5. Volare
“No. Scenderai tu qui giù e vedrai se c’è traccia di Uxie. Io andrò al Tempio qui a Nevepoli” tuonò Bianca, contrariata.
“Ok. Ma dopo ti sfiderò per la tua medaglia!” rispose a tono Gold, pronto a prendere la sfera di Exbo.
“Sì, sì, come ti pare. Adesso questo fatto ha maggiore priorità su tutto, quindi scendi qui e perlustra un po’ la zona. Se trovassi Uxie dovresti chiamarmi sul Pokékron”.
“Pokécosa?!”.
“Pokékron”.
“Hey, sono di Johto, non del pianeta di Ultron... Queste diavolerie non so minimamente cosa siano”.
“Campagnolo... Beh, ho bisogno di comunicare con te in qualche modo... ti lascio il mio Froslass, che è carinissimo ed è superforte! E sarà il tuo avversario durante la lotta in Palestra!”.
Gold inarcò un sopracciglio. “Ca... carinissimo e superforte? Uhm... Tu hai dei problemi, sorella”.
“Hey! Lascia stare il mio Frossy!”.
“No, io sfottevo te...”.
Bianca mandò in campo il suo Pokémon. Non era molto grande, né molto vivace. Aveva gli occhi d’un azzurro glaciale e le sue movenze erano leggiadre e sinuose.
“È davvero carinissimo...” fece Gold, incantandosi nel guardarlo.
“Certo...” fece quella, con la sua voce nasale. “Ora vado. Ci vediamo tra due ore al centro della Piazza di Nevepoli!” disse, e poi sparì oltre la volta della grotta.
Froslass girava attorno a lui, in maniera assai sinistra. “Bene Frossy, sai vero che la tua padrona ha voluto rovinarti la vita affibbiandoti un nome pessimo? Con nomi tipo Willy, Bobby o Frossy. Io ti avrei chiamato... Frobo!”. Sorrise, pensando a quanto originali fosse il suo processo di nomenclatura e poi si tuffò nel fossato.
Il terreno era umidiccio ed ai suoi piedi s’era formato del fango. Ogni suo passo affondava in basso.
“No...” si lamentò lui. “Le mie scarpe...”.
Proseguì nel buio di quella grotta fino a quando i suoi occhi glielo permisero, poi decise di tirare in campo anche Exbo.
“Fai un po’ di luce... dai” disse.
Il Pokémon illuminò la zona con la fiamma che aveva dietro al collo e permise a Gold di vedere quanto profonda fosse la galleria. Per terra nessun’orma, nessun’impronta che attestasse il passaggio di qualcuno. Mano a mano che si proseguiva, il tunnel si faceva sempre più stretto, tant’è vero che Gold fu costretto, per l’ultimo tratto, a camminare a carponi, assieme ai suoi Pokémon; Typhlosion soprattutto trovò parecchia difficoltà.
E poi arrivarono alla fine, dove un muro spesso di terreno spiegava loro che tutto era stato inutile.
Gold si sentiva ribollire, con gli abiti sporchi di fango e le mani congelate.
“Ma che diamine! Cosa dovrei fare qui sotto, ora?! Non riesco nemmeno a girarmi!”.
Carico d’ira, diede un pugno al muro che aveva avanti, abbattendolo totalmente. Una grande luce, più forte pure di quella prodotta da Exbo, illuminò a giorno il cunicolo in cui quello s’era andato ad infilare.
“Ma che cavolo...”. Il terreno che aveva colpito fluttuava come se non avesse peso, formando piccoli ammassi sgretolati che andavano ad avvicinarsi.
Poi uno scossone e la paura che caricò il petto del ragazzo di terrore quando il terreno sotto le sue ginocchia cominciò dapprima a tremare, per poi cedere.
Gold lo sentiva, sarebbe finita così la sua esistenza; avrebbe preferito morire d’infarto durante una bella mezz’ora di sesso oppure con un hot dog tra i denti, e non in un cunicolo buio, messo a novanta con le fiamme di Exbo che gli bruciavano il sedere.
La terra sotto di lui s’aprì, come fosse una cerniera, e vide la grande luce che aveva davanti invadere il tunnel anche da sotto.
Ma invece di cadere, era fermo.
Fermo immobile, nella luce, Exbo a qualche ventina di metri da lui. Erano ancora vivi.
O forse no: insomma, provava quella leggerezza unica, il suo corpo era così leggero da fluttuare sulla luce; una luce così forte da non fargli rendere conto cosa stesse succedendo, cosa fosse successo.
“Ex... Exbo...” fece, pieno di paura. Sentiva l’aria fresca passargli attraverso le dita delle mani, sollevarlo con forza dietro la schiena, costringendolo a guardare la volta illuminata di quella che doveva essere la sua tomba.
Il suo paradiso; aveva sempre pensato che sarebbe andato a finire all’inferno, ad esser sincero.
Insomma, era nato per peccare, Gold, blasfemo com’era e sempre intentato alla ricerca del piacere.
Eppure quella sensazione di vuoto che provava, quella leggerezza che stava assaporando per tutto il corpo, a lui piaceva. Zero necessità, zero bisogni, solo il silenzio, e quella luce che a forza d’illuminare cancellava tutto alla sua vista. Nulla oltre la punta del suo naso.
Ma il terreno continuava a fluttuare.
“Mica c’è il terreno, in paradiso? Ci sono soltanto nuvole ed angeli terribilmente biondi, pieni di riccioli, ali di papera e poi San Pietro sul podio a dire tu sì e tu no; qui c’è del terreno ed io...” provò poi a darsi un pizzico sul braccio. “Ahia! No, sono vivissimo! Ma allora che diamine...”.
Fece per voltarsi, per cercare di guardare qualcosa oltre al biancore ed alle macchiette scure di terreno, ma trovò enorme difficoltà nel farlo; si sentiva una tartaruga girata sul guscio e qualunque movimento facesse si ritrovava sempre nella stessa posizione.
Aveva però come l’impressione di scendere, molto lentamente. Sì, vedeva il terreno rimanere dov’era allontanarsi; o lui scendeva o era il terreno che saliva. Come spiegarsi una situazione del genere? Era parecchio strano.
S’avvicinò inclinandosi ad Exbo, che era impanicato e cercava qualcosa, agitando le zampe ed accendendo il grosso braciere sulla schiena.
“Stai calmo” gli disse Gold, afferrandolo per le braccia ed usandolo come perno per potersi girare; la luce era ancora troppa ma aveva l’effettiva certezza di star scendendo, in quanto riusciva a vedere una sorta di pavimento, più scuro, meno illuminato.
“Sono qui...” fece al proprio Pokémon, che non accennava a smettere d’agitarsi. Gold si vide costretto a farlo rientrare nella sfera, per poi attendere di atterrare.
Ci vollero circa venti minuti, ma già alla metà del tragitto fu in grado di vedere una grossa costruzione, fatta interamente di pietra grezza.
Si sentiva strano, Gold, forse la grande discesa mistica che aveva appena testato sulla sua pelle lo inquietava ancora.
Mosse brevi passi prima di vedere un enorme Ampharos puntare un fascio di luce verso l’alto.
“Flash...” fece quello.
Arrivò alla porta dell’abitazione e si fermò. Sentiva una voce a lui familiare provenire dal balcone al secondo piano. Era Jasmine.
Cosa farà Gold nel prossimo capitolo?
1 – Busserà.
2 – Cercherà di entrare di soppiatto nell’abitazione.
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