Capitolo
3: Il Grande
Gatsby
Tra
le
grida, il panico e il baccano generale, sì udì un suono sordo, come
quello
di un impatto su una superficie morbida. Sapphire aprì gli occhi.
Accanto a lei
c’era Ruby, in una mano aveva una Poké Ball l’altra era stretta attorno
a un
piccolo oggetto che la ragazza non identificò immediatamente. Davanti al
ragazzo, un’immobile Gardevoir avvolta in una mistica aura celeste.
Stava
usando Psichico. Con quella
mossa
aveva bloccato il fascio di energia di Rayquaza che avrebbe travolto sia
Sapphire che tutte le tribune dietro di lei. L’energia si disperse. Ruru
poté distendere
i muscoli.
Sapphire
si
rese conto molto lentamente di non essere morta. Realizzò di essere
ancora
in quello stadio vibrante dal panico e dagli urli della gente. Giovani e
anziani, maschi e femmine, tutti erano nel raggio d’azione del dragone e
potenzialmente in pericolo di vita. Non trovò una spiegazione a il caos
in cui
tutto era piombato così all’improvviso. Ma si fece forza. Il suo
cervello mandò
due o tre impulsi ai muscoli delle gambe che smisero di tremare, le
braccia
raggiunsero la bocca e il diaframma tornò a svolgere il suo lavoro
permettendole di respirare. Si rese conto che Ruby le stava urlando
qualcosa.
Lo guardò facendo intendere che non avesse capito. Ricominciò a
percepire i
suoni.
‒
La pietra, dammela!
Non
capì.
‒
Sapphire, dammi la pietra!
L’impulso
agì
prima della ragione. Con un movimento scattoso e brusco la ragazza
lanciò a
Ruby il ciondolo che un anno prima proprio lui le aveva regalato.
Rayquaza
ebbe
come un sussulto quando Ruby strinse le dita attorno a quel piccolo
oggetto, si contorse e prese qualche decina di metri di quota. Caricò un
secondo attacco.
‒
Dragobolide, intercettalo! ‒
e Ruby
lanciò la sfera di Flygon il quale, ruggendo, evocò in un istante un
diluvio di
meteore di energia che mitragliarono Rayquaza non danneggiandolo quasi
per
nulla ma facendogli perdere la concentrazione e mandando a vuoto la sua
mossa.
‒
Ruby, che cosa sta… ‒ Sapphire si rese conto di aver riacquistato la
parola.
‒
Scappa! ‒ la interruppe lui. ‒ Vattene, scappa, posso fermarlo, vai!
‒
No, aspetta, io…
‒
Flygon, portala via!
Il
lucertolone
non esitò. Afferrò una disperata Sapphire alla vita e volò lontano
a gran velocità. La ragazza poté girare il collo un’ultima volta per
vedere
Ruby tornare con lo sguardo al Pokémon Stratosfera alto nel cielo.
Rayquaza
aveva identificato il suo nemico, scese in picchiata proprio verso il
ragazzo. Gardevoir
non avrebbe potuto fermarlo, stavolta. Ruby tirò fuori il resto della
sua
squadra: Mightyena, Milotic, Delcatty e Castform comparvero lontani da
lui,
dove aveva lanciato le loro Ball. Swampert gli si parò davanti come una
muraglia. Gelopugno fu il
suo ordine.
E un violentissimo montante colpiva Rayquaza appena sotto la mandibola
lasciandogli spesse lastre di ghiaccio attorno al collo. Il Pokémon non
prese
l’affronto particolarmente bene. Non indietreggiò e sputò una sfera di
energia
bluastra verso il primo obbiettivo che gli parve particolarmente
sensibile: le
terrazze dei partecipanti. A quel punto anche gli occhi di Ruby
divamparono di
terrore. Ma la fortuna aveva altri piani per loro. I Campioni e gli
altri
Allenatori della terrazza del quarto piano avevano sfondato il vetro ed
erano
usciti allo scoperto con l’evidente intenzione di unirsi alla battaglia.
Con un
numero indefinito di attacchi lanciati in contemporanea, avevano vinto
facilmente
l’offensiva del dragone.
Sapphire
comprese
di non poter restare con le mani in mano. Tirò Pilo, il suo Tropius,
fuori dalla Ball e si divincolò in modo spasmodico per venire fuori
dalla
stretta di Flygon. Ci riuscì e cadde in groppa al suo Pokémon Frutto, il
quale
virò vertiginosamente per invertire la propria direzione di volo. Flygon
tentò
di inseguirli.
Ruby
era
fiancheggiato da Lance, Camilla, Iris e da tutti gli altri Dexholder.
Lottavano insieme, bersagliavano Rayquaza con molteplici colpi
provenienti da
ogni direzione in modo tale che quest’ultimo non avesse tempo di
riprendere
fiato. Era contenimento, non lotta vera e propria.
‒
Toro! ‒ esclamò Sapphire facendo volare verso il campo la sfera della
sua
Blaziken. Si unì alla lotta sotto lo sguardo truce del ragazzo con la
cicatrice.
Fronteggiarono
il
dragone per una discreta mezz’ora, finché un suo latrato di sconfitta
sembrò
annunciare la loro vittoria. Lo stadio era stato evacuato, le persone si
trovavano al sicuro. La maggior parte della popolazione si era rifugiata
in
posti sicuri e stabili. Non c’erano morti o feriti. Tutti gli Allenatori
che
avevano contribuito a placare Rayquaza tirarono un sospiro di sollievo
quando
questo sembrò accasciarsi a terra senza più energie. Un breve sospiro di
sollievo. Il Pokémon si era spento troppo in fretta.
Gli
occhi
stanchi di tutti i presenti, Dexholder e Campioni, furono investiti da
un
secondo intenso bagliore verde, tutti rimasero accecati. Il mugolio di
resa di
pochi istanti prima si trasformò in un ruggito iracondo. E dalla luce
emerse un
nuovo Rayquaza trasformatosi nella sua forma Megaevoluta avvolto in un
velo di
energia pura. Le spire del dragone fendettero l’aria e questo, alzandosi
in
alta quota, reagì con violenza come se volesse uscire fuori da una
prigione. Il
suo attacco un ultimo raggio di energia spaccò il cielo in due. Sfondò
le
tribune vuote, vinse la resistenza del cemento, investì abitazioni e
palazzi
lasciandone poco più che deformi carcasse. Una profonda ferita che si
estendeva
lungo l’intero centro di Vivalet fu il marchio con cui Rayquaza
sottomise
l’essere umano quella sera. Gli Allenatori avvertirono un secondo
spostamento
d’aria.
I
loro occhi si riabituarono alla vista quando già i loro cervelli avevano
risolto l’equazione. Ritrovarono un gigantesco buco che aveva causato il
crollo
di un’intera tribuna e un orribile scorcio su un macabro panorama di
devastazione. Strade scorticate dal terreno, automobili in fiamme,
edifici
sradicati o ridotti in cumuli di lamiere. Un terribile silenzio imponeva
il suo
peso sullo stomaco dei presenti.
