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Ventiquattresimo capitolo - 24

Ci siamo quasi. La nostra storia è quasi arrivata al capolinea. Ma non significa che non ci sia la stessa voglia che c'era all'inizio. Quindi passate su Pokémon Adventures ITA,  e mettete un mi piace!
Supportiamo il lavoro dello staff, che si fa in quattro per un'esperienza pressochè totale sui Pokémon.
Proprio perchè la storia sta per concludersi, vi esorto a passare su Pokémon Courage, dove io e la coautrice posteremo tutte le novità riguardo il progetto...chissà che tra qualche settimana sappiate anche di cosa parlerà la prossima avventura che abbiamo in mente.
Infine guardatevi qualche disegno di Laila Art. Qualcosa mi dice che, se siete dei veri appassionati di questa storia, ci avrete ancora a che fare.
Comunque...buona lettura.
Stay Ready.
Go!

Andy Black.;.






La sensazione che si prova quando non sei più nulla, almeno per quell’attimo di nulla, per quell’attimo di “ci sono ma non è vero”, di viaggio extracorporeo, assomiglia più simile al coma che ad una morte vera e propria.
Rachel tenne gli occhi aperti per tutto il viaggio che Dialga le offrì, ma nel tempo di un battito di ciglia, l’allegra compagnia era tornata nel passato. Erano tutti in una strada sterrata, poco battuta. Centinaia di persone si erano riversate tra i campi che costeggiavano quella stradina.

Dialga era davanti a tutti, e stava in silenzio. La luce della luna, di quella luna piena, brillava forte, e rimbalzava sulle bardature del Pokémon del tempo.
Lionell rinfilò la camicia che stringeva tra le mani, serio, e si sforzava di esserlo perché in realtà avrebbe voluto urlare di gioia. Stava per coronare il suo sogno.
I suoi progetti che aveva coltivato a lungo.
“Ragazzi... ci siamo quasi. Siamo sul palcoscenico di una delle più sanguinose battaglie di Adamanta. Eccoci sotto il Monte Trave. Stiamo per combattere contro gli Ingiusti all’interno della battaglia del plenilunio” disse Lionell.
Tutti a testa bassa, mentre l’ansia li mangiava da dentro, come fossero legna per le termiti.
Ryan guardava il tempio. C’erano due fiaccole accese alla base di un’enorme scalinata.
“Dobbiamo... dobbiamo raggiungere il tempio” ragionò ad alta voce.
“Già...” disse Linda.
Ryan la guardava. La luna la faceva diventare ammaliatrice con il solo sguardo. Oltre vedeva Marianne, ansiosa come sempre, ed ancora visibilmente spaventata per quello che era successo pochi attimi prima, stava lentamente facendo regolarizzare i battiti. La testa girava, e la vista era appannata ma era perfettamente in grado di vedere un esercito avvicinarsi.
“Stanno per arrivare” osservò alla fine.
“Sì” disse Linda.
“Dobbiamo fare in modo di non interferire prima che la guerra cominci” tuonò Stark, alzando leggermente la voce.
“Non credo sia un problema. Basterà stare qui ed aspettare” rispose Ryan.
Tutti annuirono.
Rachel sembrava confusa. Ora non faceva più freddo, e levò il pesante giubbino da dosso, gettandolo tra le sterpaglie e gli arbusti secchi bruciati dal sole estivo. Lionell le si avvicinò.
“Hey... tutto bene?”
“Sì, Lionell...”
“Prima... prima non mi hai chiamato così”
“Prima ti ho chiamato papà, è vero”
“Quelle persone stavano per mettersi di mezzo nel nostro piano”
“Quelle persone vogliono le stesse cose che vogliamo noi”
“Ma non possiamo permettere che dei dilettanti mettano le loro mani dove dovremmo operare noi, sicuri e decisi”
Rachel annuì.
“Non possiamo permettere che qualcuno combini qualche guaio. Ecco perché Zackary Recket è stato convinto a smettere di provare a salvare la situazione. Perché noi sappiamo come fare, mentre lui andava a tentoni, e per quanto lui sia un ottimo allenatore di Pokémon, bisogna studiare ed avere l’intelligenza giusta per fare determinate cose”
“Ok... ma gli avete fatto del male”
“Già ti ho detto che... che chi ha fatto quello che ha fatto pagherà caro. Ma ora smettiamo di parlare di questa cosa”
“Io ci sto malissimo. Mi manca”
“Quando tutto sarà finito lo rivedrai”
“Lo spero...” sospirò lei.

