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Capitolo Trentacinquesimo - 35 pt. 2

Oi, buongiorno baldi giovani e bentornati sulle nostre frequenze. Black Lady mi ha fatto vedere certi Wip che fanno spavento. Sosteniamola, mettiamo un mi piace alla sua pagina e facciamola conoscere al mondo!
Oggi fuori la seconda parte del capitolo 35 (la terza parte sarà abbastanza lunghetta, vi avviso =D).
Ieri sera mi ha fatto vedere questa pagina, un WIP spaventoso. Le ho smadonnato addosso, perché, veramente, fa impressione.

Andy Black

 
Previously, on Hoenn's Crysis
 
Marina vide arrivare un grande Gyarados.
Certo, non era tra i più grandi che in quel momento imperversavano nello specchio d’acqua scura ma era comunque qualcosa da cui partire.
“Scusami, Gyarados... Puoi abbassarti, così posso salire?” chiese, sentendo ruggire il Pokémon Atroce durante la sua manovra di abbassamento. Marina salì su quel palazzo con le branchie, seguita a ruota da Pichu Ukulele, mentre la pioggia aveva tinto l’aria attorno di un bianco fumoso; la superficie del lago sembrava esser colpita da milioni di bombe, almeno distante dai Gyarados, dove altrimenti pareva fosse un maremoto a distribuire quelle acque nere e profonde. Il cielo era sparito dietro strati e strati di nuvole ed il sole probabilmente era nascosto lì dietro, da qualche parte.
Alzò gli occhi per un attimo, quelle due gemme color nocciola, così vivide che sembravano pulsare, guardando suo fratello Martino schivare un grosso attacco Idropompa, che colpì in volto proprio uno dei Gyarados più vicini a Marina. Quello perse l’equilibrio, tentennando per la potenza del colpo.
“È l’occasione! Vai Styler!”.
Furono uno, due, tre, quattro giri, poi un quinto e ancora un sesto, e lo Styler confermò come la cattura fosse avvenuta.
“Ottimo! Fuori un altro! Proseguiamo! Non abbiamo tempo da perdere!”.



Prayers pt 2


Adriano avanzava con passo svelto lungo le scalinate scavate nella pietra della sua città; Ceneride era il luogo dov’era cresciuto, dove da bambino era diventato un uomo.
Dove aveva cominciato ad apprezzare la bellezza dell’acqua, le sue sfumature. La sua trasparenza.
L’acqua era limpida, lo specchio della verità: nell’acqua non ci si può nascondere, non ci si può celare dietro a nulla; la trasparenza ti spoglia.
Ed una volta uscito dall’acqua sei bagnato, come se una volta emerso da quel liquido ti fossi trascinato la consapevolezza di essere pulito.
L’acqua era verità. Per questo Adriano l’amava.
Poi però pensava al Team Idro e capiva che l’acqua poteva anche essere sporcata. Sporcata di nera pece, di fango marrone.
Di sangue rosso e vivo, sgorgante da corpi innocenti e colpevoli.
E ricordava, Adriano, quando da piccolo correva su quelle scale assieme ai suoi amici, e vedeva le gerbere in fiore nelle fioriere di quelle abitazioni così caratteristiche.
Correva, saliva le scale e poi si fermava.

“Hey, Adriano, forza! Vediamo chi arriva per primo alla Grotta!”.
“No, Mirton, sai che non dobbiamo andare lì! Tua nonna non te l’ha mai detto?!”.

“Io non vivo qui, posso sempre dire che non sapevo che quel posto fosse proibito a noi bambini”.
“Ma io a Ceneride ci abito e se succede qualcosa mia madre mi mette in punizione... Mica sono qui in vacanza come te... E poi non sono solo i bambini a non potersi avvicinare alla grotta. Nemmeno gli adulti possono”.
“E chi può entrarci?”.

“Solo il Capopalestra ed il Campione possono entrare lì. Ed i guardiani”.
“Wow! Non ti piacerebbe diventare un guardiano?”.

“No, Mirton. Sarebbe noioso. Sai che noia a stare tutta la giornata lì a fissare il vuoto...”.
“Io voglio diventare Capopalestra, Adriano”.

