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Painted Pictures - 6 - Made You Proud

Made You Proud

Il tempo stringeva, sarebbe dovuto uscire da quel bunker senza dare troppo nell’occhio
E soprattutto, dovevano fare presto;
“Poi mi spieghi che succede” disse Dylan, che teneva ferma la bandana sulla testa e continuava a correre, tirando per mano Dhalia, col trucco sciolto ed il volto squassato dal pianto.
“I-io...”.
“Poi, Dhalia, poi! Ora pensiamo a salvare la pelle!” urlò quello, voltando l’angolo. C’erano due Reclute di ronda. Dylan si fermò, Dhalia pure e poggiò la fronte dietro la sua schiena; pregava che quell’incubo finisse, voleva tornare a casa sua, sul suo divano blu e voleva farsi un bel bagno caldo.
“Ci sono due Reclute, lì. Cerchiamo di non farci prendere. Non di nuovo, almeno. E tu, poi, come diamine ti viene in mente di farti catturare dal Team Idro, in pieno giorno!”.
Dhalia inghiottì qualcosa come sale e sabbia, rendendo il gesto doloroso. “Non... non l’ho mica fatto apposta, D-Dylan...”.
Il ragazzo si fermò, vedendo in lei timore e totale abbandono. Non aveva neppure compreso il sarcasmo dell’ultima frase. La fissò per un secondo, il tempo di tre passi, registrando gli occhi enormi e spalancati, il trucco sciolto, i capelli spettinati e la pelle del viso ricolma di lacrime scure; le labbra tremavano in maniera compulsiva.
Si fermò, lui, aprendo un’altra porta ed entrandovi; un'altra stanza dormitorio.
“Hey...” fece il ragazzo. “Se non ti calmi non riusciremo a trovare una via d’uscita”.
“Ci ammazzeranno, Dylan!” pianse lei, poggiando la fronte contro il petto ossuto del ragazzo. “Ci faranno a pezzi! Non torneremo mai a casa!”.
Il ragazzo s’immedesimò per un attimo nello stato d’animo di sconforto dell’amica tanto amata e comprese come si sentisse.
Non aveva fiducia in lei, non aveva fiducia nelle proprie capacità. Non aveva fiducia nelle capacità di Allenatore di quello che sarebbe dovuto essere un semplice pittore. Pennelli, tempere ed acqua raggia e non Pokéball, Pokémon e sfide all’ultimo sangue.
Dylan la prese per le spalle, allontanandola un po’, guardandola negli occhi e sostituendo la paura al suo interno con la curiosità. “Perché ti hanno catturata? Precisamente, perché?”.
“Per via di Kyogre, Dylan. Perché ho studiato bene quel Pokémon!”.
“Non urlare più, per favore, non vogliamo essere scoperti”. Il ragazzo le sorrise con un angolo della bocca, ringraziando il cielo per averla vista almeno un’altra volta sana e salva, ancora sulle sue gambe lunghe e delicate. “Noi vogliamo scappare...” continuò, sorridendo ed instillando inconsciamente un pizzico di sicurezza in più nell’amica.
Annuì, Dhalia. “Hai avuto semplicemente un attacco di panico... stai calma. L’importante è che sei viva”.
“Sei venuto qui per...”.
“Sì, sono venuto qui per te. E mi devi un paio di mocassini buoni, quelli che ho messo per l’appuntamento si sono completamente rovinati” riuscì ad esprimere disappunto per una stupidaggine simile anche in quel momento, provocando in Dhalia un altro leggerissimo sorriso.
“Bene, ora che sei quantomeno lucida dobbiamo andare via. Aspetta qui” disse, aprendo la porta e mettendo la testa fuori, con disinvoltura.
Non c’era nessuno. Di tanto in tanto si vedevano delle reclute camminare; Lui sarebbe passato inosservato ma Dhalia sarebbe stata beccata di sicuro.
“Devi stare ancora qui, devo creare un diversivo” le disse, infilando nuovamente la testa nella stanza. “Chiudi la porta a chiave, apri solo chiedendo la parola d’ordine”.
Dhalia alzò le sopracciglia. “E qual è la parola d’ordine?”.
“Pablo. La parola d’ordine è Pablo”.
Dhalia annuì quindi sospirò, cercando di gettare fuori dai polmoni l’ansia e le brutture che il suo corpo aveva assorbito stando lì.
“Ah...” fece lui, facendo per andarsene ma poi fermandosi. Si girò e le diede un casto bacio sulle labbra. “Chiuditi a chiave”.
Dhalia annuì, con lo sguardo sconvolto, quindi Dylan sparì oltre la porta.
“Ok, devo sperare semplicemente che Spugna non abbia manifestato agli altri i suoi dubbi...” disse camminando velocemente, guardingo. Si recò verso il boccaporto esterno, dove s’erano radunate parecchie reclute.
Erano tredici.
“Che diamine è successo?!” domandò Dylan, cercando di sembrare quanto più naturale possibile.
“C’è un impostore. La biologa è stata messa fuori combattimento?”.
“Sì, non è stato difficile. Comunque Xander ci ha convocati tutti...”.
Quelli si guardarono in volto e lentamente avanzarono verso il corridoio. Uno solo era rimasto lì, quello che giocava a Candy Crush; sonnecchiava sulla sedia, in silenzio.
Dylan gli si avvicinò, scuotendolo per la spalla. “Hey!” esclamò lui. “È meglio che fuggi, Xander sta venendo a spaccarti la testa!”.
Il ragazzo spalancò gli occhi, confuso, col volto di chi era stato svegliato dalle bombe, quindi scattò in piedi. “Cazzo! Perché?!” domandò, posando il cellulare nella tasca.
“Non ne ho idea. Ti sto dando una dritta... Aprì il portellone e scappa. Hai un Pokémon capace di nuotare?!”.
“Certo che ce l’ho!”. Cominciò a girare una manovella ed il portellone si spalancò, alzando il livello dell’acqua. “Bene! Fuggi ora oppure Xander ti prenderà! Già sento la sua voce avvicinarsi!”.
“Sì! Hai ragione! Grazie!” urlò quello, tirando fuori dalla sfera un Whiscash; ci salì sopra ed andò via, e nessuno lo vide mai più.
“Ottimo” fece Dylan. Si voltò, correndo quanto più velocemente possibile; gli pareva incredibile di esser riuscito a mentire a tutte quelle persone senza farsi scoprire.
Doveva tenere a Dhalia più di quanto credesse, generalmente se la sarebbe fatta addosso in un momento come quello. Arrivò davanti alla porta e bussò tre volte. “Pablo” disse, e la serratura scattò. Dhalia apparve davanti ai suoi occhi e non ebbe nemmeno il tempo di spegnere la luce e chiudere la porta che Dylan le afferrò il polso e la tirò a sé, cominciando a correre.
“Che è successo?!” chiese lei.
“Dobbiamo andare via prima che arrivino le Reclute e tutto l’alto consiglio della sacra rota ad ammazzarci, Dhalia”.
“Ma...”.
“Ma nulla! Corri!” faceva quello, vedendola spremersi quanto più possibile lungo quel corridoio che pareva infinito.
E poi finì; il boccaporto era ancora aperto, la marea s’era alzata ed ora raggiungeva le scale. Candy Crush era già andato via, aveva raggiunto più che abbondantemente la riva.
O il largo.
“Bene! Ora saliamo su Rubber e...”
“Fermi lì!” sentirono.

