Capitolo
3: il grande
gatsby pt. 2
Rayquaza
si
trovava nella sua forma tradizionale. Fu sorpreso dai primi attacchi che
il
gruppo di Dexholder volanti gli aveva rivolto, ma riuscì ad eluderne la
maggior
parte strisciando aerodinamicamente nella cortina di nuvole poco sotto
di lui.
Sembrava capace di nascondere tutta la sua enorme massa con immensa
semplicità.
Luce verde, di nuovo. Stavolta attenuata dalle fitte nuvole in cui
serpeggiava
il dragone.
‒
Si Megaevolve, state attenti! ‒ esclamò Sapphire.
‒
Ruby, sbrigati! ‒ fece Gold.
Il
ragazzo
volava su Latios che si era reso invisibile curvando la luce attorno a
sé e creandosi una sorta di barriera-specchio. Avrebbe dovuto
raggiungere
Rayquaza e stabilire con lui un contatto che gli permettesse di
controllarlo
con le Gemme.
‒
Latios è più veloce di Rayquaza, dovremmo essere in vantaggio ‒ mormorò
Crystal.
Un
flash
e a tutti sembrò di scorgere la silhouette del biscione verde in mezzo
alle nuvole. L’attacco Incendio del
Charizard
di Green sfondò quella sezione di cielo, aprendo un grosso foro negli
altocumuli.
‒
L’avete visto anche voi? ‒ chiese il Capopalestra dopo essersi reso
conto di
aver mandato un colpo a vuoto.
‒
Stava prendendo quota ‒ annuì Red. ‒ Ruby…
Un
esplosione
si dipanò per tutta l’area fin sopra le loro teste. La detonazione
aveva causato un movimento d’aria tanto forte da far rischiare ai
Dexholder di
cadere dai loro destrieri alati. Tutti loro si guardarono torvi e
spaventati.
Poi
una
sagoma nera spuntò dalle nuvole cadendo quasi senza attrito verso il
terreno lontano. Era Ruby i cui vestiti erano completamente carbonizzati
nella
parte superiore del corpo. Era svenuto, la sua pelle era rimasta
scottata qua e
là nell’esplosione. Latios non era con lui. Precipitava solo ed esanime.
Emerald
si
lanciò in picchiata per intercettare il corpo dell’amico ‒ In qualche
modo
Rayquaza lo ha individuato… ‒ esclamò.
‒
Fermati! ‒ gridò qualcuno.
Strano.
Era
la voce di Ruby, ma non proveniva dal suo corpo.
E
poi dalle nuvole alla destra di Emerald spuntò il dragone. Diretto con
le fauci
spalancate verso il corpo del Campione di Hoenn. Accadde tutto in un
lampo.
Rayquaza si inarcò tentando di azzannare Ruby, ma per uno strano scherzo
dello
spettro visivo questo scomparve, e le mascelle del leggendario si
chiusero attorno
al nulla. La coda del Pokémon però colpì violentemente Emerald nello
slancio
che perse la cavalcatura e cadde nel vuoto. Ruby tornò visibile appena
dietro il
nemico, era in groppa a Latios. Sotto gli occhi inermi di tutti i
Dexholder
scese al volo in groppa a Rayquaza e si aggrappò alle sue placche. Red e
Crystal si erano già lanciati verso il basso per acchiappare al volo
Emerald,
ma un brusco movimento del dragone che si era reso conto dell’inganno li
costrinse a effettuare un giro più lungo.
‒
Emerald, salvatelo! ‒ gridò Ruby.
La
sua
voce era roca, sembrava star tendendo tutti i suoi muscoli fino al
limite
della propria resistenza. E i risultati si mostrarono. Rayquaza si
bloccò a
mezz’aria. Era come paralizzato, anzi, sembrava tremare appena.
Ci
fu
un mormorio da parte di Sapphire, ma nel disordine generale nessuno la
udì.
