Ob-la-dì Ob-la-dà
“Ora dovrebbe funzionare alla perfezione” sospirò Martino, levandosi i grossi occhialoni per le saldature. Porse a sua sorella lo Styler, che saltellò festante.
“Oh, grazie fratello! Che dura che è stata senza lo Styler!”.
Era poco più tardi delle otto del mattino ed il sole faceva a cazzotti con un cielo che tendeva ad ingrigirsi.
Gold era alla finestra della stanza, con la testa appoggiata al vetro e gli occhi chiusi, diviso tra il sonno ed il rimorso per Fiammetta. Sentiva con crescente fastidio le parole di Crystal e Silver, seduti sul letto della ragazza.
“Sei stato tutta la notte qui a guardarmi?” chiese lei, con una nota dolce nella voce.
“Sì” aveva risposto l’altro.
Gold fece una smorfia ed immaginò i volti dei due, durante quelle effusioni romantiche che gli facevano venire il voltastomaco.
Si voltò, vedendo i due fratelli e la coppietta, ognuno per conto proprio. Tossì, Gold, e tutti si voltarono a guardarlo.
“Non credete sia ora di andare?”. La voce del ragazzo col sacchetto al collo fece voltare tutti e quattro i ragazzi. Crystal sorrise, passando da stesa a seduta, mettendo i piedi a terra.
“Che bello poter rivedere di nuovo il tuo volto, Gold”.
“Sei piuttosto affettuosa...” sospirò il ragazzo.
“Beh...” Crystal si alzò e sospirò, prendendo ad infilarsi i pantaloni. “Ti voglio bene... Sono contenta di vederti per questo”.
“Non ti ho mai vista così incazzata” rispose immediatamente Gold, incrociando le braccia e le gambe, appoggiato alla finestra.
“Neanche io così freddo. È successo qualcosa che non so?”.
Gold guardò Silver per pochi istanti, scontrandosi contro quella barriera argentea ed impenetrabile, quindi sospirò e si mosse, uscendo dalla stanza.
“Che ho detto?!” esclamò Crystal, guardando il fulvo che, per tutta risposta, le fece spallucce.
“Vado a vedere che ha” si mosse Marina, seguendo il moro.
Rocco camminava per il lungo corridoio della Palestra di Forestopoli, silenzioso e concentrato. Negli occhi viveva ancora il cocente attimo in cui Miriam lo aveva messo con le spalle al muro; i suoi passi si susseguivano monotoni ma sicuri, certi che uno avrebbe seguito l’altro, e rimbombavano in quel passeggio desolato e silente.
Gli occhi di Miriam, rossi come fiamme vive e furenti, avevano bruciato la pelle diafana del ragazzo. Attratto da quello sguardo, da quelle labbra.
Da quel corpo, così caldo, accoglieva i suoi abbracci con un amore fuori dal comune, che non aveva trovato mai da nessuna parte.
Spalle al muro e lama puntata al collo, deglutire era diventato difficile.
Scrollò dalla mente quel pensiero e sospirò, poi bussò alla porta dell’ufficio della Capopalestra Alice.
“Avanti” sentì.
Aprì con garbo la porta, i cui cardini cigolarono leggermente. La luce dei neon inondò il viso di Rocco; il Campione entrò e vide che accanto ad Alice c’era un’altra persona.
“Rocco, sei sveglio finalmente”.
Riconosceva quella voce, e non era certamente quella di Alice. No, quella era la voce di un uomo; quella era la voce di Adriano.
Alice era seduta col volto contrito dietro la sua scrivania mentre il Capopalestra di Ceneride e Campione temporaneo di Hoenn, almeno prima di restituire il mantello simbolico al proprietario, si era accomodato sulle sedie davanti al tavolo.
Adriano era serio, batté la mano sulla pelle della sedia che aveva accanto, intimandogli di sedersi.
Rocco lo fece, quindi accavallò le gambe.
“Che ci fai qui?” domandò proprio il Campione, guardando l’uomo.
“Beh, anche se non avrei dovuto distogliere Alice dalle sue mansioni, qui nella sua città, mi sono ritrovato ad aver bisogno del suo aiuto. E del tuo, naturalmente”.
“Perché?”.
Adriano guardò nuovamente Alice, quindi i suoi occhi color acquamarina s’infransero nello sguardo di freddo metallo del Campione.
“Kyogre”.
“So che è sveglio. Rudi è morto per via di Kyogre”.
“Kyogre è tornato nella grotta dei tempi”.
