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Frammenti - Shot 1 - Levyan

Frammenti - Orizzonte

Frammenti.
Deboli soffi di vita nella violenta tempesta che è l’esistenza. A volte destinati a sparire, a volte pronti a moltiplicare. Come un soffio di vento trasporta il polline che andrà a fecondare un'altra pianta dalla quale nascerà la vita, alcuni momenti, per quanto brevi, danno il via a qualcos’altro, qualcosa di più grande.
 
L’aria era fredda, il gelido inverno era alle porte e i sempreverdi costellavano i boschi innevati che circondavano la cittadina di Nevepoli. Quell’anno, le grandi nevicate erano arrivate prima e già, il ventesimo giorno di dicembre, i fiocchi di neve scendevano copiosi sui tetti della città.
Lo spettacolo che davano quelle minuscole e complesse opere d’arte di cristalli di ghiaccio, passando di notte sotto la luce dei lampioni per poi andare a posarsi a terra sciogliendosi, era qualcosa di meravigliosamente inquietante. Un gelido calore pervadeva le strade, ridotte ormai a soffici torrenti di neve.
Nell’attimo in cui le lancette scoccarono le due, un forte vento iniziò a soffiare rompendo il mistico silenzio diffusosi in ogni piccolo anfratto di Nevepoli.
La bufera imperversò per tutta la notte, andando a scemare solamente di  prima mattina, quando il sole iniziava a fare capolino al di là della Via Vittoria. Una debole calura prese a diffondersi nelle strade mentre la luce emanata dalla stella, riflessa e amplificata dal ghiaccio, pervase tutta la regione di Sinnoh.
 
- Vieni, Glaceon!
Il volpino celeste si trovava a proprio agio a correre affondando le zampe nella neve.
- Dai corri!
Il Pokémon Nevefresca era intento a tenere il passo con la sua Allenatrice. La ragazza, protetta dal freddo solamente da una giacca blu scura di due taglie più grandi, un paio di stivali bianchi ed una sciarpa dello stesso colore stretta attorno al collo, correva libera tra le sterpaglie innevate del bosco appesantita solamente da una borsa tutta rovinata dello stesso colore della giacca.
Finalmente raggiunse il luogo che cercava, un piccolo promontorio sul versante est del Monte Corona. Immersa nella solitudine, nel silenzio, nella calma, salì su un albero parecchio alto che spiccava sul punto più rialzato di quel luogo magico. La scalata non fu difficile, soprattutto per lei che aveva anni di esperienza nel campo. Si posizionò in mezzo a due rami che le fecero da branda permettendole di tenere lo sguardo fisso verso l’orizzonte e assicurò la pesante tracolla su un ramo vicino. La luce del sole la avvolgeva con un caloroso abbraccio e la faceva sentire protetta e accolta.
Si sentiva bene, si sentiva come non si era mai sentita prima. Né con la sua famiglia né con le maestre o tantomeno con i suoi compagni, stava bene solamente con i suoi Pokémon, loro non la picchiavano, non la trattavano male, non la discriminavano come invece facevano tutti gli altri.
Già. Tutti gli altri. Forse, era proprio a causa di queste esperienze che non era mai riuscita a trovare nulla di buono nelle falle della sua vita fatta di solitudine comunemente etichettate come “gli altri”. Le erano stati appioppati aggettivi vari: “sociopatica”, “inquieta”, addirittura “disagiata”, “asociale” ma il più delle volte “strana”. Lei era Nives Frost, quella strana.
Lei era strana perché non si trovava a suo agio con gli altri. Va bene, ma era un problema? Molto probabilmente sì, ma a lei non importava.
 
- Hai visto che bello? - Chiese con voce atona al suo Pokémon riferendosi al roseo spettacolo a cui stavano assistendo.
Quello, per tutta risposta, le si aggomitolò sulle ginocchia. La pelle della ragazza fu scossa da un brivido al momento del contatto con il pelo di Glaceon, il finissimo manto gelido della volpe le diede come l’impressione di star carezzando un ghiacciolo.
La scena era melodiosa, il colore della pelle chiarissima delle sue gambe scoperte era tutt’uno con la splendida pelliccia di Glaceon, i suoi corti capelli color indaco, arruffati e spettinati, le davano un aspetto ribelle e poco raccomandabile, ma il tutto era smentito dai suoi occhi, riflesso del suo carattere calmo e silenzioso, chiuso ed introverso. Il suo volto magro era quasi sempre contorto in un’espressione indecifrabile che era tutto tranne che un sorriso. Lo stesso Glaceon l’aveva vista esprimere gioia pochissime volte, ma un’espressione che non traspariva emozioni, atona, vuota.
 
