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In the Shadows - 2



Autore: Andy Black;
Titolo: In The Shadows
Capitolo: 2;

Keep calm, stay ready and go...





“Sai cosa significa perdere un amore, Ryan? Perdere un amore significa che quello che credevi tuo se n’è andato via, lasciandoti con un sacco pieno di punti interrogativi. Significa che hai il cuore vuoto, pieno di niente. E tante spine ti circondano, e appena ti muovi, appena pensi all’amore che hai perso, quelle ti pungono. E tu piangi, perché sentire il vuoto di qualcuno fa male al cuore”
Alma guardava con occhi spenti il poggiatesta del sediolino che aveva davanti. L’aereo stava per decollare, ancora qualche minuto. La hostess era già passata a mostrare quali fossero le uscite d’emergenza e le altre accortezze da prendere in caso ci fosse qualche problema.
Ma era improbabile. È più probabile che affondi una nave piuttosto che cada un aereo.
Gli aerei erano solidi bestioni che solcavano il cielo.
Gli aerei erano gli autobus dell’aria.
“Mi chiedo ancora come abbia fatto a convincerti a seguirmi in questa missione suicida”
“La risposta è semplice. Avevo bisogno di avventura. Capisco Zack, ed il perché fosse sempre in giro come un vagabondo. Cercava nuovi stimoli, nuove avventure. Stare nella sede della Lega ad aspettare che qualcosa accada è un vero strazio, Alma... la routine mi uccide. E tu, e la tua richiesta suicida, mi siete apparsi subito come una scaletta di salvataggio”
“Prima dell’avventura con Lionell eri fermo, però”
“Lavoravo, Alma. Ma... lì avevo Rachel e la fame come catalizzatori. Lavoravo per non morire”
“Ti capisco. Soprattutto perché eri giovane, e ti sei ritrovato in una pessima situazione”
Una voce annunciò l’imminente partenza. Pregavano di allacciare le cinture e di spegnere qualsiasi apparecchio elettronico.
“Hey... si parte” fece lui. Vide la donna irrigidirsi e stringere i braccioli del sediolino, fissando meravigliata e contemporaneamente impaurita il paesaggio circostante, da quel finestrino, che lentamente rimpiccioliva tutto.
Il sonno poi la rapì, tirando giù quelle palpebre, oggetti che celavano uno sguardo sognatore.


Si svegliò direttamente a Sinnoh, patria del principio.
Le leggende di quella regione avevano ispirato migliaia di storie, e portato tanti eroi a partire all’avventura, ultimi tra tutti Zack e Rachel.
Il nuovo aeroporto di Giubilopoli era aperto da qualche anno, Ryan ed Alma scesero dall’aereo, un po’ spaesati. Alma avrebbe scommesso che sarebbero arrivati l’indomani a Sinnoh, ed invece nel tardo pomeriggio erano lì. Marianne aveva cercato per entrambi una soluzione per sistemarsi qualche giorno senza avere problemi e paure, e l’avevano trovata nell’Ostello mezza stella Bidoof, della signora Yuki. Naturalmente ognuno aveva una stanza separata, Marianne era gentile, ma non scema. Far dormire Ryan nella stessa stanza di una donna come Alma avrebbe messo a repentaglio il rapporto di qualunque uomo, qualsiasi fosse stato il suo orientamento sessuale o la sua fedeltà.
Presero una navetta che li accompagnò al centro, Giubilopoli in quei giorni era molto carica, e le persone giravano per le strade festanti e divertite.
Per terra, su quelle mattonelle che parevano esser state calpestate da migliaia di persone per anni ed anni, erano sporcate dal colore di vari coriandoli.
Alma li calpestava curiosa.
“Che giorno è oggi?”
“Non ne ho idea” rispose Ryan, stranito. Anche lui si sentiva a disagio in mezzo a tutta quella folla che rideva e festeggiava.
“Scusi” interrusse Alma. Una donna dai capelli verdi, lunghi, acconciati in una treccia voluminosa che le arrivava alle natiche, sorrise e la guardò.
“Sì. Salve”
“Mi chiamo Alma. Vorrei sapere perché c’è così tanto fermento”
“Ciao Alma, io mi chiamo Demetra. Oggi si festeggia la festa della liberazione di Sinnoh. Sai, tanto tempo fa un signore della guerra assoggettò questa città al suo potere. Un eroe, con un solo Pokémon, riuscì a sbaragliare l’esercito intero di questo. Alla fine il signore della guerra, vedendo lo spirito e la forza dell’eroe, decise di abdicare in suo favore. E lui, in concomitanza con i tre guardiani dei laghi, portò pace, saggezza ed armonia a tutta la nostra regione”
“Grazie” sorrise Alma.
“Di niente” fece altrettanto Demetra, che poi riprese a ridere ed a saltare, gioiosa e festante.
Pochi passi tra la folla, i due con lo zaino in spalla camminavano a bocca aperta, gustandosi la città ed il suo tepore.
Era tutto così bello.
“Ecco la pensione” fece Ryan. 

