Io ho scritto il capitolo di HC. Black Lady ha pubblicato il capitolo del fumetto (DOWNLOAD PT 1 - PT 2)
Femmina Omega
Fiammetta e Rocco avevano Miriam, il capo del nuovo Team Magma, a pochi metri. Dietro di lei, una grossa pozza di lava incandescente ribolliva per via dei gas sulfurei.
L’atmosfera era frenetica, la temperatura incandescente.
Rocco guardava quella che un tempo era la sua giovane donna con gli occhi di chi era stato offeso mortalmente, con il viso puntuto e le palpebre strette sulle pupille grigie. Era un passo avanti a Fiammetta, che malcelava la sua paura.
E Miriam sorrideva, nel vedere come lui la proteggesse.
“Devo dirvelo, ahimè: state davvero bene assieme. Siete effettivamente una bella coppia”.
“Non siamo una coppia, te lo ripeto” disse Rocco, stanco.
“A me sembra gelosa” sorrise l’altra.
Miriam guardò Fiammetta con un ghigno isterico ed annuì leggermente.
“Sì. Un po’ m’infastidisce. Però mi ripeto, Rocco è il passato. Ora addirittura vuole mettersi tra me ed il mio sogno... Non lo posso accettare”. La voce di Miriam era diventata sottile, liscia come il velluto.
“Non è il tuo sogno” tuonò improvviso l’unico uomo lì. “Era il sogno di tuo padre!”.
“Tanto mi basta, Rocco. Non sapevo cosa fosse un sogno prima di sapere di non essere sola”.
Ferito nel profondo, lui abbassò la testa.
“Hey... Che hai?” domandava Miriam, con i capelli rossi ben legati nella coda che soleva portare, alta sulla testa. Seduti con le gambe a penzoloni su di uno strapiombo sul Monte Camino, Rocco e la ragazza passavano spesso i propri pomeriggi immersi nella natura.
Il giovane Rocco indossava quasi sempre magliette grigie, o blu, o verdi, che richiamassero anche lontanamente il colore dei suoi occhi. E poi quei grossi scarponi da trekking, tutti consumati sulle punte, marroni, come i suoi pantaloni. Il volto del ragazzo aveva lineamenti gentili ed i capelli, lunghetti, gli carezzavano le spalle quando voltava il viso. Fissava lo sguardo color rubino di Miriam, la sua pelle chiara, con le efelidi che le tempestavano le guancie ed il piccolo naso, cesellato con cura da mani pregevoli. Il fisico era poco più che acerbo, accenni di quello che sarebbe diventata alcuni anni dopo. I lunghi capelli danzavano ad ogni soffio di vento ed alcuni riccioli si arrampicavano sul collo della ragazza, avventurosi, per poi sfinirsi a metà strada e ricrollare giù.
“Mi senti?!” chiedeva irritata, lei. “Ti ho chiesto che hai!”.
Rocco si svegliò dall’ipnosi indotta dal sorriso di quella e fissò i suoi occhi. “Niente, Miry”.
“Ti sei incantato mentre mi guardavi”.
“No” arrossì rapidamente lui. “Stavo riposando gli occhi. Sai, quando trovi quella posizione in cui sembra che tutto si fermi, e tu ti rilassi, così, all’improvviso”.
“Mi sorprende sentirti pronunciare tutte queste parole in una sola frase. Sei nervoso. Che hai?”.
“Ma niente... tranquilla. Niente”.
Miriam allora sorrise, tirò il ragazzo per le spalle e gli salì a cavalcioni. Gli spinse il petto contro la dura roccia su cui sedevano e sorrise. “Ora parli, altrimenti non andiamo più via di qui!”.
Rocco sorrise, ancora più paonazzo, e soffiò via una ciocca di capelli dagli occhi, guardando dritto avanti a sé: il cielo era azzurro, qualche nuvola sporcava di bianco quella tavolozza cerulea, ma in basso riusciva a vedere la fronte ben proporzionata di quella.
“Hey! Guardami!” esclamò lei, sporgendosi in avanti ed entrando nel campo visivo del ragazzo.
Lo vide ridere. “Dammi tregua, santo cielo”.
“No! Finché non mi dici che hai non mi scollo da qui”.