Mentre Nives, sulla cima dell’albero, insieme al suo Pokémon, si godeva la silenziosa mattinata, da dietro il tronco su cui era adagiata sbucò fuori una strana sagoma.
- Froslass! - Esclamò Nives appena accortasi della presenza.
Il Pokémon Suolneve fluttuò verso la ragazza per disporsi vicino a lei silenziosamente.
- Sarei venuta io a chiamarti, ma sono felice che tu sia qui! - Disse senza esprimere quella fantomatica gioia di cui parlava.
Froslass emise una specie di sospiro gelido acutissimo, quel verso piaceva così tanto a Nives.
- Sono fuori, posso andarmene dall’orfanotrofio... - balbettò con la voce che sembrava quasi un sospiro. - Volevo dirti una cosa...
Froslass la guardò come per dare un segno della sua attenzione.
- Penso che sia il caso di andare da qualche parte... di viaggiare, di incontrare gente nuova... - abbozzò. - ...che ne dici di venire con me e Glaceon? - Chiese poi.
Il Pokémon Suolneve, stupita dalla notizia, prese a fluttuare in aria con leggiadria lasciando scintille di ghiaccio al suo passaggio.
Nives ammirò quello spettacolo. Poche volte aveva visto Froslass così contenta. La prima volta che, fuggita dalle maestre dell’orfanotrofio, si era nascosta su quell’albero, quel Pokémon le aveva risparmiato una probabile morte, lei aveva perso l’equilibrio ed era caduta, era normale, aveva solo dieci anni. Per fortuna, l’intervento del Pokémon Suolneve era stato vitale. Da quel momento, ogni pretesto era divenuto buono per lasciare le maestre con un palmo di naso per dirigersi in quel luogo meraviglioso e guardare l’alba assieme ai due Pokémon. Non le era permesso tenere Froslass dentro l’orfanotrofio, quindi poteva incontrarsi con lei solo fuori.
 
“Continui a nasconderti?”
La piccola Nives si rintanava sempre di più nello stretto angolo tra il muro della sua camera e il guardaroba.
“Guarda che ti trovo...”
La voce dell’uomo era inquietante. I suoi passi si facevano sempre più vicini. Il cuore della bambina mancava di un battito ad ogni minaccia pronunciata dal suo aguzzino.
“Vieni fuori...”
Nives si accorse di star mordendo il bordo della sua manica destra. Quando lo tolse dalla sua bocca, non poté fare a meno di notare una macchia rossa rimasta sul tessuto chiaro della sua felpa. Si portò le dita al labbro superiore per poi spostarle davanti ai suoi occhi, appurò le sue ipotesi. L’aveva colpita così forte?
“Eccoti!”
Davanti a lei comparve l’imponente figura di quell’uomo grassoccio e dalla barba di qualche giorno. La sua camicia intrisa di sudore emanava un fetore allucinante e le sue mani bramose si allungavano febbrilmente verso il corpo tremante della bambina.
“Papà, no, per favore! Non voglio!”
La mano sudaticcia dell’uomo la afferrò all’avambraccio appena sotto il polso. Quello le diede un violento strattone costringendola ad alzarsi.
“No, papà!”
Il genitore la prese di peso e la portò fino al suo letto. Le sue sporche mani la toccavano ovunque e il suo corpo veniva lentamente profanato e il suo spirito sporcato in maniera permanente. Per la terza volta.
Aveva da poco compiuto dieci anni.
 
Non vedeva i suoi genitori da anni. Ma non rimpiangeva la loro assenza. Non le mancavano le botte e gli insulti di sua madre e suo padre. L’orfanotrofio era un luogo insignificante. I bambini erano quasi tutti più piccoli di lei e nessuno era interessato a farle del male. I pochi ragazzini della sua età la ignoravano e le poche volte che la importunavano, lei riusciva sempre a scamparla. Le sue compagne di stanza erano sempre state delle ragazzine anonime che se ne erano andate dopo poco tempo. Lei invece no, lei era rimasta in quel maledettissimo orfanotrofio per anni, tutte le famiglie portavano a casa le altre bambine.
Lei era troppo grande, lei non rideva, lei non adorava i Pokémon carini e dolci, lei non faceva amicizia facilmente.
 
