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Giornalino Arcobaleno - Edizione #02

Ed eccoci al secondo e ultimo articolo di questa prima edizione. Credete di esservi già liberati del Giornalino per questo mese? Eheh... torneremo presto, molto presto, per la gioia di molti e la tristezza di pochi altri.
Eleanor è una ragazza pigra e ci ha messo settimane prima per riordinare i ricordi e poi per metterli giù, scriverli in una maniera accettabile e rivedere quattro o cinque volte ciò che aveva scritto, per assicurarsi di non aver scritto idiozie. Anche perché sarebbero idiozie sul mio conto!
Comunque, è stato carino leggerlo. Più che altro perché mi ha fatto ricordare dei bei tempi andati, quando lei era più bambina e meno stupida... anche perché, sappiatelo, l'unico scrittore decente su questo sito e sulla Terra è...
Vi lascio col fiato sospeso, muahahah. Ora zitti e mosca. E leggete.

 
Articolo 2: Il racconto della nonna

Ogni tanto prendo a fantasticare sul mio futuro, quando sarò diventata una vecchietta poco arzilla bloccata dai reumatismi sulla classica poltrona di velluto bordeaux a lavorare all’uncinetto. Esatto, la tipica nonnetta con i bigodini nei capelli color polvere per cercare di dare un po’ di volume a quei fili flosci, la faccia stropicciata dalle rughe, le mani piene di macchie secche e magre al contrario del resto del corpo, bello pieno e ingrassato a forza di pranzi domenicali e un accenno di barba e baffi vicino alle labbra raggrinzite…
Bene, dopo avervi dato quest’orrenda visione del mostro più spaventoso sulla faccia della Terra, comincio. Chi altri se non Eleanor, la sottoscritta, poteva aver partorito un inizio tanto malato di questo genere per il suo primo articolo del nuovo Giornalino? Esattamente, nessuno. Per cominciare in bellezza il progetto non sapevo di cosa cavolo parlare, non avevo un’idea che fosse una abbastanza originale per scrivere un articolo quantomeno decente barra leggibile barra accettabile. Poi devo pure scrivere cose comiche… sto messa male, io le persone le faccio piangere o deprimere più che altro.
Ma insomma, non riesco mai a non perdere il filo del discorso, per una volta che fosse una devo riuscirci! Devo presentarvi questa dannata cosa, scritta in un momento di noia mentre cercavo un’idea, come detto, originale e da rendere per lo meno simpatica. Ce la farò? Sicuramente no, ma tanto vale provarci in nome del tacchino multicolor! Ovviamente questo articolo può parlare solo di lui, di chi altrimenti? Anche perché il caro Ho-Oh avrebbe fatto tanti capricci se non l’avessi ficcato nella prima edizione. Per capricci intendo abbrustolirmi mentre Aura viene costretta a filmare il tutto. E magari lei si diverte pure a vedermi arrostita come un banale pollo.
Allora, torniamo a noi, alla sottoscritta e al Grande Tiranno.
Io so già che uno di quei giorni in pensione dei marmocchi verranno a rompermi l’anima perché in qualità di bravi nipotini non avranno niente da fare se non infastidire la propria nonna. Esatto, quei ragazzini saranno precisamente i miei demoniaci nipoti. Quindi, mentre starò filando una bella copertina da mettere sulle mie spalle infreddolite, questi mocciosetti… questi bambini, incuranti di quel po’ di barba che mi starà crescendo che in condizioni normali farebbero scappare chiunque, saranno invece attratti dall’apparente, molto apparente saggezza (ma quando mai?! Be’, per l’appunto è apparente, molto apparente) di questa vetusta donna e…
Indovinato. Vorranno un racconto della mia movimentatissima vita. Magari si aspetteranno qualcosa su Prima e Seconda Guerra Mondiale, o addirittura penseranno che la mia data di nascita risalga al Triassico e che possa istruirli un po’ sulla Guerra dei Cent’Anni che studieranno alle scuole medie… Ma è questo il lavoro del pensionato: fare il nonno.
Siccome devo fare pratica per quando sarò la vecchietta raggrinzita ma allo stesso tempo enormemente grassa di cui sopra, sono ben felice di annunciarvi che sarete voi le cavie per il mio esperimento “racconto della nonnetta”! Se vi piacerà sarò spinta a continuare a raccontarvi le mie avventure; sennò lo farò comunque e avrò il piacere di torturarvi, nella speranza di ricordarvi quanto è brutto essere nipotini. Soprattutto se siete stati dei pessimi nipoti.
Pronti? No? Via lo stesso!