Le toccò ripeterlo più forte, perché qualcuno le desse retta: ‒ Sta per
colpire…
‒
Cosa? ‒ domandò Green svegliandosi da quella catalessi in cui per la sua
testa
ronzava la convinzione di non poter fare nulla in quel momento.
‒
Rayquaza, sta per scaricare tutta la sua energia, dobbiamo
intercettarlo! ‒
gridò la ragazza.
Tutti
si
mobilitarono. E ovviamente, come parlando del diavolo, il corpo di
Rayquaza
si attorcigliò con un guizzo. Il dragone scese in picchiata verso terra.
‒
Vuole disarcionarlo! ‒ esclamò Blue.
‒
Non ci riuscirà, voi pensate solo a bloccare i suoi attacchi! ‒ ribatté
Sapphire.
Ruby
infatti
interruppe ancora una volta i movimenti di Rayquaza e per un secondo
lungo attimo il suo corpo si bloccò nell’aria come trattenuto da una
forza
esterna e invisibile. Un’intensa luce si dipanò dalle strisce sul corpo
del
Pokémon. Ruby ebbe un sussulto. Il suo corpo parve brillare e unirsi
all’organismo del rettile per un brevissimo attimo.
Un
boato
venne dal ventre del Pokémon leggendario, un ruggito più furioso, forte
e
violento di tutti i precedenti. Quindi tutto cadde. Dal cielo
cominciarono a
piovere meteore di energia violacea. Una seconda apocalisse sembrava
doversi rovesciare
su Vivalet quel giorno.
Emerald
riaprì
gli occhi. Si trovava sugli spalti dello stadio. Aveva brevemente perso
conoscenza mentre cadeva ed era stato preso al volo da Red e Crystal. Ma
subito
si rese conto che, potendo scegliere, avrebbe preferito rimanere
svenuto. Un
firmamento di luci che precipitavano verso di lui comparve al suo
risveglio.
Energia pura, proiettili di distruzione scagliati dalla furia di
Rayquaza.
Precipitavano implacabili.
In
mezzo
a queste, Ruby controllava il dragone e lo cavalcava verso il terreno.
Sembrava lui a controllarlo, forse quel gigantesco attacco Dragobolide era stato l’ultimo sforzo di Rayquaza prima di
arrendersi.
Uno
stormo
di Dexholder volanti comparve nel caos. A questi si unirono subito
Crystal e Red che non si fecero attendere per tornare in volo. Tutti i
ragazzi
stavano attaccando una per una le meteore di luce. Sfaldandole,
impedendo loro
di cadere a terra. I fasci di energia scomparivano uno dopo l’altro, ma
la
massa ancora ben nutrita si avvicinava sempre più alla città.
Ruby
scese
dal dragone, era atterrato poco lontano da Emerald: i due di Hoenn erano
nello stadio in cui fino a poche ore prima si stava svolgendo il torneo,
ma il
moro camminava sulla terra della zona di lotta, mentre Emerald era sulle
tribune. Rayquaza rimase immobile, ormai sottomesso al suo volere.
Emerald
vide
Ruby aprire le braccia e chiudere gli occhi. Rayquaza, in collegamento
con
lui, abbassò le palpebre a sua volta e cacciò un ruggito. E ad un tratto
le
meteore cambiarono direzione. Tutte stavano curvando la propria
traiettoria in
direzione di Ruby, verso il centro dello stadio, l’unico luogo che
poteva
essere bombardato senza che nessuno in città subisse conseguenze.
Emerald
comprese il piano dell’amico.
‒
Ruby, no!
Il
ragazzo
si rese conto di lui: ‒ Scappa! ‒ esclamò senza abbassare le mani.
‒
Non devi morire per questo! ‒ gridò Emerald.
Ruby
non
ribatté. Emerald era lontano, nella parte più alta degli spalti, non
sarebbe stato colpito né avrebbe potuto dargli fastidio.
