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Lev - Ceneri E Piume - 3 - Il Grande Gatsby

Capitolo 3: Il Grande Gatsby
Tra le grida, il panico e il baccano generale, sì udì un suono sordo, come quello di un impatto su una superficie morbida. Sapphire aprì gli occhi. Accanto a lei c’era Ruby, in una mano aveva una Poké Ball l’altra era stretta attorno a un piccolo oggetto che la ragazza non identificò immediatamente. Davanti al ragazzo, un’immobile Gardevoir avvolta in una mistica aura celeste. Stava usando Psichico. Con quella mossa aveva bloccato il fascio di energia di Rayquaza che avrebbe travolto sia Sapphire che tutte le tribune dietro di lei. L’energia si disperse. Ruru poté distendere i muscoli.
Sapphire si rese conto molto lentamente di non essere morta. Realizzò di essere ancora in quello stadio vibrante dal panico e dagli urli della gente. Giovani e anziani, maschi e femmine, tutti erano nel raggio d’azione del dragone e potenzialmente in pericolo di vita. Non trovò una spiegazione a il caos in cui tutto era piombato così all’improvviso. Ma si fece forza. Il suo cervello mandò due o tre impulsi ai muscoli delle gambe che smisero di tremare, le braccia raggiunsero la bocca e il diaframma tornò a svolgere il suo lavoro permettendole di respirare. Si rese conto che Ruby le stava urlando qualcosa. Lo guardò facendo intendere che non avesse capito. Ricominciò a percepire i suoni.
‒ La pietra, dammela!
Non capì.
‒ Sapphire, dammi la pietra!
L’impulso agì prima della ragione. Con un movimento scattoso e brusco la ragazza lanciò a Ruby il ciondolo che un anno prima proprio lui le aveva regalato.
Rayquaza ebbe come un sussulto quando Ruby strinse le dita attorno a quel piccolo oggetto, si contorse e prese qualche decina di metri di quota. Caricò un secondo attacco.
Dragobolide, intercettalo! ‒ e Ruby lanciò la sfera di Flygon il quale, ruggendo, evocò in un istante un diluvio di meteore di energia che mitragliarono Rayquaza non danneggiandolo quasi per nulla ma facendogli perdere la concentrazione e mandando a vuoto la sua mossa.
‒ Ruby, che cosa sta… ‒ Sapphire si rese conto di aver riacquistato la parola.
‒ Scappa! ‒ la interruppe lui. ‒ Vattene, scappa, posso fermarlo, vai!
‒ No, aspetta, io…
‒ Flygon, portala via!
Il lucertolone non esitò. Afferrò una disperata Sapphire alla vita e volò lontano a gran velocità. La ragazza poté girare il collo un’ultima volta per vedere Ruby tornare con lo sguardo al Pokémon Stratosfera alto nel cielo. Rayquaza aveva identificato il suo nemico, scese in picchiata proprio verso il ragazzo. Gardevoir non avrebbe potuto fermarlo, stavolta. Ruby tirò fuori il resto della sua squadra: Mightyena, Milotic, Delcatty e Castform comparvero lontani da lui, dove aveva lanciato le loro Ball. Swampert gli si parò davanti come una muraglia. Gelopugno fu il suo ordine. E un violentissimo montante colpiva Rayquaza appena sotto la mandibola lasciandogli spesse lastre di ghiaccio attorno al collo. Il Pokémon non prese l’affronto particolarmente bene. Non indietreggiò e sputò una sfera di energia bluastra verso il primo obbiettivo che gli parve particolarmente sensibile: le terrazze dei partecipanti. A quel punto anche gli occhi di Ruby divamparono di terrore. Ma la fortuna aveva altri piani per loro. I Campioni e gli altri Allenatori della terrazza del quarto piano avevano sfondato il vetro ed erano usciti allo scoperto con l’evidente intenzione di unirsi alla battaglia. Con un numero indefinito di attacchi lanciati in contemporanea, avevano vinto facilmente l’offensiva del dragone.
Sapphire comprese di non poter restare con le mani in mano. Tirò Pilo, il suo Tropius, fuori dalla Ball e si divincolò in modo spasmodico per venire fuori dalla stretta di Flygon. Ci riuscì e cadde in groppa al suo Pokémon Frutto, il quale virò vertiginosamente per invertire la propria direzione di volo. Flygon tentò di inseguirli.
Ruby era fiancheggiato da Lance, Camilla, Iris e da tutti gli altri Dexholder. Lottavano insieme, bersagliavano Rayquaza con molteplici colpi provenienti da ogni direzione in modo tale che quest’ultimo non avesse tempo di riprendere fiato. Era contenimento, non lotta vera e propria.
‒ Toro! ‒ esclamò Sapphire facendo volare verso il campo la sfera della sua Blaziken. Si unì alla lotta sotto lo sguardo truce del ragazzo con la cicatrice.
Fronteggiarono il dragone per una discreta mezz’ora, finché un suo latrato di sconfitta sembrò annunciare la loro vittoria. Lo stadio era stato evacuato, le persone si trovavano al sicuro. La maggior parte della popolazione si era rifugiata in posti sicuri e stabili. Non c’erano morti o feriti. Tutti gli Allenatori che avevano contribuito a placare Rayquaza tirarono un sospiro di sollievo quando questo sembrò accasciarsi a terra senza più energie. Un breve sospiro di sollievo. Il Pokémon si era spento troppo in fretta.
Gli occhi stanchi di tutti i presenti, Dexholder e Campioni, furono investiti da un secondo intenso bagliore verde, tutti rimasero accecati. Il mugolio di resa di pochi istanti prima si trasformò in un ruggito iracondo. E dalla luce emerse un nuovo Rayquaza trasformatosi nella sua forma Megaevoluta avvolto in un velo di energia pura. Le spire del dragone fendettero l’aria e questo, alzandosi in alta quota, reagì con violenza come se volesse uscire fuori da una prigione. Il suo attacco un ultimo raggio di energia spaccò il cielo in due. Sfondò le tribune vuote, vinse la resistenza del cemento, investì abitazioni e palazzi lasciandone poco più che deformi carcasse. Una profonda ferita che si estendeva lungo l’intero centro di Vivalet fu il marchio con cui Rayquaza sottomise l’essere umano quella sera. Gli Allenatori avvertirono un secondo spostamento d’aria.
I loro occhi si riabituarono alla vista quando già i loro cervelli avevano risolto l’equazione. Ritrovarono un gigantesco buco che aveva causato il crollo di un’intera tribuna e un orribile scorcio su un macabro panorama di devastazione. Strade scorticate dal terreno, automobili in fiamme, edifici sradicati o ridotti in cumuli di lamiere. Un terribile silenzio imponeva il suo peso sullo stomaco dei presenti.