La mia regione natale è Sinnoh. Sono nata a Duefoglie e, come in ogni giovanotto di quel modesto paesino che si rispetti, ovviamente il caro Professor Rowan trovò del potenziale nella sottoscritta. Così mi affidò un esemplare di Piplup, per il quale non ebbi nemmeno l’idea di trovare un soprannome, tanto ero emozionata e impaziente di partire. Nel percorso subito successivo a Sabbiafine catturai uno Starly e una Shinx, anche loro rimasti senza soprannome poiché ormai mi ero proprio dimenticata della possibilità di affibbiargliene uno.
Ma vabbè, senza che vi stia a raccontare tutta la storia del mio viaggio per Sinnoh, arriviamo subito al dunque: battei Camilla ma rifiutai di rinchiudermi nella Lega per il resto dei miei giorni e quindi le lasciai il titolo di Campionessa, anche se nei fatti ero io. Lei tutta contenta mi ringraziò e io fui libera di iniziare il mio viaggio per un’altra affascinante regione, dal sapore orientale e misterioso. Sto parlando di Johto!
Appena misi piede alla Stazione di Fiordoropoli mi si avvicinò un personaggio che avevo già incontrato o visto da qualche parte, al momento non me ne ricordai. “Eleanor! Ciao, è da tanto tempo che desideravo incontrarti” esclamò porgendomi la mano. Il signore era un uomo abbastanza avanti con l’età, i capelli erano ancora folti ma il loro colore castano era parecchio sbiadito. Aveva una faccia simpatica, ma gli strinsi la mano un po’ titubante e dubbiosa.
“Con chi ho il piacere di fare conoscenza…?” domandai.
“Sono il Professor Oak. Vengo da Kanto e sono qui per darti il benvenuto nella regione di Johto, ma soprattutto per invitarti a fare visita al Laboratorio di Borgo Foglianova. Lì incontrerai il Professor Elm, i dettagli voglio che li scopra tu stessa andando là! Ti aspetto anche io al Laboratorio, a presto!” salutò all’improvviso, correndo via arzillo e lasciandomi con un palmo di naso.
‘Cos’è che dovrei fare?’ mi domandai perplessa. A malapena ricordavo il nome della città di cui aveva parlato, Borgo… Borgo cosa…?
“Mi scusi” mi rivolsi ad una signorina in divisa che mi stava passando accanto. “Dov’è il Laboratorio di Elm?”
“Hai sbagliato città, temo” ridacchiò lei. “Si trova a Borgo Foglianova, è piuttosto distante da Fiordoropoli. La via più breve è senza dubbio quella a nord della città, che poi va a Violapoli e da lì è semplice arrivare a Borgo Foglianova. Però credo sia chiusa a causa di un Pokémon che sbarra la strada, dovresti passare a sud per il paesino di Azalina e…”
“Ho capito, sa dove posso trovare una mappa della regione?” la fermai.
La ragazza, seccata dall’interruzione, mi porse sgarbatamente un foglio. “Ecco a te, buona giornata” mi invitò a congedarmi con un sorriso falso.
Sospirando uscii dalla stazione e chiamai fuori dalla Poké Ball la mia Luxray. Avevo scoperto che a Johto era assolutamente normale portare con sé un Pokémon della propria squadra, lasciandolo trotterellare dietro di te all’aperto e non dentro una soffocante sfera. Aprii la mappa e subito andai a guardare la strada per Azalina.
“COSA?!” esclamai sconvolta, attirando l’attenzione di qualche passante. Ora vorrei cortesemente invitare i gentili lettori a tirar fuori la propria Mappa Città della regione di Johto e confrontare le due strade. Meglio quella passante per Azalina o l’altra che andava a nord? Mi sembra ovvia la risposta e anche la mia decisione. Di gran carriera me ne andai verso Borgo Foglianova per la via visibilmente più breve. Mi sarei inventata qualcosa per il fantomatico ostacolo che si ostinava a bloccare la circolazione, qualunque cosa esso fosse. D’altra parte ero o no la Campionessa di Sinnoh? Non sarei stata ai giochetti scemi di Johto, già ne avevo avuto abbastanza per quanto riguardava la mia di regione.
