Ecco qui che esce la parte finale del capitolo Attica. Ricordo che è in produzione il fumetto della storia, disegnato da Black Lady e pubblicato nella sua pagina, Svignettiamo! Correte a darle supporto ed aiutiamola a crescere! A breve uscirà il prologo della storia disegnato da lei!
“La troverò...” sussurrò a se stesso Gold, con i pugni chiusi ed il volto schifato da quello che aveva visto. “Io la troverò. È una promessa che faccio a Fiammetta stessa”.
Intanto non riusciva a levarsi dalla testa l’immagine pietosa della donna che, rapita dai nemici, allungava la mano verso di lui, chiamando lui, cercando il suo aiuto.
Il più vicino era, Gold. Il più vicino.
Non usciva dai suoi pensieri lo sguardo terrorizzato di Fiammetta, con quelle fiamme ardenti che aveva al posto delle iridi ed il sudore sulla fronte. E le labbra rosee ed i capelli spettinati.
Contrì il volto, devastato dalle emozioni che provava; dovette ammettere a se stesso di aver faticato ad abortire la voglia di piangere, in quella determinata circostanza.
Non poteva disperarsi, non poteva piangere. Doveva assolutamente fare qualcosa.
Poi vide Martino arrivare sulla spiaggia. “Che diamine succede?! Non ditemi che avete perso?!” fece.
“Martino, non è il caso” sospirò Silver, stringendo ancora Crystal, in preda al panico.
“Che è successo?!” domandò a Gold, avvicinandosi a lui dopo esser sceso in spiaggia.
“Avevamo catturato Groudon ma loro ci hanno rubato la sfera e lo hanno liberato”.
Martino rimase basito. Si grattò la testa con l’indice e poi sospirò. “Che senso ha? Non miravano a Groudon anche loro? Perché liberarlo?”.
“Hanno rapito Fiammetta!” tuonò poi Gold. “Ed io non ho fatto nulla! Io non ho fatto nulla per evitare che ciò accadesse! Sono rimasto fermo come una statua, vedendo quel coglione portarla via! Lei ha urlato il mio nome...”.
Martino fece una smorfia strana sul volto, facendo no con la testa, come a dire lo sapevo, quindi si girò di spalle e vide una ragazza dagli occhi celesti, con una treccia spettinata, accanto ad un Blaziken che portava il corpo esanime di qualcuno sulle spalle, proprio sopra la scalinata che dava al paese.
“E lei chi è?” domandò poi. “Chi sei?!” le urlò.
Pat cominciò a scendere le scale, lentamente, accompagnata da Blaziken. Si avvicinò ai quattro, col volto in lacrime, poi abbassò il capo. “Io sono Pat, Capopalestra di... di Verdeazzupoli” fece. “Questo è il Blaziken di Fiammetta e questo sulle sue spalle è Rocco Petri. Veniamo dalla collina ad ovest di Verdeazzupoli”.
La voce della ragazza era delicata, come anche il suo volto, nonostante le lacrime avesse segnato piste profonde e nere sulle sue guance, per via del trucco.
“Quello è Rocco?!” esclamò Gold.
“Sì” confermò poi Silver. “Lo abbiamo incontrato a Mentania”.
“E Marina e Sofia dove sono?!” urlò preoccupato suo fratello.
Gold si voltò immediatamente verso di lui. “Che è successo a Marina?!”.
“Ha salvato una ragazzina dalle fiamme e stava andando verso la sua Palestra!” puntò il dito contro la ragazza.
Quella ebbe un sussultò, singhiozzò e strinse i pugni, col volto pronto per essere devastato nuovamente dal pianto. “La Palestra non c’è più, è distrutta. Mio fratello è morto...”.
“Porca puttana! E Marina ora dov’è?!” esclamò nuovamente suo fratello.
“Non ho idea di chi sia”.
“Staraptor! Andiamo!” urlò infine. Si sentì il grido del grande Pokémon provenire dall’alto, poi lo videro scendere giù in picchiata che, senza nemmeno fermarsi, prelevò al volo Martino e andò via.
Gold avanzò di qualche passo e raccolse la Pokéball che Fiammetta aveva perso prima di esser persa di vista.
“Tu sei Pat?” le chiese poi, avvicinandola. La vide annuire.
“Io sono Gold, da Borgofoglianova, Johto. Faremo tutto il possibile per trovare i responsabili...”.
Silver sembrò sorpreso di ascoltare quelle parole da parte di occhidorati.
“Già. Ma ora dobbiamo agire: in città ci sono centinaia di Reclute Magma che stanno chiudendo la popolazione nel Centro Spaziale” rispose la Capopalestra di tipo Psico, asciugandosi le lacrime.
“Ora abbiamo due impedimenti, però: Crystal non ci vede e Rocco Petri è inutilizzabile” fece Silver. “Pat, dovresti accompagnarli a Forestopoli, da Alice” aggiunse.
“Io non abbandono la mia gente. Hanno bisogno di me”.
Gold annuì. “Ha ragione. Silver, vai tu a Forestopoli e porta con te Crystal e Rocco, almeno finché lei non si riprende. Poi tornate qui. Io starò con...” cincischiò, non ricordando il nome della ragazza.
“...Pat” fece lei.
“Pat, e libereremo Marina e la piccola Sofia, oltre alle altre persone”.
“No, Gold, non se ne parla, non posso rischiare che...”
“Senti! È stata una giornata di merda! Fai come ti dico, cazzo, prima che ti rompa la faccia con un pugno”.
Silver lo fissò, silenzioso ma ostile. Il leone era lui, il capo, il maschio alfa. Non doveva farsi mancare di rispetto in questo modo. “Sil, per favore” pianse poi Crystal.
E alle parole della ragazza non poté fare altro che annuire e sospirare. “Ok. Andiamo”.
Caricò Rocco su Altaria, aiutato da Blaziken, ed assieme a Crystal, si adagiò leggero sul suo Honchkrow quindi sparì, oltre l’orizzonte.
“Bene, ora siamo solo noi tre” disse Gold. Pat annuì e vide Gold puntare la sfera di Blaziken verso il diretto interessato, che vi rientrò.
“Ora invece siamo in due” sospirò Pat.
“... a ballare l’hully gully...”.
Martino volava veloce, basso sul suo Pokémon. Non voleva gettare occhi in basso, verso la piazza, perché sapeva che avrebbe visto qualcosa che l’avrebbe distolto dal suo obiettivo principale: doveva trovare Marina.