Adamo avanzava lentamente lungo il percorso che portava verso il Monte Trave. Pensava, vagheggiava. Questa volta la vittoria sarebbe stata sua. Si era attorniato di persone determinate, che comandavano Pokémon dalla forza terribile. Nestore sarebbe stato felice di quello che stava per succedere. Gli Ingiusti avrebbero vinto, e sarebbero saliti al tempio.
Avrebbero rapito Prima, e l’avrebbero costretta con la forza ad evocare Arceus.
E sarebbe stato allora che l’avrebbero ammazzato.
Nestore sarebbe diventato il padrone di Adamanta, e poi dopo Adamanta sarebbero sbarcati in altri posti, dove avrebbero controllato altre zone ed altre città. Altre ricchezze, altri Pokémon.
Sarebbero diventati potentissimi. Ed immortali, nelle menti e nelle memorie di chi avrebbe vissuto gli anni a venire.
Si leccava i baffi, Adamo, pensando al fatto che Nestore gli aveva promesso un trono in una delle città di Adamanta a suo piacimento.
Avrebbe scelto sicuramente Timea. La più grande, vicina al Monte Trave, con più risorse a disposizione. Godeva di una non eccessiva distanza dal mare, ma che in ogni caso la proteggeva da attacchi da parte di pirati o Pokémon marini.
Tuttavia ritornò dal suo mondo immaginario a percorrere i passi che stava percorrendo, ad indossare l’armatura che stava indossando e ad entrare nell’ordine di idee che quella notte, anche se poco probabile, avrebbe potuto vedere la luce bianca.
La morte.
D’altronde aveva sempre di fronte Timoteo. Il suo più grande nemico, cultore del bene, della luce, della religione. Con la sua stralunata amicizia per l’oracolo.
Adamo disprezzava l’oracolo. Odiava quello che rappresentava, odiava il suo modo di essere, odiava quel suo essere bambina e contemporaneamente così dannatamente importante per tutti.
E Prima non era una bambina. Era una donna bella che fatta. Il problema risiedeva nella sua grande ingenuità, ed in quegli occhi da cerbiatta che gli avevano fatto perdere la testa da ragazzo.

“Sto divagando...” riconobbe. Doveva smettere di pensare a Prima. Doveva smettere di pensare a lei.
Doveva smettere di pensare. Stavano raggiungendo il spiazzale che dava alla scalinata. Tutt’attorno il vuoto, era un pezzo di roccia collegato al mondo da una lingua di terra, senza barriere naturali e non a proteggere da un’eventuale caduta.
Da lì si cadeva giù. Da lì si moriva.

Rachel vide tutto.
Gli uomini vestiti di bianco si presentarono da nonsapevadove e si schierarono. Erano dei guerrieri.
“I templari...” sussurrò Ryan. “Quello davanti a tutti è Timoteo”
Rachel spalancò la bocca e sgranò gli occhi.
Era l’eroe di Adamanta. Quello della statua. Era davvero Timoteo.
Indossava una grossa armatura, voluminosa e sicuramente pesante. La maglia di ferro che indossava sotto era grigia, in modo da non scurire troppo l’immagine candida che quelli come lui si portavano appresso. Spalline e copri torace bardato con croci rosse e ghirigori dello stesso colore. Stessa cosa per le gomitiere ed i guanti in maglia di ferro. La parte che copriva l’addome era di un bianco un po’ meno pallido, entrante nel grigio, e sottendeva un cinturone, con la fodera dell’enorme spada che teneva nella mano sinistra ed il gancio che serviva ad appendere l’altrettanto grande scudo.
Tutti si sentirono un po’ in soggezione. Dialga e quegli strani viaggi nel tempo avrebbero potuto dare l’occasione di conoscere grandi personalità del passato, vederli da lontano, ammirarli nella loro compostezza, impregnati del loro potere; Adolf Hitler, Cristoforo Colombo, Enrico VIII, Cleopatra, ma ancora tanti altri, come Giuseppe Garibaldi, Alessandro Magno, Napoleone Bonaparte, o Giulio Cesare.
Rachel fantasticava. Si chiedeva quali Pokémon avessero questi personaggi così illustri e noti.
“Forse è meglio che Dialga rientri nella sfera. Non vogliamo che gli altri ci vedano prima del tempo, vero?” chiese Stark.
Lionell annuì, e lo fece rientrare nella sua sfera.
Un urlo conclamò l’inizio di quella battaglia, e come un’onda che si abbatteva sul bagnasciuga, così il nero attraversò il campo per invadere il bianco, e viceversa. Rumori di spade che si scontravano furiose cominciarono a riempire le orecchie dei presenti, mentre urla, grida concitate e contestualmente adatte si alternavano ai mugolii che il dolore provocava.
Lionell sorrise quando vide Timoteo abbassare con forza la spada sullo scudo di Adamo.
Timoteo era potente. Lo invidiava soprattutto per quell’Haxorus che si portava dietro, che lottava valorosamente cercando di mantenere alti gli ideali di amore e fratellanza.
Per Prima. Per Arceus.
“E... e quando dovremo entrare in battaglia?” chiese Marianne, titubante.
“Beh, i libri ci insegnano che questa battaglia è stata vinta dai Templari, e tutto questo è incredibile. Ciò perché gli Ingiusti sono in numero assolutamente maggiore. Ciò spiega che i templari sono uomini votati alla preghiera ed all’allenamento, dalla forza incredibile. Aspettiamo verso la fine dello scontro per intervenire, in modo da cogliere Templari ed Ingiusti impreparati e psicofisicamente stanchi” spiegò Lionell.
Ryan annuì. Il ragionamento non faceva una grinza.
E mentre i corpi morti, quelli vestiti di nero, venivano catapultati al di sotto dello strapiombo presente accanto al campo di battaglia, quelli vestiti di bianco venivano lasciati lì dov’erano, o al limite spostati, per permettere ai compagni di calcare quel suolo con maggiore facilità. I loro corpi erano sacri. Meritavano una degna sepoltura.