Quando mi imbattei nell’alberello che impediva il passaggio tra un percorso e l’altro scoppiai a ridere. Il mio Empoleon investì con una banale Acquadisale quello che si rivelò essere un idiotissimo Sudowoodo che voleva divertirsi a far penare i viaggiatori più inesperti. Fu il primo Pokémon che catturai in quella regione; ora che ci penso è tempo che lo tolga dal box PC, starà facendo la muffa là dentro…
Sì, torniamo a noi e facciamo una bella ellissi. Vi risparmio i giorni di cammino fino a Borgo Foglianova in modo tale che possiamo arrivare fino alla cara cittadina subito. Fui accolta molto presto dall’ospitale professor Elm, che mi mostrò in fretta e furia il laboratorio per arrivare subito al dunque: affidarmi uno dei Pokémon di quella regione. Mi mostrò i tre classici e rarissimi starters e io mi fiondai un’altra volta sul tipo Acqua, un dolcissimo Totodile che soprannominai Snap e che era mille volte meglio di quella specie di ratto denominato Cyndaquil e del fagiolo altresì conosciuto come Chikorita. Sì, sono molto amabile con i Pokémon che non mi piacciono.
Decisi di tornare ai vecchi tempi: depositai nel PC la mia solita squadra, salutando con affetto e dispiacere i miei carissimi compagni della Lega di Sinnoh, e con Snap che mi trotterellava dietro allegramente mi inoltrai nel percorso 29 quando ormai era già sera. Pertanto dovetti accamparmi presto con la mia solita attrezzatura da campeggio che appesantiva lo zaino da viaggio, lo stesso che mi portavo dietro da quando avevo iniziato ad esplorare Sinnoh. Snap iniziò a mostrare segni di squilibrio cercando di azzannare ogni centimetro quadrato della tenda e perciò fui costretta a rinchiuderlo nella Poké Ball con del nastro adesivo. Non riuscii a incontrare nessun Pokémon che mi piacesse per ovviare all’assenza di compagnia, dovetti aspettare i giorni successivi all’inizio del viaggio per iniziare a comporre la nuova squadra.

Così dopo mesi e settimane di allenamento ed esplorazione mi ritrovai a battere anche l’ultima delle Palestre di Johto con una squadra quasi al completo. L’ultimo elemento che catturai, anzi, che mi fu regalato alla Tana del Drago, fu un esemplare maschio di Dratini. Era molto forte e prima della Lega passai molto tempo ad allenare quasi esclusivamente lui, senonché scoprii che prima della Lega mi toccava un’esperienza che mai mi sarei sognata di vivere in vita mia.
I Leggendari di Sinnoh erano impossibili da catturare, se non da prescelti nei quali io non rientravo; ma le bellissime e famosissime Kimono Girls videro in me una speranza per potermi legare a uno dei due grandi e mitici Pokémon di Johto. Mi raccontarono di Ho-Oh, la fenice dell’arcobaleno, e di un eroe straniero venuto da lontano, che il Leggendario aveva riconosciuto come suo complementare per l’intera vita di questo ragazzo.
In questo caso, l’eroe era una ragazza che probabilmente si chiamava Eleanor, che proveniva da Sinnoh e si era fatta un nome nella sua regione natale. Mi consegnarono cerimoniosamente la Campana Chiara e l’Ala d’Iride, accompagnando il rituale con una loro danza tutta particolare, sobria ma con un’aura mistica che mi diede alla testa. Ricordo bene che fuori dalla Ball in quel momento c’era la mia Ampharos, Flash, che tutta emozionata involontariamente accese la propria coda luminosa. Poi ovviamente dovettero fare le guastafeste, quelle lì, mettendosi a sfidarmi una dopo l’altra e tramortendo, quasi, la povera Flash. Ma lei ovviamente si fece valere (d’altronde era una dei Pokémon della Campionessa di Sinnoh, eheh) e, nonostante la stanchezza, riuscì a battere da sola ogni Pokémon delle Kimono Girls.
Erano cinque delle evoluzioni di Eevee, originali insomma. Le cinque donne non diedero a vedere sentimenti di ammirazione o stupore: impassibili se ne andarono augurandomi buona fortuna.
Arrivata all’entrata del piano terra della Torre Campana, mi voltai verso Flash che era stata curata da poco al Centro Pokémon. La sua aria spensierata, anche troppo, mi mise di buonumore alleviando la mia ansia e mi spinse a chiederle: “Sei pronta? Stiamo per vedere un Pokémon Leggendario! Non l’avrei mai creduto possibile!”
Quella emise il suo verso e capii che, be’, non aveva capito. “Ho-Oh! Il Pokémon Arcobaleno! Leggendario…? Non dice nulla alle tue… ehm… Poké-orecchie?”
