Frammenti.
Pezzi dissoluti di una vita che c'è. Ricordi e pensieri sciolti come ghiaccio.
Vite parallele così simili, frantumatesi alle origini, ma ancora perfettamente combacianti.
Frammenti di vita.
Pezzi dissoluti di una vita che c'è. Ricordi e pensieri sciolti come ghiaccio.
Vite parallele così simili, frantumatesi alle origini, ma ancora perfettamente combacianti.
Frammenti di vita.
Ed ora?
“Cosa possiamo dedurre da questa seduta di oggi, Signor Solomon?”.
“Che praticamente ho gettato la prima parte della mia vita dietro una donna che non mi ha mai calcolato?”.
“Sì, e poi?”.
“E poi che gli psicanalisti sono dei ladri laureati”.
“Perché dice questo?”.
“Perché che Cindy non mi degnasse di uno sguardo lo sapevo già”.
“In realtà c’è molto più di questo. Abbiamo analizzato il suo passato ed il suo presente, i suoi problemi ed il modo in cui l’avvenimento principe della sua vita, il rapimento per l’appunto, abbia condizionato il suo modo di relazionarsi con le persone e con il mondo più in generale”.
“Uhm... Continui, forse mi convince che non le ho regalato i miei soldi”.
“Beh, è tutto ricondotto a quel trauma. Deve cominciare a lavorare su se stesso e prendere di petto la situazione”.
“Lei non può sapere quanto sia difficile ciò che mi chiede”.
“Lo posso immaginare però. E le voglio consigliare di staccare un po’ la spina. Perché non parte?”.
“Per andare dove, di preciso, Dottor Ambrose?”.
“Non lo so, si vada a fare un bel viaggio dove c’è il mare e...”.
“Odio il mare”.
“Allora vada in città. Ci sono tantissime città d’arte. Per esempio può andare a Cuoripoli, a visitare la Cattedrale”.
“Sono ateo e odio le persone”.
“Lei è ateo?”.
“Sono laureato in fisica, ho diversi master e sono un inventore. So che ad ogni reazione corrisponde una reazione, non vedo perché credere in un cavallo che fa l’hula hop con un’enorme ruota dorata”.
“Beh, sono opinioni, e rispetto la sua, ma forse è un po’ troppo radicale”.
“Già, forse sì. Forse lo sono. Ma purtroppo vivo per i miei obiettivi, non posso partire, non posso andare a farmi un viaggio, devo lavorare alla macchina del tempo”.
“Ha solo questo come obiettivo?”.
“No... È che...”.
“Meno male. L’uomo deve avere tanti desideri. Se ne avesse uno soltanto e lo raggiungesse sarebbe un uomo finito. La nostra vita si basa sulle volontà, muovono il mondo. Un uomo senza desideri è un uomo morto”.
“Dice che mi dovrei prendere una pausa da tutto questo lavoro?”.
“Assolutamente, Signor Solomon”.
“Mi chiami Xavier”.
“Cosa intende fare allora?”.
“Beh... Il mio scopo, prima di diventare un inventore, era di catturare Raikou”.
“Ci provi”.
“Ma si sente?! Raikou, non Rattata!”.
“E allora? Lo farà per Yuki a quanto ho capito”.
“Già... Yuki...”.
“L’ha più sentita?”.
“No. Mai più. È sparita”.
“La trovi. Vede? Ora ha un altro obiettivo”.
“Chi le dice che non era già un mio obiettivo prima di questa discussione?”.
“Sicuramente sarà come dice lei. Ma ora ho un altro appuntamento”.
“Mi liquida così? Senza nemmeno un lecca lecca?”.
“Quelli li danno i dentisti”.
“Non rida, ci sono rimasto male davvero”.
“Arrivederci, Signor Solomon”.
⁂
Con le mani nelle tasche, Xavier camminava dritto verso l’Harold’s. Stretto nel suo impermeabile, calciava un ciottolo che prendeva strani rimbalzi. Uno, due, tre calci, poi si perdeva lontano, lungo l’asfalto nero e tratteggiato. Le automobili sfrecciavano insofferenti sotto quel cielo uggioso, che minacciava con le sue nuvole nere ed arrabbiate.
