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Capitolo Trentaduesimo - 32 pt. 2

Previously, on Hoenn's Crysis
“Ora rimane solo quella lucertola schifosa...” sussurrò Zoe. “Vai con Fuocobomba! Subito!”.
Arcanine chiuse gli occhi e in un momento accadde di tutto.
Le fiamme si riversarono sul povero Pokémon e appena le vide, Martino si gettò su sua sorella, ruzzolando metri e metri indietro, nel tentativo estremo di non venir bruciati dalla mossa.
L’attacco stava per uscire dalla bocca di Arcanine quando si sentì qualcuno urlare.
“No!”.
La voce era matura, forte.
Era la voce di un uomo.
La voce di un padre a cui avevano sottratto suo figlio.






Dobermann pt. 2


“Ed ecco che ritroviamo il rompipalle con la divisa da emo...”. Gold si fermò, portando le mani alla vita, come se fosse stanco dopo una lunga corsa. Avanzava con passo spedito e sicuro, il Magmatenente. I suoi stivaloni neri, sporchi di terreno sulle punte e sulla suola bombata, lasciavano orme rossastre di sangue rappreso.
“Andy...” ringhiò Silver. E ringhiò proprio perché contro Andy aveva un contenzioso aperto: non era riuscito a vedere ancora sul suo volto la sconfitta. Non aveva ancora stampato il marchio della sua soddisfazione sul petto di quell’uomo e questa cosa lo rendeva una nemesi, oltre che un rivale.
“Ecco che i due bambocci di Johto sono venuti a rompere le uova fin dentro il paniere”.
La voce dell’uomo era come sempre fredda e dura. Aveva maturato la consapevolezza di possedere la Sfera Rossa nel suo corpo, di riuscire a controllare il potere che ne derivava, di poter conseguentemente controllare Groudon.
“Che siete venuti a fare adesso? Non vi sopporto più” fece quello.
Gold rise di gusto ma fu Silver a parlare. “Guarda che è reciproco. Dobbiamo chiudere questa faccenda una volta per tutte”.
“Non puoi chiudere la faccenda una volta per tutte. Devi renderti conto che sei più debole”. Andy sfidava a parole Silver, con fare da guascone.
“Voglio proprio vedere. Gold, stanne fuori. Questo qui è mio”.
Andy sorrideva, e fece cadere in campo una sfera. Magmortar ne uscì fuori, più forte di prima.
“Ok. Ti farò assaggiare la vera potenza!”
Magmortar vide apparire di fronte a sé Weavile.
Gold guardò stranito l’Allenatore dai capelli rossi e tornò a fissare il Pokémon. Era piccolo ed a livello di combinazione tra tipi era altamente svantaggiato. “Che diamine ti salta in mente?!”.
“Tu fatti da parte” fece, lanciandogli un’occhiataccia.
“Burbero, lui...”.
Andy intanto sorrideva, mentre teneva le braccia incrociate.
Il corridoio era abbastanza stretto, e la cosa poteva essere uno svantaggio per Magmortar, almeno nello scontro fisico. Gli sarebbe bastato aprire il fuoco per annullare il grosso ingombro che rappresentava.
Weavile avrebbe invece potuto sfruttare l’agilità e lo spazio che, seppur piccolo, gli consentiva di manovrare con relativa facilità.
“Cominciamo!” urlarono entrambi.
“Magmortar! Forza, usa Lanciafiamme!” urlò Andy, col sorriso stampato sul volto.
“Schiva” si limitò a sussurrare l’avversario. Il piccolo Weavile calcolò in un attimo tutte le possibili alternative da poter adottare ma il getto infuocato era così ampio che non lasciava angoli ciechi.
Andy rideva di gusto nel vedere il povero Pokémon confuso e smarrito.
“Non ha scampo, Silver!” urlò Gold.
“Zitti!” rispondeva. Era cresciuto con quel piccolo Sneasel, un Pokémon freddo e solo, silenzioso, che viveva nei ghiacci, con le zampe nella neve gelida. Il freddo che aveva avvertito attorno a lui, a Silver era sembrato lo stesso che gli graffiava le guance rosee quando, da piccolino, non aveva nient’altro che la curiosità di vedere il mondo oltre le scure pareti del misterioso posto in cui stava assieme agli altri orfani.
Erano cresciuti assieme. Erano diventati forti assieme.
Erano diventati grandi.
“Ora!” urlò Silver.
Weavile diede un colpo fortissimo al pavimento, sfondandolo con i suoi artigli; creò una nicchia che gli consentì di proteggersi dal forte attacco di fuoco.
“Sigilla la nicchia con un Geloraggio! Continualo!” urlò Silver.
Weavile si gettò a capofitto nella piccola apertura e, con il viso rivolto alle fiamme, cominciò a lanciare un raggio congelato. La temperatura si abbassò rapidamente nella nicchietta, ma il fuoco scioglieva il ghiaccio e lo tramutava in acqua; essa si riversò lemme sotto i piedi dei contendenti.