Flash aveva un’aria che, mi spiace dirlo, dava l’idea che fosse totalmente assuefatta da sostanze poco leggere e che ormai si fosse persa in un mondo a parte. La Pokémon borbottò pacata qualcosa e io non trovai un muro abbastanza vicino per sbattere la testa. “Andiamo avanti…”
Perciò iniziai la mia scalata. L’altezza smisurata mi incuteva non poco timore e decisi di far rientrare la piccola drogata nella sua Poké Ball, per evitare che si buttasse da una finestra senza rendersene conto. Le ‘radiazioni’ della Torre dovevano avere un qualche strano effetto sui visitatori non-umani. Perciò sola soletta, e la cosa non mi aggradava per niente, iniziai quel saliscendi di scale e avantindietro quando sbagliavo strada e mi toccava ricominciare daccapo. Come se non fosse bastato iniziava ad imbrunire e io come mio solito morivo di fame.
Chissà che il pennuto lassù in cima non fosse appetibile. Scossi la testa nel tentativo di scacciare quei pensieri da carnivora e ripresi a salire una scala che mi portò al meraviglioso piano con i teletrasporti. Appena me ne accorsi giurai vendetta sul costruttore della Torre e me la sarei presa anche con il caro Ho-Oh, il cui nome aveva già iniziato a darmi sui nervi. La mia sconfinata intelligenza mi fece perdere un’ora e mezza di tempo prima di arrivare alla scala che portava all’uscita.
Quando mi accorsi di aver finito credetti di avere le allucinazioni, tanto mi sembrava impossibile che quell’infinità di piani fosse stata finalmente tutta scalata. Alzai la testa e vidi sopra di me il cielo stellato. Come se esso fosse il premio per la mia impresa, salii alla velocità di un Ninjask le scalette e finalmente respirai non polvere e anidride carbonica, ma aria pura e fantastica che in quel momento apprezzai tantissimo.
Avevo legata alla cintura dei jeans la Campana Chiara, che dopo poco mi ricordò che avevo un compito da svolgere. Essa prese a tintinnare a lunghi intervalli: il suo suono era delicato ma penetrante, dentro di me produsse un’eco lunghissima, la quale continuò a ricordarmi quelle note angeliche per molti minuti. Perciò presi dalla borsa a tracolla l’Aladiride (che in realtà era una piuma…) e mi voltai. Davanti a me si mostrò l’ennesima scalinata e le mie gambe già protestarono: però i miei occhi furono rapiti dalla sua imponenza. Era larga e bianca, di marmo, gli scalini erano immacolati poiché nessuno o quasi ci aveva mai camminato sopra. Sarei stata una dei primi. ‘Non ci credo… e tutto questo tocca proprio a me!’
Sciolsi la Campana Chiara, legata alla cintura, e con quella in una mano e l’Aladiride nell’altra salii le scale con immane lentezza, cercando di rendere il momento il più magico, se non mistico, possibile. Erano momenti suggestivi, emozionanti e anche pieni del timore di ciò che mi aspettava. Ho-Oh era il più forte Pokémon di tipo Fuoco mai esistito ed era anche un Leggendario. Dovevo fronteggiarlo con Pokémon del tutto comuni e la compagna su cui contavo di più per la lotta, la cara Flash, era mezza drogata per motivi arcani… in effetti iniziavo a sentire uno strano odore. Era pungente e mi pareva di averlo già sentito da qualche parte, ma proprio non riuscivo a ricordare cosa fosse… Facendo spallucce mi preparai a salire gli ultimi scalini, che mi separavano dalla vista sul resto del tetto. Lì, se tutto fosse andato secondo i piani, Ho-Oh sarebbe accorso all’udire lo scampanellio cristallino della Campana Chiara, e io gli avrei consegnato l’Aladiride come ulteriore prova. Solo allora avrei potuto iniziare la mia sfida. ‘Ok. È il momento della verità.’
L’ultima dozzina di scalini la feci di corsa.
Non l’avessi mai fatto! Non ero pronta a uno spettacolo del genere! Sarei stata mille volte più preparata a vedere Ho-Oh in tutto il suo mitico splendore, circondato da fiamme vorticanti, che già aveva avvertito la mia presenza e fosse in attesa, pronto a scrutarmi con i suoi gravi occhi cremisi… il solo pensiero mi aveva messa tanto in ansia che sentivo il cuore battermi all’impazzata come se volesse schizzare fuori dal mio petto, e la visione non era affatto delle migliori… Ma peggio ancora era quella che avevo davanti a me in quel momento. Credo sia stato uno degli spettacoli più tristi che io abbia visto in vita mia, che mi abbia fatto capire il livello di degrado e disagio che colpisce tutto il mondo senza eccezioni. Capii ben presto quale fosse la fonte di quell’odore che aveva mandato ai pazzi Flash e che mi stava facendo venire il mal di testa. E quando lo realizzai (necessitai di alcuni secondi, perché la situazione davvero mi pareva impossibile), in assenza di un muro lì sul tetto, mi diedi pacche sulla fronte finché essa non divenne di un acceso color Slugma.
