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Capitolo Diciannovesimo - 19

Salve a tutti, dopo un po' di tempo è uscito anche il nuovo capitolo di HC. Se controllate qui vedrete anche il nuovo capitolo del manga di Laila. Settimana prossima fuori la nuova Shipping!
 

Lo scrigno blu

La Latias continuava a navigare nel mare malvagio che collegava il Monte Pira al nord della regione. La distesa nera rimestava le proprie acque, le impastava con forza, infrangeva le proprie onde contro la chiglia della barca sulla quale il Capitano Marius teneva gli occhi bene aperti. Passò una mano tra i pochi capelli che gli rimanevano, ne saggiò con le dita l’umidità e la salsedine, quindi riafferrò con forza il timone, virando a destra.
Evitarono un grosso mulinello, proprio davanti a loro. Marina afferrò con forza il braccio di Gold, che dal canto suo si manteneva ai parapetti d’acciaio dell’imbarcazione.
“Attenti!” urlò Marius. “Ci sono i mulinelli.”
“Me ne sono accorto.” Rimbeccò Gold, guardando concentrato la cima del Monte Pira, con sfondo il cielo nero e furioso, in cui nuvole leggermente più chiare davano il sentore delle venature biancastre del marmo.
In effetti il cielo pareva una tavola di marmo dalle cui nuvole venivano piante lacrime fredde e pesanti.
D’improvviso un’esplosione ed il conseguente rombo attirò l’attenzione dei due, mentre Marius e la sua Latias combattevano contro i mulinelli in quel violento braccio di ferro.
“Che diamine succede lì sopra?!” urlava Marina, cercando di far prevalere la sua voce sui rumori della pioggia e del mare.
“Non ne ho idea, ma lo voglio sapere! Non si può fare più presto?!” urlò poi al timoniere.
Quello si girava e lo guardava. “Questa è una barca, non un aereo.”
Marina avrebbe sorriso se la sua mente non fosse stata assalita da mille cose. Si affacciò velocemente dalla balaustra, il vento soffiava nei capelli e la pioggia la colpiva sul volto; la sciarpa che aveva al collo svolazzava come una bandiera.
I mulinelli vorticavano iracondi, inghiottivano tutto ciò che attiravano a sé, catturavano e facevano suoi piccoli Pokémon e pezzi di legno, pezzi di scarto di navi distrutte in quelle zone.
La barca sorpassava agile i primi ostacoli ed il mare continuava ad ingrossarsi. Ad un certo punto abbandonò totalmente la superficie dell’acqua, facendo un volto di qualche metro, per poi riatterrare schizzando tutt’intorno.
“Non so se ce la faremo...” disse Marius, asciugandosi il volto dall’acqua.
Marina fissava le acque tetre, qualcosa di buio si muoveva sotto la superficie scura.
“Gold...” lo chiamò lei.
“Che vuoi?” chiedeva quello, sempre più assorto nel fissare la cima del Monte Pira.
“Vieni qui”
“Aspetta...”
“No, devi venire”
“Ma ci senti?! Ti ho detto che devi aspettare!”
“Gold, cavolo! Corri qui!”
Marina lo afferrò per il cappuccio del giubbino e lo tirò a sé. Lo spinse con la testa verso le balaustre. “Guarda!”
Gold cercò di divincolarsi dalla presa, quando poi si accorse del fatto. “Ma... ma quello cos'è?!”
“Appunto!”
In quel momento due grandi colonne d'acqua si elevarono dal centro di due grandi mulinelli che avevano dribblato pochi attimi prima. Gold e Marina si voltarono velocemente.
“Cazzo!” esclamò lui.
Quei pilastri d'acqua nera salivano veloci verso il cielo, gocce opache ricadevano tutt'intorno. Marius si voltò stranito: non aveva mai visto una cosa del genere.
“Ragazzi! Attenti!”
