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Monte Argento: Gold vs Red - 2

Anche questa settimana ci siamo. Pokémon Courage è tornata con il secondo capitolo di questa short!
Hoenn Chrysis però è quasi tra noi, e la stesura dei capitoli ci sta dando grosse soddisfazioni!
Il nostro cervello si arrovella attorno a tutte le soluzioni che questa nuova storia può cercare, quindi se vi piacciono i Dexholders vecchio stampo aspettateci!
Detto questo (piccolo spoiler, perdonatemi), beccatevi sto pezzo!
Ah! Abbelli, leggetevi il manga di Laila, lo scaricate da qui! Ed anche quello canonico, che trovate su Pokémon Adventures ITA.

Stay ready! Go!

Andy Black





La notte passò relativamente tranquilla. Il risveglio fu dolce, con il sole che, intrufolatosi di soppiatto nella stanza di Gold, si permise di aprirgli le palpebre con le sue mani calde.
Quello si lamentò per un po’, poi sbadigliò.
Si alzò ed espletò quelle funzioni corporee essenziali, almeno di primo mattino. Doccia veloce, e via.
Si vestì, dopodichè uscì dalla sua stanza.
Sentiva il suono della televisione accesa. Qualcosa stava accadendo ad Hoenn.
"Bah..." disse, avvicinandosi alla fonte del rumore.

“Notizia straordinaria! Il Monte Camino, il vulcano di Cuordilava, ad Hoenn, ha eruttato una grande quantità di lava! I villaggi limitrofi, tra cui Cuordilava, appunto, Mentania e Brunifoglia sono stati travolti dalla discesa lavica. Sembra che si siano aperti tre grossi crateri sulle pareti a sud ovest, ovest e nord ovest del vulcano, dopo l’ennesima scossa di terremoto. Vari studiosi hanno raggiunto il posto, per studiare il fenomeno, tanto spettacolare quanto distruttivo”

"Sta succedendo davvero qualcosa di strano ad Hoenn" fece Green, seduto sulla poltrona, proprio davanti a lui.
"Il bello è che non possiamo farci niente...la natura non può essere controllata"
"Saggio pensarlo da parte tua. Ma...ad Hoenn esiste un Pokémon che si chiama Groudon..."
"Conosco molto bene Groudon...speriamo non sia per via sua"
"Già..."
"Beh...Green...io ti ringrazio per l'ospitalità di stanotte"
Quello si alzò dalla poltrona e sorrise, stringendo il ragazzo. "Figurati, mi ha fatto piacere non sentirmi solo, una volta tanto"
"Puoi passare da me quando vuoi"
"Verrò, senz'altro...appena il lavoro me lo permetterà"
Gold annuì, poi si preparò alla domanda, quella che doveva fargli per forza. Quella da un milione di dollari.
"Senti...secondo te...Red dov'è adesso?"
Green spalancò gli occhi, rimanendo immobile.
"Ti direi una bugia, non lo so. Puoi provare da lui. O magari potrebbe saperlo Blue, che è l'ultima persona che conosco che l'ha visto"
"Andrò a casa sua. Se farò un buco nell'acqua cercherò informazioni da Blue..."
Il solo nominare la donna faceva sussultare Green. Gold se ne accorse.
"Vuoi che le dica qualcosa da parte tua?"
Quello sospirò, e Gold vide come uno squarcio formarsi sul suo volto. Il dispiacere era forte.
"No..."
"Non penso sia questo quello che vuoi. Dove abita di preciso?"
"In fondo alla strada"
"Quindi non è neanche così difficile raggiungerla per te. Basta camminare dritto"
L'altro sorrise. "Fosse così facile..."
"Che cos'è che reputi difficile?"
"Combattere contro me stesso. Perchè lo ammetto, io la amo alla follia. Ma al contempo non potrei odiare nessuno più di quanto odi lei. Perchè sono fatto
così, Gold, io non dico a nessuno ciò che penso, tantomeno ciò che provo. Ma lei me lo ha letteralmente strappato da bocca. E mi disturba il fatto che adesso lei se lo tenga per sé...e soprattutto che, sapendolo, mi abbia tradito"
"Chiarire non farà male"
"Beh. Uno dei due uscirà con le ossa rotte, per forza"
Gold fece spallucce, ringraziò l'amico e lo salutò.
"Vienimi a trovare!" urlò quello dagli occhi dorati.
"Contaci"