Virò verso ovest, costeggiando la stradina che saliva verso il promontorio, dato che sua sorella, assieme alla piccola Sofia, avevano percorso proprio quella strada. Arrivarono fin sopra, fino in cima, dove le macerie della Palestra di Verdeazzupoli sostavano quiete e sfatte sulle loro fondamenta. Diversi metri accanto vi era quella che interpretò essere Villa Petri, così sfarzosa e piena di giardini.
E di Reclute Magma.
“Cazzo!” esclamò Martino; Staraptor si fermò, sbattendo le ali per non perdere quota. Videro la folla che accerchiava qualcosa, steso sul prato.
No, era qualcuno. Era una persona. Abbassò gli occhialini sulla fronte ed ingrandì l’immagine, tirando un sospiro di sollievo: era un uomo, quello accerchiato sull’erba.
“Non è Marina. Non è Marina” si ripeté, per convincere se stesso a calmarsi. “Questo vuol dire che se è arrivata qui ha visto la situazione ed è fuggita, è tornata indietro. E siccome in piazza non può stare, e nemmeno al Centro Spaziale... Dove cazzo è finita?! Staraptor, torniamo indietro!”.
Il Pokémon lanciò un grido e si voltò, ripercorrendo la stessa strada all’inverso.
Quando Martino vide un recluta appostata all’interno di un vicolo spalancò gli occhi.
“È stata catturata!”.
Marina era nel Centro Spaziale, l’enorme edificio creato a Verdeazzupoli dove astronauti e cosmologi lavoravano in simbiosi per scoprire i misteri dell’universo.
La piccola Sofia le teneva la mano, guardando il volto contrito del Ranger.
“Dov’è la mia mamma?”.
Marina alzò la testa, avvilendosi per la gran quantità di gente rinchiusa lì, senza né cibo né acqua.
“La troviamo la mamma, la troviamo... Permesso!” chiese, spintonando le persone adiacenti, per farsi un po’ di spazio e raggiungere la grande scalinata che dava sul balconcino. Lì sopra qualcuno sembrava urlare, spazientito.
“Non è possibile questa cosa! Nessuno può tenerci prigionieri in questo modo!”
Un nugolo di recluta si avvicinò, con Pokémon al cospetto, cercando di intimorire la folla.
“Zitti! Tutti! Qui le regole le facciamo noi! Non dovrete creare alcun problema e nessuno si farà male!” fece il portavoce di quelli, un uomo alto e prestante, dai lunghi e mossi capelli neri.
“Non avete alcun diritto di tenerci qui!” urlò quello più attivo, in cima alla scalinata. Quello si avvicinò a lui, facendosi spazio tra la folla e fermandosi prima dei gradini, accanto a Marina.
“Voi non avete alcun diritto invece. Siete prigionieri. Vediamo se ti entra nella zucca ciò che sto dicendo... Se tu e questi altri moscerini starete buoni, tra qualche giorno, forse, vi libereremo. Altrimenti cominceremo ad uccidere venti persone ogni ora, senza distinzioni di età e di sesso”.
Marina deglutì tante piccole puntine di metallo, timorosa. Si sentiva fragile in quel momento, esposta. E si sentiva in questo modo per se stessa e per la piccola Sofia, che si nascondeva dietro le sue gambe.
“Perché state facendo questo?!” urlò ancora, quello che ormai si era fatto rappresentante e portavoce del popolo imprigionato. “La nostra gente sta subendo questa situazione più di chiunque altro! Abbiamo perso le nostre case e...” incrociò lo sguardo con Marina. Quello era un ragazzo dai capelli cortissimi, con un ciuffo un po’ più lunghetto davanti, sulla fronte. Il castano non era altissimo, di corporatura normale e dagli occhi color nocciola, accesi come torce nella notte. La barba era folta sul suo viso e gli coprivano le efelidi, rimasugli di una gioventù non così tanto lontano. “... e... e abbiamo visto i nostri familiari morire. Questa è mancanza di rispetto, oltre che una chiara manifestazione di superiorità armata da parte vostra. Qui non tutti hanno i Pokémon!” riprese grinta dopo un attimo di tentennamento.
La Recluta Magma fece un ulteriore passo avanti, avvicinandosi così tanto a Marina che quasi avrebbe potuto toccarle il braccio muovendo soltanto la mano.
“Forse non è chiaro...” sorrise l’omone. “Adesso vedrai cosa succede”.
Gli occhi di quell’uomo malvagio incontrarono quelli limpidi e cristallini di Marina.
“Non osare!” urlò quello.
Afferrò Marina per il braccio, ed in quel momento penetrò una lama d’ansia e paura nel suo corpo. Si bloccò, quando in realtà avrebbe voluto reagire in maniera veemente, difendendosi. Sentiva la mano ruvida e calda di quello stringerla. Sentiva la mano di quell’uomo annullarla.
E poi accadde che con quella stretta lui la tirò via. Il suo obiettivo non era Marina.
No.
Il suo obiettivo era la piccola Sofia.
La afferrò per i capelli, tirandola a sé, quindi le prese il braccio e la tirò in aria, con una facilità quasi imbarazzante.
“Ecco. Lei sarà la prima” pronunciò il moro, afferrando con entrambe le braccia il piccolo avambraccio di Sofia, che intanto piangeva e si dimenava.
E lo spezzò.
“No! Lurido pezzo di merda!” urlò quello, dalla cima della scalinata, tuffandosi con rabbia verso il nemico, saltando una dozzina di scalini, forse di più.
Facendo partire l’insorgenza.
C’era solo caos, solo persone che urlavano e che cadevano per terra, vive e ferite, talvolta morte. I Magma ordinavano ai propri Pokémon, grossi e feroci, di attaccare direttamente chiunque non appartenesse alle emme rosse, scatenando urla di rabbia e disapprovazione, oltre a quelle di dolore e disperazione.
Marina era stata scaraventata per terra, a qualche metro, ed aveva assistito a tutta la scena con orrore: il braccio di Sofia ciondolava morto mentre lei, inginocchiata e disperata, piena di lacrime, urlava al cielo, chiedendo i motivi di cotanta ingiustizia.
Il Ranger le si avvicinò repentina e la strinse al corpo, baciandole la fronte.
