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Merry Christmas



Auguri di un felice Natale, sperando che tutto vada bene e a gonfie vele per i prossimi giorni. Pokémon Courage cerca di stupirvi sempre, sfornando storie più avvincenti, pubblicazione dopo pubblicazione!
Il programma di pubblicazione prevederà qualche altra One shot, una storia di poco più di cinque capitoli, con protagonisti i personaggi di Back to the Origins fino a ricominciare con la pubblicazione massiva della nostra prossima, incredibile storia!
Restate con noi, la fantasia non andrà mai in vacanza!
Vi ringraziamo, da parte anche di Rachel Aori, e dello staff di Pokémon Adventures ITA, e vi auguriamo buone feste, e naturalmente, BUONA LETTURA!

Stay xmas! Go!

Andy!







Gli occhi si aprono, si chiudono, trasmettono alla nostra testa immagini del mondo che abbiamo davanti. Gli occhi sono lo specchio dell’anima, pagine di un libro che altrimenti non potremmo mai leggere.
Gli occhi sono belli, ridono e piangono con noi. Gli occhi si arrabbiano se noi ci arrabbiamo.
Si commuovono se noi ci commuoviamo.
Ma si cibano di quello che vediamo, e che stampiamo in maniera indelebile nella nostra memoria, come un marchio a fuoco.
Gli occhi di Sapphire quella mattina si aprirono per curiosità.
Per la curiosità di vedere il mondo oltre la doppia finestra di casa sua. Voleva sapere se nevicava.
E quel mattino, almeno a quanto aveva detto il meteo alla televisione, doveva nevicare abbondantemente.
Gli occhi blu scintillarono nel buio della sua stanza. Pian piano si adattarono alla luce, fioca, che proveniva dalle napoletane chiuse. Quelle vecchie napoletane di legno, di quelle che odoravano tanto. Che odoravano forte...
I capelli sparsi a raggiera sul cuscino, spettinata come sempre, confusa come ogni volta che si svegliava, traumatizzata dal fatto di essersi svegliata.
Quel giorno però, diversamente da tutti gli altri, qualcosa di magnetico la attraeva al di fuori del suo letto.
Il viso della giovane si deformò rapidamente, mutando la sua espressione in uno sbadiglio. Strinse gli occhi, e spalancò la bocca più che poteva, poi prese coraggio e si scoprì. Le coperte erano calde, emanavano piacevole tepore.
Mise i piedi per terra, cercando le sue pantofole, quelle morbide, ma rabbrividì quando il piede toccò la fredda mattonella.
Quella casa non le si addiceva, così grande com’era. Poi ci ragionò, col senno di poi il suo pensiero era che avrebbe dovuto prendere una casa più piccola, ma in effetti avrebbe fatto carte false per poter avere una casa tutta sua, e quando gli si presentò l’opportunità di allontanarsi ed andare a lavorare come professoressa ricercatrice alla periferia di Ciclamipoli non volle sentire ragioni.
La vita lì era molto tranquilla. Di tanto in tanto andava alla pensione Pokémon, i proprietari erano piuttosto indaffarati in quel periodo ed avevano piacere nel vedere Sapphire, un po’ perché dava un cospicuo aiuto col nutrimento dei Pokémon, un po’ perché spesso erano soli e Sapphire riempiva un po’ la giornata.
Era assurda quella cosa, il fatto di crescere si intende. Lei non era cambiata poi così tanto, capelli forse un po’ più lunghi, quel camice che copriva le curve ormai mature del suo corpo e quel paio di occhiali davanti al volto che le sembravano una costrizione, un paio di manette. Lei aveva sempre odiato quel genere di oggetti. Bracciali, collane, anelli, orologi...le sembravano delle cinture, che stringeva ad ogni respiro; no, meglio avere il collo libero, le dita pure ed il polso non faceva eccezione.
Sospirò, quando poi dovette combattere con l’istinto di rimanere su quel letto, che per quanto duro e sgangherato fosse, era sempre un giaciglio caldo. Alla fine vinse la curiosità, e si alzò.
Pochi passi, e raggiunse il bagno, quindi accese la luce. La finestra era chiusa, ma la luce filtrava forte lì, e lei fu costretta a stringere gli occhi, abituati ancora a quella debole luminosità della stanza accanto.
Sbrigò alcune faccende necessarie, e tornò in stanza.
Era il momento della verità. Nevicava?
Aprì la finestra, il freddo la attaccava come uno sciame di vespe, e quindi spalancò le napoletane.
Un sorriso spuntò come un fungo sul suo volto. Tutto, tutto, era tutto pieno di neve.
Ciclamipoli e Mentania, i loro tetti erano totalmente bianchi, mentre piccoli fiocchi bianchi si accingevano a posarsi ancora sul manto erboso ormai secco e bruciato dal freddo e dalla neve.
“Che bello...” fece, sognante. Adorava la neve. Quando abitava a Albanova non nevicava mai. Hoenn era abbastanza a sud, e spesso la regione era più caratterizzata da climi tropicali che altro.
Quindi la neve le teneva aperta la bocca a mani nude.
“Fantastica...” disse.
Sapphire amava la natura. Con essa aveva uno strano feeling, quasi sapeva comunicare con ogni singola foglia, filo d’erba.