La sera era scesa, in inverno il sole cala più velocemente, giusto un’ora prima era ancora ben visibile nel cielo di Amarantopoli, nel vespro vermiglio di quel giorno. Le nuvole erano lontane, ma era bastata quella seduta dal Dottor Ambrose per permettere loro di stendersi in tutto il cielo.
“Magari piove...” disse tra sé e sé, cercando una scusa per evitare quella partenza. Era necessaria, lo sapeva, doveva staccare la spina dalla sua realtà e provare ad avventurarsi nel mondo, quello dove le leggi della fisica non venivano applicate per attuare esperimenti.
“Raikou...” fece. “Come fare a trovare un Pokémon del genere?”
Aveva appena attraversato una delle tante zone residenziali della periferia della città, e stava per entrare nel centro. La gente lì, come sempre, era tanta. Strinse la sciarpa attorno al collo nell’estremo ed inutile tentativo di preservare il poco calore corporeo che gli era rimasto. Doveva comprare un berretto e lo dimenticava sempre.
L’insegna di Harold’s, la luminosa insegna, emanava forte luce bianca che probabilmente avrebbe rovinato la foto di due ragazzi che, tenendosi per la mano, si scattavano una fotografia davanti al locale dove con ogni probabilità avevano mangiato.
Sospirò e poggiò la mano sulla maniglia della porta, aprendola.
Una folata d’aria calda gli raggiunse il volto, donandogli un po’ di colorito. La musichetta di una scandalosissima canzone r’n’b circolava in diffusione, probabilmente qualcuno aveva cambiato il locale radio. Pony di Ginuwine aveva un testo più che inopportuno, specialmente in un locale pubblico ma il fatto che fosse cantata in inglese e che non tutti lo masticassero giustificava un omone grosso che offriva ad una ragazza eccitata di fare un giro sul suo pony.
Come faccio a non pensare a male, adesso?
Il locale era come sempre gremito di gente. La ragazza dalla ciocca blu e dagli occhi bigusto era sempre allo stesso tavolo. Alzava ogni volta lo sguardo, lo fissava per un paio di secondi e poi lo riabbassava, prona sui suoi problemi (forse) o su di un buon libro.
Cindy non lavorava più da parecchio in quel locale quindi Xavier non si voltò nemmeno per cercarla, anzi, si girò direttamente verso il suo tavolino, quello accanto alla finestra: occupato da tre tedeschi che ridevano in tedesco di qualcosa che uno dei tre aveva detto.
In tedesco.
“Turisti...” sussurrò sconsolato. Il locale era pieno e prima di voltarsi definitivamente e sospirare, procedendo con passo lemme verso la porta, si sentì chiamare.
“Xavier!”.
Lui si voltò immediatamente.
La voce calda e suadente era quella di Cindy, l’avrebbe riconosciuta in mezzo a tante. Sotto gli occhi bigusto di ciocca blu allungò il collo dato che non riusciva a localizzare la donna.
Poi una mano si alzò e cominciò ad agitarsi.
“Eccomi, Xavier, sono qui!”.
Era in un tavolo, quello in fondo a destra. Il tavolo di Angelo.
Effettivamente Angelo era lì, e di spalle c’era anche un’altra persona.
“Avanti, vieni a sederti qui!”.
Si alzò in piedi e sorrise, andandogli incontro.
Nella testa di Xavier era scoppiata una battaglia tra la realtà ed il suo orgoglio, perché in realtà il suo orgoglio gli avrebbe imposto di salutare la ragazza in maniera fredda, di fare un cenno col capo ad Angelo ed al suo amico e poi di andare via, rifiutando con cortesia (ed anche un po’ di superiorità manifesta), squadrando per l’ultima volta quella ragazza così silenziosa e solitaria.
Sì, insomma, quella con gli occhi bigusto.