“Anche io”.
“Io sarò più forte di te”.
“Non credo proprio!”.

“Un giorno c’incontreremo! Ed ora vediamo chi è che arriva per prima al Centro Pokémon!”.   
  
E per primo c’arrivò Mirton, lo ricordava bene.
Agile lo era, Adriano, ma Mirton era un portento. Pensava che forse avrebbe potuto dare una grande mano alla loro causa, se solo non si fosse trovato in quel di Unima.
“Hey...” sussurrò Rocco, con la sua voce fredda. I loro sguardi s’incrociarono muti e comprensivi, come se parlassero tra di loro senza farsi capire.
“Che c’è, Rocco?”.
“Sei preoccupato?” domandò poi, dandogli una pacca sulla spalla.
Adriano sospirò. “Questa volta non è come l’altra...”.
“L’altra eravamo messi peggio” rispose Rocco.
“Avevamo Ruby e Sapphire”.
“Sì, ma Gold e Silver sono nettamente più preparati, senza contare che Crystal è in grado di catturare qualsiasi Pokémon con alta precisione. Sarà semplice”.
Adriano vedeva il Campione camminare stringendo i pugni, mentre qualche passo indietro Fiammetta stava camminando a testa alta. “Andrà tutto bene” ripeteva, quasi spasmodicamente, facendo girare più volte Rocco verso di lei, costringendolo a sorridere.
“Siete troppo tesi. Se affronterete questa situazione in questo modo andrà male sicuramente”.
“Rocco...” sbuffò la donna di Cuordilava. “Ci stiamo giocando la vita di Hoenn. Non riesco a capire come faccia tu a stare calmo”.
Il Campione si fermò, rimanendo a meno di trenta centimetri dal volto della bella rossa, e le mise una mano sulla spalla. Crystal, qualche metro dietro di loro, spalancò gli occhi, non aspettandosi quello stop improvviso.
“Io credo in ciò che c’è di buono, Fiammetta. E so che la medaglia ha due facce. Nessuno ha mai stabilito che debba per forza uscire testa, oppure croce. È il caso che decide”.
“Non comprendo, Rocco...” si grattò la testa, lei, confusa.
“Chi ha stabilito che debba andare male?”.
“Arceus e la sua profezia” rispose brevemente.
“Beh. Noi oggi saremo più forti di Arceus”.