“Va tutto bene, non preoccuparti. Aggiusteremo tutto” fece, abbracciandola al petto nuovamente.
“Sofia!” esclamò una voce, sbucata dal nulla. Sua madre, sfatta e distrutta, totalmente in lacrime, con la frangetta aperta e sporca di sangue. Si abbassò e la strinse a sé.
Marina fece spazio alla madre e sospirò.
“Mamma è qui” faceva. “Mamma è vicino a te; metteremo a posto il braccio e cacceremo i cattivi dalla città. Anzi, andremo via, dove ci sono tante persone buone. Dove tutti ti ameranno, Sophy... Dove tutti ti ameranno...”. La madre piangeva calde lacrime, squassava il suo cuore e cercava di mantenere salda la mente. Non poteva avere un crollo.
Alzò lo sguardo sporco verso Marina ed abbassò il capo. “Noi ti saremo per sempre riconoscenti”.
“Si figuri. Ma ora dobbiamo uscire di qua”.
Gold e Pat entrarono in piazza, pochi minuti prima dell’effettivo passaggio dal pomeriggio alla sera. I lampioni erano tutti crollati per strada; oltre ad un lieve bagliore, Verdeazzupoli era piombata nell’oscurità. Per terra erano in grado di osservare macerie e polvere, sangue e cadaveri, Pokémon ed umani morti.
Tutto era morto, tutto era fermo tranne le foglie, sospinte debolmente dal vento.
“Sono nel Centro Spaziale. Sono tutti lì, ma non dobbiamo passare davanti al promontorio ad ovest, altrimenti Miriam ci attaccherà con le sue mosse di kung-fu” disse Pat, sospirando.
“E chi diamine sarebbe?!”.
“Il capo del Team Magma” sospirò poi.
“Oh, finalmente! Allora vado da lei e le asfalterò il sedere a calci, assieme al Blaziken di Fiammetta... Poverina...” si rammaricò. Notò poi che Pat sorrise.
“Sei buffo. Ed anche molto immaturo”.
“Perché dici questo?” s’incuriosì Gold, camminando verso la parte est dell’isola assieme alla Capopalestra.
“Perché è stata Miriam, con un solo potente calcio, a mettere fuori combattimento Rocco. Tu che speranze avresti?!”.
“Io sono più forte di qualsiasi Campione. I miei Pokémon sono fantastici”.
“Un giorno ti sfiderò...”.
“Non vedo l’ora” sorrise.
Attimo di pausa.
“Finiscila di pensare a me in quel modo” disse poi, sorridendo a sua volta.
Gold svilì. “E tu che ne sai?”
“Capopalestra di tipo Psico. So anche da che parte pende il sacchetto che porti a mo’ di ciondolo, nascosto sotto la tua felpa”.
“E tu che ne sai?!” ripeté, non facendolo apposta.
“Te l’ho già detto. Sei buffo”.
“E tu mi hai già detto questo”. Gold sospirò, guardando il cielo ormai scuro. Era intrigato dalla diciassettenne e da quegli occhi così profondi. Sembravano celare grossi misteri, e conoscenze al di fuori dei normali parametri.
“Attento” disse poi, fermandolo, con una mano sul costato. E a Gold il costato faceva male. “Scusa” fece ancora, tirandolo in un vicoletto.
“Che succede?!” si preoccupò lui, a bassa voce.
“Miriam sta venendo verso di noi”.
“Cosa?!”
“Miriam è a pochi metri da noi”. Lo sguardo di Pat vagò attorno, disorientato, per poi fermarsi come l’ago di una bussola quando puntava il nord. “È proprio lì” puntò il dito lei.
Pochi attimi dopo ne uscì la donna. Gold spalancò gli occhi nel notare l’abbondanza della donna.
“Fai schifo...” sospirò Pat.
“Silenzio, che ci sente...”.
Gold osservava ogni dettaglio che gli si presentava davanti, carezzandolo con lo sguardo. Lunghi capelli rossi incorniciavano il volto definito da morbide linee di quella, il collo lungo manteneva la testa, alzata, a pronunciare le labbra, rosse, truccate. E poi quel vestito, rosso come le labbra, come i capelli, come i suoi occhi, che si appoggiava ruvido sulla delicatezza del suo corpo, abbondante nelle forme, generoso nelle curve.
E poi le gambe, lunghe, che terminavano su un paio di decolleté con cinturino alla caviglia.
Parlava in comunicazione Holovox.
“Andy, ciao. Dimmi che le cose stanno andando bene per favore” diceva. La voce era calda e suadente. La comunicazione, dall’altra parte, vedeva il Magmatenente contro cui si erano scontrati, con quei capelli biondi che fuoriuscivano dal cappuccio.
“La specialista era riuscita a catturare Groudon, ma Zoe le ha rubato la sfera e lo abbiamo liberato”.
“Ottimo lavoro. Dove si sta dirigendo?” adesso.
“Groudon è a venti chilometri sotto la crosta terrestre, e si dirige a sud ovest di Verdeazzupoli”.
“Sta raggiungendo l’Antro Abissale” sorrise Miriam.
“Raggiungerà presto l’Archeoforma. Sconfiggeremo Kyogre ed il Team Idro. Inoltre abbiamo levato di mezzo Fiammetta”.
“Oh, finalmente ce l’hai fatta” bofonchiò la donna, quasi infastidita.
“L’ho dovuta rapire”.
“Vedi di non fare troppo la persona espansiva con lei. Sai bene che sono gelosa. Già mi infastidisce la presenza di Zoe, e sai anche questo” sbuffò lei, voltando l’angolo in direzione della grande strada che percorrevano in precedenza Gold e Pat, che intanto ascoltavano tutto.
“Amore mio, sai bene che Zoe ci serviva per le sue abilità. È solo una farsa. Non appena tutto questo sarà finito farà la stessa fine che faremo fare a Ruby e Sapphire. E a Fiammetta”.
Miriam sentì ridere Andy e rise a sua volta. “Così mi piaci, tesoro”.
“Ho visto che con Rocco non è andato tutto a buon fine... Era sulla spiaggia con Pat e Fiammetta”.
“Già. Dovremo fare presto” annuì Miriam.
“Stiamo monitorando Groudon. Appena riuscirà ad effettuare l’Archeorisveglio concluderemo il nostro piano”.
“Proprio come voleva papà...” sospirò la donna.
“Ed invece, la reclusione nel Centro Spaziale per la popolazione del luogo?”.