La realtà, invece, avrebbe imposto al ragazzo di fissare per almeno cinque secondi Cindy, ancora bellissima, forse più dell’ultima volta che l’aveva vista, con la divisa di quel locale. I capelli erano legati con una coda alta, leggermente più scuri dell’ultima volta, più scuri di quel castano chiaro, ora il castano era scuro; probabilmente li aveva tinti. Una frangetta molto elegante le copriva la fronte. Soliti occhi truccati elegantemente, solito naso all’insù, solite labbra rosee, lucide. Indossava un caldo maglioncino di lana, verde smeraldo.
Ed era bella, perché Cindy era bella.
E se fosse stato orgoglioso non avrebbe letto ed interpretato quella nota di tristezza nei suoi occhi come un ciaonontivedevodatempo e mifamoltopiacerevederti e parlaredeibeivecchitempidoveerolibera e nonerocostrettaadaffogarelamiafelicitànelBarolo (diquellibuoni). No, probabilmente avrebbe commentato nel suo orecchio, a bassa voce e magari guardando torvo Angelo con un Haivolutolabiciclettaedorapedala. Già, perché lui era un inventore e magari la bicicletta gliel’avrebbe fatta volare, a propulsione.
In più avrebbe avuto il sellino comodo.
Magari anche con il cestino.
Lui era attratto dalla dolcezza, dalla sua dolcezza, e non da quel fisico che lentamente sarebbe avvizzito come un frutto. Lui era innamorato e non eccitato al pensiero di possederla, la differenza era lì.
E con lei, Xavier un bambino l’avrebbe voluto assolutamente.
In quei pochi secondi riuscì a vedere lei durante il parto, il bambino, i primi passi, le prime parole, gli sforzi per farlo addormentare e tutto il resto.
Morse il labbro inferiore per trattenere un sorriso, lui era arrabbiato, lui era cattivo, lui era orgoglioso.
“Ciao. Non ti vedo da tempo”. Fece quella, sorridendo.
“Sì, hai ragione, non mi vedi da tempo. Il lavoro, sai com’è...”.
“Già, ho sentito che ti sei dato parecchio da fare e... Ma accomodiamoci!”.
“No, tranquilla, ero venuto per...”.
“Silenzio, che il tuo tavolo è occupato e ti conosco benissimo! Andiamo!”.
Cindy lo tirò verso il tavolo. La mano della ragazza, piccola e affusolata, stringeva quella del ragazzo, e la cosa lo turbava dopo così tanto tempo.
Aveva creduto di averla spinta fuori dalla sfera delle sua volontà più prossime ma gli bastò una stretta della sua manina, piccola e fredda, ben smaltata, per ricaderci di nuovo.
“Che pollo...” sussurrò.
“Come?!”.
“Niente, tranquilla”.
“Beh... Immagino tu conosca Angelo, vero Xavier? È mio marito”.
“Certo che lo conosco. Come non conoscerlo...”
Quello, che fino a pochi attimi prima parlava con l’interlocutore che aveva di fronte, si voltò e lo guardò. Lo sguardo limpido dell’uomo, con quelle iridi violacee, fece rapidi balzi lungo l’intera figura del ragazzo. Si limitò quindi ad un freddo e poco convinto “Ciao”.
“E lui è Eugenius, un caro amico” fece ancora Cindy.
Xavier lo guardò, sorridente ma per finta e strinse la sua mano guantata. Era vestito come un prestigiatore, con abito color pervinca e papillon rosso. A completare tutto un mantello bianco.
Un “Macometivesti?!” stava per esplodere dalla bocca dell’inventore come fosse una granata al C4, ma il protocollo sociale imponeva educazione, in special modo con gli estranei.
“Piacere” fece lui, con lo sguardo curioso. I suoi occhi azzurri scrutavano ogni singolo movimento che il biondo effettuava, quindi si ritrovò a sorridere. “Accomodati”.
“Grazie”.
“Allora, Xavier... di cosa ti occupi?” chiese Angelo.
“Lui fa l’inventore” s’inserì in tackle Cindy.
Il diretto interessato prese parola. “La tazza che stai utilizzando, che ti fa bere liquidi bollenti senza scottarti le mani, l’ho creata io”.
“Quindi... quindi inventi tazze” punzecchiò Angelo, con la sua voce profonda e neutra.