Xander.
Dietro di lui quaranta reclute.

Merda.

Dhalia si strinse forte al braccio di Dylan, memore dell’orribile ricordo legato a quell’uomo in blu.
“Credevi davvero di poter uscire di qui, vivo e salvo?”.
“Non puoi fermarci. La polizia sta già arrivando, e vi arresterà tutti” mentì Dylan, sperando che possa servire a qualcosa.
“Gli sbirri?! Sei serio?!” l’Idrotenente scoppiò in una fragorosa risata, seguito a ruota dai suoi scagnozzi “Ragazzo, quella feccia non osa neanche avvicinarsi a noi, sanno di rischiare il culo. Forse avresti dovuto chiedere a loro”.
Dylan cercava una via di fuga, un qualsiasi modo per poter distrarre brevemente il gruppo davanti ai suoi occhi, in modo da poter scappare assieme a Dhalia e mettere quanta più distanza possibile fra lui e qualsiasi altro essere vivente.
L’unica cosa rilevante, al momento, era la sedia dove Candy Crush stava dormendo. Forse avrebbe potuta usarla come arma, pensò, ma poi la differenza numerica lo fece ricredere.
Solo un’alternativa parve possibile al ragazzo: buttarsi a mare assieme a Rubber, fuggendo su di lui.
“Stai cercando una via di fuga, piccoletto? Ti avverto subito, la sola che esista è il boccaporto dietro di te, vuoi passare di lì?”.
“Sì, noi ce ne andremo. Avete avuto le informazioni che volevate, giusto? Noi non diremo nulla, anzi non è mai successo niente. Dareste solo nell’occhio se dovesse scomparire la biologa che conduceva ricerche su di Kyogre, proprio quando voi gli volete dare la caccia, non trovate?”