Blue, Red, Sapphire, Silver e tutti gli altri si guardarono prossimi all’isteria. Dietro di loro, in lontananza, c’era una sorta di bozzolo alto nel cielo scuro: un rettile serpentino che fluttuava nell’aria tutto avvolto all’interno di una bolla di gas. Qualche grido si levava dalle macerie. Pianti, urli, gemiti. Tutti destinati a soffocare in quella nebulosa quiete nel giro di pochi istanti.
Nessuno parlò, nessuno osò proferir parola. Tutti tornarono con i piedi per terra. Ruby cadde in ginocchio. Solo Emerald lo avvicinò, di tutto il gruppo.
Era in piedi, poco dietro di lui. Rimase in silenzio per un interminabile istante.
‒ È più forte… ‒ mormorò quello sentendolo prossimo a sé.
‒ Che cosa sta succedendo? ‒ domandò il biondo.
‒ Sapevo che sarebbe arrivato ‒ rivelò atono Ruby. ‒ ho le due gemme, quelle che oltre a controllare Groudon e Kyogre dovrebbero permettermi di renderlo vulnerabile, ma non sono riuscito ad entrare in contatto con lui e a vincerlo…
Emerald trattenne il respiro.
‒ È più forte… ‒ ripeté l’amico.
Un ruggito portò il gelo al sangue di tutti. Ma ancora niente, Rayquaza stava recuperando energie nell’ozono che era capace di produrre, ma ancora non era pronto a tornare all’attacco.
‒ Dobbiamo fare qualcosa ‒ disse Red. ‒ Avanti, cerchiamo i superstiti ‒ cercò di esortare gli altri.
Il Campione di Kanto corse in soccorso dei pochi individui ancora vivi dispersi nelle macerie. Nella titubanza generale, lo seguirono prima due, poi cinque, quindi nove, infine tutti gli Allenatori che avevano lottato nello stadio. Solo Ruby e Sapphire rimasero al proprio posto davanti a quel cratere dalla forma affusolata rimasto sulla città. Passarono secondi interminabili dopo i quali pure la ragazza si mosse.
‒ Non potevi fermarlo… ‒ mormorò facendo attenzione che Ruby la sentisse. Quindi passò oltre senza attendere risposta e senza degnarlo di uno sguardo.
Il ragazzo strinse la terra che aveva tra le dita. Si rese conto di avere ancora in mano il ciondolo con lo zaffiro la cui cordicella stava stritolando i suoi polpastrelli e la seconda gemma, il rubino, naturale e non tramutata in un gioiello. Entrambe le pietre reagirono, il suo corpo le aveva già assorbite e digerite una volta, quindi esse erano naturalmente attratte da lui.
Ruby fece un respiro profondo, calmò l’animo e distese i muscoli. E nella sua mano era rimasta giusto la cordicella che aveva assicurato la gemma blu al collo di Sapphire per un anno intero. Il rubino e lo zaffiro erano entrambi spariti.
Si sentì pervadere da quella sensazione una seconda volta nella sua vita. Il calore del cratere più attivo e il gelo dell’abisso più profondo in contrasto sulla sua pelle e nella sua carne. Non era forte come la volta scorsa, i due Leggendari della terra e del mare erano sopiti e per fortuna sarebbero rimasti tali per molto tempo. Eppure, l’energia che empaticamente avvertiva dalla presenza di un destissimo Rayquaza fluiva nelle sue vene come provenisse dal suo stesso sangue. A confermare il mutamento, sottili ma luminose righe simili a tatuaggi solcavano le sue braccia. Un complesso disegno di linee blu e rosse si intrecciava sul suo petto. Lo sentiva, ma nessuno poteva rendersene conto finché portava i suoi vestiti.
Mise una maglia con le maniche lunghe per coprirsi, tanto non era più capace di avvertire il caldo o il freddo, il suo corpo aveva appena assunto la capacità di termoregolarsi. Non tornò dagli altri, prese invece tutti i suoi Pokémon e si diresse alla macchina di cura più vicina, erano tutti stremati.
Nel frattempo, tutti si prodigavano per dare una mano. C’erano mura da assicurare per evitare ulteriori crolli, persone da salvare e mandare in un luogo più sicuro, feriti da medicare e, purtroppo, cadaveri da raccogliere. Almeno quelli ancora integri.
Ambulanze, Allenatori, Capipalestra e persino volontari spuntati fuori dal nulla corsero in aiuto delle vittime. Qualcuno riuscì a salvarsi in extremis, recuperato per il rotto della cuffia dagli audaci strumenti medici. Altri morirono proprio come erano morti tutti gli altri. Ma con la morte davanti al volto e non nascosta infidamente dietro l’angolo. Tutto era immerso in un aria torrida e satura del calore dell’acciaio fuso, delle carni bruciate e del cemento sgretolato. Polvere, vetro e sangue, era il terreno su cui si muovevano tutti coloro che tentavano di salvare la vita a qualcuno.
Il numero dei morti raggiungeva appena la tripla cifra. Era un centro cittadino turistico, quelle travolte non erano abitazioni. Gli edifici inagibili furono rapidamente isolati con metri e metri di nastro di sicurezza. L’area fu sgombrata. Ci furono le ultime grida, gli ultimi lamenti, gli ultimi commenti degli afflitti giornalisti piombati a pochi minuti dall’apparente scomparsa di Rayquaza.
‒ Bisogna evacuare la città, l’area non è sicura…
La cantilena cominciò a suonare nelle tv, negli altoparlanti, nelle radio. Tutto era precipitato nel caos. Mentre mezzo mondo fissava lo schermo con gli occhi spalancati davanti alla gravità del disastro, le linee telefoniche erano intasate dalle telefonate di migliaia di famiglie che cercavano un segno di vita, un sussurro del proprio parente che era in vacanza ad Holon proprio in occasione del torneo. Molti genitori poterono bearsi di sentire la voce del proprio figlio vivo e vegeto, alcuni non ebbero tale piacere.
Quando ormai un nuovo giorno si accingeva a sorgere, tanti avevano già abbandonato Vivalet. Altri erano direttamente fuggiti da Holon. La paura era forte. I lamenti si sovrapponevano. I feriti venivano trasferiti in ospedali lontani, la matassa che nel cielo sembrava predire un’imminente seconda catastrofe era divenuta visibile solo con il ritorno della luce. La paura si trasformava in terrore e i lamenti in grida.
Sapphire camminava sull’asfalto sgretolato della strada percorribile più vicina all’incidente. Poco lontano da lei, un gruppo di ragazzi cercava di cambiare il bendaggio di un loro amico il cui polpaccio era rimasto maciullato sotto alcune lamiere. Lo avrebbero condotto in un ospedale, se solo le ambulanze non fossero state tutte piene. Sapphire li raggiunse.
