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Cyber Witch - Non è tutto oro ciò che luccica

Salva a tutti. Come anticipato sulla pagina Facebook Pokémon Adventures ITA, oggi fuori un pezzo di Cyber Witch, ispirato alla HotsummerShipping, coppia che ho creato in Hoenn's Crysis, che vede Marina e Gold assieme. E niente, Cy è proprio uscita di melone con sti due.
In più, Black Lady ha fatto ciò che le riesce meglio. E l'ha fatto con il capitolo 3 di Hoenn's Crysis, che è fuori sulla sua pagina. Potrete scaricare il capitolo anche da questo link.



Sì, mannaggia a te Andy Black, perché ora questa coppia è amore e vita
e ovviamente chi vuoi se la caghi se l'hai inventata tu? Io sola. Vi prego, amateli come li amo io ;-;




 
Non è tutto oro ciò che luccica



 
L’amore non era una cosa bella. Non per lei, non in quel momento. L’amore non aveva niente a che fare con i film, con i libri romantici che – doveva ammetterlo – alla fine aveva letto. Quell’amore non esisteva, a suo parere. Amore era una parola difficile da dire, le sembrava di pronunciarla male, non sapeva nemmeno cosa fosse, in realtà.
Nei libri era di certo tutto più semplice, due persone si innamoravano, delle volte qualcuno cercava di mettersi in mezzo, ma alla fine i sentimenti prevalevano.
Nella vita era diverso, Marina lo sapeva, ora che vedeva quella scena con i propri occhi.
Lo odiava, quel sentimento che amore non era. Le contorceva le viscere, quasi come se l’interno del suo corpo avesse deciso di diventare un quadro di Picasso. La milza al posto del femore, lo stomaco al posto del cuore.
Oh, lei lo sentiva, il cuore, venir digerito dai succhi gastrici.
Lo sentiva, il cuore, sciogliersi all’acido della bile, mentre guardava Gold sbavare dietro ogni singola ragazza che fosse più pettoruta di lei.
E fino a quando erano solo sguardi vogliosi, in fondo, a lei non importava. Sapeva che Gold venerava il corpo femminile, sapeva anche che era un maschio e che i suoi istinti delle volte prevalevano sulla razionalità che ancora doveva capire se possedesse.
Ma quando quegli sguardi erano diretti ad una certa ragazza dagli occhi cristallini, allora Marina si sentiva morire dentro.
Un rantolo le usciva dalla gola e avrebbe pregato il suo Staraptor di ucciderla, avrebbe chiesto aiuto persino a Martino, se fosse stato necessario, tutto pur di non vedere Gold.
Si preoccupava, per lui, quando si metteva in testa quelle idee strampalate, provava a stargli vicino nei momenti difficili, cercava contatto, ma lui sembrava vedere in lei semplicemente un involucro poco femminile per un'anima da maschio.
Il problema essenziale di Marina era che, Gold, non la considerava una donna. Se solo fosse stata più morbida, i tratti più femminili.
Si trovava in un corpo magro e slanciato, ma senza curve. La pelle olivastra, abbronzata dal sole di Oblivia, era segnata da cicatrici biancastre, memorie dei suoi incarichi più rischiosi.
Non era certo una bellezza prorompente come Fiammetta, né delicata come Crystal o misteriosa come Alice. Non aveva nient’altro che il suo caschetto castano, le sue labbra sottili e gli occhi nocciola.
Niente di speciale, o di unico. Non aveva occhi cristallini, non aveva curve da paura e non le avrebbe mai avute.
Marina era semplicemente una ragazza mediocre, con una grandissima forza d’animo, ma pur sempre mediocre.
E se era vero che l’occhio voleva anche la sua parte, almeno in principio, era anche vero che lei non aveva alcuna chance di attirare l’attenzione del ragazzo dagli occhi che brillavano d’oro.
Si rannicchiò contro la poltrona che aveva l’odore di suo fratello, i piedi liberi dalle scarpe strette, niente più sciarpa gialla ed occhialetti rossi. Marina aveva i capelli in disordine, qualche ciuffo ribelle le cadeva davanti agli occhi mentre, inutilmente, cercava di seguire un programma alla televisione.
