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Lev - Il Pianto Delle Stelle - 12 - Movimento

Capitolo 12 – Movimento

‒ Che cosa succede? ‒ si chiese Kalut a voce alta più rivolto a Xatu che a se stesso.
Quel Pokémon gli era sembrata una creatura straordinaria, voleva parlare con lui; quando voleva comunicargli qualcosa non sentiva più quel groppo in gola che lo zittiva il più delle volte in presenza dei suoi simili.
“Kalut, hai tante domande…” L’eco della voce del volatile nel cranio del ragazzo aveva assunto un tono basso e profondo. “…e io ho altrettante risposte” affermò vago.
Il ragazzo dai capelli bianchi aveva ancora la mano sulla spalla, la ferita profonda lasciata dagli artigli di Xatu si era curata in un istante ma lui sentiva come una mancanza, una sensazione di timore scaturita al tatto da quel preciso punto del corpo.
‒ Xatu, per favore, spiegami che cosa sta succedendo…. ‒ il suono emesso da Kalut fu più un lamento che un’esortazione.
“È la prima volta che dici il mio nome, lo sai?” gli fece notare il suo interlocutore.
Kalut tacque.
“Cosa hai provato cadendo?”
‒ Scusa...? ‒ il Pokémon aveva ridestato la sua attenzione. ‒ Cosa ho provato cadendo?
“Aspetto una risposta…”
Kalut rifletté alcuni secondi.
 
La matita si muoveva rapida sulla carta. Come un aratro nero che arava la sua terra bianca, essa seminava umanità nell’arido foglio vergine. Celia scriveva, le era sempre stato utile mettere in riga i suoi pensieri per chiarire meglio la sua mente, per questo teneva un diario.
“Secondo te ho sbagliato, Avril?”
“Che ne so, sei tu quella che deve per forza essere onesta… io non mi faccio problemi simili”
“Tu sei uguale a me, sciocca!”
“Dici?”
“Dico, e adesso rispondimi, dovrei scusarmi con Xavier o devo stare zitta?”
“Ma per la prima o la seconda cosa?”
Celia posò per un attimo la matita. L’idillio che vedeva protagoniste lei e il proprio diario si concluse.
‒ Sono un’idiota… ‒ si disse posando la testa tra le mani. La ragazza era seduta su una panchina in un parco del centro di Idresia e sulle gambe aveva il diario a forma di barretta di cioccolato sul quale posava la ormai calma matita.
‒ Esci fuori, Jin… ‒ mormorò abbattuta. ‒ Ho bisogno di compagnia.
Il Pokémon Squaloterra, poco avvezzo a rapporti con umani tristi, si posò accanto alla sua Allenatrice e si limitò a squadrarla dalla testa ai piedi. Era una ragazzina, ma in confronto a lui sembrava enorme.
‒ Dici che ho fatto una stupidaggine?
Gible mugolò gutturalmente qualcosa di indecifrabile ma forse per lui estremamente sensato.
“Celia, ricordati che lui ha interrotto la lotta” Da qualche parte spuntò di nuovo Avril che, con poche parole riuscì a cancellare uno dei drammi esistenziali dell’amica.
Celia risollevò la testa, i suoi occhi tornarono decisi. ‒ È vero!
“Caspita, sono andata a cercare la strategia su internet… ma lui ha abbandonato la lotta in difficoltà, quindi siamo pari!”
“Sì…” fece Avril mentre il Gible di Celia fissava la mina che scorreva sul foglio lasciandosi dietro la scia nera. “…ma come gliela spieghi la barca di soldi spesa per la medaglia di Perseo?”
 