Altre due colonne d'acqua si alzarono da altrettanti mulinelli ai lati della barca.
“Che succede?!” urlò Marina, stringendo i pugni. Sentiva la stretta di Gold sul suo avambraccio. Fu il tempo di scambiarsi uno sguardo che un ultimo, grande pilastro, costrinse Marius a gettare l'ancora per frenare: erano totalmente circondati.
“Gold! Cosa succede?!” fece ancora il Ranger.
“Non lo so, Marina! Cos'è quell'ombra?!”
“Ombra?!” si sorprese Marius. Si avvicinò velocemente alle ringhiere e si affacciò: il mare era scuro ma qualcosa di più scuro navigava sotto di loro, elegante, trascinando dietro di se mille code.
La barca prese a dondolare forte a destra e sinistra finendo quasi per far finire fuori bordo il marinaio e i due ragazzi.
Marina strinse la mano di Gold che intanto si manteneva forte alle ringhiere; Marius non fu così fortunato invece, e finì con la schiena contro il ferro delle balaustre, dando un forte urlo.
“Marius!” fece Marina.
Pochi secondi dopo le oscillazioni si erano calmate, a riempire le loro orecchie c’era soltanto lo scroscio dell’acqua che cadeva su di loro, creata dalle colonne provenienti dai mulinelli.
Se si fossero trovati in una situazione più tranquilla sarebbero restati più sbalorditi e meno spaventati da tutto quello.
La barca tornò a galleggiare normalmente, mentre la pioggia fitta riduceva sempre di più la visibilità.
“Stai bene?” chiese Gold alla ragazza.
Quella annuì, fissandolo negli occhi. Il volto del moro era contrito, gli occhi preoccupati e stanchi. Stringeva pugni e denti; Marina intuì fosse per i rimasugli di quell’anima sporca all’interno del suo corpo, e non sbaglio: il dolore cominciava a manifestarsi.
“Io sto bene. Ma tu?”
“Mai stato meglio...” tossì poi.
“Certamente... Siediti”
“Ti ho detto che sto bene”
“Sono stanca di litigare con te! Fai come ti dico per una benedetta volta!”
Ci fu solo silenzio per un attimo. Gold fissava l’iperprotettiva Marina in maniera superficiale, mentre quest’ultima cercava di essere quanto più autoritaria possibile.
Solo con lo sguardo.
Quel silenzio, che poi silenzio non era, era disturbato soltanto dall’acqua che cadeva inesorabile sulle loro teste. Gold strinse forte la balaustra verniciata di bianco, sulle quali macchie di ruggine cominciavano a farsi largo.
“Andiamo...” fece Marina. La sua voce era dolce, calma stavolta.

Ma qualcos’altro doveva andare storto.

Improvvisamente due enormi tentacoli grigi uscirono dall’acqua e si abbatterono sul ponte dove c’erano i ragazzi: le balaustre in ferro si piegarono come bastoncini di legno, le assi del ponte si sgretolarono immediatamente, e due enormi squarci distrussero la Latias in meno di due secondi.
In quel momento il primo pensiero di Gold fu di preservare la propria sopravvivenza. Strinse forte il sacchettino che aveva al collo, non voleva perderlo per alcun motivo al mondo, quindi tirò a sé Marina e morse le labbra. Entrambi si fecero quanto più piccoli possibile, venendo mancati per pochi metri dai fendenti che venivano dal mare.
Marius non era stato altrettanto fortunato. Dove stava seduto lui ormai c’era soltanto un grande vuoto.
La barca prese ad affondare lentamente e intanto i tentacoli, che erano ritornati nel mare grigio e nero, uscirono di nuovo allo scoperto, stavolta accompagnati dal suo possessore: un enorme Tentacruel, più grande della barca e anche di parecchio, emerse dalle acque torbide.
L’acqua si tingeva di rosso a pochi metri da lui, mentre Gold e Marina si agitavano. Si alzarono presto, mentre la porzione su cui sostavano colava a picco.