“Due singole, a nome di Livingstone” disse Ryan, ed il portiere gli diede due mazzi di chiavi con un voluminoso portachiavi. Il Numero di Alma era il 9, quello di Ryan l’8. Salirono le scale di quel piccolo ostello. Le pareti erano tappezzate con una strana carta da parati rosso scuro, morbida al tatto. E per terra c’era una moquette marrone consumata. A tratti c’erano macchie più scure.
Le luci erano tenute basse, in quello stretto corridoio senza finestre, e le porte color crema riflettevano il tepore delle lampadine gialle.
“Marianne poteva scegliere qualcosa di meglio” fece Ryan, fermandosi alla sua stanza.
“Almeno abbiamo un tetto sulla testa”
Ryan annuì e sospirò, quindi inserì la chiave nella serratura, fece tre mandate, e vi entrò.
“Per stasera riposiamoci, ci incontriamo a cena e stileremo un piano di azione per domani. Tra due ore ti busso e scendiamo” disse il biondo. Alma annuì, ed entrò nella sua stanza.
Quando chiuse la porta pensò di lasciarsi il mondo alle spalle e potersi rilassare un po’. Quella stanza era davvero minuscola, però, e fuggire dai suoi pensieri in così poco spazio non era semplice.
Un piccolo lettino singolo sotto la parete accanto alla porta, un comodino accanto con una lampada senza paralume. Accanto ancora, appesa ad un braccio di sostegno c’era una piccola e vecchia tv, 15 pollici, il telecomando non c’era.
Di fronte al letto un armadio, naturalmente piccolo, e accanto a questo una porta che conduceva al bagno, ovvero piccola doccia, piccoli servizi, piccola finestrella, con una lampadina che funzionava ad intermittenza.
La lampadina della stanza invece funzionava bene, anche se illuminava poco, e quando Alma riversò il contenuto della sua borsa sul letto, sedendosi, la sua ombra inondò il copriletto blu, scurendo tutto.
Sul letto c’erano un cellulare, una spazzola, il borsello con tutti i suoi trucchi dentro, un assorbente, che aveva sempre per momenti d’emergenza, e tre Poké Ball.
“I suoi Pokémon...”
Le Poké Ball affondarono nel morbido tessuto del letto, ma si intravedevano gli “inquilini” tramite la trasparenza di quelle.
C’era un Ralts. Il suo piccolo Ralts, lo adorava, uno dei Pokémon con cui aveva più feeling. Sapeva che a breve si sarebbe evoluto, ma dato che non combatteva mai non si era mai preoccupata di farlo evolvere in un Kirlia.
Un piccolo Pancham era il suo secondo Pokémon. Non aveva un ottimo 
rapporto con quest’ultimo, a tratti pareva geloso di Ralts, ma essendo quasi sempre nella sfera il rapporto non aveva mai avuto la possibilità di migliorare.
E per ultimo c’era un’elegantissima Roselia. Adorava il profumo dei suoi petali.
Tutti lì i suoi Pokémon. Forse era il caso di farli uscire, di prendere possesso delle facoltà motorie, dato che il sole non lo vedevano mai.
Certo, non l’avrebbero visto neanche in quel momento, dato che il sole era praticamente appena tramontato, ma male non faceva.
Si stese sul letto, accanto ai suoi Pokémon, o quasi tutti dato che Pancham si era messo in un angolo da solo), e si riposò.