“Mio figlio! Dimmi dov’è mio figlio, immediatamente!” urlava Normann, alle spalle di Zoe.
La ragazza si voltò rapidamente, cercando di capire velocemente ciò che stava succedendo.
“Aeroassalto!” urlò subito il Capopalestra di Petalipoli ed uno Slaking davvero grosso parve cadere dal soffitto, ubbidendo ai comandi del suo Allenatore.
Arcanine non riuscì a schivare l’attacco e si ritrovò sottomesso al Pokémon Pigrone.
“Beh, Normann. Ti ho sconfitto già una volta, e mi desti la tua medaglia. Ora non sarà per niente un problema! Arcanine, usa Lanciafiamme!”.
“Questa usa sempre Lanciafiamme!” esclamò Martino.
Normann rimase fermo e silenzioso mentre il suo Pokémon veniva attaccato dall’Arcanine avversario. “Mi ricordo di te. Tu sei la figlia più piccola di Grant ed Eloise. Tu sei una Vinci. In ogni caso qui non ho i Pokémon che uso in Palestra”.
Intanto una voce li disturbò: “Hey! Non fai nulla per schivare l’attacco?!” chiese Marina, stranita.
Normann sospirò ed incrociò le braccia. “No. Questo Pokémon ha una strana peculiarità: nonostante l’enorme forza fisica e la grande resistenza agli attacchi, i suoi attacchi sono limitati dal suo istinto. È pur sempre un enorme bradipo”.
“Oh... Ma questo vuol dire che almeno un turno su due Slaking verrà colpito!” ribatté il Ranger donna.
“No...” sospirò Martino.
“Cosa?!”.
“Vedrai...” chiuse sibillino quello.
“Ora, Slaking, usa Corposcontro!” esclamò imperioso Norman, vedendo il suo Pokémon caricarsi sulle grosse ginocchia per poi gettarsi con forza contro l’avversario.

“Paralisi...”

