Buongiorno a tutti! Anche questo sabato è fuori un pairing sconosciuto. Esso però mi ha praticamente flashato, mi ha dato uno spunto per una One shot che è poi stata inserita nella raccolta di Shipping.
Aki Shipping è questa, un pairing tra il L.T. Surge e l'infermiera Joy.
In più qui potete scaricare il primo capitolo di HC, disegnato da Black Lady.
Qui sul blog potrete vedere le prime tre tavole, oppure potete andare su Facebook, sulla sua pagina meravigliosa che si chiama Svignettiamo e leggere tutto il capitolo, se proprio non volete effettuare il download. Buona lettura e buon fine settimana.
Stringeva la cartella clinica del paziente sul petto, mentre boccoli rosa dondolavano placidi all’incedere dei passi. Il viso morbido si volse in direzione della finestra, dove cristalli vitrei di neve scendevano lemmi.
Il ronzio dei neon s’era ormai insediato nella sua testa da tempo: erano ventotto ore che lavorava senza fermarsi era assuefatta da quel rumore fastidioso.
La stanza 13 si avvicinò velocemente e lei varcò la soglia.
Joy ricordava che le prime volte che entrava nelle stanze dei pazienti cresceva nel suo stomaco una strana ansia; la divorava dall’interno, le faceva tremare le ginocchia.
Ormai era abituata.
La stanza del paziente era illuminata dai soliti neon bianchi e la trasmissione di una radio che trasmetteva bollettini di guerra era disturbata.
Il lettino era al centro della stanza, contemplato come una statua enorme al centro di una piazza. L’arredo era scarno, un comodino con su una bottiglia d’acqua minerale ed un bicchiere mezzo pieno, una sedia al muro ed un armadietto con dentro i vestiti del paziente.
Cioè la sua tuta militare.
“Buongiorno...” Joy alzò la cartella del paziente verso il volto e lesse il nome. “...Surge”.
“Luogotenente Surge, prego...” fece il paziente, steso nel letto lungo e rigido. La testa era fasciata, la gamba ed il braccio destro anche. Gli occhi azzurri dell’uomo baluginarono velocemente alla vista della donna, per poi tornare a nascondersi dietro le palpebre, chiuse ed impenetrabili come finestre sporche. Fissavano la figura gracile dell’Infermiera Joy, stretta nel suo camice, con quel cappellino poggiato sui capelli.
“Luogotenente, certo” sorrise Joy. “Come sta, oggi, Luogotenente?"
Surge cercò di sistemarsi meglio sul letto, con estrema difficoltà. Joy sorrise e poggiò la cartellina sul letto. "Aspetti che l'aiuto".
L'infermiera cercò di spingere il corpo grosso e massiccio del militare, senza riuscirci. Tuttavia suscitò il riso nel degente.
"Crede davvero che con due braccine gracili come le sue possa pensare di muovermi?".
Lei sorrise. "In effetti mi sono sopravvalutata".
"Volevo guardarla meglio in viso, ma... Beh, sarà costretta a farsi vedere lei...”.
Joy sorrise ancora, facendo un passo in avanti. Surge sorrise di nuovo.
“Allora? Come sta oggi?” fece, spegnendo la radio.
“Sono stato assai meglio. Ho un forte dolore alla testa ed il braccio mi fa malissimo”.
“È normale... Lei è stato miracolato, lo sa?”.
“Con chi crede di parlare?! Non è mica la prima volta che finisco in infermeria!”.
“Beh, questo è un ospedale, non un’infermeria...”.
“Le infermiere sono tutte le stesse. E poi sembra che vi assomigliate tutte...”.
Joy sorrise. “Forse è vero. Mi tolga una curiosità... Com’è che si è trovato in questa guerra?”.
“Oh beh, dell’avvenimento completo ho ancora qualche stralcio di vuoto, ma riesco a dirle più o meno ciò che è successo”.
“Avanti...”.
“Si accomodi”.
