Giù invece troverete il nuovo capitolo di Hoenn's Crysis, che tornerà martedì con l'ultima parte del capitolo Attica.
- Andy
Attica pt.4
Houndoom ed Arcanine in gran quantità ringhiavano contro la popolazione di Verdeazzupoli; i Pokémon, come cani da pastore, costringevano le persone verso la parte est della piazza dove venivano ammanettati e trasportati via da grandi quantità di reclute.
“Cosa diamine stanno facendo?!” esclamò Marina, camminando lentamente, appena uscita dal palazzo in fiamme.
La piccola Sonia si guardava attorno senza vedere la sua mamma; dopo essere stata salvata da Marina, in quello scantinato austero ed impregnato di benzina, si aspettava di trovare la sua mamma. Tuttavia, in quella matassa di persone che si muovevano impazzite come elettroni, la sua mamma non c’era.
“La troveremo, Sonia, stai tranquilla” ripeteva Marina, accovacciata sulle ginocchia per poterla guardare negli occhi.
Intanto le urla si espandevano ed il sangue si spargeva. Martino guardò la piccola, pensando che degli occhi così innocenti non avrebbe mai dovuto essere sottoposti a quella cruenta manifestazione di superiorità da parte di quei terroristi prepotenti.
“Dobbiamo varare una linea d’azione, Marina”.
“Già”.
Marina si guardò intorno, cercando un posto sicuro per far nascondere la bambina. Purtroppo quel caos non la favoriva e gli spunti erano pochi.
“Tell e Pat, Marina. Lei può andare da Tell e Pat. Anche se non li conosco credo siano dalla nostra parte” s’inserì Martino, trovando repentino la soluzione.
“Ok. La porterò da loro” annuì l’altra.
“Purtroppo non abbiamo modo di poter fronteggiare tutte queste persone così, da soli e con un solo Styler. Abbiamo bisogno dei Dexholder e di Fiammetta”.
“Ok. La palestra si trova sul promontorio, che per altro è anche il posto dove si è recata Fiammetta”.
“Vai da loro e fai attenzione. Io raggiungerò i ragazzi... Spero abbiano catturato Groudon”.
“Lo spero anch’io” sospirò Marina. Poi prese per mano la piccola e voltò l’angolo dietro al palazzo, cercando di sparire dalla visuale delle persone.
Martino fece lo stesso, prendendo a correre verso la parte sud della piazza, lontano dagli sguardi delle emme rosse.
Pat e Fiammetta si guardarono negli occhi per l’ennesima volta, almeno prima di trovare il coraggio di agire. Miriam, il capo del Team Magma, ancora non si vedeva; era fuori e Fiammetta aveva intuito che Pat sapesse per cosa fosse uscita.
Uscirono fuori dal proprio nascondiglio e si avvicinarono al manigoldo.
Era di spalle, era enorme; indossava quella grande felpa nera e a trovarselo davanti pareva fosse diventato buio. La schiena vasta e ben estesa era coperta solo in prossimità del collo da capelli castani e ricci. La vita era stretta ed i muscoli ricoprivano più in basso il fondoschiena e le potenti gambe.
Entrambe non avrebbero potuto mai potuto avere la meglio contro quell’armadio a quattro ante in uno scontro fisico.
Dovevano usare la testa e nessuno riusciva a farlo meglio di Pat: chiuse per un attimo gli occhi, sospirò e poi li riaprì. Parevano ricoperti da una patina luminosa celeste.
Fiammetta guardava in silenzio, nascondendo con difficoltà quella sensazione di paura e di inquietudine che provava. Vide Rocco sollevarsi da terra, esanime; Pat s’impegnò, tanto che i piedi del Campione abbandonarono il pavimento lentamente.
Rocco fluttuava, ed i nodi delle corde che il mastodontico ciclope aveva utilizzato per legarlo si erano sciolti.
“Ma che...” l’omone indietreggiò lentamente.
La testa di Rocco ciondolava a destra e a sinistra, così come gli arti, almeno fino a che Pat lo stabilizzò in aria. Il capo si alzò, il mento si sollevava lentamente e la bocca si schiudeva.
Toccò poi agli occhi, totalmente identici a quelli di Pat.
Fiammetta capì che di lì a poco avrebbe dovuto agire, nonostante quell’incessante voglia fuggire via, lontana da tutte quelle responsabilità e soprattutto da Pat, che la inquietava al massimo.