La collina sulla quale si ergeva l'osservatorio, e che dava dimora anche a Green e, qualche metro dietro, a Margi, veniva tagliata in due da una stradina asfaltata. Biancavilla era molto carina. Un paesino ancora ricco di tradizioni, nonostante un'urbanistica incredibile. Tutto era così ben fatto lì.
Certo non poteva mettere a paragone quel paesino con Borgofoglianova. Fuori la porta di casa sua cresceva il prato, e tranne qualche eccentrico sporadico, nessuno aveva un vialetto in ghiaia o selciato lì.
Si perse nei suoi pensieri, fino a quando non raggiunse casa di Red.
Le persiane erano chiuse, la porta pure. Nessun rumore proveniva dall'interno.
Gold si avvicinò alla porta e bussò. Le nocche batterono sul legno duro.
Ora, nell'immaginario che si era imposto, sentiva dei passi e qualcuno lo apriva.
Ma si era imposto qualcosa di sbagliato e, mentre ristagnava nei suoi pensieri, si accorse che era davanti a quella porta da almeno tre minuti.
"Bah..." fece lui, voltando le spalle e grattandosi la testa. Non restava che provare da Blue.

"In fondo...in fondo alla strada..."
Camminava, calciando un ciottolo squadrato, pieno di spigoli.
Pensava che se fosse stato in Green non avrebbe avuto alcun dubbio. Lui non avrebbe mai perdonato Blue.
Per quanto innamorato, un tradimento resta un tradimento. Lei aveva sciolto quel legame di fiducia che quei due si erano stilati da soli, quando avevano stretto per la prima volta le loro mani, consapevoli di provare qualcosa l'uno per l'altra.
Provò ad immedesimarsi, scambiando i ruoli. Lui sarebbe stato Green. E... e Crystal sarebbe stata Blue.
La pelle d'oca, nel pensare Red durante ogni spinta che gli dava con il corpo, durante ogni sospiro lascivo dei due, durante ogni nota storta che le loro voci producevano.
Lasciò scappare via la malinconia che gli premeva l'esofago. Un sospiro e tutto passò. Lui era Gold, non Green. E non era innamorato di nessuno.
Tutto sommato era meglio così. Non aveva mostrato il fianco, non aveva guadagnato nulla, ma alla fine non aveva mai rischiato di farsi del male.
Istinto di autoconservazione.
Prima della fine della strada c'era una via più grande, che portava al corso principale. Green aveva detto che Blue era alla fine della strada, quindi non doveva girare.
Aveva voglia di sentire un po' di musica, ma casa di Blue era a meno di 150 metri, non avrebbe avuto senso alzare le cuffie in quel momento.
Raggiunse lo zerbino, quindi bussò.
Sorrise quando sentì dei passi. L'immaginario comune ora funzionava.
La porta si aprì, e vi apparve Blue.
Gold spalancò gli occhi ed inarcò le sopracciglia.
"Gold...?" chiese quella.
Lui cercò di combattere per un momento con quella strana, ma nemmeno tanto, voglia di saltarle addosso, annuendo con lentezza.
La ragazza probabilmente era sveglia da poco. Indossava una camicia da notte scollata e parecchio succinta, nonostante il freddo di quei tempi.
I capelli della ragazza erano stato pettinati da poco, anche perchè erano molto lisci. Il castano dei suoi capelli faceva risaltare il blu degli occhi in maniera speciale.
"Che...che succede?" incrociò le braccia sotto ai seni, facendoli risaltare ancora di più.
Lui scosse la testa e sospirò, trapassando la ragazza con lo sguardo. Quella rise leggermente.
"Ciao, Blue...ho bisogno di un aiuto"
"Di che genere?" continuò lei, appoggiata allo stante della porta, sempre a braccia incrociate. Nonostante questo non lo faceva entrare.
"Sto aiutando Yellow...a trovare Red"
Quella sussultò per un momento, poi sbattè le palpebre e lasciò cadere le braccia ai fianchi.
"Entra" fece.