“Non si preoccupi, Luogotenente”.
“Può chiamarmi Surge” sorrise lui. “Ma insisto. Si sieda”.
“Beh... Ma poi non mi vedrebbe in viso”.
Surge storse le labbra, puntò sul letto la grossa mano che affondò nel materasso e quindi si sollevò. Spinse indietro con la gamba e si mise a sedere.
“Eccoci qui. Che bella gonna che ha oggi”.
“Non è neanche sporca, oggi!” sorrise.
“L’ho notato”.
“Cominci, forza, che ho da fare le altre visite”.
“Beh, infermiera... Che le devo dire? Ero appena arrivato a Kanto... sa, io non sono originario di qui, sono americano. L’ormai ventennale guerra tra est ed ovest imperversava, ed allora un prefetto della città di Plumbeopoli inviò una richiesta d’aiuto a Washington. I generali analizzarono la situazione ed i rischi e decisero d’inviare delle truppe sul suolo alleato, per cercare di stabilizzare questa annosa guerra. Ero poco più che ventenne, molto più esaltato di adesso e con la voglia di spaccare il mondo. Non pensavo che la guerra fosse così dura, e in effetti mi ravvidi nel momento in cui i giovani soldati come me persero la vita... Per non parlare di quando il Colonnello Fire mi salvò la vita... Capii subito che fosse una vita dura, e sono stato colpito tantissime volte. Hanno rimosso tante di quelle pallottole dal mio corpo che adesso avrei a disposizione tantissime munizioni...”. Sorrise, poi digrignò i denti per via del forte dolore.
“Che hai?”.
La voce dell’infermiera era piccola e dolce. Il suo viso preoccupato, con le piccole labbra schiuse e le sopracciglia incurvate verso il basso.
“Il braccio mi fa malissimo...”
Fece il giro del letto per trovarsi davanti l’arto interessato. Con delle forbici tagliò le bende, quindi le rimosse, trovando il braccio nudo e gonfio.
Un grosso taglio, non molto profondo, sembrava bruciare sulla pelle del Luogotenente come se fosse un marchio a fuoco. Le rime della ferita erano di un rosso vivo.
“Uhm, si è ripresentata l’infezione, probabilmente non è stato ben disinfettato. Ci vuole poco...”.
“Dovrete operarmi di nuovo?”
“Non è mica stato operato al braccio... Non abbia paura, non è niente” sorrise. Prese ovatta e l’imbibì con l’alcool. L’odore forte e pungente s’insinuò nelle loro narici con prepotenza.
Joy sospirò e si morse il labbro.
“Brucerà un tantino”.
Tamponò delicatamente la ferita con l’ovatta e volontariamente si girò a scrutare il viso di Surge.
Impassibile.
“In effetti brucia” fece lui.
“Non dura molto, tranquillo”.
“Lo so.".
"E come ti sei ritrovato così ancora non l’ho capito...”.
“Eravamo in trincea, io ed i Soldati Semplici Deporres e Flanaghan, e tutto ad un tratto vola una granata all’interno del fossato. Tutti eravamo basiti, insomma, le granate non si utilizzano più dalla seconda guerra mondiale, ma stavolta non fu così. Tutti e tre ci siamo guardati e siamo saltati in aria”.
“Capisco” disse l’Infermiera, cominciando a fasciare con bende candide il braccio. Passava con attenzione la benda, che si srotolava lentamente attorno quel braccio.
Un minuto ci volle, e tanta minuzia. Tutto fu perfetto però.
“Ecco qua. Adesso vado”.
L’infermiera fece per andarsene, ma si voltò subito, non appena sentì la sua mano trattenuta.
“Hey...” fece lui, che con la grossa mano fasciata manteneva le sue piccole dita. Gli occhi dei due crearono quella strana connessione alchemica che unisce spiriti e trova anime affini.
Lei sorrise imbarazzata.
“Luogotenente...”.
“Chiamami Surge...”.