Alma si sedette al tavolo, vestita non troppo elegantemente. Ryan la stava già aspettando.
“Scusa il ritardo...”
“Stai tranquilla, non aspetto da molto”
“Ok, va bene”
Alma si sistemò sulla sedia, poggiando la borsa sull’angolo di essa, ed abbassò gli occhi. Una candela stava accesa al centro del tavolo, tra lei e Ryan. Una rosa di plastica regnava nel suo piccolo vasetto, e le posate erano poggiate su di un copritavolo bianco sbiadito.
Forse più giallo che bianco...
“Manteniamoci leggeri e cerchiamo di non avvelenarci. Domani dovremmo andare a fare una piccola escursione...”
“Dove andiamo?”
“Sulla Vetta Lancia”
“Dove tempo e spazio si incontrano”
“E Caos...”
“Sì. In effetti è proprio quella la dimensione a cui dobbiamo fare riferimento. Il Mondo Distorto rappresenterebbe il Caos di Giratina”
“Ecco... volevo parlarti di lui...”
“Non sarà un cliente facile”
“Per niente... dovremmo documentarci di più, perché non abbiamo molto su di lui”
“Ho un’amica che fa proprio al caso nostro. Ci aspetterà domani sulla Vetta Lancia”
“E perché farebbe al caso nostro?”
Ryan sorrise.
“Perché è uscita viva dal Mondo Distorto, Alma”
Quella inarcò un sopracciglio. “E come diavolo ha fatto?”
“È un’ottima allenatrice”
“La conosceremo domani. Cominciamo a stilare un piano d’azione”
“Perfetto. Domani scenderemo verso l’alba. Hai con te dei vestiti caldi, vero?”
“Naturalmente”
“Perché dovremmo sfidare le nevi del Monte Corona, ad un certo punto. E poi le raffiche di vento della Vetta Lancia. Indosseremo dei vestiti caldi e raggiungeremo il percorso 207. Ci serviranno delle biciclette da corsa, già ho parlato con il proprietario dell’ostello, ce le procurerà lui, previo pagamento”
“Uh, ok...”
Ryan la vide perplessa, quindi sorrise.
“Sai andare in bicicletta?”
“Sì che ci so andare! Vai avanti!”
“Raggiungeremo l’ingresso del Monte Corona dal percorso 207 e quindi cominceremo ad addentrarci nel ventre della montagna”
“Va bene”
“Hai Pokémon con te?”
“Sì, i miei tre Pokémon”
“Bene, ci saranno utili”
“Ok...”
“Ora mangiamo però”
“Ok” sospirò Alma.

