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26 - Ultimo Capitolo

Ragazzi, benvenuti.
È l'ultimo capitolo. L'ultimo capitolo di una storia meravigliosa che ci ha fatto perdere il sonno, e sono orgogioso di essere riuscito a portare a termine un progetto ambizioso come questo.
Prima di questa pubblicazione, siamo arrivati a 10.586 visualizzazioni, dal primo post.
Ed è un onore.
Ma tutto ciò non significa che noi siamo stanchi di scrivere.
Non significa che Pokémon Courage è un progetto occasionale, da accantonare.
Vogliamo andare avanti, ed affrontare i vari step.
Il prossimo LO SCOPRIRETE QUESTO SABATO, QUANDO PUBBLICHEREMO L'ULTIMO SPECIALE, CON UNA NOTIZIA FENOMENALE, CHE I FAN DI  Pokémon Adventures ITA apprezzeranno sicuramente.
Ricordo che se non vi iscrivete al gruppo di Pokémon Courage non sarete aggiornati riguardo le prossime storie!
Quindi fateci un salto!
Ed ora, non mi resta che ringraziarvi ancora, e dirvi per l'ultima volta...almeno per questa storia...

STAY READY! GO!




Forse sarebbe stato meglio non alzarsi quel mattino. Rimanere nel letto, farsi gli affari propri, vivere una vita morigerata, aspettando la morte in santa pace.
E invece no, Rachel aveva voluto mettersi in quel fottutissimo casino.
E così si ritrovava legata, mantenuta da quella lurida cretina di Linda.
“Puttana...” le disse, girandosi e guardandola.
Linda sorrise, quasi schernendola per il fatto che tra le due una poteva muoversi e l’altra no.
“Stai zitta, altrimenti ti prendo a calci dietro la schiena”
Rachel spalancò gli occhi, e guardò avanti. Stavano prendendo Prima.
La legarono per i polsi, quindi la spinsero, fino a raggiungerla. I cocci del cristallo, riversi per terra, le avevano tagliato i piedi nudi. Prima sanguinava dalle piante dei piedi, lasciando come la scia dei suoi passi.
I suoi occhi erano pieni di lacrime, come del resto quelli di Rachel.
“Portatele all’altare” sentenziò Lionell, anticipandole con passo celere.
Dai suoi occhi malefici sembrava fuoriuscire sangue e cattiveria. Agli occhi della figlia era diventato quasi grottesco, così alto, i capelli portati all’indietro da quello strano miscuglio di gel e sudore. Ed i denti acuminati, come un vampiro.
Scosse la testa, mentre sentiva i lamenti di Prima. Non aveva i denti acuminati.
Si chiese Olimpia e Sandra che fine avrebbero fatto, sicuramente sarebbero rimasti degli scagnozzi a fare in modo che non intralciassero i loro piani.
Camminavano per quel luogo vuoto. La solita torcia ogni tre metri illuminava d’arancione i loro volti, mentre i passi rimbombavano forti, come una goccia che cade nell’acqua di un lago sotterraneo dal soffitto di una grotta.
I volti delle due ragazze parevano dipinte da Munch, la disperazione, ma stavolta rappresentavano motivi differenti.
Mentre Munch voleva parlare della società, loro si disperavano per qualcosa di più universale.
La vita di tutti, Rachel, e la fiducia mal riposta nelle persone.
Arceus, per Prima. Doveva proteggere Arceus.

Entrarono nella stanza dell’altare. Questo sostava centrale, di marmo bianco, unica star di quel palcoscenico.
Dello stesso materiale erano le file di colonne che accerchiavano l’altare.
Ai quattro punti cardinali le colonne erano più grosse e spesse, prive di entasi, che quasi sembravano cadere addosso a chi sostava sotto.
“Legatele lì!” urlò Lionell.
Linda si fece da parte, mentre due energumeni legavano l’oracolo ed il cristallo alla colonna proprio davanti all’altare.
Entrambe messe lì. Entrambe in lacrime.
Prima con la sua veste bianca, sporca di sangue e polvere, mentre il volto a pezzi e sconvolto dalle lacrime era nascosto da qualche ciocca di capelli qua e là.
Rachel, invece, indossava il giubbino che aveva indosso sulla Vetta Lancia, strappato, per via di qualche strattone di troppo da parte di Linda.
Sospirò, Rachel, quando i nodi potenti le costrinsero polsi e vita.
“Prima...” la chiamò lei, con la voce sconquassata.
“...come ...come fai a conoscermi?”
“Io ti conosco perché... non ha importanza perché... Prima, tu devi resistere. Non morire e non cedere ai ricatti ed ai soprusi di Lionell”
“Chi è quest’uomo?”
“Mio padre”
“E ti tiene legata qui? Così?”
“A lui non importa di sua figlia, o di altri legami. Sua moglie, mia madre, è morta chissà come e lui è ancora qui, a spendere del tempo cercando di catturare Arceus e di fare del male a tutti”
Prima sbatté quegli occhi di smeraldo, le lacrime imperlate come in una collana lunga sulle sue guance. La luce di una fiaccola li faceva risplendere.
“Il potere è qualcosa di vano. Alla fine è la bontà che lascia il ricordo nella mente delle persone. Lionell potrà anche catturare Arceus, e conquistare questo mondo, ma non rimarrà per sempre nei cuori delle persone... come Timoteo, per esempio. Lui è qui” si indicò il cuore con il naso.
Rachel rifletté su quelle parole.
Timoteo era nel cuore di Prima.
Ed il Timoteo di Rachel si chiamava Zack. Era il suo eroe. Contro tutto e tutti aveva sfidato il tempo e la sorte pur di raggiungerla, pur di salvarla dal destino che quello che biologicamente era suo padre le aveva prefissato.
Zack era arrivato lì, lei lo sentiva.
Zack la avrebbe salvata. Perché Zack era potente, sì, ma anche buono. E come Timoteo con Prima, sostava nel suo cuore.
Lionell sistemò tutto ciò che doveva essere sistemato, quindi fece uscire tutti gli scagnozzi da quella stanza.
“Allora... Prima. Dobbiamo evocare Arceus”
“Senza cristallo non si può. Senza cristallo non sono che un’inutile persona”
Rachel sussultò. Nessuna persona è inutile.
“Ti ho già detto che il cristallo è qui...” voltò lo sguardo lui. “...accanto a te. Lei è il cristallo”
“Lei... lei?!” gli occhi verdi di Prima si spalancarono, e fu quasi come se illuminassero quella stanza.
“Sì”
“E com’è possibile?!”
“Vuoi dirglielo tu, Rachel?”
Prima voltò lo sguardo verso quella donna che tanto le somigliava. L’una accanto all’altra facevano impressione. Sembravano gemelle; la stessa persona foto montata con due vestiti differenti.
“Tu... tu, in un altro ipotetico futuro, hai trovato il modo per far sparire questo cristallo, e trasferire il suo potere all’interno del tuo bambino... in questo modo chiunque provenisse dal tuo ventre, sarebbe diventato il cristallo”
“Quindi... quindi tu...”
“Sì. Io sono una tua discendente”
Lionell ghignava. “Ora... ora che gli altarini sono stati scoperti, credo che tu debba utilizzare Rachel per evocare Arceus, e farlo venire qui”
“Io non lo farò mai!” urlò rabbiosa Prima.
Quello si avvicinò lentamente alla ragazza, fissandola negli occhi. Il suo volto vitreo rimbalzò sulla candida giovinezza di quella donna leggendaria, e poi lo frantumò, tirandole un grosso ceffone.
Prima sussultò, soffocando solo in parte un urlo, dovuto più alla sorpresa che al dolore.
“Sei un vigliacco! Te la prendi con noi solo perché siamo legate!” urlò Rachel.
Lionell girò lentamente la testa verso di lei, e la trattò con la stessa moneta.
“Se Timo... se Timo fosse qui...”
“Io credo che Timo sia già qui...”
“Cosa?! Timo è vivo?!” spalancò ancora gli occhi Prima.
Lionell fece un cenno, e dalla porta entrarono, anch’essi legati, Zack e Timoteo. Non avevano la forza per stare in piedi, il volto tumefatto ed i lividi su tutto il corpo. Anche senza armatura, Timoteo era enorme.
“Timo! No! Timo!”
“Zack!” esclamò contemporaneamente Rachel. Strinse i pugni sulla corda, cercando di trovare il modo per liberarsi, ma nulla da fare. Nodi di marinaio, nodi eterni.