Ormai
un
centinaio di metri separavano le meteore dal terreno. Tutti i Dexholder
che
erano ancora in volo, si resero conto della situazione. Quella pioggia
avrebbe
devastato lo stadio, ma i danni sarebbero stati limitati a quell’area.
Avevano
sfoltito al meglio quel diluvio, il loro lavoro era compiuto. Solo
all’ultimo
istante si resero conto che il bersaglio delle meteore altri non era che
Ruby
che si era piazzato come fulcro al centro perfetto dell’arena.
Yellow
cacciò
un urlo. Red ebbe l’impulso di gettarsi a capofitto per prenderlo.
Sapphire sentì il suo cuore fermo balzarle in gola.
E
poi la luce della distruzione. Il metallo si accartocciò, la terra si
aprì, il
cemento franò. Tutti i vetri dello stadio esplosero. Le prime file degli
spalti
si sradicarono. L’arena fu devastata da quel numero infinito di fasci di
luce
che si erano concentrati tutti in quell’unica zona. Quando il rombo
dell’esplosione
si dissolse, rimase solo fumo.
E
fu il silenzio.
Alcune
timide
gocce di pioggia cominciarono a picchiettare su Vivalet. Pioggia vera.
Acqua. Le gocce si moltiplicavano a velocità impressionante. Il fumo
cominciava
a diradarsi mentre nell’aria si diffondeva il lieve stridore del metallo
rovente. Tutti i ragazzi scesero sulla terraferma. Quando i loro piedi
toccarono il terreno che era stato massacrato dalle meteore i loro piedi
avvertirono il calore altissimo attraverso la suola delle scarpe. La
terra,
bollente, cominciava a rigettare la pioggia sotto forma di vapore
acqueo. Tutto
cominciò a schiarirsi, il fumo stava scomparendo.
I
Dexholder, a testa bassa, incontrarono il corpo immobile di Rayquaza.
Distrutto. Le squame strappate, le spire torte in maniera orribile, le
placche
spezzate, le fauci spalancate e immobili. Non si muoveva più, era patito
sotto
il suo stesso potere.
E
poi, nel grigiore, i loro occhi che avevano abbandonato il macabro
spettacolo
del rettile morto sul terreno videro una debole luce verde. Le gambe di
Sapphire si mossero automaticamente, così come quelle di tutti gli
altri.
Mezza
Poké
Ball a terra, l’emisfero rosso, tutta ammaccata e senza più il bottone
di
apertura. Poi la luce divenne sempre più vicina.
Un
cubo
di energia, una barriera dalla forma perfetta di un dado. Al suo interno
due sagome: un Mr. Mime e un essere umano tremante: Ruby. La barriera si
dissolse. Il Pokémon che aveva protetto il ragazzo cadde esanime sul
terreno,
non respirava più. Era il Mr. Mime di Emerald.
‒
Ruby! ‒ esclamò Sapphire gettandosi su di lui. Non lo toccò, non lo
abbracciò,
si accovacciò a terra e cercò di saggiare che il suo corpo fosse ancora
in
funzione.
Nessun
altro
Dexholder si mosse. Davanti alla triste morte di un Pokémon, nessuno si
muove
mai. Nessuna parola rivolta al sopravvissuto, nessuno dette segno di
essere
felice o infelice di vederlo ancora vivo.
Ruby
tornò
a respirare. E dalle sue labbra uscirono sette sole lettere che
defibrillarono
il cuore di tutti i presenti: ‒ Emerald…
Blue
si
guardò intorno, Green e Silver rialzarono Ruby perché anche lui facesse
da
vedetta, Sapphire e Gold fecero per andare a cercarlo. Platinum tentò di
scomparire. Solo Crystal e Red erano immobili. Loro avevano portato a
terra
l’amico. Guardavano impietriti il punto in cui sarebbe dovuto essere.