“Schivalo Arcanine! Rotola verso sinistra!” urlò grintosa Zoe, stringendo i pugni. Sentiva forte il rumore del fuoco di Magmortar espulso dal cannone che aveva al posto del braccio ed intanto Arcanine si svincolava dall’attacco dello Slaking avversario; esso sbatteva contro una parete, sfondandola ed alzando polvere.
“Attenta ora...” fece Martino alla sorella.
“Arcanine!” urlò Zoe. “Ruotafuoco!”
Arcanine si ricoprì improvvisamente di fuoco e prese a rotolare in direzione del Pokémon avversario.
“Kecleon!” urlò Martino, e tanto bastò al Pokémon per schierarsi davanti al Pokémon di Norman usando una barriera d’energia.
“Ottimo lavoro...” sussurrò il Capopalestra di Petalipoli.
Arcanine rotolava ad oltranza, cercando di sfondare quel muro d’energia, ma invano.
“Slaking, Megapugno!” urlò Norman. Il Pokémon si sollevò e caricò il braccio destro.
Colpì con tale forza da sollevare l’enorme cane e farlo sbattere sul soffitto, spezzando il filo elettrico sul quale erano attaccate le lampade; d’improvviso la zona nel quale combattevano rimase totalmente al buio.
“Porco Giuda!” urlò Martino.
“State tranquilli” cercò di calmarli invece Norman. Sembrava più calmo, freddo, razionale mentre lottava. “Ora non ci serve altro che un altro colpo e tutto finirà. Stiamo per vincere”.
“Non credo proprio! Doppioteam Arcanine!”
Il Pokémon Leggenda moltiplicò i propri corpi, creando varie illusioni ad accerchiare Slaking e Kecleon.  “Ora usa Extrarapido!”.
“Alza la tua barriera, Kecleon!” urlava Martino, nervoso. A nulla valsero però gli ordini del Ranger: Arcanine si gettò a capofitto con la sua velocissima mossa e colpì con forza Kecleon.
“Bravissimo Arcanine!”.
Il Pokémon Mutacolore sbatté contro la parete, fuori combattimento.
“No! Pichu!” urlò ancora Martino, mettendo per la prima volta in pericolo l’incolumità del piccolo Pokémon Topolino. Quello, che era sempre stato sulla spalla del Ranger, saltò giù per terra e girò il suo ukulele sulla schiena, almeno prima di far partire un attacco Fulmine che colpì in pieno tutti gli Arcanine; Le copie svanirono e quello originale si girò inferocito verso il Pokémon.
“Non toccare quel Pichu! Slaking, usa Megapugno!” ordinò Norman ed ancora il grande Pokémon caricò il colpo per rilasciarlo, ma Arcanine fu più veloce.
“Extrarapido! Ora!”
Arcanine attaccò con foga e colpì il Pokémon Pigrone, che indietreggiò e ricadde, per poi rialzarsi lentamente.
“Ancora, Arcanine, ancora Extrarapido! Tanto non si difenderà!”.
E così avvenne: l’attacco fisico di Arcanine fu così rapido da creare problemi anche agli Allenatori ed ai Ranger nel visualizzare il tutto.
Il Pokémon di Norman ruzzolò indietro, rialzandosi nuovamente.
“Ora tocca a me! Slaking! Gigaimpatto!”. La voce di Norman rimbombò fredda sulle pareti del corridoio buio.
“Doppioteam ancora, Arcanine!” urlava Zoe.
“So qual è il vero Arcanine! Quello a destra!”.
E così Slaking si sollevò in aria e si abbatté sul Pokémon del Magmatenente.
Ma si schiantò per terra, alzando una gran quantità di polvere ed altro.
“Slaking!” urlò Norman, a metà tra il terrore e la sorpresa.
“Arcanine, terminiamoli col Lanciafiamme più potente che riesci a fare!”.
E poi fu solo fuoco, negli occhi di Norman.