Timoteo era in uno strano mondo, fatto di voci e luci luminose, anche se strane. Sentiva le mani legate, ed il piacevole torpore dei muscoli liberati dal peso dell’armatura.
“Timo! No! Timo!”
Era la sua voce.
Quella voce delicata, liscia, dolce, che non si stancherebbe mai di sentire.
Era la voce di Prima.
“Zack!”
Quella voce era simile a quella di Prima, ma non era quella di Prima. La sua voce era inimitabile. La sua voce era fantastica.
In quello strano mondo di voci e luci la guerra era finita, ed avevano vinto. E non serviva più che Prima stesse nel tempio, potevano vivere in una casa tutta loro, dove lei badava ai bambini, accanto alla bottega d’artigiano che possedeva.
Sì, Timoteo sapeva maneggiare molto bene il legno, farne sedie, tavoli, e tutto ciò che serviva.
Il tempo era qualcosa di strano, in quel mondo: andava e veniva, come un pendolo.
E verso la fine di quelle oscillazioni, prima che il pendolo si rompesse, vedeva lui, che con un coltellino ricurvo, intagliava una piccola statuetta del suo Absol, e la donava ad una piccola bambina, dagli occhi azzurri e dai lunghi capelli neri.
“Timo ti prego!”
La voce lo pregava. Qualcosa non andava. Doveva uscire da quel mondo, anche se lì si stava bene, faceva caldo e la luce era confortevole.
Aprì lentamente gli occhi, e la prima cosa che vide fu quel ragazzo con la bandana in testa.
Non ricordava come si chiamava.
Non lo ricordava proprio... però vedeva il suo volto viola, pieno di lividi. E sangue che cadeva dalla sua testa.
Sbatté leggermente le palpebre, in background c’erano sei gambe. Due erano di Prima, i piedi insanguinati ed il turbamento che cresceva in lui. Accanto altre gambe, coperte da strani indumenti. Era però una donna, lo si capiva chiaramente dalla forma allargata del bacino.
E poi un uomo.
Alzò lo sguardo lentamente, nessuno si era reso conto che i suoi occhi fossero aperti.
Era quell’uomo! E se ne accorse con così tanta rabbia che il suo respiro parve uscirgli dal corpo e randellare quel bastardo.
Prima piangeva.
“Perché piangi, Prima?”
Ma la sua voce era talmente fioca che nessuno riuscì a sentirla. Forse nemmeno lui.

Lionell prese a camminare lentamente per la stanza. Era uno strazio, per Prima.
Si avvicinò ad una parete, e prese una grossa spada.
“Questa... è affilatissima” ammise a sé stesso Lionell, quasi non volesse farsi sentire. Guardò Timoteo e poi Prima.
Lentamente armeggiò con quella spada, muovendola con eleganza, fino a quando non raggiunse la colonna dove c’erano le due. Puntò la sommità affilatissima di quella spada contro la testa di Prima.
Il respiro della donna rallentava lentamente, quasi fosse la paura a trattenerlo dentro, con la forza, e quando la punta gli toccò il collo, le labbra presero a tremarle.
La paura di morire era troppa. Ma lo sguardo di Lionell scese, sembrava lussurioso, sul corpo di quella. Carezzava con lo sguardo i seni velati delicatamente dalla tunica della donna, e con la spada scese, fino a fermarla sul ventre.
“Qui c’è qualcosa?”
“Ti prego, no!” urlò Rachel.
Prima era immobile, solo il suo respiro pareva scalpitasse, ma il suo sguardo era proiettato verso Timoteo, quasi fosse un ultima velatissima richiesta di soccorso all’uomo che più la faceva sentire protetta.
E Lionell se ne accorse.
“E così... tu ed il templare... ve la intendete?” chiese sorridendo quello. Staccò la spada dal ventre della donna, e Rachel ebbe un momento di sollievo, tanto che le gambe stavano per cedere.
“Timo...”
“La spada è molto affilata... potrei tranquillamente passarla da una parte all’altra del suo collo, Prima, se volessi”
“No, ti prego” sussurrava a bassa voce.
“Se tu evochi Arceus, lo lascerò vivere. A te la scelta”
Prima scoppiò nel pianto. Guardò Rachel, che ingoiava un boccone amaro, dato che aveva già capito tutto.
Sapeva.
Lei sapeva che una donna innamorata era capace di tutto. Anche di autodistruggersi, se avesse potuto, per salvare la vita dell’uomo che viveva nel suo cuore.
“Prima... ti prego...” le disse Rachel.
“Mi spiace...” e poi strinse gli occhi in maniera quasi esagerata.

Fu allora.

Rachel si sentì pervadere da un’energia senza eguali, come se il cuore avesse voluto scappare dal suo petto, ed un misto di dolore e piacere la investì.
Prima prese ad urlare, le mani dietro la colonna, legate con la corda, tremavano.
“Ar... Arceus!” urlò.
Lionell fece un passo indietro. Prima prese ad illuminarsi, e la luce che esplose successivamente inondò tutto.
L’urlò di Prima era l’unica cosa che manteneva Lionell alla realtà.
Poi un’enorme esplosione, la luce si ridusse pian piano, anche se una macchia luminosa rimase sui suoi occhi per parecchi minuti ancora.
Il tetto prese a crollare. E Lionell fu sbattuto per terra.
Energia. Troppa energia.
“Arceus!” urlò ancora Prima, mentre stavolta anche Rachel sentì il dolore, e prese ad urlare come lei.
Lionell aprì gli occhi, e mentre il tetto crollava sull’altare, Arceus era davanti a lui.