Mise mano alle Pokéball ed attese.
La bocca di Rocco si aprì ancora di più, emettendo un rumore gutturale, parecchio cavernoso ed innaturale. Poi lo sentì parlare.
“Vai via” udì Fiammetta. La voce non era quella di Rocco, bensì sembrava quella di un essere mostruoso, profonda e penetrante.
La recluta indietreggiò ancora, sgomento. Il suo volto era impietrito ed incredulo. “Che vuoi da me?!”.
“Voglio la tua anima, Travis”.
“Come sai il mio nome?!” urlò quello.
“Noi demoni sappiamo tutto”.
“D-demoni?! Tu non sei Rocco, il Campione di Hoenn!”. Travis indietreggiò ancora e cominciò a farlo con più foga quando vide il padrone di casa, o quello che reputava tale, prendere ad avvicinarsi a lui, fluttuando.
Inciampò sulla poltrona, poi si rialzò e fece per girarsi, quando il suo sguardo s’imbatte negli occhi fiammeggianti dell’ex Capopalestra di Cuordilava.
“Blaziken!” urlò lei. “Colpiscilo al volto!”.
Il Pokémon Vampe eseguì con un violento calcio, efficace al massimo, che lo fece ricadere per terra fuori combattimento.
“Ottimo!” esclamò Fiammetta. “Blaziken, ora abbiamo bisogno di te! Solleva quel... Travis e nascondilo in quel ripostiglio...” fece, indicando una porta semiaperta con scope ed altri accessori simili.
Pat trasalì violentemente, spalancando la bocca e riempiendo i polmoni, come se fosse stata in apnea per tutto il tempo. Tossì, cercando di abbassare i toni. Il volto di Fiammetta s’incrinò quando vide un piccolo rivoletto di sangue baciare le labbra della psichica e colare lentamente, in un rivoletto gentile.
“Fiammetta... dobbiamo fare... dobbiamo fare presto”.
“Ma che hai?!” s’impressionò la rossa, andandole vicino. Le spostò il ciuffo che le copriva il volto, almeno dopo aver controllato che nessuno stesse entrando.
“Sono stanca, Fiammetta... Non è facile utilizzare poteri telecinetici di questa portata per così tanto tempo...”. La rossa la strinse in un abbraccio consolatorio, quindi ragionò per un momento sul da farsi; Blaziken aveva appena finito di celare il corpo incosciente di Travis nello sgabuzzino ed era di ritorno.
“Prendi Rocco sulle spalle ed andiamo via. Cerca di non farlo troppo male”. Proprio mentre il grande Pokémon Fuoco – Lotta si caricava il Campione addosso, un rumore di tacchi si espanse con l’eco in tutta il salone; prontamente si voltarono, comprendendo di avere di fronte quella donna.
Miriam.
“Ecco dov’era Fiammetta Moore...” sorrise, sempre suadente. I suoi occhi brillavano, riflettevano la poca luce che filtrava dalle opache vetrate della casa. “Non ti trovavamo. Insomma, i due guastafeste di Almia sono giù, in piazza, i tre di Johto sono sulla spiaggia... Mancava soltanto la Capopalestra bella e stupida”.
Fiammetta inarcò un sopracciglio e strinse i pugni, ringhiandole quasi contro. “Non sono più una Capopalestra”.
“Questo vuol dire che sei una civile. Ed i civili stanno per essere tutti rinchiusi nel Centro Spaziale. Insomma, è abbastanza grande per contenere tutta la popolazione. Poi ci sono nozioni sullo spazio. Lo trovo interessante; non trovi che sia stata magnanima?”.
Fiammetta trattenne a stento una risata, fissando i due rubini che aveva quella al posto delle iridi: occhi rossi, proprio come i suoi. La vide spostare i capelli dal volto con una veloce scossa del capo.
“Ridi?” chiese.
“A quanto pare...”.
“Ti farò passare la voglia di ridere. E riderò io. Prima di tutto però dobbiamo ritrovare la Sfera Rossa...”.
“Che fine ha fatto la Sfera Rossa?” domandò Pat, silenziosa fino a quel momento.
“Strano... Con quei poteri da mostro che ti ritrovi dovresti saperlo... Comunque ora sono entrambe nelle mani del Team Idro. Ancora per poco, però. Sono scesa in campo io, adesso. Igor non avrà speranze”.