“No, in realtà no. Invento tante cose. Anche metodi per ammazzare persone” Xavier inarcò un sopracciglio.
“Beh, per fare quello ci vuole poco”.
L’occhiata che in quel momento Xavier ed Angelo si stavano scambiando era elettrica. Eugenius già aveva capito tutto, e decise che fosse meglio non creare questioni inutili in quel contesto.
“E dunque fai l’inventore. Ti piace la fisica?”.
“Ho una laurea, in fisica”.
“Quindi non credi nel paranormale?” chiese Angelo.
Xavier non riuscì a non rovesciare gli occhi per un attimo e sospirare. “No” disse, quasi come fosse uno sbuffo. “Esistono tanti bravissimi impostori e altrettanti creduloni”.
Cindy inarcò le sopracciglia e guardò suo marito mordersi un labbro. Guardò poi Eugenius e storse il muso.
“Angelo è un medium ed Eugenius è un mago” la ragazza puntualizzò.
“Allora ho sbagliato tavolo” sorrise, e la cosa suscitò in tutti il sorriso. “No, lascio perdere. Rispetto le opinioni di tutti, ma... beh, quando gli altri rimangono scioccati davanti ad un qualcosa io so il perché...”.
“Proviamo” sorrise Eugenius. Tirò fuori un mazzo di carte e prese a mischiarle.
“Sul serio?”.
“Andiamo! Cosa ti costa?!”.
“Vai...”
“Scegli una carta” disse infine, mostrando l’intero mazzo coperto.
“Per forza?” chiese a Cindy.
“Eddai! È divertente!”.
Xavier prese una carta e sospirò.
“Guardala” fece Eugenius.
Due di picche. Perché non sorridere a questo punto?
“Ottimo, mi fa piacere che tu ti stia divertendo. Ora mettila al centro del mazzo. Dove più ti piace, non ha importanza”.
Xavier la infilò in un punto indefinito del mazzo e poi osservò il continuo.
“Bene, Xavier. Ora Angelo mischierà per me il mazzo”.
Il mazzo passò dalle mani guantate di Eugenius a quelle fredde e pallide del Capopalestra di quella fredda Amarantopoli, venne mischiato attentamente e riposto di nuovo nelle mani del proprietario. Lui sorrise, baciò la carte e sussurrò una parola.
“Suicune...”.
“Se la magia non esistesse, ora tutto questo non sarebbe possibile”.
Eugenius stese il mazzo, e tra tutte le carte dal dorso blu, una era girata.
Proprio il due di picche.
Lo sguardo di Eugenius era tronfio, pieno di sé, attendeva il plauso da parte del suo pubblico, che puntualmente arrivò, manifestato con applausi e sorrisi da parte di Angelo e di Cindy.
Ma non di Xavier.
“Avanti, Xav, è stato bravissimo!” incitò la ragazza, guardandolo e prendendogli la mano. Angelo guardava la scena, la mano di sua moglie che toccava quella del ragazzo che aveva di fronte, e la cosa sembrava turbarlo.
“No, Cindy... È come dicevo io... Lui, come tutti i maghi, i medium o chi per essi è un impostore”.
Eugenius s'indignò.
“Ma... ma come ti permetti?!”
“Indignare un corno... c'è sempre un trucco, e stavolta è palese”. Eugenius lo guardò curioso, come anche Cindy, mentre Angelo rimase impassibile. Xavier si limitò ad allungare un dito e a spostare leggermente l'ultima carta. Anch'essa era girata.
“Non ha fatto niente di speciale, Cindy. Ho semplicemente inserito una carta girata in un mazzo voltato nel verso giusto. Girando l'ultima carta ti ha fatto pensare che le carte avessero il dorso colorato verso l'alto, mentre in realtà era il contrario”.
Eugenius spalancò gli occhi, guardò Angelo e poi rise, arrossendo.
“Diamine, questo ragazzo è parecchio in gamba!”
“Già! È intelligentissimo!” sorrideva quella, stringendo ancora la mano del giovane. Xavier, dal canto suo, aveva notato lo sguardo serio di Angelo, ed una volta che i loro occhi s'incrociarono fu il Capopalestra a rompere quel muro di silenzio.