Magari per evitare grane con le autorità ci lasceranno andare…

Dhalia era terrorizzata. Si strinse forte al braccio del ragazzo, tremante ed in preda ad una crescente crisi di nervi. Il viso sempre ben curato di lei era, adesso, completamente sporcato dal trucco trascinato dalle lacrime, fin al mento.
Vederla così, priva della scintilla che dominava il suo sguardo, era per Dylan la peggior tortura. Il suo cuore ne soffriva sempre di più. La sua Dhalia non meritava tutto questo, non adesso che lui aveva finalmente deciso di farsi avanti ed esternare i propri sentimenti.
“Come posso dire di amarti, se non sono neanche in grado di proteggerti, per paura?” sussurrò a sé stesso.
“Co-cosa?!” chiese lei, impaurita sempre di più.
“Niente, ho in mente un piano. Ma se dovessi vedere che le cose non vanno bene, prendi questo Pokémon e scappa. Si chiama Rubber”.
“Ehi, voi due, non vi hanno insegnato le buone maniere? Quando si parla con qualcuno, non lo si fa sottovoce, altrimenti quel qualcuno potrebbe decidere di prendere la sua amica mazza e spaccarvi la testa in minuscoli pezzettini!”. Altra risata da quoziente intellettivo zero, da parte degli scagnozzi.
“Xander, ti sfido. Chi vince si prende la ragazza” disse Dylan, tutto d’un fiato.
La frequenza cardiaca gli si triplicò.
“Hai detto proprio quello che ho sentito? Tu, merdina, mi staresti sfidando?”.
“Sì, o hai paura?”.
Immediatamente cadde il silenzio. Tutte le reclute che precedentemente chiacchieravano fra loro, si zittirono all’istante. Xander divenne il punto di fuga di ogni sguardo.
“Sei meno cagasotto di quanto credessi, te lo concedo. Ma nessuno mi sfida! Mai!” tuonò l’uomo, sfoderando la sua enorme mazza chiodata.
Le Reclute indietreggiarono, impaurite.
“È una sfida che vuoi? Bene, lurida ameba, una sfida avrai!” Xander si accovacciò, pronto per caricare.
“No, f-fermo!” urlò Dylan.
Barbarossa s’arrestò di colpo.
“Con i Pokémon! Una sfida con loro!”.
Il suo avversario lo fissava immobile, per attimi interminabili.
“Va bene, anche i miei amici devono divertirsi, dopotutto” con calma innaturale, Xander rinfoderò l’arma, impugnando al suo posto una Ultraball.
“E voi che avete da guardare? Tenete d’occhio la ragazza, coglioni!” sbraitò diretto alle reclute.
Dhalia si nascose dietro il corpo di Dylan, soffocata dalla pressione degli sguardi.
“Ti proteggo io, non temere...” ammiccò lui, cercando di travestire la paura che gli attanagliava le viscere.
 “Che ne dici di sgranchirti un po’ le chele, amico?” Xander premette l’interruttore della sua sfera, liberando il suo Pokémon: un enorme Crawdaunt fece il suo ingresso in scena. Il pavimento gemette sotto il suo peso.
Dylan lo osservava rapito, non aveva mai visto un esemplare di Crawdaunt di quella stazza, doveva essere almeno due metri e mezzo d’altezza, per non parlare del suo peso.
Il Pokémon rivolse un cenno di saluto al suo Allenatore per poi focalizzare l’attenzione sul suo bersaglio.
“Dovrei lottare contro quella… bestia?”.
“O lui… o me” Xander si alzò le maniche della maglietta blu, aderente ai suoi muscoli che sembravano esplodere.
“No ok, ok, lottiamo…”.
“Dylan… sai cosa stai facendo?! Che hai in mente?!” chiese Dhalia, crucciata e nascosta dietro il braccio del ragazzo.
“Non lo so, non ne ho idea. Si improvviserà, ho sempre belle idee quando si tratta di fare stile libero”.
Dylan allungò una mano in direzione della cintura contenete le Pokéball, alla ricerca di un aiuto.