“Chi sei?”
La voce di Arceus era profonda e penetrante.
“Mi chiamo Lionell. Lionell Weaves”
Lionell indietreggiava, guardando l’enorme figura che gli si era presentata davanti. Era enorme, Arceus. Una sorta di cavallo, ma chiunque avrebbe pensato tre o quattro volte prima di chiamare cavallo quel potentissimo Pokémon.
Le zampe a punta, eleganti, salivano fino al corpo, bianco e sinuoso. Gli occhi rossi, e poi più dietro quel verde che lo contraddistingueva. Il volto scuro, e gli occhi che risaltavano al buio di quella notte, mentre qualche fiaccola creava atmosfera.
La ruota che aveva attorno alla vita era gialla, ed i quattro cristalli verdi che aveva gli ricordavano davvero quel piccolo pendaglio che apparteneva a Zackary Recket.
Insomma... Lionell era carico. Guardava il Pokémon con brama, voleva catturarlo.
Voleva usare il suo potere.
“E perché mi hai fatto evocare?” chiese quello. La voce di Arceus rimbombava forte e cavernosa.
“Perché voglio catturarti”
Il silenzio, poi tutto si illuminò. Arceus si stava scagliando contro Lionell con enorme velocità.
Fu un attimo, nella testa di Lionell girò qualche ingranaggio e si mosse repentinamente, per prendere due delle sue sfere.
Mewtwo ed un Charizard, di quelli grigi, uscirono dalle sfere.
Mewtwo mise subito in pratica l’attacco Barriera, facendo schiantare Arceus contro una parete d’energia. Quell’istrionico Charizard prese a volare velocemente, alzandosi in aria ed uscendo fuori, per avere più spazio di manovra. Prese a bombardare Arceus con vari Lanciafiamme.
Questo bastò a Lionell per tenere il suo avversario occupato quanto bastava per prendere le altre Poké Ball.
Era scorretto, certo, ma non era una novità. Lionell doveva catturare Arceus. Costi quel che costi.
E quindi mandò in campo anche Dialga e Palkia.
“Benissimo! Dialga! Fragortempo! Palkia Fendispazio!”
Fu solo una grandissima esplosione. Arceus si ritrovò bersagliato da attacchi su tutti i fronti, impossibilitato a muoversi, mentre Rachel e Prima piangevano, legate alla colonna.

I nodi le segavano i polsi, ma Rachel non se ne accorgeva. Con gli occhi velati da lacrime e rabbia guardava lo scontro fra Lionell e Arceus, rendendosi conto di non poter essere altro che una mera spettatrice nella battaglia che avrebbe sconvolto il destino del mondo. Non vedeva nemmeno più Zack, nascosto dall’enorme e possente corpo di Timoteo. Diede uno strattone alle corde, sentendo la iuta che formava la corda stringerle la carne viva del polso. Soffocò un grido, lasciandosi sfuggire qualche lacrima. Prima, affianco a lei sembrava come priva di volontà. Gli occhi smeraldo, velati anch’essi dalle lacrime, osservavano Arceus, impegnato nella lotta contro Lionell, e sussurrava vano qualcosa che la ragazza non riusciva a capire.
Scosse la testa con veemenza, lasciando che alcune lacrime cadessero sul pavimento. Non poteva finire così. Non lo accettava. Cercò di distogliere lo sguardo dalla lotta per concentrarsi solo su ciò che aveva nei paraggi. Osservò i nodi che aveva già intuito non fosse possibile sciogliere dalla sua posizione. Poi osservò i detriti che la circondavano. Ancora, osservò con la coda dell’occhio Linda.
Per quanto fosse estasiata dalla lotta che si svolgeva davanti a lei, non mancava di riportare la sua attenzione sulle prigioniere ogni due o tre secondi. Troppo poco perché Rachel riuscisse a prendere uno dei frammenti del cristallo, per terra, e a nasconderlo. Senza contare che il movimento avrebbe allo stesso modo attratto la sua attenzione.
Sussurrò un’imprecazione.
Non poteva farcela.
Da sola era impossibile sfuggire sia allo sguardo della donna che alle funi che la legavano.
Appoggiò la testa alla colonna alla quale era legata. Arrendersi sembrava l’unica soluzione possibile. Ma era proprio l’unica via che la ragazza non accettava di seguire.

Ryan camminava nel lungo corridoio illuminato dalle sole torce.
Negli occhi ancora l’orrore della vile cattura di Zack. Fortunatamente era saltato in un cespuglio, altrimenti lo avrebbero marchiato come un traditore.
Cosa che in effetti era.
“Non sono un traditore...” si ripeté. “Ho scelto ciò che più è giusto...”
Da quando si era diviso da Zack, aveva continuato a chiedersi se fosse stato giusto separarsi da lui. Dopotutto loro erano lì per salvare il mondo, no? Lionell aveva progettato tutto in modo da tenere anche Rachel al sicuro, giusto?
Eppure non riusciva a stare tranquillo. Immensi boati provenivano dalla stanza davanti a lui, e le vibrazioni si propagavano in ogni dove, facendo cadere polvere e detriti dal soffitto. Dopo qualche metro, finalmente scorse la luce della Sala dell’Altare. Senza nemmeno rendersene conto iniziò a correre, fino ad arrivare alla soglia della sala.
Per un istante si chiese cosa stesse succedendo. Il tetto era crollato, così come alcune colonne. Al centro della sala, i Pokémon di Lionell ed un Pokémon che non aveva mai visto dal vivo combattevano ferocemente fra loro, sotto lo sguardo estasiato del signor Weaves. Istintivamente si ritrasse, distogliendo lo sguardo. Era ovvio cosa stesse accadendo, Lionell stava combattendo contro Arceus.
Lentamente rialzò lo sguardo, notando particolari che prima non aveva notato. Timoteo e Zack legati, gettati a terra dietro una colonna.
Dall’altra parte della sala, invece, notò quello che stava cercando.
Rachel era legata a sua volta, bloccata ad una colonna assieme ad un’altra donna. Notò solo vagamente la loro somiglianza, accecato com’era dalla rabbia. Avrebbe voluto gridare a Lionell, chiedergli cosa stesse facendo e che tutto ciò era solo che assurdo, ma non poteva farlo. Zack aveva ragione, era stato ingannato fin dall’inizio. Quindi era ovvio che l’unica cosa che avrebbe ottenuto da quell’uomo sarebbe stata la derisione e non solo. Nella peggiore delle ipotesi non ci avrebbe messo niente a sbarazzarsi definitivamente di lui.
Si nascose, sapendo che nonostante tutto nessuno lo avrebbe notato e iniziò a pensare al da farsi. Rachel era sorvegliata da Linda, quindi prima di tutto doveva distrarre la donna. Un altro boato lo costrinse a tapparsi le orecchie e ad abbassarsi. Doveva muoversi, qualunque fosse stato l’esito, lo scontro non sarebbe durato in eterno. Doveva allontanare Linda. Cosa difficile visto che si sarebbe insospettita se non avesse detto nulla sulle condizioni di Rachel. Si morse un labbro, prendendo la sfera con Manectric.
Avrebbe mandato lui a chiamarla e l’avrebbe portata qui e con calma l’avrebbe messa KO. Era l’unica idea che poteva elaborare in quel momento. Respirò a fondo, nascondendosi più a fondo nel corridoio e dando istruzioni al Pokémon, che partì.