‒ Fottuti Capipalestra, come diavolo faccio ad Allenare i miei Pokémon in questa maniera? ‒ Xavier imprecava alla cornetta del telefono del Centro Pokémon in attesa di un segno di vita proveniente dall’altra parte del filo.
‒ Pronto, Allevamento Pok…
‒ Julie! Sono io! ‒ esclamò il ragazzo all’udire la voce della fidanzata.
‒ Savi! Come stai, amore? A che punto passi del viaggio? ‒ ribatté felice quest’ultima.
‒ Eh… ancora c’è da fare qua. Piuttosto, ti manco un pochino?
‒ Mh… parecchio… ma sono felice che tu stia bene. ‒ sussurrò lei.
‒ Lo sai di che cosa ho bisogno? ‒ partì con un altro discorso Xavier.
‒ Di che cosa, Savi?
‒ Ho bisogno che tu mi invii tutti i Pokémon che tieni all’Allevamento, tutti e due ‒ spiegò lui.
Julie tacque per un momento.
‒ Julie…?
‒ Va… va bene, te li invio, sei dove?
‒ Idresia, Centro Pokémon della periferia ovest.
‒ Perfetto, provvedo.
‒ Grazie, sei un tesoro. Ti amo! Ciao!
Xavier riattaccò il telefono in faccia ad una povera Julie che non ebbe reazioni particolarmente spietate, era solo infastidita da così tante persone che se la spassavano in giro per la regione e un po’ invidiosa di loro.
Una dopo l’altra, nella capsula di trasporto di Sidera, giunsero le due sfere di diversa tipologia e di differente colore contenenti i Pokémon che Xavier aveva conservato dopo i suoi viaggi nelle altre regioni, una Mega Ball e una Scuro Ball, una blu con inserti rossi e l’altra verde a macchie nere. Il ragazzo le prese, le attaccò alla cintura, quindi fece per uscire dal centro, quando una voce lo fermò.
‒ Si trattano così le fanciulle dalle tue parti?
Xavier si voltò. La frase era stata pronunciata da una ragazza appoggiata al muro proprio accanto alla porta di vetro. La tipa era alta più o meno quanto il ragazzo, vestita con una canotta leggera color carbone e degli shorts rossi, lo scrutava da dietro i suoi Ray-Ban ambrati.
‒ Così… come? ‒ chiese l’Allenatore immediatamente colpito dalla mise sicuramente poco timida della fanciulla.
‒ Mi sei sembrato abbastanza lascivo, oppure sei uno che fa le cose… in fretta e furia ‒ chiese questa evidenziando il doppio senso.
Xavier sbuffò sorridendo tra un tentativo di nascondere la vergogna e uno di esorcizzare l’insinuazione di lei. ‒ Hai la faccia tosta, che vuoi da me?
‒ Niente, mi aveva solo incuriosito il tuo disprezzo per i Capipalestra della regione ‒ La ragazza dai capelli castano caramello si rivolse verso la porta oltrepassando Xavier e uscendo dal Centro. ‒ Lo sai ‒ Si fermò appena davanti a lui. ‒ che potrei prenderla sul personale?
Xavier cambiò la sua espressione da ebete in qualcosa di simil-serio, avanzò anche lui sincronizzando il suo passo con quello della tipa.
‒ Sei una Capopalestra quindi? ‒ domandò immerso nell’ovvio fino alla fronte.
‒ Ma quale acume…
‒ Cassandra, o sbaglio?
‒ Ah, a quanto pare sono famosa… ‒ Cassandra si immobilizzò. ‒ Il piacere? ‒ fece inclinando la testa a destra.
‒ Xavier, vengo da Delfisia ‒ rispose quello sollevando un sopracciglio.
‒ Oh, sei un Allenatore itinerante?
‒ No, sono una cacciatrice di taglie intergalattica ‒ rispose ironico il castano.
I due avevano iniziato a camminare uno accanto all’altro.
‒ Divertente, ma ancora non hai risposto alla mia domanda principale ‒ lo boicottò lei.
‒ Ah, quella sui Capipalestra?
Cassandra lo riguardò con aria di attesa, i suoi occhi penetranti dal colore marrone chiarissimo oltrepassavano persino le lenti scure degli occhiali per giungere a molestare lo sguardo di Xavier.
‒ Eh… ‒ cominciò quello. ‒ …niente di particolarmente rilevante, solo che è la prima volta che viaggio per una regione e due Capipalestra su tre non intendono lottare con gli Allenatori per permettere loro di conquistare la medaglia.
Cassandra seguiva in silenzio.
‒ È assurdo, quello le regala, quella le attacca alle bambole e quello vuole pure i soldi! ‒ cambiò orientamento esplicativo Xavier.
La Capopalestra annuiva. I loro sguardi si incontrarono, lui attendeva una risposta e lei era fin troppo criptica nella sua espressione vagheggiante.
‒ Hai ragione ‒ ruppe infine il silenzio Cassandra. Era seria, come se avesse preso come un rimprovero le frasi del ragazzo.
‒ Scusami?
‒ Hai ragione. Intendo.
Il loro passo si era fermato, lei ora fissava il vuoto e lui era immobile a scrutarla mentre rifletteva.
‒ È successo… qualche mese fa… ‒ cominciò a spiegare lei. ‒ Antares, il nostro capo, il Campione della Lega di Sidera ha… licenziato molti dei nostri. Cinque ‒ e mostrò il palmo della mano. ‒ e dico cinque di noi sono stati rimpiazzati… senza alcun motivo poi…
Cassandra avanzò di alcuni passi per andare a sedersi su una panchina, i due erano giunti ad un parchetto poco lontano dal Centro Pokémon che si estendeva attorno ad una fontana a forma di Milotic. Xavier la imitò.
‒ E al posto loro… sono stati chiamati questi nuovi?
‒ Gente a caso! ‒ esclamò con enfasi lei. ‒ Persone uscite dal nulla cosmico che si dice pure che non abbiano neanche completato il test per essere ammessi nelle palestre!
‒ Davvero?
‒ Non ci credi? ‒ si voltò lei. ‒ Sai che Sidera è sempre stata una meta ambita dagli Allenatori in cerca di sfida per i suoi Capipalestra duri a cedere?
‒ Sì.
‒ Beh, quali medaglie hai vinto finora?
‒ Ehm… ho quella di Luna, quella di Castore e Polluce…
‒ Ecco! I due ragazzini! Incredibile!
‒ Che cosa?
‒ Sinceramente, Xavier… ho visto che Pokémon ti sono stati mandati al Centro e non sei certo un Allenatore alle prime armi; quanto ti è rimasto difficile vincere quella medaglia?
Il castano ripensò per un istante alla lotta che si era svolta in quella palestra meravigliosa a Borgo Asterion. Decise di reggere il gioco alla ragazza, ora che il discorso si era fatto così interessante: ‒ No, hai ragione. Non è stato troppo difficile.
‒ Ecco, perché quei due non sono Capipalestra! Non dovrebbero essere lì…
Lo sguardo di Cassandra si fece più cupo. Xavier fissava il vuoto mentre lei raccoglieva le gambe al busto.
‒ Pare che mi sia salvata solo perché ero una delle più giovani, altrimenti forse sarei stata silurata pure io…
Xavier spostò la sua attenzione sulla ragazza, togliendo la mente da quel circolare angolo delle riflessioni in cui si era incastrato. Se i due Capipalestra erano “quelli deboli” allora Cassandra stessa gli avrebbe frantumato il colon a forza di manganellate? Probabilmente. Ma la sua testa non pensava più a quello, la sua etica specificava che nelle situazioni in cui c’è una bella ragazza triste, lui non poteva mica rimanere impassibile. Eh no.
‒ Dai, secondo me non è così, se ti hanno lasciato il tuo lavoro ci sarà un motivo…
Cassandra alzò lo sguardo per ricambiare il suo.
‒ Che idiota che sono, ti sto rendendo partecipe di queste cose e neanche ti conosco. ‒ fece ad un certo punto alzandosi dalla panchina e poggiando la testa tra le mani. ‒ Lascia stare… Xavier, sei simpatico, ma mi aveva solo incuriosito il fatto che tu ti fossi reso conto che qualcosa non andava. Grazie per la chiacchierata…
‒ Aspetta. Non puoi andartene così in fretta, no? ‒ anche Xavier si era alzato.
Cassandra si voltò.
‒ Adesso mi hai incuriosito, fammi capire di più a proposito di questo… fatto qui dei Capipalestra licenziati e roba simile.
‒ Io… ‒ la ragazza pensò per un istante a cosa fare: parlare con un ragazzo che aveva appena conosciuto di argomenti lavorativi e anche abbastanza delicati o fregarsene e tornare alla palestra.
Gli occhi scuri del ragazzo le esprimevano sincerità.
‒ Va bene, ti spiego…
 