“Per me puoi rimanere lì tutto il tempo che vuoi. È un segreto...”.
E magari a lei bastava aprire gli occhi e leggere i segni, i messaggi, per capire che in realtà il segreto non era altro che lui fosse innamorato di lei. Lo avrebbe scoperto qualche mese dopo, quando lui le rovinò addosso, facendola cadere. Lei rise, lui pure, e poi si baciarono.
Tuttavia in quel momento la situazione non era abbastanza matura.
“A te piace qualcuno!” la buttò lei, così, facendo inavvertitamente centro al primo tentativo.
“No! Ma sei matta?!”.
“Non dirmi cazzate, Petri! A te piace qualcuno!”.
“Non è così!” urlava Rocco, cercando, invano, di liberarsi dalla presa della ragazza. Era sempre stata così rude e grezza nell’animo, ma pur sempre molto femminile, con quel collo lungo e la maglietta leggermente corta, che le scopriva l’ombelico, impreziosito da un neo che aveva sulla sinistra.
“Secondo me è Fiammetta! Non può che essere lei! Dannazione, quella è poco più che una bambina! Ti piace la nipote del Capopalestra?!”.
“Cosa?!” esclamò stupito lui.
“Dimmi la verità!”.
Ragionò, lui, comprendendo quanto non fosse effettivamente simpatico essere messo sotto torchio da quella ragazza. Ma a lui piaceva sentirla addosso, e le cosce di quella che gli cingevano la vita lo caricavano d’adrenalina e scariche ormonali che, a sedici anni, erano perfettamente comprensibili. Decise di mentire, per la sua incolumità.
“Mi hai scoperto, Miry...”.
“E così ti piace quella bimba?!” si stupì lei, scandalizzata. “Ma potrebbe essere la tua sorellina!”.
“Anche tu potresti essere la mia sorellina...”.
“Per pochi mesi di differenza! Finiscila di rimarcare il fatto che tu sia di novembre ed io di luglio dell’anno dopo! E poi è più facile che una della mia età diventi la tua fidanzata, piuttosto che una ragazzina di dieci anni come lei... Tuttavia devo ammetterlo: è piuttosto graziosa...”.
“Ma non è proprio quello che pensi... cioè, mi è capitato un paio di volte di pensare che fosse una ragazzina carina. Non sono un pedofilo...”.
“Esageri sempre, Petri” disse, smontando dal corpo del ragazzo. Si stese accanto a lui, guardando la corsa delle nuvole.
“Quella sembra un Numel...” fece lei, puntando l’indice verso l’alto. Poi lasciò cadere la mano sul petto del ragazzo, volontariamente, ridendo per il sussulto di quello.
“La solita violenta...” fece lui, sospirando.
“Sei una femminuccia”.
“Non è così. È che non voglio farti del male”.
“Non riusciresti a farmi del male nemmeno se ci provassi” sorrise lei. Il ragazzo inarcò un sopracciglio, quindi inseguì la piega delle sue labbra, imitando la sua risata, seppur con tonalità più bassa.
Fu Rocco poi a scrutare il cielo. “Wow!” esclamò lui. “Quella nuvola assomiglia ad un Charizard!”.
“E che cos’è?!” chiese lei, voltandosi di scatto verso di lui.
“È un Pokémon. Sembra un grosso drago”.
“Come Salamence?”.
“Più o meno. Sputa fuoco”.
“Anche Salamence può farlo”.
“Lo so”.
“E come sai com’è fatto un Chorizo?”
“Chorizo?! Charizard vorrai dire... Il Chorizo è una pietanza d’origine ispanica. Comunque è grazie ai miei viaggio, Miry...”.
“Petri ed i suoi viaggi. Dovrebbero farne un libro”.
“Già”.
“Deve essere bello viaggiare...” disse lei, portando entrambe le mani dietro la testa, emettendo un lungo sospirò che le liberò la cassa toracica dall’ansia che puntualmente le cresceva nel petto.
“Sì. Beh, non così tanto. Viaggio da praticamente tutta la mia vita... È dura non potersi mai stabilire da qualche parte e dover salutare gli amici, una volta arrivato il momento dell’ennesima partenza...”. Stavolta il sospiro lo tirò Rocco, voltando il viso verso lei, fissandola negli occhi.