Rocco rimase basito; spostò gli occhi verso Alice, che confermò annuendo. Prese poi la parola:
“Dice il vero, Rocco. Anche se non avremo motivo di dubitare di Adriano. Sta di fatto che adesso dovremmo andare tutti a Ceneride”.
“Il Team Idro vorrà sicuramente impossessarsi di Kyogre” continuò Rocco.
Adriano fece segno di no con la testa, sistemandosi sulla sedia e vedendo il rampollo della famiglia Petri ; il rumore dei piedi della sedia sul pavimento fece rabbrividire Alice. “Non è così. Loro già controllano Kyogre. Ed anche Groudon, ipoteticamente. Loro hanno le sfere”.
“Quindi non vedo cosa c’entri Ceneride” riattaccò Alice, come a riprendere un discorso che i due avevano già affrontato.
“Ceneride è il luogo, mia cara. Ceneride è il luogo dove tutto è cominciato e dove tutto finisce, ogni volta. Kyogre è già lì, e sta aspettando che Groudon lo raggiunga, per l’ennesimo atto di questa lotta millenaria. Ceneride sarà per l’ennesima volta il palcoscenico di questo cruento spettacolo, e la mia gente sarà nuovamente in pericolo, dopo pochi anni. Dobbiamo riuscire a limitare i danni. Dobbiamo raggruppare i Capipalestra rimasti, ed anche i Superquattro, oltre a te, Rocco, che sei il Campione. Inoltre gli specialisti sono molto abili, e ci daranno una mano a fronteggiare il Team Idro ed il Team Magma. Loro vivono una guerra tra di loro e non si rendono conto di tutto il male che fanno. E rinascono, ogni santa volta rinascono, come una fenice dalle proprie ceneri”.
Rocco si alzò di scatto. “È ora di farla finita”.
“Hey, ma che ti è preso?!”.
Marina si avvicinò lentamente a Gold, che intanto si stava chiudendo la zip.
“Dobbiamo andare, forza” fece lui, guardandola soltanto un attimo.
“Non mi hai risposto. Ti ha dato fastidio vedere Silver e Crystal così vicini?”.
“No, non è questo... È... è il comportamento di Silver che non mi va giù per niente. È da quando l’ho incontrato ieri che mi vede come una minaccia e questa cosa non... Non mi va a genio! Per niente!”.
Marina vide il volto del ragazzo appuntirsi sempre di più. Tuttavia i suoi occhi erano sempre accesi, impossibili da spegnere.
“Prova a capirlo... C’è un tale tumulto che praticamente è quasi impossibile riuscire a ragionare a mente fredda”.
“Ma perché fa così?! Mi vede come una minaccia e non mi piace questa cosa!” urlò Gold, tirando un forte pugno nel muro, che riverberò con l’eco fino in fondo alla stanza.
“Forse sa qualcosa che non sai”.
“Che dovrebbe sapere, scusa?! Quando eravamo a casa era mio amico ed ora vuole uccidermi?! Per cosa poi?!”.
“Stai calmo...” fece Marina, prendendogli la testa con le mani fredde. I loro occhi erano così vicini in quel momento che i loro sguardi non potevano cogliere altro. Gold schiuse le labbra e vide Marina poggiare la fronte contro la sua.
“Non puoi permetterti di innervosirti. Abbiamo una missione, un compito molto importante, e dobbiamo fare il massimo. Sgombera la mente e torna di là, quando tornerai a Johto avrai tutto il tempo di questo mondo per portare avanti le tue faide e fare il broncio”.
Gold, ancora con la fronte su quella della ragazza, sospirò. “Hai ragione” fece, dandole un bacio proprio dove prima la sua testa premeva, e poi le diede un abbraccio, che lasciò sconvolta la ragazza.
“Hey, chi sei tu e dov’è finito quello zuccone irritante?!”.
Gold sorrise di nuovo.
“È qui. E non ti abituare, piccola pustolina anoressica”.
Nonostante l’insulto, Marina sorrise. “Eccoti qui. Ora andiamo”.
Quando Gold e Marina aprirono la porta della stanza dove i ragazzi dormivano, vi trovarono Alice, assieme a Rocco e ad Adriano.
La porta, come di consueto, cigolò, facendo voltare tutti i presenti. Alice annuì vedendoli arrivare: “Ora siamo tutti qui, perfetto. Allora, come stavo anticipando ai ragazzi che erano già qui, c’è la necessità di trovare al più presto la Sfera Rossa e, soprattutto, la Sfera Blu”.