‒ Posso darvi una mano? ‒ chiese. Aveva girato il mondo in otto anni di vita da Allenatrice scalando monti, solcando mari e attraversando foreste. Sapeva fare una fasciatura decente.
I ragazzi della comitiva la guardarono con i loro occhi incavati e stanchi. Erano più o meno suoi coetanei, venivano da Alola a giudicare dalla tinta scura della loro pelle macchiata qua e là da polvere e sudiciume. Erano sicuramente alcuni di quelli rimasti per dare una mano.
‒ Ecco fatto ‒ strinse il nodo nel punto in cui la tensione non avrebbe premuto sulla ferita. Non si aspettava un grazie, ma questo arrivò comunque. Fisso i volti di sopravvissuti. L’avevano riconosciuta, si capiva da come la guardavano.
‒ Cercate di raggiungere un luogo sicuro ‒ disse loro facendo finta di nulla.
Fece per andarsene, ma uno di quelli la trattenne: ‒ ce la farete a fermarlo?
A parlare era stato il ragazzo ferito, quello a cui lei aveva applicato le bende.
Sapphire si morse il labbro. Avrebbe voluto rispondere che non lo sapeva, che aveva paura e che anche lei probabilmente se ne sarebbe andata al più presto.
‒ Ce la metteremo tutta ‒ rispose però qualcuno al suo posto.
E dietro di lei era improvvisamente comparso Red. Il ragazzo aveva i vestiti logori e stringeva in mano una strana borsa. I ragazzi riuscirono a rialzarsi per zoppicare in un altro luogo. Red aveva dato loro un sottile bagliore di speranza.
‒ Che cosa hai intenzione di fare? ‒ gli domandò Sapphire quando il gruppo si era allontanato abbastanza.
‒ Dobbiamo stancarlo.
‒ Prima che ci uccida?
‒ È un’idea di Crystal, vuole catturarlo, non so perché non ci abbiamo pensato prima ‒ e mostrò la borsa piena di tutte le Ball vuote che era riuscito a reperire.
Sapphire comprese immediatamente che quella non era una buona idea. In realtà quadrava tutto, ma sapeva che c’era un ombra in quel piano. Ci arrivò.
‒ Dove sono gli altri?
In poco tempo raggiunsero il resto del gruppo dei Dexholder. A parte lei e Red, erano otto quando Sapphire finì di contarli e per un istante si illuse che si fosse aggregato pure Ruby. Poi comprese che in realtà si trattasse di Platinum, la Dexholder di Sinnoh che aveva conosciuto il giorno prima. Alcuni di loro erano seduti su alcune croste di cemento cadute a terra, poco lontano dallo stadio. Tutti erano ridotti male sia per lo scontro con Rayquaza sia per l’improvvisata operazione di soccorso a cui avevano partecipato. I suoi amici la accolsero con un amaro sorriso accennato.
‒ Red ti ha già informato del piano? ‒ domandò Crystal che sembrava la più determinata.
‒ Non funzionerà ‒ tagliò corto lei.
Un marmoreo silenzio cadde violentemente sul gruppo.
‒ Platinum, tu sei troppo giovane, devi andartene ‒ cominciò poi a dire rivolta alla tredicenne.
Quella non sapeva come reagire.
‒ Sapphire ‒ intervenne Green. ‒ Perché di preciso non deve funzionare?
Silenzio.
‒ Rayquaza dovrebbe essere addormentato. Non si sveglia mai se non per placare le lotte tra Groudon e Kyogre e entrambi sono immersi nel sonno, ora ‒ spiegò cercando lo sguardo di approvazione di Emerald.
‒ E come mai… tutto questo? ‒ domandò Silver.
‒ Qualcuno deve averlo già catturato ‒ dedusse Blue.
‒ Esatto ‒ confermò Sapphire. ‒ Deve appartenere già ad un altro Allenatore.
Calma cimiteriale. Qualcuno provò a soffocare la propria respirazione ansiosa tirando su col naso o deglutendo.
‒ Quindi l’unica strada è sconfiggerlo? ‒ domandò Crystal.
‒ O trovare il suo Allenatore ‒ realizzò Gold.
Tutti lo guardarono.
‒ Attaccava con coscienza, sapeva dove dirigere i propri colpi e chi e che cosa colpire, evidentemente chi lo controlla è nei paraggi… ‒ spiegò.
‒ Perché dovrebbe rimanere in un luogo tanto pericoloso? Non potrebbe aver dato l’ordine di distruggere e basta? ‒ obiettò Silver.
‒ Non è nella natura di Rayquaza la distruzione, il suo scopo è fermare i cataclismi, non provocarli ‒ contestò la Dexholder di Hoenn.
‒ Sapphire ‒ si fece avanti Red. ‒ Esiste un oggetto in grado di controllare Rayquaza simile alla Gemma Blu e alla Gemma Rossa?
‒ Io… non so…
‒ Sì, la Gemma Verde, lo smeraldo creato dal team finanziato da mio padre. Servì per assoggettare Rayquaza durante il periodo in cui fu sottoposto a dei test ‒ esclamò Platinum.
Tutti tacquero. Sapphire ricordò. La famiglia Berlitz aveva finanziato il progetto di studio sul Pokémon Stratosfera, fu vicino al loro laboratorio che il Salamence di Lyris tanto tempo prima attaccò lei e Ruby e liberò accidentalmente il leggendario. Da lì partì tutta la sua parabola, da lì partì la via crucis di Norman, Capopalestra di Petalipoli che per anni si era caricato di una colpa non sua ma appartenente a suo figlio.
‒ Ha ragione ‒ mormorò con un filo Emerald. ‒ L’avevo io, la persi molti anni fa…
Tutti i presenti avvertirono una forte fitta allo stomaco.
‒ Quindi è fuori discussione ‒ concluse Platinum sconsolata.
‒ Al contrario ‒ si illuminò Sappihire. ‒ Ora sappiamo come fa il nostro nemico a manovrare Rayquaza.
Girando la frittata, alla fine qualcosa era venuto fuori.
‒ Ma quali benefici ci porta questa informazione?
‒ Se tanto mi dà tanto, la Gemma Verde reagisce a contatto con le altre Gemme come quella Rossa e quella Blu si attraggono tra loro ‒ aggiunse la ragazza.
‒ Ma non abbiamo detto che si tratta di una gemma artificiale? ‒ domandò Green guardando Platinum, portatrice di tale informazione.
‒ Infatti ‒ si intromise qualcuno nella conversazione. ‒ le Gemme non sono attratte dallo smeraldo che controlla Rayquaza.