Era davvero molto carina.
“Te ne andrai anche da qui?” chiese lei, con un tono di preoccupazione nella voce.
“Forse. Forse sì. Potrei seguire mio padre oppure partire per il mio viaggio”.
“Partire?! Nuovamente?! Ma ci lasceremmo lo stesso...”.
“In realtà vorrei potermi stabilire da qualche parte. Segretamente è il mio sogno...”.
“Il tuo sogno è rimanere in un posto per tutta la vita?!” esclamò sorpresa lei, partendo poi in una risata. Rocco sbuffò e girò la testa dall’altra parte, mentre le nuvole lentamente s’addensavano all’orizzonte.
“Non fare così... Scusa se ho urtato la tua sensibilità, Cindy...” sorrise Miriam, provocando nuovamente le risa in Rocco, che tornò a guardarla. “Quando sei nei tuoi giorni sei intrattabile, cara mia”.
“È dura dover abbandonare tutti i tuoi amici. A Ceneride ho sofferto tantissimo...”.
“Sei stato addirittura a Ceneride?!” esclamò lei, sorpresa.
Rocco annuì. “Certo. Lì ho conosciuto una coppia di ragazzi molto simpatici. Adriano e Milton. Quest’ultimo era lì in vacanza”.
“A Ceneride c’è il mare, vero?” chiese Miriam, voltandosi di fianco verso il ragazzo.
Rocco annuì nuovamente, per poi ritrattare. “Beh, non è propriamente mare. È più un lago”.
“Oh... wow. Rimango sempre affascinata dai tuoi racconti...” sorrise lei, allungando una mano bollente verso il petto del ragazzo. Sentiva il cuore pulsare impazzito sotto le sue dita, lei. Ogni battito era sempre più forte, esplodeva con vigore, pareva che il muscolo volesse uscire dal petto.
“Sarebbe bello poter avere una casa tutta mia, Miry. Dove poter tornare a casa la sera. Magari ad aspettarmi ci potrebbe essere la mia fidanzata...”
“La tua Fiammettina piccolina...” disse lei, in tono di scherno.
“Già” sorrise. “Sarebbe fantastico...”.
Passarono due minuti, durante il quale Miriam cercò un argomento convincente con cui aprire il discorso. Lo trovò e diede una manata sul braccio del ragazzo, per attirare la sua attenzione.
“Sai... anche io ho un sogno...”.
“Tutti hanno almeno un sogno” disse Rocco, voltandosi sul lato a sua volta, poggiando la fronte contro la sua.
“Vorrei andare via da qui, viaggiare come fai tu. Esplorare, allenare i miei Pokémon. Un giorno sarei grande e mi fermerei, ma ora il mio desiderio di lasciare questo paesino di merda non può essere definito con dei semplici aggettivi...”.
“Non lo puoi quantificare” aggiunse Rocco.
“Sei sempre la solita secchia, Rococò. Non ti smentisci mai”.
Sorrisero entrambi.
“Potremmo partire insieme. Ed un giorno fermarci” propose lui, fissando il suo riflesso negli occhi purpurei della giovane.
Lei fece un sorriso dolce e mansueto, che mai si era accostato a quegli occhi tristi che aveva in quel momento. Abbassò lo sguardo ed umettò le labbra, lasciando fuggire un sorriso, quasi a schernire se stessa.
“Magari, Petri. Non posso lasciare la vecchia da sola... Se combatto tutto il giorno e mi alleno è per portare a casa un pezzo di pane da poter mangiare con lei...”.
“Volendo potrei chiedere a mio padre di trovarle una sistemazione...”.
“La vecchia è un po’ particolare... non lascerebbe mai la sua casa qui, nel Passo Selvaggio, per andare a vivere in città. E poi come camperebbe?!”.
“Come campava prima che ti allevasse?”.
“Non me l’ha mai detto. Però tutto ciò che so lo devo a lei e non posso lasciarla da sola. Ma credimi, sarebbe un sogno, il mio sogno, poterti seguire in un viaggio e magari, una volta stanchi, fermarci insieme. Io, tu e Fiammetta, sia ben chiaro” sorrise lei.
“E smettila!” esclamava lui, per poi cedere alle risate.