Linda osservava lo scontro estasiata. Era al fianco di Lionell da anni, e nonostante tutto rimaneva sempre sorpresa dalle incredibili capacità che quell’uomo mostrava. Proprio adesso stava mettendo in ginocchio un dio. Però anche lei aveva il suo dovere, quindi ogni tanto (quando pensava di potersi perdere una frazione di secondo dallo scontro) rivolgeva la sua attenzione alle prigioniere. Fortunatamente sembravano abbastanza rassegnate da non tentare nessun colpo di testa, cosa che la rendeva immensamente felice e che le permetteva quindi di lasciare più tempo allo spettacolo. Proprio dopo aver dato l’ennesima occhiata alle due, qualcosa iniziò a tirare il lembo della sua divisa. Si voltò, infastidita, notando un Manectric che con aria seria continuava imperterrito a tirare il tessuto azzurro.
Il suo fastidio terminò di colpo. “Questo... questo Manectric è di Ryan!”
Lo osservò titubante per qualche secondo, indecisa sul da farsi. Lionell stava combattendo, ma Ryan aveva mandato il suo Pokémon a cercarla. Magari era successo qualcosa, magari era ferito, o magari qualcuno aveva fatto irruzione al tempio e in quel caso sarebbe stato davvero un bel problema. Un problema di cui era stata avvisata e che aveva volutamente ignorato. Portò il pollice alla bocca, mordendo l’unghia curata. No. Non poteva permettersi di ignorare la cosa. Si chinò verso il Pokémon.
“Sta succedendo qualcosa?” chiese.
Quello annuì, indicando col muso il corridoio.
“Ho capito”
Linda strinse i denti, e buttò un occhio alle prigioniere, quindi, solo alla fine, un lungo sguardo sconsolato alla lotta.

Ryan dovette attendere meno del previsto. Linda arrivò seguendo Manectric, che poi le rimase dietro quando la giovane si avvicinò al suo allenatore.
“Ryan... sei qui?”
Linda lo fissò interrogativa. Se stava succedendo qualcosa perché era qui, da solo, al buio? In più... In più sembrava evitare il suo sguardo, fissando un punto non precisato del muro di fronte.
“Mi... Mi era sembrato di capire che stesse succedendo qualcosa” disse, sempre più confusa.
“Infatti”
La voce fredda del ragazzo la gelò sul posto. Sì, stava decisamente succedendo qualcosa, ma si rese conto di aver totalmente frainteso al situazione. Istintivamente mise mano alle Poké Ball, ma quello le bloccò il braccio.
“Credi davvero che te lo lascerei fare?”
Il cervello di Linda lavorò in fretta, probabilmente era arrivato anche lui alla Sala dell’Altare e aveva visto Rachel legata. Doveva uscirne in qualche modo, quel ragazzo era parecchio pericoloso specialmente se vedeva la ragazza minacciata.
“Ryan... credimi posso spiegare...”
Doveva inventarsi qualcosa in fretta, ma quello le bloccò anche quell’unico tentativo.
“Oh, sono sicuro che lo farai, quando ti sarai svegliata.”
Il sorriso freddo del ragazzo e i suoi occhi cremisi furono l’ultima cosa che Linda vide prima che una forte corrente elettrica attraversasse il suo corpo e le facesse perdere i sensi.