Due paia di occhi smeraldo fissavano il piccolo Pokémon verde.
Zack e Green erano seduti entrambi sul sedile posteriore della macchina di Alma. La loro destinazione era lo stesso luogo in cui tempo prima aveva rivelato a Rachel e Zack i dettagli sulla profezia di Arceus.
Il silenzio nell’autovettura era pesante. Solo il Pokémon Tempovia sembrava osservare interessato il panorama al di fuori della macchina, mostrando una calma che nessuno dei presenti aveva.
Il viaggio durò solo pochi minuti, ma Zack li sentì sulle spalle come se fossero stati giorni. Sapeva che quella era la sua unica, sola possibilità di riuscita. Nessun fallimento era ammesso. Non di nuovo.
Mandò giù la saliva, sentendola come un grumo di sabbia. Teneva gli occhi verdi serrati, alla ricerca della concentrazione.
Fu solo quando sentì un tocco leggero sulla fronte che si accorse che stava tremando. Aprì gli occhi, trovandosi quelli del piccolo Pokémon davanti. Non sapeva se Celebi fosse in grado di percepire le emozioni altrui. Essendo un Pokémon psico, probabilmente aveva un’abilità simile, ma Zack non aveva mai sentito niente al riguardo. Tuttavia, gli bastò guardarlo per rendersi conto che, empatia o no, quel Pokémon si era reso conto della sua situazione e si stava preoccupando per lui. Sospirò, sciogliendo la tensione e sorridendo al piccolo Pokémon, che continuava a fluttuare davanti agli occhi del ragazzo, mostrandogli un sorriso rincuorante.
“Bene, giovane eroe, sei pronto?”
La voce calma di Green e la sua vigorosa pacca sulla spalla rinsaldarono definitivamente la determinazione del ragazzo, che annuì verso l’amico.
“Alma, cosa dobbiamo fare?”
Zack si era rivolto verso la donna, che, con un pesante volume fra le mani, cercava di capire come attivare il potere del Pokémon anche in una zona tanto lontana dal Bosco di Lecci.
“Hmm... Devo ammettere che questo volume non è esaustivo quanto credessi.”
La giovane teneva una mano fra i capelli, grattandosi la cute, sovrappensiero.
“Purtroppo quando mi sono ritrovata voi due davanti agli occhi non ero abbastanza preparata alla cosa, né sono riuscita a rintracciare qualcuno più preparato di me sull’argomento...”
La voce sembrava tendere ad una lamentela, ma vedere nuovamente la determinazione negli occhi del ragazzo, dopo quell’apatia che sembrava averlo risucchiato i giorni precedenti, faceva brillare i suoi occhi di felicità. Sentiva di poter tornare a sperare, per lui e per tutti.
“Ad ogni modo, anche se non ho risposte chiare, abbiamo ancora il metodo migliore per procedere in questo tipo di ricerche.”
Sorrise, togliendosi gli occhiali che aveva inforcato per leggere dal pesante libro.
“Procedere per tentativi.”
Zack la guardò con aria sorpresa.
“Come?”
Fu la sua unica domanda.
“Mi hai capita bene, faremo dei vari tentativi, in varie zone della regione, verificando se Celebi manifesta qualche reazione utile all’attivazione del suo potere.”
Dopo aver riposto il libro in macchina, dal vano davanti al sedile del passeggero la donna prese una cartina della regione.
“Vista la nostra destinazione, e il luogo mistico in sé, potremmo provare a vedere se il Monte Trave scatena qualcosa... Oppure” la cartina frusciò mentre la donna cercava di allargarla, appoggiandosi al cofano della macchina “cercare un luogo che gli sembri più familiare... ad esempio il Bosco Memoria.”
Continuava ad osservare la conformazione del terreno di Adamanta, tenendosi il mento fra il  pollice e l’indice, assorta nei suoi pensieri.
Green le si avvicinò, osservando a sua volta la mappa, per poi constatare.
“L’unica zona valida secondo me è il Bosco Memoria. So che la conformazione del terreno non è delle più simili al Bosco di Lecci, ma Celebi è un Pokémon silvestre, è l’unico luogo in cui può concentrarsi liberamente.”
I due iniziarono a discutere sulle varie opzioni, mentre Zack osservava Celebi, impegnato a fluttuare e ascoltare la conversazione tra i due. Sospirò, sapeva di non poter perdere tempo in questo modo, tuttavia, quella situazione così apparentemente tranquilla lo rinfrancava. Riaprì lo sportello della macchina, sedendosi al sedile posteriore dietro il guidatore. Celebi gli si appoggiò vicino, approfittando del calore rimasto intrappolato nell’autovettura. Ogni volta che Zack respirava, timide nuvolette di vapore si mostravano davanti a lui, per svanire nel vento. Improvvisamente si alzò.
“Iniziamo dal Bosco Memoria.”
Lo disse prendendo la Poké Ball di Braviary in mano e facendo uscire la grossa aquila nel freddo vento Natalizio.
“Ne sei così convinto anche tu? Guarda che ci conviene cercare un luogo che abbia più affinità con la nostra destinazione” protestò Alma.
“E io invece sono sicuro che deve essere affine a colui che effettua il viaggio, quindi al Pokémon” la rimbeccò Green.
“E io invece ho scelto il bosco perché è affine a me. Quindi andremo al bosco e, se non dovesse funzionare, poi ci dirigeremo verso la cima del Monte. Ad ogni modo è il più vicino, ci metterò massimo venti minuti, da qui, quindi è anche la scelta più sensata.” disse Zack.
Green lo guardò incuriosito.
“Che affinità avrebbe il bosco con te?”
Zack, spostò lo sguardo, osservando Braviary. Non sarebbe riuscito a dire apertamente all’amico che sentiva quel luogo speciale unicamente perché era lì che aveva incontrato Rachel. Si limitò a bofonchiare una risposta incomprensibile, sentendo comunque buona parte delle guance avvampare. Dopodiché salto in groppa a Braviary.
“Tieni il telefono acceso, non appena arrivi lì chiamami, da qui faremo in modo di aiutarti con l’avvio del viaggio temporale.”
Gli urlò Alma.
Zack annuì facendo rientrare Celebi nella sua sfera e alzandosi in volo verso il Bosco Memoria, osservando  sparire sempre di più Alma e Green dietro una cortina di nevischio e vento.