Una sitcom stupida e degli anni novanta, che avrebbe dovuto far ridere, ma che nemmeno con le risate finte in sottofondo lo spettatore avrebbe saputo dire quando dicevano qualcosa di divertente.
Appoggiò la testa contro lo schienale della poltrona, l’odore di suo fratello nelle narici che la rassicurava un poco. Se Martino fosse stato in casa tutto sarebbe stato più semplice, si sarebbe rifugiata fra le sue braccia e avrebbe nascosto le lacrime nell’incavo del suo collo. Probabilmente, quando Martino le avrebbe fatto confessare – sì, ci riusciva sempre a farla confessare – chi fosse la causa del suo pianto sarebbe subito partito per Johto e avrebbe scuoiato vivo Gold, usano la sua pelle come rivestimento per il divano.
Marina rise, suo fratello l’avrebbe di sicuro fatto.
Quando partì la pubblicità si alzò per dirigersi in cucina, prese un bicchiere e lo riempì d’acqua, trangugiandola tutta d’un fiato.
Probabilmente le sarebbe venuto male alla pancia, ma non le interessava. Dopotutto, in quel momento, il suo stomaco stava digerendo il suo cuore.
Diede un’occhiata all’orologio della cucina, che segnava le sei di sera. Era estate ad Oblivia, il sole ancora era alto in cielo.
Casa sua e di suo fratello era vicino al Residence Acqua, a Solfonia, dato che Raimondo non poteva raggiungere l’isola in fretta avevano pensato che un Ranger potesse rimanere stanziato in quell’isola. A Marina piaceva Solfonia, si svegliava la mattina presto e scendeva in piazza, per osservare le donne che posizionavano le bancarelle per il mercato. Dopo che Martino si era svegliato a sua volta perlustravano la zona e rispondevano alle richieste degli abitanti.
Tornò a sedersi sulla poltrona, guardando distrattamente l’uomo nella televisione che flirtava con la cameriera di uno di quei diner americani, nei quali la cosa meno grassa che servivano era il caffè.
Qualcuno bussò alla porta, probabilmente Martino che si era di nuovo dimenticato le chiavi.
Per un istante contemplò l’idea di lasciarlo dormire fuori quella notte, giusto per vedere come avrebbe reagito il fratello, poi si alzò dalla poltrona, ciabattando i piedi sul pavimento di legno coperto da un tappeto di Regiobaleno.
Inutile dire che alla porta non fosse Martino, ma tre Allenatori sorridenti con bagagli al seguito.
«’Sera!» esclamò allegro Gold, il cappello dell’adidas girato al contrario, gli occhiali da sole e la felpa slacciata.
«Abbiamo pensato: è estate, andiamo a fare una vacanza al mare. E siccome Hoenn non è propriamente consigliata siamo venuti qua! Sorpresa» trillò contento, allungando la e dell’ultima parola, come se le avessero appena organizzato una festa e avessero scoperto solo in quel momento che non era il suo compleanno.
Marina strinse il pomello della porta, digrignando i denti e cercando di sorridere.
«Siamo di disturbo?» chiese preoccupata Crystal, stretta a Silver.
Tu di sicuro avrebbe voluto rispondere Marina, mentre stringeva le sue mani piene di calli attorno al collo latteo della giovane e vedere il suo volto diventare rosso come i capelli del fidanzato.
«Uh, no. Cioè, non lo so, non penso. Martino non è in casa quindi, ecco, entrate» concluse confusamente la ragazza, scostandosi dall’uscio.
Quando Gold le passò di fianco le arrivò una vampata del suo profumo al naso. Non era niente di evidente, né di particolarmente interessante. Sapeva un po’ di sudore, misto all’odore di bruciato. Probabilmente si era allenato con Exbo.
«Sistemate tutto, eh, in salotto. Chiamo un attimo Martino per avvertirlo...» mormorò, facendo strada ai tre amici. Silver aveva un braccio attorno alla vita di Crystal.
Silver le stava simpatico, rifletteva prima di agire e soprattutto era innamorato perso di Crystal e lei sembrava ricambiare.
Era Gold, il problema, perché Marina non sapeva dire se quella che provava per lui era repulsione – di quelle toste – oppure una semplice infatuazione.