La casa di Blue, o meglio, quella dei suoi genitori, era arredata secondo uno stile abbastanza rustico. L'abitazione aveva, alle spalle, una grande parete di roccia, cosa che in alcune ore della giornata costringeva ad accendere le luci artificiali.
"I tuoi sono in casa?"
"No. E non farti strane idee...ti conosco"
Lui sorrise, quindi fece segno di no con la testa. "Tranquilla. Non sono venuto per te. Te l'ho detto, devo trovare Red"
"Non credo sarà facile. Caffè?"
"Sì, grazie. Perchè non credi che sarà facile?"
"Accomodati" fece la bella, indicandogli il tavolo.
Lui spostò una sedia e vi si sedette. La ragazza, invece, di spalle, montava la moka piccola.
"Rispondimi"
"Cosa vuoi che ti dica? Nessuno sa dove è andato, Gold"
Passò qualche secondo prima che uno dei due parlasse, tempo in cui l’unico rumore fu quello della macchinetta del caffè, stretta dalle mani sottili della ragazza.
“Qualcosa mi dice il contrario”
La sentì sospirare, di spalle. Quella posò il caffè sul fuoco, quindi si girò, poggiata al piano della cucina.
“Che hai?” gli chiese alla fine lui.
“Che dovrei avere?! La mia vita è un casino!”. I suoi occhi si riempirono di lacrime.
“Ehm...mi spiace...”
“Figurati, non è colpa tua. Mi sono messa da sola in questo guaio”
“Puoi spiegarmi quello che è successo?”
“Spiegami prima cosa diamine ci fai qui”
Gold annuì, ritenendolo accettabile la richiesta della ragazza.
“Io e Yellow siamo molto, molto amici...”
“State assieme?” chiese Blue, scettica.
“No” fece fermamente lui. “Siamo amici. Lei è innamorata ancora di Red, nonostante quello che...quello che avete fatto voi. È tormentata da questa situazione, ed io voglio che stia bene. Ecco perché sono venuto qui a Kanto a cercare Red, almeno per avere una spiegazione”
“La vorrei avere anch’io una spiegazione, Gold”
“Riguardo cosa?”
“Probabilmente sbaglio a parlartene, ma lo faccio lo stesso”
“Il caffè...”
Quella si voltò, e velocemente andò a spegnere il gas. “Quanto zucchero?”
“Due cucchiaini”
Eseguì, quindi diede una tazzina rovente al ragazzo. Gold la guardava, mentre si muoveva con estrema leggiadria in quell’ambiente a lei familiare. Era bellissima.
Ma di una bellezza quasi ingombrante. Di una bellezza che se manca si avverte.
Ora capiva Green. Lui stava a contatto con quella donna da meno di dieci minuti e già ne era attratto. L’altro ci aveva passato anni assieme e dentro di lui si era radicato qualcosa di forte.
“Allora? Dicevi?” chiese lui.
“Allora niente. Sono una stupida. Una cretina, una mentecatta traditrice”
“Uhm...” la smorfia sul volto di Gold, che faceva capire alla ragazza di non aver compreso del tutto, la fece sorridere leggermente.
“Io e Red, in quella tenda abbiamo fatto del sesso, Gold”
Lui sbuffò. Gli spiaceva tanto per Yellow. “Lei non se lo meritava. E neanche Green”
“Lei chi, scusa?”. Il pianto si era calmato.
“Yellow”
“Lo so. Lo so benissimo. Io amo Green, ma è successo tutto così in fretta, che senza accorgercene eravamo nudi tutti e due, l’uno sull’altra”
“Come vi è venuto in mente di fare una cosa del genere?!”
Blue abbassò il capo, facendo cenno di no con la testa. Non lo sapeva.
Gold sospirò di nuovo. Odiava quelle situazioni. Si sentiva come un fiore, di quelli che appassiscono ogni qual volta il sole non è nel cielo.
“E poi? Dov’è lui?”
“Dopo che tutto era finito, lui ha cominciato a piangere come un bambino. Certo anche io avevo i miei rimorsi, come ce li ho ancora d’altronde, ma li ho mitigati col tempo...”
“Ancora devi parlare con Green però”
“Che ne sai?”
“Stanotte sono stato da lui”
Si strinse le braccia, racchiudendo quella preziosa zona contenuta nella cassa toracica in una sorta di area protetta. Lei aveva la pelle d’oca.
“E come sta?” chiese, con voce neutra. Avrebbe voluto piangere di nuovo, ma si trattenne.
“Male, Blue. Perché non vai da lui?”
La ragazza guardò ancora in basso, a puntare i piedi, e quelle unghie non smaltate sul pavimento di mattonelle, forse più fredde di quei piedi.
“Ho paura di essere respinta”
“Non puoi saperlo se non ci vai”
Lei rimase in silenzio.
“Red dov’è?”
“Sul Monte Argento, Gold. Red è sul Monte Argento. Lo so perché è stato avvistato lì, l’altro ieri. Si stava allenando molto duramente”
“Provi qualcosa per Red?”
“Solo un amico. Un amico che mi ha aiutato in un momento di debolezza. Ma io amo Green”
“E allora sai cosa fare. Grazie tesoro”
Gold si alzò ed andò dalla ragazza a prendersi l’abbraccio che meritava. Profumava tantissimo. Il ragazzo aveva fatto uso di tutto il suo autocontrollo per non fare gaffe in quel momento, tanto che uscire da quella porta ed imboccare il sentiero che andava verso Smeraldopoli fu una vera e propria forzatura.