Aki Shipping è questa, un pairing tra il L.T. Surge e l'infermiera Joy.
In più qui potete scaricare il primo capitolo di HC, disegnato da Black Lady.
Qui sul blog potrete vedere le prime tre tavole, oppure potete andare su Facebook, sulla sua pagina meravigliosa che si chiama Svignettiamo e leggere tutto il capitolo, se proprio non volete effettuare il download. Buona lettura e buon fine settimana.
AkiShipping
I
passi dell’Infermiera risuonavano come il ticchettio di un orologio in
quel corridoio vuoto e freddo d’ospedale. Il pavimento in vinile
scricchiolava sotto i suoi passi mentre la porta 13 si avvicinava
rapidamente.Stringeva la cartella clinica del paziente sul petto, mentre boccoli rosa dondolavano placidi all’incedere dei passi. Il viso morbido si volse in direzione della finestra, dove cristalli vitrei di neve scendevano lemmi.
Il ronzio dei neon s’era ormai insediato nella sua testa da tempo: erano ventotto ore che lavorava senza fermarsi era assuefatta da quel rumore fastidioso.
La stanza 13 si avvicinò velocemente e lei varcò la soglia.
Joy ricordava che le prime volte che entrava nelle stanze dei pazienti cresceva nel suo stomaco una strana ansia; la divorava dall’interno, le faceva tremare le ginocchia.
Ormai era abituata.
La stanza del paziente era illuminata dai soliti neon bianchi e la trasmissione di una radio che trasmetteva bollettini di guerra era disturbata.
Il lettino era al centro della stanza, contemplato come una statua enorme al centro di una piazza. L’arredo era scarno, un comodino con su una bottiglia d’acqua minerale ed un bicchiere mezzo pieno, una sedia al muro ed un armadietto con dentro i vestiti del paziente.
Cioè la sua tuta militare.
“Buongiorno...” Joy alzò la cartella del paziente verso il volto e lesse il nome. “...Surge”.
“Luogotenente Surge, prego...” fece il paziente, steso nel letto lungo e rigido. La testa era fasciata, la gamba ed il braccio destro anche. Gli occhi azzurri dell’uomo baluginarono velocemente alla vista della donna, per poi tornare a nascondersi dietro le palpebre, chiuse ed impenetrabili come finestre sporche. Fissavano la figura gracile dell’Infermiera Joy, stretta nel suo camice, con quel cappellino poggiato sui capelli.
“Luogotenente, certo” sorrise Joy. “Come sta, oggi, Luogotenente?"
Surge cercò di sistemarsi meglio sul letto, con estrema difficoltà. Joy sorrise e poggiò la cartellina sul letto. "Aspetti che l'aiuto".
L'infermiera cercò di spingere il corpo grosso e massiccio del militare, senza riuscirci. Tuttavia suscitò il riso nel degente.
"Crede davvero che con due braccine gracili come le sue possa pensare di muovermi?".
Lei sorrise. "In effetti mi sono sopravvalutata".
"Volevo guardarla meglio in viso, ma... Beh, sarà costretta a farsi vedere lei...”.
Joy sorrise ancora, facendo un passo in avanti. Surge sorrise di nuovo.
“Allora? Come sta oggi?” fece, spegnendo la radio.
“Sono stato assai meglio. Ho un forte dolore alla testa ed il braccio mi fa malissimo”.
“È normale... Lei è stato miracolato, lo sa?”.
“Con chi crede di parlare?! Non è mica la prima volta che finisco in infermeria!”.
“Beh, questo è un ospedale, non un’infermeria...”.
“Le infermiere sono tutte le stesse. E poi sembra che vi assomigliate tutte...”.
Joy sorrise. “Forse è vero. Mi tolga una curiosità... Com’è che si è trovato in questa guerra?”.
“Oh beh, dell’avvenimento completo ho ancora qualche stralcio di vuoto, ma riesco a dirle più o meno ciò che è successo”.
“Avanti...”.