Come previsto, impiegò appena un quarto d’ora per raggiungere l’inizio del bosco e un’altra manciata di minuti per trovare una zona abbastanza sgombra da permettergli di atterrare.
Nonostante il freddo si facesse sempre più pungente, il ragazzo chiamò fuori dalla sfera il Pokémon, che osservò con aria curiosa il bosco attorno a lui, e poi prese a volteggiare tranquillamente.
“Pare che Green avesse ragione” mormorò guardando il Pokémon che vagava soddisfatto nel vento.
Intanto prese il cellulare dalla tasca, cercando nella rubrica il numero di Alma. Dopo appena uno squillo la donna rispose.
“Sei arrivato?”
“Sano e salvo, Celebi pare gradire il posto”

Intanto si avviava, seguendo Celebi che girovagava a suo piacimento, senza allontanarsi da lui.
“Cosa stai facendo?”
“Osservo Celebi, voglio capire se c’è qualcosa che lo attrae. Nonostante sembri muoversi senza meta, magari sta seguendo qualcosa”
La sua voce calava e saliva di tono, a seconda del terreno che calpestava e dei rami che lo ostacolavano.
“Hmm... per il momento proviamo a seguire questo ragionamento, vedi se reagisce a qualcosa in particolare.”
Alma sembrava acconsentire a quella strategia, dopotutto, se dovevano muoversi a caso l’avrebbero fatto fino in fondo.
Zack chiuse la comunicazione, promettendole di avvisarla se entro mezz’ora si fossero verificati cambiamenti.
I due vagarono per un po’, Celebi non sembrava del tutto cosciente della situazione in cui si trovava e Zack, un po’ intimidito dalla fama del Pokémon, decise di avviare un tentativo di comunicazione.
“Ci aiuterai, vero? Sei in grado di farlo... giusto?”
Sapeva di non dover dubitare del potere di quel Pokémon, e si maledisse per non essere in grado di capire ciò che quello avrebbe potuto dire. Invidiava quel potere così puro e empatico che solo Yellow e Lance sembravano possedere. Celebi si voltò a guardarlo, senza perdere il ritmo del suo volo, dopo aver inclinato un poco la testa, annuì leggermente. Zack spalancò gli occhi verdi, contento della risposta.
“E... di cosa hai bisogno per riuscirci?”
A quella domanda Celebi piegò nuovamente la testa, voltandosi poi in una direzione ben precisa. Zack lo guardò.
“Per farlo devi andare lì?”
Celebi annuì di nuovo, iniziando a muoversi più in fretta. Zack accelerò il passo, avrebbe voluto correre, ma il terreno del bosco non sembrava adatto a tali attività, continuò a camminare al passo più veloce che gli venisse permesso. Dopo alcuni minuti, Celebi gli aprì la strada, spostando alcuni rami che ostruivano la via con i suoi poteri psichici. Zack lo guardò stupito.
“Oh... grazie”
Gli sorrise. Stranamente, sentiva come se quel viaggio nel tempo fosse già iniziato, gli sembravano essere passati secoli da quando aveva messo piede nella foresta. Il suo cellulare squillò, era di nuovo Alma.
“Zack, dove sei?”
“Ancora nel bosco, pare che Celebi abbia trovato qualcosa; sembra dirigersi verso un punto preciso.”
Dopo pochi altri passi, Zack sbucò in una piccola radura. La conosceva bene. Era proprio quello il luogo in cui sentiva sarebbe arrivato.
“Quindi inizia e finisce tutto qui, eh? Siamo tornati all’inizio di tutto. Siamo tornati alle origini”