“Blaziken! Baldeali!” urlò Gold, con nuova speranza all’interno degli occhi dorati. Levò il New – era dalla testa e sistemò i capelli, almeno prima di puntare il dito contro l’Infernape avversario.
“Infernape, attento! Usa Tuonopugno!”.
“No! Non farai nulla!”. La grinta nella voce di Gold fu così forte da immettere nuova forza nei muscoli del Pokémon prestatogli da Fiammetta: quello accelerò, raggiungendo una velocità incredibile ed abbattendosi con foga contro l’avversario, creando un boato che costrinse Ottavio, l’Allenatore avversario, a spalancare gli occhi.
“Che diamine...” fece il Magmatenente, impressionato.
Infernape era per terra, steso supino e con il respiro trascinato.
Ottavio sgranò per bene gli occhi, quindi digrignò i denti, rabbioso. “Infernape! In piedi!”.
“È tutto inutile, Hercules!”.
Blaziken si rimetteva in piedi assai faticosamente, con un braccio praticamente fuori uso. Gold lo guardò, scambiò con lui un cenno d’intesa, e lo vide rimettersi in piedi.
“Blaziken! Non dobbiamo permettergli nemmeno di alzarsi! Usa subito Calciardente su di lui!”.
“Infernape!” urlò Ottavio, vedendo Blaziken saltare verso l’alto il Pokémon; la sua gamba si ricoprì di fuoco e, dopo una capriola, portò velocemente la gamba verso l’alto. Stava per abbattersi sul suo Infernape con una foga pazzesca, con rabbia e voglia di rivalsa.
“Ora! Focalcolpo!” urlò il Magmatenente.
Infernape stava concentrando tutta la sua energia nel palmo della sua mano destra. Non appena Blaziken si trovò a portata di pugno, il primate sferrò un pugno ben concentrato in pieno petto dell’avversario; quello fu sbattuto parecchi metri indietro dal colpo, preciso e forte.
“No! Blaziken!” strillò Gold. Il Pokémon sbatté sul muro alle sue spalle, fortunatamente senza provocare crolli. S’accasciò per terra, dolorante, ma ancora non demorse e si alzò.
“Attendiamo...” sussurrò Gold, basso sulle gambe, proprio come Blaziken.
Ottavio non capiva la strategia di Gold, si limitava a buttare attacchi su attacchi, ma alla posa statica dell’Allenatore di Johto s’incuriosì.
“Non capisco perché vi stiate ostinando a combatterci. Noi siamo gli eroi”.
“Ehm... Hercules... Non dire puttanate...” sorrise Gold.
“Mi chiamo Ottavio, te l’ho detto prima. E poi noi stiamo tentando di salvaguardare la terraferma e tutti gli umani ed i Pokémon che convivono in quegli habitat. Con l’espansione del mare la vita cesserà di esistere o sarà comunque un diritto per pochi...”
Gold fissava l’uomo dritto negli occhi, trovando abbastanza convincente il suo discorso: effettivamente se il Team Magma non ci fosse stato, tutto sarebbe stato sommerso dalle azzurre acque marine dell’oceano che circondava Hoenn.
Ottavio tossì, poi continuò il suo discorso. “Invece saremo noi a rubare spazio al mare, prosciugandolo e creando ancora più habitat per Pokémon e persone! Il nostro credo è questo!”.
Gold inarcò un sopracciglio, indossando un’espressione strana in volto.
“Hey, Hercules... Non sono propriamente un genio, ma capisco anche io che questo piano è di una stupidaggine assoluta. Bisogna mantenere l’equilibrio” disse, digrignando poi i denti durante una fitta dolorosissima al petto.
“Io non starò qui a vedere il nostro sogno venir sommerso. Io lotterò per il mio sogno!” urlò Ottavio. “Infernape, usa Sottomissione!”.
Gold spalancò gli occhi; questi rilucettero abbaglianti in quel corridoio semibuio ed incantarono per un attimo il Magmatenente. Fu risvegliato solo dalle urla di Gold.
“Cazzo!”.
Fu così che il velocissimo Infernape si gettò su Blaziken, pressando le spalle del Pokémon con le ginocchia cominciando a colpirlo in volto con i pugni infiammati.
 Blaziken incassava ruggendo ed urlando.
“Liberati!” fece Gold, nuovamente.
“Non ci riuscirà! Ammazzalo, Infernape! Ammazzalo!” urlava furente e folle l’uomo dai lunghi e ricci capelli neri.
Infernape sembrava avesse due braci al posto degli occhi e continuava a colpire con foga il volto del suo avversario, rendendolo livido e sanguinante.
“Io credo in te! Dobbiamo riuscirci! Non possiamo perdere, Blaziken!”.
Forse fu quella grinta a permettere al Pokémon di liberare una spalla dal blocco di Infernape. Gold spalancò gli occhi, sorpreso e felice, e strinse i pugni. “Stramontante!”.
Blaziken lasciò partire un destro spaventosamente forte, che colpì in volto il suo avversario; questi sentì improvvisamente le forza venirgli meno e ricadde indietro, finendo sul pavimento con un tonfo sordo.
“Abbiamo vinto! Grande Blaziken!” urlò Gold, facendo rientrare nella sfera il proprio Pokémon. Ottavio invece guardava col volto schifato il suo Pokémon, facendo segno di no con la testa.
“Tu non capisci...”.
Gold sorrise nuovamente, sfidandolo. “Io capisco benissimo. Siete voi che non capite. Il meglio che possiate fare per gli esseri umani ed i Pokémon è smettere di creare problemi!”.
Infernape ritornò nella sfera ed Ottavio rimase immobile, coprendo con le sue spalle larghe il resto del corridoio.
Una forte scossa fece nuovamente tremare le pareti e fece agitare Gold, accentuando il dolore al petto. “Cazzo... Che male...” disse il ragazzo, piegandosi in due e tossendo, sputando poi sangue caldo e tendente al brunastro.
Ottavio, dal suo canto, parve non scomporsi minimamente. Strinse i pugni e chiuse gli occhi per un istante. Avanzò un passo, deciso e parecchio meccanico, come se fosse un automa a muoverlo, e poi ne seguì un altro.
Gold era inginocchiato, vedeva Ottavio avvicinarsi e sperava vivamente fosse per sorpassarlo ed andare via.
Invece i piedi dell’uomo si fermarono proprio davanti a lui. Gold pulì il sangue che gli colava dai lati della faccia con la manica della felpa, noncurante del fatto di sporcarla. Alzò poi gli occhi, incontrando la figura statuaria davanti al volto, cercando di scrutare nella penombra del suo viso lo sguardo maniacale che gli aveva rapito l’espressione.
“Tu non andrai oltre”.