“Chi diamine è Igor?!” esclamò poi Fiammetta, sorpresa.
“Questo non è il momento adatto per fare una chiacchierata piacevole; noto con dispiacere che con te c’è un Blaziken con il mio Rocco sulle spalle. Cosa credete di fare?!”.
“Fiammetta. Fai un passo indietro” sospirò la Capopalestra di Verdeazzupoli.
“Che diamine vorresti fare?!” esclamò Miriam, prendendo a correre verso le due, minacciosamente. Era assai veloce nonostante l’impedimento dei tacchi.
“Pat... Che vuoi fare?!” chiese preoccupata Fiammetta, a bassa voce.
Chiuse gli occhi e li riaprì in rapida sequenza, quattro o cinque volte, quindi la moretta schioccò le dita, attivando il teletrasporto, che le portò presso il Centro Pokémon del paese.
Miriam frenò d’istinto, prima di schiantarsi contro il muro. Quindi urlò in preda alla rabbia. Avevano rapito l’uomo che stava rapendo e la cosa non le piaceva.
“Cercate immediatamente quelle due puttane!”.
“E tu dove credi di andare?!”.
Marina stringeva la mano della piccola Sofia mentre camminava lungo la stradina esterna, sterrata e dissestata, che portava alla cima della collina, sul promontorio ovest, dove viveva Rocco, e dove per altro c’era la Palestra di Verdeazzupoli.
“Hey! Mi senti?! Ti ho chiesto dove credi di andare?!” sentì urlare di nuovo. Ammise a se stessa che aveva sperato fino all’ultimo che non si stesse riferendo a lei. Impietrita, riuscì a scattare un’istantanea del paesaggio. Era ormai quasi sera, e quel primo, drammatico giorno ad Hoenn non si decideva a voler migliorare; il mare danzava placido con le onde che accarezzavano le pareti dello strapiombo per poi ritirarsi, in un movimento cadenzato e ritmico.
Non appena si voltò vide in faccia chi la stava chiamando. Era una donna, in carne. Vestiva con la divisa, fastidiosamente aderente per quelle forme così morbide, e da cui era ovviamente infastidita.
“Sì... Ti sento...”.
“Ragiona. Possiamo lottare, oppure puoi seguirmi senza fare storie. Hai una bambina con te”.
La voce della donna penetrò gelida nelle sue ossa, mettendo in moto il ragionamento: non poteva rischiare che Sofia si facesse del male; tuttavia non voleva che le mettessero le manette e la rinchiudessero da qualche parte, assieme ad altre centinaia di persone.
Guardò per bene quella donna, Marina, vedendone i corti e scuri capelli nascosti dal cappuccio della felpa nera. Riuscì a distinguere il color nocciola dei suoi occhi nonostante la luce fosse diminuita di parecchio.
Voltò poi a guardare l’espressione di paura della piccola Sofia, ed intanto da lontano riusciva a vedere l’enorme Groudon e poi lava che fuoriusciva dalla spiaggia, unendosi in un abbraccio mistico con il mare.
Che doveva fare? Insomma, avrebbe potuto prendere per mano la piccola Sofia, voltarsi e scappare verso nord, salendo la stradina sterrata verso il promontorio e, una volta lì, chiedere aiuto a Tell e Pat. O a Rocco. Pensò che fosse un Campione piuttosto assente, dal momento in cui la sua città veniva distrutta e lui pensava a rinchiudersi in casa; ammesso che fosse in casa sua. In ogni caso era una via percorribile, o almeno lo sarebbe stato se non avesse portato con sé quella piccola bimba, che per altro era l’unico motivo per cui stava salendo verso la parte in alto dell’isola. E se la bambina fosse inciampata? Si sarebbe fatta male; sarebbe potuta finire nelle mani di quella recluta che, anche se più lenta e grossa di Marina, non sembrava tanto magnanima nel caso di sgarro.
Aveva, come seconda opzione, l’opportunità di lottare: il suo Vulpix contro chissà quali mostri contenevano quelle sfere aggrappate saldamente alla sua cintura. Fuori discussione, non lo prese nemmeno in considerazione.
Alla fine capì che se voleva che Sofia non rischiasse alcunché doveva per forza consegnarsi.
Era la cosa giusta da fare. Abbassò lo sguardo e storse le labbra, combattuta fino all’ultimo momento, quello in cui le manette scattarono sui suoi polsi.