Ragazzi, mi serve un aiuto, ditemi chi di voi se la sente di fare questa lotta… datemi un segno…

Passò in rassegna le Pokéball, tastandole con le mani. Seguì più volte la sequenza di sfere, sperando in un qualsiasi tipo di segno che avesse potuto farmi capire quale scelta sarebbe stata la migliore. Del resto era un pittore, lui, a stento conosceva le combinazioni fra i basilari tipi Pokémon.
L’unica certezza era che se la stava facendo nei pantaloni.
Una Pokéball si mosse al contatto con la sua mano e Dylan la prese dalla cintura.
“Sei sicuro?” sussurrò quello, avvicinatosi alla sfera.
Poteva sentirne l’energia vitale, il Pokémon all’interno si stava agitando, voglioso di fuoriuscire.
“Va bene, sei anche il più grosso, magari abbiamo qualche speranza…”.
Ancora titubante per la sua scelta, Dylan premette il meccanismo di rilascio e la Pokéball si spalancò all’istante. Rhydon fece il suo ingresso in campo. Sbadigliò, grattandosi il capo.
“Bene, marmocchio, è tempo di divertirci!” rise istericamente Xander.
Dhalia si strinse al braccio del ragazzo. “Dylan, ma sai che Rhydon è debole contro quel Pokémon? Il suo tipo è in vantaggio contro di te, che hai in mente?”.
“Cosa?! Potevi avvisarmi!” il ragazzo sbiancò.
“Basta parole, ho voglia di picchiare. Picchiare forte! Crawdaunt, vai con Martellata!”.
La chela dell’enorme crostaceo s’illuminò di blu, mentre veniva portata dietro il corpo, per avere più slancio.
“Attento!” urlò il ragazzo.
Rhydon non ebbe neanche il tempo di voltarsi. Crawdaunt fece compiere un arco di centottanta gradi al suo arto, accelerandolo improvvisamente una volta giunto sopra il suo capo.
L’impatto fu tremendo: Rhydon fu colpito fra il corno e l’occhio destro, ed una massiccia mole d’acqua si riversò su di lui, partendo dalla chela del crostaceo, scaraventandolo al suolo.
Crawdaunt caricò nuovamente l’attacco, con Dylan che rimase pietrificato.
“Fa’ qualcosa!” gli urlò Dhalia, ma le sue parole non penetrarono la testa del ragazzo.
Non avendo mai lottato, Dylan non aveva neanche idea di come reagire a un attacco, né cosa dire al proprio Pokémon.
“Crawdaunt, fermo” fece impassibile Xander.
Il crostaceo bloccò il colpo a mezz’aria, ritirandosi vicino il suo allenatore, in attesa di nuovi ordini e furente per essere stato bloccato.
“Non prendertela amico mio, ma se lo finisci subito, poi non ti diverti più. Giochiamo per qualche minuto con loro” le vene del collo gli si ingrossarono, come se stesse cercando di contenere la sua furia.
“Dylan, fai qualcosa!” gli urlò Dhalia, dritto in volto.
Stavolta le sue parole raggiunsero il destinatario, spezzando le catene della paralisi nata dalla paura.
“Io… io…”.
Dhalia colpì con uno schiaffo il viso del ragazzo.
“Booooom! Ragazzi che botta, credo di essermi innamorato!” fece Xander, diretto verso le Reclute, divertite dalla scena.
Fu come l’input per riavviare il sistema, per Dylan. “Tool!” chiamò lui.
Il Pokémon Trapano si issò, come se niente fosse successo. Scosse la testa, l’attenzione fissa sul suo avversario.
“Che cosa!? Come cazzo ha fatto? Crawdaunt, Martellata, di nuovo!” sbraitò Xander, brandendo la mazza ed agitandola nell’aria.
“Tool, schivalo sbrigati!”.
Crawdaunt caricò nuovamente l’attacco, lanciandosi verso il suo avversario con tutta la sua potenza ma Rhydon rispose scartando a sinistra per poi colpire l’avversario con un Megapugno, rimasto scoperto a destra per via della sua offensiva.
“Sì, grande Tool, l’hai steso!” l’adrenalina iniziò a scorrere nelle vene di Dylan, portando la pressione alle stelle. La testa gli parve esplodere, ed un forte calore avviluppò tutto il corpo.
Vide Xander, furibondo.
“Lurida merda, non credere di poter fare una cosa simile a me! Crawdaunt, alzati, muoviti”.
Il crostaceo si alzò, sfregando fra di esse le chele.
“Fa attenzione, si stanno preparando ad attaccarti, Tool!”.
“Unghiaguzze, ora!”.
“E che cos’è?”.
“Oh un piccolo regalino per il tuo rinoceronte” rise Xander, mentre Crawdaunt eseguiva l’ordine.
Le sue chele risplendettero di luce propria, indurendosi all’istante. “Coraggio, fatti sotto ragazzino...”.