Amore, poteva anche parlare di amore, a questo punto. Il pensiero del ragazzo dagli occhi d’oro le arrivava in testa nei momenti meno inopportuni; durante esplorazioni, mentre chiacchierava con Alia, la ragazza che adorava parlare del suo Skarmory, anche mentre dormiva.
Forse era un’ossessione, forse era amore, Marina non l’avrebbe saputo dire con certezza. Quello che sapeva dire con certezza era che gli sguardi di Gold al fondoschiena di Crystal le facevano venir voglia di vomitare la bile che, ne era quasi certa, ora aveva preso il posto del cuore.
Quando i tre si furono sistemati attorno al tavolo della cucina, ognuno con un bicchiere d’acqua fresca davanti, Marina andò in camera per contattare Martino con il suo Styler.
La voce del fratello le arrivò coperta dal fruscio dell’aria. Probabilmente stava rientrando in quel momento sopra Staraptor.
«Marina, sto arrivando. Che succede?»
«Sono arrivati...» iniziò, tentennando.
«Chi?» Martino aveva la voce spazientita, quasi sicuramente non era stata una bella giornata a Mironda, dove era andato a pattugliare.
«Silver e Crystal» disse.
«Oh, e che ci fanno qua?» l’aria si era un po’ calmata in quel momento, rendendo più semplice ascoltare la voce del fratello.
«Vacanze... c’è anche Gold»
«Ah–
«Senti Marina, io faccio il più in fretta possibile per arrivare, ok?» concluse in fretta il ragazzo.
«Ti voglio bene» le disse, prima di riattaccare.
Marina sentì un vuoto allo stomaco, forse aveva finito di digerire il suo cuore.
Tornò in cucina, dove i tre Allenatori stavano ridacchiando e parlando fra loro. Crystal stava dando un’occhiata alla cucina, mentre Silver e Gold stavano dando un’occhiata... a Crystal.
«È proprio una casa carina, Marina» le sorrise l’Allenatrice di Johto, per poi guardare imbarazzata la mano di Silver che le si era posata sulla coscia.
Gold si smosse un po’, forse era irritato.
Non sei l’unico pensò Marina, sospirando silenziosamente di fronte al moto di gelosia che Gold provava per Silver.
«Scusate se è in disordine, io e Martino non siamo quasi mai a casa e non pensavamo proprio che potessero arrivare ospiti» si scusò gentilmente, sorridendo a Crystal. Se non fosse stata un Pokémon Ranger, se non le avessero insegnato che la giustizia arriva prima di tutto, probabilmente avrebbe sputato nell’acqua di Crystal.
Martino arrivò qualche minuto dopo, gli occhiali gialli e rossi ancora davanti agli occhi e i capelli tirati indietro dal vento.
Si tolse tutto in fretta e raggiunse i quattro ragazzi in cucina, rischiando di travolgere Marina con la rapidità con la quale era giunto.
Abbracciò la sorella, in una muta domanda.
Marina annuì, andava tutto bene, lei era forte. Sarebbe sopravvissuta anche ad un ragazzo sbruffone e molto stupido.
Insieme mangiarono cena e Martino si offrì di trovare per loro un posto dove dormire, al Residence era semplice trovare qualche casa sfitta.
Nonostante avessero trovato una sistemazione in fretta i tre si fermarono fino a tardi a parlare con i due Ranger e la serata si concluse con Crystal e Silver addormentati vicini sul divano, con Martino che ronfava beatamente avvinghiato a Staraptor sulla sua poltrona e con Gold e Marina che – senza curarsi del sonno che stava iniziando ad intorpidire anche le loro membra – rimanevano svegli a guardare la maratona de i Robinson alla tv.
Gold delle volte rideva, seduto per terra davanti all’apparecchio, le gambe fasciate dai pantaloncini corti distese e la schiena appoggiata ad un cuscino che aveva rubato al divano, irritando Martino.
Marina, invece, era sulla sua poltrona, rannicchiata, con le ginocchia al petto.
Osservava Gold ridere, probabilmente la stanchezza gli aveva fatto lo stesso effetto di una sbornia, rendendolo felice di qualsiasi battuta Bill Cosby facesse.
Silver grugnì nel sonno, avvolgendo fra le sue braccia Crystal, che vi si rifugiò. Gold non se ne rese conto e continuò a ridacchiare, mentre Marina osservava la mascella del ragazzo.
Era imberbe, marcata ma non sgraziata. Mascolina.