“Non ci credo!” esclamai esterrefatta ed esasperata. “Ho-Oh!!”
Ora voi cari lettori vi starete chiedendo perché continui a girare intorno alla questione. Be’, non lo so, quindi adesso ve la spiegherò con una frase breve e concisa: Ho-Oh si stava strafando di canne. Esatto, canne, quelle robine che tutti definiscono droghe leggere, ma che se non ti introducono a cose più pesanti mandano ai pazzi il tuo cervello da sole. Quella che avrebbe dovuto essere una splendida fenice colorata dei colori dell’iride aveva buttato un bel po’ di cicche per terra e ridacchiava sommessamente senza un apparente motivo.
Non aveva nemmeno fatto caso al mio arrivo e la cosa mi infastidì non poco. La situazione mi pareva tragicamente comica. Allora, Flash era fatta anche lei e i miei altri Pokémon avrebbero fatto la stessa fine cinque minuti dopo aver messo zampa fuori dalla propria Ball, poiché ormai mi era chiaro che quella roba faceva troppo effetto sui Pokémon, molto più che sugli umani. Mi pareva di aver già sentito dire qualcosa del genere da qualche parte.
Comunque. Mi toccava sbrigarmela da sola e questo non mi piaceva affatto. Gonfiandomi tutta e preparandomi a fare una strigliata al Leggendario, cercando di apparire il più minacciosa e irata possibile, a passi pesanti mi avviai verso il pennuto che continuava a ridere. Il suo grosso e leggendario fondoschiena occupava gran parte del pavimento in ardesia: le mie piccole dimensioni impallidivano confrontate con la sua grandezza (in generale, non solo del suo sedere…). Dubitai che potesse accorgersi di me, ma tanto valeva provarci e non avevo alcuna intenzione di arrendermi dopo tanta strada fatta. Al massimo ci sarebbe scappato un tiro anche per me. Perciò mi accostai alla sua zampa e toccai la sua coscia (magari fosse stata di pollo, stavo davvero morendo di fame). Le sue piume erano calde e morbide ed era davvero una bella sensazione al tatto, perciò persi un minuto buono ad accarezzare il suo manto meraviglioso senza accorgermi dei suoi continui sussulti ridacchianti. Mi risvegliai come da una trance e decisi che per attirare la sua attenzione avrei tirato le sue belle piume.
Ghignando malevola mi sfregai le mani, pronta per attuare il mio piano. ‘Tre…’ Avvicinai una mano alle piume. ‘Due…’ Strinsi nel pugno un bel gruppetto consistente di esse. ‘Uno…’
Respirai profondamente e tirai con tutta la mia forza. Risultato? Un mucchietto scarno di Piumediride nella mia mano e Ho-Oh che ridacchiava ancor più forte, pensando forse che gli stessero facendo il solletico. “Ma porco Ditto*! Non ci voglio credere!” strepitai battendo i piedi a terra. Riprovai: le piume a malapena si staccavano e lui sghignazzava immune.
“Snap, mi sono stancata di questa ridicola situazione!” Feci uscire il Feraligatr dalla sua Ball e quello trasalì sorpreso non appena l’odore di canna gli invase le narici. “Prima che anche tu perda il lume della ragione, usa Cascata su questo assurdo Legg… Argh! Nemmeno ce la faccio a chiamarlo così!”
E davvero Snap lo colpì forte, ma non ottenne alcun effetto. Possibile? Sì, perché dovevo ancora scoprire il punto debole del pennuto. Lo trovai quando Snap attaccò con Surf anziché con Cascata: l’onda arrivò fino a metà della sua schiena e lui trasalì, finalmente. L’ennesima sua canna, che teneva tra le piume dell’ala, cadde a terra e quello si voltò più e più volte in cerca di ciò che lo stava disturbando. Quando mi individuò spalancò gli occhi rossi e brillanti.
“E tu chi diavolo saresti?” fu la sua ottusa domanda. Le prime parole che mi rivolse. La sua era una voce maschile, affatto immatura, tanto che mi stupii (me ne aspettavo una molto più infantile e… be’, da cannarolo…). Quella frase dovrà assolutamente restare nella Storia e che si deve trovare stampata in ogni libro di testo di quella materia.
