglio più lottare, Alma. Non lo so fare”
“Non voglio più lottare, Alma. Non lo so fare”
“Eh?!” chiese con un accenno
di sorriso quella. “Sei il Campione della Lega! Come puoi non saper lottare?!”
“Il campione della Lega, come tu mi chiami, è stato sconfitto per due volte. Da un totale sconosciuto”
“Il campione della Lega, come tu mi chiami, è stato sconfitto per due volte. Da un totale sconosciuto”
“Ma può capitare! Non puoi
vincere sempre”
“Avrei preferito perdere incontri inutili, piuttosto che questi. Se avessi vinto il primo, ora Rachel sarebbe con me. E se avessi vinto il secondo adesso sarei sulla Vetta Lancia”
“Avrei preferito perdere incontri inutili, piuttosto che questi. Se avessi vinto il primo, ora Rachel sarebbe con me. E se avessi vinto il secondo adesso sarei sulla Vetta Lancia”
“Zack... non rimpiangere
nulla. La vita è fatta di scelte. È soltanto il modo con cui queste si
susseguono che fanno in modo che le cose accadano”
“Ho sbagliato a scegliere, allora”
“Ma può starci! Non puoi sempre fare la cosa giusta!”
“Ho sbagliato a scegliere, allora”
“Ma può starci! Non puoi sempre fare la cosa giusta!”
Zack sospirò, e guardò la sua
cintura. Mai come quella volta si era sentito così distante dai suoi Pokémon.
Negli occhi aveva lo sguardo di Lucario dopo il colpo subito da Feraligatr.
“Lucario...” disse a bassa
voce.
“Sta bene?”
“Sì... Lucario sta bene, ho curato i Pokémon e sono tornato qui. Il problema però è Lucario. Ha perso. Ha perso di nuovo”
“Come?!”
“Si è lasciato sconfiggere. Senza reagire”
“Oh...”
“Sì... Lucario sta bene, ho curato i Pokémon e sono tornato qui. Il problema però è Lucario. Ha perso. Ha perso di nuovo”
“Come?!”
“Si è lasciato sconfiggere. Senza reagire”
“Oh...”
Alma rabbrividì per un
attimo. Cose del genere potevano succedere, sicuramente, ma non in momenti
importanti come quello. Zack aveva perso fiducia in sé stesso. Aveva perso
fiducia nei suoi Pokémon, e la voglia di andare avanti.
Aveva perso la determinazione
che lo aveva portato fino a lì e la fiducia in sé stesso, in pratica.
E se un uomo perde fiducia in
sé stesso diventa un corpo vuoto, senz’anima, un bozzolo svuotato della
crisalide.
“Zack... vuoi andare a casa a
riposarti?”
“No... devo mangiare assolutamente un po’ di cioccolata. E poi devo farmi due passi. Devo schiarire le idee...”
“Ok. Fai bene. Se hai bisogno di qualcosa io sono sempre con te”
“Ti ringrazio” fece quello, sorridendo leggermente e con mezza bocca. Poi si alzò, e si voltò.
“No... devo mangiare assolutamente un po’ di cioccolata. E poi devo farmi due passi. Devo schiarire le idee...”
“Ok. Fai bene. Se hai bisogno di qualcosa io sono sempre con te”
“Ti ringrazio” fece quello, sorridendo leggermente e con mezza bocca. Poi si alzò, e si voltò.
“Zack, hai dimenticato i tuoi
Pokémon”
“No. Non l’ho fatto. Sono stanco di fare l’allenatore. Sono stanco di tutto. Parlerò con la commissione della Lega di Adamanta e mi dimetterò dal mio ruolo di Campione”
“Per due sconfitte?! Alzati e vai avanti!”
“Non sono due sconfitte, Alma. Sono LE due sconfitte!” urlò leggermente il ragazzo, dando enfasi all’articolo.
“No. Non l’ho fatto. Sono stanco di fare l’allenatore. Sono stanco di tutto. Parlerò con la commissione della Lega di Adamanta e mi dimetterò dal mio ruolo di Campione”
“Per due sconfitte?! Alzati e vai avanti!”
“Non sono due sconfitte, Alma. Sono LE due sconfitte!” urlò leggermente il ragazzo, dando enfasi all’articolo.
“Tutti perdono!”
“Alma...”
“Alma...”
I due si guardarono per dieci
secondi buoni, in silenzio. La donna cercava le parole che servissero ad
ancorarlo lì, consegnargli la canna da pesca della consapevolezza e mandarlo
nello stagno degli eventi a ripescare la sua autostima.
Zack doveva solo aprire gli
occhi.
Ma aprire gli occhi, quando
non c’è voglia di vedere è impossibile. Si voltò di nuovo, e se ne andò,
adagiando delicatamente la porta.
“Metang! Usa Confusione!”
Rachel impartiva gli ordini a
quello strano e misterioso Pokémon metallico, che eseguiva come se fossero
sempre stati insieme. Era davvero un buon Pokémon. Molto forte, molto preciso
nei suoi attacchi.