La sua voce fu un sussurro. Senza nemmeno rendersi conto sentiva gli occhi umidi. Rivedeva con una nitidezza impressionante le immagini di quella sera. Lui che stava pensando se accamparsi nel bosco per la notte oppure tornare da Alma e l’improvviso rumore e urlo che aveva sentito. La corsa, quando si ritrovò quella tipa così imbranata coi Pokémon che teneva terrorizzata il suo piccolo Zorua fra le braccia e che stava piangendo come un cucciolo abbandonato. L’aveva fissata fra le fronde per un attimo, senza capire la situazione, finché non si era reso conto del Blitzle.
Ricordava ancora gli occhi spaventati, annacquati dalle lacrime e anneriti dal trucco sciolto che lo guardavano come se gli avesse teso un’ancora.
“Zack, va tutto bene?”
La voce di Alma lo riportò al presente.
“Tutto a posto” rispose asciugandosi gli occhi con la giacca.
“Adesso guardiamo un po’ intorno e...”
Improvvisamente, Celebi iniziò a correre. Il piccolo Pokémon iniziò a volare velocemente verso nord rinfilandosi nel bosco.
“Cosa diavolo...”
Zack non terminò la frase e scattò in corsa. Non poteva permettersi di perderlo. Agilmente scartava le radici che fuoriuscivano dal terreno e con un braccio si faceva scudo dai rami.
“Zack, cosa sta succedendo?”
La voce di Alma era agitata, la comunicazione sembrava disturbata.
“Non lo so!” gridò Zack “Ha iniziato a correre... non so che intenzioni abbia!”
“Zack... sta attento... sfera... corri!”
“Non ti sento, Alma!! Non capisco cosa mi stai dicendo!”
Correva a perdifiato, nel tentativo di seguirlo, odiava ammetterlo, ma quella corsa improvvisa, su un terreno tanto sconnesso, lo stava stancando.
“Alma, ripeti per favore!”
Sentì Alma prendere fiato, ma immediatamente la linea cadde.
“Maledizione!”
Urlò rimettendo il telefono in tasca e correndo con quanta forza aveva, nel tentativo di stare dietro il piccolo Pokémon verde. Sentiva i polmoni bruciare, come se fossero stati riempiti di fuoco.
“Come... diavolo fa... ad essere così veloce?”
Lo sussurrò col fiatone, non poteva perderlo, non dopo essere arrivato a quel punto. Lo aveva davanti agli occhi, non lo avrebbe perso.
“Celebi!!”
Urlò il nome del Pokémon con tutto il fiato che aveva, sentendo la gola invasa dallo stesso bruciore che gli consumava i polmoni. Celebi si girò ad osservarlo. Non era sicuro di ciò che il suo sguardo volesse dire, ma non si sarebbe arreso. Con un ultimo sprint, riuscì ad afferrare il piccolo Pokémon, che improvvisamente iniziò a brillare di una luce intensa.
Per un istante, Zack sentì il mondo crollare e ricomporsi. Era strano. Era come se un enorme respiro avesse investito la terra intera, concentrandosi solo su di lui. In un solo istante sentì il proprio corpo venire compresso e poi tornare in sé. Fu solo un momento, Celebi si liberò dalla sua stretta, mentre lui continuava a corrergli dietro per la foresta. Non ce la faceva più. Il Pokémon sembrava volersi dirigere verso Timea, ma Zack non capiva perché. Le gambe gli lanciavano fitte di dolore e non riusciva a comprendere se stesse correndo da ore o secondi.
Improvvisamente il bosco finì, lasciando che Celebi e Zack uscissero all’aria aperta. Zack crollò sulle ginocchia, posando poi le mani a terra. Il suo corpo sembrava voler protestare.
“Devo davvero essermi rammollito, per non riuscire a reggere una corsetta simile...”
Il suo respiro ansante era l’unica cosa che sentiva. In lontananza delle grida avevano invaso il suo udito. Grida, rumori come di una lotta. Lentamente, con le spalle che si alzavano e si abbassavano a causa del respiro, alzò gli occhi verso Timea.