“Tu avevi dei sogni. Eccome se ne avevi...” sospirò il Campione, alzando lo sguardo.
Miriam gli si avvicinò nuovamente, in quella danza sinuosa che compieva tra i nemici e la pozza di lava, proprio come un’ape operaia.
Forse no. Forse lei era l’ape regina.
Rocco la vide avanzare lentamente, e di conseguenza lui indietreggiava; due, tre passi, ma poi si fermò. Miriam invece continuava ad andare avanti, fino a raggiungerlo. Lo fissò negli occhi, inclinando la testa verso sinistra. Fiammetta fissava spaventata la scena, timorosa di qualche colpo proibito che mettesse Rocco fuori combattimento e la lasciasse da sola con quella tigre dai denti a sciabola.
Invece lei rimase ferma, a scrutare l’interno dell’animo del Campione, utilizzando l’unica porta per passarvi: gli occhi.
“Tu pensi ancora che io sia la ragazza che sorrideva sempre? La ragazza che lottava per pochi spiccioli? Quella che doveva pensare alla vecchia?”.
Rocco scosse la testa, silenzioso.
“Infatti non è così. In realtà non sono mai stata sola, fino a quando Evelyn non è morta. Quell’anziana donna ha fatto tanto per me. E quando morì mi lasciò in eredità una semplice lettera. La lettera di mio padre Max. Avevo nuovamente qualcuno, anche se in realtà non potevo arrivare a lui”.
“Non c’entra nulla, tu volevi partire con me, io lo ricordo”.
Miriam sorrise ancora. “Sei nervoso. Parli tanto”.
“Certo che sono nervoso! Tu vuoi ammazzarci tutti!” urlava lui, spingendola per le spalle, facendola indietreggiare di un paio di passi. Rocco quindi si spostò verso sinistra, tornando a schermare Fiammetta col suo corpo.
“Non potrai mai capire, Rocco. Ma se adesso ve ne andate da qui, io vi lascerò sopravvivere”.
E poi ci fu l’ennesimo tremendo terremoto.
Fiammetta guardò in alto, le pareti dell’antro ballavano ma rimanevano salde tra di loro.
Era stanca di sentir tremare sotto i piedi.
“È pronto!” urlava Miriam, esaltata. “Groudon è finalmente pronto a scontrarsi contro Kyogre!”. Stringeva i pugni e sorrideva, lei, elettrizzata.
“Ammirate...” disse lei, voltandosi per guardare in prima persona lo spettacolo. “Ammirate Groudon!” urlò poi, e dall’enorme lago di lava sbuco fuori la prima delle tre creste che il Pokémon aveva in testa.
Rocco indietreggiò allargando le braccia e spalancando la bocca. Fiammetta si sporgeva incredula verso destra, per poter vedere quel terribile, fantastico avvenimento.
Era grande, quel Pokémon, gigantesco. Salì ancora, tutta la testa ad un certo punto arrivò ad essere al di fuori della pozza di lava, e poi le braccia, ed il torace. La coda si mosse con violenza, con quei tre spunzoni artigliati che aveva all’estremità terminale di essa, spostando una gran quantità di materiale incandescente, che ristagnò sul pavimento dell’antro, bruciandolo. Le striature nere al di sopra della sua corazza parevano profonde.
“Ora niente più potrà fermare i nostri piani! Mio padre sarà vendicato, ed Igor sarà sconfitto!”.
“Miriam! Ti scongiuro! Hai ancora la possibilità di fermare tutto questo! Non possiamo perdere il controllo in questo modo, e tu lo sai! Moriranno migliaia di persone per via dei tuoi capricci!” urlò nuovamente Rocco.
“Non sono capricci!” fece quella. “Questo è il primo passo per il riassetto! Il nuovo ordine! Il prosciugamento degli oceani creerà nuovi spazi da bonificare, per la vita di milioni di esseri umani e Pokémon!”.
“Ed ai Pokémon del mare non pensi?!”.
Miriam sorrise. “C’è sempre qualche vittima, nelle grandi manovre di cambiamento. Il più debole deve far posto al più forte”.
E fu così che Fiammetta esplose.
“Cazzo! Lascia perdere tutta questa manfrina e aiutaci a sconfiggere il Team Idro, piuttosto che metterti contro di noi! Lascia perdere Kyogre, tutto finirà e poi potrai tornare a vivere sulle montagne!”.