Blue,
Red,
Sapphire, Silver e tutti gli altri si guardarono prossimi all’isteria.
Dietro di loro, in lontananza, c’era una sorta di bozzolo alto nel cielo
scuro:
un rettile serpentino che fluttuava nell’aria tutto avvolto all’interno
di una
bolla di gas. Qualche grido si levava dalle macerie. Pianti, urli,
gemiti.
Tutti destinati a soffocare in quella nebulosa quiete nel giro di pochi
istanti.
Nessuno
parlò,
nessuno osò proferir parola. Tutti tornarono con i piedi per terra. Ruby
cadde in ginocchio. Solo Emerald lo avvicinò, di tutto il gruppo.
Era
in
piedi, poco dietro di lui. Rimase in silenzio per un interminabile
istante.
‒
È più forte… ‒ mormorò quello sentendolo prossimo a sé.
‒
Che cosa sta succedendo? ‒ domandò il biondo.
‒
Sapevo che sarebbe arrivato ‒ rivelò atono Ruby. ‒ ho le due gemme,
quelle che
oltre a controllare Groudon e Kyogre dovrebbero permettermi di renderlo
vulnerabile, ma non sono riuscito ad entrare in contatto con lui e a
vincerlo…
Emerald
trattenne
il respiro.
‒
È più forte… ‒ ripeté l’amico.
Un
ruggito
portò il gelo al sangue di tutti. Ma ancora niente, Rayquaza stava
recuperando energie nell’ozono che era capace di produrre, ma ancora non
era
pronto a tornare all’attacco.
‒
Dobbiamo fare qualcosa ‒ disse Red. ‒ Avanti, cerchiamo i superstiti ‒
cercò di
esortare gli altri.
Il
Campione
di Kanto corse in soccorso dei pochi individui ancora vivi dispersi
nelle macerie. Nella titubanza generale, lo seguirono prima due, poi
cinque,
quindi nove, infine tutti gli Allenatori che avevano lottato nello
stadio. Solo
Ruby e Sapphire rimasero al proprio posto davanti a quel cratere dalla
forma
affusolata rimasto sulla città. Passarono secondi interminabili dopo i
quali
pure la ragazza si mosse.
‒
Non potevi fermarlo… ‒ mormorò facendo attenzione che Ruby la sentisse.
Quindi
passò oltre senza attendere risposta e senza degnarlo di uno sguardo.
Il
ragazzo
strinse la terra che aveva tra le dita. Si rese conto di avere ancora
in mano il ciondolo con lo zaffiro la cui cordicella stava stritolando i
suoi
polpastrelli e la seconda gemma, il rubino, naturale e non tramutata in
un
gioiello. Entrambe le pietre reagirono, il suo corpo le aveva già
assorbite e
digerite una volta, quindi esse erano naturalmente attratte da lui.
Ruby
fece
un respiro profondo, calmò l’animo e distese i muscoli. E nella sua mano
era rimasta giusto la cordicella che aveva assicurato la gemma blu al
collo di
Sapphire per un anno intero. Il rubino e lo zaffiro erano entrambi
spariti.
Si
sentì
pervadere da quella sensazione una seconda volta nella sua vita. Il
calore del cratere più attivo e il gelo dell’abisso più profondo in
contrasto
sulla sua pelle e nella sua carne. Non era forte come la volta scorsa, i
due
Leggendari della terra e del mare erano sopiti e per fortuna sarebbero
rimasti
tali per molto tempo. Eppure, l’energia che empaticamente avvertiva
dalla
presenza di un destissimo Rayquaza fluiva nelle sue vene come provenisse
dal
suo stesso sangue. A confermare il mutamento, sottili ma luminose righe
simili
a tatuaggi solcavano le sue braccia. Un complesso disegno di linee blu e
rosse
si intrecciava sul suo petto. Lo sentiva, ma nessuno poteva rendersene
conto
finché portava i suoi vestiti.
Mise
una
maglia con le maniche lunghe per coprirsi, tanto non era più capace di
avvertire il caldo o il freddo, il suo corpo aveva appena assunto la
capacità
di termoregolarsi. Non tornò dagli altri, prese invece tutti i suoi
Pokémon e
si diresse alla macchina di cura più vicina, erano tutti stremati.
Nel
frattempo,
tutti si prodigavano per dare una mano. C’erano mura da assicurare
per evitare ulteriori crolli, persone da salvare e mandare in un luogo
più
sicuro, feriti da medicare e, purtroppo, cadaveri da raccogliere. Almeno
quelli
ancora integri.
Ambulanze,
Allenatori,
Capipalestra e persino volontari spuntati fuori dal nulla corsero
in aiuto delle vittime. Qualcuno riuscì a salvarsi in extremis,
recuperato per
il rotto della cuffia dagli audaci strumenti medici. Altri morirono
proprio
come erano morti tutti gli altri. Ma con la morte davanti al volto e non
nascosta infidamente dietro l’angolo. Tutto era immerso in un aria
torrida e
satura del calore dell’acciaio fuso, delle carni bruciate e del cemento
sgretolato. Polvere, vetro e sangue, era il terreno su cui si muovevano
tutti
coloro che tentavano di salvare la vita a qualcuno.
Il
numero
dei morti raggiungeva appena la tripla cifra. Era un centro cittadino
turistico, quelle travolte non erano abitazioni. Gli edifici inagibili
furono
rapidamente isolati con metri e metri di nastro di sicurezza. L’area fu
sgombrata. Ci furono le ultime grida, gli ultimi lamenti, gli ultimi
commenti
degli afflitti giornalisti piombati a pochi minuti dall’apparente
scomparsa di
Rayquaza.
‒
Bisogna evacuare la città, l’area non è sicura…
La
cantilena
cominciò a suonare nelle tv, negli altoparlanti, nelle radio. Tutto
era precipitato nel caos. Mentre mezzo mondo fissava lo schermo con gli
occhi
spalancati davanti alla gravità del disastro, le linee telefoniche erano
intasate dalle telefonate di migliaia di famiglie che cercavano un segno
di
vita, un sussurro del proprio parente che era in vacanza ad Holon
proprio in
occasione del torneo. Molti genitori poterono bearsi di sentire la voce
del
proprio figlio vivo e vegeto, alcuni non ebbero tale piacere.
Quando
ormai
un nuovo giorno si accingeva a sorgere, tanti avevano già abbandonato
Vivalet. Altri erano direttamente fuggiti da Holon. La paura era forte.
I
lamenti si sovrapponevano. I feriti venivano trasferiti in ospedali
lontani, la
matassa che nel cielo sembrava predire un’imminente seconda catastrofe
era
divenuta visibile solo con il ritorno della luce. La paura si
trasformava in
terrore e i lamenti in grida.
Sapphire
camminava
sull’asfalto sgretolato della strada percorribile più vicina
all’incidente. Poco lontano da lei, un gruppo di ragazzi cercava di
cambiare il
bendaggio di un loro amico il cui polpaccio era rimasto maciullato sotto
alcune
lamiere. Lo avrebbero condotto in un ospedale, se solo le ambulanze non
fossero
state tutte piene. Sapphire li raggiunse.