Era la vigilia di Natale, e quel giorno tutto doveva essere perfetto.
Se non altro perché Ruby aveva deciso di volerlo passare con lei. Non si vedevano da tanto tempo i due, ma era arcinoto che tra loro ci fosse un feeling.
Lei era la figlia del Professor Birch, e questo faceva di lei una star ad Hoenn. Il lavoro sul campo del padre era stato riconosciuto da tutti i più grandi studiosi come un approccio rivoluzionario ed avveniristico allo studio dei Pokémon, e lei lo aveva sempre aiutato, quindi oltre ad aver ottenuto tante informazioni da ragazza, godeva anche del cognome e della fama del papà. Non che ne avesse bisogno, era davvero una delle migliori professioniste sul campo, ma questo la aiutò a crearsi un nome.
Ruby, invece, dopo che la situazione con Emerald si era messa a posto, decise di girare la nazione come coordinatore Pokémon.
In effetti era il suo sogno, quando partì per il suo viaggio e testardo com’era, decise di volerlo esaudire.
Sapphire ricordava perfettamente il suo volto quando riuscì a sconfiggere definitivamente Adriano. Ruby era in lacrime, e toccava il cielo con un dito. Era finalmente riuscito ad arrivare in alto, a battere il suo mentore, o quello che era, ed a consacrarsi nel mondo dei grandi.
Viaggiava in lungo ed in largo, faceva comparsate in tv e nei locali.
Se la vedeva bene.
Ma quando poteva tornava indietro ad Hoenn, salutava la madre e sfidava con lo sguardo suo padre, fiero di quello che era. Quindi andava da Sapphire e la stringeva tra le sue braccia.

E Sapphire apprezzava.
Non ne sapeva il motivo, ma era attratta da quel ragazzo. Da quella sua forza, dal suo sorriso, dal passato torbido e tutto sommato anche quelle cicatrici che aveva sul capo non erano malaccio.
La questione era che ogni volta che lo aspettava fremeva tutta, eccitatissima dalla voglia di starci accanto. Anche se sostanzialmente non sarebbe riuscita ad avvicinarsi quanto avrebbe voluto a lui, avrebbe comunque goduto della sua compagnia.
Le mancava.
Sorrise, ripensandoci, a lui ed alla sua aria da spavaldo, e quella strana incoscienza che lo aveva portato a fare cose che una persona perfettamente con la testa sulle spalle avrebbe demonizzato senza alcun problema.
Pensò alle sue braccia, che col tempo erano diventate più forti, ai suoi occhi, più profondi, alle sue labbra...

“No! Le labbra no! Fermati Sapphire!”