“Credi di avere tutte le risposte?” provocò Angelo, poggiando la faccia sui palmi.
“No! Assolutamente, Angelo... È per questo che faccio il mio lavoro. Se avessi tutte le risposte mi limiterei a scommettere saltuariamente sulle gare Pokémon e a mandare qualcuno a ritirare la mia vincita... No, figurati. Lavoro per la costruzione di un progetto, ma ora come ora mi sono fermato...”.
“Che progetto?” domandò Cindy.
“Top Secret, mi spiace”.
“Eddai!”.
“Non posso, mi spiace”.
“Anche se volessi non riuscirei a rubarti il progetto, non sarei capace di fare quello che fai tu!”
“Nemmeno sai che faccio...”.
“So che fai grandi cose...” annuì lei.
Ancora silenzio.
“Lascia perdere, Cindy... piuttosto, Eugenius, prima hai detto una cosa...”.
“Che intendi?”.
“Prima... hai baciato le carte e hai detto una parola”.
“Ah, sì. Ho detto Suicune”
“Suicune?”.
“Suicune” sorrise Eugenius. Inarcò un sopracciglio e portò una mano al mento. “Suicune è un Pokémon leggendario, figlio della magia di Ho-Oh, il Pokémon protettore di Amarantopoli”.
“So che l'ha anche distrutta, Amarantopoli”.
“Per questo merita il soprannome di Tiranno. Quando lui stava bene, tutti stavano bene. Ma se lui non era tranquillo, beh... Amarantopoli è stata incendiata dal Tiranno molteplici volte”.
“Ora cosa c'entra con Suicune?”.
“Suicune è stato riportato in vita da Ho-oh dopo l'incendio della vecchia torre, quella che adesso si chiama appunto Torre Bruciata. Suicune era assieme agli altri due cani leggendari, ovvero Entei e Raikou. Tuttavia Suicune...".
"Raikou! Cosa sai di Raikou?!".
"Cosa c'entra Raikou?! Voglio parlare di Suicune!".
"No, devi dirmi cosa posso fare per trovare Raikou!".
"Vuoi trovare Raikou?" domandò poi Cindy, stupita. Xavier la guardò ed annuì, quindi si voltò nuovamente verso Eugenius.
"Beh, istinto suppongo. Il mio formidabile istinto..." Eugenius stirò il papillon "...mi ha portato a rincorrere per tempo Suicune. L'ho visto diverse volte, e sono quasi riuscito a catturarlo, ma...".
"Raikou, Eugenius, Raikou".
"Ah, beh... Hai mai avuto a che fare con dei Pokémon?".
"Meno di quanto avrei voluto".
"Allora l'istinto può andare a farsi friggere. Ma beh, avendo un Pokédex...".
"Pokédex?! Non credo sia possibile".
"Lo so. Conobbi tempo fa una giovane ragazza che ne possedeva uno... Vorrei tanto rivederla a dire il vero, però...".
"Parlami di Raikou, allora".
"Beh, è un Pokémon particolarmente forte, dal grande potenziale elettrico. Emana scintille, e secondo le dicerie ad ogni suo ruggito cade un tuono dal cielo".
"Emana elettricità?".
"Sì, l'aria attorno al Pokémon diventa elettrica... Non so il perché ma è così...".
"Ciò vuol dire che emana onde! L'elettricità possiede una frequenza! Devo riuscire a creare un apparecchio in grado di segnalarmi grandi fonti di frequenze elettriche anche a grande distanza, e potrò cominciare con l'inseguimento!".
"Beh, non fa una grinza...".
"Ora devo andare!" esclamò Xavier, alzandosi all'improvviso. Strinse forte le mani ad Eugenius e lo ringraziò, fece lo stesso con la frigida mano di Angelo, quindi mise la mano sulla fronte di Cindy e le spettinò la frangetta.
"Grazie rossa. Ora vado!".
Si alzò e scattò fuori a passo svelto.
"Ma Xavier! Aspetta!". La ragazza si alzò e lo inseguì. Quando lo raggiunse entrambi erano già fuori dal locale.