La serata passò celermente. Ryan ed Alma cenavano concentrati sulla missione che il giorno dopo avrebbero dovuto compiere, ma di tanto in tanto Ryan cercava di farla distrarre, dato che l’ansia la stava divorando.
“E come vi siete conosciuti tu e Thomas?”
Una scintilla si accese negli occhi di Alma. Ed il sorriso comparve poco a poco sul suo volto.
“Beh... eravamo davvero giovani. Piccoli”
“Siete cresciuti insieme?”
“Beh, no, insieme no. Io ero al primo anno di università, lui all’ultimo. Ma sai, ti accorgi immediatamente quando una persona ti rapisce”
Ryan sorrise ed annuì. Pensò tuttavia che con Marianne questo non era accaduto.
“Ero relativamente piccola, 19 anni, una vita davanti e tanta voglia di apprendere”. Sorrise poi, quando i ricordi la portarono sui binari giusti. “Avevo un grande paio di occhiali, ero praticamente cieca senza di quelli”
“Erano come quelli che porti adesso?”
“No, assolutamente!” esplose lei, sistemandosi le lenti sul naso all’insù. “No. Erano molto più grossi. Ed antiestetici”
“Hai delle lenti a contatto per domani?”
“Sì, certo... non voglio rischiare di rompermi gli occhiali”
“Ad ogni modo ho affittato anche l’attrezzatura per la montagna, compreso degli occhialoni per la neve. Così gli occhi saranno protetti”
“Bravo, Ryan, sapevo di poter contare su di te”
“Grazie, Alma. Continua il tuo racconto”
“Sì... insomma, ero in facoltà. Ecco, non mi sono mai curata del fatto che gli uomini mi corressero dietro per la mia bellezza... in effetti non me ne sono mai resa conto. Io vivevo la mia giornata per quello che ero, ossia una ragazza che voleva a tutti i costi apprendere il più possibile dalla storia dei tempi passati. E Thomas era davvero bellissimo. I capelli rasati, i muscoli nascosti male in quelle magliette striminzite, ma tanta, davvero tanta serietà e concentrazione nello studio. Cioè, in facoltà c’erano ragazze davvero carine che gli si strusciavano addosso, e che cercavano di fare il massimo per attirare la sua attenzione, ma lui non faceva altro che studiare. Tanto che pensai fosse omosessuale per un certo periodo. Ma poi, quando una volta gli chiesi di sedermi vicino a lui, dato che quel giorno i tavolini liberi erano esauriti, lui mi sorrise e mi fece accomodare accanto a lui. E lì ho visto quello che era davvero. Mi innamorai follemente di lui. E anche lui di me”
“Quindi lui ti amava tanto. Perché temi che ti abbia tradito?”
“Perché delle volte, nella vita, si è deboli. E può essere stato che durante una di queste fasi di debolezza lui abbia fatto... ecco... qualche stupidaggine...”
“Con l’assistente del Professore?”
“Già, proprio così”
“Vedrai che ti sbagli...”
E poi parlarono, ancora ed ancora. Finirono di cenare e si portarono nelle proprie stanze, stanchi per l’avventura che l’indomani li avrebbe aspettati.

Thomas, Thomas, Thomas, Thomas. La sua giacca e quella cravatta rossa, con la camicia bianca ed i bottoni sotto, bottoni trasparenti, lui apre i bottoni, e sotto i suoi addominali, voglio fare l’amore con lui. Quei baci, io ricordo quei baci, ricordo quando mi stringeva, sento le dita contro la mia schiena, sulle mie natiche, le labbra sul collo, ed il calore che aumentava. Le lenzuola calde, le sue gambe intrecciate alle mie. I miei piedi freddi. Ricordo quando mi baciava sui capelli finchè non mi addormentavo, quel rumore che le sue labbra producevano quando schioccavano un bacio. Tlak facevano. Tlak. Ho mangiato bene stasera, domani mi devo svegliare presto, Monte Corona, scalatore, Pokémon, lottare. Pancham mi obbedirà? Perché è così diffidente con me? Sono una cattiva persona? Specchio, il mio riflesso, i miei occhiali, montatura sottile. No, non lo sono.
Ma Thomas non c’è più. Dov’è Thomas? Quella biondina slavata, e quei reggiseni imbottiti. Rosa, blu e gialli. Le sue mani sui suoi seni, oddio sto per sentirmi male. Devo dormire, dannazione, devo riposarmi. Devo riuscire a calmare i nervi.
Devo respirare.
Inspiro.
Espiro.
Inspiro.
Espiro.
Devo rilassarmi.
Devo lasciarmi andare, e fare in modo che questo domani arrivi in fretta...