Il ragazzo sollevò la giovane, poggiandola al muro. Controllò le sue tasche, togliendole i Pokémon che aveva preso a Rachel e prendendo i suoi, di Pokémon. Mentre cercava trovò un oggetto freddo nella sua tasca, tirandolo fuori ed esaminandolo alla luce della torcia lo riconobbe.
Era una Neropietra. Sorrise, osservando la Poké Ball del Lampent della sorella.
Ora doveva correre. Mise in tasca le sei sfere di Linda, e si mosse rapido verso la fine del corridoio.
Entrò nella stanza, attento a non attirare l’attenzione. Vedeva Zack e Timoteo, stesi per terra senza forze. A loro avrebbe pensato dopo. Le colonne disposte a cerchio attorno all’altare gli avrebbero garantito di passare inosservato.
Arceus stava soffrendo parecchio. I suoi attacchi parevano tutti bloccati da parte dei Pokémon di Lionell. Sgattaiolò lentamente dietro le colonne fino ad arrivare dietro quella dove Prima e Rachel erano legati.
L’oracolo emanava luce. E si stupì per questo.
 Quando Rachel lo vide sembrò voler dire qualcosa, gli occhi le brillavano, ma lui le fece cenno di restare in silenzio. Aiutandosi con la Neropietra segò la corda che bloccava le due, avvicinandosi poi alla ragazza.
“Dobbiamo essere veloci. Questi sono i tuoi Pokémon, e questa è una Neropietra, serve a far evolvere alcuni Pokémon, fra cui il tuo Lampent. Prendila, usala nascosta dietro la colonna e porta lei al sicuro.” parlava quasi senza riprendere fiato, indicando poi la donna.
“Io interferirò con lo scontro, voi invece controllate in che condizioni sono Zack e Timoteo, prendeteli e scappate. Non voltatevi indietro. Per il corridoio troverete Linda, svenuta... se ce la fate, portate via anche lei. Non so cosa accadrà a questo posto.”
Man mano che parlava Rachel lo guardava sempre più confusa, poi spaventata. Le tremò la voce quando, con gli occhi umidi quando poi si rivolse al fratello.
“Ryan... cosa... cosa hai intenzione di fare?”
Quello, con gli occhi ulteriormente arrossati dalla fatica,  guardò a terra.
“Ho combinato troppi casini, Rachel. Ti ho messa nei guai, ti ho trascinata nel bel mezzo del pericolo... e me ne sono accorto tardi. Ora non credi che sia venuto per me il momento di rimediare?”
Rachel scosse la testa. No. Non sarebbe riuscita ad accettare anche quello.
“Sei stremato. Ed anche i tuoi Pokémon. Non ce la faresti. E io... io non lo accetterei. Quindi per favore, pensa tu a Prima, pensa all’Oracolo e a Zack e Timoteo... Lionell è mio padre. Lo fermerò io”
Prima guardava i due, confusa. Quelli erano decisi a sacrificare sé stessi cercando di salvare l’altro.
Tuttavia la ragazza aveva ragione. Il giovane dai capelli dorati non avrebbe retto a lungo. La battaglia intanto continuava ad infuriare e l’Oracolo temeva per Arceus.
“Ragazzo, vieni con me. Lei... ha ragione. Non puoi combattere. Ma puoi ancora salvare qualcuno... Non so che cosa tu abbia fatto per farti credere di meritare la morte come unico mezzo per riscattarti, ma... Ma di sicuro non è stato così terribile. Anche se fosse solo tua la causa di questa situazione, non sarebbe affatto una compensazione ma un sacrificio inutile. In questa battaglia si sono perse molte vite. Non aggiungere anche la tua a quel conto.”
La donna gli offrì la mano, guardando Rachel.
“Il nostro Dio Arceus non può perdere contro quell’uomo... questo è quello che vorrei dire, ma nonostante tutto sento che siamo tutti in terribile pericolo... Vorrei dire anche a te di non andare, ma guardo i tuoi occhi e vedo lo stesso sguardo del mio Timo. Chissà, forse è vero che nonostante tutto sei una mia discendente. Mia e del bambino che porto in grembo, perché altrimenti non potrei spiegarmi questa somiglianza... Quindi voglio che tu vada. Scendi anche tu in campo e combatti per coloro che vuoi proteggere. Sei il Cristallo che ha sconvolto il mondo, quindi forse in te hai davvero il potere di realizzare un miracolo”. Prima parlò con gli occhi a sua volta umidi, circondando con un braccio le esili spalle della ragazza che aveva di fronte.
Rachel annuì, chiamando i suoi Pokémon fuori dalla sfera e avvicinando la Neropietra a Lampent, che iniziò a brillare, ingrandendosi e cambiando la sua forma, fino a trasformarsi in uno Chandelure.
“Io attirerò l’attenzione di Lionell su di me. Voi due muovetevi in fretta. Ryan, qualunque cosa accada... Perdonami. Non è stata colpa tua. L’unica che è stata in errore, fin dal principio sono stata io. Se non fossi scappata fin dall’inizio... o magari se semplicemente fossi stata in grado di accettare tutto fin da subito non saremmo arrivati a questo punto... Però... però nonostante tutto, va bene così. Probabilmente, se avessi una seconda possibilità non cambierei nulla della strada che ho percorso.. forse...forse non lascerei Zack... ti prego, salvalo. Ma non sono pentita delle mie scelte. Rifarei davvero tutto. Dovessi anche ritrovarmi in questo preciso istante altre infinite volte”
Rimase un attimo in silenzio, guardando la battaglia che aveva di fronte e che in qualche modo avrebbe dovuto fermare.
“E altre infinite volte, adesso, prenderei sempre e comunque la stessa decisione!” urlò.
Corse verso lo scontro, seguita dai suoi Pokémon e lasciandosi alle spalle Prima e Ryan. Ce l’avrebbero fatta, ce l’avrebbero fatta e avrebbero portato al sicuro Zack. Questo era tutto ciò che contava e che non doveva assolutamente dimenticare.

Rachel guardava i Pokémon combattere fra loro, chiedendosi come poter fermare quella muraglia di Pokémon. Fermò il tremo alle gambe con la sola forza di volontà. I suoi avversari non erano quei Pokémon giganteschi, ma quel minuscolo uomo che li comandava.
“Lionell!” gridò con quanto fiato aveva per sovrastare il rumore. Quello si voltò lentamente, osservandola come se la vedesse per la prima volta. La giovane si stagliava su uno sfondo di distruzione, con i suoi Pokémon alle sue spalle e Zorua al suo fianco.
“Cosa avresti intenzione di fare?” chiese quello calmo.
“Mettere fine a tutto questo. Non ti permetterò di catturare Arceus. Non ti permetterò di distruggere tutto.”
Quello rise, divertito.
“Meraviglioso, ma... mi chiedo come tu possa riuscirci. Ti reggi a stento in piedi, senza contare che nessuno dei tuoi Pokémon è in grado di affrontare i miei.”
Mise mano alla cintura, mandando in campo due Poké Ball contenenti un Alakazam ed un Gengar.


Rachel deglutì. Non poteva perdere troppo tempo con i pesci piccoli, per quanto fossero tutto tranne che piccoli. Avrebbe dovuto calcolare al meglio le forze. Dopo alcuni istanti di silenzio decise. Era una scommessa rischiosa, ma non poteva fare altro.
“Zorua, noi due affronteremo Gengar e Alakazam! Zebstrika, tu occupati di Charizard! Chandelure tu dovrai vedertela con Mewtwo, Metagross penserà a Dialga mentre Tyranitar, visto che si è evoluto da poco,  affronterà Palkia con Carracosta! Dobbiamo aiutare Arceus ad ogni costo!”
Lionell rimase per alcuni secondi immobile, prima di scoppiare in una grossa risata.
“Pensi davvero... di potermi fermare con quel cucciolo? Sarebbe stato meglio concentrare tutto il tuo attacco su di me, non credi?”
Rachel scosse la testa.
“Affatto, tutti i nostri Pokémon concentrati in un punto... Ti basterebbe un attimo far unire le forze a tutti gli altri per un secondo e spazzar via i miei Pokémon assieme ai tuoi, ma così ti è impossibile, ognuno di loro dovrà difendersi non solo dagli attacchi di Arceus, ma anche dai seppur deboli attacchi dei miei Pokémon. Il mio non può far altro che essere un tentativo di diversivo... Anche se qui dovessi perdere contro di te, loro continueranno ad attaccare, facendoti perdere altro prezioso tempo”
Non sapeva quanto potesse essere suicida una mossa simile, ma era davvero la sua unica speranza di salvezza. Con un cenno d’assenso ogni Pokémon si divise, muovendosi verso il bersaglio che gli era stato designato. Solo Zorua le rimase davanti, difendendola dagli attacchi dei due Pokémon che aveva di fronte. Dopotutto usare lui era l’unica scelta sensata. La sua immunità allo psico e resistenza allo spettro avrebbero impedito buona parte delle mosse speciali dei due Pokémon, lasciandoli con mosse naturalmente meno adatte ai due. In più erano entrambi deboli alle mosse buio, quindi nonostante tutto lei avrebbe potuto attaccare a piena potenza contro avversari che non potevano dare il meglio di sé.
“Zorua, muoviamoci inizia con Sbigoattacco!”
Rachel sfruttò la priorità, utilizzando Sbigoattacco per iniziare ad infliggere colpi ad entrambi gli avversari contemporaneamente.
I due Pokémon incassarono il colpo, indietreggiando di qualche passo.
“Non credere che sia finita, Zorua, continua con Neropulsar!”
Di nuovo una sferzata oscura colpì i due Pokémon, mentre Rachel preparava già un nuovo attacco.
“Zorua, concludi con Urlorabbia”
Il ruggito rabbioso del Pokémon arrivò fino ai due Pokémon, calando il loro attacco speciale e lasciandoli un poco storditi.
Lionell non aveva fatto una piega.
“Beh? Hai finito?” chiese senza intaccare il suo sorriso.
“Pensavi davvero che un Pokémon inevoluto come lui avesse qualche chance contro due Pokémon al loro stadio finale? Non essere sciocca. Per quanto i colpi siano efficaci e le mosse perfettamente calibrate, non c’è modo che la potenza sia devastante o quantomeno significativa. Posso solo complimentarmi per l’ottima combinazione. In altre situazioni sarebbe stata devastante.”
Fece una pausa di qualche secondo, mentre i suoi Pokémon si rimettevano in piedi, e focalizzavano la loro attenzione su Zorua.
“Ad ogni modo, anche i Pokémon buio soffrono le loro debolezze e questi Pokémon, anche se depotenziate dall’incompatibilità dei tipi, ne conoscono un paio interessanti. Gengar, vai con Breccia, Alakazam, Segnoraggio.”
I due Pokémon si mossero senza che Rachel riuscisse a vederli. Il raggio multicolore investì Zorua in pieno e mentre il piccolo ricadeva a terra Gengar lo attaccò senza pietà. Rachel soffocò un urlo. Zorua cadde a peso morto sul terreno, ferito e con difficoltà a muoversi.
“Come detto, le intenzioni erano buone, anche la strategia, ma la differenza sta nella potenza. Si può essere abili quanto vuoi, ma se non hai la forza necessaria a sconfiggere il tuo nemico è del tutto inutile. Ed ora...”
L’attenzione dei due Pokémon passò da Zorua a Rachel. Era ovvio che intendevano mettere fine al problema eliminandone la causa. Rachel strinse i denti. Lo sapeva. L’aveva capito fin dall’inizio di non avere speranze. Ma sapere che in quella sala Zack non c’era più e che, con un po’ di fortuna, i suoi Pokémon avrebbero aiutato Arceus era quasi serena. Chiuse gli occhi, spaventata dal colpo che sarebbe arrivato, ma il verso di Zorua la riportò alla realtà immediatamente. Seppur ferito e zoppicante il piccolo Pokémon si ergeva a sua difesa, senza pensare al pericolo o a fuggire.