“Si chiama paura, Kalut”
Kalut, esortato da Xatu, guardava sotto proteso appena oltre il bordo del tetto.
“Nello specifico, vertigine. Senti quella strana cosa che hai nello stomaco?”
‒ Sì…
“Ecco, quella.”
‒ Ed è male?
“Generalmente no, ti aiuta a sopravvivere” rispose Xatu. “A non rischiare la vita, per intenderci”
‒ Ah...
“Dimmi un po’, Kalut, che ne dici di un po’ di movimento?” chiese il Pokémon.
‒ Movimento? ‒ il ragazzo rifletté sulla parola.
“Movimento, prova ad esempio a saltare su quel tetto” lo esortò Xatu focalizzandosi sula casa dirimpetto a quella su cui erano loro.
‒ Quello?
“Quello.”
Kalut saltò, come spinto da una convinzione innaturale. E ovviamente sprofondò nel vuoto; Xatu fu abile nel recuperarlo con Psichico per poi riportarlo accanto a lui.
“La rincorsa…” gli mormorò telepaticamente.
Il ragazzo, con ancora tutti i peli ritti sul corpo, fece qualche passo indietro quindi corse avanti per poi saltare proprio all’ultimo. Giunse sul secondo tetto per il rotto della cuffia, atterrando in maniera goffa e poco dignitosa, ma comunque raggiungendo la meta.
“Complimenti” sussurrò Xatu comparso davanti al ragazzo che ancora era a terra con il cuore a mille per il salto e i nervi a fior di pelle. “Avanti adesso, hai un’intera città a tua disposizione sulla quale puoi saltare…”
 
