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Lev - Il Pianto delle Stelle - 01 - Taglio

In questa serata d'agosto continua, il Pianto delle Stelle, la prima long del progetto del nostro Lev, la storia nella regione di Sidera sta muovendo i primi passi, quindi non mancate di supportarla con i vostri commenti e recensioni... e perché no, diffondetela anche agli amici! Ma se il caldo iniziasse a farsi troppo afoso, ci pensa Laila, con la sua one shot creepy Lost Silver a farvi venire i brividi (attenzione, la lettura è all'occidentale, quindi non sbagliate). E mio raccomando, non mancate anche divisitare la sua pagina, Laila Art, per vedere le altre sue creazioni.
Vi rammento poi del giveaway per 1000 fan della pagina Pokémon Courage, mancate in pochissimi, quindi siate pronti!
Per questa sera è tutto, vi auguriamo una piacevole serata e soprattutto un Buon ferragosto per domani!


-Rachel Aori







Il Pianto Delle Stelle
Capitolo 1 - Taglio

Il ragazzo camminava con passo insicuro nel bosco. Le sue mani, guidate dall’ingenua curiosità, sfioravano tutto ciò che avevano attorno. Incerto, passò i polpastrelli lungo le venature ruvide della corteccia di un pino. Una sostanza vischiosa e appiccicosa rimase sulle sue dita.
Per un momento i suoi occhi vitrei si spalancarono, come impauriti, ma poi la ragione prese possesso della sua mente e dei suoi recettori, concludendo che, forse, quel qualcosa non rappresentava una minaccia.
– Kalut. – ripeté meccanicamente il ragazzo.
Nessuno rispose.
I suoi capelli bianchi neanche sembravano avere più la vita concessa loro dal vento. Tutto si era zittito, in quell’istante.
– Kalut! – ripeté, a voce leggermente più alta.
Mosse due passi all’indietro. Una fronda si mosse, probabilmente sotto il peso di un qualche piccolo Pokémon nascosto. Lui avvertì il rumore. Si voltò e fulmineo inquadrò il punto da cui gli era sembrato provenire il fruscio. Tremava nervosamente, il suo respiro era irregolare. Il suo tallone si sollevò da terra.
In un istante era giunto in mezzo agli arbusti, spostava furiosamente i rami più bassi degli alberi e dei cespugli, furente, accecato da una rabbia terrorizzata. Continuò la sua caotica opera di ricerca, finché un piccolo Ledyba uscì dalle fronde di un rametto dell’albero a lui vicino, probabilmente infastidito dal disordine. Kalut, alzando lo sguardo, si accorse di lui. Si bloccò.
Fissava quella particolare creatura volante con un volto stupefatto e inquieto. Il Pokémon gli si avvicinò. Kalut non diede immediatamente fiducia al Pokémon e prese distanza. Ledyba riprovò ad avvicinarsi, ma il ragazzo si fece ancora una volta indietro.
Per un momento i due si scrutarono. Alla fine, il Ledyba volò via. Kalut fece una smorfia e cercò di capire dove fosse sparito l’essere.
– Ledyba... – mormorò.