La cosa mi puzza… meglio fare attenzione…

“Tool usa Azione, come prima!”.
“Ma se prima mi hai attaccato con… bah! Crawdaunt spacchiamogli il cranio, Doppiosmash!” urlava con grinta e rabbia l’Idrotenente, stringendo con forza sempre maggiore la mazza di ferro.
Rhydon si avventò su di lui, caricando a testa bassa. Ad ogni suo passo il pavimento tremava, accelerando il naturale processo di gocciolamento del soffitto della grotta.
Crawdaunt aspettò fino all’ultimo istante, prima di sferrare il suo attacco.
Il primo montante arrivò dritto al mento di Rhydon. Il crostaceo aprì la seconda chela, serrandola attorno al collo del suo avversario, dopodiché utilizzò l’energia della carica di Rhydon e lo sollevò.
“Tool! No, reagisci! Fa’ qualcosa!”.
“Fallo volare via! Ora!” urlò l’altro, incredibilmente avvinto da quella sfida.
Crawdaunt obbedì e lanciò via Rhydon che terminò sulla sedia della Recluta fuggita, distruggendola.
Il Pokémon Trapano colpì violentemente la parete rocciosa, facendo staccare diverse stalattiti che si infransero sul suolo, rilasciando un’esplosione di frammenti in tutte le direzioni.
Xander si voltò verso le reclute, col sorriso, puntando Rhydon con la mazza. “Vedete, ignoranti, quello è un bassorilievo”.
Molti risero, altri guardarono il tenente con espressione confusa.
“Tool, alzati!” urlò invece Dylan, sempre meno convinto di quell’impresa. Sentiva Dhalia terribilmente impaurita dietro di lui. Xander gli rivolse uno sfottò.
“Hai perso, mocassino. Ora vengo a prendermi la donna, Crawdaunt portala qui. Cerca di non spezzarle troppe ossa, mi raccomando... lasciane qualcuna per me...” rise il ragazzo dalla barba rossa.
Agitò la mazza davanti a se e le Reclute spettatrici indietreggiarono automaticamente. temendo di finire accidentalmente colpite dal loro capo.
Crawdaunt iniziò ad avanzare verso i due, aprendo e chiudendo le chele ad ogni passo.
“Dhalia, non dobbiamo perdere tempo, prendi Rubber e scappa, io li rallento”.
“Dylan...”. La donna era in lacrime, disperata.
“Niente Dylan, ora va!”.
“Ma...”.
“Niente Dylan e niente ma! Ho detto di scappare!”.
“No! Io non me ne vado senza di te! Ci sarà qualcosa da fare, Dylan… Non può finire così! Non voglio che noi…”.
“Ehi, voi due, inutile che bisbigliate. Stiamo venendo a prendervi! Sarete il nostro trofeo!”. Xander era a pochi metri, accompagnato dal suo Pokémon.
Dylan si voltò verso la sua dolce Dhalia: il viso lasciava trasparire un terrore che lui non aveva mai neanche lontanamente visto in lei. S’immerse nei suoi occhi e vagò con la mente, tornando indietro di qualche giorno, quando Dhalia si addormentò poggiata sul suo petto.
Ripensò all’emozione di averla lì, a portata di bacio, senza poter far nient’altro che accarezzarle il viso. Avrebbe voluto carezzarle la guancia per poi spostarle una ciocca di capelli dal viso, sino a riporla dietro l’orecchio; e poi baciarla.
E non uno di quei baci da film, con la scenografia dietro e tutte le comparse, magari con un’aggiunta di quella brezza che non guasta mai.
No.
Lui voleva solo baciarla, unire le labbra alle sue con il più semplice gesto che fosse potuto mai esistere. E forse era una cosa banale, lo sapeva, ma lo desiderava con tutto se stesso.