Mi schiarii la voce e feci rientrare Snap nella Ball, anche perché già iniziava a dare segni di cedimento a causa delle care canne. “Io sono Eleanor e stavo cercando il Leggendario Ho-Oh, a quanto pare sono la prescelta per catturarlo. Che per caso tu sai dirmi dov’è?” finsi di non sapere con chi stavo parlando.
Quello arrossì (le piume sul volto si fecero più chiare), permaloso. “Ho-Oh sono io, ragazzina! Non ti sei per caso informata sul Leggendario da catturare quando ti hanno detto che eri la prescelta?!”
“In realtà sì, ma fatto come sei ho pensato che potessi addirittura dirmi che non eri tu!” lo sfidai.
“Ma come ti permetti, piccoletta?! Ogni tanto mi tocca distrarmi, altrimenti quassù il tempo non passa mai. Piuttosto, fammi vedere la Campana e l’Ala, mi sembri una persona poco affidabile. Dovresti pettinarti i capelli e cambiare quei jeans tutti stracciati, si può sapere che gli hai fatto?”
“I miei capelli vanno bene così” sbottai indispettita, ma nel frattempo consegnavo la Campana Chiara e l’Aladiride nella sua enorme ala. “E gli strappi sui jeans sono solo due. Me li sono fatti durante i miei viaggi. Ma come ti permetti di farmi la predica quando ti ho beccato mentre-”
“Bene, sei in regola” confermò con noncuranza. Poi rispose: “Ah, dici che ti faccio la predica? Ma no, ragazzina, dico solo le cose come stanno. E ti ho già parlato del fatto che ho bisogno di una distrazione.”
“La tua distrazione è imbottirti di canne?”
“Me le ha mandate Celebi. Mi ha detto che avrebbero alleviato un po’ la noia della solitudine.”
Imbarazzata capii quanto fosse deprimente starsene sempre da soli, senza alcuna compagnia.
“Da quanto sei in cima alla Torre in attesa che… che arrivassi io?”
“Ho perso il conto, piccoletta, non sono domande a cui so rispondere” sbuffò lui.
“Puoi chiamarmi con il mio nome?!”
“Me lo sono dimenticato, marmocchia. Comunque, come vedi” continuò prima che potessi urlargli il mio nome “sono già a posto anche se ho appena finito di fumare un pochino. Fai ancora la maestrina, adesso?”
“Non sono una maestrina” ribattei “ma almeno non sfondarti di questa robaccia. Non sapevo di questi traffici illegali tra Leggendari, comunque.”
“Già, nemmeno io. Il buon vecchio Lugia mi ha aperto gli occhi!”
“Senti, ficcatelo bene in capoccia: il mio nome è…”
“Adesso dovremmo lottare, vero?” la sua voce sovrastò la mia.
Sospirando gli risposi: “Sì, dovrei anche catturarti. Ma la situazione è diventata abbastanza ridicola e i miei Pokémon, be’, hanno risentito delle canne e due di loro sono fuori gioco. Agli altri toccherà la stessa sorte. Quindi… che si fa?”
Ho-Oh mi disse di aspettare un secondo e tirò fuori da non capii bene dove un libro piuttosto grosso. “Cos’è?”
Il manuale del buon Leggendario. C’è scritto tutto qua sopra: adesso vedo che si deve fare in una situazione del genere.”
“Non credo rientri nelle casistiche…”
Lui ostinato fece finta di non sentirmi e continuò imperterrito a sfogliare con le sue piumine delicate le pagine del libro. Fui molto felice di vederlo rassegnarsi all’evidenza, ovvero che quel caso assurdo non era mai stato ipotizzato da nessuno. Il pennuto chiuse di scatto il libro e sospirò. “Va bene, ragazzina, stavolta te la do vinta.”
“Allora che si fa?” chiesi. “Io ho fame.”
“Anche io, fumare mette appetito! Ti piace il cioccolato?”
“E me lo chiedi pure?” i miei occhi si illuminarono.
“Dammi del lei, bimbetta. Porta rispetto!”
Con quel pennuto discutere era una battaglia persa in partenza. Decisi di sottostare alle regole del suo gioco anche per far sì che non ripensasse a proposito dell’offerta del cioccolato. E feci bene: quella sera mangiai tante di quelle tavolette, in compagnia di quell’ingordo, che i giorni successivi a malapena riuscii a camminare per i dolori alla pancia. E intanto lui aveva di nuovo la ridarella, era carico di buonumore grazie al cioccolato. Mi raccontò parecchi aneddoti sulla sua vita e anche qualcosa a proposito del suo rivale Lugia, del quale in alcuni momenti parlava bene e in quelli successivi si abbandonava a pesanti e anche un po’ tristi prese in giro. Chiacchierò talmente tanto che non ricordo proprio nulla dei suoi racconti, nemmeno un fatto che mi abbia colpita un po’ di più. Da parte mia gli raccontai i miei viaggi per Sinnoh e Johto, qualche episodio che lui ascoltò attentamente, o almeno credo. Era un po’ difficile capire se fosse interessato o divertito da quello che gli raccontavo, ma a lungo andammo avanti così, perché era l’unico modo per trascorrere il tempo.