La visione che riempi il suo sguardo lo face traballare per qualche istante. Timea non c’era. Alzò lo sguardo verso Celebi, che lo fissava curioso.
“Dannata peste... avresti potuto avvertirmi”
Zack si alzò traballante. Timea non c’era davvero. Non era ancora nata. Nessun grattacielo oscurava la vista del monte Trave, dove l’immenso tempio si ergeva orgoglioso e benevolo verso gli abitanti della regione. Non avrebbe saputo dire come si sentiva. Era stupito, felice e stanco. Ma sapeva che il peggio doveva ancora venire. Con una lentezza disarmante mise di nuovo mano alle sue Poké Ball, chiamando al suo fianco Braviary.
Poi osservò di nuovo Celebi e tirò fuori la sfera.
“Tu resta qui dentro, se non altro così dovresti essere al sicuro... quella laggiù sembra una guerra”
Celebi lo osservò, poi annuì, lasciando che il raggio rosso lo circondasse e lo portasse al sicuro. Salì in groppa al suo Pokémon. Una parte di lui avrebbe voluto addormentarsi, la corsa e lo stress lo stavano stancando, ma sapeva che non era assolutamente quello il momento. Stringendo il pugno, sentì le proprie unghie incidere la pelle. Il dolore lo teneva sveglio, lucido. Il dolore e la speranza. Rachel era lì, da qualche parte, Zack pregava solo non fosse in mezzo alla mischia. Si avvinò al campo di battaglia, cercando di rimanere esterno per osservare la situazione.
Lo scontro che si stava verificando sotto ai suoi occhi era qualcosa che aveva solamente studiato su qualche libro. Cavalieri in bianco e guerrieri in nero si affrontavano in uno scontro disperato.
Fra tutti, un giovane uomo, dai folti e corti capelli neri e la barba di qualche giorno, seguito da un Haxorus affrontava uno dei guerrieri in nero, seguito da un Gengar.
I due combattevano cercando di uccidersi a vicenda. Zack si guardò attorno. Che fossero Templari o Ingiusti, tutti bramavano unicamente la morte del nemico. Seppur da lontano, Zack vedeva il sangue bagnare il terreno, venendone assorbito e colorandolo di rosso. Vedeva uomini combattere calpestando i cadaveri di altri uomini, spade infilzate nei corpi di guerrieri che nonostante tutto continuavano a combattere. Zack fece un istintivo passo indietro.
Quella era la Battaglia del Plenilunio.
Non c’erano singoli uomini, non c’era niente di quelle sfide orgogliose che aveva letto nei libri. Uccidi e non sarai ucciso. Sentì il proprio stomaco contorcersi e soffocò l’urgente bisogno di vomitare. Ripensò al corpo di Emily, freddo nelle sue braccia e pensò a quante donne avrebbero raccolto su quel campo ciò che restava dei loro consorti.
Perché?
La sua mente elaborò spontanea quella domanda.
Per il Cristallo.
Il suo cervello sembrava lavorare a velocità incredibilmente alta. Arceus valeva davvero tutto ciò? Per un istante si chiese se non fosse stata proprio una blasfemia come quella concepita in quell’istante la causa scatenante di ciò. Non sapeva rispondere.
La mano ancora premuta sulla sua bocca, gli occhi smeraldo spalancati e le pupille ridotte a puntini. Si sentiva immensamente piccolo. Il suo sguardo tornò sul primo uomo che aveva visto combattere. Si trovava accanto ad un precipizio. Mentre gli umani combattevano contro gli altri umani e i Pokémon contro altri Pokémon, l’Ingiusto in nero attaccava il guerriero in bianco con il suo Gengar.
Non è giusto.
Un Absol soccorse l’uomo, probabilmente era il suo allenatore. Sorrise, entrambi avevano un Absol con sé. Gli attacchi si susseguivano, mentre l’eroe venne a sua volta affiancato da un altro uomo, ed un Scyther affrontava l’uomo in nero.
Green sarebbe stato felice di vedere un Scyther allenato in modo tanto prodigioso.
Pensieri di vita quotidiana, semplici, si sovrapponevano alle immagini di quel massacro. Zack concentrò la sua attenzione sulla lotta dei due uomini, come quel singolo scontro avesse potuto lavare via la bruttezza del restante campo di battaglia.
Va bene anche la vittoria del nero, ma non voglio vedere il resto della guerra. Due uomini che si uccidono sono abbastanza, non voglio vedere quello che accade all’intero esercito.
Forse erano pensieri vigliacchi, ma quella devastazione non poteva essere vera.
Si alzò lentamente, muovendo qualche passo verso lo scontro, cercando sempre riparo dalla loro vista. All’improvviso, il bianco sembrava aver messo a segno la mossa vincente. Come in una partita a scacchi, l’uomo dell’esercito bianco aveva messo alle strette il pezzo nero, stringendolo al burrone e minacciando di far precipitare l’avversario.
Ma in quel momento, una nuova forza a supporto degli Ingiusti si fece largo sul campo.