“Ora andiamo. Il Centro Spaziale vi sta aspettando” grufolò quella.
“Sta usando Eruzione! Seviper, allontanati e tu, Marshee, usa Idropompa, per raffreddare la temperatura!” urlò Crystal, poco convinta, ritirando dalla lotta Meganee: quell’atmosfera stava diventando cocente per il suo Pokémon di tipo Erba. Decise quindi di dargli un cambio.
Un cambio di un certo spessore.
“Vai Altaria!”.
Il Pokémon Drago sbatté un paio di volte le ali e si presentò in campo. Seviper ormai quasi affiancava la sua allenatrice, mentre Swampert, che Crystal chiamava ancora erroneamente Marshee, riversava una grande quantità d’acqua nel campo di battaglia, finendo per inondare anche quello di Gold e Silver.
I due videro l’acqua fino alle caviglie e si voltarono giusto un attimo per vedere cosa accadesse.
Si guardarono di nuovo, come in un cenno d’intesa, per avanzare con la strategia successiva da mettere in atto.
La situazione era, per i Dexholders, di netto vantaggio: Arcanine e Magmortar dovevano fronteggiare Ambipom e Shiftry da parte di quello dagli occhi dorati e Mightyena e Grovyle da parte del fulvo.
Zoe era preoccupata ma Andy sorrideva tranquillo e la cosa rese calma anche lei. Il biondo si voltò a guardarla ed allargò il sorriso.
"Non demordiamo, insieme possiamo arrivare ovunque. Tu hai le potenzialità per arrivare ovunque". La voce di Andy era dolce ed infondeva fiducia alla giovane che non poté fare altro che sorridere al suo ragazzo e guardare avanti, pronta per l'ennesima sfida.
Avevano due Pokémon ben allenati mentre i loro avversari quattro scarti della natura; Zoe ne era convinta. Ammirava tuttavia l'empatia che quelli avevano con i propri Pokémon, oltre all'intesa meravigliosa che c'era tra quei due.
Occhi d'oro ed occhi d'argento, quasi pareva si completassero l'un con l'altro. Vedeva i loro sguardi, vedeva i loro movimenti; comprendeva il loro fine ultimo: vincere. Erano determinati e così diversi tra di loro che, se fossero stati un uomo ed una donna probabilmente si sarebbero amati, per forza di cose.
Poi ci rifletté: potevano amarsi anche essendo due uomini. Ma poi ricordò a se stessa gli sguardi che il fulvo aveva dato alla ragazza che stava combattendo contro Groudon; lui la amava. Gli saltò agli occhi anche lo sguardo lussurioso che il moretto aveva dato a Fiammetta.
Cancellò il pensiero che entrambi fossero omosessuali ed andò avanti con la battaglia.
"Arcanine, concentriamoci!" urlò.
Un ultimo sguardo ad Andy, un cenno d'intesa, poi partirono con l'attacco.
"Ruotafuoco, Arcanine, su Grovyle!".
"No!" esclamò Silver, ragionando sulle possibili opzioni da poter adottare per ribaltare la situazione. Intanto Arcanine era diventato un giavellotto di fuoco impazzito, rotolava su se stesso, raggiungendo velocemente Grovyle.
"Tieniti pronto..." Andy guardava il suo Magmortar, focalizzato sull'obiettivo.
"La trincea! Gettati nella trincea che ha scavato Ambipom prima quando ha usato Fossa!".
Grovyle recepì l'ordine e guardò il fossato scavato da Aibo qualche minuto prima. Doveva entrare lì dentro, e doveva farlo prima che Arcanine lo attaccasse.
E quindi cominciò a correre, era rapido ma forse Arcanine lo era di più; Le striature del suo pelo, nero sull'arancione, la coda gialla, il muso arrossato per via di quelle fiamme, tanto gradite al Pokémon di Zoe e tanto temute da quello di Silver.
La distanza tra i due diminuiva sempre di più, a due metri c'era la salvezza ma Arcanine accelerava sempre di più.
Nessuno dei quattro contendenti era in grado di pensare ad altro: Gold avrebbe potuto evitare l'eventuale brutta fine del Pokémon di Silver facendo intervenire Aibo oppure Shiftry. Anche Silver avrebbe potuto chiamare Mightyena per intervenire in qualche modo ma in quel momento i suoi occhi erano sulla foglia del Pokémon Legnogeco che, come una bandiera, veniva percossa dalla brezza marina qua e là sulla testa del rettile.