‒
Posso darvi una mano? ‒ chiese. Aveva girato il mondo in otto anni di
vita da
Allenatrice scalando monti, solcando mari e attraversando foreste.
Sapeva fare
una fasciatura decente.
I
ragazzi della comitiva la guardarono con i loro occhi incavati e
stanchi. Erano
più o meno suoi coetanei, venivano da Alola a giudicare dalla tinta
scura della
loro pelle macchiata qua e là da polvere e sudiciume. Erano sicuramente
alcuni
di quelli rimasti per dare una mano.
‒
Ecco fatto ‒ strinse il nodo nel punto in cui la tensione non avrebbe
premuto
sulla ferita. Non si aspettava un grazie, ma questo arrivò comunque.
Fisso i
volti di sopravvissuti. L’avevano riconosciuta, si capiva da come la
guardavano.
‒
Cercate di raggiungere un luogo sicuro ‒ disse loro facendo finta di
nulla.
Fece
per
andarsene, ma uno di quelli la trattenne: ‒ ce la farete a fermarlo?
A
parlare era stato il ragazzo ferito, quello a cui lei aveva applicato le
bende.
Sapphire
si
morse il labbro. Avrebbe voluto rispondere che non lo sapeva, che aveva
paura
e che anche lei probabilmente se ne sarebbe andata al più presto.
‒
Ce la metteremo tutta ‒ rispose però qualcuno al suo posto.
E
dietro di lei era improvvisamente comparso Red. Il ragazzo aveva i
vestiti
logori e stringeva in mano una strana borsa. I ragazzi riuscirono a
rialzarsi
per zoppicare in un altro luogo. Red aveva dato loro un sottile bagliore
di
speranza.
‒
Che cosa hai intenzione di fare? ‒ gli domandò Sapphire quando il gruppo
si era
allontanato abbastanza.
‒
Dobbiamo stancarlo.
‒
Prima che ci uccida?
‒
È un’idea di Crystal, vuole catturarlo, non so perché non ci abbiamo
pensato
prima ‒ e mostrò la borsa piena di tutte le Ball vuote che era riuscito
a
reperire.
Sapphire
comprese
immediatamente che quella non era una buona idea. In realtà quadrava
tutto, ma sapeva che c’era un ombra in quel piano. Ci arrivò.
‒
Dove sono gli altri?
In
poco
tempo raggiunsero il resto del gruppo dei Dexholder. A parte lei e Red,
erano
otto quando Sapphire finì di contarli e per un istante si illuse che si
fosse
aggregato pure Ruby. Poi comprese che in realtà si trattasse di
Platinum, la
Dexholder di Sinnoh che aveva conosciuto il giorno prima. Alcuni di loro
erano
seduti su alcune croste di cemento cadute a terra, poco lontano dallo
stadio. Tutti
erano ridotti male sia per lo scontro con Rayquaza sia per
l’improvvisata
operazione di soccorso a cui avevano partecipato. I suoi amici la
accolsero con
un amaro sorriso accennato.
‒
Red ti ha già informato del piano? ‒ domandò Crystal che sembrava la più
determinata.
‒
Non funzionerà ‒ tagliò corto lei.
Un
marmoreo
silenzio cadde violentemente sul gruppo.
‒
Platinum, tu sei troppo giovane, devi andartene ‒ cominciò poi a dire
rivolta
alla tredicenne.
Quella
non
sapeva come reagire.
‒
Sapphire ‒ intervenne Green. ‒ Perché di preciso non deve funzionare?
Silenzio.
‒
Rayquaza dovrebbe essere addormentato. Non si sveglia mai se non per
placare le
lotte tra Groudon e Kyogre e entrambi sono immersi nel sonno, ora ‒
spiegò
cercando lo sguardo di approvazione di Emerald.
‒
E come mai… tutto questo? ‒ domandò Silver.
‒
Qualcuno deve averlo già catturato ‒ dedusse Blue.
‒
Esatto ‒ confermò Sapphire. ‒ Deve appartenere già ad un altro
Allenatore.
Calma
cimiteriale.
Qualcuno provò a soffocare la propria respirazione ansiosa tirando
su col naso o deglutendo.
‒
Quindi l’unica strada è sconfiggerlo? ‒ domandò Crystal.
‒
O trovare il suo Allenatore ‒ realizzò Gold.
Tutti
lo
guardarono.
‒
Attaccava con coscienza, sapeva dove dirigere i propri colpi e chi e che
cosa
colpire, evidentemente chi lo controlla è nei paraggi… ‒ spiegò.
‒
Perché dovrebbe rimanere in un luogo tanto pericoloso? Non potrebbe aver
dato
l’ordine di distruggere e basta? ‒ obiettò Silver.
‒
Non è nella natura di Rayquaza la distruzione, il suo scopo è fermare i
cataclismi,
non provocarli ‒ contestò la Dexholder di Hoenn.
‒
Sapphire ‒ si fece avanti Red. ‒ Esiste un oggetto in grado di
controllare
Rayquaza simile alla Gemma Blu e alla Gemma Rossa?
‒
Io… non so…
‒
Sì, la Gemma Verde, lo smeraldo creato dal team finanziato da mio padre.
Servì
per assoggettare Rayquaza durante il periodo in cui fu sottoposto a dei
test ‒
esclamò Platinum.
Tutti
tacquero.
Sapphire ricordò. La famiglia Berlitz aveva finanziato il progetto di
studio sul Pokémon Stratosfera, fu vicino al loro laboratorio che il
Salamence
di Lyris tanto tempo prima attaccò lei e Ruby e liberò accidentalmente
il
leggendario. Da lì partì tutta la sua parabola, da lì partì la via
crucis di
Norman, Capopalestra di Petalipoli che per anni si era caricato di una
colpa non
sua ma appartenente a suo figlio.
‒
Ha ragione ‒ mormorò con un filo Emerald. ‒ L’avevo io, la persi molti
anni fa…
Tutti
i
presenti avvertirono una forte fitta allo stomaco.
‒
Quindi è fuori discussione ‒ concluse Platinum sconsolata.
‒
Al contrario ‒ si illuminò Sappihire. ‒ Ora sappiamo come fa il nostro
nemico a
manovrare Rayquaza.
Girando
la
frittata, alla fine qualcosa era venuto fuori.
‒
Ma quali benefici ci porta questa informazione?
‒
Se tanto mi dà tanto, la Gemma Verde reagisce a contatto con le altre
Gemme
come quella Rossa e quella Blu si attraggono tra loro ‒ aggiunse la
ragazza.
‒
Ma non abbiamo detto che si tratta di una gemma artificiale? ‒ domandò
Green
guardando Platinum, portatrice di tale informazione.
‒
Infatti ‒ si intromise qualcuno nella conversazione. ‒ le Gemme non sono
attratte dallo smeraldo che controlla Rayquaza.