“Come mai c’è maggiore necessità di trovare Kyogre adesso?” chiese Crystal, naturalmente accanto a Silver.
“Adesso Kyogre è nella Grotta dei Tempi, a Ceneride” entrò in tackle Adriano. “Ed un semplice battito del suo cuore potrebbe distruggere l’intera isola; il suo potere è devastante”.
Gold annuì.
“Il Team Idro dov’è adesso?” domandò Martino.
“Questo ve lo posso dire io” fece Rocco, muovendosi dalla parete dove sostava silenzioso. “Kyogre è in grado di provocare forti tempeste ed è questo il punto. Ora che è nascosto nella Grotta dei Tempi è in una sorta di sonno spirituale, che lo caricherà prima dello scontro monumentale con Groudon. Il fatto che sia in questo stato di trance, però, limita il suo potere e quindi pulisce il cielo da un’eventuale traccia di tempesta. Questo fa perdere la trebisonda al Team Idro, che non riesce più a localizzarlo”.
“E quindi? Non risponde alla domanda” rispose prontamente Martino, grattandosi il mento.
“Quindi necessitano di mezzi più potenti per vedere dove le nuvole si stanno accumulando, pronte per esplodere in una grande tempesta non appena comincerà lo scontro. E per questo saranno sicuramente interessati al Centro Meteorologico appena fuori città: lì ci sono tutte le attrezzature per visionare al meglio la situazione meteo. Saranno sicuramente lì. Ed ora conviene varare un piano d’azione”.
“Già” s’inserì Alice. “Adesso con Rocco ed Adriano andremo a Ceneride, ed i Ranger verranno con noi”.
“Credo sia utile che venga anche Crystal. Nel remoto caso in cui vi sia l’opportunità di catturare Kyogre” fece quello dagli occhi verde acqua.
Tutti convennero che fosse la cosa giusta. Tutti, tranne Silver.
“Ma lei è un’ottima Allenatrice! Potrebbe darci una mano nelle lotte contro il Team Idro!”.
Gold si voltò e sorrise. “Dì piuttosto che vuoi stare con lei...”.
“Ragazzi, non litigate come se foste all’asilo. Ed ora andate”.
Gold e Silver avevano attraversato la parte terminale della folta foresta che divideva Forestopoli al Centro Meteo: esso sorgeva in una depressione del terreno, nascosta dalle alte fronde di banano e da altre piante altissime. Nonostante camminassero da una ventina di minuti assieme, nessuno dei due aveva proferito parola.
Solo Gold, che di tanto in tanto si lasciava andare ad un accalorato “Ob-la-dì – Ob-la-dà”, rompeva quel sottofondo fatto di pioggia e di rumori sinistri che provenivano dalle viscere della foresta.
Silver camminava avanti, guardingo e silenzioso: talmente stava attento pareva che i suoi passi non poggiassero nemmeno sul fogliame secco e sui rametti spezzati; un vero e proprio Ninja.
E poi veniva Gold, che fastidioso come sempre, tossiva, cantava, fischiava e si lamentava dell’umidità.
A pochi metri dal Centro Meteo, Silver non resistette più e si girò verso di lui.
“Senti, vedi di finirla. Non ti sopporto più”.
Gold lo snobbò e continuò a camminare, superandolo e continuando a cantare il successo dei Beatles.
“Dannazione... Ma a te non piaceva il rap?!”.
Gold sorrise, quindi lo guardò audace. “A me piace il rap”.
“Già, lo ricordo bene. A te piace la più infima tra la musica, con quelle canzoni piene di rumori e parole non classificate...”.
“Wow, hai messo sette parole di fila. Il logopedista sta facendo miracoli”.
E quando Silver si rendeva conto di essere preso per il culo non riusciva a parlare più. Si richiuse a riccio e spostò i capelli dal volto una volta per tutta, decidendo di legarli nella solita coda alta.
Passò avanti al moro e lo sentì ridere. “Almeno potevi chiedere a Crystal di farti una bella treccina. Almeno così assomiglieresti a Lara Croft...”.
“Smetti di rompere le palle, Gold. Prima che ti metta le mani addosso”.
Gold sorrise ancora, poi riprese a cantare fastidiosamente, ma fu bruscamente interrotto da Silver.
“Zitto, siamo arrivati e lì ci sono delle reclute del Team Idro, credo. Sono le loro divise quelle?” chiese il fulvo al moro, non avendoli mai incrociati prima sul proprio cammino.