Tutti
seguirono
il loro sguardo. Il gruppo si mosse. Ruby tolse le braccia dalle
spalle dei due di Kanto e prese a zoppicare in solitudine, quindi le sue
gambe
tornarono a funzionare decentemente, anche se a fatica.
Giunsero
alla
tribuna su cui Emerald era stato portato dopo il salvataggio dalla
caduta.
Non trovarono la tribuna, ma un groviglio di metallo e lamiere. Almeno
per le
prime dieci file di posti. Poi il cemento aveva retto quasi decentemente
e,
salendo, gli spalti sembravano sempre più integri. Solamente i sedili
erano
tutti saltati via. Emerald era stato posato quasi alle ultime posizioni,
doveva
essere vivo. Magari un po’ scombussolato. O al limite ancora svenuto.
Poi
si
levò un lamento. Ruby era a capo del gruppo e cadde a terra sul
ginocchio
sinistro. Tutti lo videro digrignare i denti per trattenere le lacrime.
Red
abbracciò Yellow cercando di risparmiarle lo spettacolo. Sapphire rimase
immobile come una statua mentre perdeva colore. Tutti gli altri
cercarono di
socchiudere gli occhi e di guardare altrove.
Davanti
al
Campione di Hoenn che era sopravvissuto, ferro e cemento: la prima parte
degli spalti tutta sgretolata. E in mezzo alle macerie, il corpo esanime
di
Emerald.
Alcuni
si
permisero di lasciar scorrere alcune lacrime. Altri non si concessero
tale
privilegio. Nella quiete generale spezzata dai soli singhiozzi e dal
cadere
della pioggia che si faceva sempre più forte, si levò un sibilo. Rapidi
come
jet, i due Pokémon Eoni comparvero nel cielo. Scesero in mezzo ai
Dexholder e
vegliarono sull’amico caduto. Per la prima volta tutti videro i due
scendere a
terra e smettere di levitare. E per alcuni minuti, il mondo si fermò.
Green
si
fece coraggio. Cominciò a spostare i ferracci che circondavano l’amico.
Red
lo imitò, tutti lo imitarono. Ruby si trovò a cercare di sollevare un
pannello
di metallo assieme a Gold. Ebbe il tempo di vedere il suo volto
straziato
seppur non rigato da alcuna lacrima. Mormorava qualcosa.
Si
avvicinò
meglio per sentire: ‒ stupido… stupido… stupido…
Crystal
tentò
di dare una mano restando in disparte. Il suo sguardo intercettò quello
di Ruby per un istante e subito si curvò altrove. Poi tornò su Ruby. Era
imbronciata
e nonostante fosse bagnata dal pianto e dalla pioggia, la sua rabbia
sembrava
tanto ribollente da far evaporare l’acqua.
Fuori
dallo
stadio, una cortina di persone si era lentamente raccolta: quasi tutti i
partecipanti al torneo e alcuni degli spettatori che non erano fuggiti.
In
prima fila davanti all’uscita, c’erano Corrado e Baldo, seguiti da tutti
gli
altri Capipalestra e da molti giovani Allenatori. La pioggia scendeva
debole ma
sembrava non volersi fermare.
All’uscita
dei
Dexholder, dal gruppo si levò un lamento accorato, tutti tenevano gli
occhi
sulle dieci persone che varcavano il cancello dello stadio ormai
distrutto. Due
di queste, tenevano dei corpi tra le braccia. Il primo era Red, che
reggeva un
esanime Mr. Mime. Il secondo era Green, che invece portava lo stesso
Emerald.
La folla si aprì per lasciarli passare. Tutti.
Videro
la
barcollante andatura di Ruby, i passi avanzati con le gambe e lo sguardo
nel
vuoto da un’assente Sapphire, la figura rigida di Crystal che sembrava
doversi
spezzare da un momento all’altro. E tutti dietro di loro, con la testa
bassa e
le braccia rigide lungo il corpo.
Dalla
folla
non si levava alcun rumore. Si udiva solo lo scalpiccio delle scarpe dei
presenti sul terreno bagnato.