Ruby
era
comparso dietro di loro, teneva ben in vista i tatuaggi, simbolo che le
due
Gemme erano state assorbite dal suo corpo.
‒
…ma la respingono.
Non
fu
accolto con calore da nessuno dei presenti, Gold lo trattò con
sufficienza
mentre Blue lo squadrò velenosa. Emerald non riuscì proprio a guardarlo
e
Sapphire non sapeva se provare disprezzo o odio.
‒
Ho le due Gemme con me, se volete che Rayquaza sia fermato, aiutatemi a
raggiungerlo…
Emerald
notò
come era cambiato il suo piano da quando aveva parlato con lui sulle
scale
qualche ora prima e il ragazzo gli aveva chiesto di andarsene e
lasciarlo
agire.
‒
Il ciondolo… ‒ sibilò Sapphire. ‒ Era la un frammento, il nucleo della
Sfera Blu,
vero?
Ruby
annuì.
Nessuno dei Dexholder capì di cosa stessero parlando.
‒
Perché lo hai dato a me?
‒
Perché se le due sfere sono insieme tendono a fondersi, come hai appena
detto,
e unirsi al primo essere vivente che interagisce con loro, se sono
insieme. Non
potevo custodirle entrambe. Un corpo viene lentamente ma
irreparabilmente
corroso quando tiene dentro di sé le sfere come sto facendo io in questo
momento. Ricordi Max e Ivan?
‒
E se non l’avessi portato?! ‒ questa volta gridò.
‒
Ero sicuro che l’avresti tenuto sempre con te… ‒ fu la risposta di Ruby.
Sapphire
si
sentì inondare dal rossore e in quel momento desiderò tanto di poter
prendere a sprangate il ragazzo con uno grosso pezzo di metallo
rimediato dalle
macerie.
‒
Ripeto, dovete aiutarmi, fermiamo Rayquaza assieme, sono l’unico che può
farlo,
ma non ci riesco da solo… ‒ ripetè Ruby.
‒
Un ultima cosa, come mai avevi la risposta già pronta? ‒ domandò Green
dubbioso. ‒ Rayquaza attacca senza motivo e senza preavviso e tu hai
casualmente con te le due Gemme capaci di fermarlo…
Ruby
si
fissò i piedi, trasse un sospiro.
‒
Non posso dirvi come, ma sapevo già dell’attacco.
Gelo.
E
un rancore profondo si accese negli animi dei presenti.
‒
Quindi lo sapevi, ma non hai detto niente a nessuno! ‒ lo aggredì Blue.
‒
Non potevo fare neanche questo…
Niente
spiegazioni,
solo informazioni criptiche. I Dexholder guardavano Ruby con odio.
Tutti sapevano della vicenda tra lui e Sapphire e tutti erano a
conoscenza del
fatto che lui avesse abbandonato la compagnia per affidarsi ai propri
interessi
personali e alla propria carriera nel mondo dello spettacolo. Solo
Platinum se
ne stava in disparte, senza chiedere chiarimenti per via della
percepibile aria
di tensione che aleggiava in quella discussione.
E
un altro ruggito fece tremare i loro cuori. Questa volta più forte, più
cattivo, più profondo. Rayquaza era quasi pronto per il secondo attacco.
‒
Sentite, so che cosa pensate di me e che cosa pensate io sia diventato
negli
ultimi due anni di assenza, ma ora tutto questo non c’entra un bel
niente! ‒
esclamò Ruby per la prima volta risentito e non indifferente di fronte
all’astio dei propri ex amici. ‒ Volete salvare Vivalet e poi tutta
Holon,
bene, allora agite con me! Altrimenti potete anche andarvene e restare a
fare
il broncio per tutto il tempo!
Ognuno
era
rimasto lievemente spiazzato da una reazione tanto violenta.
‒
Sono stato assente, è vero. Vi ho nascosto queste informazioni, è vero.
Ho
sbagliato i calcoli permettendo a Rayquaza di uccidere delle persone va
bene è
vero! ‒ riprese fiato. ‒ Ma ora tutto ciò che posso fare è riprovarci e
tentare
di fermarlo una seconda volta, ho i mezzi, voi siete quel passo che mi
manca
alla riuscita.
Red
annuì
in maniera quasi impercettibile. Lo seguirono i consensi di Yellow,
Gold,
Blue, Emerald e infine Crystal. Silver e Green mormorarono un ok.
Sapphire rispose di sì guardando
altrove.
Platinum
non
parlò. Sapphire le aveva detto di andarsene e stava aspettando una
seconda
opinione.
‒
Platinum, tu almeno mettiti in salvo ‒ fece tetra la ragazza
sottolineando la
propria mancanza di fiducia in Ruby.
‒
Fa’ come ti dice ‒ la sorprese proprio il ragazzo aggiungendosi.
‒
Io rimarrò ‒ ribatté ferrea lei. ‒ Voglio dare una mano.
Altro
intermezzo
silenzioso. Il vento sibilava tra le carcasse degli edifici e il
sole si levava lentamente dall’orizzonte con la calma placida di una
serena
alba estiva. Come non fosse successo niente, proprio come non fosse
successo
niente.
Nessun
veterano
si oppose, nessuno le diede contro. Loro erano tutti maggiorenni, lei
aveva compiuto da poco i tredici anni, ma nessuno di loro aveva atteso
di
crescere prima di sgominare team malvagi, fermare cataclismi e
meteoriti,
distruggere organizzazioni criminali. E pure la stessa Platinum aveva
già
passato parecchi guai nella sua regione.
‒
Rayquaza tornerà all’attacco, non sappiamo dove, ma presumo che
attaccherà di
nuovo luoghi a gran concentrazione di esseri umani. Dobbiamo trattenerlo
qui,
nella zona già evacuata. Voi dovrete distrarlo, a me dovrebbe bastare un
singolo contatto fisico ‒ cominciò a spiegare Ruby.
‒
Dovrebbe? ‒ chiese Green.
‒
Dipende dal tocco…
‒
In che senso?
‒
Se mi azzanna tecnicamente è contatto fisico, ma non credo di poter fare
più
tanto, a quel punto…
Organizzarono
alla
buona un attacco da tutti i fronti, una strategia per attirare Rayquaza
in
più punti distraendolo da Ruby che si sarebbe mosso in groppa a Latios,
in modo
tale che la sua capacità di curvare la luce li avrebbe resi invisibili
agli
occhi del nemico. Latias nel frattempo avrebbe fatto ricognizione nei
paraggi
in modo tale da cercare un eventuale presenza, così per identificare
colui che
stesse controllando Rayquaza.
Agire
presto
significava attaccare un nemico la cui energia non era al massimo, il
che si sarebbe dimostrato un vantaggio. Tutti si misero in posizione.
Emerald
carezzò i due draghi che Ruby aveva richiamato con il Flauto Eone e
chiese a
Latios in particolare di fare attenzione.
‒
Conto su di te ‒ sussurrò il biondo a Ruby mentre nessuno degli altri
Dexholder
poteva sentirlo.