“Un fallimento anche quello. Ma ora tutti sanno di cosa è capace il Team Magma”.
“Bene così. Ti aspetto al quartier generale. Ora sta tornando Zoe...”
“Ciao, amore” disse addolcita la donna.
“Ciao, tesoro”.
Pat guardava Gold con la bocca spalancata, mentre la donna si allontanava dal loro campo visivo.
“Lei... lei sta con il biondo... Quello che sta con Zoe...” non si capacitava lui. Pat annuiva.
“Ha detto che la reclusione è stata un fallimento. Probabilmente la popolazione dell’isola è nuovamente libera”.
Gold si voltò e guardò la moretta sorridere, leggermente tranquillizzata.
“Metteremo tutto a posto, comunque... Intendo il fatto di tuo fratello, e di questa situazione. Ho già in mente come fare...” disse il ragazzo, mettendosi in marcia, salendo velocemente la salita verso il promontorio est, dove c’era il Centro Spaziale.
“E come?!”.
Gold sorrise e la guardò nuovamente. “Tu non eri quella che sa tutto?”.
“Oh, ma dai!”.
“Vedrai...”.
Le persone cominciavano a defluire verso la discesa, molte delle quali sporche di sangue e bisognose di cure.
E Pat, che in cuor suo sapeva già tutto, vedeva preoccupazione negli occhi di Gold. Vedeva tutto, sapeva che era il nome Marina a rimbalzargli impazzito nella testa.
Arrivarono in cima alla salita e lì la quantità di gente era enorme. Sembravano tante piccole formiche impazzite, senza una meta specifica.
L’importante era fuggire dalla minaccia, qualsiasi essa fosse stata.
Gold si voltò verso la sua compagna provvisoria d’avventura e le prese le mani.
“Con le tue capacità, ed il tuo... woosh... riesci a dirmi di preciso dov’è Marina?!”.
Pat annuì e chiuse gli occhi, riaprendoli d’improvviso.
“La roccia bianca. Marina è seduta sulla roccia bianca”.
“E dov’è?! Dov’è questa roccia bianca?!” s’allarmò Gold.
Pat puntò l’unghia mangiucchiata dell’indice proprio davanti a lei. “In quella direzione”.
“Ottimo!” sorrise, baciandogli la guancia. Gold mosse due o tre passi veloci in direzione del marasma di persone: sembravano tante piccole onde che s’infrangevano su altre onde più grandi, e così via. Tuttavia si voltò e guardò la ragazza, magra e pallida, con la treccia spelacchiata corvina.
“Hey... Grazie, Pat. Sei davvero forte”.
Quella arrossì, abbassando leggermente lo sguardo. “Grazie a te per quello che fai qui ad Hoenn”.
“Mi piaci tanto. Come persona, intendo. Sei buona” fece, fissandola negli occhi cristallini. “Perché non vieni con noi? Il tuo aiuto sarebbe fondamentale”.
“L’ho già detto, la mia gente ha bisogno di me”.
Gold sorrise nuovamente e poi annuì. “Ciao amica”.
Lei sorrise, poi si voltò e sparì.
L’insorgenza che si era creata all’interno del Centro Spaziale non aveva lasciato scampo a nessuna delle sessantasette Reclute armate con Pokémon aggressivi e maltrattati, calpestati dalla folla al suo interno. Molte persone erano morte, molte altre erano rimaste ferite.
Tuttavia la coscienza comune era rimasta alta, sempre. Il popolo di Verdeazzupoli aveva avuto tanta dignità, in quel nefasto ventuno dicembre: aveva combattuto contro una chimera, contro persone non pacifiche, contro chi voleva creare il male dal bene.
Il popolo di Verdeazzupoli, in gabbia come un topo su cui si fanno gli esperimenti, quelli con gli occhi rossi ed il pelo bianco, messo alle strette. Una bambina ed il suo braccio, vittima infima rispetto alle quasi trecento vite umane sprecate, perse e calpestate, ammazzate, bruciate e mutilate, percosse. Anime stuprate dalla rabbia e dalla cattiveria.
Dalla diversità.
Il ragazzo sulla scalinata, tale David Lancer, morì sotto gli attacchi di due Arcanine e poi fu calpestato dalla sua gente; tuttavia donò a gli altri la coscienza di alzare la testa, di dividere il cattivo dal buono. Fece capire agli altri che, se proprio volevano essere un gregge di pecore, senza pensiero né cervello, avrebbero dovuto viaggiare nella direzione giusta.
Il suo cadavere giacque lì per terra e fu l’ultimo ad essere raccolto.
Il suolo di Verdeazzupoli avrebbe dovuto assorbire tutto da quel giovane, in modo da ricordare per sempre quell’avvenimento, dove i pochi si ribellano e vincono contro i molti, e poi il contrario.
Una rivolta che per la storia di Hoenn sarebbe passata alla storia.
La rivolta di Verdeazzupoli.
Proprio come la rivolta di Attica.
Previously, on Hoenn's Crysis
Quella
giornata non accennava a voler terminare. Gold e Silver corsero verso
di lei, sollevandola velocemente; Silver poi la strinse a sé, forte.
“Stai tranquilla e non preoccuparti. Andrà tutto bene. Ora dobbiamo
andare a cercare un posto sicuro per te” disse.
“Già” sospirò Fiammetta, guardandosi attorno: il campo di battaglia era stato letteralmente devastato da quella lotta ed un po’ se ne dispiaceva. Si voltò a guardare Pat, accanto al suo Blaziken, e cercò di fare il possibile per non cadere nello sconforto più che totale a quella vista. I magma erano ancora lì. O meglio, Zoe era ancora lì.
Non vedeva più Andy.
Voltò ancor più velocemente il collo, dall’altra parte, ma Andy non c’era. Ed Andy era pericoloso.
Era pericoloso, proprio perché sentì all’improvviso un braccio cingerle la vita e sollevarla in aria.
“Che caz... No!” urlò poi, alzando gli occhi verso l’alto, girando un po’ il capo, vedendo proprio il Magma Tenente in groppa ad un Aerodactyl nell'atto di afferrarla e portarsela via.
“No!” urlò lei.
“Te l’ho detto che saresti venuta con me alla fine” disse con tono pacato quello, stringendo forte il corpo della donna di Cuordilava.