“29 agosto” segnava la sveglia accanto al letto di Xavier, “14:18” diceva anche.
Il ragazzo si strofinò il cuscino in faccia, sbadigliò, stropicciò gli occhi. Quindi saltò giù dal letto.
Aveva indosso un paio di boxer. Le notti estive sanno essere terribili. Mise in fretta dei pantaloncini e una maglietta senza maniche e scese al piano di sotto.
Un ben identificabile “buongiorno” proveniente dalla cucina giunse alle sue orecchie.
– Da quanto sei sveglio? – chiese lui senza rispondere al saluto.
La domanda era rivolta all’uomo che stava cuocendo due uova in padella il cui profumo si era diffuso per tutta la stanza principale, suo padre Marcos. Che il giorno prima si era preso la comodità di gustarsi la pioggia di stelle dal balcone di casa propria.
– Da quando ha bussato alla porta l’assistente del Professor Willow, biondo. – In realtà il ragazzo non era biondo, ma il soprannome che il padre gli aveva appioppato da giovanissimo quando il suo crine era ancora di un giallognolo da neonato era rimasto al suo posto per ben sedici anni. – Ti cercava, ma ho preferito non svegliare l’adolescente che dorme. – rise il genitore.
L’uomo, un po’ in sovrappeso, portava una camicia hawaiana e dei bermuda abbinati. Ai piedi aveva delle infradito verdi. Sul suo volto gioviale si riscontravano leggermente le tracce lasciate dai suoi sessantatre anni, ma la barba perfettamente azzerata e il sorriso sereno compensavano quei particolari come piccole rughe e capelli ingrigiti o mancanti.
– Il Professor Willow? – ripeté curioso Xavier stiracchiandosi e sedendosi al tavolo della cucina. – Quello che abita a Idresia?
– Esatto. – annuì Marcos. – Uova? – chiese mostrando al figlio il contenuto della padella ancora sfrigolante. Era un orario anonimo, quel pasto non sarebbe stato definibile né una colazione né un pranzo.
Xavier annuì leccandosi le labbra. – Dai, dimmi che voleva! – ripeté il castano.
Marcos sorrise, prese un piatto e vi adagiò le uova. – Aspetta. – Pose il piatto sotto lo sguardo affamato di Xavier fece quindi scendere un filo d’olio sulla padella e ruppe altre due uova al suo interno. Il sottofondo di cibo che sfrigola tornò a diffondersi nella stanza.
Xavier fece il primo boccone recidendo direttamente la pietanza con il lato sottile della forchetta che aveva appena preso dal cassetto accanto ai fornelli.
– Dai un’occhiata tu stesso. – sussurrò con voce calda il genitore appoggiando un pacco nero e anonimo sul tavolo e facendolo scivolare lentamente davanti agli occhi del figlio. – Ho come l’impressione che avrai da divertirti.
Xavier, senza esternare particolari emozioni, ma più con un piglio titubante, si ficcò in bocca un'altra forchettata di uovo e cominciò a togliere il coperchio della scatola.
Il contenitore rettangolare di colore scuro celava due strumenti somiglianti a dei semplici guanti, uno nero e uno bianco, aventi ognuno attaccato un bracciale dello stesso colore che andava a stringersi attorno al polso.
Xavier li scrutò con uno sguardo interrogativo che da solo valeva come mille “cosa siete?”.
Parzialmente convinto, né indossò uno, quello nero. Calzava perfettamente. Notò, ridando un occhio all’altro guanto, che erano due sinistri. Non fece commenti.
Studiò quello che aveva indosso. Il tessuto di indefinibile materiale aveva la parte corrispondente al dorso della mano liscia, mentre quella del palmo leggermente più irregolare, in modo da fare attrito e ritornare utile nella presa degli oggetti; cinque sottili linee celesti attraversavano il guanto partendo da un solo punto al centro del palmo e, rispetto alla fisionomia della mano, giungendo fino ai polpastrelli dove si perdevano, come immissari di un lago, in dei cerchietti anch’essi celesti corrispondenti proprio al centro, alla parte più sensibile dei polpastrelli. Sembravano avere una qualche utilità e non essere solamente decorativi.
Il guanto era morbido, elastico, non impediva in nessun modo i movimenti e faceva respirare la mano. La parte di esso che abbracciava il polso, dello stesso colore del guanto ma di un materiale gommoso simile al silicone, aveva un piccolo schermo quadrato di circa due pollici, ma sembrava essere spento. Probabilmente si sarebbe acceso se Xavier avesse premuto il piccolo interruttore a sfioramento appena visibile che era sotto il display.
– Che è ‘sta cosa? – chiese Celia comparendo improvvisamente alle spalle del fratello.
– Non so dirtelo... buongiorno comunque... – rispose quello con fare disattento.
– Mi sa che ce n’è uno anche per te, Celia. – aggiunse Marcos spostando la scatola contenente il secondo esemplare dello strumento, quello bianco, verso la bionda.
Celia prima rubò il piatto di uova a Xavier, poi si interessò al guanto e indossò anche lei il suo. Intanto, il ragazzo aveva finito di esaminare l’oggetto e aveva ripreso in mano la scatola.
– C’è un biglietto qua. – mormorò.
– Leggilo. – lo esortò il padre mentre si occupava delle uova che sfrigolavano in padella.
Il castano, attirando anche l’attenzione di Celia, tirò fuori dal pacco un piccolo cartoncino e iniziò a leggere a voce alta.

“Carissimi Xavier Levine e Celia Ellison,
vorrei proporvi di intraprendere un viaggio, di attraversare Sidera e svolgere alcuni compiti per mio conto. Tenendo premuto l’interruttore sottostante al display del bracciale, il PokéNet si accenderà e partirà immediatamente un video esplicativo.
Cordiali saluti
Prof. Jason Willow.”