Ruby era comparso dietro di loro, teneva ben in vista i tatuaggi, simbolo che le due Gemme erano state assorbite dal suo corpo.
‒ …ma la respingono.
Non fu accolto con calore da nessuno dei presenti, Gold lo trattò con sufficienza mentre Blue lo squadrò velenosa. Emerald non riuscì proprio a guardarlo e Sapphire non sapeva se provare disprezzo o odio.
‒ Ho le due Gemme con me, se volete che Rayquaza sia fermato, aiutatemi a raggiungerlo…
Emerald notò come era cambiato il suo piano da quando aveva parlato con lui sulle scale qualche ora prima e il ragazzo gli aveva chiesto di andarsene e lasciarlo agire.
‒ Il ciondolo… ‒ sibilò Sapphire. ‒ Era la un frammento, il nucleo della Sfera Blu, vero?
Ruby annuì. Nessuno dei Dexholder capì di cosa stessero parlando.
‒ Perché lo hai dato a me?
‒ Perché se le due sfere sono insieme tendono a fondersi, come hai appena detto, e unirsi al primo essere vivente che interagisce con loro, se sono insieme. Non potevo custodirle entrambe. Un corpo viene lentamente ma irreparabilmente corroso quando tiene dentro di sé le sfere come sto facendo io in questo momento. Ricordi Max e Ivan?
‒ E se non l’avessi portato?! ‒ questa volta gridò.
‒ Ero sicuro che l’avresti tenuto sempre con te… ‒ fu la risposta di Ruby.
Sapphire si sentì inondare dal rossore e in quel momento desiderò tanto di poter prendere a sprangate il ragazzo con uno grosso pezzo di metallo rimediato dalle macerie.
‒ Ripeto, dovete aiutarmi, fermiamo Rayquaza assieme, sono l’unico che può farlo, ma non ci riesco da solo… ‒ ripetè Ruby.
‒ Un ultima cosa, come mai avevi la risposta già pronta? ‒ domandò Green dubbioso. ‒ Rayquaza attacca senza motivo e senza preavviso e tu hai casualmente con te le due Gemme capaci di fermarlo…
Ruby si fissò i piedi, trasse un sospiro.
‒ Non posso dirvi come, ma sapevo già dell’attacco.
Gelo. E un rancore profondo si accese negli animi dei presenti.
‒ Quindi lo sapevi, ma non hai detto niente a nessuno! ‒ lo aggredì Blue.
‒ Non potevo fare neanche questo…
Niente spiegazioni, solo informazioni criptiche. I Dexholder guardavano Ruby con odio. Tutti sapevano della vicenda tra lui e Sapphire e tutti erano a conoscenza del fatto che lui avesse abbandonato la compagnia per affidarsi ai propri interessi personali e alla propria carriera nel mondo dello spettacolo. Solo Platinum se ne stava in disparte, senza chiedere chiarimenti per via della percepibile aria di tensione che aleggiava in quella discussione.
E un altro ruggito fece tremare i loro cuori. Questa volta più forte, più cattivo, più profondo. Rayquaza era quasi pronto per il secondo attacco.
‒ Sentite, so che cosa pensate di me e che cosa pensate io sia diventato negli ultimi due anni di assenza, ma ora tutto questo non c’entra un bel niente! ‒ esclamò Ruby per la prima volta risentito e non indifferente di fronte all’astio dei propri ex amici. ‒ Volete salvare Vivalet e poi tutta Holon, bene, allora agite con me! Altrimenti potete anche andarvene e restare a fare il broncio per tutto il tempo!
Ognuno era rimasto lievemente spiazzato da una reazione tanto violenta.
‒ Sono stato assente, è vero. Vi ho nascosto queste informazioni, è vero. Ho sbagliato i calcoli permettendo a Rayquaza di uccidere delle persone va bene è vero! ‒ riprese fiato. ‒ Ma ora tutto ciò che posso fare è riprovarci e tentare di fermarlo una seconda volta, ho i mezzi, voi siete quel passo che mi manca alla riuscita.
Red annuì in maniera quasi impercettibile. Lo seguirono i consensi di Yellow, Gold, Blue, Emerald e infine Crystal. Silver e Green mormorarono un ok. Sapphire rispose di sì guardando altrove.
Platinum non parlò. Sapphire le aveva detto di andarsene e stava aspettando una seconda opinione.
‒ Platinum, tu almeno mettiti in salvo ‒ fece tetra la ragazza sottolineando la propria mancanza di fiducia in Ruby.
‒ Fa’ come ti dice ‒ la sorprese proprio il ragazzo aggiungendosi.
‒ Io rimarrò ‒ ribatté ferrea lei. ‒ Voglio dare una mano.
Altro intermezzo silenzioso. Il vento sibilava tra le carcasse degli edifici e il sole si levava lentamente dall’orizzonte con la calma placida di una serena alba estiva. Come non fosse successo niente, proprio come non fosse successo niente.
Nessun veterano si oppose, nessuno le diede contro. Loro erano tutti maggiorenni, lei aveva compiuto da poco i tredici anni, ma nessuno di loro aveva atteso di crescere prima di sgominare team malvagi, fermare cataclismi e meteoriti, distruggere organizzazioni criminali. E pure la stessa Platinum aveva già passato parecchi guai nella sua regione.
‒ Rayquaza tornerà all’attacco, non sappiamo dove, ma presumo che attaccherà di nuovo luoghi a gran concentrazione di esseri umani. Dobbiamo trattenerlo qui, nella zona già evacuata. Voi dovrete distrarlo, a me dovrebbe bastare un singolo contatto fisico ‒ cominciò a spiegare Ruby.
‒ Dovrebbe? ‒ chiese Green.
‒ Dipende dal tocco…
‒ In che senso?
‒ Se mi azzanna tecnicamente è contatto fisico, ma non credo di poter fare più tanto, a quel punto…
Organizzarono alla buona un attacco da tutti i fronti, una strategia per attirare Rayquaza in più punti distraendolo da Ruby che si sarebbe mosso in groppa a Latios, in modo tale che la sua capacità di curvare la luce li avrebbe resi invisibili agli occhi del nemico. Latias nel frattempo avrebbe fatto ricognizione nei paraggi in modo tale da cercare un eventuale presenza, così per identificare colui che stesse controllando Rayquaza.
Agire presto significava attaccare un nemico la cui energia non era al massimo, il che si sarebbe dimostrato un vantaggio. Tutti si misero in posizione. Emerald carezzò i due draghi che Ruby aveva richiamato con il Flauto Eone e chiese a Latios in particolare di fare attenzione.
‒ Conto su di te ‒ sussurrò il biondo a Ruby mentre nessuno degli altri Dexholder poteva sentirlo.