“Tu!” urlava Timoteo. “Non!” E diede un forte colpo con la spada sullo scudo di Adamo, che intanto stava indietreggiando. “Puoi!” ancora un colpo, che stavolta fece cadere per terra il biondo. “Fare così!” e con l’ultimo urlo, Timoteo rilasciò tanta potenza da distruggere lo scudo di Adamo in due parti.
Quello indietreggiava quanto più possibile, mentre nella sua testa viveva il pensiero che Timoteo, l’uomo che stringeva con forza assurda quella spada, ormai scheggiata per i colpi allo scudo, lo avrebbe ammazzato. La contesa era finita.
Aveva vinto lui.
L’ombra della rassegnazione lo stava ricoprendo a mo’ di piumone, e quasi gli penetrò nelle ossa, tanto da regalargli un brivido inaspettato.
Non avrebbe mai voluto uccidere qualcuno, Timoteo.
Era cresciuto con sani dettami; lui era un pacifico per natura. Ma Prima era in pericolo, e quindi doveva proteggerla. Arrivò Makuhita, gli ordinò di svegliare Haxorus, quindi alzò la pesante spada e la puntò alla gola di Adamo.
“È finita, Adamo” disse il templare.
Gli occhi del biondo malvagio si stavano riempiendo di odio e lacrime. La sabbia nella clessidra era quasi finita.
“Tu... tu non potrai fermare la distruzione. Siamo fatti per questo. Per rompere, per abbattere tutto ciò che è stato creato. Voi non capite che Arceus si ciba di voi. Vi utilizza come mezzi per vivere, riempiendo con la vostra felicità la sua pancia. Io so che per te è assurdo dare ascolto alle mie parole... ma io non voglio che nessuno possa controllare le mie volontà, sfruttare i miei stati d’animo, punirmi se sbaglio. Nessuno può punirmi”
Fu lì che Timoteo sorrise. “Lo sto facendo io, adesso”. Spostò di poco la spada, e lo colpì con due calci, uno al fianco ed uno nello stomaco.
I calci furono forti, e Adamo sputò sangue.
Era quasi finita.
E fu lì che Lionell disse “ora”.
Quell’ora significava una moltitudine assurda di cose. Significava che dovevano agire, entrare in battaglia, motivarsi velocemente, e vincere quel contenzioso, in modo da salire celermente al tempio.
Una marea di gente vestita di blu si riversò dalle campagne, con le Poké Ball in mano. Ingiusti e Templari si fermarono a guardare attoniti, tanto che Timoteo non si rese conto che Adamo si era rialzato e si era allontanato dal precipizio.
“Forza, Ryan. Adesso tocca a te!” urlò Lionell, e con passò elegante si allontanò dal centro del conteso, avvicinandosi alle mille scale, che dovevano ancora diventare degli eroi.
Ryan mandò in campo Gallade, e prese a combattere contro vari Templari.
Uno di questi si avvicinò. Capelli biondi, ricci, e sangue sulle mani e sull’armatura. Era enorme.
“Chi siete?!” urlò quello. “Perché vi siete presentati qui? State andando contro il sommo volere del Dio Arceus!” urlava, quasi fosse sicuro che il suo avversario avesse problemi d’udito.
Ryan abbassò la testa. Fu un attimo, la convinzione di essere nel giusto lo investì come un tir a duecentocinquanta chilometri orari, e mandò in campo anche Flygon. Terra ed aria, avrebbe potuto controllare meglio il suo avversario.
“Adesso ti sconfiggerò! Vi sconfiggeremo! Vai Cacturne! Noctowl, aiutami anche tu!” urlava quello.
Ryan aveva studiato, e rimuginava su quei Pokémon. Cacturne, assieme a Noctowl e Lairon erano i Pokémon di Marcello. Ma voleva accertarsene.
“Sei Marcello?”
Quello spalancò gli occhi. “E tu come lo sai?!”
Ryan annuì. Davanti aveva un altro grande eroe. Con la loro venuta avrebbero fermato gli eventi ed avrebbero dato una nuova impronta alla storia. Marcello in realtà era morto ammazzato, dal Muk di Adamo.
Ora invece doveva essere Ryan ad occuparsene.
Si guardò le mani, cominciando a sentire l’ansia. Non aveva paura di perdere, anzi. Capiva che i Pokémon di Marcello non fossero eccezionali quanto i suoi e che lui non fosse un grande allenatore, ma quella era una guerra, non un incontro di Pokémon, e quindi oltre ai Pokémon, Ryan avrebbe dovuto sconfiggere anche l’allenatore.
“Fatti sotto!” urlò quello, sguainando l’enorme spada dal fodero ed avventandosi contro di Ryan.
Quello sbiancò per un momento, allargando la grossa iride rossa. Ragionamento veloce.
“Gallade, difendimi! Flygon, metti fuori gioco Noctowl!”
Gallade espose le braccia, come per far capire che se la sarebbe dovuta vedere con lui.
Marcello sferrò un grosso colpo sulle braccia di quello, ed un forte rumore metallico si sollevò.
“Confusione, Gallade!”
Sapeva che non era corretto. Sapeva tutto, Ryan. Ma Lionell doveva arrivare lì, sul Monte Trave, e lui doveva aiutare.
Marcello fu avvolto da un’aurea viola, e prese ad urlare dal dolore. La spada cadde per terra, facendo un tonfo sordo e metallico.
“Lasciami! Sei scorretto!”
“Lo so...” disse Ryan a bassa voce. “Mi spiace...”
Gallade lo fece volare lontano, e si rimise sull’attenti. Marcello ricadde pesantemente, ma non sembrava aver subito grossi danni. Si rimise in piedi, alzando quell’armatura che pareva pesare una tonnellata.
“No! Cacturne, vai con Sbigoattacco!”
E Ryan sapeva benissimo che quello Sbigoattacco era rivolto a lui. Quando il cactus partì, Gallade non fu in grado di fermarlo, e così l’allenatore dagli occhi rossi si ritrovò sul punto di portare le braccia davanti al volto per salvarsi.
Ma niente.
Lampent era lì davanti, ed aveva utilizzato un attacco Lanciafiamme contro il nemico, che ora stava bruciando per terra.
“Lampent... Rachel!” si voltò di corsa Ryan.
La ragazza era lì, con gli occhi ricolmi di lacrime. “Stavi... stavi per essere colpito” fece.