I vari Pokémon lottavano fra loro. Tyranitar e Carracosta tenevano testa a Palkia.
Il Pokémon Armatura, coperto dall’altro aveva utilizzato Dragodanza per aumentare le sue abilità e di seguito si era scatenato sul nemico sfruttando le mosse Dragartigli e Codadrago. Nonostante l’attenzione di Palkia fosse rivolta principalmente a difendersi dagli attacchi del Pokémon Primevo, iniziava ad essere 
costretto a rivolgere la sua attenzione anche ai due Pokémon che in coppia continuavano a ferirlo. Si concesse di distrarsi, utilizzando la mossa Surf nel tentativo di spazzare via i due seccatori, facendogli abbattere contro un immenso muro d’acqua. In quel momento Carracosta creò con l’attacco Protezione uno scudo, in modo da proteggere Tyranitar e subendo lui stesso il minimo dei colpi. I due formavano un’ottima accoppiata, contando l’allenamento impeccabile che Rupert aveva impartito a Carracosta. I due non
rallentarono un secondo e Tyranitar scatenò una tempesta di sabbia, sfruttando la sua abilità, in modo da ostacolare la visuale al nemico e continuando a colpirlo.
Poco distante Zebstrika seguiva Charizard, saltando da una 
parte all’altra del tetto distrutto insidiando il drago grigio con i suoi attacchi elettrici. Quest’ultimo, forte del suo orgoglio, aveva messo da parte la sua sfida con Arceus, concentrandosi unicamente sulla zebra elettrica. La lotta si era spostata del tutto all’esterno, con Zebstrika che inseguiva il nemico, cercando di colpirlo con Tuononda, in modo da farlo crollare al suolo e portare la battaglia sul suo terreno di gioco. L’altro dal canto suo lanciava pesanti attacchi di fuoco, di modo da tenere la distanza e approfittare della sua condizione sopraelevata rispetto all’avversario. Mentre Charizard continuava la sua battaglia, Zebstrika balzò, finendo tra le fiamme, ma approfittandone per usare la mossa Ondashock. Una carica di elettricità inarrestabile fluì addosso al Pokémon Fiamma, facendogli perdere quota e facendo in modo che il successivo Tuononda del Pokémon Saetta andasse a segno.
Proprio sotto la loro lotta, Chandelure continuava la sua azione diversiva, utilizzando inizialmente Fuocofatuo per scottare l’avversario e ridurre le sue capacità offensive e sfruttando poi la situazione con l’attacco Sciagura. Mewtwo però non sembrava fare troppo caso al nemico, e continuava a concentrare i suoi colpi su Arceus. Solo in alcuni istanti lanciava attacchi ad ampio raggio che Chandelure era costretto ad evitare portandosi a distanza di sicurezza. Lasciando che la situazione restasse in stallo.
Infine Dialga aveva Metagross come avversario. Quest’ultimo attaccava continuamente con l’attacco Martelpugno, usando Protezione per difendersi dai momenti in cui il leggendario del tempo decideva di rivolgere a lui la sua attenzione. I due continuavano a scambiarsi colpi, ma raramente Dialga rivolgeva unicamente a lui la sua attenzione, preoccupato di poter incassare colpi da Arceus.
Arceus invece continuava ad usare la mossa Giudizio, colpendo a ripetizione tutti gli avversari contemporaneamente. Se non fossero stati tutti Pokémon molto forti probabilmente sarebbe bastato meno di un unico colpo, per annientarli, ma man mano che li affrontava il Pokémon Primevo aveva capito quanto fossero pericolosi e aveva deciso di utilizzare tutta la sua potenza. In quel momento, dopo essere stato evocato al cospetto di quell’uomo, si sentiva vulnerabile. In lontananza, da quello che la lotta gli permetteva di notare, l’uomo stava affrontando qualcun altro. La ragazzina che aveva inviato gli altri Pokémon in suo soccorso. Ma la giovane sembrava non essere capace di mettere fine allo scontro, stremata dalla fatica e con il suo Pokémon sconfitto. Sembrava aspettare unicamente il colpo di grazia che l’uomo stava per infliggerle. Per un attimo considerò la sua lotta, e i Pokémon della ragazza che invece di difenderla avevano scelto di continuare a proteggerlo a costo della loro vite. Guardò loro e la ragazza, protetta da un unico Pokémon che sarebbe collassato al prossimo attacco e che nonostante tutto aveva deciso di dare la vita per la sua allenatrice. Considerò tutto questo, Arceus, quando socchiuse un attimo gli occhi, decidendo di dare alla giovane una speranza per capovolgere la situazione.