Tutti gli Snover e Delibird
che aveva incontrato nella neve erano stati giustamente rispediti nei loro
nidi. Qualche Abomasnow l’aveva messa in difficoltà, ma se l’era cavata.
Non pensava. Non pensava a
nulla, ed aspettava che il tempo passasse, che Ryan catturasse i tre guardiani
per poi proseguire per la Vetta Lancia.
Lei alzava gli occhi. Lì
sopra vivevano Dialga e Palkia.
Lì sopra c’era il loro
destino.
L’ultimo Delibird cadde al
tappeto. Erano quattro ore che allenava quel Metang. Ormai aveva imparato a
conoscere i Pokèmon, ed aveva capito quando stavano per evolversi.
Quel Metang, infatti, stava
per evolversi.
Avrebbe restituito a Mia un
Metagross. Chissà se ne sarebbe stata felice, si chiese, quando poi il battito
delle mani di qualcuno la distolse dai suoi pensieri.
“Brava”
Rachel si girò. Era Lionell.
“Grazie...”
“Sei molto brava con i Pokémon, sai?”
“Grazie, ma non è così. Conosco persone molto più abili di me”
“Apprezzo la tua modestia. Sei una persona intelligente”
“No. Sono solo sincera. So di avere dei limiti”
“Ma i limiti possono spostarsi. Noi dobbiamo allontanarli. È per questo che alleniamo i nostri Pokémon” sorrise quello.
“Sei molto brava con i Pokémon, sai?”
“Grazie, ma non è così. Conosco persone molto più abili di me”
“Apprezzo la tua modestia. Sei una persona intelligente”
“No. Sono solo sincera. So di avere dei limiti”
“Ma i limiti possono spostarsi. Noi dobbiamo allontanarli. È per questo che alleniamo i nostri Pokémon” sorrise quello.
Rachel annuì. Come al solito,
Lionell aveva ragione.
“Come va?” chiese lei.
“Oh, tutto bene. Sto
aspettando Ryan che torni, e sono un po’ in ansia. Non mi piace attendere, ma
chi lo sa fare si ritrova sempre in alto”
“Lei è molto saggio”
“La vita ti forgia e modella in base alle tue esperienze. E le mie esperienze mi hanno fatto diventare quello che sono. La stessa cosa ha funzionato anche con te”
“Lei è molto saggio”
“La vita ti forgia e modella in base alle tue esperienze. E le mie esperienze mi hanno fatto diventare quello che sono. La stessa cosa ha funzionato anche con te”
“Già”
“Metti tutto in tasca. Ti sarà utile”
Quanti consigli che le stava dando, in meno di un minuto. Avesse avuto metà della saggezza che aveva avuto Lionell, sicuramente non si sarebbe trovata in quella situazione.
“Metti tutto in tasca. Ti sarà utile”
Quanti consigli che le stava dando, in meno di un minuto. Avesse avuto metà della saggezza che aveva avuto Lionell, sicuramente non si sarebbe trovata in quella situazione.
Certo, non era del tutto
sgradevole, ma stare lontana da Zack stava diventando una tortura. Quando la
testa è da un’altra parte, nel cuore di un’altra persona, diventa difficile non
muoversi come uno spirito.
“C’è qualcosa che ti turba?”
chiese lui.
“Sì. A dire il vero sì”
“Posso domandarti cosa?”
“Vorrei rivedere Zack. Mi manca molto”
Lionell fece un impercettibile movimento con la fronte. Per Rachel quel ragazzo era importante, e se ne stava rendendo conto mano a mano che le parlava.
“Vorrei rivedere Zack. Mi manca molto”
Lionell fece un impercettibile movimento con la fronte. Per Rachel quel ragazzo era importante, e se ne stava rendendo conto mano a mano che le parlava.
“È il tuo ragazzo?”
Rachel alzò le sopracciglia. La discussione avuta con Zack pochi giorni prima, quando c’era di mezzo la prorompente Stella aveva chiarito la cosa, ma non avevano avuto la possibilità di potersi godere quello status insieme.
Rachel alzò le sopracciglia. La discussione avuta con Zack pochi giorni prima, quando c’era di mezzo la prorompente Stella aveva chiarito la cosa, ma non avevano avuto la possibilità di potersi godere quello status insieme.
Era come se si fossero
fidanzati e separati contemporaneamente.
Quasi un po’ crudele.
“Sì. Stiamo insieme. Lo amo”
“E lui? Lui ti ama?”
“Sì. Ha detto che nessuna donna lo ha mai preso come me. Nessuna donna lo ha mai fatto innamorare come me”
Lionell sorrise, quasi schernendo l’ingenuità della ragazza. “Piccola... sono cose che gli uomini dicono in continuazione. Avete fatto quello che penso?”
“Non credo debba parlarne con lei...” fece schiva Rachel.
“E lui? Lui ti ama?”
“Sì. Ha detto che nessuna donna lo ha mai preso come me. Nessuna donna lo ha mai fatto innamorare come me”
Lionell sorrise, quasi schernendo l’ingenuità della ragazza. “Piccola... sono cose che gli uomini dicono in continuazione. Avete fatto quello che penso?”