Xavier, terminata la lettura, sorrise alla bionda la quale ricambiò il suo sguardo.
– Che aspettiamo? – fece entusiasta.
Xavier seguì le istruzioni sul biglietto e poggiò un dito sull’interruttore. Quel piccolo led celeste raffigurante una Poké Ball in stile minimal si illuminò e una frazione di secondo più tardi anche il display stesso lo fece, su di lui comparve un’altra Ball, ma colorata.
– Buongiorno. – salutò una vocina proveniente dal dispositivo. – prima di iniziare, consiglio di sfiorare il lato destro dello schermo e seguire la spiegazione olografica.
Xavier alzò un sopracciglio, ma seguì l’istruzione e, passando delicatamente il dito lungo lo spigolo del display, si vide proiettare davanti una piccola immagine tridimensionale di un uomo più o meno della stessa età di suo padre, ma più magro, con un paio di occhiali che poggiavano sul setto nasale e un camice che gli dava quel tono intelligente da professore. Era la sua la voce. Xavier e Celia si scambiarono uno sguardo stupito.
– Ripeto, buongiorno, vi prego di seguire con attenzione questa spiegazione perché non si ripeterà. – disse come premessa.
Nello stesso momento Marcos si voltò e si servì le uova.
– Bene, io sono il Professor Willow, questo dispositivo è chiamato PokéNet ed è il frutto di lunghe e profonde ricerche da parte di molti scienziati sparsi in tutto il mondo. I vostri sono i primi ad essere stati diffusi, consideratevi dei tester fortunati. – qui mise le mani sui fianchi fieramente. – Presto sarà messo sul mercato, ma vi rimarrà comunque l’esclusiva del Glowe, ovvero il guanto collegato al PokéNet.
Xavier annuì. Celia si appoggiò sul suo palmo.
– È uno strumento dalle grandissime capacità ma non è di questo che voglio parlarvi...
– E meno male. – intervenne Marcos da dietro le quinte.
– ...questi strumenti mi sono stati forniti dalla Federazione a fini di ricerca, io ho voluto scegliere voi tra tanti Allenatori, dopo accurate ricerche, e designarvi per un importante compito. – Si prese un attimo di pausa. – Vorrei che voi viaggiaste per Sidera.
– Io avevo già intenzione di farlo... – mormorò il castano.
– Tu, Xavier, hai già conquistato parecchie medaglie e potresti viaggiare per battere le palestre di questa regione. – Era come se la registrazione avesse stesse rispondendo alle parole del castano. – Celia, vorrei che anche tu intraprendessi questo viaggio. – disse meno formalmente. – Non dovete avere per forza un obbiettivo, potete fare quello che volete, partecipare alle gare o puntare alla Lega, il compito richiede soltanto che voi la attraversiate. In casi estremi dovreste tenervi a disposizione come assistenti di ricerca diretta in modo da darmi una mano sul campo.
I due ragazzi si scambiarono un’altra occhiata.
– Se siete interessati, continuate a vedere questo video, altrimenti potete anche spegnere i dispositivi e riconsegnarli al mio assistente che tornerà questa sera a chiedervi la risposta. – affermò l’ologramma.
Silenzio. Xavier e Celia si guardarono un’ennesima volta, scrutarono Marcos, che nel frattempo aveva terminato le uova e li fissava sorridente, si guardarono di nuovo, annuirono in sincronia e riportarono l’attenzione al PokéNet.
– Se siete arrivati fino a questo punto, significa che siete interessati alla missione. Bene, sapevo di aver scelto le persone giuste, ma adesso vi do qualche nozione sul PokéNet. Innanzitutto, come vedete, ha alcune funzioni dell’Holovox e del...

– Julie!
Diciotto e tre quarti in punto, la ragazza si trovava nel cortile dell’allevamento, stava pulendo le foglie di un Hoppip. Xavier si avvicinò alla staccionata, sentendo la sua voce, la ragazza si era alzata e, preso in braccio il Pokémon, si era diretta verso di lui.
– Ehi, che ci fai qui? Avevamo un appuntamento? – chiese lei sorridendo.
– In realtà volevo dirti che sono stato incaricato dal Professor Willow di farmi una gita lungo tutta la regione, batterò le palestre e mi dirigerò alla Lega. Ho già preparato le cose, parto domani, ti va di venire? – spiegò tutto d’un fiato.
La mora storse la bocca e sollevo un sopracciglio. – Diamine... non ne ho idea. Qua hanno bisogno di me... – mugolò lei inclinando il capo.
– Dai, non puoi proprio accompagnarmi? – insistette il castano. – Posso percorrerla tutta in poco tempo. – aggiunse.
– Non lo so, Savi, posso raggiungerti ogni tanto, magari quando non c’è troppo da fare... – rispose Julie.
Xavier si passò la mano tra i capelli, aveva un’espressione poco soddisfatta. – Uff... va bene, vediamo, comunque domani passo a salutarti, ok?
– Ovviamente. – sorrise la ragazza.
Hoppip emise il suo verso e, uscendo dall’abbraccio dell’allevatrice, le salì in testa. Lei lo accolse gioviale.
Attorno alle sette, il campanello di casa Levine trillò, Marcos corse ad aprire. Sulla soglia, lo stesso ragazzo che quella mattina aveva consegnato la scatola dei PokéNet.
L’assistente di Willow fu accolto in casa, vide immediatamente Celia e Xavier impegnati a prendere confidenza con i loro rispettivi apparecchi, quelli concessero al ragazzo pochi istanti in cui dissero di essere entusiasti di partire. Marcos gli offrì un caffè, in meno di due minuti dalla sua entrata, l’assistente del professore si trovava di nuovo alla porta.
– Xavier e Celia. – li nominò poco prima di uscire.
Quelli lo guardarono distratti.
– Il Professor Willow vi fa i suoi più sentiti auguri. – disse. E uscì.
Il resto della serata scorse noiosa e colma di attesa per i due. La cena fu sostanziosa, ma non pesante, quindi si diressero verso le loro stanze, si erano promessi di andare a dormire presto.
– Buonanotte! – esclamò Celia sulla soglia della sua camera.
Un “notte” e un “dormi” da lontano giunsero in risposta. Lei sorrise e si chiuse alle spalle la porta della sua camera. La sua stanza era stata appena rimessa a posto, voleva lasciarla in ordine prima di partire.
Si sedette alla scrivania bianca che era all’angolo tra il letto e il muro. Prese un piccolo taccuino somigliante per intero ad una barretta di cioccolato morsa ad un angolo. Adorava quel quaderno.
“Nuovo viaggio, nuovo diario.” Fu il suo pensiero.
Aprì il taccuino. La prima pagina si presentò bianca e pura davanti alla sua matita. Celia la fissò per un lungo attimo, quindi si decise a violare il foglio vergine con la rude grafite.