Gold arrivò fino alla dogana. Gli controllarono le medaglie, quindi lo fecero passare.
Il percorso 28 si apriva in un largo spiazzale, del tutto disabitato, se non per il piccolo Centro Pokémon, poco frequentato, che si trovava proprio alle pendici della montagna.
"Il Monte Argento..." disse tra sé e sé.
Non sapeva se realmente qualcuno fosse mai riuscito a raggiungere la vetta, ma lo avrebbe fatto anche lui, se Red fosse stato lì su.
Alzò la testa, cercando di inquadrare il cucuzzolo di quella montagna alla vista.
Era innevato.
Il tempo, per altro, non era dei migliori.
Decise di darsi una svelta, perchè se fosse cominciato a nevicare non sarebbe stato assolutamente facile raggiungere il suo scopo.
Decise che entrare nel Centro Pokémon a chiedere, prima di cominciare la scalata, fosse più saggio.
Poteva anche essere che Red avesse abbandonato quell'area, o che fosse lì a rifocillarsi o a curare i Pokémon.
Aprì la porta di vetro satinato del centro ed una luce abbagliante lo costrinse a spalancare le palpebre.
"Buongiorno, benvenuto al Pokémon Center del percorso 28" disse un'annoiata infermiera, appoggiata dietro al bancone. Sembrava assonnata, ma tutto sommato era molto carina. Gold le sorrise, lei ricambiò.
"Salve...non c'è nessun altro qui?"
"Sono sola da un pezzo, in effetti"
"Mi spiace molto, e rimarrei volentieri a farti compagnia, se non avessi parecchio da fare. Come ti chiami?"
Quella arrossì, timida.
"Cassandra" sorrise.
"Hai un nome bellissimo. Però vorrei farti una domanda. Sto cercando un mio amico, lo hanno dato per disperso e vorrei sapere se è venuto qui a rifocillarsi"
"Beh, ultimamente c'è qualche allenatore che si allena sul Monte Argento. Girano voci particolari, pare si stiano allenando per vincere la Coppa Diamante"
"Eh?! E cos'è?"
"Una competizione. Una sfida molto dura. Più dura dell'altopiano Blu"
"Sei seria?" chiese lui, sorpreso.
"Molto più dura"
"Quindi le cose si complicano leggermente. Sto cercando Red. Lo conosci?"
"Uhm...no. Il nome non mi dice niente"
"Spesso è vestito di rosso. Talvolta indossa anche un cappellino con visiera"
"Sì, ricordo un allenatore vestito di rosso. I suoi Pokémon sono molto forti"
“Perfetto” sospirò Gold. “È Red”
“Scende di tanto in tanto, cadenza settimanale” rispose quella.
Gold le sorrise, squadrandola meglio. Era nascosta dal bancone, sì, ma non per questo lui non si concesse il privilegio di immaginarla a figura intera. Del resto era carinissima. Il viso era molto delicato, finemente truccato, labbra piccole e delicate. Occhi marroni, quasi nero ed un naso invisibile. I capelli, di quel colore particolare, che andava tra il rosso ed il castano, le incorniciavano il viso. Due lunghe ciocche cadevano ai lati della testa, posandosi sui seni. La fronte era coperta da una frangetta ben curata. In cima al capo aveva legato i capelli tra di loro, come se formassero uno chignon mal riuscito, dato che altri capelli le coprivano le spalle e la schiena, raggiungendo ancora il seno, ma era un effetto voluto e lo stesso era ben fatto. La divisa da infermiera le donava.
“Ora devo andare...ma...ma mi piacerebbe rivederti”
“Oh...ok” disse quella, condannata ad un altro periodo più o meno lungo di noia in cui avrebbe fissato la porta, aspettando che si aprisse.
Gold le strinse la mano, liscia e morbida, quindi fece dietrofront ed aprì la porta.