“Si accomodi”.
“Non si preoccupi, Luogotenente”.
“Può chiamarmi Surge” sorrise lui. “Ma insisto. Si sieda”.
“Beh... Ma poi non mi vedrebbe in viso”.
Surge storse le labbra, puntò sul letto la grossa mano che affondò nel materasso e quindi si sollevò. Spinse indietro con la gamba e si mise a sedere.
“Eccoci qui. Che bella gonna che ha oggi”.
“Non è neanche sporca, oggi!” sorrise.
“L’ho notato”.
“Cominci, forza, che ho da fare le altre visite”.
“Beh, infermiera... Che le devo dire? Ero appena arrivato a Kanto... sa, io non sono originario di qui, sono americano. L’ormai ventennale guerra tra est ed ovest imperversava, ed allora un prefetto della città di Plumbeopoli inviò una richiesta d’aiuto a Washington. I generali analizzarono la situazione ed i rischi e decisero d’inviare delle truppe sul suolo alleato, per cercare di stabilizzare questa annosa guerra. Ero poco più che ventenne, molto più esaltato di adesso e con la voglia di spaccare il mondo. Non pensavo che la guerra fosse così dura, e in effetti mi ravvidi nel momento in cui i giovani soldati come me persero la vita... Per non parlare di quando il Colonnello Fire mi salvò la vita... Capii subito che fosse una vita dura, e sono stato colpito tantissime volte. Hanno rimosso tante di quelle pallottole dal mio corpo che adesso avrei a disposizione tantissime munizioni...”. Sorrise, poi digrignò i denti per via del forte dolore.
“Che hai?”.
La voce dell’infermiera era piccola e dolce. Il suo viso preoccupato, con le piccole labbra schiuse e le sopracciglia incurvate verso il basso.
“Il braccio mi fa malissimo...”
Fece il giro del letto per trovarsi davanti l’arto interessato. Con delle forbici tagliò le bende, quindi le rimosse, trovando il braccio nudo e gonfio.
Un grosso taglio, non molto profondo, sembrava bruciare sulla pelle del Luogotenente come se fosse un marchio a fuoco. Le rime della ferita erano di un rosso vivo.
“Uhm, si è ripresentata l’infezione, probabilmente non è stato ben disinfettato. Ci vuole poco...”.
“Dovrete operarmi di nuovo?”
“Non è mica stato operato al braccio... Non abbia paura, non è niente” sorrise. Prese ovatta e l’imbibì con l’alcool. L’odore forte e pungente s’insinuò nelle loro narici con prepotenza.
Joy sospirò e si morse il labbro.
“Brucerà un tantino”.
Tamponò delicatamente la ferita con l’ovatta e volontariamente si girò a scrutare il viso di Surge.
Impassibile.
“In effetti brucia” fece lui.
“Non dura molto, tranquillo”.
“Lo so.".
"E come ti sei ritrovato così ancora non l’ho capito...”.
“Eravamo in trincea, io ed i Soldati Semplici Deporres e Flanaghan, e tutto ad un tratto vola una granata all’interno del fossato. Tutti eravamo basiti, insomma, le granate non si utilizzano più dalla seconda guerra mondiale, ma stavolta non fu così. Tutti e tre ci siamo guardati e siamo saltati in aria”.
“Capisco” disse l’Infermiera, cominciando a fasciare con bende candide il braccio. Passava con attenzione la benda, che si srotolava lentamente attorno quel braccio.
Un minuto ci volle, e tanta minuzia. Tutto fu perfetto però.
“Ecco qua. Adesso vado”.
L’infermiera fece per andarsene, ma si voltò subito, non appena sentì la sua mano trattenuta.
“Hey...” fece lui, che con la grossa mano fasciata manteneva le sue piccole dita. Gli occhi dei due crearono quella strana connessione alchemica che unisce spiriti e trova anime affini.
Lei sorrise imbarazzata.
“Luogotenente...”.
“Chiamami Surge...”.
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