Era da poco sorta l’alba del 30 agosto.
– Ci vediamo, pa’.
– Vedi di non strafare, biondo. – l’uomo lo strinse a sé.
– Hai detto che Celia mi aspetta alla terrazza?
Marcos annuì. Xavier sorrise e, ricambiato l’abbraccio con l’atteggiamento più virile che riusciva a venirgli fuori, si dileguò.
Marcos rimase sull’uscio a guardare da lontano la sagoma del giovane che si allontanava a passo rapido. Tutto sommato era felice di vederlo così attivo.
– Divertiti... – mormorò come se potesse ancora sentirlo.
Il ragazzo giunse in pochi minuti all’allevamento, erano circa le sei di mattina e quasi tutti in quella sede erano svegli da un bel po’. Non suonò neanche, Julie comparve alla porta quasi subito, lo aspettava. Aveva addosso un vestitino leggero e semi-trasparente che lasciava intravedere la sua biancheria intima. Il ragazzo fece una smorfia di approvazione non appena la vide.
– Allora, come sta il mio futuro campione? – chiese lei mettendogli le braccia sulle spalle.
– Mah, non mi lamento... – I due si baciarono. – Non mi lamento affatto... – precisò.
– Penso che per un po’ sentirò molto la tua mancanza. – affermò lei, una volta staccatasi dalle sue labbra, con una vena scherzosamente malinconica.
– Beh, se vuoi posso rimandare di un’oretta la partenza per stare un altro po’ insieme. – propose lui sottolineando con l’espressione il vero senso della frase.
– No, dai, voglio pensare a te ricordandomi l’altra notte, quella sì che è stata magica. – rispose lei sorridendo e baciandolo di nuovo.
Non passarono molto altro tempo appiccicati, l’orario era ancora giovane, ma il castano voleva partire prima possibile. Si salutarono poco dopo e lui si diresse verso il belvedere, luogo di partenza dove la bionda lo stava aspettando.

– Allora? – chiese Celia.
Xavier era appena giunto al suo fianco, i due, immobili sulla Terrazza Altare, guardavano il sole appena sorto. Il momento era mistico.
– Allora cosa? – ribatté il castano.
– Vogliamo partire o rimaniamo qui come due ebeti? – fece lei sorridendo.
– Io nord per Borgo Asterion e tu ovest per Vulpiapoli? – chiese Xavier.
– Ci sto. – annuì la bionda.
– Hai preso Gel? – domandò il castano dopo alcuni istanti di silenzio.
Celia prese una Poké Ball dalla sua cintura e la mostrò a Xavier. Attraverso la trasparenza del guscio, il ragazzo riuscì ad intravedere l’esemplare di Reuniclus assopito al suo interno. Dormiva, proprio come il primo giorno, quando Marcos, per il sesto compleanno di Celia, le aveva fatto trovare la Poké Ball di un Solosis sotto il cuscino. Primo suo Pokémon.
Entrambi portavano il PokéNet, affascinati da quel dispositivo di cui avevano imparato tanto bene le funzioni, attendevano con ansia di poterlo usare sul campo.
Il castano annuì. – Voglio proprio vedere come andrà a finire...

I due presero ognuno la propria strada. Celia aveva lasciato uscire Gel dalla sua Ball, il Pokémon la seguiva fluttuando spensierato. Xavier camminava lento guardandosi attorno e studiando ogni particolare che gli si parava davanti. Due persone diverse e tanto legate che prendevano due strade separate.
Il cordone era stato tagliato.

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