C'erano quasi: entrambi erano alla stessa distanza, ormai Grovyle aveva abbandonato il suolo con un salto, pronto ad avventarsi nella sua tana di sicurezza. Arcanine, invece, pareva avesse accelerato; aveva inoltre aumentato il flusso di fiamme che lo ricopriva.
"Forza!" urlò Silver, con il volto contrito ed i denti stretti. Aveva sinceramente paura che potesse succedere qualcosa di sbagliato, qualche incidente di percorso che avrebbe potuto pregiudicare l'esito della battaglia, considerando anche che due Pokémon di tipo Fuoco contro due di tipo Erba erano assolutamente avvantaggiati, senza contare che il livello di esperienza di Mightyena andava di poco oltre alle trenta unità in quel momento e che Gold non aveva un legame così viscerale con Shiftry. Era tutto così in bilico e la cosa quasi lo infastidiva: non gli piacevano le cose insicure; troppe cose erano state insicure nella sua vita, voleva soltanto crescere quel fiore che portava dentro la sua anima, come ognuno del resto, magari con l'aiuto di Crystal.
Tutto in un attimo, il tempo di un respiro troppo veloce, di un soffio di vento. Fu il tempo che Grovyle si svincolasse dalla sua paura di non farcela, acquistando fiducia e fiondandosi nella trincea, atterrando magistralmente.
Arcanine mancò il bersaglio e finì per rotolare in avanti, oltre l'obiettivo.
"Ottimo Grovyle! Ottimo davvero!" urlò Silver. Cercò un attimo lo sguardo di Gold, cercando compiacimento nei suoi occhi, trovandoci solo preoccupazione.
Tracciò una proiezione che partivano da quei dischi aurei, cercando la causa della sua attenzione.
Ciò che vide lo costrinse a spalancare la bocca: Magmortar aveva appena lanciato un'enorme quantità di fuoco dall'enorme cannone che aveva sull'arto destro, diretto proprio nella trincea.
Proprio su Grovyle.
"No!" urlò subito Silver. "Mightyena! Riduttore!" fece poi, con rabbia, rassegnato sulla tremenda sorte capitata a Grovyle, che prontamente rientrò nella sfera.
Mightyena colpì in pieno addome Magmortar, facendolo indietreggiare di un metro, senza farlo cadere.
"Arcanine, colpisci MIghtyena!"urlò Zoe.
"Ora basta! Aibo e Shiftry, vediamo di fargli capire come funziona!" s'inserì invece Gold. I due Pokémon partirono contemporaneamente; il primo su Magmortar ed il secondo su Arcanine.
Il Pokémon di Andy caricò in alto in braccio e poi lo abbassò con forza, pronto a colpire sulla schiena Mightyena.
Il fendente avrebbe probabilmente mandato fuori combattimento il Pokémon Buio se non fosse stato per le code dotate di mani di Ambipom, a fermare con grinta l'attacco.
"Mightyena, forza, ancora Riduttore!" urlò di nuovo Silver.
Arcanine era pronto con un nuovo attacco Ruotafuoco, rotolando in direzione dell'ultimo Pokémon di Silver. Shiftry s'inserì.
"Usa Tifone!” urlò Gold.
Bastarono pochi movimenti dei ventagli che aveva al posto degli arti per scatenare un inferno d’acqua e vento su Arcanine.
Quello ringhiò, iracondo, abbassò la testa e lasciò scappare dai lati della bocca due sbuffi di fiamme. Zoe lo guardò affascinata, mentre Shiftry continuava a gettare tempesta sul suo Pokémon, dall’alto.
“Pensi di potercela fare?” sussurrò al suo Pokémon. Lo fece a bassa voce, e con quella distanza dubitava che il suo Pokémon sentisse tuttavia Arcanine spostò repentino lo sguardo su di lei, girandosi in bocca una fiamma calda e densa.
“Arcanine! Fuocobomba!” urlò Zoe, puntando il dito contro Shiftry.
Gold rimase basito e vide il Pokémon di tipo fuoco attaccare coraggiosamente, contro il forte vento. Nonostante questo, la grande fiammata partì dalla sua bocca attraversando pioggia e vento con forza e potenza, schiantandosi infine contro l’avversario, che cadde per terra con un enorme tonfo.