Lino
intercettò
Ruby e cominciò a camminargli accanto. Tentò di parlare: ‒ L’avete…?
‒
È morto ‒ lo interruppe il ragazzo. ‒ Rayquaza è morto.
E
anche tra i due cadde il silenzio, Lino si fermò rimanendo indietro e
tenendo
gli occhi sull’amico che si allontanava sempre più. In mezzo alla folla,
inizio
a diffondersi un brusio.
‒
È morto, ha detto che è morto…
‒
Lo hanno sconfitto.
‒
Un Pokémon leggendario è stato ucciso…
Così
come
erano comparsi sotto gli occhi dei presenti, tutti i Dexholder
scomparvero. Nessuno disse nulla, nessuno fece nulla.
L’ambiente
era
afoso e odorava di disinfettante. Fuori il sole dava il massimo che quel
venticinque
giugno gli permettesse di dare al fine di perforare il suo impermeabile
di
nubi. La pioggia pareva essersi calmata, ma il cielo non accennava a
prendere
un colore che fosse diverso dal bianco. Tutti i Dexholder erano
nell’ospedale
Centrale di Vivalet, reduci da un giro di rapide visite che avevano
saggiato la
loro condizione fisica.
Red
picchiettava
fissava intensamente il suo bicchiere di caffè, mentre Yellow
stava in silenzio con la testa sulla sua spalla, Green teneva le braccia
conserte e sembrava star facendo la guardia a qualcosa, Blue non
parlava,
continuava a spalmare una pomata biancastra sul braccio destro che era
stato
colpito a bruciapelo da uno dei colpi di Rayquaza. Gold lanciava una
pallina da
tennis contro il muro, questa sbatteva contro il terreno per poi tornare
a lui,
Silver teneva un braccio attorno alle spalle di Crystal che era l’unica
ancora
in lacrime. Sulla soglia di quella stanza colma di grandi Allenatori,
Sapphire
sostava impietrita davanti al display del suo Poké Nav. Platinum fece il
suo
ingresso con discrezione e si posò il più possibile vicina alla ragazza
di
Hoenn. Ruby non c’era.
“…dell’ultima
vittima
di questo tragico evento, uno degli Allenatori più amati del torneo. Ha
infatti perso la vita nello scontro che ha permesso agli undici
Allenatori
Dexholder di sconfiggere Rayquaza, Emerald…” Gold aveva smesso di
giocare con
la pallina e aveva acceso il televisore.
“…l’Holon
World
Stadium è stato completamente demolito nel corso del combattimento con
Rayquaza…” il ragazzo aveva cambiato canale.
“…si
sono
fatti accertamenti sulle condizioni del dragone che risulta essere
clinicamente deceduto. Il suo corpo è stato portato nel centro di
ricerca
Pokémon globale di Vivalet, dove sarò studiato e…” altro canale ancora.
“…sembra
che
intanto tutta Hoenn sia stata scossa da un debole sciame sismico. Non
sembrano esserci stati morti né danni ingenti, tralasciando il crollo di
alcuni
vecchi edifici disabitati di Forestopoli…”
‒
Fermo ‒ mormorò qualcuno intercettando Gold che era già pronto a
cambiare di
nuovo canale.
Tutti
si
voltarono verso colui che aveva alzato la propria voce. Era Ruby che
sembrava essere appena apparso sulla porta, proprio accanto ad
un’immobile
Sapphire.
“…pare
inoltre
che le scosse sismiche abbiano causato un forte movimento dei mari
sommergendo completamente Ciclamare e costringendo gli abitanti della
periferia
di Bluruvia ad evacuare dalle loro abitazioni. Intanto, in rete, già
circolano
voci a proposito di una presunta connessione di questo evento
inaspettato con
la morte di Rayquaza. Linea allo studio per il servizio in diretta sulle
macerie
di Vivalet” terminò la anchorwoman.