Il
più
grande rimase stupito da tali parole, nessuno dei suoi ex compagni aveva
dimostrato tale fiducia, e tantomeno avrebbe dovuto dimostrarla Emerald
che
poco prima aveva avuto prova della sua fallibilità. Lo vide dare una
pacca di conforto
a Gold e poi tornare a concentrarsi sul suo compito alzando due dita nei
suoi
confronti. Ognuno partì in volo su un Pokémon, avrebbero colpito a
mezz’aria
eludendo i colpi facilmente.
Ruby
era
già scomparso agli occhi di tutti.
Volarono
a
gran velocità fino a posizionarsi in tre gruppi attorno alla bolla di
ozono
prodotta da Rayquaza, che nel frattempo aveva raggiunto la grandezza di
una
grossa mongolfiera.
‒
Ora! ‒ gridò Green.
E
dieci attacchi della tipologia di Raffica, Tifone e Bora cominciarono a
soffiare via con violenza tutto il gas nel quale il Pokémon si riposava.
La
figura serpentina e intrecciata di Rayquaza venne allo scoperto. E lì,
cominciò
l’assalto vero e proprio.
Rayquaza
si
trovava nella sua forma tradizionale. Fu sorpreso dai primi attacchi che
il
gruppo di Dexholder volanti gli aveva rivolto, ma riuscì ad eluderne la
maggior
parte strisciando aerodinamicamente nella cortina di nuvole poco sotto
di lui.
Sembrava capace di nascondere tutta la sua enorme massa con immensa
semplicità.
Luce verde, di nuovo. Stavolta attenuata dalle fitte nuvole in cui
serpeggiava
il dragone.
‒
Si Megaevolve, state attenti! ‒ esclamò Sapphire.
‒
Ruby, sbrigati! ‒ fece Gold.
Il
ragazzo
volava su Latios che si era reso invisibile curvando la luce attorno a
sé e creandosi una sorta di barriera-specchio. Avrebbe dovuto
raggiungere
Rayquaza e stabilire con lui un contatto che gli permettesse di
controllarlo
con le Gemme.
‒
Latios è più veloce di Rayquaza, dovremmo essere in vantaggio ‒ mormorò
Crystal.
Un
flash
e a tutti sembrò di scorgere la silhouette del biscione verde in mezzo
alle nuvole. L’attacco Incendio del
Charizard
di Green sfondò quella sezione di cielo, aprendo un grosso foro negli
altocumuli.
‒
L’avete visto anche voi? ‒ chiese il Capopalestra dopo essersi reso
conto di
aver mandato un colpo a vuoto.
‒
Stava prendendo quota ‒ annuì Red. ‒ Ruby…
Un
esplosione
si dipanò per tutta l’area fin sopra le loro teste. La detonazione
aveva causato un movimento d’aria tanto forte da far rischiare ai
Dexholder di
cadere dai loro destrieri alati. Tutti loro si guardarono torvi e
spaventati.
Poi
una
sagoma nera spuntò dalle nuvole cadendo quasi senza attrito verso il
terreno lontano. Era Ruby i cui vestiti erano completamente carbonizzati
nella
parte superiore del corpo. Era svenuto, la sua pelle era rimasta
scottata qua e
là nell’esplosione. Latios non era con lui. Precipitava solo ed esanime.
Emerald
si
lanciò in picchiata per intercettare il corpo dell’amico ‒ In qualche
modo
Rayquaza lo ha individuato… ‒ esclamò.
‒
Fermati! ‒ gridò qualcuno.
Strano.
Era
la voce di Ruby, ma non proveniva dal suo corpo.
E
poi dalle nuvole alla destra di Emerald spuntò il dragone. Diretto con
le fauci
spalancate verso il corpo del Campione di Hoenn. Accadde tutto in un
lampo.
Rayquaza si inarcò tentando di azzannare Ruby, ma per uno strano scherzo
dello
spettro visivo questo scomparve, e le mascelle del leggendario si
chiusero attorno
al nulla. La coda del Pokémon però colpì violentemente Emerald nello
slancio
che perse la cavalcatura e cadde nel vuoto. Ruby tornò visibile appena
dietro il
nemico, era in groppa a Latios. Sotto gli occhi inermi di tutti i
Dexholder
scese al volo in groppa a Rayquaza e si aggrappò alle sue placche. Red e
Crystal si erano già lanciati verso il basso per acchiappare al volo
Emerald,
ma un brusco movimento del dragone che si era reso conto dell’inganno li
costrinse a effettuare un giro più lungo.
‒
Emerald, salvatelo! ‒ gridò Ruby.
La
sua
voce era roca, sembrava star tendendo tutti i suoi muscoli fino al
limite
della propria resistenza. E i risultati si mostrarono. Rayquaza si
bloccò a
mezz’aria. Era come paralizzato, anzi, sembrava tremare appena.
Ci
fu
un mormorio da parte di Sapphire, ma nel disordine generale nessuno la
udì.
Le toccò ripeterlo più forte, perché qualcuno le desse retta: ‒ Sta per
colpire…
‒
Cosa? ‒ domandò Green svegliandosi da quella catalessi in cui per la sua
testa
ronzava la convinzione di non poter fare nulla in quel momento.
‒
Rayquaza, sta per scaricare tutta la sua energia, dobbiamo
intercettarlo! ‒
gridò la ragazza.
Tutti
si
mobilitarono. E ovviamente, come parlando del diavolo, il corpo di
Rayquaza
si attorcigliò con un guizzo. Il dragone scese in picchiata verso terra.
‒
Vuole disarcionarlo! ‒ esclamò Blue.
‒
Non ci riuscirà, voi pensate solo a bloccare i suoi attacchi! ‒ ribatté
Sapphire.
Ruby
infatti
interruppe ancora una volta i movimenti di Rayquaza e per un secondo
lungo attimo il suo corpo si bloccò nell’aria come trattenuto da una
forza
esterna e invisibile. Un’intensa luce si dipanò dalle strisce sul corpo
del
Pokémon. Ruby ebbe un sussulto. Il suo corpo parve brillare e unirsi
all’organismo del rettile per un brevissimo attimo.
Un
boato
venne dal ventre del Pokémon leggendario, un ruggito più furioso, forte
e
violento di tutti i precedenti. Quindi tutto cadde. Dal cielo
cominciarono a
piovere meteore di energia violacea. Una seconda apocalisse sembrava
doversi rovesciare
su Vivalet quel giorno.
Emerald
riaprì
gli occhi. Si trovava sugli spalti dello stadio. Aveva brevemente perso
conoscenza mentre cadeva ed era stato preso al volo da Red e Crystal. Ma
subito
si rese conto che, potendo scegliere, avrebbe preferito rimanere
svenuto. Un
firmamento di luci che precipitavano verso di lui comparve al suo
risveglio.
Energia pura, proiettili di distruzione scagliati dalla furia di
Rayquaza.
Precipitavano implacabili.
In
mezzo
a queste, Ruby controllava il dragone e lo cavalcava verso il terreno.