“Non credo debba parlarne con lei...” fece schiva Rachel.
“Hai ragione, scusami se sono
stato troppo indiscreto. Cerco però di farti capire che spesso le persone hanno
secondi fini”
“E lei quale avrebbe?” lo spiazzò lei.
“E lei quale avrebbe?” lo spiazzò lei.
“Io non ho alcun secondo
fine, se non quello di svegliarmi tra un mese, soddisfatto di essere ancora
vivo”
A Rachel bastò come risposta. Il Dottor Stark li raggiunse poi, alle spalle, e sorrise.
A Rachel bastò come risposta. Il Dottor Stark li raggiunse poi, alle spalle, e sorrise.
“Chiedo scusa, signor
Lionell. Ryan è tornato”
Lionell spalancò gli occhi.
Stark, per Rachel, era l’uomo
che interrompeva le chiacchierate e riportava Lionell con la testa alle cose
più importanti.
“Siamo pronti” fece.
“Ryan è tornato?” chiese
Lionell, distogliendo velocemente lo sguardo dalla ragazza.
“Sì. Ha le tre sfere qui con
lui”
“Abbiamo a disposizione la tecnologia per estrapolare la Rossocatena, giusto?”
“Naturalmente” sorrise soddisfatto Stark.
“Abbiamo a disposizione la tecnologia per estrapolare la Rossocatena, giusto?”
“Naturalmente” sorrise soddisfatto Stark.
“Bene, andiamo”
Rachel rimase lì, guardando i due scomparire dietro la porta dell’hotel. Con un Metang quasi pronto ad evolversi.
Rachel rimase lì, guardando i due scomparire dietro la porta dell’hotel. Con un Metang quasi pronto ad evolversi.
“Alleniamoci ancora, và...”
Lionell e Stark aprirono la
porta dello scantinato di quell’albergo.
Nonostante l’albergo avesse altissimi
standard, quello era uno scantinato. E rimaneva uno scantinato.
Luce poco presente, qua e là
qualche lampada ad incandescenza dondolante rivelava la presenza di macchinari
altamente tecnologici e computer stracolmi di dati che emettevano strani rumori.
Ma su di tutti, un fastidioso
suono, quasi uno strascico, continuo ed imperterrito, penetrò nelle teste dei
due portando con loro il dubbio sulla causa di tale rumore.
Voltarono l’angolo, i loro
passi rimbombavano in quella cantina come se qualcuno ripetesse gli stessi
rumori.
Eco.
“Eccoci qua”
Ryan, Marianne e Linda
aspettavano appoggiati ad un tavolo, visibilmente stanchi, ma soddisfatti in
volto.
In tre gabbie vi erano i
Guardiani.
A sinistra Mesprit. Il volto
rivelava paura e sgomento. Aveva già passato momenti del genere, la prima volta
che avevano creato la Rossocatena ci avevano pensato dei giovanotti a sistemare
la situazione.
Ma ora non vedeva null’altro
che persone senza scrupoli.
Al centro Uxie. Come sempre
era calmo e tranquillo, quasi come se il fatto non lo riguardasse.
Gli occhi chiusi, pareva
dormisse. In realtà aspettava solo il momento in cui si sarebbero impossessati
del cristallo che aveva sulla fronte.
A destra, invece, c’era
Azelf. Nei suoi occhi brillava ancora la scintilla della rabbia, che voleva
utilizzare per bruciare con tutti i vestiti quelle persone sconsiderate.
Non capivano. Non capivano
che evocare nel nostro mondo Palkia e Dialga era deleterio per il mondo stesso.
Avrebbe potuto avere gravi ripercussioni sulla linea dello spazio-tempo, tutto
ciò che era razionalmente conosciuto sarebbe cambiato in maniera irrimediabile.
“Bene. Ryan, ragazze. Avete
compiuto la vostra missione. Avete catturato i tre guardiani” sorrise Lionell,
raggiante.
Ryan annuì, con le braccia
incrociate e lo sguardo serio. Non gli piaceva il modo con cui erano stati
intrappolati quei tre Pokémon.
“Dottor Stark, avvii il
processo di fusione dei cristalli. Creiamo la Rossocatena”
“Subito, signor Lionell”
Da un macchinario centrale,
da cui partiva quel rumore assordante, Stark lanciò l’inizio della fase due. La
fase uno era catturare i tre Guardiani per formare la Rossocatena.
Ora bisognava formare quello
straordinario strumento in grado di richiamare all’ordine Palkia e Dialga.
Il rumore aumentava, ed i cristalli
di Mesprit, Azelf ed Uxie presero ad illuminarsi.
Urlavano di dolore, quelli,
le loro gemme cominciarono a staccarsi dai loro corpi, e lentamente si
avvicinarono in un punto centrale ai tre.
Ryan guardava con orrore
quella scena. Era pur vero che dovevano tornare indietro nel tempo per salvare
la situazione, la profezia eccetera, ma quei tre Pokémon stavano soffrendo e
non poco.
Sperava che quel martirio
terminasse in fretta.