Alma! Sei sveglia?”. Le nocche di Ryan colpirono la porta un’altra volta, ma pareva che quella avesse dimenticato che quello era il gran giorno. Aveva tanta voglia di filarsela, lui, tornare a casa, nel suo letto, assieme a Marianne, abbracciarla, stringerla. Farci l’amore.
Adorava passare il tempo con lei. Si trovavano d’accordo su tutto. Avevano praticamente la stessa testa su due colli diversi, e questa cosa lo inorgogliva.
Aveva trovato l’anima gemella, ed era contento di questo.
Appoggiò la schiena al muro di fronte alla porta, sentiva dei passi, ed in fondo al suo cuore sperò di non essere stato lui l’autore della sua separazione dalle coperte, perché in tal caso erano in ritardo.
Alma aprì la porta, e lo vide. Lei era pronta, con i vestiti pesanti indosso e gli occhi aperti come due piccole feritoie, il minimo sindacale.
“Ciao. Buongiorno” fece il ragazzo, poggiandole una mano sulla spalla.
“Ciao, Ryan. Buongiorno anche a te”
“Sei pronta?”
“Ho un po’ di paura, ma dobbiamo farcela”
“Perfetto. Andiamo, ora”
I due lasciarono l’ostello e montarono sulle biciclette. Venti minuti dopo erano a Mineropoli. Si rifocillarono, il sole stava cominciando a salire la scaletta nel cielo, quindi ripartirono alla volta dell’ingresso del Monte Corona.
“Potrebbero esserci degli allenatori che vogliono sfidarti, Alma”
“E perché mai?!”
“Per provocarti. Per attirare la tua attenzione. Anche se sei vestita come un pupazzo di neve sei sempre una donna molto attraente”
“Lo prendo come un complimento... ma non voglio usare i miei Pokémon...”
“Speriamo tu non debba usarli per necessità”
Camminarono ancora per qualche metro, Alma si coprì bene e passò inosservata fino all’ingresso del Monte Corona.
Una volta entrati levò il cappuccio. Ryan avanzò lentamente, guardandosi attorno, circospetto. Alma lo seguì poco dopo, vedendo il ragazzo camminare lentamente.
“Dobbiamo stare attenti” fece, e la sua voce rimbombò sulle pareti fredde ed umide. “I Pokémon selvatici possono sorprenderci in qualsiasi momento”
“Ok”
Alma guardò meglio il posto. Tanti massi erano posti per terra in ordine così casuale da sembrare organizzato. Un piccolo laghetto qualche metro più avanti vibrava nelle sue acque per via di alcune gocce, che lente cadevano dal soffitto. Poco lontano dall’ingresso c’era un’altra uscita. Si avviò verso di quella, ma Ryan le mise una mano sulla spalla.
“Non dobbiamo andare lì”
“Come?!”
Si avviò verso un grande masso, quindi vi si arrampicò sopra e gettò lo zaino in un punto più alto. Poi tese la mano ad Alma.
“Avanti”
“Cosa?!”
“Devi salire qui su”
“Devo salire?”
“Sì. L’ingresso alle viscere del Monte Corona è sopra questa parete”
“Ma come dovrei...”
“Dammi la mano”
Quella levò il cappuccio e strinse quella mano, che con forza la tirò sul masso, alto più di due metri. Lei non riuscì a trattenere un urlo, forse per la paura o per l’emozione. Sta di fatto che alcuni Zubat e qualche Golbat si alzarono in volo velocemente, lanciando grida spaventose.
“Veloce, Alma!” fece Ryan, conoscendo l’abilità confusionale di certe situazioni. Si arrampicò ancora su di un muretto di pietra naturale, poco più alto del metro e cinquanta, e tirando Alma, dopo aver raccolto lo zaino lanciato su precedentemente, scapparono nella stanza accanto prima di venire assaliti dal branco di pipistrelli.
Alma aveva gli occhi sbarrati, e la respirazione accelerata, ed appoggiata ad una parete cercava di riprendere coscienza di ciò che era successo.
“Ok... cerchiamo di tenere la voce bassa”