Sembrava lui a controllarlo, forse quel gigantesco attacco Dragobolide era stato l’ultimo sforzo di Rayquaza prima di
arrendersi.
Uno
stormo
di Dexholder volanti comparve nel caos. A questi si unirono subito
Crystal e Red che non si fecero attendere per tornare in volo. Tutti i
ragazzi
stavano attaccando una per una le meteore di luce. Sfaldandole,
impedendo loro
di cadere a terra. I fasci di energia scomparivano uno dopo l’altro, ma
la
massa ancora ben nutrita si avvicinava sempre più alla città.
Ruby
scese
dal dragone, era atterrato poco lontano da Emerald: i due di Hoenn erano
nello stadio in cui fino a poche ore prima si stava svolgendo il torneo,
ma il
moro camminava sulla terra della zona di lotta, mentre Emerald era sulle
tribune. Rayquaza rimase immobile, ormai sottomesso al suo volere.
Emerald
vide
Ruby aprire le braccia e chiudere gli occhi. Rayquaza, in collegamento
con
lui, abbassò le palpebre a sua volta e cacciò un ruggito. E ad un tratto
le
meteore cambiarono direzione. Tutte stavano curvando la propria
traiettoria in
direzione di Ruby, verso il centro dello stadio, l’unico luogo che
poteva
essere bombardato senza che nessuno in città subisse conseguenze.
Emerald
comprese il piano dell’amico.
‒
Ruby, no!
Il
ragazzo
si rese conto di lui: ‒ Scappa! ‒ esclamò senza abbassare le mani.
‒
Non devi morire per questo! ‒ gridò Emerald.
Ruby
non
ribatté. Emerald era lontano, nella parte più alta degli spalti, non
sarebbe stato colpito né avrebbe potuto dargli fastidio.
Ormai
un
centinaio di metri separavano le meteore dal terreno. Tutti i Dexholder
che
erano ancora in volo, si resero conto della situazione. Quella pioggia
avrebbe
devastato lo stadio, ma i danni sarebbero stati limitati a quell’area.
Avevano
sfoltito al meglio quel diluvio, il loro lavoro era compiuto. Solo
all’ultimo
istante si resero conto che il bersaglio delle meteore altri non era che
Ruby
che si era piazzato come fulcro al centro perfetto dell’arena.
Yellow
cacciò
un urlo. Red ebbe l’impulso di gettarsi a capofitto per prenderlo.
Sapphire sentì il suo cuore fermo balzarle in gola.
E
poi la luce della distruzione. Il metallo si accartocciò, la terra si
aprì, il
cemento franò. Tutti i vetri dello stadio esplosero. Le prime file degli
spalti
si sradicarono. L’arena fu devastata da quel numero infinito di fasci di
luce
che si erano concentrati tutti in quell’unica zona. Quando il rombo
dell’esplosione
si dissolse, rimase solo fumo.
E
fu il silenzio.
Alcune
timide
gocce di pioggia cominciarono a picchiettare su Vivalet. Pioggia vera.
Acqua. Le gocce si moltiplicavano a velocità impressionante. Il fumo
cominciava
a diradarsi mentre nell’aria si diffondeva il lieve stridore del metallo
rovente. Tutti i ragazzi scesero sulla terraferma. Quando i loro piedi
toccarono il terreno che era stato massacrato dalle meteore i loro piedi
avvertirono il calore altissimo attraverso la suola delle scarpe. La
terra,
bollente, cominciava a rigettare la pioggia sotto forma di vapore
acqueo. Tutto
cominciò a schiarirsi, il fumo stava scomparendo.
I
Dexholder, a testa bassa, incontrarono il corpo immobile di Rayquaza.
Distrutto. Le squame strappate, le spire torte in maniera orribile, le
placche
spezzate, le fauci spalancate e immobili. Non si muoveva più, era patito
sotto
il suo stesso potere.
E
poi, nel grigiore, i loro occhi che avevano abbandonato il macabro
spettacolo
del rettile morto sul terreno videro una debole luce verde. Le gambe di
Sapphire si mossero automaticamente, così come quelle di tutti gli
altri.
Mezza
Poké
Ball a terra, l’emisfero rosso, tutta ammaccata e senza più il bottone
di
apertura. Poi la luce divenne sempre più vicina.
Un
cubo
di energia, una barriera dalla forma perfetta di un dado. Al suo interno
due sagome: un Mr. Mime e un essere umano tremante: Ruby. La barriera si
dissolse. Il Pokémon che aveva protetto il ragazzo cadde esanime sul
terreno,
non respirava più. Era il Mr. Mime di Emerald.
‒
Ruby! ‒ esclamò Sapphire gettandosi su di lui. Non lo toccò, non lo
abbracciò,
si accovacciò a terra e cercò di saggiare che il suo corpo fosse ancora
in
funzione.
Nessun
altro
Dexholder si mosse. Davanti alla triste morte di un Pokémon, nessuno si
muove
mai. Nessuna parola rivolta al sopravvissuto, nessuno dette segno di
essere
felice o infelice di vederlo ancora vivo.
Ruby
tornò
a respirare. E dalle sue labbra uscirono sette sole lettere che
defibrillarono
il cuore di tutti i presenti: ‒ Emerald…
Blue
si
guardò intorno, Green e Silver rialzarono Ruby perché anche lui facesse
da
vedetta, Sapphire e Gold fecero per andare a cercarlo. Platinum tentò di
scomparire. Solo Crystal e Red erano immobili. Loro avevano portato a
terra
l’amico. Guardavano impietriti il punto in cui sarebbe dovuto essere.
Tutti
seguirono
il loro sguardo. Il gruppo si mosse. Ruby tolse le braccia dalle
spalle dei due di Kanto e prese a zoppicare in solitudine, quindi le sue
gambe
tornarono a funzionare decentemente, anche se a fatica.
Giunsero
alla
tribuna su cui Emerald era stato portato dopo il salvataggio dalla
caduta.
Non trovarono la tribuna, ma un groviglio di metallo e lamiere. Almeno
per le
prime dieci file di posti. Poi il cemento aveva retto quasi decentemente
e,
salendo, gli spalti sembravano sempre più integri. Solamente i sedili
erano
tutti saltati via. Emerald era stato posato quasi alle ultime posizioni,
doveva
essere vivo. Magari un po’ scombussolato. O al limite ancora svenuto.
Poi
si
levò un lamento. Ruby era a capo del gruppo e cadde a terra sul
ginocchio
sinistro. Tutti lo videro digrignare i denti per trattenere le lacrime.
Red
abbracciò Yellow cercando di risparmiarle lo spettacolo. Sapphire rimase
immobile come una statua mentre perdeva colore. Tutti gli altri
cercarono di
socchiudere gli occhi e di guardare altrove.
Davanti
al
Campione di Hoenn che era sopravvissuto, ferro e cemento: la prima parte
degli spalti tutta sgretolata. E in mezzo alle macerie, il corpo esanime
di
Emerald.