Marianne non riusciva a
guardare, si girò non appena Mesprit emise un primo, pietosissimo urlo.
“Bene. Ora ci serve più
energia. Vai!” Stark sembrava uno scienziato pazzo. Abbassò una leva, ed il
rumore s’incrementò ancora di più, fino ad assordare i presenti. Linda con le
mani sulle orecchie dovette voltarsi per non rimanere accecata dall’enorme
quantità di luce rossa che i nove cristalli stavano sprigionando mentre si
univano a formare la catena.
Forse è questo che ci rende
umani. Il sentire il dolore degli altri, anche quando non ci tocca
personalmente. Forse è solo questo che ci permette di rimanere con i piedi per
terra, e non volare con le ambizioni verso qualcosa che non ci appartiene.
I tre Pokémon soffrivano, e
solo loro sapevano quanto dolore stessero provando al momento, ma tutti,
compreso Lionell, erano riusciti ad immedesimarsi in loro.
Era straziante.
Ma alla fine quell’attesa
finì. Lentamente si adagiò sul pavimento la Rossocatena.
Era rovente.
Lionell si avvicinò molto
lentamente e la guardò. Le nove pietre si erano fuse.
“Ryan. Ordina a Gallade di
usare l’attacco Confusione su questa catena. Questo strumento è la chiave del
nostro futuro. Fai in modo che la temperatura si abbassi, poi mi chiami”
“Sissignore”
“Bene. Tra un’ora saremo sulla Vetta Lancia”
“Sissignore”
“Bene. Tra un’ora saremo sulla Vetta Lancia”
Sinceramente, non appena aprì
la porta di casa sua, Alma si aspettò di trovarvi Zack.
Invece non era lì. Posò la
borsa sul tavolo, le buste con la spesa le poggiò per terra, e si staccò il
cinturone con le Poké Ball del ragazzo.
Era davvero pesante.
Poi si buttò sul divano, e si
levò quelle scarpe, talmente strette da provocarle un sollievo senza
precedenti.
Scarpe nuove, il piede
avrebbe dovuto modellare la sua forma all’interno di esse.
Con il cinturone sulle gambe,
staccò tutte le Poké Ball, prendendole in mano.
Era strana la sensazione di
avere in mano i Campioni della Lega.
Sapeva benissimo che non era
solo merito loro, ma anche della strategia importantissima utilizzata
dall’allenatore, e se Zack era arrivato fin dove era arrivato non era solo per
la straripante potenza dei suoi Pokémon, anzi.
Era un abile stratega, e le
sue battaglie, studiate anche dai più giovani nell’Accademia Pokémon, erano
sempre caratterizzate da continui colpi di scena.
Conosceva benissimo il
contenuto di quelle sei sfere, Zack.
Aveva stretto un grosso
legame con ognuno di quei Pokémon, e conosceva a memoria ogni loro espressione.
Ricordava di quando aveva
catturato Rufflet, quello che poi sarebbe diventato un Braviary.
Raccontava con così tanta
espressività le cose che pareva stessero avvenendo davanti ai suoi occhi.
La madre era stata cacciata
dai bracconieri, lui da sotto un dirupo vide quell’aquila catturata da un
elicottero e portata via con le reti.
Immaginava avesse dei
cuccioli. Dei piccoli Rufflet, e decise di arrampicarsi a mani nude sulla
parete rocciosa, fino ad arrivare ad una sporgenza.
Afferrò bene con la mano un
pezzo di roccia, si assicurò che non cedesse e fece forza, fino a salire li
sopra.
Un nido abbastanza vasto era
ben saldo sulla parete. Nemmeno una forte folata di vento lo avrebbe potuto
spostare.
Vari rami e fili d’erba secca
erano intrecciati tra di loro, a formare un caldo riparo per i piccoli.
Zack si sporse oltre il bordo
del nido.
Vide due piccole teste
pigolanti, con le piume arruffate e di due colori diversi.
C’erano due Rufflet. Dovevano
essere piccolissimi, nemmeno un mese ciascuno.
Il primo aveva un piumaggio
grigio, occhi accesi e sembrava molto più iperattivo di quello che aveva
accanto. Le piume di questo erano color sabbia, e restava zitto, quasi come se
avesse capito ciò che era successo alla loro madre.
Ora erano orfani.
Benché non avesse nessuna
nozione sul nutrimento e l’allevamento delle aquile decise lo stesso di
catturare quei piccoli di Rufflet. Non ci volle molto, bastò poggiare
delicatamente le Poké Ball sulle loro teste per far sì che seguissero
tranquillamente Zack nella civiltà.
Andò in un centro Pokémon, e
li fece visitare.
Erano entrambi in ottima
forma.
“Che cosa vuoi farne?” chiese
poi l’infermiera.
“Beh... i Rufflet sono
Pokémon estremamente difficili da catturare. Mi hanno sempre affascinato. Direi
che voglio tenerne uno”
“E l’altro?”
“L’altro rimarrà qui finchè non sarà abbastanza in forze per andare via da solo”
“L’altro rimarrà qui finchè non sarà abbastanza in forze per andare via da solo”
L’infermiera inarcò un
sopracciglio, ma era lecito che un allenatore liberasse un Pokémon che aveva
catturato.