“Già...” tuonò Gold, diventando serio tutto all’improvviso. Entrambi si abbassarono dietro un cespuglio, vedendo camminare grandi quantità di reclute azzurre.
“Dobbiamo entrare lì dentro...” sospirò Gold.
“Non dobbiamo farci scoprire, altrimenti siamo morti. Allora, l’obiettivo è la Sfera Blu e...”
“Lo so io qual è l’obiettivo. Entriamo, spacchiamo culi ed usciamo. Fine”.
Silver portò una mano alla fronte e sbuffò. “Dannazione, Gold. Una volta tanto fai come ti dico...”.
“Oh, ma io faccio come mi dici. Per esempio ieri sera, quando volevi fare a cazzotti per via di Crys”.
Il rosso sentì lo sguardo inquisitore dell’altro mentre lo scrutava. “Ne parliamo dopo...”.
“Già, è meglio. Per ora è meglio entrare da quella finestra aperta” indicò quello dagli occhi d’oro, puntando il dito ad una finestra al secondo piano.
“E come vorresti salire lì sopra?!”
“Beh...”. Entrambi alzarono gli occhi, vedendo un grosso albero che si snodava con i suoi rami in lungo ed in largo.
Una mazza ferrata roteava nella mano sadica di Xander, e si abbatté subito contro un primo armadio raccoglitore, spaccando in due la porta.
“Ditemi dove sta!” urlò, mentre dalle sue spalle fluiva veloce un gran numero di reclute, il cui compito era immobilizzare gli studiosi che c’erano lì.
“Rinchiudiamoli tutti in una stanza!” urlò poi il folle, spaccando un tavolo che portava una gran quantità di appunti.
“Forza!” urlò, per poi voltarsi verso Christine. Lei lo guardava con il solito sguardo superficiale che la caratterizzava.
“Non esagerare” gli aveva detto fuori dal Centro, prima di cominciare con la missione, e lui si era mantenuto. Delle volte, Christine pensava che il cervello di Xander fosse una noce, piccolo e coperto da un guscio che ne impediva i collegamenti con il mondo esterno, che limitava la suggestione. Era quasi sempre silenzioso, chiuso nella sua armatura di silenzio che all’inizio poteva sembrare un ragazzone timido, silenzioso, addirittura pensieroso.
Poi lo ritrovava in missione con una mazza in mano, ad urlare parolacce e ad ammazzare persone senza nemmeno pensare a quello che faceva; non era il fatto che ammazzasse persone ad infastidirla, sapeva che per lavorare in quell’organizzazione gli scrupoli dovevano essere lontani ricordi d’infanzia, difatti Igor ci teneva che la mente fosse sgombera da ripensamenti e rimorsi durante un potenziale scontro.
Tutte le reclute, i generali, i tenenti, il capo stesso, nel Team Idro, erano degli assassini senza scrupoli. E nel caso di Xander senza ragione: la sua mazza fu proiettata a distruggere le mattonelle per terra, che si frantumarono come fossero vetro.
“Il piano come procede?” domandò Christine, con i suoi corti capelli biondi e gli occhi spalancati.
Quello si fermò, prendendo respiro; la ragazza vide il suo vasto torace espandersi dopo la compressione che aveva caratterizzato il colpo al pavimento. “Procede. Adesso li terrorizziamo per bene, per far capire che noi non devono fare scherzi, intanto tu portati un paio di reclute appresso e perlustra ogni stanza dell’edificio. Dove li stanno portando?”.
“In una stanza, al secondo piano”.
“Bene. Appena capiranno qual è il gioco a cui giochiamo ne sceglieremo un paio e li minacceremo per sapere dove si nasconde Kyogre”.
“Ok, basta che facciamo in fretta. Ho saputo che il Team Magma ha nuovamente sventato la cattura di Groudon. Ora non sappiamo dove sia diretto però...”.
“Sì, va beh. Ora...”. Xander fracassò una vetrina piena di rocce strane, dai colori particolari. “Vai a fare il tuo dovere! Avete sentito, luridi sacchi di merda?! È inutile che vi nascondete, altrimenti questo sarà il rumore dei vostri crani!”.
E poi un’esplosione fece voltare Xander e Christine repentinamente.
Andy e Zoe erano lì, fermi ed immobili, le Pokéball in mano ed i cappucci in testa, con quella loro posa plastica ed il fumo che si espandeva veloce e vorace dalle loro spalle.
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