“Swampee, Geloraggio sulle catene!” ordinò Crystal. Fiammetta era davanti ai suoi occhi con il terrore negli occhi spalancati.
“Liberami, Crystal! Dobbiamo aiutare i ragazzi!”
“Se la stanno cavando sicuramente, Fiammetta, non preoccuparti. Non ti agitare. Swampee, Codacciaio, ancora sulle catene!”.
Il Pokémon si voltò e l’enorme coda a ventaglio s’abbatté con forza sugli anelli ghiacciati che stringevano i polsi della bella rossa; s’infransero come fossero fatti di cristallo e tintinnarono sul pavimento poco prima che Fiammetta vi cadesse. Crystal s’avventò su di lei e le diede un po’ d’acqua, permettendole di levare dalla bocca l’orribile sapore di sangue che si era formato.
Dai polsi pendevano gli anelli enormi delle catene, sbattevano sulle sue cosce.
“Stai bene?” chiedeva la ragazza di Johto, spostandole una ciocca dal volto. I loro sguardi s’incontrarono, Fiammetta poi annuì.
“Certo, sono tutta intera”.
“L’importante è questo. I tuoi Pokémon sono sul tavolo lì, vero?”.
“Già...”.
Crystal s’accigliò. “Hey... Ora sei salva, stiamo mettendo a posto la situazione... Non dovresti essere così triste. Che è successo?”.
“Fosco. Andy l’ha ammazzato. Gli ha spezzato il collo”.
Crystal abbassò il capo e in un attimo s’accorpò tutte le paure e le sofferenze di Fiammetta: vedere qualcuno che conoscevi appeso a delle catene e senza vita ti cambia.
“Fatti forza. La popolazione di Hoenn ha bisogno di noi...” le disse poi, poggiandole una mano sulla spalla. Fiammetta si girò verso la ragazza ed annuì. Insieme recuperarono le Pokéball della ragazza, poggiate sul tavolo della stanza e poi fecero per uscire, quando Fiammetta si bloccò improvvisamente.
“Che succede?!” esclamò Crystal, sorpresa dello stop della ragazza.
Fiammetta si voltò verso Fosco, poi guardò la parete accanto all’uomo e s’accigliò. “È che... Beh, sono stata varie ora in questa stanza e la curiosità mi ha divorata: voglio sapere cosa c’è dietro la porta su quella parete” disse la ragazza, puntando l’indice sporco di sangue e polvere verso la maniglia d’ottone di quel vecchio portoncino. Era d’acciaio ma le chiavi erano state lasciate erroneamente nella serratura, facilitandone l’apertura.
“Aspetta...” fece Crystal, preoccupata. Swampert la seguiva rapido. “Dobbiamo stare attente”.
“Crystal... Non siamo delle stupide. Abbiamo i nostri Pokémon con noi e sinceramente io non ho paura di queste persone. Per la mia gente sono pronta anche a morire!”.
Crystal sorrise ed annuì, poi una serie di rumori elettronici le fece voltare verso est.
“Che diamine è stato?!” esclamò la rossa.
Crystal fece spallucce, quindi coraggiosamente si mosse verso la porta misteriosa ed abbassò la maniglia, ma invano.
“La serratura è bloccata” disse, dopo un sospiro.
“Gira la chiave nella serratura” suggerì l’altra. Crystal eseguì.
Una mandata, due mandate, tre mandate, quattro mandate.
La porta si aprì, rivelando il buio più che totale.
Si sentiva un bip continuo, insistente come di macchinari medici in funzione.
“Accendiamo la luce” suggerì ancora Fiammetta, cercando sulla parete sinistra l’interruttore. “Dove diamine sta?!” esclamò poi quella.
“No, Fiammetta. In questo covo gli interruttori sono montati al contrario”.
“Eh?!”.
“Sì. Sono sull’altra parete. Sono sulla mia parete... Aspetta... Ecco” fece infine Crystal premendo l’interruttore.
Le luci si accesero, ben sedici neon illuminarono la grande sala che si prospettò davanti ai loro occhi: era lunga e molto ampia, e vari macchinari medici stavano monitorando battiti cardiaci e funzioni vitali di pazienti stesi all’interno di lettini da ospedale.
“Ma...” Crystal si avvicinò rapida, calpestando le mattonelle bianche, lucide e scivolose. Fiammetta corse dietro di lei, con lo sguardo incredulo.
Tre lettini pieni, quattro vuoti.
“Ma... ma... Non ci posso credere...” faceva la rossa. “Non è possibile...”.