“Quale dei due terrai?”
“Li ho guardati negli occhi. Questo color sabbia...” disse Zack “...ha negli occhi la voglia di rivalsa e di libertà. Non potrei mai tenerlo rinchiuso in una sfera”
“Li ho guardati negli occhi. Questo color sabbia...” disse Zack “...ha negli occhi la voglia di rivalsa e di libertà. Non potrei mai tenerlo rinchiuso in una sfera”
“Vuoi liberare un Rufflet
cromatico, Zack?”
In effetti era un’idea da
idioti. E Zack poteva ritenersi il più idiota di tutti.
“Sì. Voglio che sia libero”
Gli occhi dell’infermiera si sgranarono per un paio di secondi, quindi ritornarono a fissare il volto sereno di Zack.
Gli occhi dell’infermiera si sgranarono per un paio di secondi, quindi ritornarono a fissare il volto sereno di Zack.
“Sul serio?”
“Già”
Zack prese il suo Rufflet e
lo allenò, fino a diventare un Braviary, che poi vinse la Lega Pokémon, e che
diventò uno dei pupilli del suo allenatore.
Alma guardava la sua sfera,
poi passò accanto. Lucario.
Lucario aveva perso fiducia
in sé stesso. Aveva perso fiducia nel suo allenatore.
Anche con Lucario c’era una
storia di amicizia e fiducia, fin da quando il Pokémon era un piccolo e
scontroso Riolu.
Cresciuti insieme. Diventati
grandi.
Lucario era riuscito a
sentire la forza che usciva dal corpo di Zack, a vedere il suo spirito
scappare.
E se aveva mollato lui,
Lucario non aveva più alcun motivo per combattere.
“C’è solo una cosa che posso
fare...” si disse Alma.
La notte era scesa. Il rumore
dei Pokémon insetto tagliava il silenzio come fosse una motosega a ciclo
continuo, che combatteva unicamente con lo scroscio delle Cascate Armonia.
Era davanti a lui, e la luce
della luna inondava di luminosità quell’acqua fin troppo scura per i suoi
gusti.
Levò le scarpe e le mise in
mano. Tirò su le gambe dei pantaloni, ed immerse i piedi.
Era fredda. E buia.
Non aveva nessun Pokémon con
sé, e sinceramente la cosa non lo infastidiva.
Certo, fosse uscito adesso un
Gyarados o un altro mostro acquatico da quella pozza d’acqua a stento profonda
un metro si sarebbe pentito di aver abbandonato i suoi amici.
Ma non era il caso. Con tutti
i vestiti, alla vigilia di Natale, passò sotto la cascata, per farsi un regalo
e donarsi un attimo di realtà.
Era bagnato fradicio.
Percorse poi la grotta,
quella che portava fino all’antro di Prima. Qualche Zubat lanciò un grido,
volando velocemente all’esterno della grotta, mentre lui si mantenne la bandana
sulla testa, aspettando che tutto si calmasse.
“Non si calmerà niente. Il
mondo sta per finire. Io morirò. Rachel morirà...”
La sua voce rimbombava
all’interno dello stretto tunnel mentre i piedi bagnati producevano uno strano
rumore nelle scarpe.
Alla fine arrivò nella parte
abitabile di quella montagna. La cascata continuava a scendere inesorabile
verso giù, come il corso degli eventi. Tutto ciò che serviva era un colpo di
fortuna.
Ma ormai la fortuna non
esisteva più.
Non esisteva più nulla. Si
era chiamato fuori dai giochi, e l’unica cosa che voleva in quel momento era
vivere in pace le ultime ore della sua vita.
Una birra. In quel momento
voleva una birra. E forse una sigaretta. Sua madre gli aveva fatto tante
raccomandazioni su questa cosa, ma lui, mal per lui, aveva voluto provare
tutto.
A suo discapito. Delle volte
gli saliva in gola la voglia di succhiare fumo da quella stecca di paglia, ma
poi si convinceva che non gli avrebbe fatto bene.
Correre, arrampicarsi ed
altre attività di sforzo sarebbero state praticamente impossibili da sostenere
a quei ritmi.
La cascata continuava a
buttare acqua giù, e quasi voleva seguire l’acqua. Farla finita, andare via da
quel mondo ed anticipare ogni decisione divina.
Ricordò di quando in quella
grotta, con Rachel, trovò lo scrigno del cristallo.
Le peripezie nella sua mente
si susseguivano come auto sull’autostrada, e più lo facevano più lui aveva
voglia di essere investito dai ricordi, per far sì che, anche se col pensiero,
quella ragazza gli stesse accanto, lì, a rimpiangere l’accaduto.
Magari a provare a dargli
forza.
A dargli coraggio.
“No... sono troppo stanco”
E fu così che la notte lo prese.
E fu così che la notte lo prese.
La mattina di Natale i
bambini si svegliano con la smania di aprire i regali, ed il sorriso è uno
status per chiunque. Se non ce l’hai o lavori anche a Natale o hai un brutto
sorriso.