Si ritrovò nella radura prima della montagna, di nuovo. Quello era un Parco Nazionale. I Pokémon lì venivano catturati meno che in altri posti, quindi avevano l’opportunità di crescere selvatici e rafforzarsi, ecco perché era difficile per gli allenatori stare lì. Era anche il motivo per cui c’era bisogno delle medaglie di Johto e Kanto per accedervi.
Camminava per l’erba alta, carezzandola con la punta delle dita. Era umida.
Ed un fruscio la stava muovendo in lontananza.
“Che cazzo...”
Qualcosa si stava avvicinando a lui velocemente. Faceva rumore. Mise la mano alla Pokéball di Typhlosion, pronto a farlo entrare in battaglia in caso di necessità.

E quando a meno di due metri un Donphan saltò fuori dall’erba, pronto ad attaccare fisicamente Gold, lui fece una capriola sul lato, e qualche secondo dopo il suo Pokémon era davanti a lui, a proteggerlo.
Typhlosion era concentrato.
"Vai Exbo!" urlò Gold.
Il Pokémon ruggì, si alzò sulle due zampe posteriori e la corona di fiamme esplose. Il calore emanato era di una temperatura altissima, ed il fuoco riluceva nello sguardo dorato del suo allenatore.
Donphan attaccò velocemente, con Riduttore, cominciando a caricare con forza l'avversario.
"Schivalo" disse lentamente. Non era nelle sue corde essere così calmo, ma sottovalutava l'avversario, e faceva bene.
Typhlosion si mosse velocemente, ascoltando il suo allenatore, saltandolo totalmente.
Aveva una voglia matta di usare l'attacco Incendio. Ma tutto attorno a lui c'erano erba, alberi, il Centro Pokémon con Cassandra e vari Pokémon selvatici, senza contare gli sporadici allenatori che si vedevano di tanto in tanto. Ergo dovette limitarsi con le mosse di fuoco, ed utilizzare quello che per lui era il set di mosse delle seconde occasioni.
"Sdoppiatore"
Typhlosion ruggì di nuovo, ed attaccò con un forte attacco Sdoppiatore, proprio sulla schiena dello sventurato Donphan.
Un Donphan un po' troppo nervoso, che era stato messo K.O. in un colpo solo.
"Bene...andiamo avanti"

Entrò nel Monte Argento, guardandosi attorno. Era tutto buio, ma c'erano diversi ingressi da cui proveniva la luce naturale. La poca luce naturale, dato che stava cominciando a nevicare. Almeno fuori da quella grotta.
Capì che doveva tenere una Pokéball in mano, pronto per l'evenienza. I Pokémon lì, come già detto, erano molto forti. Proprio alla sua sinistra c'era un piccolo laghetto, alimentato da un grande sistema di cascate, il cui scroscio riempiva le orecchie del giovane. Doveva orientarsi, guardarsi attorno. Forse avrebbe dovuto salire la cascata. O scalare la parete che aveva davanti."Uff...come diamine si arriva in cima?!" esclamò poi, riprendendo la sua vena nervosa.
Vari Pokémon volanti, probabilmente pipistrelli o simili, si alzarono dalla volta della grotta, lanciando stridi acuti per intimorire l'avventore.
"Sudobo, scaliamo questa parete e cerchiamo di avere una visuale da un posto più rialzato"
Il Sudowoodo di Gold uscì dalla sfera. Era un Pokémon particolarmente allegro.
Gold lo afferrò, cingendogli le gambe attorno alla vita, e vide Sudowoodo usare l'attacco Scalaroccia.
In meno di un respiro erano già sulla parete.
"Grazie Sudobo" fece l'allenatore, che poi alzò la testa per fare un quadro generale di quel posto. Sulla cascata c'era un'altra cascata. E portava ad una grotta.
Non c'era luce, lì. Ragionò, penso che la cima fosse all'esterno, e non all'interno.
Non lo sapeva di preciso.
Ad ogni modo si rese conto che alle sue spalle ci fosse anche un'uscita laterale. Da lì proveniva luce, ed il rumore del vento.
Da lì si andava sulla fiancata del monte.
Ma un altro ingresso, posto al centro di quello spiazzale enorme, separato da diversi cumuli di roccia da lui, attirò la sua attenzione.
Era sulla sommità di un'enorme scalinata naturale. E per arrivarci doveva raggiungere la parete superiore. Ma lo strapiombo che lo sottendeva non gli permetteva di usare due volte la stessa strategia.
Doveva arrivarci da fuori, quindi decise di andare sul fianco della montagna.