“Non ti servirà a nulla il tuo inutile ghiaccio! Si scioglierà, e ti scioglierai anche tu di fronte alle nostre ambizioni!” urlava Andy, puntando il dito contro Silver, il contendente della sfida.
Furono dieci i secondi. Le fiamme bruciavano calde, si fermavano a meno di un metro dai suoi occhi; sentiva la guance bruciare, il corpo prendere calore rapidamente ed intanto vedeva l’acqua formarsi sotto i suoi piedi.
“Penso possa bastare...” sorrise Andy.
Alla fine dell’attacco Lanciafiamme, emerse Weavile dalla piccola pozzanghera.
“Attacco Rapido e poi Lacerazione” disse il fulvo.
Gold vide Weavile scattare con una tale velocità che quasi dubitò di averlo visto nella posizione di partenza; colpì velocemente l’avversario che fu costretto ad indietreggiare di qualche passo, quindi i suoi artigli affilati affondarono nel corpo bollente di Magmortar.
“Magmortar, Pirolancio!” urlò iracondo Andy. Il suo Pokémon alzò il cannone che aveva al posto del braccio e lo puntò contro Weavile.
“Indietro!” urlò Silver.
Nell’acqua sotto le zampe di Weavile s’ammassò una grande massa di materiale piroclastico. Il Pokémon era riuscito a schivare l’attacco principale ma una volta toccato il pavimento, l’attacco di Magmortar esplose, lanciando detriti nell’immediate vicinanze; detriti incandescenti, che colpirono Weavile sul petto.
“L’ha colpito!” ghignò Andy, stringendo gli occhi verdi fino a farli diventare due fessure.
“Cazzo... Gettati nell’acqua, Weavile”.
“Non servirà. Magmortar Tuonopugno!”
“Qui ti volevo!” sorrise Silver, mentre il colpo di Magmortar partiva, potente più che mai. “Ora!” urlò poi.
Weavile si diede un forte slancio con la schiena, alzandosi in aria di quasi un metro e picchettando la parete con le unghie aguzze, in modo da riuscire a rimanere in equilibrio senza atterrare; anche Silver balzò rapido indietro, ritrovandosi un paio di metri.
Magmortar attaccò e poco dopo ricadde esanime per terra, in preda agli spasmi.
“Cielo...” sussurrò Andy. “Che cretinata...”. Si era reso conto dell’enorme errore.
“L’acqua...” disse Gold, a bassa voce.
“Ti sei messo fuori combattimento da solo” sorrideva Silver, facendo rientrare il suo Pokémon nella sfera. Essendo le zampe di Magmortar interamente sommerse dall’acqua, creata dal ghiaccio sciolto di Weavile, il Tuonopugno si propagò nell’acqua, fino a raggiungere proprio il mandante dell’attacco.
Ancora increduli i tre, sentirono poi un’esplosione enorme provenire poi dal fondo del corridoio, dove la luce non c’era.
“Che sta succedendo lì?! Crystal!” esclamò Gold, preoccupato, facendo girare immediatamente Silver. Fu il cigolio di una porta a pochi metri di distanza a farli voltare tutti e tre, contemporaneamente. Spalancato l’uscio, una donna dai capelli rossi e dallo sguardo fermo si presentò davanti a loro. Gold spalancò gli occhi ed impietrì: era la stessa donna che aveva visto a Verdeazzupoli il giorno prima.
“Miriam!” esclamò Andy, sorpreso.
“Dobbiamo andare via da qui, tesoro” fece quella.
“Zoe è ancora di là!”.
“Fuggirà anche lei, in qualche modo. Dobbiamo andare ora, Ceneride ci aspetta e noi siamo sotto attacco”.
La donna lanciò la sfera di un Salamence, sul quale velocemente salirono entrambi, e sui cui sfrecciarono via, verso l’uscita, lasciando immobili Gold e Silver, oltre al piccolo Weavile naturalmente, ancora aggrappato alla parete.