A Natale si ride.
A Natale si scherza.
A Natale, Zack, era solo
felice di non essere morto. Era già un grande regalo essere vivo.
“Mia... chissà dov’è Mia...”
si chiese tra sé e sé.
“Chi è Mia?”
Zack si alzò da terra, la
schiena dolorante e piena d’acciacchi. Qualcuno aveva parlato, era sicuro che
qualcuno lo avesse fatto. La birra non l’aveva bevuta, non era a residui d’alcool
ed aveva recuperato lucidità.
“Chi è Mia?” ripetè quella
voce. Quella voce abbastanza familiare.
Gli occhi si abituarono alle
luci dell’alba, mentre le forme della persona in più in quel contesto
diventavano sempre più nitide, fino a manifestarsi in tutta la loro chiarezza.
“Green... Green!” Zack
sobbalzò, e si alzò da terra. Green sorrise, in piedi, appoggiato alla parete
con la schiena, scarpa poggiata al muro e braccia incrociate.
Appena quello si avvicinò, i
due si abbracciarono.
Era diventato un uomo. Ormai
aveva una trentina d’anni, ed aveva preso, meritatamente, il posto di suo nonno
all’osservatorio di Biancavilla.
“Sei diventato grande”
sorrise leggermente Green.
“Sono partito che ero un
ragazzino, Green”
“Ora sei un uomo. Ho sentito alla televisione delle tue gesta qui ad Adamanta. Sono stato molto fiero di te quando ho sentito che sei diventato il campione”
“Ora sei un uomo. Ho sentito alla televisione delle tue gesta qui ad Adamanta. Sono stato molto fiero di te quando ho sentito che sei diventato il campione”
“Beh...” abbassò la testa.
Sentiva il senso della sconfitta ancora bruciargli addosso, ed anche se era
formalmente il campione, sentiva di non meritarsi quella carica.
“Mi ha telefonato Alma”
“Oh... e come faceva a sapere dov’ero?”
“Non lo sapeva, infatti”
“E come mi hai trovato?”
“Alakazam. Il mio Alakazam. E poi ho risalito la cascata con Golduck”
“Perché sei qui?”
“Alma mi ha detto tutto, Zack. Mi ha parlato della cintura che hai slacciato. Dei Pokémon che hai abbandonato. Di Lucario”
“Oh... e come faceva a sapere dov’ero?”
“Non lo sapeva, infatti”
“E come mi hai trovato?”
“Alakazam. Il mio Alakazam. E poi ho risalito la cascata con Golduck”
“Perché sei qui?”
“Alma mi ha detto tutto, Zack. Mi ha parlato della cintura che hai slacciato. Dei Pokémon che hai abbandonato. Di Lucario”
Zack abbassò lo sguardo,
timorato dal giudizio di quella che considerava come la più grande guida della
sua vita.
“So bene quello che ho fatto”
“E vuoi spiegarmi perché?”
“Non lo so, Green. Ho perso, e questa cosa non mi è scesa giù”
“Nella vita non si può sempre vincere, Zack”
“Sì! Ma ci sono dei momenti in cui hai un solo risultato a disposizione, e non puoi sprecare l’occasione per farti valere!”
“Non lo so, Green. Ho perso, e questa cosa non mi è scesa giù”
“Nella vita non si può sempre vincere, Zack”
“Sì! Ma ci sono dei momenti in cui hai un solo risultato a disposizione, e non puoi sprecare l’occasione per farti valere!”
Green lo guardava, la rabbia
scorreva negli occhi del più giovane e sgorgava fuori dal suo corpo sottoforma
di lacrime.
“Perché piangi?”
“Perché... perchè pensavo di potercela fare! Perché pensavo di riuscire a fermare tutto questo! Ma invece non ce la faccio! Non posso farcela da solo! In più la mia donna è stata rapita, e non so che pesci prendere! Non ho la testa per fare più niente!”
“Perché... perchè pensavo di potercela fare! Perché pensavo di riuscire a fermare tutto questo! Ma invece non ce la faccio! Non posso farcela da solo! In più la mia donna è stata rapita, e non so che pesci prendere! Non ho la testa per fare più niente!”
Le lacrime continuavano a
scendere, mentre Green stringeva al petto quel ragazzo che aveva visto
crescere.
“Io non posso occuparmi di
questa cosa. Come ben sai la regione di Kanto è bersagliata dagli attacchi di
Articuno, Zapdos e Moltres. Io, Blue, Red e Yellow stiamo facendo il massimo
per attutire i danni provocati dalla distruzione, ma siamo in difficoltà. A
Jotho la situazione è più calma. Solo Amarantopoli è bruciata, ma Gold, Crystal
e Silver sono riusciti a catturare Ho-Oh, ed a fermare l’incendio. Di Hoenn so
che è quella che ha subito di più i danni dei cataclismi, ma lì Groudon e
Kyogre giocano in casa. Non si ha nessuna notizia di Ruby e Sapphire. Meno
ancora di Emerald”
“Perché mi stai dicendo
questo?”