Miriam incrinò lo sguardo, contrariata dalle parole della ex Capopalestra.
“Tu stai parlando un po’ troppo, per i miei gusti...”.
“Io parlo quanto cazzo mi pare!”.
Rocco si voltò furibondo. “Dannazione... Fiammetta, ti ho detto di non provocarla!”.
La rossa guardò il Campione con uno sguardo disinteressato e poi tornò a puntare gli occhi sulla donna che aveva di fronte.
Era una gara, ormai, a chi delle due avrebbe sostenuto quello sguardo per più tempo, senza abbassare gli occhi, senza tentennare.
E poi una Recluta entrò nell’antro, tutta trapelata. Affannava vistosamente e, una volta fermatosi dalla sua corsa, s’abbassò sulle ginocchia.
“Lady Magma Miriam, signora, è apparso Kyogre!” disse, con voce nasale e gli occhi talmente spalancati da sembrare in procinto di uscire dalle orbite.
Tutti si voltarono repentini verso di lui, ancora più sconvolti di quanto quello non fossero precedentemente. Gli occhi della maitresse si illuminarono di gioia e determinazione ed il sorriso sulle sue splendide labbra s’allargò.
“Bene! È tutto pronto!”
“Ti prego! Puoi ancora fare la scelta giusta!” esclamò Rocco, cercando di recuperare quel po’ d’umanità che ricordava nel suo cuore.
Ma sentiva come se il suo cuore si fosse seccato e fosse caduto, come un frutto marcio.
Fiammetta poggiò una mano sulla spalla destra di Rocco, stringendola con le dita, sporche di terreno e fuliggine, reclamando la sua attenzione.
“Ora basta pregare questa folle. Dobbiamo agire”.
Forse fu la prima volta che lo sguardo coraggioso di Fiammetta riuscì a penetrare il muro del freddo acciaio che ricopriva le iridi grigiastre del Campione. Ci riuscì a tal punto che quello fu costretto ad abbassare lo sguardo, sconfitto dall’evidenza e provato dal fatto che ormai la donna che aveva amato era soltanto un vecchio ricordo: Miriam era lo scheletro di quell’essere che aveva davanti, ma questo non aveva il suo cuore, grande e generoso.
Convenne che Fiammetta avesse ragione ed in quel momento vide correre Zoe ed Andy verso di lei. Il ragazzo le si avvicinò, guardando il volto soddisfatto della rossa, quindi alzò gli occhi alle sue spalle, mentre Groudon sostava immobile e gli ultimi residui di lava colavano dal suo corpo imponente.
“È emerso” osservò quello.
Miriam annuì, sorridendo. “È il momento”.
“Devo darti la sfera?” domandò il giovane uomo, che aveva completamente ripreso fiato. Guardava gli occhi della donna, più grande di lui, più esperta di lui, sentendosene accalorato. Lei allungò la mano nella sua direzione legandosi ai suoi occhi come se nient’altro stesse accadendo.
Rocco lo vedeva: era lo stesso sguardo. Quello sguardo che annullava tutto ciò che non fosse focalizzato, che rendeva inutile tutto ciò che non fosse messo a fuoco.
Lo stesso sguardo che aveva quando lui amava lei e lei amava lui.
Andy alzò il braccio, unendo la mano con quello della donna, toccando le sue dita calde, senza mai staccare i suoi occhi verdi da quelli della donna. Dopodiché, una grossa scarica d’energia pervase il corpo del ragazzo, costringendolo a stringere i denti; le vene sulle tempie presero a pulsare e la sua carnagione olivastra divenne più rosea, come se il sangue al di sotto della sua pelle corresse ad alta velocità.
“Ecco!” urlò lui, con enormi versi di sforzo.
Fiammetta fissò con sgomento la scena: tra le mani di Miriam ed Andy apparve la Sfera rossa, incandescente. Si stupì di come il ragazzo fosse riuscito a controllarla con tanta maestria; ricordò che Ruby e Sapphire furono costretti ad allenarsi separatamente, in un luogo tranquillo e lontano dallo scontro, e comunque furono molto in difficoltà nell’adattarsi alla grande potenza che le due sfere erano riuscite a sprigionare all’interno del loro corpo.