“Nives... sai che è un bellissimo nome?”
Gli occhi color indaco della ragazzina sembravano vergognarsi di rimanere aperti a fissare il vuoto.
“Chi ti ha dato questo nome?”
Nives alzò lo sguardo. La donna dai capelli castani la guardava con fare affettuoso aspettando una risposta. Accanto a lei, un uomo dai capelli ingrigiti dal tempo sorrideva spensierato.
Tra lei e i due coniugi c’era un muro insormontabile. E la scrivania che li separava ne era la prova.
Ad ogni frase della donna, Glaceon, accovacciato a terra accanto alla gamba della bambina, trasmetteva un brivido alla pelle candida di lei.
“Allora?” Fece smielata la donna.
Nives la guardò mogia mogia.
“La mamma... la mamma mi ha chiamata così..." La sua voce era tremolante, come se stesse per scoppiare in lacrime da un momento all’altro. I suoi occhi tornarono a fissare il pavimento, le sue palpebre si chiusero.
Dolore. Fisico e morale. Il dolore che si prova quando si viene picchiati, disprezzati, degradati, odiati dalla persona che ti ha messo al mondo. Questa era la sensazione che il nome di sua madre scaturiva nei ricordi di Nives.
“Scusatemi!” Esclamò la bambina iniziando a piangere e correndo fuori dalla stanza. Si nascose dietro lo stipite della porta e, mettendo la testa tra le ginocchia, prese a piangere silenziosamente.
“Ci dispiace, è sempre stata un po' strana...” la maestra parlava ai due coniugi con fare deluso. “...se volete, possiamo farvi conoscere un’altra bambina.”
 E a quel punto le sue lacrime aumentavano. Si sentiva sbagliata, inadatta. Le sembrava che tutto andasse contro di lei e che lei andasse contro tutto.
All’inizio soffriva per questo. E poi...
 
- Ragazzi... - la voce di Nives si disperse nell’aria tagliente come il respiro di un Glalie.
I due Pokémon le si avvicinarono.
- Andiamocene... - disse guardando il cielo.
Froslass e Glaceon rimasero a guardarla per un interminabile secondo come ipnotizzati dalla bellezza di quel raro sorriso sognante che era nato sul suo viso candido.
Nives distese le gambe e si alzò in piedi. Il suo senso dello’equilibrio era innaturale. Con calma camminò fino alla punta del ramo su cui si era appoggiata.
Piccole e delicatissime creste di neve si erano formate su di esso e alcuni delicati ghiaccioli di forma conica pendevano immobili dalla punta del ramo. Alcuni di loro caddero al passaggio di Nives.
La ragazza allargò le braccia. Dietro di lei, Glaceon e Froslass la seguivano incuriositi. Per un interminabile secondo si lasciò carezzare dal vento. Si sentiva leggera, libera.
Il sole era alto nel cielo, era iniziato il ventunesimo giorno di dicembre. Nives era pronta a passare l’ennesimo compleanno sola con i suoi Pokémon. Eppure, quel giorno, era diverso dagli altri.
Era il primo compleanno che festeggiava in serenità, libera e in pace con se stessa.
 
 
 
 
 
Minuscolo Diedro di Universo
Beh, ci sono anche io...
Siamo finalmente al 22 Agosto, mio complemese e soprattutto data della pubblicazione del quinto Frammento. Dopo di me ci sarà AuraNera_ che pubblicherà la sua One Shot e poi ve lo passeremo in culo a tutti con una nostra Longfic devastante quindi tenetevi pronti brutti bastardi che leggete e non recensite (sì, perché quelli che leggono e recensiscono li conto sulle dita di una mano, li conosco tutti e sono delle bravissime persone).
 No dai scherzo, vi voglio tanto bene e ogni volta che vedo la cifra delle letture aumentare mi si scalda il cuore.
Spero di esservi piaciuto e spero che questo personaggio vi piaccia dato che sono l’unico membro del Team che gestisce un personaggio del suo sesso opposto (eccetto la cara _beatlemania is back alla quale abbiamo appioppato addirittura una coppia). Ma che dire, purtroppo i Soulwriters sono quasi tutti maschi.
Non c’è altro, grazie a tutti di tutto e non me ne vogliate, soprattutto voi maschietti con i mobiletti azzurri, gli zainetti di Dragon Ball e la stupida ostinazione a fare i cattivi e i duri, ma questa Nives sarà una che di palle ne taglierà a milioni.
Fate meno i duri e riempite più Durex.

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