“Marius...” sussurrò Marina, cercando invano di trattenere le lacrime. Non serviva però: la pioggia le camuffava, solo lei sulla sua pelle fredda poteva saggiarne il calore sulle guance e infine sulle labbra.
“È un... un Pokémon...” fece Gold, sbalordito. Non aveva mai visto un Tentacruel di quelle dimensioni. Con un solo attacco era riuscito a distruggere una barca intera.
“Dobbiamo spostarci da qui!” fece poi. Afferrò Marina per mano, ed intanto un grosso tuono risuonò tutt’intorno. “Togekiss!”
“Che vuoi fare?! C’è una tempesta in atto!”
“Non possiamo rischiare di cadere in acqua. Hai visto con quei tentacoli cos’è in grado di fare...”
“Ma...”
“Chiama Staraptor!”
“Ok!”
Gold saltò su Togekiss e volò velocemente in alto, mentre Marina attese qualche secondo in più prima di salire in groppa a Staraptor ed affondare le dita nelle piume bagnate.
“Mi spiace farti volare in questa situazione... Ma vedrai che andrà tutto bene”
Le zampe di Staraptor lasciarono il ponte pochi secondi prima che questo venisse sommerso dalle acque del mare.
“Shiftry!” urlò Gold, che cominciava a volare attorno a Tentacruel. Marina si teneva a distanza e studiava la situazione. Lo Styler di cattura avrebbe avuto non pochi problemi con un Pokémon del genere. Cercare di controllare un Pokémon così grande non era semplice.
Si fermò. Aspettava, studiava la situazione.
Shiftry intanto uscì dalla sfera. Tentacruel fissò lo sguardo torvo su di lui, quindi lanciò un attacco Acido contro l’avversario.
“Evitalo velocemente!” fece Gold, urlando per farsi sentire. “Togekiss, cominciamo ad indebolirlo. Finché è impegnato nella lotta contro Shiftry è più vulnerabile. Vai con Forzasfera!”
L’energia incanalata da Togekiss fuoriuscì sottoforma di una sfera azzurra, dall’alta temperatura, e colpì l’avversario su una delle due celle rosse che aveva sulla testa.
Tentacruel emise uno strano verso, a dimostrazione del dolore che provava, poi si voltò verso Gold.
“Shiftry! Usa Congiura!”
Shiftry fluttuava sfruttando i forti venti che aveva creato sbattendo i lunghi ventagli di foglie. Per un attimo arrivò più in alto che poteva, poi chiuse gli occhi, e lentamente li riaprì: stava potenziando le sue abilità tralasciando le correnti, motivo per cui stava precipitando verso il mare.
Marina guardava la scena stupita a distanza di sicurezza. Si chiedeva come facesse Gold a controllare così tanti Pokémon contemporaneamente. Lo vedeva, con una mano si stringeva a Togekiss mentre con l’altra teneva spinto il sacchetto al petto. Sul suo volto c’era tanta determinazione, i suoi occhi mettevano a fuoco tutte le centinaia di tentacoli che provavano a disarcionarlo.
“Forza, ora! Vai con Verdebufera, Shiftry!”
Ad un metro dal mare il Pokémon di Gold portò velocemente i ventagli sotto il suo corpo, alzando grosse onde. Il vento era ancora più forte, Shiftry sfruttò le correnti ascensionali e ritornò in alto, distanziandosi di molto dall’avversario. Dopodiché allungò le braccia a ventaglio e le alzò verso l’alto. Prese a vorticare rapidamente ed il vento aumentò sempre di più. Foglie e ramoscelli apparvero dal corpo del Pokémon e si avventarono in quel vortice, cominciando a formarne materialmente le pareti.
Tentacruel emetteva continuamente versi di dolore, mentre l’attacco continuava ad aumentare di mole. La potenza era straordinaria, lo stesso Gold era stupito della potenza di quello Shiftry.