Il più grande rimase stupito da tali parole, nessuno dei suoi ex compagni aveva dimostrato tale fiducia, e tantomeno avrebbe dovuto dimostrarla Emerald che poco prima aveva avuto prova della sua fallibilità. Lo vide dare una pacca di conforto a Gold e poi tornare a concentrarsi sul suo compito alzando due dita nei suoi confronti. Ognuno partì in volo su un Pokémon, avrebbero colpito a mezz’aria eludendo i colpi facilmente.
Ruby era già scomparso agli occhi di tutti.
Volarono a gran velocità fino a posizionarsi in tre gruppi attorno alla bolla di ozono prodotta da Rayquaza, che nel frattempo aveva raggiunto la grandezza di una grossa mongolfiera.
‒ Ora! ‒ gridò Green.
E dieci attacchi della tipologia di Raffica, Tifone e Bora cominciarono a soffiare via con violenza tutto il gas nel quale il Pokémon si riposava. La figura serpentina e intrecciata di Rayquaza venne allo scoperto. E lì, cominciò l’assalto vero e proprio.

Rayquaza si trovava nella sua forma tradizionale. Fu sorpreso dai primi attacchi che il gruppo di Dexholder volanti gli aveva rivolto, ma riuscì ad eluderne la maggior parte strisciando aerodinamicamente nella cortina di nuvole poco sotto di lui. Sembrava capace di nascondere tutta la sua enorme massa con immensa semplicità. Luce verde, di nuovo. Stavolta attenuata dalle fitte nuvole in cui serpeggiava il dragone.
‒ Si Megaevolve, state attenti! ‒ esclamò Sapphire.
‒ Ruby, sbrigati! ‒ fece Gold.
Il ragazzo volava su Latios che si era reso invisibile curvando la luce attorno a sé e creandosi una sorta di barriera-specchio. Avrebbe dovuto raggiungere Rayquaza e stabilire con lui un contatto che gli permettesse di controllarlo con le Gemme.
‒ Latios è più veloce di Rayquaza, dovremmo essere in vantaggio ‒ mormorò Crystal.
Un flash e a tutti sembrò di scorgere la silhouette del biscione verde in mezzo alle nuvole. L’attacco Incendio del Charizard di Green sfondò quella sezione di cielo, aprendo un grosso foro negli altocumuli.
‒ L’avete visto anche voi? ‒ chiese il Capopalestra dopo essersi reso conto di aver mandato un colpo a vuoto.
‒ Stava prendendo quota ‒ annuì Red. ‒ Ruby…
Un esplosione si dipanò per tutta l’area fin sopra le loro teste. La detonazione aveva causato un movimento d’aria tanto forte da far rischiare ai Dexholder di cadere dai loro destrieri alati. Tutti loro si guardarono torvi e spaventati.
Poi una sagoma nera spuntò dalle nuvole cadendo quasi senza attrito verso il terreno lontano. Era Ruby i cui vestiti erano completamente carbonizzati nella parte superiore del corpo. Era svenuto, la sua pelle era rimasta scottata qua e là nell’esplosione. Latios non era con lui. Precipitava solo ed esanime.
Emerald si lanciò in picchiata per intercettare il corpo dell’amico ‒ In qualche modo Rayquaza lo ha individuato… ‒ esclamò.
‒ Fermati! ‒ gridò qualcuno.
Strano. Era la voce di Ruby, ma non proveniva dal suo corpo.
E poi dalle nuvole alla destra di Emerald spuntò il dragone. Diretto con le fauci spalancate verso il corpo del Campione di Hoenn. Accadde tutto in un lampo. Rayquaza si inarcò tentando di azzannare Ruby, ma per uno strano scherzo dello spettro visivo questo scomparve, e le mascelle del leggendario si chiusero attorno al nulla. La coda del Pokémon però colpì violentemente Emerald nello slancio che perse la cavalcatura e cadde nel vuoto. Ruby tornò visibile appena dietro il nemico, era in groppa a Latios. Sotto gli occhi inermi di tutti i Dexholder scese al volo in groppa a Rayquaza e si aggrappò alle sue placche. Red e Crystal si erano già lanciati verso il basso per acchiappare al volo Emerald, ma un brusco movimento del dragone che si era reso conto dell’inganno li costrinse a effettuare un giro più lungo.
‒ Emerald, salvatelo! ‒ gridò Ruby.
La sua voce era roca, sembrava star tendendo tutti i suoi muscoli fino al limite della propria resistenza. E i risultati si mostrarono. Rayquaza si bloccò a mezz’aria. Era come paralizzato, anzi, sembrava tremare appena.
Ci fu un mormorio da parte di Sapphire, ma nel disordine generale nessuno la udì. Le toccò ripeterlo più forte, perché qualcuno le desse retta: ‒ Sta per colpire…
‒ Cosa? ‒ domandò Green svegliandosi da quella catalessi in cui per la sua testa ronzava la convinzione di non poter fare nulla in quel momento.
‒ Rayquaza, sta per scaricare tutta la sua energia, dobbiamo intercettarlo! ‒ gridò la ragazza.
Tutti si mobilitarono. E ovviamente, come parlando del diavolo, il corpo di Rayquaza si attorcigliò con un guizzo. Il dragone scese in picchiata verso terra.
‒ Vuole disarcionarlo! ‒ esclamò Blue.
‒ Non ci riuscirà, voi pensate solo a bloccare i suoi attacchi! ‒ ribatté Sapphire.
Ruby infatti interruppe ancora una volta i movimenti di Rayquaza e per un secondo lungo attimo il suo corpo si bloccò nell’aria come trattenuto da una forza esterna e invisibile. Un’intensa luce si dipanò dalle strisce sul corpo del Pokémon. Ruby ebbe un sussulto. Il suo corpo parve brillare e unirsi all’organismo del rettile per un brevissimo attimo.
Un boato venne dal ventre del Pokémon leggendario, un ruggito più furioso, forte e violento di tutti i precedenti. Quindi tutto cadde. Dal cielo cominciarono a piovere meteore di energia violacea. Una seconda apocalisse sembrava doversi rovesciare su Vivalet quel giorno.
Emerald riaprì gli occhi. Si trovava sugli spalti dello stadio. Aveva brevemente perso conoscenza mentre cadeva ed era stato preso al volo da Red e Crystal. Ma subito si rese conto che, potendo scegliere, avrebbe preferito rimanere svenuto. Un firmamento di luci che precipitavano verso di lui comparve al suo risveglio. Energia pura, proiettili di distruzione scagliati dalla furia di Rayquaza. Precipitavano implacabili.