“Lasciami andare! No! Gold! Aiutami!” urlò Fiammetta, vedendo la Pokéball vuota di Blaziken che aveva tra le mani cadere nella sabbia; fissava negli occhi un Gold sorpreso e quasi inebetito.
Un Gold che, prima di rendersi conto cosa stesse succedendo, aveva già visto sparire i suoi nemici, oltre le nuvole.
“Già” sospirò Fiammetta, guardandosi attorno: il campo di battaglia era stato letteralmente devastato da quella lotta ed un po’ se ne dispiaceva. Si voltò a guardare Pat, accanto al suo Blaziken, e cercò di fare il possibile per non cadere nello sconforto più che totale a quella vista. I magma erano ancora lì. O meglio, Zoe era ancora lì.
Non vedeva più Andy.
Voltò ancor più velocemente il collo, dall’altra parte, ma Andy non c’era. Ed Andy era pericoloso.
Era pericoloso, proprio perché sentì all’improvviso un braccio cingerle la vita e sollevarla in aria.
“Che caz... No!” urlò poi, alzando gli occhi verso l’alto, girando un po’ il capo, vedendo proprio il Magma Tenente in groppa ad un Aerodactyl nell'atto di afferrarla e portarsela via.
“No!” urlò lei.
“Te l’ho detto che saresti venuta con me alla fine” disse con tono pacato quello, stringendo forte il corpo della donna di Cuordilava.
“Lasciami andare! No! Gold! Aiutami!” urlò Fiammetta, vedendo la Pokéball vuota di Blaziken che aveva tra le mani cadere nella sabbia; fissava negli occhi un Gold sorpreso e quasi inebetito.
Un Gold che, prima di rendersi conto cosa stesse succedendo, aveva già visto sparire i suoi nemici, oltre le nuvole.
Attica pt. 5
“La troverò...” sussurrò a se stesso Gold, con i pugni chiusi ed il volto schifato da quello che aveva visto. “Io la troverò. È una promessa che faccio a Fiammetta stessa”.
Intanto non riusciva a levarsi dalla testa l’immagine pietosa della donna che, rapita dai nemici, allungava la mano verso di lui, chiamando lui, cercando il suo aiuto.
Il più vicino era, Gold. Il più vicino.
Non usciva dai suoi pensieri lo sguardo terrorizzato di Fiammetta, con quelle fiamme ardenti che aveva al posto delle iridi ed il sudore sulla fronte. E le labbra rosee ed i capelli spettinati.
Contrì il volto, devastato dalle emozioni che provava; dovette ammettere a se stesso di aver faticato ad abortire la voglia di piangere, in quella determinata circostanza.
Non poteva disperarsi, non poteva piangere. Doveva assolutamente fare qualcosa.
Poi vide Martino arrivare sulla spiaggia. “Che diamine succede?! Non ditemi che avete perso?!” fece.
“Martino, non è il caso” sospirò Silver, stringendo ancora Crystal, in preda al panico.
“Che è successo?!” domandò a Gold, avvicinandosi a lui dopo esser sceso in spiaggia.
“Avevamo catturato Groudon ma loro ci hanno rubato la sfera e lo hanno liberato”.
Martino rimase basito. Si grattò la testa con l’indice e poi sospirò. “Che senso ha? Non miravano a Groudon anche loro? Perché liberarlo?”.
“Hanno rapito Fiammetta!” tuonò poi Gold. “Ed io non ho fatto nulla! Io non ho fatto nulla per evitare che ciò accadesse! Sono rimasto fermo come una statua, vedendo quel coglione portarla via! Lei ha urlato il mio nome...”.
Martino fece una smorfia strana sul volto, facendo no con la testa, come a dire lo sapevo, quindi si girò di spalle e vide una ragazza dagli occhi celesti, con una treccia spettinata, accanto ad un Blaziken che portava il corpo esanime di qualcuno sulle spalle, proprio sopra la scalinata che dava al paese.
“E lei chi è?” domandò poi. “Chi sei?!” le urlò.
Pat cominciò a scendere le scale, lentamente, accompagnata da Blaziken. Si avvicinò ai quattro, col volto in lacrime, poi abbassò il capo. “Io sono Pat, Capopalestra di... di Verdeazzupoli” fece. “Questo è il Blaziken di Fiammetta e questo sulle sue spalle è Rocco Petri. Veniamo dalla collina ad ovest di Verdeazzupoli”.
La voce della ragazza era delicata, come anche il suo volto, nonostante le lacrime avesse segnato piste profonde e nere sulle sue guance, per via del trucco.
“Quello è Rocco?!” esclamò Gold.
“Sì” confermò poi Silver. “Lo abbiamo incontrato a Mentania”.
“E Marina e Sofia dove sono?!” urlò preoccupato suo fratello.
Gold si voltò immediatamente verso di lui. “Che è successo a Marina?!”.
“Ha salvato una ragazzina dalle fiamme e stava andando verso la sua Palestra!” puntò il dito contro la ragazza.
Quella ebbe un sussultò, singhiozzò e strinse i pugni, col volto pronto per essere devastato nuovamente dal pianto. “La Palestra non c’è più, è distrutta. Mio fratello è morto...”.
“Porca puttana! E Marina ora dov’è?!” esclamò nuovamente suo fratello.
“Non ho idea di chi sia”.
“Staraptor! Andiamo!” urlò infine. Si sentì il grido del grande Pokémon provenire dall’alto, poi lo videro scendere giù in picchiata che, senza nemmeno fermarsi, prelevò al volo Martino e andò via.
Gold avanzò di qualche passo e raccolse la Pokéball che Fiammetta aveva perso prima di esser persa di vista.
“Tu sei Pat?” le chiese poi, avvicinandola. La vide annuire.
“Io sono Gold, da Borgofoglianova, Johto. Faremo tutto il possibile per trovare i responsabili...”.
Silver sembrò sorpreso di ascoltare quelle parole da parte di occhidorati.
“Già. Ma ora dobbiamo agire: in città ci sono centinaia di Reclute Magma che stanno chiudendo la popolazione nel Centro Spaziale” rispose la Capopalestra di tipo Psico, asciugandosi le lacrime.
“Ora abbiamo due impedimenti, però: Crystal non ci vede e Rocco Petri è inutilizzabile” fece Silver. “Pat, dovresti accompagnarli a Forestopoli, da Alice” aggiunse.
“Io non abbandono la mia gente. Hanno bisogno di me”.