Fottuta. Si era totalmente innamorata, e lottava contro se stessa per non ammetterlo. Intanto però quel giorno doveva essere tutto perfetto. Entrò nella doccia, e velocemente si levò via quello che il sonno le aveva attaccato addosso, cercando coraggio e faccia tosta (che aveva, ma che aveva riposto in qualche cassetto senza ricordarsi quale fosse) dall’acqua che le sciacquava il viso, che le scendeva sul corpo, carezzandola, baciandola, viziandola.
Uscì di malavoglia dalla cabina doccia, coprendosi con un morbido accappatoio.
Lo specchio fu meno impietoso del solito, o forse erano gli occhiali, che poggiati sul comodino, non le permettevano di mettere tutto bene a fuoco.
Tutto sommato vedeva una bella ragazza, giovane, con un sorriso vivo, e gli occhi blu come il mare.
Come lo zaffiro.
Vedeva la pelle diafana del volto scurirsi, prendere colore e vita dove c’erano le guancie, con quelle scocche rosse e avvinazzate, nonostante non avesse bevuto nulla.
Almeno non a quell’ora.
Amava bere vino, amava sentirlo sotto al palato, e parlare con le amiche, quando capitava, con il bicchiere in mano. Ma senza esagerare.
Non era un’ubriacona, ecco. Si definiva invece un’estimatrice, per quanto giovane fosse.
Apprezzare i piaceri della vita non è una prerogativa solo delle persone più grandi.
Doveva curare attentamente come vestirsi: sapeva che Ruby dava molto peso all’aspetto. Inutile esagerare, in quanto il ragazzo aveva telefonato e...

“...”
“Pronto?”
“Ciao Sapphire”
“Chi è?”
“Sono Ruby...”
“Oh...scusami, non avevo riconosciuto la voce”
“Un po’ di tempo che non ti telefono e ti dimentichi di me?” rise poi Ruby.
“Ma no! Non potrei mai dimenticarmi di te...è che è stata una giornataccia...”
“Me lo racconterai sicuramente...mi racconterai tutto...”
“Come mai mi hai chiamata?”
“Per il piacere di sentirti. E poi perché volevo avvertirti che per le feste di fine anno sono in zona...”
“Oh...davvero?”
“Già”
“Mi fa piacere che tu mi abbia telefonato”
“Poi non dire che non ti penso mai”
“Che ne dici di passare la vigilia assieme?”
“Mi farebbe tanto piacere”
“Si! Ti potrei ospitare io! Ho tanto spazio a casa che mi sento un po’ sola...”
“Tranquilla”
“Hai preferenze per la cena della vigilia?”
“Direi di no. Ma ho imparato diverse ricette, e vorrei mostrartele. Che ne dici se cucinassimo assieme?”
“Sarebbe fenomenale! Non sono bravissima con queste cose, sai...”
Ruby rise. “Tranquilla. Fortunatamente un po’ me la cavicchio, io”
“Allora siamo in una botte di ferro” sorrise anche Sapphire.
“Bene...”
“Allora ok”
“Ok”
“...”
“Ci vediamo”
“Ciao Ruby”
“Ciao piccola”

Piccola. Il rumore della voce vibrava ancora nella sua testa, come se la sua mente si fosse ridotta all’oscillazione di una corda di chitarra.
Poca concentrazione, poco tutto.
Solo due vestiti davanti.
“Quello rosso o...o quello blu?”
Ed in quel momento sulle sue spalle comparve lei, in versione angioletto e diavoletto.
“Vuoi davvero lasciare che uno di questi vestiti si sporchi?!” chiese l’angelo. “Metti qualcosa di più comodo! Ruby capirà sicuramente, avrai tempo per cambiarti”
“Ma che diavolo dici?! È la prima impressione che conta, dannazione!” fece una piccola Sapphire vestita come il Team Magma, con le corna ed una Marlboro in mano. “Indossa la cosa più attillata che hai, metti tutto in bella vista, e ti farò vedere come il cervello di Ruby si fonderà” e condì tutto con una risatina maliziosa.
“Ma sei impazzita?! Io sono dell’opinione che più tardi mostri la merce, e più lui la cercherà...”
“Se è interessato...”
“Ma sei pazza?!”
“Ma dai! Sembra un po’...un po’...”
“In effetti...”
“Non totalmente etero, ecco...”
E poi Sapphire, quella originale, urlò. “La finite?! A lui piacciono le donne!”
Entrambe le piccoline fecero una smorfia di incredulità.
“È solo più...più sensibile, ecco...”
Le due risero.
“Uff, andate via, metterò il vestito blu” ringhiò Sapphire.
“Metti i tacchi!” urlò la diavoletta, prima che la mano della ormai donna la scacciasse.
“Forse non è una cattiva idea...”