In mezzo a queste, Ruby controllava il dragone e lo cavalcava verso il terreno. Sembrava lui a controllarlo, forse quel gigantesco attacco Dragobolide era stato l’ultimo sforzo di Rayquaza prima di arrendersi.
Uno stormo di Dexholder volanti comparve nel caos. A questi si unirono subito Crystal e Red che non si fecero attendere per tornare in volo. Tutti i ragazzi stavano attaccando una per una le meteore di luce. Sfaldandole, impedendo loro di cadere a terra. I fasci di energia scomparivano uno dopo l’altro, ma la massa ancora ben nutrita si avvicinava sempre più alla città.
Ruby scese dal dragone, era atterrato poco lontano da Emerald: i due di Hoenn erano nello stadio in cui fino a poche ore prima si stava svolgendo il torneo, ma il moro camminava sulla terra della zona di lotta, mentre Emerald era sulle tribune. Rayquaza rimase immobile, ormai sottomesso al suo volere.
Emerald vide Ruby aprire le braccia e chiudere gli occhi. Rayquaza, in collegamento con lui, abbassò le palpebre a sua volta e cacciò un ruggito. E ad un tratto le meteore cambiarono direzione. Tutte stavano curvando la propria traiettoria in direzione di Ruby, verso il centro dello stadio, l’unico luogo che poteva essere bombardato senza che nessuno in città subisse conseguenze. Emerald comprese il piano dell’amico.
‒ Ruby, no!
Il ragazzo si rese conto di lui: ‒ Scappa! ‒ esclamò senza abbassare le mani.
‒ Non devi morire per questo! ‒ gridò Emerald.
Ruby non ribatté. Emerald era lontano, nella parte più alta degli spalti, non sarebbe stato colpito né avrebbe potuto dargli fastidio.
Ormai un centinaio di metri separavano le meteore dal terreno. Tutti i Dexholder che erano ancora in volo, si resero conto della situazione. Quella pioggia avrebbe devastato lo stadio, ma i danni sarebbero stati limitati a quell’area. Avevano sfoltito al meglio quel diluvio, il loro lavoro era compiuto. Solo all’ultimo istante si resero conto che il bersaglio delle meteore altri non era che Ruby che si era piazzato come fulcro al centro perfetto dell’arena.
Yellow cacciò un urlo. Red ebbe l’impulso di gettarsi a capofitto per prenderlo. Sapphire sentì il suo cuore fermo balzarle in gola.
E poi la luce della distruzione. Il metallo si accartocciò, la terra si aprì, il cemento franò. Tutti i vetri dello stadio esplosero. Le prime file degli spalti si sradicarono. L’arena fu devastata da quel numero infinito di fasci di luce che si erano concentrati tutti in quell’unica zona. Quando il rombo dell’esplosione si dissolse, rimase solo fumo.
E fu il silenzio.
Alcune timide gocce di pioggia cominciarono a picchiettare su Vivalet. Pioggia vera. Acqua. Le gocce si moltiplicavano a velocità impressionante. Il fumo cominciava a diradarsi mentre nell’aria si diffondeva il lieve stridore del metallo rovente. Tutti i ragazzi scesero sulla terraferma. Quando i loro piedi toccarono il terreno che era stato massacrato dalle meteore i loro piedi avvertirono il calore altissimo attraverso la suola delle scarpe. La terra, bollente, cominciava a rigettare la pioggia sotto forma di vapore acqueo. Tutto cominciò a schiarirsi, il fumo stava scomparendo.
I Dexholder, a testa bassa, incontrarono il corpo immobile di Rayquaza. Distrutto. Le squame strappate, le spire torte in maniera orribile, le placche spezzate, le fauci spalancate e immobili. Non si muoveva più, era patito sotto il suo stesso potere.
E poi, nel grigiore, i loro occhi che avevano abbandonato il macabro spettacolo del rettile morto sul terreno videro una debole luce verde. Le gambe di Sapphire si mossero automaticamente, così come quelle di tutti gli altri.
Mezza Poké Ball a terra, l’emisfero rosso, tutta ammaccata e senza più il bottone di apertura. Poi la luce divenne sempre più vicina.
Un cubo di energia, una barriera dalla forma perfetta di un dado. Al suo interno due sagome: un Mr. Mime e un essere umano tremante: Ruby. La barriera si dissolse. Il Pokémon che aveva protetto il ragazzo cadde esanime sul terreno, non respirava più. Era il Mr. Mime di Emerald.
‒ Ruby! ‒ esclamò Sapphire gettandosi su di lui. Non lo toccò, non lo abbracciò, si accovacciò a terra e cercò di saggiare che il suo corpo fosse ancora in funzione.
Nessun altro Dexholder si mosse. Davanti alla triste morte di un Pokémon, nessuno si muove mai. Nessuna parola rivolta al sopravvissuto, nessuno dette segno di essere felice o infelice di vederlo ancora vivo.
Ruby tornò a respirare. E dalle sue labbra uscirono sette sole lettere che defibrillarono il cuore di tutti i presenti: ‒ Emerald…
Blue si guardò intorno, Green e Silver rialzarono Ruby perché anche lui facesse da vedetta, Sapphire e Gold fecero per andare a cercarlo. Platinum tentò di scomparire. Solo Crystal e Red erano immobili. Loro avevano portato a terra l’amico. Guardavano impietriti il punto in cui sarebbe dovuto essere.
Tutti seguirono il loro sguardo. Il gruppo si mosse. Ruby tolse le braccia dalle spalle dei due di Kanto e prese a zoppicare in solitudine, quindi le sue gambe tornarono a funzionare decentemente, anche se a fatica.
Giunsero alla tribuna su cui Emerald era stato portato dopo il salvataggio dalla caduta. Non trovarono la tribuna, ma un groviglio di metallo e lamiere. Almeno per le prime dieci file di posti. Poi il cemento aveva retto quasi decentemente e, salendo, gli spalti sembravano sempre più integri. Solamente i sedili erano tutti saltati via. Emerald era stato posato quasi alle ultime posizioni, doveva essere vivo. Magari un po’ scombussolato. O al limite ancora svenuto.
Poi si levò un lamento. Ruby era a capo del gruppo e cadde a terra sul ginocchio sinistro. Tutti lo videro digrignare i denti per trattenere le lacrime. Red abbracciò Yellow cercando di risparmiarle lo spettacolo. Sapphire rimase immobile come una statua mentre perdeva colore. Tutti gli altri cercarono di socchiudere gli occhi e di guardare altrove.
Davanti al Campione di Hoenn che era sopravvissuto, ferro e cemento: la prima parte degli spalti tutta sgretolata. E in mezzo alle macerie, il corpo esanime di Emerald.