‒
Ruby, non succede niente a Hoenn, vero? ‒ chiese Green senza un filo di
emozione nella voce.
‒
No, sia Groudon che Kyogre sono addormentati ‒ rispose lui.
‒
Come lo sai?
‒
Lo so.
Gli
occhi
verdi del Capopalestra di Smeraldopoli fissavano quelli color brace del
Campione-Idol di Hoenn.
‒
Lo so e basta ‒ ribadì Ruby.
Il
ragazzo
girò i tacchi e fece per andarsene.
‒
Sapevi anche che saresti stato capace di fermare Rayquaza… ‒ mormorò
Sapphire
sentendolo passare accanto a lei. ‒ …e che non ti sarebbe servito il
nostro
aiuto… ‒ proseguì. ‒ …ma prima ancora sapevi che quel mostro avrebbe
attaccato.
Ora dimmi perché l’unica tua certezza fondata doveva proprio essere
quella
relativa a questa catastrofe! ‒ gridò.
E
tutti tacquero. Sapphire stringeva i pugni, Ruby era immobile e non
lasciava
trapelare alcuna sensazione dal suo sguardo.
‒
Ruby, che cosa ci stai nascondendo? ‒ Silver chiari in una domanda il
dubbio di
tutti.
L’interrogatorio
cadde,
la tensione non accennava a distendersi ma l’enfasi sì, man mano che i
secondi passavano senza un responso da parte del ragazzo.
‒
Rubin Harmonia? ‒ chiese un medico materializzandosi appena oltre la
porta.
Il
ragazzo
annuì dando ascolto all’uomo in camice.
‒
Prego, venga con me, abbiamo i risultati delle analisi ‒ e sfruttando
l’occasione, il Campione di Hoenn uscì di scena.
Una
nuova
quiete cadde tra i Dexholder. Quasi tutti si mordevano le labbra per
essersi fatti sfuggire in tal modo la loro preda.
‒
È colpa sua ‒ sbottò Gold lanciando il telecomando che aveva in mano. ‒
ci
nasconde qualcosa di vitale, non può continuare a farlo.
Gli
sguardi
di tutti andarono al terreno. Tranne quelli di Crystal.
‒
No, non può ‒ mormorò la Catcher rompendo il suo pianto e stupendo
tutti. ‒ E deve
pagare… ‒ i suoi occhi erano gonfi e le sue parole suonavano taglienti.
Sapphire
abbandonò
quella stanza. Riuscì con non poca difficoltà a trovare l’uscita
dell’ospedale e si fece forza per l’ultima volta. Il numero era già
stato digitato,
lei premette il tasto chiamata.
Dopo
due
squilli, la voce di Birch rispose dall’altro capo della linea.
‒
Sapphire, stai bene! Grazie a Dio, piccola…
‒
Sì, papà, per me è tutto ok. Scusa se non ho potuto rispondere alle
altre
chiamate…
‒
Non preoccuparti, sto vedendo tutto ora in tv.
Silenzio.
‒
È incredibile, vero? ‒ riprese il professore.
‒
Sì, lo è…
‒
Povero ragazzo, Emerald.
Sapphire
si
lasciò sfuggire un singhiozzo. ‒ Non meritava di finire così…
‒
Io… lo so, piccola… cos’è successo di preciso? Scusami, ma i servizi del
telegiornale non sono abbastanza…
‒
Ruby era l’unico in grado di fermare Rayquaza ‒ lo interruppe lei. ‒
Emerald si
è sacrificato per lui, perché Ruby ne uscisse vivo, è rimasto sotto le
macerie.
‒
Mio Dio…
‒
Ruby aveva le sfere, Ruby sapeva tutto.
‒
Che cosa dici? Davvero? ‒ domandò il prof.
‒
Sì, e continua a non dirci niente.
Birch
sospirò.
‒ Quel ragazzo è così cambiato…
Entrambi
lasciarono
la parola all’altro.