Non appena uscito si rese conto che l'enorme nuvola che soffiava neve qua e là ancora doveva raggiungere quel versante.
Doveva fare presto. Per raggiungere l'apertura che gli serviva doveva salire di un piano.
E per farlo doveva sfruttare le naturali salite e discese che si snodavano lungo il dirupo scosceso e ripido della montagna.
Per terra c'erano tantissime foglie affaticate, ingiallite dal tempo, e staccate dagli alberi dalla forza del vento che tirava lì. Gold dovette mantenersi il cappello con la mano, mentre si riparava dietro ad un acero.
Il vento era troppo forte. Si assicurò che tutte le Pokéball fossero al loro posto e proseguì. Capì che doveva fare qualcosa di inaspettato e difficile per raggiungere la tanto agognata apertura, quindi si arrampicò sull'albero, ed arrivato ad una ragionevole altezza, si lanciò, pronto ad afferrare un grande spuntone di roccia che aveva adocchiato.
Si mise in piedi, e sorrise. Il cappello era lì, le Pokéball pure, era vivo e tutto andava per il verso giusto.
Anzi no.
Stava cominciando a nevicare.
Inoltre aveva le mani lacerate per via dell'impatto con la roccia affilata. Un po' di sangue fuoriuscì, ma non aveva tempo da perdere a pensare ai cerotti (anche se sarebbe sceso volentieri da Cassandra a farsi medicare), doveva andare avanti.
Entrò di nuovo nella grotta e vide le scale che portavano all'altro ingresso.
"Lui è lì! Lo sento!" esclamò il giovane, correndo verso il target con foga. Salì velocemente la grande quantità di scale ed entrò nel secondo antro.
Ok. Si aspettava Red davanti. Invece vide un insolito percorso a spirale, in cui doveva risalire fino a sopra.
"Cazzo!"
Pensava di esserci riuscito. E invece si ritrovò solamente più volte a correre, schivando gli attacchi dei Golbat e dei Graveler, qualche volta anche di Ursaring e Steelix, fino a quando non dovette uscire dalla grotta, percorrere una modesta quantità di passi con i piedi nella neve, rientrare, riuscire e rientrare di nuovo.
E poi riuscire.
Era accanto ad un abete, innevato, naturalmente, mentre cercava di capire qualcosa. Da lì riusciva a vedere tutta Kanto e tutta Johto.
"Ma quella...quella è Amarantopoli?" si chiese, vedendola illuminata. Sì, lo era. La torre di latta risplendeva dei colori del fuoco. Forse Ho-Oh era lì.
"È in fiamme...?"
Non capiva. Scosse la testa, però, sicuramente si sbagliava.
Era in alto. Molto in alto. Il Centro Pokémon di Cassandra, da lì, pareva una scatolina, un piccolo pacchettino dal coperchio rosso.
Ma non era ancora arrivato alla cima.
"Red deve essere lì, per forza"
Si girò e guardò la montagna. Si arrampicò per un primo tratto, affondando le mani nella neve, cercando e trovando qualche spuntino.
Mancavano ancora una decina di metri e lui avrebbe saputo. Lui avrebbe capito il motivo per cui Yellow avesse sofferto tanto.
E alla fine c'era.
Alla fine era riuscito a salire sulla cima.
In ginocchio, con il sangue che cadeva dalle sue mani che sporcava la neve candida, e con le lacrime che gli colavano dagli occhi per il vento e per il freddo.
Era forte lui. C'era riuscito lui.
Si sollevò, alzando il volto. Un'altra, l'ennesima, l'ultima scalinata. E Red era lì, che gli dava le spalle, ergendosi come un pilastro nel deserto.



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