Gold annuì. “Ha ragione. Silver, vai tu a Forestopoli e porta con te Crystal e Rocco, almeno finché lei non si riprende. Poi tornate qui. Io starò con...” cincischiò, non ricordando il nome della ragazza.
“...Pat” fece lei.
“Pat, e libereremo Marina e la piccola Sofia, oltre alle altre persone”.
“No, Gold, non se ne parla, non posso rischiare che...”
“Senti! È stata una giornata di merda! Fai come ti dico, cazzo, prima che ti rompa la faccia con un pugno”.
Silver lo fissò, silenzioso ma ostile. Il leone era lui, il capo, il maschio alfa. Non doveva farsi mancare di rispetto in questo modo. “Sil, per favore” pianse poi Crystal.
E alle parole della ragazza non poté fare altro che annuire e sospirare. “Ok. Andiamo”.
Caricò Rocco su Altaria, aiutato da Blaziken, ed assieme a Crystal, si adagiò leggero sul suo Honchkrow quindi sparì, oltre l’orizzonte.
“Bene, ora siamo solo noi tre” disse Gold. Pat annuì e vide Gold puntare la sfera di Blaziken verso il diretto interessato, che vi rientrò.
“Ora invece siamo in due” sospirò Pat.
“... a ballare l’hully gully...”.
Martino volava veloce, basso sul suo Pokémon. Non voleva gettare occhi in basso, verso la piazza, perché sapeva che avrebbe visto qualcosa che l’avrebbe distolto dal suo obiettivo principale: doveva trovare Marina.
Virò verso ovest, costeggiando la stradina che saliva verso il promontorio, dato che sua sorella, assieme alla piccola Sofia, avevano percorso proprio quella strada. Arrivarono fin sopra, fino in cima, dove le macerie della Palestra di Verdeazzupoli sostavano quiete e sfatte sulle loro fondamenta. Diversi metri accanto vi era quella che interpretò essere Villa Petri, così sfarzosa e piena di giardini.
E di Reclute Magma.
“Cazzo!” esclamò Martino; Staraptor si fermò, sbattendo le ali per non perdere quota. Videro la folla che accerchiava qualcosa, steso sul prato.
No, era qualcuno. Era una persona. Abbassò gli occhialini sulla fronte ed ingrandì l’immagine, tirando un sospiro di sollievo: era un uomo, quello accerchiato sull’erba.
“Non è Marina. Non è Marina” si ripeté, per convincere se stesso a calmarsi. “Questo vuol dire che se è arrivata qui ha visto la situazione ed è fuggita, è tornata indietro. E siccome in piazza non può stare, e nemmeno al Centro Spaziale... Dove cazzo è finita?! Staraptor, torniamo indietro!”.
Il Pokémon lanciò un grido e si voltò, ripercorrendo la stessa strada all’inverso.
Quando Martino vide un recluta appostata all’interno di un vicolo spalancò gli occhi.
“È stata catturata!”.
Marina era nel Centro Spaziale, l’enorme edificio creato a Verdeazzupoli dove astronauti e cosmologi lavoravano in simbiosi per scoprire i misteri dell’universo.
La piccola Sofia le teneva la mano, guardando il volto contrito del Ranger.
“Dov’è la mia mamma?”.
Marina alzò la testa, avvilendosi per la gran quantità di gente rinchiusa lì, senza né cibo né acqua.
“La troviamo la mamma, la troviamo... Permesso!” chiese, spintonando le persone adiacenti, per farsi un po’ di spazio e raggiungere la grande scalinata che dava sul balconcino. Lì sopra qualcuno sembrava urlare, spazientito.
“Non è possibile questa cosa! Nessuno può tenerci prigionieri in questo modo!”
Un nugolo di recluta si avvicinò, con Pokémon al cospetto, cercando di intimorire la folla.
“Zitti! Tutti! Qui le regole le facciamo noi! Non dovrete creare alcun problema e nessuno si farà male!” fece il portavoce di quelli, un uomo alto e prestante, dai lunghi e mossi capelli neri.
“Non avete alcun diritto di tenerci qui!” urlò quello più attivo, in cima alla scalinata. Quello si avvicinò a lui, facendosi spazio tra la folla e fermandosi prima dei gradini, accanto a Marina.
“Voi non avete alcun diritto invece. Siete prigionieri. Vediamo se ti entra nella zucca ciò che sto dicendo... Se tu e questi altri moscerini starete buoni, tra qualche giorno, forse, vi libereremo. Altrimenti cominceremo ad uccidere venti persone ogni ora, senza distinzioni di età e di sesso”.
Marina deglutì tante piccole puntine di metallo, timorosa. Si sentiva fragile in quel momento, esposta. E si sentiva in questo modo per se stessa e per la piccola Sofia, che si nascondeva dietro le sue gambe.
“Perché state facendo questo?!” urlò ancora, quello che ormai si era fatto rappresentante e portavoce del popolo imprigionato. “La nostra gente sta subendo questa situazione più di chiunque altro! Abbiamo perso le nostre case e...” incrociò lo sguardo con Marina. Quello era un ragazzo dai capelli cortissimi, con un ciuffo un po’ più lunghetto davanti, sulla fronte. Il castano non era altissimo, di corporatura normale e dagli occhi color nocciola, accesi come torce nella notte. La barba era folta sul suo viso e gli coprivano le efelidi, rimasugli di una gioventù non così tanto lontano. “... e... e abbiamo visto i nostri familiari morire. Questa è mancanza di rispetto, oltre che una chiara manifestazione di superiorità armata da parte vostra. Qui non tutti hanno i Pokémon!” riprese grinta dopo un attimo di tentennamento.
La Recluta Magma fece un ulteriore passo avanti, avvicinandosi così tanto a Marina che quasi avrebbe potuto toccarle il braccio muovendo soltanto la mano.
“Forse non è chiaro...” sorrise l’omone. “Adesso vedrai cosa succede”.
Gli occhi di quell’uomo malvagio incontrarono quelli limpidi e cristallini di Marina.
“Non osare!” urlò quello.
Afferrò Marina per il braccio, ed in quel momento penetrò una lama d’ansia e paura nel suo corpo. Si bloccò, quando in realtà avrebbe voluto reagire in maniera veemente, difendendosi. Sentiva la mano ruvida e calda di quello stringerla. Sentiva la mano di quell’uomo annullarla.