“Non preoccuparti, stai tranquilla... grazie”
E poi l’urlò di Marcello, che tornava alla carica con la spada in mano.
“Dannazione!” urlava, dopo aver saltato il corpo in fiamme di Cacturne. Volava, con la spada in mano, mentre stava per sferrare un forte colpo.
“Gallade, ancora Confusione!”
Rachel si avvicinò a Ryan, e guardò. Ormai anche Noctowl era finito K.O., e gli Ingiusti, assieme all’Omega Group, stavano facendo piazza pulita di vesti bianche. I corpi morti venivano lanciati oltre il precipizio, in modo da creare più spazio.
Marcello urlava, mentre la forza di Gallade lo portava allo stremo della resistenza.
“No! Marcello!” urlò Timoteo.
Gli si avvicinò velocemente, e lo afferrò per le anche, scuotendolo. Haxorus si avvicinò celermente al suo allenatore.
“Perché fate questo?” chiese Timoteo, con la sua voce grossa e cavernosa.
“Purtroppo il destino di questa battaglia ha segnato il nostro futuro” rispose Ryan.
“Voi state facendo incetta di vite. Come gli Ingiusti. Eppure non portate le loro armature, e non brandite nemmeno una spada”
“Ciò perché da dove veniamo noi le spade non si usano più”
Timoteo sobbalzò. “E... e come vi difendete?”
“Con le armi da fuoco. E con i Pokémon”
“Così... così anche voi usate i Pokémon come armi” sostenne Timoteo.
“Io... io no, non intendevo dire questo”
“Ma me lo stai mostrando”
Ryan spalancò gli occhi. E mentre Rachel rimaneva imbambolata, affascinata dallo sguardo e dalla voce dell’eroe, Ryan si rendeva conto di avere soggezione di quello.
“Io... io devo farlo. Altrimenti questo mondo non esisterà più tra mille anni”
Timoteo inclinò la testa.
“E tu che ne sai?”
“Noi... ebbene, noi veniamo dal futuro”
“Futuro?!” sobbalzò ancora Timoteo. Poi si voltò verso quello che parevano essere i resti di Cacturne, che bruciava ancora. “È forse questo il fuoco che mi porterà via?”
“Il... il fuoco che ti porterà via?” chiese Rachel.
“Prima, l’oracolo del tempio, ha predetto che il mio destino culminerà nel fuoco. Sarà questo fuoco ad uccidermi?”
Ryan guardò Rachel, poi tornarono ad osservare l’eroe. Marcello si stava rimettendo in piedi, mentre vedeva che il numero degli Ingiusti non era pressoché sceso. Tranne qualche sporadico guerriero, che avrebbe ceduto nel giro di qualche minuto, Ingiusti e persona dalla divisa blu stavano cancellando tutto il bianco da quella battaglia.
“Ora! È il momento di cambiare!” urlò Stark.
“Cambiare?!” si chiese Marcello.
“Rachel, sparisci!” urlò Ryan, ed immediatamente Gallade la teletrasportò lontana da lì, per poi tornare sul campo di battaglia. Subito dopo, l’Omega Group prese a bersagliare con gli attacchi dei propri Pokémon gli Ingiusti.
“Cosa?!” Adamo sobbalzò, quando vide che la ragazza con i capelli e la pelle scura, con la divisa blu, aveva preso ad attaccare il suo Muk.
“Che stai facendo?!” urlò.
Marianne non rispondeva, ed ordinava ai suoi Pokémon di continuare con gli attacchi.
Ryan fece un segno di assenso a Timoteo, ed insieme attaccarono gli ingiusti.

Timoteo non ebbe molta scelta. Tornò a bersagliare Adamo.
“Dove eravamo?!” domandò, mentre con un fendente di spada fece cadere per terra il nemico. Il forte colpo aveva ammaccato l’armatura.
“Timoteo!” Adamo riprese la spada, e parò i colpi con forza ed agilità.
“Gengar! Usa Pugnodombra!”
E così fece. Questo pugno attraversò la corazza di Timoteo, facendo saltare un battito all’eroe, che fu costretto a riprendere fiato con un grosso respiro.
“Ora!” urlò Adamo, che con il manico della spada colpì la fronte di Timoteo. Non voleva che morisse così. Doveva vedere il tempio in fiamme.
“Ad... Adamo...”
Absol, l’Absol di Timoteo, si presentò con velocità sulla scena, e prese a duellare come uno spadaccino contro Adamo. La velocità di quel Pokémon fu tale da costringere Adamo a giocare ancora sporcò.
“Gengar! Usa Ipnosi su Absol!”
“No...” Timoteo si stava riprendendo, ma ancora non riusciva a rimettersi in piedi.
“No!” si sentì urlare. “Lucario, usa Forzasfera!”
Una luce blu anticipò la palla di energia, che investì Gengar e lo fece ruzzolare oltre il precipizio.

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