Gold era giovane e aveva con sé l’aria da eterno bambino che sembrava non perdere mai, nonostante avesse interessi che di solito i bambini non avevano.
La giovane Ranger si alzò dalla poltrona, avvicinandosi a Martino per dargli un bacio sulla fronte, come faceva ogni sera prima di addormentarsi.
Si voltò verso Gold, gli occhi lucidi alla luce della televisione.
«Io non riesco a dormire, ti va di fare un giro per il residence?»
Vide Gold annuire e spegnere la televisione. Il ragazzo si alzò e la raggiunse.
Non aveva il cappellino dell’adidas né la felpa che portava di solito, solo una t-shirt nera e i pantaloncini neri e gialli.
Marina uscì di casa per prima e aspettò che l’Allenatore la raggiungesse, chiudendo dietro di sé la porta.
La Luna si rifletteva sulla fontana della piazza centrale e il dolce rumore dell’acqua che scorreva cullava i sonni degli abitanti.
«Di solito vado fino al molo, quando non riesco a prendere sonno» gli disse, allacciando le mani dietro la schiena e camminando scalza per il Residence Acqua.
Gold annuì, improvvisamente taciturno. Insieme raggiunsero il molo con ormeggiate tre piccole barche, usate dai pescatori.
Due Starly dormicchiavano sopra una balaustra, dove avevano fatto il loro nido.
Marina si avvicinò al pontile di legno libero da ormeggi e ci si sedette sopra, immergendo le gambe abbronzate nell’acqua calma di Solfonia.
Il giovane si accomodò al suo fianco, incrociando le gambe e osservando la Luna alta in cielo.
La Ranger si voltò verso l’Allenatore, disegnando con gli occhi il profilo della gola, soffermandosi sul pomo d’Adamo.
Deglutì quando le venne l’improvvisa voglia di posarci le dita – in quel caso pensava che le dita avrebbero subito preso il posto delle labbra nel suo nuovo quadro di Picasso – sopra.
Poi Gold si voltò, gli occhi che rilucevano alla luce della Luna, quasi fatti d’oro liquido.
Sarà una malattia di quelli di Johto aveva pensato quella di avere occhi impossibili.
Il moro le sorrise, mostrando i denti regolari.
«Il mio fascino ti ha catturata, per caso?» le chiese, sbruffone.
Non sai quanto hai ragione avrebbe voluto dirgli, vincendo il timore di essere rifiutata. Più che altro era quasi una certezza matematica, il fatto che Marina non sarebbe mai potuta interessare a Gold.
«Non fare lo scemo» gli disse, osservando la Luna.
Le sembrava quasi di vedere gli occhi di Gold splendere, come quelli di un gatto, al buio.
Non è tutto oro ciò che luccica, Marina, ricordalo si disse, muovendo leggermente le gambe nell’acqua.
«When the moon hits your eyes like a big pizza pie, that’s amore...» canticchiò Gold, ridacchiando come un ubriaco.
«Sei stonato»
«Però è una bella canzone, dai»
«Cantata da te di sicuro perde di significato»
«E io che te la dedico pure»
Però forse questo è oro vero convenne fra sé, ridacchiando ebbra di felicità. Forse non era il tipo di Gold, ma questo non le proibiva di tentare.








 

.:.Cyber-spazio.:.
Yep, questo è un ritorno alle origini. Nacqui come shippatrice - che attenzione non è propriamente quella che ruba, ma spesso e volentieri quella che viene rubata - e poi passai per il lato più oscuro, quello che parla di budella e sangue e perché no, anche pinguini stranamente rosa. Perché hooray, noi siamo tutte e due!
Questa è una fanfanfiction, come ha giustamente rinominato Andy, della sua Hoenn's Crysis, lettura consigliata se volete piangere. spammyspamm
Coooooomunque, ecco alcune buone ragioni per shippare Marina e Gold!
  1. A me piacciono
  2. Io necessito di più storie su di loro
  3. Marina è la luce dei miei occhi
  4. I Ranger sono fighi
  5. Gold ama Marina, deve solo ricevere abbastanza storie per poterlo capire
  6. Sono perfetti insieme
  7. Gold ha gli occhi dorati
  8. Sì, quello che ho scritto sopra c'entra con quello che sto scrivendo
  9. Nove
E con questo ho finito, spero di avervi convertito, o almeno che questa storia vi sia piaciuta!
Un inchino,
Cy.


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