Crystal e Fiammetta erano rimaste immobili all’interno della sala nascosta dalla grande porta d’acciaio. I bip trapanavano imperterriti le loro tempie, con una costanza fuori dal normale.
“Cosa diamine... Fiammetta?”. Crystal si avvicinò al primo lettino sulla sinistra, tirando giù il lenzuolo bianco, che ormai aveva preso la forma del volto della persona che copriva; esso si alzava e si abbassava in corrispondenza del torace di quella figura misteriosa.
“È Ruby...”. Fiammetta pronunciò sconvolta quelle parole, ed intanto scrutava meglio il ragazzo liberato dalla prigione del lenzuolo candido. Gli occhi erano chiusi ed intanto un grosso tubo di plastica bianco gli era stato infilato in bocca.
“L’hanno intubato...” osservò Crystal. S’avvicinò al macchinario per la respirazione automatica, vedendo il meccanismo a fisarmonica chiudersi ed aprirsi a ritmi regolari. Il monitor dell’elettrocardiogramma dava risultati abbastanza confortanti: Ruby non era morto, il suo cuore batteva con frequenza ottimale.
“Sta bene... Ma è stato intubato” ripeté l’Assistente del Professor Elm, scrutando meglio in volto il figlio di Norman: gli occhi erano chiusi, pareva che il ragazzo stesse dormendo stanco dopo una giornata lunga ed estenuante; poco sopra l’occhio destro, una grande cicatrice gli deturpava la fronte.
“Ricordo d’infanzia” diceva lui, quando qualcuno gli chiedeva cosa gli fosse successo, e sorrideva nel raccontarlo. Crystal sospirò, poggiando una mano sulla spalla nuda del ragazzo.
Era fredda.
“Per tutto questo tempo Ruby è stato qui...” sussurrò Fiammetta, incredula.
Un secondo monitor mostrava battiti regolari per un altro lettino, quello accanto a quello di Ruby. Era il lettino centrale, e sembrava contenere una persona decisamente più piccola.
Il respiratore a fisarmonica continuava a lavorare col suo gioco di saliscendi, e funzionava dato che il torace della seconda figura si comprimeva e si espandeva al di sotto del lenzuolo.
“È Sapphire...” disse Crystal, prima ancora di levare il telo bianco.
“No” la fermò l’altra. “Sapphire non è così piccola”.
Un altro bip si frappose tra le due ragazze, prima che la mora tirasse via il lenzuolo, mostrando il piccolo Emerald, intubato come Ruby, attaccato agli stessi macchinari; i capelli del ragazzino erano morbidi fili biondi sparsi a raggiera sul cuscino in lattice, la cui federa era ingiallita.
“Rald!” esclamò Crystal, fiondandosi sul corpo del giovane. Gli carezzò la guancia e sospirò nel ricordare le vicende che avevano passato assieme, nel tentativo di fermare Guile Hideout dalla distruzione. Ricordi, ancora ricordi, fiumi di immagini che si susseguivano, crollavano poi via come un castello di carte in una tempesta di vento, oppure sotto i colpi di un bimbo capriccioso ed abbastanza stupido dal non saper apprezzare la bellezza e la compostezza del lavoro e dell’impegno altrui. Che poi è un po’ la morale della vita: vivere per vedere le cose, soffrire per esse, sabotarle anche e poi pentirsene; perché l’uomo è un animale strano, prima butta il sasso e poi nasconde il palmo dietro la schiena, impaurito dalle conseguenze.
Troppo sanguigno, troppo impulsivo.
Al punto di mandare in coma farmacologico due ragazzi con meno di venticinque anni per il gusto di poterlo fare.
“Il terzo lenzuolo...” Fiammetta guardò Crystal.
“L’elettrocardiogramma è piatto, Fiammetta”. Crystal fissava il macchinario che segnava i battiti cardiaci, ma sul monitor la linea era dritta ed il bip era formato da una bi e da un’infinità di i, che si susseguivano proprio come i ricordi di Crystal.
E quelli di Fiammetta, certo. Lei spalancò gli occhi, fissando meglio in volto la Dexholder di Johto.
“Che diamine dici?!” esclamò quella. La rossa raggiunse il terzo lettino velocemente e tirò via il lenzuolo: Sapphire Birch dormiva distesa, seminuda. Una canottiera bianca nascondeva le sue nudità ed i capelli erano ben pettinati; il tubo di plastica le entrava in bocca, le sue labbra morbide saggiavano la superficie ruvida della tubazione, ma l’aria entrava nei polmoni inutilmente, perché il suo torace non si muoveva più.
“Sapphire!” esclamò disperata Fiammetta, inginocchiandosi al suo capezzale.

 

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