“E fermati!” urlò, stringendogli la spalla per bloccarlo.
Lui si voltò e la guardò. “Che c’è?”.
“Che significa... Questo?!” arrabbiata spettino il ciuffo davanti al ragazzo, che sorrise.
“Che avrei dovuto fare? Baciarti sulle labbra davanti a tuo marito?”.
“No! Ma... Cioè...”.
“Credo tu ti stia applicando su di una stronzata”.
“Addirittura?! Solo perché voglio essere salutata come si deve?”.
Xavier non riuscì a trattenere un sorriso, quindi la tirò a sé e l’abbracciò. Fu un momento intenso, figlio di un desiderio insito nel cuore del ragazzo. Anni prima avrebbe voluto stare in quella situazione in totale catatonia per ore, godersi quel profumo così pungente e buono.
Rosa selvatica.
“Te ne sei andata...” sussurrò lui.
“No. Sono sempre stata qui...”.
“Non capisci cosa voglio dire”.
“Mi spiace molto. Ma ora è così”.
“Sembra quasi che fossi stato corrisposto” Xavier sorrise e sciolse l’abbraccio. Lei lo guardò seria e storse le labbra.
“Eri un tale imbranato...”.
“Lo so benissimo. Ma, come hai detto tu, ora è così”.
“Già. Ora è così”.
Si salutarono con un caldo bacio sulla guancia, sotto gli occhi gelidi di Angelo che guardava il tutto.
Xavier tornò a casa, poi doccia e a nanna. Il giorno dopo sarebbe successo qualcosa di grande.
“Con... gli... ultimi... punti... di saldatura, ecco qua...”.
Xavier indossava un paio di grandi occhialoni per le saldature, mordeva la lingua e stringeva gli occhi, tutte cose che faceva per concentrarsi. Aveva fissato gli ultimi collegamenti, aveva montato lo schermo e soprattutto il rilevatore d’onde. Aveva impostato l’apparecchio in modo che segnalasse soltanto grandi quantitativi d’energia elettrica.
Era piccolo, pratico, comodo.
Aveva praticamente creato un SegnalaRaikou ed aveva tutta la voglia possibile di provarlo.
E per farlo, l’unica cosa che doveva fare era abbandonare quello studio, prendere la borsa che aveva preparato, la Pokéball con il suo Luxio e partire.
Andare via.
La sua avventura era appena iniziata.
Angolo di un autore ubriaco la maggior parte delle volte:
Tipo adesso
Forse ora no, proprio adesso no. Però stasera ci farò un pensierino, anche perché domani è il mio onomastico (San Renato, mi chiamo Christian, ed il ragionamento contorto di mio padre fu Christian = Cristo = RE NATO = RENATO).
Geniale.
In ogni caso mi scuso per il ritardo nella pubblicazione, avrei dovuto pubblicare al posto di Lev, ma purtroppo il periodo è stato assai pesante. Ora è tutto a posto, mi sono ripreso ed è pronto anche il prossimo capitolo di HC, che uscirà con tutta probabilità venerdì.
E poi boh, le prossime uscite.
La questione è che per questo ultimo capitolo tutto è andato scazzo, quindi non saprei precisamente quando pubblica chi. Ma il 16 ci sarà sicuramente un'altra uscita, e cinque giorni un'altra e così via.
Parliamo un po' di Xavier, invece.
Mi è piaciuto molto il finale. Cioè, non proprio il finale, quanto la parte prima, con Cindy. Il saluto prima della partenza.
Non so se a qualcuno può essere utile, ma ho scritto l'intero ultimo capitolo con sottofondo This isn't Love di Mr. Kid, un genere che adoro. Messa in loop, la canzone, mi ha tirato fuori questo.
Ebbeh, per il resto ci aggiorniamo il mese prossimo, quando dovrebbe effettivamente cominciare la long. La cosa è ancora un po' incerta, ma qualche riga la stenderemo sicuramente.
A presto e grazie per aver letto, seguito la raccolta, sia mia che degli altri membri del gruppo di scrittura. È stata un'esperienza assai divertente.
Andy
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