Martino volava imperterrito sul suo Staraptor, maledicendo la pioggia, i Gyarados ed il giorno in cui aveva deciso diventare un Pokémon Ranger. Guardò Marina, ricordandosi il giorno in cui lei aveva deciso di voler diventare un Pokémon Ranger. Due anni ci vollero, anni in cui Martino tornava a casa e le spiegava di come avesse passato la giornata nella natura, assieme a Pokémon che aveva salvato da grandi incendi o da pericolosissime frane.
Lei lo ascoltava, seduta per terra a gambe incrociate, braccia a picchetto dietro il suo corpo, a sostenerla e occhi spalancati.
Gli occhi di sua sorella li ricordava alla perfezione: le sopracciglia erano arcuate, per aumentare ulteriormente il volume dello sguardo, di quelle due pietre color nocciola.
Il giorno in cui diventò anche lei un Pokémon Ranger, Raimondo, l’Area Ranger, non ebbe dubbi nel metterla in coppia con suo fratello. Entrambi diventarono il duo d’elite dell’Associazione Ranger nella regione d’Oblivia e questo migliorò ulteriormente il rapporto tra i due; in particolar modo aumentò l’ammirazione di Marina nei confronti dell’operato del fratello. Aumentò di pari passo anche la proiettività di Martino, soprattutto perché il fattaccio era già successo.
E adesso entrambi erano nella stessa situazioni di nove anni prima, quando lei aveva cominciato: Martino volteggiava in aria, cercando di salvare la pelle e distrarre una quantità di Gyarados al limite della verosimiglianza, carico di preoccupazioni per la pellaccia dura di sua sorella che, dal suo canto, poteva soltanto guardare alle gesta di suo fratello con sbalordimento ed ammirazione.
“Non dobbiamo fare in modo che Martino rimanga esposto per così tanto tempo! Dobbiamo fare presto!” urlava.
Aveva intanto acquisito altri sei Gyarados con l’utilizzo dello Styler, che la seguivano imperterriti. Sapeva di esser molto vicina al limite d’acquisizione del suo Styler, e sapeva che la situazione era particolarmente difficile, ma doveva in qualche modo riuscire a superare quell’ostacolo. Sapeva anche che i Gyarados fossero Pokémon molto iracondi e soprattutto potenti, in grado di provocare molti danni; l’azione diversiva di Marino stava impedendo ai Pokémon Atroce di attaccare abitazioni e civili.
Un’altra potente scossa di terremoto fece franare la parte destra dell’isola ed infuriare i Gyarados che cominciarono ad attaccare con Ira di Drago, anche tra di loro.
“Porco...” e stava diventando blasfemo, Martino, pensando ad Arceus ed ai suoi capricci che sembravano cozzare con la voglia del ragazzo di tornarsene nella sua bell’isoletta.
E poi un Gyarados si staccò dal gruppo, andando verso sua sorella.
“Che diavolo...?”.
Marina avanzava a 70 nodi, stringendosi ad uno dei corni del Gyarados che la stava trasportando; i capelli della ragazza erano portati indietro dall’enorme vento, ma erano bagnati per via del temporale che si stava abbattendo su di loro.
E poi vide un grande Gyarados che si stava scagliando con forza verso di loro.
“Aiutatemi, per favore!” urlò agli altri enormi Pokémon che aveva acquisito, vedendoli immediatamente stagliarsi davanti a lei. Lo sguardo di Marina si spostò un attimo verso Pichu, ansimante e stanco dopo l’ultimo, ennesimo attacco fatto contro quegli avversari tanto più grandi di lui.
Anche lui meritava una pausa.
“Dobbiamo indietreggiare un po’... Lasciamo che a fronteggiare l’avversario per ora siano i Pokémon che abbiamo acquisito...” fece lei, cercando di pensare ad una strategia.
Una strategia molto complicata. I Gyarados in acqua erano molto più avvantaggiati di lei, ergo le serviva qualcosa di rapido ed efficace. Guardò per un’ultima volta Martino, vedendo poi uno dei suoi Gyarados ricadere esanime lateralmente, schiantandosi contro lo specchio acquatico in cui si trovava ed alzando una grande quantità d’acqua.
Martino aveva inviato lo Styler, e la pioggia continuava a cadere. Stava acquisendo qualche Gyarados, fortunatamente aveva già cominciato a disfarsi in questo modo dei nemici. Un altro dei suoi baluardi difensivi ricadde in avanti, senza forze, mostrandole il mostruosissimo avversario che avevano davanti: era parecchio più grande degli altri Gyarados. Sicuramente era più grosso dei suoi.