‒ Capisci? È veramente fastidioso! E non per il fatto che non so per quale stralcio di motivo io non sia stata rimpiazzata, semplicemente mi sembra stupido lavorare ancora per una Lega che mette degli incapaci a fare i Capipalestra!
‒ Beh, ma hai mai parlato con il Campione di tutte queste cose?
‒ Non vuole discuterne, ha chiesto di tacere su questi avvenimenti e che ha semplicemente fatto quello che doveva fare.
‒ Ci credi davvero?
‒ …oddio. Non lo so…
Xavier tacque. I due erano tornati a sedere sulla panchina, lei a gambe incrociate e lui accavallate con la caviglia sinistra che poggiava sul ginocchio destro.
‒ Sinceramente non so che fare, se dire qualcosa o cercare spiegazioni… o stare semplicemente zitta.
Il castano rifletté un attimo. ‒ Tu… se fossi il personaggio di una storia e stessi allo stesso tempo seguendo quella storia, cosa vorresti che il tuo personaggio facesse?
Cassandra guardò Xavier negli occhi.
‒ Probabilmente vorrei che il mio personaggio chiarisse questa vicenda… ‒ mormorò con voce poco convinta alimentata da un lieve tocco di sicurezza.
Xavier sorrise, tutto sommato non era stato proprio inutile. Stava guardando la ragazza i cui occhi si erano invece totalmente smarriti nei pensieri. Ad un certo punto gli parve di vedere una figura, e non sbagliava. Celia era appena giunta nel parco ed era più che evidentemente diretta verso di lui.

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