Il Monte Corona si snodava per altri metri, ed era decisamente difficile tenere occhi aperti ovunque. Un po’ qua, un po’ là, i Pokémon selvatici erano dappertutto. Ryan ne sconfisse più di venti, e continuarono a camminare. La nuova sala era molto più ampia. Mancavano specchi d’acqua, ma pareva che la mano dell’uomo l’avesse modificata, resa più vivibile. La luce filtrava da alcune aperture nelle pareti rocciose, e dei ponti di legno aiutavano il passaggio e rendevano accessibile posti che in natura sarebbero stati difficili da raggiungere.
Appena messo piede su di uno di quei passaggi artificiali, Ryan si fermò.
Poi guardò Alma, tendendo l’udito. Il ponte si muoveva e scricchiolava.
“Forse è buono...”
“Forse?!” esclamò Alma, spaventata.
“Nel peggiore dei casi cerca di cadere facendo una capriola” sorrise Ryan, riprendendo a camminare.
“Se so correre dritto è già tanto, Ryan”
“Non potresti mai essere la Campionessa”
“E tu non potresti mai partorire”
“Non vedo cosa c’entri...”
“È la verità”
“Voi donne mettete questo fatto del parto in ogni discussione. Tu allora non capirai mai quanto fa male un calcio nei testicoli”
“Il parto fa più male”
“Non lo metto in dubbio” sospirò lui, sconfitto per l’ennesima volta.
Un Golbat volò improvvisamente davanti a lui, ed una linea di sangue si creo sul suo volto.
“Cosa...?”
Ryan si toccò il volto, sporco e guardò la mano. Il sangue scorreva caldo e debole.
“Che cosa è successo, Ryan?!” si allarmò Alma, stavolta tenendo il volume della voce ad un livello normale.
“I Pokémon sono irrequieti, Alma... qualcuno è già passato di qui... da poco”
“E chi?”
“Probabilmente il nostro contatto”
“Contatto?!”
“Già... ci darà uno strumento in grado di farci entrare nel Mondo Distorto”
Alma inarcò le sopracciglia e sospirò. Aveva intuito che la cosa potesse essere difficile ma non fino a questo punto. Ryan poggiò un fazzoletto candido sulla ferita, che rapidamente si macchiò di rosso vermiglio, quindi tornò a camminare, ma stavolta con una precauzione.
“Gallade... aiutaci tu” fece il Campione, ed il Pokémon Psico e Lotta fece la sua comparsa. Alma sgranò gli occhi e guardò Gallade, affascinata. Quello la salutò con un cenno del capo, quindi camminarono per quella grotta, attraversarono altri due ponti e combatterono contro due Graveler ed un altro Golbat fino a che non raggiunsero l’uscita da quella sala.
“Grazie Gallade” fece Ryan, facendolo entrare nella sua sfera. Era meglio così. Stava nevicando davvero pesantemente sulla dorsale nord del Monte Corona, e gli alberi e le rocce erano totalmente coperte dal candore e dal freddo invernale, nonostante la primavera fosse alle porte. I doposci di Alma affondarono nella neve fredda, ma lei dopo fece un altro passo, ed un altro ancora. Ryan si muoveva più agilmente, mentre una raffica di forte vento gettava sui ragazzi freddo, neve e ripensamenti.
“Forse è troppo difficile per noi” pronunciò tra le labbra la bella, ma a bassa voce, in modo che le parole cadessero dalle sue labbra ed atterrassero sul suo mento.
La paura era logica. Ed in generale lo è, quando non si sa cosa si troverà sul cammino.
“La Vetta Lancia è molto in alto. Dobbiamo salire ancora. È il punto più alto di Sinnoh”
“Ti sbagli, mio caro Campione della Lega di Adamanta. Il punto più alto di Sinnoh è lo Spazio Origine”
“Mi scusi sua eminenza” sbuffò ironicamente Ryan, continuando a camminare. La corrosione aveva creato dei sentieri naturali, che passavano inevitabilmente in mezzo all’erba alta.
Naturalmente la mano dell’uomo c’era stata anche lì.  Scale scoscese e piccoli ponticelli di corda univano posti altrimenti inarrivabili tra di loro.

E mentre camminavano con la neve fin quasi sopra le ginocchia, Ryan si bloccò d’improvviso, facendo sbattere Alma sulla sua schiena.
“Hey... che ti fermi a fare?!”
Poi un rumore forte, e la neve che continuava a scendere.
“Cosa?! Ryan, spostati”
E così quello eseguì.
Un enorme Abomasnow si stava avvicinando a loro a grandi passi.
“Cazzo...”


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