E poi accadde che con quella stretta lui la tirò via. Il suo obiettivo non era Marina.
No.
Il suo obiettivo era la piccola Sofia.
La afferrò per i capelli, tirandola a sé, quindi le prese il braccio e la tirò in aria, con una facilità quasi imbarazzante.
“Ecco. Lei sarà la prima” pronunciò il moro, afferrando con entrambe le braccia il piccolo avambraccio di Sofia, che intanto piangeva e si dimenava.
E lo spezzò.
“No! Lurido pezzo di merda!” urlò quello, dalla cima della scalinata, tuffandosi con rabbia verso il nemico, saltando una dozzina di scalini, forse di più.
Facendo partire l’insorgenza.
C’era solo caos, solo persone che urlavano e che cadevano per terra, vive e ferite, talvolta morte. I Magma ordinavano ai propri Pokémon, grossi e feroci, di attaccare direttamente chiunque non appartenesse alle emme rosse, scatenando urla di rabbia e disapprovazione, oltre a quelle di dolore e disperazione.
Marina era stata scaraventata per terra, a qualche metro, ed aveva assistito a tutta la scena con orrore: il braccio di Sofia ciondolava morto mentre lei, inginocchiata e disperata, piena di lacrime, urlava al cielo, chiedendo i motivi di cotanta ingiustizia.
Il Ranger le si avvicinò repentina e la strinse al corpo, baciandole la fronte.
“Va tutto bene, non preoccuparti. Aggiusteremo tutto” fece, abbracciandola al petto nuovamente.
“Sofia!” esclamò una voce, sbucata dal nulla. Sua madre, sfatta e distrutta, totalmente in lacrime, con la frangetta aperta e sporca di sangue. Si abbassò e la strinse a sé.
Marina fece spazio alla madre e sospirò.
“Mamma è qui” faceva. “Mamma è vicino a te; metteremo a posto il braccio e cacceremo i cattivi dalla città. Anzi, andremo via, dove ci sono tante persone buone. Dove tutti ti ameranno, Sophy... Dove tutti ti ameranno...”. La madre piangeva calde lacrime, squassava il suo cuore e cercava di mantenere salda la mente. Non poteva avere un crollo.
Alzò lo sguardo sporco verso Marina ed abbassò il capo. “Noi ti saremo per sempre riconoscenti”.
“Si figuri. Ma ora dobbiamo uscire di qua”.
Gold e Pat entrarono in piazza, pochi minuti prima dell’effettivo passaggio dal pomeriggio alla sera. I lampioni erano tutti crollati per strada; oltre ad un lieve bagliore, Verdeazzupoli era piombata nell’oscurità. Per terra erano in grado di osservare macerie e polvere, sangue e cadaveri, Pokémon ed umani morti.
Tutto era morto, tutto era fermo tranne le foglie, sospinte debolmente dal vento.
“Sono nel Centro Spaziale. Sono tutti lì, ma non dobbiamo passare davanti al promontorio ad ovest, altrimenti Miriam ci attaccherà con le sue mosse di kung-fu” disse Pat, sospirando.
“E chi diamine sarebbe?!”.
“Il capo del Team Magma” sospirò poi.
“Oh, finalmente! Allora vado da lei e le asfalterò il sedere a calci, assieme al Blaziken di Fiammetta... Poverina...” si rammaricò. Notò poi che Pat sorrise.
“Sei buffo. Ed anche molto immaturo”.
“Perché dici questo?” s’incuriosì Gold, camminando verso la parte est dell’isola assieme alla Capopalestra.
“Perché è stata Miriam, con un solo potente calcio, a mettere fuori combattimento Rocco. Tu che speranze avresti?!”.
“Io sono più forte di qualsiasi Campione. I miei Pokémon sono fantastici”.
“Un giorno ti sfiderò...”.
“Non vedo l’ora” sorrise.
Attimo di pausa.
“Finiscila di pensare a me in quel modo” disse poi, sorridendo a sua volta.
Gold svilì. “E tu che ne sai?”
“Capopalestra di tipo Psico. So anche da che parte pende il sacchetto che porti a mo’ di ciondolo, nascosto sotto la tua felpa”.
“E tu che ne sai?!” ripeté, non facendolo apposta.
“Te l’ho già detto. Sei buffo”.
“E tu mi hai già detto questo”. Gold sospirò, guardando il cielo ormai scuro. Era intrigato dalla diciassettenne e da quegli occhi così profondi. Sembravano celare grossi misteri, e conoscenze al di fuori dei normali parametri.
“Attento” disse poi, fermandolo, con una mano sul costato. E a Gold il costato faceva male. “Scusa” fece ancora, tirandolo in un vicoletto.
“Che succede?!” si preoccupò lui, a bassa voce.
“Miriam sta venendo verso di noi”.
“Cosa?!”
“Miriam è a pochi metri da noi”. Lo sguardo di Pat vagò attorno, disorientato, per poi fermarsi come l’ago di una bussola quando puntava il nord. “È proprio lì” puntò il dito lei.
Pochi attimi dopo ne uscì la donna. Gold spalancò gli occhi nel notare l’abbondanza della donna.
“Fai schifo...” sospirò Pat.
“Silenzio, che ci sente...”.
Gold osservava ogni dettaglio che gli si presentava davanti, carezzandolo con lo sguardo. Lunghi capelli rossi incorniciavano il volto definito da morbide linee di quella, il collo lungo manteneva la testa, alzata, a pronunciare le labbra, rosse, truccate. E poi quel vestito, rosso come le labbra, come i capelli, come i suoi occhi, che si appoggiava ruvido sulla delicatezza del suo corpo, abbondante nelle forme, generoso nelle curve.
E poi le gambe, lunghe, che terminavano su un paio di decolleté con cinturino alla caviglia.
Parlava in comunicazione Holovox.
“Andy, ciao. Dimmi che le cose stanno andando bene per favore” diceva. La voce era calda e suadente. La comunicazione, dall’altra parte, vedeva il Magmatenente contro cui si erano scontrati, con quei capelli biondi che fuoriuscivano dal cappuccio.
“La specialista era riuscita a catturare Groudon, ma Zoe le ha rubato la sfera e lo abbiamo liberato”.
“Ottimo lavoro. Dove si sta dirigendo?” adesso.
“Groudon è a venti chilometri sotto la crosta terrestre, e si dirige a sud ovest di Verdeazzupoli”.