Alcuni
si
permisero di lasciar scorrere alcune lacrime. Altri non si concessero
tale
privilegio. Nella quiete generale spezzata dai soli singhiozzi e dal
cadere
della pioggia che si faceva sempre più forte, si levò un sibilo. Rapidi
come
jet, i due Pokémon Eoni comparvero nel cielo. Scesero in mezzo ai
Dexholder e
vegliarono sull’amico caduto. Per la prima volta tutti videro i due
scendere a
terra e smettere di levitare. E per alcuni minuti, il mondo si fermò.
Green
si
fece coraggio. Cominciò a spostare i ferracci che circondavano l’amico.
Red
lo imitò, tutti lo imitarono. Ruby si trovò a cercare di sollevare un
pannello
di metallo assieme a Gold. Ebbe il tempo di vedere il suo volto
straziato
seppur non rigato da alcuna lacrima. Mormorava qualcosa.
Si
avvicinò
meglio per sentire: ‒ stupido… stupido… stupido…
Crystal
tentò
di dare una mano restando in disparte. Il suo sguardo intercettò quello
di Ruby per un istante e subito si curvò altrove. Poi tornò su Ruby. Era
imbronciata
e nonostante fosse bagnata dal pianto e dalla pioggia, la sua rabbia
sembrava
tanto ribollente da far evaporare l’acqua.
Fuori
dallo
stadio, una cortina di persone si era lentamente raccolta: quasi tutti i
partecipanti al torneo e alcuni degli spettatori che non erano fuggiti.
In
prima fila davanti all’uscita, c’erano Corrado e Baldo, seguiti da tutti
gli
altri Capipalestra e da molti giovani Allenatori. La pioggia scendeva
debole ma
sembrava non volersi fermare.
All’uscita
dei
Dexholder, dal gruppo si levò un lamento accorato, tutti tenevano gli
occhi
sulle dieci persone che varcavano il cancello dello stadio ormai
distrutto. Due
di queste, tenevano dei corpi tra le braccia. Il primo era Red, che
reggeva un
esanime Mr. Mime. Il secondo era Green, che invece portava lo stesso
Emerald.
La folla si aprì per lasciarli passare. Tutti.
Videro
la
barcollante andatura di Ruby, i passi avanzati con le gambe e lo sguardo
nel
vuoto da un’assente Sapphire, la figura rigida di Crystal che sembrava
doversi
spezzare da un momento all’altro. E tutti dietro di loro, con la testa
bassa e
le braccia rigide lungo il corpo.
Dalla
folla
non si levava alcun rumore. Si udiva solo lo scalpiccio delle scarpe dei
presenti sul terreno bagnato.
Lino
intercettò
Ruby e cominciò a camminargli accanto. Tentò di parlare: ‒ L’avete…?
‒
È morto ‒ lo interruppe il ragazzo. ‒ Rayquaza è morto.
E
anche tra i due cadde il silenzio, Lino si fermò rimanendo indietro e
tenendo
gli occhi sull’amico che si allontanava sempre più. In mezzo alla folla,
inizio
a diffondersi un brusio.
‒
È morto, ha detto che è morto…
‒
Lo hanno sconfitto.
‒
Un Pokémon leggendario è stato ucciso…
Così
come
erano comparsi sotto gli occhi dei presenti, tutti i Dexholder
scomparvero. Nessuno disse nulla, nessuno fece nulla.
L’ambiente
era
afoso e odorava di disinfettante. Fuori il sole dava il massimo che quel
venticinque
giugno gli permettesse di dare al fine di perforare il suo impermeabile
di
nubi. La pioggia pareva essersi calmata, ma il cielo non accennava a
prendere
un colore che fosse diverso dal bianco. Tutti i Dexholder erano
nell’ospedale
Centrale di Vivalet, reduci da un giro di rapide visite che avevano
saggiato la
loro condizione fisica.
Red
picchiettava
fissava intensamente il suo bicchiere di caffè, mentre Yellow
stava in silenzio con la testa sulla sua spalla, Green teneva le braccia
conserte e sembrava star facendo la guardia a qualcosa, Blue non
parlava,
continuava a spalmare una pomata biancastra sul braccio destro che era
stato
colpito a bruciapelo da uno dei colpi di Rayquaza. Gold lanciava una
pallina da
tennis contro il muro, questa sbatteva contro il terreno per poi tornare
a lui,
Silver teneva un braccio attorno alle spalle di Crystal che era l’unica
ancora
in lacrime. Sulla soglia di quella stanza colma di grandi Allenatori,
Sapphire
sostava impietrita davanti al display del suo Poké Nav. Platinum fece il
suo
ingresso con discrezione e si posò il più possibile vicina alla ragazza
di
Hoenn. Ruby non c’era.
“…dell’ultima
vittima
di questo tragico evento, uno degli Allenatori più amati del torneo. Ha
infatti perso la vita nello scontro che ha permesso agli undici
Allenatori
Dexholder di sconfiggere Rayquaza, Emerald…” Gold aveva smesso di
giocare con
la pallina e aveva acceso il televisore.
“…l’Holon
World
Stadium è stato completamente demolito nel corso del combattimento con
Rayquaza…” il ragazzo aveva cambiato canale.
“…si
sono
fatti accertamenti sulle condizioni del dragone che risulta essere
clinicamente deceduto. Il suo corpo è stato portato nel centro di
ricerca
Pokémon globale di Vivalet, dove sarò studiato e…” altro canale ancora.
“…sembra
che
intanto tutta Hoenn sia stata scossa da un debole sciame sismico. Non
sembrano esserci stati morti né danni ingenti, tralasciando il crollo di
alcuni
vecchi edifici disabitati di Forestopoli…”
‒
Fermo ‒ mormorò qualcuno intercettando Gold che era già pronto a
cambiare di
nuovo canale.
Tutti
si
voltarono verso colui che aveva alzato la propria voce. Era Ruby che
sembrava essere appena apparso sulla porta, proprio accanto ad
un’immobile
Sapphire.
“…pare
inoltre
che le scosse sismiche abbiano causato un forte movimento dei mari
sommergendo completamente Ciclamare e costringendo gli abitanti della
periferia
di Bluruvia ad evacuare dalle loro abitazioni. Intanto, in rete, già
circolano
voci a proposito di una presunta connessione di questo evento
inaspettato con
la morte di Rayquaza. Linea allo studio per il servizio in diretta sulle
macerie
di Vivalet” terminò la anchorwoman.
‒
Ruby, non succede niente a Hoenn, vero? ‒ chiese Green senza un filo di
emozione nella voce.
‒
No, sia Groudon che Kyogre sono addormentati ‒ rispose lui.
‒
Come lo sai?
‒
Lo so.
Gli
occhi
verdi del Capopalestra di Smeraldopoli fissavano quelli color brace del
Campione-Idol di Hoenn.
‒
Lo so e basta ‒ ribadì Ruby.
Il
ragazzo
girò i tacchi e fece per andarsene.
‒
Sapevi anche che saresti stato capace di fermare Rayquaza… ‒ mormorò
Sapphire
sentendolo passare accanto a lei. ‒ …e che non ti sarebbe servito il
nostro
aiuto… ‒ proseguì. ‒ …ma prima ancora sapevi che quel mostro avrebbe
attaccato.