‒
Siamo riusciti a raccogliere il Pokédex di Emerald, il disco interno è
ancora
intatto, vuoi che te lo invii?
‒
Oh, ehm… sì, grazie…
‒
Lo mando subito, poi ho intenzione di rimanere qui a dare una mano.
‒
Va bene, sii forte, piccola.
‒
Sempre. Ciao papà.
E
la ragazza riagganciò. Atona, vuota, la sua voce. Sapphire riprese a
respirare
dopo aver prolungato la sua apnea per tutta la durata della chiamata. Si
rese
conto di non aver chiesto a suo padre come stesse dopo quella scossa
passata su
Hoenn, di non aver neanche domandato il suo parere circa la sua
permanenza a
Holon e di non avergli neanche dato altre parole di conforto. Quell’uomo
aveva
rischiato di perdere sua figlia e aveva perso uno dei suo dei suoi
Dexholder.
Si sentì una figlia modello, in quel momento.
All’interno
della
tasca posteriore aveva davvero la scheda di memoria del Pokédex di
Emerald. Una placchetta magnetizzata targata Devon, col blasone di Hoenn
e il
numero tre in cifre romane scritto sopra. Poi, lungo il fianco, una
sottile
scritta evidentemente aggiunta in seguito:
THE CALMER
Sapphire
tornò
dai suoi amici. Lungo il percorso gli sguardi la perquisivano da cima a
fondo, la studiavano, la esaminavano. I feriti, i medici, i visitatori.
Tutti
avevano gli occhi su di lei. Lei era una dei guerrieri che avevano
sconfitto il
dragone. La cosa non sembrava darle fastidio, anzi, probabilmente lei
neanche
se ne stava accorgendo. Il momento era particolare, l’ospedale era
frenetico,
ma i feriti più gravi erano stati già messi in sicurezza. Se le prime
fasi del
disastro erano ancora pregne di terrore e ansia, da quando Rayquaza era
stato
sconfitto la speranza era tornata ad illuminare gli animi. Le vittime
non
sarebbero mai tornate in vita, la città non si sarebbe ricostruita da
sola, ma
adesso tutti ricominciavano a guardare avanti.
‒
Hai parlato con il professore? ‒ domandò Gold non appena Sapphire si
rifece
viva.
‒
Sì, sto per spedirgli la scheda del Dex di Emerald ‒ rispose senza
entusiasmo.
‒
Vengo con te ‒ si invitò quello.
Tutti
lo
imitarono. Non un solo Dexholder rimase seduto al suo posto. Il gruppo
raggiunse compatto il Trasferitore della sala d’attesa dell’ospedale. Lì
fu
inserito nell’apposita porta la scheda di memoria e nella capsula vicina
le
cinque Poké Ball rimase che componevano il team di Emerald insieme al
defunto
Mr. Mime. Il computer elaborò mentre Sapphire inseriva le credenziali
per un
invio rapido al laboratorio del Professor Birch ad Albanova.
Un
debole
ronzio si diffuse nell’aria. Attorno alle Ball cominciò a calare un
lieve velo di luce celeste.
“Emerald,
nato
il trentuno maggio… residente a Porto Selcepoli…” mormorava la voce del
computer.
La
luce
aumentò di intensità, il ronzio cominciò a scomparire. Quando tutto si
concluse, le Poké Ball erano scomparse e la scheda di memoria era stata
svuotata. Nove Dexholder riuniti lì attorno, una nidiata di giornalisti
furtivi
dietro, Latios e Latias che, mascherati da esseri umani, assistevano in
lacrime, Ruby che osservava dalla distanza, nascosto dietro un angolo,
senza
comunque sfuggire agli obbiettivi di un paio di reporter più attenti. Un
Dexholder se n’era andato.
‒
Addio, Rald ‒ mormorò Sapphire.
Silenzio.
In
quel momento, c’era silenzio.
Commenti
Posta un commento