“Ti sto dicendo questo perché
voglio farti capire che la gente sta morendo. E tu sei in grado di fermare
questa cosa. Tu sei in grado di riportare tutto alla normalità”
“Ci ho provato, Green! Ci ho
provato! Ma non ci riesco!”
“E tu riprovaci! Ma non sperare che qualcuno ti regali qualcosa solo perché ci hai provato! Le cose te le devi conquistare!”
“E tu riprovaci! Ma non sperare che qualcuno ti regali qualcosa solo perché ci hai provato! Le cose te le devi conquistare!”
“Ad ogni modo avevo una sola
occasione per catturare Dialga e l’ho sprecata. Oramai la Rossocatena sarà
bella che pronta nelle mani di Ryan e dell’Omega Group”
“Chi?!”
“Gente che specula su questa situazione”
“E tu permetti a queste persone di prendere il tuo destino, il destino di tutti, tra le loro mani?!”
Zack spalancò gli occhi. Green aveva fottutamente ragione.
“Gente che specula su questa situazione”
“E tu permetti a queste persone di prendere il tuo destino, il destino di tutti, tra le loro mani?!”
Zack spalancò gli occhi. Green aveva fottutamente ragione.
“Tieni...” Green lasciò
penzolare dalla mano la sua cintura. Zack sorrise a mezza bocca e l’afferrò.
C’erano tutte e sei le sfere.
“Lucario ha sentito la forza
abbandonarti. È un Pokémon molto sensibile. E se smetti di crederci tu,
smetterà di farlo anche lui”
Zack annuì, poi vide Green
sorridere.
“Ho visto che hai ancora
Growlithe con te”
“Già...” sorrise Zack, grattandosi la testa.
“Già...” sorrise Zack, grattandosi la testa.
“Non hai intenzione di farlo
evolvere?”
“No”
“Beh... ti capisco. Anche io non volevo che il mio Scyther si evolvesse. Ma la necessità mi ha portato a capire che o Scizor era più forte, ed avrebbe fatto più al caso mio”
“No”
“Beh... ti capisco. Anche io non volevo che il mio Scyther si evolvesse. Ma la necessità mi ha portato a capire che o Scizor era più forte, ed avrebbe fatto più al caso mio”
Zack storse il muso. Come
sempre Green aveva ragione.
“Magari può succedere che
durante una lotta, in un attimo di lucidità, ti venga in mente il fatto che un
Arcanine possa essere più incisivo...”
“Non mi è mai passato per la testa”
“Spero non capiti... ma semmai ti trovassi in questa situazione...” Green staccò un sacchetto di iuta dal passante della sua cintura e lo diede al ragazzo. “...questa è una Pietrafocaia”
“Non mi è mai passato per la testa”
“Spero non capiti... ma semmai ti trovassi in questa situazione...” Green staccò un sacchetto di iuta dal passante della sua cintura e lo diede al ragazzo. “...questa è una Pietrafocaia”
Zack strinse il sacchetto,
sempre con le labbra storte, repellendone il contenuto come se avesse effetto
su di lui.
“Conservala. Potrà esserti
utile”
“Ora vorrei capire come fare per...”
“...per tornare indietro nel tempo, vero?”
“Già”
“Ora vorrei capire come fare per...”
“...per tornare indietro nel tempo, vero?”
“Già”
Green sospirò, mettendo le
mani ai fianchi. Il suo fisico era sempre tanto asciutto. Indossava un paio di
jeans ed una camicia nera, come quelle che portava da più ragazzo. I capelli
erano leggermente più lunghi, e pettinati da una parte, mentre un paio di
occhiali erano adagiati sul suo naso.
“Torniamo da Alma” disse poi.
E fu così che i due si
tuffarono dalla cascata sui loro Pokémon volanti. Pidgeot e Braviary li
condussero ad Edesea, fino alla casa della professoressa.
Rachel si risvegliò di
scattò. Gli incubi la stavano perseguitando.
L’orologio segnava che fossero
le sei e un quarto del mattino.
Del mattino di Natale.
“Contavo di passarlo con
te... se mi senti, auguri, amore mio” disse, a bassa voce, con gli occhi ancora
impastati di sonno.
Il giorno prima non era stato
molto semplice, anzi. Però lo aveva sfruttato per evolvere alcuni dei suoi
Pokémon. Dopo Litwick, anche Metang si era evoluto, ed era diventato un
potentissimo Metagross. Zack sarebbe impazzito se gliel’avesse detto.
Ma non avrebbe potuto dirgli
niente. Era ad Adamanta.
“Strano...” pensò. Zack non
era mai stato il tipo da arrendersi. Era strano che ancora non fosse andato a
cercarla. Un po’ di malinconia la scosse dall’interno, Rachel volle allontanare
il pensiero di essere stata abbandonata a sé stessa.
La stanza dell’albergo
odorava di notte. Si alzò, la camicetta stretta addosso lasciava poco spazio
alla fantasia, quindi aprì le finestre e poi le imposte esterne.
Nell’aria c’era quello strano
odore. L’odore di Natale.