Ora dimmi perché l’unica tua certezza fondata doveva proprio essere
quella
relativa a questa catastrofe! ‒ gridò.
E
tutti tacquero. Sapphire stringeva i pugni, Ruby era immobile e non
lasciava
trapelare alcuna sensazione dal suo sguardo.
‒
Ruby, che cosa ci stai nascondendo? ‒ Silver chiari in una domanda il
dubbio di
tutti.
L’interrogatorio
cadde,
la tensione non accennava a distendersi ma l’enfasi sì, man mano che i
secondi passavano senza un responso da parte del ragazzo.
‒
Rubin Harmonia? ‒ chiese un medico materializzandosi appena oltre la
porta.
Il
ragazzo
annuì dando ascolto all’uomo in camice.
‒
Prego, venga con me, abbiamo i risultati delle analisi ‒ e sfruttando
l’occasione, il Campione di Hoenn uscì di scena.
Una
nuova
quiete cadde tra i Dexholder. Quasi tutti si mordevano le labbra per
essersi fatti sfuggire in tal modo la loro preda.
‒
È colpa sua ‒ sbottò Gold lanciando il telecomando che aveva in mano. ‒
ci
nasconde qualcosa di vitale, non può continuare a farlo.
Gli
sguardi
di tutti andarono al terreno. Tranne quelli di Crystal.
‒
No, non può ‒ mormorò la Catcher rompendo il suo pianto e stupendo
tutti. ‒ E deve
pagare… ‒ i suoi occhi erano gonfi e le sue parole suonavano taglienti.
Sapphire
abbandonò
quella stanza. Riuscì con non poca difficoltà a trovare l’uscita
dell’ospedale e si fece forza per l’ultima volta. Il numero era già
stato digitato,
lei premette il tasto chiamata.
Dopo
due
squilli, la voce di Birch rispose dall’altro capo della linea.
‒
Sapphire, stai bene! Grazie a Dio, piccola…
‒
Sì, papà, per me è tutto ok. Scusa se non ho potuto rispondere alle
altre
chiamate…
‒
Non preoccuparti, sto vedendo tutto ora in tv.
Silenzio.
‒
È incredibile, vero? ‒ riprese il professore.
‒
Sì, lo è…
‒
Povero ragazzo, Emerald.
Sapphire
si
lasciò sfuggire un singhiozzo. ‒ Non meritava di finire così…
‒
Io… lo so, piccola… cos’è successo di preciso? Scusami, ma i servizi del
telegiornale non sono abbastanza…
‒
Ruby era l’unico in grado di fermare Rayquaza ‒ lo interruppe lei. ‒
Emerald si
è sacrificato per lui, perché Ruby ne uscisse vivo, è rimasto sotto le
macerie.
‒
Mio Dio…
‒
Ruby aveva le sfere, Ruby sapeva tutto.
‒
Che cosa dici? Davvero? ‒ domandò il prof.
‒
Sì, e continua a non dirci niente.
Birch
sospirò.
‒ Quel ragazzo è così cambiato…
Entrambi
lasciarono
la parola all’altro.
‒
Siamo riusciti a raccogliere il Pokédex di Emerald, il disco interno è
ancora
intatto, vuoi che te lo invii?
‒
Oh, ehm… sì, grazie…
‒
Lo mando subito, poi ho intenzione di rimanere qui a dare una mano.
‒
Va bene, sii forte, piccola.
‒
Sempre. Ciao papà.
E
la ragazza riagganciò. Atona, vuota, la sua voce. Sapphire riprese a
respirare
dopo aver prolungato la sua apnea per tutta la durata della chiamata. Si
rese
conto di non aver chiesto a suo padre come stesse dopo quella scossa
passata su
Hoenn, di non aver neanche domandato il suo parere circa la sua
permanenza a
Holon e di non avergli neanche dato altre parole di conforto. Quell’uomo
aveva
rischiato di perdere sua figlia e aveva perso uno dei suo dei suoi
Dexholder.
Si sentì una figlia modello, in quel momento.
All’interno
della
tasca posteriore aveva davvero la scheda di memoria del Pokédex di
Emerald. Una placchetta magnetizzata targata Devon, col blasone di Hoenn
e il
numero tre in cifre romane scritto sopra. Poi, lungo il fianco, una
sottile
scritta evidentemente aggiunta in seguito:
THE CALMER
Sapphire
tornò
dai suoi amici. Lungo il percorso gli sguardi la perquisivano da cima a
fondo, la studiavano, la esaminavano. I feriti, i medici, i visitatori.
Tutti
avevano gli occhi su di lei. Lei era una dei guerrieri che avevano
sconfitto il
dragone. La cosa non sembrava darle fastidio, anzi, probabilmente lei
neanche
se ne stava accorgendo. Il momento era particolare, l’ospedale era
frenetico,
ma i feriti più gravi erano stati già messi in sicurezza. Se le prime
fasi del
disastro erano ancora pregne di terrore e ansia, da quando Rayquaza era
stato
sconfitto la speranza era tornata ad illuminare gli animi. Le vittime
non
sarebbero mai tornate in vita, la città non si sarebbe ricostruita da
sola, ma
adesso tutti ricominciavano a guardare avanti.
‒
Hai parlato con il professore? ‒ domandò Gold non appena Sapphire si
rifece
viva.
‒
Sì, sto per spedirgli la scheda del Dex di Emerald ‒ rispose senza
entusiasmo.
‒
Vengo con te ‒ si invitò quello.
Tutti
lo
imitarono. Non un solo Dexholder rimase seduto al suo posto. Il gruppo
raggiunse compatto il Trasferitore della sala d’attesa dell’ospedale. Lì
fu
inserito nell’apposita porta la scheda di memoria e nella capsula vicina
le
cinque Poké Ball rimase che componevano il team di Emerald insieme al
defunto
Mr. Mime. Il computer elaborò mentre Sapphire inseriva le credenziali
per un
invio rapido al laboratorio del Professor Birch ad Albanova.
Un
debole
ronzio si diffuse nell’aria. Attorno alle Ball cominciò a calare un
lieve velo di luce celeste.
“Emerald,
nato
il trentuno maggio… residente a Porto Selcepoli…” mormorava la voce del
computer.
La
luce
aumentò di intensità, il ronzio cominciò a scomparire. Quando tutto si
concluse, le Poké Ball erano scomparse e la scheda di memoria era stata
svuotata. Nove Dexholder riuniti lì attorno, una nidiata di giornalisti
furtivi
dietro, Latios e Latias che, mascherati da esseri umani, assistevano in
lacrime, Ruby che osservava dalla distanza, nascosto dietro un angolo,
senza
comunque sfuggire agli obbiettivi di un paio di reporter più attenti. Un
Dexholder se n’era andato.
‒
Addio, Rald ‒ mormorò Sapphire.
Silenzio.
In
quel momento, c’era silenzio.
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