O adesso, o mai più.

Dylan accarezzò il volto di Dhalia, così come tanto desiderava, sporcando anche il suo viso di trucco sciolto.
“Ti amo…” fece lui.
“Oh ma che carini, vi colpiremo assieme, così il vostro sangue resterà assieme anche dopo la fine che vi faremo fare”. Xander era ormai davanti a loro, Crawdaunt supervisionava i movimenti del suo Allenatore.
Dhalia non riuscì a muoversi, colta alla sprovvista. Non riuscì a pronunciare nulla, nonostante quello fosse l’ultimo attimo della sua vita, ed era sicura che lo fosse. Il pirata dalla barba rossa aveva issato la mazza al di sopra della testa, riusciva ad intravederne l’estremità colma di chiodi lucenti come tanti bisturi.
Poi, Dylan, si girò urlando e caricò quanta più forza possibile nel braccio, utilizzando la rotazione del corpo, per poi piantare un destro ben piazzato sul naso di Xander.
“Che cazz…” riuscì a pronunciare quello, prima di assaporare il sapore del suo sangue.
L’Idrotenente indietreggiò di un paio di passi, con la testa rivolta all’indietro. L’atrio piombò in un profondo silenzio, in una totale immobilità e quasi sembrava che anche le gocce d’acqua smettessero di cadere dalla volta della grotta.
“Oh, per Arceus…” arrivò dalle retrovie.
E Dylan, che aveva compiuto quel gesto tanto eroico quanto folle, strinse occhi e bocca: “Che male!” urlò, con la mano stretta tra le ginocchia.
Xander si rialzò, con gli occhi furenti. Rubò i respiri delle Reclute con soltanto uno sguardo e poi guardò quello che da sacco per la boxe era diventato un avversario vero e proprio.
“Sei morto, stronzo”. Le vene del collo gli si ingrossarono, Dylan ricordava ancora quanta difficoltà aveva avuto per imparare a disegnarle con le su  matite B6, quando doveva marcare qualche carattere, i primi anni d’Accademia. L’Idrotenente aveva concentrato tutti i propri mezzi, mentali e fisici, per massacrare Dylan.
Lui rimase immobile quando la mazza dell’avversario si calò con forza rabbiosa sulla sua testa.
Il ragazzo incrociò le mani davanti il viso, sperando di attutire il colpo. Chiuse gli occhi, non sarebbe mai riuscito ad accettare ciò che stava per succedere.
“Dylan!” fu l’ultima cosa che riuscì a sentire, prima del colpo.
Sentì un tremendo fragore e le energie venire meno, le emozioni fortissime che lo brandivano gli stavano per rubare le ultime forze, rischiando di finire svenuto ai piedi di Dhalia.
E poi passarono un paio di secondi, in cui aveva resistito all’istinto di gettarsi per terra.
Si sentiva bene.

Non fa male, quando muori.