“Shiftry!” esclamò Gold, correndo verso di lui. Il suo corpo ancora fumava. “Ti sei comportato in maniera assurda. Bravissimo. Sei un Pokémon davvero forte!” sorrise, facendolo entrare nella sfera.
Si voltò poi verso Crystal.
“Tesoro, dimmi che hai fatto... Questi qui sono forti”.
“Gold, sto catturando Groudon, non un Pokémon qualunque!” s’irritò lei, tornando a guardare avanti. Lo stava decisamente indebolendo; era convinta di poter farcela.
Stavolta la fiducia fluiva in lei in maniera limpida e scorrevole ed i movimenti sincronizzati dei suoi Pokémon soddisfacevano in pieno la sua mania di controllo su ogni cosa: ogni singolo pezzo, ogni elemento si muoveva come doveva, come piccole rotelline che facevano funzionare il meccanismo. Attacchi a ripetizione non davano l’opportunità a Groudon di ribattere; talvolta rispondeva soltanto con potenti attacchi speciali, provenienti dal sottosuolo, molto pericolosi.
“Marshee!” urlò poi “Ce l’abbiamo quasi fatta! Usa Idropompa!”.
Il Pokémon Acqua-Terra si gettò a capofitto nell’attacco, demolendo con la sua potenza l’enorme avversario. Aveva colto nel segno, e Crystal sorrise nell’appurarlo: Groudon era pronto per essere catturato.
Lo avevano stressato con quella strenua resistenza ai suoi attacchi, lo avevano gradualmente indebolito, lo avevano più volte visto perdere smalto, fino a quel momento.
“Ora... ora è il momento” sorrise Crystal, prendendo una Ultraball dal suo zaino. La guardò e sospirò.
“E sbrigati!” esclamò impaziente Gold, guardandola di sottecchi, mentre ordinava ad Aibo di rialzarsi dopo un forte attacco Fulmine da parte di Magmortar.
Zoe guardava la scena impanicata: stavano per perdere Groudon. Diede ad Andy un piccolo sguardo, che annuì col volto contrito. Quella vide poi Crystal, lanciare la ball, proprio al centro della testa del Pokémon, piegato in basso dal dolore.
“Vai, Ultraball!” urlò, calciando la sfera con forza e determinazione; quella percorse come una saetta lo spazio che la divideva, così piccola e fragile, da quel mostro gigante.
Ogni volta che vedeva un Pokémon grande come quello entrare all’interno di una Pokéball si straniva sempre.
“No!” urlò Zoe. Mosse un passo in avanti, ma Silver in breve corse verso di lei e la fermò, stringendole forte i polsi. “Non puoi andare” chiuse, brevemente.
Andy vide la sfera oscillare irrequieta mentre quel ragazzo fulvo toccava la sua Zoe. La rabbia si distribuì nel suo corpo uniformemente, quindi partì verso di loro e spintonò il ragazzo.
“Non toccarla mai più!” gli urlò. Zoe si voltò, sconvolta; nonostante tutto non era abituata alla violenza fisica.
Gold vide la zuffa e si mise in mezzo, correndo a spingere a sua volta Andy, facendolo cadere con i fondelli sulla sabbia.
“Non toccare il mio amico!”.
Silver si voltò verso di lui, nuovamente in preda a sentimenti contrastanti, e sospirò, voltandosi per un attimo. Un attimo così veloce, che gli consentì di vedere Crystal calarsi per prendere la sfera con Groudon, tutta sorridente.
“Ce l’abbiamo fatta!” esclamò il fulvo, voltandosi nuovamente. Mightyena gli si avvicinò, festante. “Non ha più senso combattere” aggiunse quello dagli occhi d’argento, facendo ritornare il suo Pokémon nella sfera. Sorrise e vide Crystal alzare al cielo Groudon, con una mano.
E poi vide Zoe, sfuggita al loro controllo, che con un forte balzo le strappò dalla presa la Ultraball.
“Non può finire così!” urlò, aprendo la sfera e facendolo nuovamente uscire.
“No! Groudon, fermo!” s’alterò Chris, voltandosi a guardare Silver e Gold.
In quel momento visse qualcosa di familiare: una cosa che aveva provato proprio poche ore prima, quando stava per catturare precedentemente Groudon, qualche chilometro fuori Albanova: era la furia. La furia cieca, la voglia di spaccare tutto, di aprire il cranio alla mora che aveva di fronte.