“Marina! Tra poco!” urlò.
“Cosa?!”
“Tra poco!”
“Cosa tra poco?!”
“Dannata Ranger! Vi fanno con lo stampo, senza un neurone! Shiftry, intensifica! E tu, Marina, usa quel cazzo di Styler!”
“Eh?! Oh, ok!”
“Non credevo fossi anche tu un mio Pokémon...” sussurrò il ragazzo, Marina tuttavia non sentì le sue parole; salì all’in piedi sul dorso di Staraptor e cominciò a prendere la mira.
Shiftry stava creando un vortice verde attorno al mostro marino che si dimenava, intanto fogliame vario e grossi pezzi di legno lo percuotevano. Lanciava i tentacoli qui e lì, si lamentava, rispondeva con grossi attacchi Idropompa, nel tentativo di abbattere la barriera creata da Shiftry.
Gold stava in attesa, contemplando la scena compiaciuto. Il mare tutt’intorno si agitava ancora di più, il vento richiamava tanta acqua nel vortice e appesantiva tutti i colpi. Gold incrociò il suo sguardo, l’ira traboccava come lacrime dai suoi occhi; quello aveva capito: quel ragazzo dai capelli dorati era la causa di quel vortice.
Rilasciò un urlo ad alta frequenza e lanciò un grosso tentacolo verso il suo obiettivo, che attraversò quella barriera e colpì con forza Togekiss, per poi avvinghiare Gold. Strinse con forza, Marina vedeva Gold urlare.
“Cazzo!”
“Gold!”
“Muoviti!”
Togekiss tentennava, e precipitava verso il basso. Da quell’altezza l’impatto con l’acqua sarebbe stato fatale. Gold, le cui braccia erano strette nella morsa lungo i fianchi, riuscì a prendere la sfera di Togekiss e a farlo rientrare.
Altre esplosioni si avvicendavano sulla cima del Monte Pira. Gold stringeva i denti, doveva riuscire a liberarsi. Stringeva nella mano la sfera di Togekiss e sentiva il proprio corpo trascinato in tutte le direzioni, mentre la paura si faceva largo nel suo petto. Strinse i denti, cercando di non perdere la presa dalla sfera, umida per via della pioggia, purtroppo invano. Un forte scossone gli fece perdere la presa, facendo terminare la sfera in acqua.
“No! Togekiss!”
Tentacruel continuava a percuotere Gold.
“Porca puttana, Marina! Che ti ho fatto di male?!”
Avrebbe risposto con poi ne parliamo se non fosse stata scossa così profondamente. Tutta quella situazione la turbava. Non riusciva a sbloccarsi, era terrorizzata dal fatto che una sua scelta avrebbe potuto modificare il corso degli eventi.
Era paralizzata.
Guardava Gold venire sballottato a destra e a manca, e poi a testa sotto.
“No!” urlò lui, quando vide che il sacchettino datogli da Ester stava sfilandosi dal suo collo; il cordino stava scivolando lentamente e, superato il naso, si abbandonò ad una caduta libera.
“Gold! No! Vai Styler!”
Gold prese ad urlare. Il dolore stava cominciando a stringere il suo corpo in una morsa gradualmente più stretta. Stringeva gli occhi, soffriva.
Marina lo vedeva, le lacrime nei suoi occhi sgorgavano copiose e le labbra furono colte da tremiti spontanei.
Anche le mani avrebbero cominciato a tremare se solo non si fosse concentrata con tutta se stessa: Diresse dapprima lo Styler sulla superficie dell’acqua e, stando ben attenta a non farlo affondare, prese a disegnare una traiettorie ampia e circolare. Tentacruel continuava a dimenarsi e a soffocare Gold con la sua stretta, mentre le pareti di vento, acqua ed erba create da Shiftry imprigionavano il grande Pokémon Medusa.