Lo vide ruggire e spalancare le enormi fauci: ognuno degli enormi e acuminati canini erano ricoperti da bava e sangue secco. Gli occhi del Pokémon erano iracondi e rossi, pieni di rabbia.
Martina lo vide gettarsi a capofitto contro un altro dei baluardi che si era posta davanti con una violenza immane, colpendolo ripetutamente con la testa.
“Un... un attacco Colpo...” disse lei, tra due sospiri, con gli occhi spalancati e la bocca semischiusa.
Il grande Gyarados si abbatteva a capofitto sul corpo del suo simile, molto più piccolo. Un colpo lo diede sul capo di quello, sfondandogli mascella e parte del cranio. Un urlo di dolore si levò in alto nel cielo buio che sovrastava Ceneride.
Un altro colpo fu incassato sempre nello stesso punto, ammazzando immediatamente il povero e malcapitato Gyarados, che ricadde senza vita verso sinistra, abbattendo un altro esemplare, che poco dopo scappo in basso, nelle profondità del lago.
Il corpo morto del povero Gyarados rimase a galleggiare brandito dalle onde agitate del lago, ma quel leviatano non aveva ancora soddisfatto la sua sete di sangue e si gettò nuovamente sul torace lungo e serpentiforme di quel contenitore di organi senza vita, spaccandolo a metà nel suo centro.
Ne risalì, sporco del sangue derivato da quella follia fratricida.
Marina non aveva mai visto una situazione simile: la rabbia di un Pokémon simile era davvero smisurata. Aveva smembrato senza pietà un suo simile, cominciando ad attaccare il prossimo obiettivo.
E lentamente li aveva sconfitti tutti; Marina li aveva visti crollare come torri di carte al primo soffio di vento. Ora si avvicinava all’ultimo Gyarados, quello con in groppa Marina. Lo sguardo sanguinario ed assassino peggiorava ulteriormente quella sensazione di pericolo ed ansia che era stata provocata dai pezzi di carne e sangue che colavano dalle fauci di quel palazzo azzurro con le branchie.
Ruggiva, quello, gridava; si lamentava, ed il cielo sembrava ascoltarlo, cercando di lenire le sue ferite dell’anima con la pioggia fitta e torrenziale.
Poi, all’improvviso, si gettò contro Marina ed il suo Gyarados, di molto più piccolo.
“Dannazione! Pichu!” urlò Marina, ragionando in fretta. Il piccolo roditore, con l’ukulele azzurro a tracolla, fece un balzo notevole, portandosi ad un paio di metri da Marina, e lasciò partire un forte attacco Fulmine dalle sacche nelle sue guance. Investì completamente il Gyarados avversario, provocandogli spasmi dolorosi.
Martino da lontano vide l’enorme luce luminosa provocata dall’attacco di Pichu e si stupì: non aveva mai visto il suo Pichu emanare tanta energia in un attacco. La bestia soffriva l’attacco, il dolore della scarica elettrica, gli spasmi muscolari sembravano essere infiniti e poi spalancò gli occhi, riprendendo il controllo del suo corpo; Pichu era ancora in aria quando il grande serpente marino si liberò dall’attacco. Offeso dal fendente elettrico del piccolo topolino sparò un’enorme sfera infuocata, colma di rabbia e risentimento.
“Ira... di... Ira di drago” ragionò Marina, vedendo Pichu venir colpito e sparire all’interno di una grossa esplosione, almeno prima di ricadere esanime sulla terra ferma, quasi trenta metri dopo.
Marina era sguarnita. Doveva ragionare.
Non avrebbe potuto lanciare lo Styler, con la foga di quel Gyarados sarebbe stato distrutto in un niente. Ed in quel momento era la sua unica arma.
Non avrebbe nemmeno potuto combattere, dato che non era un’Allenatrice, e saltare in acqua era fuori discussione dato che non sarebbe riuscita a nuotare più velocemente di quel mostro.
Alzò gli occhi, giusto per un secondo, cercando e trovando lo sguardo preoccupato del fratello, poi l’ennesimo urlo di quel Pokémon gigantesco attestò l’inizio della sua offensiva.
Si scagliò veloce contro di lei, contro il suo Gyarados, con le fauci spalancati, probabilmente mirando ad utilizzare nuovamente l’attacco Colpo.
“Sono fritta...”.
Era pronta a saltare, era l’unica possibilità di sopravvivere. Un altro salto, un altro grande salto, forse le sarebbe andata lo stesso bene.
Caricò il peso sulle gambe e cercò di aprire velocemente lo zaino, per tentare di salvare lo Styler infilandovelo dentro, ma poi vide una grande massa argentea esplodere sul viso del Gyarados avversario, lasciando Marina totalmente esterrefatta.