Un po’ di calore le si formò
nel cuore, sperando che quella debole fiammella non si spegnesse, e continuasse
ad arderle nel petto.
E mentre pensava al suo uomo
una domanda le sorse spontanea.
Come mai c’era un enorme
aereo nello spiazzale dell’albergo?
Zack bussò alla porta,
poggiando la testa sullo stipite. La stanchezza si faceva sentire sempre di
più.
Passarono due minuti buoni, e
la porta di casa di Alma si aprì. Lei aveva un volto sconvolto, capigliatura
post-parto e tanto ma davvero tanto sonno, tanto che per mantenere gli occhi
aperti stava per perdere una lotta con la gravita che mai avrebbe potuto
ripetere.
“Zack... e... il dottor Green Oak! È
venuto davvero!” gli occhi della bella ragazzo olivastra si aprirono
immediatamente per lo stupore.
“Per il mio amico Zack questo
ed altro”
Zack sorrise. Green gli
donava attimi di sicurezza.
“Mi spiace per essermi fatta
trovare così”
“Figurati, Alma. Dispiace a noi di essere piombati a casa tua a quest’ora”
“Entrate, che preparo un caffè”
“Figurati, Alma. Dispiace a noi di essere piombati a casa tua a quest’ora”
“Entrate, che preparo un caffè”
Alma lasciò passare i due e
li fece accomodare.
“Allora... dov’eri?” chiese
Alma, di spalle, con tono di una madre sospirosa.
“Dietro le Cascate Armonia”
“Ah, il posto di Prima. Tutti
questi avvenimenti mi hanno fatto ritardare il sopralluogo. Ci andrò al più
presto. E Green che ti ha detto?”
“Mi ha detto che non posso lasciare che la mia forza se ne vada. Che il mio spirito mi abbandoni. Devo tornare alle origini”
“Mi ha detto che non posso lasciare che la mia forza se ne vada. Che il mio spirito mi abbandoni. Devo tornare alle origini”
Alma si girò e lo guardò, poi
annuì.
Servì un caffè ciascuno, e
pulì macchinetta e tazzine, dopodichè si sedette e prese a parlare.
“Allora... Dialga è in grado
di viaggiare nel tempo. Questo è assodato. Ma per viaggiare indietro nel tempo
è necessario che tu conosca la struttura del nostro universo”
“Ok” disse Zack.
“Ok” disse Zack.
“Il nostro universo è
quadridimensionale, ovvero ha quattro dimensioni. Tre di queste fanno appello
al contesto spaziale, l’ultima è il tempo”
“Continua”
“Lo spazio possiede altezza, lunghezza e profondità. Il tempo invece si basa solamente sul passare delle lancette”
“E fin qui...”
“Immagina il nostro universo e la sua vita come... come uno sfilatino di pane. Se tagliassimo il cozzo, vedremmo tante briciole all’interno dello sfilatino, giusto?”
“Naturalmente”
“Bene. Questo è tutto l’universo. La lunghezza dello sfilatino invece è il tempo”
Zack annuì.
“Lo spazio possiede altezza, lunghezza e profondità. Il tempo invece si basa solamente sul passare delle lancette”
“E fin qui...”
“Immagina il nostro universo e la sua vita come... come uno sfilatino di pane. Se tagliassimo il cozzo, vedremmo tante briciole all’interno dello sfilatino, giusto?”
“Naturalmente”
“Bene. Questo è tutto l’universo. La lunghezza dello sfilatino invece è il tempo”
Zack annuì.
“Se io prendessi il coltello
e tagliassi lo sfilatino in un pezzo a caso, avrei sempre lo stesso universo.
Ma in un altro contesto temporale”
“Cioè dopo tanto tempo”
“Esattamente. L’universo non si può tagliare, ma tramite Dialga tu puoi scegliere su quale fetta vuoi sfruttare il tuo universo”
“Esattamente. L’universo non si può tagliare, ma tramite Dialga tu puoi scegliere su quale fetta vuoi sfruttare il tuo universo”
“Cioè viaggia all’interno
dello sfilatino senza tagliarlo”
“Bravissimo” sorrise la donna. “Quello che pochi sanno è che esiste un altro Pokémon in grado di fare questo”
“Eh?!” Zack sobbalzò mentre vide Green annuire. “Vuoi continuare tu, collega?”
“Bravissimo” sorrise la donna. “Quello che pochi sanno è che esiste un altro Pokémon in grado di fare questo”
“Eh?!” Zack sobbalzò mentre vide Green annuire. “Vuoi continuare tu, collega?”
“Con piacere”
Green si alzò all’in piedi e
cercò nella sua borsa una Poké Ball, poi la tirò fuori.
“Vai”
Dalla sfera ne uscì un
piccolo Pokémon verde, con gli occhi azzurri ed un atteggiamento molto calmo.
“Lui è Celebi. È il Pokémon
Tempovia”
“Lui... lui può viaggiare nel tempo?!”
“Lui... lui può viaggiare nel tempo?!”
“Sì”
“E che stiamo aspettando?!”
“E che stiamo aspettando?!”
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