Lo Styler continuava a vorticare attorno al grande Tentacruel.
“Forza!” faceva la ragazza. La sfera di Togekiss galleggiava lucida tra le onde, ben visibile, mentre il sacchettino era ormai perso nelle profondità degli abissi.
Marina controllò il dispositivo di lancio che stava analizzando la potenza di quel Pokémon, e rimase sbalordita. Era al livello 89, e, secondo l’analisi, servivano altri ventotto giri di Styler.
Muoveva con l’antenna dello Styler, mentre l’ansia le faceva scoppiare il petto.
Ancora lo sguardo giù, ventiquattro giri.
La pioggia batteva e Gold urlava sempre più forte. Un altro giro di Styler era stato completato.
“Aiutami, Marina!” urlava il ragazzo, con aria disperata.
“Sono qui! Sono qui!”
Gold urlava forte. Il dolore lo stava distruggendo.
Diciassette giri.
Tentacruel non accennava a voler lasciare la presa. Grossi rami lo percuotevano e foglie taglienti gli si conficcavano nel morbido corpo. Si dimenava, mentre trascinava Gold in aria qui e lì.
Quindici giri.
Il cuore di Marina batteva veloce, una gran cassa che esplodeva nel suo petto. Tuttavia il suo braccio era fermo. Il sudore si univa alla pioggia sul suo volto. I capelli erano del tutto fradici, i suoi vestiti pure. Gli occhi non si chiudevano, la pioggia batteva sul naso e sulle guance ed il respiro quasi si era fermato.
In totale apnea mancavano dieci giri.
Poi nove.
Poi otto.
Nella testa di Marina c’era Marius, il suo sorriso. Aveva visto un uomo morire e la cosa la sconvolgeva. Non era abituata a tutta quella violenza.
Cinque giri.
Un fulmine enorme si abbatté sulla cima del Monte Pira, illuminando tutto di bianco, per un momento.
Tre giri.
Successivamente il suono raggiunse la luce: un grande tuono fece vibrare le corde della sua anima.
Un giro.
Un solo giro.
Lo Styler ormai viaggiava come un treno, tagliava la superficie dell’acqua ed attraversava con forza le onde nere. L’anello alla fine si chiuse. Gli occhi di Marina si spalancarono, lo Styler lampeggiava.
“Cattura... cattura completata...”
“Marina!” urlava Gold.
“Ho... ho fatto!”
“Shiftry, basta così! E per favore, fammi mettere giù!”
Marina sorrise. Si accovacciò sul dorso di Staraptor, le cui piume erano tutte bagnate, e sospirò. “Portalo qua...”
Il tentacolo del Pokémon lo trascinò velocemente verso il Ranger. Adagiò il Breeder su Staraptor, totalmente fradicio e dolorante.
“Marina... Togekiss...” tossì Occhidorati. “E se... e se puoi...” tossì ancora. “... il sacchetto.”
 “Certo! Tentacruel, porta qui quella sfera e cerca il sacchetto che Gold teneva al collo!”
Tentacruel s’immerse velocemente, come un sottomarino, e ne uscì tre minuti dopo, elevandosi sui forti tentacoli fino a raggiungere Staraptor. Poggiò sui palmi tesi di Marina la sfera ed il sacchettino, quindi s’immerse di nuovo.
“Ora vai...” spense lo Styler, Marina. S’avventò su Gold poggiandogli la sfera nella mano e legandogli di nuovo il sacchetto al collo.
“Ora come va?” chiese poi, preoccupata.
“Spero meglio. Ho solo tanto sonno.”
“Non sono nemmeno le quattro del pomeriggio.”
“Il mio sonno non ha orario.”
L’ennesima esplosione dalla cima del Monte Pira li fece sobbalzare.
Marina e Gold si scambiarono uno sguardo, poi entrambi sospirarono.
“Il sonno aspetterà...”

 

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