Aprì lentamente gli occhi.
Davanti a lui si trovava Rhydon, in lotta con Crawdaunt.
Il crostaceo continuava ad aprire e chiudere le chele, bloccate alla base dalle zampe del suo Rhydon. I due giganti si stavano affrontando in una gara di forza. Crawdaunt iniziò ad utilizzare la coda come appoggio ausiliario, riuscendo ad aumentare al forza con cui cercava di imporsi su di Rhydon.
Xander era volato di lato, e si stava rialzando proprio in quel momento.
“Brutto… figlio… di puttana... Crawdaunt, usa Ghigliottina, ora!”.
Il crostaceo recepì con gioia l’ordine del suo Allenatore. Aumentò ancor di più la pressione su di Rhydon, giungendo lentamente alla base del suo collo.
“No! Reagisci, Tool, dagli una testata!”.
“Che cosa?!” sbraitò Xander, iracondo e confuso.
Rhydon eseguì senza battere ciglio, prendendo in piena fronte il suo avversario, usando la sua come arma. Il suo corno scheggiò il resistente carapace del suo avversario, che indietreggiò con non poche difficoltà, stordito. A differenza sua, Rhydon ne uscì indenne.
“Testadura… Adesso capisco a cosa serva la tua abilità, amico mio”.
Dhalia sbatté un paio di volte le palpebre; aveva davvero temuto il peggio.
“Razza di idiota, smetti di perdere tempo e prendi il ragazzo! Voglio spezzargli le ossa con le mie mani!” Xander diede diversi pugni sulla schiena del suo Crawdaunt.
“Dobbiamo finire questa faccenda qui, adesso! Quel Rhydon non potrà difendersi contro questo: Crawdaunt, usa Geloraggio! Prendilo dritto in faccia, mi raccomando”.
“Dylan, Rhydon non ha alcun modo di difendersi, fa qualcosa!” gli urlò Dhalia.
“Sì, giusto… ehm… Tool, usa il tuo attacco più forte, fermalo. Perforcorno!”.
“Quando l’ha imparato?!” chiese Dhalia, stupita.
“Ricordi quando chiusi a chiave il frigorifero per non farlo mangiare? Ecco...”.
Rhydon si piantò saldamente con le zampe sul terreno, mentre il suo corno iniziò ad aumentare la sua accelerazione angolare. Pochi istanti, e caricò Crawdaunt, lanciandosi con tutta la sua forza.
“Ora, inutile crostaceo, attacca!” ordinò l’Idrotenente.
Crawdaunt spalancò entrambe le chele, facendo partire due gelidi raggi d’un azzurro intenso, accompagnati da vitree schegge affilate come rasoi, che si incrociarono poco prima di colpire Rhydon, dritto sul corno.
Il Pokémon Trapano arrestò la sua corsa, lottando per non soccombere alla potenza del suo avversario.
Il corno di Rhydon iniziò a rallentare, mentre la sua fronte iniziava a gelarsi.
Crawdaunt aumentò l’intensità del colpo, mettendo in seria difficoltà Rhydon che, completamente inerme, perdeva terreno.
Il Pokémon di Dylan sentì Xander ridere; si sentì colpito nel profondo dell’orgoglio. In quel momento la sua indole aggressiva repressa per molto tempo, esplose con violenza, degna del folle Idrotenente.
Si sentì il ghiaccio spaccarsi, mentre il corno di Rhydon iniziò a riprendere velocità.
Ruggì forte, facendo tremare le pareti della caverna.
Avanzò di qualche passo, aumentando ancora di più la frequenza di rotazione del suo corno.
Riuscì a farlo roteare talmente velocemente che il Geloraggio sprigionato da Crawdaunt venne rifratto nell’ambiente circostante, creando una solida parete di ghiaccio perpendicolare all’attacco, posta fra di loro ed il Team Idro.
“Fermati subito!” Xander impazzì.
Rhydon bloccò la sua avanzata, colto di stucco dall’effetto non voluto del suo scontro.
“È una lastra di… ghiaccio, giusto Dylan?” chiese Dhalia.
“Sì, credo… com’è possibile? Certo però, che è stupenda, potrei farci un dipinto” fece lui, mentre l’essenza del pittore tornava a galla quando non doveva.
Xander urlò furioso, li aveva persi.
“Crawdaunt, che cazzo hai fatto?! Sfonda immediatamente quella parete se non vuoi diventare la cena di stasera! E voi, fottute Reclute inutili, se non li prendete subito vi distruggo!”.
“Ma capo… c’è il ghiaccio” arrivò dal centro del gruppo.
Xander sospirò e si voltò. “Chi ha parlato?”
Tutti zitti.
“Non m’interessa quello che c’è. Prendeteli, o vi uccido tutti!”.
Crawdaunt si lanciò contro la parete colpendola con diverse martellate, senza riuscire a scheggiarla. Dylan si volse verso Dhalia “Ce l’abbiamo fatta… Sono bloccati, e noi siamo qui. Ci siamo salvati!”.
Un violento tonfo attirò l’attenzione dei due.
Xander.
Aveva creato una crepa nel ghiaccio.
“Come ha fatto!? Non c’è riuscito neanche Crawdaunt!”. Dylan era terrorizzato da quell’uomo.
Lesse nei suoi occhi la furia omicida, remore dei peggiori film splatter, dove il cattivo nella maggior parte delle volte si divertiva a sbudellare gente ed a riattaccare a caso i pezzi.
“Dobbiamo andarcene immediatamente da qui. Rhydon, rientra nella Pokéball!” Dylan avvicinò la sfera al suo Pokémon, congratulandosi con lui. “Sei stato bravissimo, stasera dormi sul letto” fece lui.
“Dylan… ti prego andiamocene…” Dhalia continuava a fissare Xander, non riusciva a staccare gli occhi da quel pazzo omicida.
“Ah non sarò io a trattenerti, scappiamo da questo posto. Rubber, andiamo”.
Il Pokémon si immerse lentamente nell’acqua. “Prima le signore” fece Dylan, aiutando Dhalia a salire sul dorso di Rubber.
“Grazie”.
I due si iniziarono ad allontanare, ormai vicini l’uscita.
“Tornate qui! Vi troverò e vi ucciderò!” urlò Xander, reso folle dall’ira.