Ed alla fine lo specchio a figura intera le restituì l’immagine di una donna bella e fatta, con un fisico niente male, asciutto ma non nei punti giusti, dove mostrava curve rotonde e carine.
“Ma i tacchi li metto...” si disse tra sé e sé, ascoltando quel diavoletto che altro non era che la sua coscienza combattuta tra le opinioni.
Si infilò quei decolleté azzurri, e sorrise. Forse erano un po’ scomodi, ma si piaceva. Un’ultima pettinata, prima di sentire il campanello.
“Ruby...”. Era la sua suonata frenetica.
Lentamente, cercando di non cadere per le scale, scese le scale del primo piano di casa sua, ed aprì la porta.
Lei sorrise, e Ruby ebbe una naturale reazione di sbigottimento.
“Hey...” fece poi, incredulo.
“Tutto bene?” sorrise, imbarazzata ed al contempo compiaciuta la ragazza.
“Sei...sei bellissima”
Sapphire sorrise e diede il cinque ad entrambe le piccole dispettose sulle sue spalle, quindi si fece da parte e fece entrare il ragazzo. Aveva in mano una busta.
“Che bella, casa tua” disse lui, dopo averle stampato un bacio sulla guancia. Lui faceva il disinvolto, come se in quella casa ci fosse sempre stato.
Poggiò su di un tavolino la busta, quindi si voltò verso la ragazza.
“Dannazione...non ti avevo mai vista così...”
“Così come?”
“Così bella”
Sapphire arrossì. Ed il rosso delle guancie creava un contrasto delizioso con gli occhi, le scarpe ed il vestito.
Lui le si avvicinò, la prese per una mano e la fece piroettare. “Sì. Deliziosa” aggiunse.
Sapphire lo guardava. Non era cambiato assai. Non indossava più quel cappello, quello strano cappello bianco, ora aveva accorciato i capelli, e per l’occasione indossava una camicia nera, cravatta dello stesso colore, con sopra un lungo cappotto nero. Gli occhi splendevano di uno scarlatto acceso, ed il suo sorriso pareva il palcoscenico dell’opera più bella del mondo.
“Non hai ancora addobbato?” chiese curioso lui.
“A dire il vero no. Dovrei farlo, e se puoi darmi una mano sarebbe meraviglioso...sai, il lavoro”
“Ti capisco. Si hanno così tanti impegni quando si lavora che anche la cosa più stupida sembra impossibile da fare”
“Già...”
“Beh, cominciamo” sorrise lui.
“Vado a prendere tutto”

E fu così che i due passarono la mattinata ad addobbare un albero di Natale. Montarono le luci, poi appesero le palline colorate, e lui le lasciò l’onore di posizionare il puntale. Dovette mantenerla, perché con gli alti tacchi non riusciva a stare in equilibrio sulla sedia.
“Forse staresti più comoda senza scarpe”
“Forse sì. Ma ti vorrei far notare il modo in cui porto questo tacco di dodici centimetri”
“In maniera molto elegante, infatti. Complimentoni, socia”
“Non siamo più soci da anni ormai...ora siamo amici”
“Dici?”
“Già...”
Ruby la aiutò a scendere dalla sedia, stringendola con le mani alla vita, quindi la posò leggermente per terra. Sapphire in quel momento si trovò così tanto vicina alla sua bocca che ebbe per un momento l’illusione di essere baciata.
Invece era solo la sua fantasia che si prendeva gioco di lei.

Piccolo saltello, si mise sulle punte la ragazza, quindi tornò in una posizione normale, e sorrise.
“È dritto” aggiunse.
“Sì, lo è...”
“L’albero è venuto davvero bene”
“Già. Mi piacciono molto le palline”
“Rosse e Blu”
“Rubino e Zaffiro...”
“Ruby e Sapphire...”
Per un momento ognuno dei due si perse negli occhi dell’altro, poi Sapphire si riprese e tirò per mano il ragazzo, fino ad entrare in cucina.
Lui guardava l’orlo del vestito, che danzava ed oscillava vicino alle sue gambe, sotto il balcone generoso delle sue natiche.
Arrossì quando lei si girò e lo sorprese a guardarla.
“Bene...cuciniamo”
Entrarono in cucina, i due, molto lentamente, lui la teneva per mano, o forse era il contrario.
Sì, forse era Sapphire a tenerlo per mano.
“Che prepariamo?” chiese lei.
“Non lo so...qualcosa di buono”
“Dolce o salato?”
Ruby sorrise ed arrossì contemporaneamente, abbassando lo sguardo. “Dolce...come te...”
Sapphire sorrise, e gli diede un bacio sulla guancia. “Grazie, Ruby...prepariamo una torta al cioccolato?”
Ruby allora annuì, paonazzo e rosso come suggeriva il suo nome.