Una goccia d’acqua continuava a perdere da qualche tubazione che perdeva
Gold ricevette un forte calcio dritto nel costato ed il dolore divenne così intenso da sembrare quello di un milione di spilli conficcati nelle pupille.
Il ragazzo urlò, poi gemette e si piegò ulteriormente in due, tossendo e sputando sangue, che prese a colargli dalla guancia.
“Tu non fermerai i piani di rivoluzione del Team Magma. Nessuno può fermarli. Né tu, né tantomeno il Team Idro. Attueremo il nostro piano e grazie al controllo di Groudon lo faremo oggi stesso. Il processo di Archeorisveglio è praticamente ultimato, ancora poco e uscirà dalla Grotta dei Tempi, ed Andy lo controllerà con la Sfera Rossa”.
Gold tossì ancora, provando incredibile dolore all’addome ed al costato. I respiri sembrarono essere faticosissimi ed i suoi occhi parvero luci abbaglianti nascoste da due feritoie sottili.
“Non... non ci riuscirete...”.
Ottavio si abbassò ed afferrò per il collo Gold, sollevandolo da terra di trenta centimetri. Sembrava possedere una forza senza eguali.
“Ci riusciremo eccome” rispose l’uomo, regolando con forza la stretta attorno alla gola del ragazzo. Gold tossiva, cercando di liberarsi dalla presa, ma inutilmente: le dita attorno al suo collo erano serrate con così tanta forza da non lasciargli alcuna speranza di fare in modo che quello mollasse la presa, anche costringendolo piegandogli le dita.
L’aria intanto non passava, e la testa pareva scoppiasse.
E poi la mano di Gold, lottatrice per la libertà del proprietario, almeno fino a quel momento, desistette e ricadde quasi morta, lungo il suo fianco.
“Voglio sentirti pregare per la tua vita” tuonò l’uomo, vedendo le mani di Gold indebolirsi.
 Ottavio sorrise, osservando come gli occhi dorati del ragazzo spegnersi lentamente, come se qualcuno avesse giustamente calato il palcoscenico alla fine di un’opera.
 



 



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