“Figurati che volevano farmi fare il giro largo da Azalina per arrivare fino a Borgo Foglianova. Ha! Col cavolo che mi facevo tutto il Bosco, la città e la Grotta di Mezzo! Il mio Empoleon ha sistemato il Sudowoodo che ostruiva il percorso più breve per Violapoli e io senza problemi sono passata per di là.”
“Hai fatto bene, Campioncina da strapazzo.”
“Ehi!” mi indispettii. Lo guardai e fui stupita dalla sua espressione pensierosa. “Che ti prende, pennuto?”
“Niente. È solo che la situazione è strana, sono centinaia di anni che non vedo un umano metter piede su questa Torre… e non so come spiegarti, ecco…”
“Be’, le parole le hai. Costruisci una frase di senso compiuto e stai a posto.”
Lui arrossì e la cosa mi fece ridacchiare. “Che hai da ridere, piccoletta?!”
“Rido, perché tu che sei così… grande, grosso e Leggendario, ti fai tanti problemi a parlare.”
“Non è facile…”
“Lo so bene” replicai, “davvero. Però andiamo, che devi dire di tanto imbarazzante?”
“Io… sinceramente, mi piacerebbe andarmene via da questa Torre e non solo per volare nel cielo e seminare arcobaleni qua e là. Tornare a contatto con voi esseri umani e anche con gli altri Pokémon, che non vedo da tantissimo tempo…”
Capii cosa voleva dire e sorrisi, ma lo lasciai continuare. “E quindi niente, ora tu sei qui e dovevi, in teoria, catturarmi e portarmi con te, ma c’è ancora odore di canna nell’aria e non credo sia una buona idea far uscire i tuoi Pokémon…”
“Puoi venire con me, penso tu già lo sappia” dissi. “Se sono qui, d’altra parte, è proprio per catturarti. Se non c’è una vera lotta non credo faccia tanta differenza, al massimo la faremo più in là!”
Ho-Oh stette in silenzio. Il suo sguardo era perso nel vuoto lontano della notte. Mi chiesi che cosa stessero pensando le Kimono Girls non vedendomi tornare. ‘L’eroina perì dopo un’estenuante lotta con il mitico Ho-Oh…’
“Va bene” acconsentì. Il mio cuore fece una capriola e poi qualche salto mortale all’indietro. “Però attenta a come ti comporti con me, ragazzina. Esigo rispetto.”
“Ma certo, mio capo e sovrano indiscusso!” scherzai. Un lampo di soddisfazione attraversò i suoi occhi e quella fu la mia rovina. Da allora avrebbe sempre preteso di essere chiamato Sovrano, Signore o anche Tiranno, la cosa non lo infastidiva. “Be’, per ufficializzare il tutto dovrei chiuderti in una Ball. Ci stai? Non ti metterai a scalpitare come un pazzo, vero?”
“Nah, farò il bravo” replicò lui. Tirai fuori dal mio zaino una semplice Ball, vuota e inutilizzata: appena sfiorò il manto piumato del Leggendario, quello vi fu risucchiato con un lampo rosso e bianco. Un click confermò l’effettuata ‘cattura’.
Prima di liberarlo, poiché non avevo alcuna intenzione di tenerlo là dentro, mi concessi di saltellare come una pazza lungo tutto il perimetro del tetto, ridendo e schiamazzando come una bambina (il tutto molto in stile Heidi).
Premetti il bottoncino della Poké Ball del pennuto multicolor e quello si liberò più o meno agilmente. Riprese esattamente la posizione di prima, seduto con le zampe penzoloni dal bordo del tetto a sovrastare una sconfinata foresta di aceri rossi, e io di conseguenza gli feci compagnia: mi arrampicai sulla sua coscia e con la schiena mi appoggiai alla sua pancetta calda e non più borbottante per la fame. Eravamo un bel quadretto, nell’insieme.
Dopo un po’ Ho-Oh, ridacchiando, mi offrì una delle sue numerose canne. Gli lanciai un’occhiata eloquente e quello continuò a ridacchiare. Senza farsi troppi problemi, aveva già nel becco una di quelle diavolerie accese. La presi.