“Sta raggiungendo l’Antro Abissale” sorrise Miriam.
“Raggiungerà presto l’Archeoforma. Sconfiggeremo Kyogre ed il Team Idro. Inoltre abbiamo levato di mezzo Fiammetta”.
“Oh, finalmente ce l’hai fatta” bofonchiò la donna, quasi infastidita.
“L’ho dovuta rapire”.
“Vedi di non fare troppo la persona espansiva con lei. Sai bene che sono gelosa. Già mi infastidisce la presenza di Zoe, e sai anche questo” sbuffò lei, voltando l’angolo in direzione della grande strada che percorrevano in precedenza Gold e Pat, che intanto ascoltavano tutto.
“Amore mio, sai bene che Zoe ci serviva per le sue abilità. È solo una farsa. Non appena tutto questo sarà finito farà la stessa fine che faremo fare a Ruby e Sapphire. E a Fiammetta”.
Miriam sentì ridere Andy e rise a sua volta. “Così mi piaci, tesoro”.
“Ho visto che con Rocco non è andato tutto a buon fine... Era sulla spiaggia con Pat e Fiammetta”.
“Già. Dovremo fare presto” annuì Miriam.
“Stiamo monitorando Groudon. Appena riuscirà ad effettuare l’Archeorisveglio concluderemo il nostro piano”.
“Proprio come voleva papà...” sospirò la donna.
“Ed invece, la reclusione nel Centro Spaziale per la popolazione del luogo?”.
“Un fallimento anche quello. Ma ora tutti sanno di cosa è capace il Team Magma”.
“Bene così. Ti aspetto al quartier generale. Ora sta tornando Zoe...”
“Ciao, amore” disse addolcita la donna.
“Ciao, tesoro”.
Pat guardava Gold con la bocca spalancata, mentre la donna si allontanava dal loro campo visivo.
“Lei... lei sta con il biondo... Quello che sta con Zoe...” non si capacitava lui. Pat annuiva.
“Ha detto che la reclusione è stata un fallimento. Probabilmente la popolazione dell’isola è nuovamente libera”.
Gold si voltò e guardò la moretta sorridere, leggermente tranquillizzata.
“Metteremo tutto a posto, comunque... Intendo il fatto di tuo fratello, e di questa situazione. Ho già in mente come fare...” disse il ragazzo, mettendosi in marcia, salendo velocemente la salita verso il promontorio est, dove c’era il Centro Spaziale.
“E come?!”.
Gold sorrise e la guardò nuovamente. “Tu non eri quella che sa tutto?”.
“Oh, ma dai!”.
“Vedrai...”.
Le persone cominciavano a defluire verso la discesa, molte delle quali sporche di sangue e bisognose di cure.
E Pat, che in cuor suo sapeva già tutto, vedeva preoccupazione negli occhi di Gold. Vedeva tutto, sapeva che era il nome Marina a rimbalzargli impazzito nella testa.
Arrivarono in cima alla salita e lì la quantità di gente era enorme. Sembravano tante piccole formiche impazzite, senza una meta specifica.
L’importante era fuggire dalla minaccia, qualsiasi essa fosse stata.
Gold si voltò verso la sua compagna provvisoria d’avventura e le prese le mani.
“Con le tue capacità, ed il tuo... woosh... riesci a dirmi di preciso dov’è Marina?!”.
Pat annuì e chiuse gli occhi, riaprendoli d’improvviso.
“La roccia bianca. Marina è seduta sulla roccia bianca”.
“E dov’è?! Dov’è questa roccia bianca?!” s’allarmò Gold.
Pat puntò l’unghia mangiucchiata dell’indice proprio davanti a lei. “In quella direzione”.
“Ottimo!” sorrise, baciandogli la guancia. Gold mosse due o tre passi veloci in direzione del marasma di persone: sembravano tante piccole onde che s’infrangevano su altre onde più grandi, e così via. Tuttavia si voltò e guardò la ragazza, magra e pallida, con la treccia spelacchiata corvina.
“Hey... Grazie, Pat. Sei davvero forte”.
Quella arrossì, abbassando leggermente lo sguardo. “Grazie a te per quello che fai qui ad Hoenn”.
“Mi piaci tanto. Come persona, intendo. Sei buona” fece, fissandola negli occhi cristallini. “Perché non vieni con noi? Il tuo aiuto sarebbe fondamentale”.
“L’ho già detto, la mia gente ha bisogno di me”.
Gold sorrise nuovamente e poi annuì. “Ciao amica”.
Lei sorrise, poi si voltò e sparì.
L’insorgenza che si era creata all’interno del Centro Spaziale non aveva lasciato scampo a nessuna delle sessantasette Reclute armate con Pokémon aggressivi e maltrattati, calpestati dalla folla al suo interno. Molte persone erano morte, molte altre erano rimaste ferite.
Tuttavia la coscienza comune era rimasta alta, sempre. Il popolo di Verdeazzupoli aveva avuto tanta dignità, in quel nefasto ventuno dicembre: aveva combattuto contro una chimera, contro persone non pacifiche, contro chi voleva creare il male dal bene.
Il popolo di Verdeazzupoli, in gabbia come un topo su cui si fanno gli esperimenti, quelli con gli occhi rossi ed il pelo bianco, messo alle strette. Una bambina ed il suo braccio, vittima infima rispetto alle quasi trecento vite umane sprecate, perse e calpestate, ammazzate, bruciate e mutilate, percosse. Anime stuprate dalla rabbia e dalla cattiveria.
Dalla diversità.
Il ragazzo sulla scalinata, tale David Lancer, morì sotto gli attacchi di due Arcanine e poi fu calpestato dalla sua gente; tuttavia donò a gli altri la coscienza di alzare la testa, di dividere il cattivo dal buono. Fece capire agli altri che, se proprio volevano essere un gregge di pecore, senza pensiero né cervello, avrebbero dovuto viaggiare nella direzione giusta.
Il suo cadavere giacque lì per terra e fu l’ultimo ad essere raccolto.
Il suolo di Verdeazzupoli avrebbe dovuto assorbire tutto da quel giovane, in modo da ricordare per sempre quell’avvenimento, dove i pochi si ribellano e vincono contro i molti, e poi il contrario.
Una rivolta che per la storia di Hoenn sarebbe passata alla storia.
La rivolta di Verdeazzupoli.
Proprio come la rivolta di Attica.
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