Eppure era strano. Prima di quell’avvenimento non le era mai capitato di provare tutta quella rabbia.
Vide Groudon uscire nuovamente dalla sfera, guardare Crystal e quindi Zoe. Anche Crystal fissava la donna tuttavia quando la vide gettare il guscio vuoto della sfera del Pokémon e calpestarla con forza, con la suola di gomma dura dello stivale, mandandola in frantumi, non riuscì a trattenersi: le mani presero a tremare lentamente. Poi dovette serrare i pugni, mentre le lacrime si avvicendavano sul palcoscenico dei suoi occhi, come tante provinanti di Broadway scartate alla prima nota storta. Strinse i denti, cercando di mantenere all’interno del suo corpo quella voce che le imponeva di ribellarsi alla forma, all’educazione. Alla calma.
“No!”
L’urlo di Crystal squarciò il silenzio relativo della spiaggia di Verdeazzupoli, tagliato soltanto dal brusio continuato del mare. Zoe la vide correre in sua direzione, con gli occhi furenti, i denti stretti e le vene del collo in evidenza.
“Tu! Lurida troia!” urlò Crystal, dimezzando sempre più velocemente la distanza tra lei ed il suo obiettivo. Gold si girò immediatamente al pronunciare di quelle parole da parte della ragazza, sorpreso: non avevano mai fatto parte del suo vocabolario simili terminologie.
Crystal caricò un forte calcio, e lo scagliò con tutta la forza e la rabbia che aveva in corpo, mancando Zoe di pochi centimetri dopo che lei aveva celermente calcolato la traiettoria.
“Ennò! Stavolta non verrò colpita!”
Crystal spalancava sempre di più gli occhi, piccoli cristalli che stavano arrossandosi, con quelle vene che parevano esplodere accanto alle iridi celesti.
“Devi finirla di creare questi problemi!” urlò ancor più iraconda Crystal; ormai il suo pianto fluiva, e continuò a farlo non appena vide Groudon immergersi con facilità nella sabbia, e sparire.
“No!” s’inginocchiò poi, sconfitta.
Zoe indietreggiò nuovamente e guardò Andy. “Dobbiamo andare su” fece.
Quello annuì. “Ci rincontreremo presto!” urlò a Gold e Silver, prima che facessero la propria comparsa sulla spiaggia Fiammetta e Pat.
“Che succede?!” esclamò preoccupatissima la rossa, correndo verso Crystal, inginocchiata nella sabbia, con le mani sul volto, in lacrime.
“Di nuovo, Fiammetta... Non ci vedo più, di nuovo!”.
Quella giornata non accennava a voler terminare. Gold e Silver corsero verso di lei, sollevandola velocemente; Silver poi la strinse a sé, forte. “Stai tranquilla e non preoccuparti. Andrà tutto bene. Ora dobbiamo andare a cercare un posto sicuro per te” disse.
“Già” sospirò Fiammetta, guardandosi attorno: il campo di battaglia era stato letteralmente devastato da quella lotta ed un po’ se ne dispiaceva. Si voltò a guardare Pat, accanto al suo Blaziken, e cercò di fare il possibile per non cadere nello sconforto più che totale a quella vista. I magma erano ancora lì. O meglio, Zoe era ancora lì.
Non vedeva più Andy.
Voltò ancor più velocemente il collo, dall’altra parte, ma Andy non c’era. Ed Andy era pericoloso.
Era pericoloso, proprio perché sentì all’improvviso un braccio cingerle la vita e sollevarla in aria.
“Che caz... No!” urlò poi, alzando gli occhi verso l’alto, girando un po’ il capo, vedendo proprio il Magma Tenente in groppa ad un Aerodactyl nell'atto di afferrarla e portarsela via.
“No!” urlò lei.
“Te l’ho detto che saresti venuta con me alla fine” disse con tono pacato quello, stringendo forte il corpo della donna di Cuordilava.
“Lasciami andare! No! Gold! Aiutami!” urlò Fiammetta, vedendo la Pokéball vuota di Blaziken che aveva tra le mani cadere nella sabbia; fissava negli occhi un Gold sorpreso e quasi inebetito.
Un Gold che, prima di rendersi conto cosa stesse succedendo, aveva già visto sparire i suoi nemici, oltre le nuvole.
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