“Xander” tuonò poi una voce divertita.

Tutti zitti si voltarono; Ivan era lì.
“Ivan, io... sono circondato da una massa d’incompetenti e...”.
“Tranquillo, abbiamo già tutte le informazioni che ci servono”.
“Ma non finisce qui!” urlò l’Idrotenente. “Non finisce qui”. Tuttavia la sua voce si perse nella brezza marina.

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Frammenti - Orizzonte Frammenti. Deboli soffi di vita nella violenta tempesta che è l’esistenza. A volte destinati a sparire, a volte pronti a moltiplicare. Come un soffio di vento trasporta il polline che andrà a fecondare un'altra pianta dalla quale nascerà la vita, alcuni momenti, per quanto brevi, danno il via a qualcos’altro, qualcosa di più grande.   L’aria era fredda, il gelido inverno era alle porte e i sempreverdi costellavano i boschi innevati che circondavano la cittadina di Nevepoli. Quell’anno, le grandi nevicate erano arrivate prima e già, il ventesimo giorno di dicembre, i fiocchi di neve scendevano copiosi sui tetti della città. Lo spettacolo che davano quelle minuscole e complesse opere d’arte di cristalli di ghiaccio, passando di notte sotto la luce dei lampioni per poi andare a posarsi a terra sciogliendosi, era qualcosa di meravigliosamente inquietante. Un gelido calore pervadeva le strade, ridotte ormai a soffici torrenti di neve. Nell’attimo

Quindicesimo Capitolo - 15

Salve ragassuoli, mi dispiaccio ogni volta per il ritardo nella pubblicazione, e mi rendo conto che sta diventando un disagio. Ecco perchè, dalla settimana prossima, per problemi di lavoro, la fan fiction sarà pubblicata il MARTEDì. Chiedo ancora scusa, e spero di non aver recato disagio. Ringrazio tutti quelli che hanno messo mi piace alla pagina   Pokémon Adventures ITA . Vedere il seguito crescere ogni giorno di più è una grande soddisfazione. Sei su EFP? Vieni a recensirci anche lì!  Andy Black, autore su EFP Ricordo sempre che il nostro progetto, Pokémon Courage ha bisogno di sostegno da parte vostra...niente soldi, tranquilli, basta solamente un po' di partecipazione. Siamo davvero così pochi a leggere questa bellissima storia? Entrate anche voi a far parte della famiglia di Pokémon Courage . Ho finito con le raccomandazioni. Cominciamo. Stay Ready...Go! Andy $   “Rachel...sei davvero tu?” chiese sgomento Ryan, quasi commosso. Zorua fece un