“Forse perché erano dei ragazzini...” sospirò lei, vedendo come la sfera fosse assorbita dalle mani di Miriam, che continuava a mantenere lo sguardo fisso negli occhi di Andy.
Zoe era pochi metri indietro e guardava il languore che esprimevano l’un l’altro con quel contatto visivo. Gelosa, girò lo sguardo dall’altra parte, fissando la maestosità di Groudon, almeno fin quando Miriam non fu più in grado di trattenere i propri istinti, emettendo un urlo poderoso che riempì la volta della grotta.
La Sfera Rossa era entrata totalmente nel corpo della donna, e lei adesso sentiva questo nuovo, grande potere che le pervadeva i muscoli, inquinandole il sangue di quella strana forza sovraumana. Sulla sua fronte apparvero quelle linee che Rocco e Fiammetta già avevano visto sul corpo di Max: Un cerchio, abbastanza ampio, lasciava partire venature di un rosso vivo, elettrico, che attraversava la palpebra e terminava nella parte bassa della guancia.
Le iridi erano sparite, diventando dapprima nere, per poi illuminarsi dello stesso rosso che le caratterizzava la pelle.
“Ecco qui...” sorrise lei. “È il momento di andare, Groudon”.
“Sta attenta...” le sussurrò Andy, storcendo le labbra.
L’ennesimo poderoso terremoto fece tremare le pareti della grotta, aprendo grosse crepe all’interno della volta; massi di differente grandezza caddero dalla cima del soffitto in pietra, schiantandosi contro la sabbia nera che calpestavano Rocco e Fiammetta, assieme ai cattivi.
Quest’ultima s’avvicinò ancor di più a Rocco, d’istinto, cercando riparo.
“Dobbiamo andare via di qui. La battaglia con Kyogre si terrà all’esterno e con ogni probabilità la volta crollerà” disse Rocco, guardando negli occhi Fiammetta.
Zoe si avvicinò ad Andy, durante il terremoto, guardando in alto.
“Hey...” fece lei, stranita. Incrociò lo sguardo smeraldino del fidanzato, almeno per un istante, per poi focalizzarsi su di un grosso masso crollato dalla volta. “Tutto bene?”.
“Sì. Il non possedere più quella sfera è un sollievo. Ora sono più tranquillo e libero...”.
“Cos’erano quegli sguardi, Andy?”.
Il ragazzo si voltò perplesso verso Zoe, che manteneva il volto imperturbabile. Scrutava i suoi occhi, lei, vedendoli tentennare, barcollare pericolosamente sul filo della verità. Le palpebre li coprirono, e lei sospirò.
“Allora?” sollecitò la ragazza, alla fine del terremoto.
Miriam salì su Groudon ed entrambi lo videro immergersi nella grossa pozza di lava, rimanendo stupiti del fatto che lei non morisse durante quell’operazione.
“Dobbiamo andare!” urlò Rocco, e Andy lo vide prendere una sfera e cacciarne uno Skarmory, sul quale salì assieme a Fiammetta. Volarono poi verso l’alto, in direzione del buco nella volta, sparendo oltre le sue pareti.
Erano rimasti da soli.
“Mi puoi rispondere?” chiese Zoe, visibilmente turbata.
“Ti sei impressionata, tesoro. Non c’è nulla che ti debba far preoccupare, credimi”.
“Quel lungo sguardo che vi siete dati... quando le hai chiesto di fare attenzione... A te importa di lei”.
“Certo che m’importa di lei. Dovrebbe importare anche a te”.
“Non dico questo. Tu... tu eri trasportato da tutto ciò. Tu non mi hai mai guardata come guardavi lei. Ed era lo stesso modo in cui mio nonno guardava mia nonna”.
“Non so a cosa tu ti stia riferendo. Ma suppongo che sia il momento di agire. Groudon è sveglio e dobbiamo andare via di qui. La volta crollerà sicuramente tra qualche minuto”.
“Già...” disse lei, girando la testa. Non era convinta dalla situazione. Prese la sfera del suo Swellow e vi salì sopra, quindi s’avvio verso l’uscita in alto, seguita venti secondo dopo dai suoi scagnozzi.
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