“Eh eh eh… Come hai detto di chiamarti, ragazzina?”
“Aah… ahah… sinceramente non mi ricordo, tacchino in technicolor… scusa, Tiranno…”



Così si conclude il mio racconto estremamente diseducativo per ogni nipotino che deve ancora far carriera. A me hanno detto che una cannetta ogni tanto non fa male a nessuno, ma attenti a non strafarvi (ricordatevi la modica quantità) come Ho-Oh. Credo che da lì sia totalmente impazzito ed è diventato ormai irrecuperabile. L’idea di Sovrano e Tiranno gli è piaciuta così tanto, comunque, che quando l’ho nominato mascotte del buon vecchio PokémonRainbowWorld si è montato ancora di più la testa ed è ammattito completamente. E poi ci si lamenta delle droghe che bruciano i neuroni.
Adesso, quando chiamo Ho-Oh gallina, tacchino, pavonazzo dei miei stivali o cose del genere, non si scandalizza neanche più di tanto. Poi se subito dopo gli si danno dolciumi e lo si chiama ‘mio unico primo e vero padrone, degno di rispetto sopra ogni altra cosa, persona e Pokémon’ si calma. Però è divertente farlo arrabbiare. Certo, poi i miei capelli vengono inceneriti da uno dei suoi famosi Lanciafiamme e ci rimetto io per prima, ma ormai ci ho fatto l’abitudine e ho sia Snap che Empolese a guardarmi le spalle (i capelli semmai) quando al Tiranno parte la brocca. Tra l’altro, Tiranno è diventato il suo vero soprannome. Sono mesi che non lo chiamo Ho-Oh e mi fa strano vederlo segnato così sul Pokédex.
E se ve lo steste chiedendo, no, non abbiamo più avuto una lotta io e Ho-Oh. Dopo averlo catturato l’ho iniziato all’amore per ogni tipo di cibo, ha messo su ciccia ed è diventato terribilmente pigro. Con la chiusura del forum, poi, è dimagrito, ma ha ripreso peso appena arrivati su EFP. Quella con la bilancia, per lui, è una battaglia persa.
La mia taciturna collega Aura non sa bene come prenderlo, e in effetti è difficile relazionarsi con quella specie di fenice fin troppo sgargiante. Io ho avuto l’onore di catturarlo e non faccio testo, ma mi fregio di avere un rapporto privilegiato con il Grande, Potente e Saggio Imperatore, Sovrano e Tiranno di… di non si è ancora capito bene cosa.
Questa, cari lettori, è solo una minima parte della storia mia e di quella del mio compare, che forse un giorno conoscerete per intero. Ne dubito sinceramente, lui è molto riservato su queste cose, ma per voi che seguite i deliri miei e della sora Aura questo ed altro! Un saluto, un abbraccio e tanti arcobaleni al cioccolato dalla vostra Eleanor!


*Ditto è la prostituta del mondo Pokémon, ricordatevelo. Quella è una grave imprecazione.



Aah, i tempi delle fumate con Eleanor... i suoi neuroni sono impazziti, altro che i miei. Penso che lì le sia venuta in mente l'idea folle, balzana, assurda, incontemplabile di giocare a fare la scrittrice su un sito che si propone di essere serio. Poverina, è un po' sognatrice/perennemente con la testa fra le nuvole a elaborare trame per troppe storie per le quali non ha tempo per scrivere...
Oh!! Sento un odorino dalla cucina... sapete che c'è di nuovo? Questa è la prima e l'ultima volta che faccio da commentatore agli articoli del Giornalino. E' stato un piacere, o almeno credo; ma penso di sì, vi ho già assunti tutti come sudditi! Che bello, era da tanto che non comandavo qualcuno! Vedete di non fare tardi la mattina alle otto e mezza, quando mi sveglio: ho bisogno del mio lucido per le piume e di avere gli artigli belli limati per la giornata. Punto debole, avete letto così nell'articolo? Ahahahah! Macché, vi piacerebbe! Ahahah! Ahah... ah, mannaggia...
Chiudiamola qui; a prestissimo, cari, e tanti saluti sia da me che da Aura (che non è in casa, è corsa da qualche parte con le sue compagne come suo solito) e da Eleanor (che invece sta in poltrona a mangiare, anche lei come suo solito)!




A scanso di equivoci la prossima edizione arriverà agli inizi di aprile. Sottolineate pure a scanso di equivoci tutte le volte che volete.
 

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