Rachel osservava impotente Zorua. Quello restava in piedi, il collare di pelo sporco di terra e innumerevoli ferite sul suo piccolo corpicino. Lo osservava provando rabbia per la sua situazione e per la sua ingenuità Avrebbe dovuto scegliere di proteggere anche lui, affidandolo a Ryan e a Prima, in modo da farlo portare al sicuro. Zorua l’avrebbe odiata, ma almeno non avrebbe dovuto patire quel destino. I due Pokémon sferrarono il loro attacco, Fangobomba Gengar e Raggioscossa Alakazam.
Poco prima che gli attacchi impattassero sul duo, un’incredibile luce scaturì dal corpo di Zorua e attorno a lui si venne a creare una sfera di energia luminosa. L’aria aveva iniziato a vibrare ed i due attacchi, schiantandosi contro la sfera vennero annullati dalla luce impetuosa. Poco dopo, mentre il vento continuava a soffiare, la sfera iniziò a svanire, rivelando la nuova forma di Zorua, adesso evolutosi in uno Zoroark. Il Pokémon Mutevolpe lanciò il suo grido in aria, per poi voltare lo sguardo verso Rachel.
 La ragazza era rimasta impietrita. Il piccolo Pokémon che aveva con sé si era trasformato, La ragazza si alzò, avvicinandolo e passando una mano nella sua lunga criniera rossa. Quello le annuì e a sua volta la ragazza sorrise.
“Adesso vediamo come siamo messi a livello di potenza... pensi che basterà, Lionell?”
Rachel voltò gli occhi verso il padre, mostrando gelida risoluzione nel suo sguardo. Lionell digrignò i denti.
“Ovvio che non basterà!” urlò rabbioso quello.
Rachel sorrise di rimando. Vediamo, sembrava voler dire.
Zoroark ruggì nuovamente, e lo spazio sembrò deformarsi. Piante sembravano crescere dalla base delle sue zampe, propagandosi sui muri e da lì aumentando di numero, come se si trovassero in un bosco. Di lì a qualche istante la percezione dei due allenatori e dei Pokémon in campo vennero totalmente alterate. Le illusioni di Zoroark si erano impadronite di quel luogo.
La radura dove Rachel si allenava fin dall’infanzia le era stata riprodotta davanti agli occhi, quasi come fosse un incoraggiamento a combattere del suo stesso Pokémon. Rachel annuì.
“Avanti, prendiamoci la rivincita per la lotta di poco fa, usa Urtoscuro, Zoroark!”
La feroce onda d’urto nera si abbatté sui due Pokémon di Lionell, colpendoli in pieno e lasciandoli a terra, storditi
La lotta sembrava essersi conclusa con quell’unico colpo. Lionell indietreggiò di un passo, affrontando forse per la prima volta in vita sua una sconfitta. Si girò verso i Pokémon rimasti, che combattevano con Arceus, ma notò scioccato che gli unici rimasti in piedi, anche se per poco, erano Dialga e Mewtwo. Ormai i cinque Pokémon di Rachel si stavano scagliando contro i due rimasti, e lo stesso faceva Arceus, che scagliava i suoi attacchi prima su Mewtwo e poi sul signore del tempo.
Lionell urlò, frustrato. Si voltò verso Rachel tremante di rabbia. Zoroark si mise fra i due, ringhiando all’uomo.
“Consegnami le tue Poké Ball” gli fece Rachel.
Quello emise una risata che era più un lamento.
“Perché dovrei?”
“Mettiamo fine a tutto questo. Distruggendole anche i Pokémon che hai con te torneranno alla libertà. Palkia e Dialga potranno tornare a svolgere il ruolo che gli compete. Anche Mewtwo tornerà di nuovo libero... Senza che nessuno si faccia ulteriormente male.”
Lionell la guardò, lo sguardo carico di rabbia. Dopodiché, prese le Poké Ball che teneva alla cintura e le gettò a terra. Senza staccargli gli occhi di dosso, Zoroark si avventò su quelle, distruggendole con un solo colpo.
La lotta si bloccò di colpo. Dialga si fermò, scuotendo il proprio corpo come risvegliandosi da un lungo torpore. Lo stesso faceva Palkia, quasi esausto a terra. I due leggendari guardarono Arceus, poi si scambiarono sguardi a loro volta, annuendo. Una luce bianca li avvolse, mentre squarci sembrano aprirsi nello spazio e il tempo veniva a mancare di qualche battito. Quando di nuovo la luce svanì i due erano scomparsi.
Mewtwo si guardò leggermente intorno, gli occhi viola misero per un istante a fuoco Lionell, prima di spostare la sua attenzione su Rachel. Quella deglutì istintivamente, ma l’espressione di Mewtwo si fece più calma.
“Questo non è il mio tempo, tuttavia non posso andarmene da solo.”
Il Pokémon parlò direttamente nella mente di Rachel, che pian piano si era lasciata cadere a terra. Quella annuì. Comprendeva le parole del Pokémon. Cercò nelle sue tasche, ritrovando l’ultima delle Poké Ball che Ryan le aveva lasciato. Due erano state utilizzate per catturare Zebstrika e Tyranitar, all’epoca un Blitzle e un Larvitar, mentre altre due erano andate distrutte durante i vari combattimenti e gli eventi.
Il Pokémon le si avvicinò lentamente sfiorando appena il pulsante ed entrando nella Ball, senza opporre resistenza.
Lionell guardava tutto quello con sprezzo.
“Tu hai un gran cuore. Ma quel cuore l’ho creato io. E nel mio cuore c’è la pece”
“Nel mio cuore non c’è pece. Nel mio cuore c’è amore”
E alla fine di quella frase, Zack e Timoteo entrarono nella stanza, l’uno accanto all’altro. Accanto a Timoteo, Zack sembrava gracile.
Il templare si fece avanti, guardando Lionell con occhi pieni di rabbia.
“Tu... tu hai quasi fatto distruggere questo mondo. Tu lo hai fatto vacillare”
Lionell non riusciva a sostenere lo sguardo dell’eroe.
“Sarai imprigionato qui, per l’eternità!” gli urlò, quasi come se avesse voluto sfogare tutto l’orrore che aveva vissuto quella notte, e poi gli sferrò un violento pugno, che lo lasciò cadere per terra.
Alla fine di quella situazione, Rachel e Zack si riabbracciarono, stringendosi e baciandosi.
Timoteo, con grande forza, caricò l’uomo esanime sulla spalla, e guardò la ragazza.
“Tu sei una brava persona”
Poi si voltò, ed uscì dalla stanza, lasciando Zack e Rachel da soli davanti ad Arceus, senza che nulla li separasse.