Alcuni si permisero di lasciar scorrere alcune lacrime. Altri non si concessero tale privilegio. Nella quiete generale spezzata dai soli singhiozzi e dal cadere della pioggia che si faceva sempre più forte, si levò un sibilo. Rapidi come jet, i due Pokémon Eoni comparvero nel cielo. Scesero in mezzo ai Dexholder e vegliarono sull’amico caduto. Per la prima volta tutti videro i due scendere a terra e smettere di levitare. E per alcuni minuti, il mondo si fermò.
Green si fece coraggio. Cominciò a spostare i ferracci che circondavano l’amico. Red lo imitò, tutti lo imitarono. Ruby si trovò a cercare di sollevare un pannello di metallo assieme a Gold. Ebbe il tempo di vedere il suo volto straziato seppur non rigato da alcuna lacrima. Mormorava qualcosa.
Si avvicinò meglio per sentire: ‒ stupido… stupido… stupido…
Crystal tentò di dare una mano restando in disparte. Il suo sguardo intercettò quello di Ruby per un istante e subito si curvò altrove. Poi tornò su Ruby. Era imbronciata e nonostante fosse bagnata dal pianto e dalla pioggia, la sua rabbia sembrava tanto ribollente da far evaporare l’acqua.
Fuori dallo stadio, una cortina di persone si era lentamente raccolta: quasi tutti i partecipanti al torneo e alcuni degli spettatori che non erano fuggiti. In prima fila davanti all’uscita, c’erano Corrado e Baldo, seguiti da tutti gli altri Capipalestra e da molti giovani Allenatori. La pioggia scendeva debole ma sembrava non volersi fermare.
All’uscita dei Dexholder, dal gruppo si levò un lamento accorato, tutti tenevano gli occhi sulle dieci persone che varcavano il cancello dello stadio ormai distrutto. Due di queste, tenevano dei corpi tra le braccia. Il primo era Red, che reggeva un esanime Mr. Mime. Il secondo era Green, che invece portava lo stesso Emerald. La folla si aprì per lasciarli passare. Tutti.
Videro la barcollante andatura di Ruby, i passi avanzati con le gambe e lo sguardo nel vuoto da un’assente Sapphire, la figura rigida di Crystal che sembrava doversi spezzare da un momento all’altro. E tutti dietro di loro, con la testa bassa e le braccia rigide lungo il corpo.
Dalla folla non si levava alcun rumore. Si udiva solo lo scalpiccio delle scarpe dei presenti sul terreno bagnato.
Lino intercettò Ruby e cominciò a camminargli accanto. Tentò di parlare: ‒ L’avete…?
‒ È morto ‒ lo interruppe il ragazzo. ‒ Rayquaza è morto.
E anche tra i due cadde il silenzio, Lino si fermò rimanendo indietro e tenendo gli occhi sull’amico che si allontanava sempre più. In mezzo alla folla, inizio a diffondersi un brusio.
‒ È morto, ha detto che è morto…
‒ Lo hanno sconfitto.
‒ Un Pokémon leggendario è stato ucciso…
Così come erano comparsi sotto gli occhi dei presenti, tutti i Dexholder scomparvero. Nessuno disse nulla, nessuno fece nulla.
L’ambiente era afoso e odorava di disinfettante. Fuori il sole dava il massimo che quel venticinque giugno gli permettesse di dare al fine di perforare il suo impermeabile di nubi. La pioggia pareva essersi calmata, ma il cielo non accennava a prendere un colore che fosse diverso dal bianco. Tutti i Dexholder erano nell’ospedale Centrale di Vivalet, reduci da un giro di rapide visite che avevano saggiato la loro condizione fisica.
Red picchiettava fissava intensamente il suo bicchiere di caffè, mentre Yellow stava in silenzio con la testa sulla sua spalla, Green teneva le braccia conserte e sembrava star facendo la guardia a qualcosa, Blue non parlava, continuava a spalmare una pomata biancastra sul braccio destro che era stato colpito a bruciapelo da uno dei colpi di Rayquaza. Gold lanciava una pallina da tennis contro il muro, questa sbatteva contro il terreno per poi tornare a lui, Silver teneva un braccio attorno alle spalle di Crystal che era l’unica ancora in lacrime. Sulla soglia di quella stanza colma di grandi Allenatori, Sapphire sostava impietrita davanti al display del suo Poké Nav. Platinum fece il suo ingresso con discrezione e si posò il più possibile vicina alla ragazza di Hoenn. Ruby non c’era.
“…dell’ultima vittima di questo tragico evento, uno degli Allenatori più amati del torneo. Ha infatti perso la vita nello scontro che ha permesso agli undici Allenatori Dexholder di sconfiggere Rayquaza, Emerald…” Gold aveva smesso di giocare con la pallina e aveva acceso il televisore.
“…l’Holon World Stadium è stato completamente demolito nel corso del combattimento con Rayquaza…” il ragazzo aveva cambiato canale.
“…si sono fatti accertamenti sulle condizioni del dragone che risulta essere clinicamente deceduto. Il suo corpo è stato portato nel centro di ricerca Pokémon globale di Vivalet, dove sarò studiato e…” altro canale ancora.
“…sembra che intanto tutta Hoenn sia stata scossa da un debole sciame sismico. Non sembrano esserci stati morti né danni ingenti, tralasciando il crollo di alcuni vecchi edifici disabitati di Forestopoli…”
‒ Fermo ‒ mormorò qualcuno intercettando Gold che era già pronto a cambiare di nuovo canale.
Tutti si voltarono verso colui che aveva alzato la propria voce. Era Ruby che sembrava essere appena apparso sulla porta, proprio accanto ad un’immobile Sapphire.
“…pare inoltre che le scosse sismiche abbiano causato un forte movimento dei mari sommergendo completamente Ciclamare e costringendo gli abitanti della periferia di Bluruvia ad evacuare dalle loro abitazioni. Intanto, in rete, già circolano voci a proposito di una presunta connessione di questo evento inaspettato con la morte di Rayquaza. Linea allo studio per il servizio in diretta sulle macerie di Vivalet” terminò la anchorwoman.
‒ Ruby, non succede niente a Hoenn, vero? ‒ chiese Green senza un filo di emozione nella voce.
‒ No, sia Groudon che Kyogre sono addormentati ‒ rispose lui.
‒ Come lo sai?
‒ Lo so.
Gli occhi verdi del Capopalestra di Smeraldopoli fissavano quelli color brace del Campione-Idol di Hoenn.
‒ Lo so e basta ‒ ribadì Ruby.
Il ragazzo girò i tacchi e fece per andarsene.