Mani nella farina entrambi, sorrideva. La luce nella cucina della ragazza era tanta, e qualche granello di farina si era alzato in aria, e volava, raggiungendo il sole. Tutto era ovattato, mentre lui leggeva la ricetta e lei impastava rosso d’uovo e farina.
“Dobbiamo aggiungerci dello zucchero”
“Dov’è?” chiese Sapphire.
“Qui...” sorrise l’altro, posandole il dito sporco di farina sul naso, lasciandole un’impronta bianca.
“Ruby!” esplose lei, facendo altrettanto su di lui.
“Ma! Ma io non ho esagerato così!”
Allora il ragazzo prese la farina e la gettò in faccia alla ragazza. Quella cacciò un piccolo urlo stridulo, che fece ridere ancora il ragazzo.
“Smettila! Mi hai sporcato il vestito...”
“Sei adorabile”
“Si...vabbè...”
“Vieni qui”. Ruby la prese per mano, e la portò nel punto preciso in cui le mattonelle della cucina incontravano quelle del salone.
“Ora stai ferma qui”
“Perché dovrei?”
“Perché siamo sotto al vischio...e qui non puoi rifiutarmi un bacio”
Sapphire spalancò gli occhi, e Ruby, lentamente, si avvicinò al suo volto. Occhi negli occhi, volto concentrato, le labbra si schiusero lentamente, e si poggiarono su quelle della ragazza.
Sapphire stava davvero per esplodere. Stava desiderando quel momento da troppo tempo per permettere che qualcosa accadesse. Chiuse gli occhi, godeva della morbidezza di quel bacio, delle braccia del ragazzo che la stringevano, che la tenevano ferma, come a dirle “ora stai qui e baciami”.
E come ogni magia, quel bacio finì. I loro occhi, un po’ imbarazzati, si incontrarono sull’autostrada dell’autocoscienza. I due si erano baciati.
Prima soci, poi amici, ma entrambi nutrivano una passione segreta per l’altro. Una passione che doveva prima o poi sbocciare, come una rosa.
Ruby vide Sapphire arrossire. Le labbra si schiusero, produssero un piccolo rumore.
“Ti amo. Ti ho sempre amato, e nonostante tu ci abbia messo davvero molto a fare quello che hai fatto, ho aspettato questo momento da tempo...”
“Anche io ti amo Ruby. Sono le nove. Sono le nove. Allarme. Allarme...allar...”

Poi capita che apri gli occhi all’improvviso.
Sapete, no, quelle mattine in cui avresti qualcosa da fare...
Quelle in cui proprio non puoi fare tardi.
Quelle in cui hai degli ospiti a pranzo, come ad esempio un vecchio socio, che ora è diventato tuo amico...
E magari è pure la vigilia di Natale...
Si, magari lo è.
E magari il socio ti ha avvertita pure che sarebbe arrivato da te per le 9 e 30, e tu hai messo sei sveglie per riuscire ad alzarti.
“Ma come si può non sentire sei sveglie! Sei, dannazione!”

Ma poi veloce e regolare come un treno, si vestì, tanto già sapeva cosa indossare.
E capitò anche che il campanello suonò.

“Ruby...ciao...” fece lei timida.
“Ciao, Sapphire. Sei bellissima, stai benissimo. Ma dobbiamo andare via da qui”
“Cosa?!”
“Sta per succedere il finimondo. Dobbiamo andare via, ci stanno cercando. Vogliono metterci fuori gioco, dobbiamo scappare”
“Perché?!”



Febbraio 2014.
Crystal Chronicles.

It’s coming.

Stay ready....


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