“Rachel... Zack...” la voce profonda di Arceus penetrò fin dentro le viscere dei due ragazzi.
Entrambi abbassarono la testa.
“La vostra perspicacia vi ha portati qui. La vostra pazienza vi ha fatto raggiungere questo posto. La vostra forza ha fatto finire questa guerra”
“Al contrario, mio Arceus... è stata Rachel a fare tutto” disse Zack.
Arceus annuì, lentamente, mentre dietro a sé pareva che il tempo e lo spazio andassero per conto proprio.
“Io credo... io credo che voi sappiate che noi non apparteniamo a questa epoca”
“Naturalmente”
“Ebbene... siamo tornati qui per poter parlare con voi”
“Lodevole”
“Nel nostro tempo il mondo sta collassando per la profezia che questa notte ha suggerito a Prima. Ebbene, tante brave persone e Pokémon innocenti stanno subendo la vostra ira distruttiva. Io vorrei che la predizione fosse revocata”
Le parole di Zack risuonavano forti in quella stanza, in cui continuavano a cadere ancora pezzi di intonaco dal tetto.
“Perché dovrei farlo?”
E quella domanda li spiazzò. Fu allora che la ragazza decise di prendere la parola.
“Le persone non sono tutte uguali, ed assoggettarle ad un unico stereotipo è sbagliato. Ognuno vive la propria diversità con orgoglio. È proprio la mia diversità da Lionell avermi condotto qui, per contrastarlo e cercare di salvarvi. Ora per quanto voi abbiate tutte le ragioni per far tuonare il cielo e coprire di sangue il mondo, c’è chi come noi non dovrebbe pagare. C’è chi come Prima ha sofferto per salvarla. C’è chi come Timoteo ha lottato, con sangue e sudore, e chi come... come Alma... che ha fatto il massimo per aiutarci, nelle sue possibilità. Bisogna saper distinguere il bene ed il male. L’unica cosa che vorrei, mio Arceus, è che tutto tornasse alla normalità. Vorrei questo”
Zack e Rachel fissavano speranzosi Arceus. Immobile quello, mentre la ruota attorno alla sua vita girava, fece risplendere i cristalli verdi.
“Ebbene, vi premierò”
“Grazie, mio Arceus” disse Zack.
“Sì. Grazie” seguì lei.
“Ora... andate...”

E poi luce bianca...

Rachel aprì gli occhi, e si trovava accanto a Zack, stesa in un prato, innevato.
Era il prato della radura. I trilli degli insetti, i loro ronzii, i rumori della foresta, tutto riempiva le loro orecchie.
“Zack...” disse lei, stanca e felice.
“Oi”
“Ce l’abbiamo fatta?”
“Sì, Rachel...ce l’abbiamo fatta. Buon Natale”
E sprofondarono in un sonno profondo e liberatorio.

Il giorno dopo Rachel e Zack incontrarono Ryan, a casa del ragazzo. I segni della distruzione erano rimasti, ma il biondo si era già attivato per ripristinare l’ordine iniziale delle cose.
A Zack parve strano incontrarlo senza quella strana divisa blu. Indossava un maglioncino rosso, di filo, ed un pantalone largo.
“Rachel... Zack...come va?”
“Va tutto bene” risposero in coro.
Ryan sorrise. Sicuramente non lo guardava ancora con buon occhio, però non voleva più disintegrarlo con lo sguardo.
E questo era un bene.
“Ieri era Natale... e stamattina vi ho comprato un regalo”
Rachel e Zack sorrisero, mentre si stringevano la mano. “Grazie” risposero ancora, all’unisono.
“Un momento...” disse quello, alzandosi ed andando a prendere due pacchetti.
Li aprirono.
Rachel ricevette in regalo un paio di guanti nuovi. Li indossò, erano confortevoli.
Zack invece ricevette in regalo un cappello, di quelli invernali.
“Magari fa freddo con quella bandana in testa, d’inverno” sorrise Ryan.
“Beh... in effetti...”
“Non preoccuparti, Ryan. Sa essere così tanto una testa calda che il freddo alla testa non lo sente proprio!” la sparò Rachel. Sorrisero, i tre, ringraziarono per i regali e sorrisero ancora.
C’era una sensazione di libertà e di spensieratezza nell’aria che li lasciava terribilmente tranquilli.
“Anche noi ti abbiamo portato un pensiero...” fece Rachel, per disobbligarsi.
Tirò sul tavolo una piccola piantina, infiocchettata.
“Tieni, ed auguri”
Ryan sorrise, mentre due lacrime si posizionarono negli angoli degli occhi.
“Grazie, Rachel. Grazie Zack...”
“Durante uno dei nostri scontri abbiamo distrutto l’albero di papà... ebbene... questo sarà il nostro. Fallo crescere forte e sano”
Ryan annuì, ed andò a stringere i due ragazzi.
Il calore del Natale, le lucine appese, l’abete che il ragazzo aveva sistemato in fretta e furia, il fuoco del camino e quelle canzoni che ti fanno sciogliere il cuore.
Il Natale è nella testa.
Il Natale è nel cuore.
“In realtà un regalo vorrei fartelo anche io...” disse Zack.
Rachel inarcò le sopracciglia, sorpresa.
“In tanti anni che sono qui ad Adamanta ho affrontato tante avventure. Certo, nessuna come questa, però mi sono sempre dato da fare per essere il migliore, tanto che sono arrivato a vincere la Lega Pokémon. Ma nessuno, e dico nessuno, mi aveva mai messo in difficoltà come hai fatto tu, Ryan. Non avevo mai perso... contro nessuno mi ero trovato con le spalle al muro in questo modo”
Ryan sorrise. “Mi spiace solo per il contesto che ci ha messo contro...”
“Non preoccuparti... però adesso voglio che tu sappia che ho fatto il tuo nome alla Lega di Adamanta, per succedermi. Tra qualche giorno sarai ufficialmente il nuovo campione della Lega di Adamanta”
Gli occhi di Ryan si sbarrarono, tanto che sembrava comico.
Rachel sorrise e guardò Zack.
Vissero per sempre felici e contenti.

Alma invece si passava le mani tra i capelli. Un altro Natale da sola, un altro triste Natale passato nella buia consapevolezza di aver perso il treno della vita.
Il suo uomo non era lì, o meglio, era solo nei suoi ricordi.
Thomas forse era solo un avvenimento del suo passato.
Mondo distorto... roba da pazzi.
Seduta a quel tavolo, lì a casa sua, stava studiando proprio il regno di Giratina.
Quella storia non sarebbe finita lì.

Mia invece imparò a scrivere.
Aiutata da Zack, Rachel e Ryan, che fecero un ampio resoconto, Mia stese un bellissimo romanzo su quella storia.
Una storia d’amore.
Una storia ricca d’avventura.
Perché tutti dovevano avere l’opportunità di leggerla.

 


Grazie a tutti. Di tutto.
Andy Black;
Rachel Aori;

 

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