‒ Sapevi anche che saresti stato capace di fermare Rayquaza… ‒ mormorò Sapphire sentendolo passare accanto a lei. ‒ …e che non ti sarebbe servito il nostro aiuto… ‒ proseguì. ‒ …ma prima ancora sapevi che quel mostro avrebbe attaccato. Ora dimmi perché l’unica tua certezza fondata doveva proprio essere quella relativa a questa catastrofe! ‒ gridò.
E tutti tacquero. Sapphire stringeva i pugni, Ruby era immobile e non lasciava trapelare alcuna sensazione dal suo sguardo.
‒ Ruby, che cosa ci stai nascondendo? ‒ Silver chiari in una domanda il dubbio di tutti.
L’interrogatorio cadde, la tensione non accennava a distendersi ma l’enfasi sì, man mano che i secondi passavano senza un responso da parte del ragazzo.
‒ Rubin Harmonia? ‒ chiese un medico materializzandosi appena oltre la porta.
Il ragazzo annuì dando ascolto all’uomo in camice.
‒ Prego, venga con me, abbiamo i risultati delle analisi ‒ e sfruttando l’occasione, il Campione di Hoenn uscì di scena.
Una nuova quiete cadde tra i Dexholder. Quasi tutti si mordevano le labbra per essersi fatti sfuggire in tal modo la loro preda.
‒ È colpa sua ‒ sbottò Gold lanciando il telecomando che aveva in mano. ‒ ci nasconde qualcosa di vitale, non può continuare a farlo.
Gli sguardi di tutti andarono al terreno. Tranne quelli di Crystal.
‒ No, non può ‒ mormorò la Catcher rompendo il suo pianto e stupendo tutti. ‒ E deve pagare… ‒ i suoi occhi erano gonfi e le sue parole suonavano taglienti.
Sapphire abbandonò quella stanza. Riuscì con non poca difficoltà a trovare l’uscita dell’ospedale e si fece forza per l’ultima volta. Il numero era già stato digitato, lei premette il tasto chiamata.
Dopo due squilli, la voce di Birch rispose dall’altro capo della linea.
‒ Sapphire, stai bene! Grazie a Dio, piccola…
‒ Sì, papà, per me è tutto ok. Scusa se non ho potuto rispondere alle altre chiamate…
‒ Non preoccuparti, sto vedendo tutto ora in tv.
Silenzio.
‒ È incredibile, vero? ‒ riprese il professore.
‒ Sì, lo è…
‒ Povero ragazzo, Emerald.
Sapphire si lasciò sfuggire un singhiozzo. ‒ Non meritava di finire così…
‒ Io… lo so, piccola… cos’è successo di preciso? Scusami, ma i servizi del telegiornale non sono abbastanza…
‒ Ruby era l’unico in grado di fermare Rayquaza ‒ lo interruppe lei. ‒ Emerald si è sacrificato per lui, perché Ruby ne uscisse vivo, è rimasto sotto le macerie.
‒ Mio Dio…
‒ Ruby aveva le sfere, Ruby sapeva tutto.
‒ Che cosa dici? Davvero? ‒ domandò il prof.
‒ Sì, e continua a non dirci niente.
Birch sospirò. ‒ Quel ragazzo è così cambiato…
Entrambi lasciarono la parola all’altro.
‒ Siamo riusciti a raccogliere il Pokédex di Emerald, il disco interno è ancora intatto, vuoi che te lo invii?
‒ Oh, ehm… sì, grazie…
‒ Lo mando subito, poi ho intenzione di rimanere qui a dare una mano.
‒ Va bene, sii forte, piccola.
‒ Sempre. Ciao papà.
E la ragazza riagganciò. Atona, vuota, la sua voce. Sapphire riprese a respirare dopo aver prolungato la sua apnea per tutta la durata della chiamata. Si rese conto di non aver chiesto a suo padre come stesse dopo quella scossa passata su Hoenn, di non aver neanche domandato il suo parere circa la sua permanenza a Holon e di non avergli neanche dato altre parole di conforto. Quell’uomo aveva rischiato di perdere sua figlia e aveva perso uno dei suo dei suoi Dexholder. Si sentì una figlia modello, in quel momento.
All’interno della tasca posteriore aveva davvero la scheda di memoria del Pokédex di Emerald. Una placchetta magnetizzata targata Devon, col blasone di Hoenn e il numero tre in cifre romane scritto sopra. Poi, lungo il fianco, una sottile scritta evidentemente aggiunta in seguito:
THE CALMER
Sapphire tornò dai suoi amici. Lungo il percorso gli sguardi la perquisivano da cima a fondo, la studiavano, la esaminavano. I feriti, i medici, i visitatori. Tutti avevano gli occhi su di lei. Lei era una dei guerrieri che avevano sconfitto il dragone. La cosa non sembrava darle fastidio, anzi, probabilmente lei neanche se ne stava accorgendo. Il momento era particolare, l’ospedale era frenetico, ma i feriti più gravi erano stati già messi in sicurezza. Se le prime fasi del disastro erano ancora pregne di terrore e ansia, da quando Rayquaza era stato sconfitto la speranza era tornata ad illuminare gli animi. Le vittime non sarebbero mai tornate in vita, la città non si sarebbe ricostruita da sola, ma adesso tutti ricominciavano a guardare avanti.
‒ Hai parlato con il professore? ‒ domandò Gold non appena Sapphire si rifece viva.
‒ Sì, sto per spedirgli la scheda del Dex di Emerald ‒ rispose senza entusiasmo.
‒ Vengo con te ‒ si invitò quello.
Tutti lo imitarono. Non un solo Dexholder rimase seduto al suo posto. Il gruppo raggiunse compatto il Trasferitore della sala d’attesa dell’ospedale. Lì fu inserito nell’apposita porta la scheda di memoria e nella capsula vicina le cinque Poké Ball rimase che componevano il team di Emerald insieme al defunto Mr. Mime. Il computer elaborò mentre Sapphire inseriva le credenziali per un invio rapido al laboratorio del Professor Birch ad Albanova.
Un debole ronzio si diffuse nell’aria. Attorno alle Ball cominciò a calare un lieve velo di luce celeste.
“Emerald, nato il trentuno maggio… residente a Porto Selcepoli…” mormorava la voce del computer.
La luce aumentò di intensità, il ronzio cominciò a scomparire. Quando tutto si concluse, le Poké Ball erano scomparse e la scheda di memoria era stata svuotata. Nove Dexholder riuniti lì attorno, una nidiata di giornalisti furtivi dietro, Latios e Latias che, mascherati da esseri umani, assistevano in lacrime, Ruby che osservava dalla distanza, nascosto dietro un angolo, senza comunque sfuggire agli obbiettivi di un paio di reporter più attenti. Un Dexholder se n’era andato.
‒ Addio, Rald ‒ mormorò Sapphire.
Silenzio. In quel momento, c’era silenzio.

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