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Lev - CEP - 3 - Il Grande Gatsby pt.2

Capitolo 3: il grande gatsby pt. 2
 
 
Rayquaza si trovava nella sua forma tradizionale. Fu sorpreso dai primi attacchi che il gruppo di Dexholder volanti gli aveva rivolto, ma riuscì ad eluderne la maggior parte strisciando aerodinamicamente nella cortina di nuvole poco sotto di lui. Sembrava capace di nascondere tutta la sua enorme massa con immensa semplicità. Luce verde, di nuovo. Stavolta attenuata dalle fitte nuvole in cui serpeggiava il dragone.
‒ Si Megaevolve, state attenti! ‒ esclamò Sapphire.
‒ Ruby, sbrigati! ‒ fece Gold.
Il ragazzo volava su Latios che si era reso invisibile curvando la luce attorno a sé e creandosi una sorta di barriera-specchio. Avrebbe dovuto raggiungere Rayquaza e stabilire con lui un contatto che gli permettesse di controllarlo con le Gemme.
‒ Latios è più veloce di Rayquaza, dovremmo essere in vantaggio ‒ mormorò Crystal.
Un flash e a tutti sembrò di scorgere la silhouette del biscione verde in mezzo alle nuvole. L’attacco Incendio del Charizard di Green sfondò quella sezione di cielo, aprendo un grosso foro negli altocumuli.
‒ L’avete visto anche voi? ‒ chiese il Capopalestra dopo essersi reso conto di aver mandato un colpo a vuoto.
‒ Stava prendendo quota ‒ annuì Red. ‒ Ruby…
Un esplosione si dipanò per tutta l’area fin sopra le loro teste. La detonazione aveva causato un movimento d’aria tanto forte da far rischiare ai Dexholder di cadere dai loro destrieri alati. Tutti loro si guardarono torvi e spaventati.
Poi una sagoma nera spuntò dalle nuvole cadendo quasi senza attrito verso il terreno lontano. Era Ruby i cui vestiti erano completamente carbonizzati nella parte superiore del corpo. Era svenuto, la sua pelle era rimasta scottata qua e là nell’esplosione. Latios non era con lui. Precipitava solo ed esanime.
Emerald si lanciò in picchiata per intercettare il corpo dell’amico ‒ In qualche modo Rayquaza lo ha individuato… ‒ esclamò.
‒ Fermati! ‒ gridò qualcuno.
Strano. Era la voce di Ruby, ma non proveniva dal suo corpo.
E poi dalle nuvole alla destra di Emerald spuntò il dragone. Diretto con le fauci spalancate verso il corpo del Campione di Hoenn. Accadde tutto in un lampo. Rayquaza si inarcò tentando di azzannare Ruby, ma per uno strano scherzo dello spettro visivo questo scomparve, e le mascelle del leggendario si chiusero attorno al nulla. La coda del Pokémon però colpì violentemente Emerald nello slancio che perse la cavalcatura e cadde nel vuoto. Ruby tornò visibile appena dietro il nemico, era in groppa a Latios. Sotto gli occhi inermi di tutti i Dexholder scese al volo in groppa a Rayquaza e si aggrappò alle sue placche. Red e Crystal si erano già lanciati verso il basso per acchiappare al volo Emerald, ma un brusco movimento del dragone che si era reso conto dell’inganno li costrinse a effettuare un giro più lungo.
‒ Emerald, salvatelo! ‒ gridò Ruby.
La sua voce era roca, sembrava star tendendo tutti i suoi muscoli fino al limite della propria resistenza. E i risultati si mostrarono. Rayquaza si bloccò a mezz’aria. Era come paralizzato, anzi, sembrava tremare appena.
Ci fu un mormorio da parte di Sapphire, ma nel disordine generale nessuno la udì. Le toccò ripeterlo più forte, perché qualcuno le desse retta: ‒ Sta per colpire…
‒ Cosa? ‒ domandò Green svegliandosi da quella catalessi in cui per la sua testa ronzava la convinzione di non poter fare nulla in quel momento.
‒ Rayquaza, sta per scaricare tutta la sua energia, dobbiamo intercettarlo! ‒ gridò la ragazza.
Tutti si mobilitarono. E ovviamente, come parlando del diavolo, il corpo di Rayquaza si attorcigliò con un guizzo. Il dragone scese in picchiata verso terra.
‒ Vuole disarcionarlo! ‒ esclamò Blue.
‒ Non ci riuscirà, voi pensate solo a bloccare i suoi attacchi! ‒ ribatté Sapphire.
Ruby infatti interruppe ancora una volta i movimenti di Rayquaza e per un secondo lungo attimo il suo corpo si bloccò nell’aria come trattenuto da una forza esterna e invisibile. Un’intensa luce si dipanò dalle strisce sul corpo del Pokémon. Ruby ebbe un sussulto. Il suo corpo parve brillare e unirsi all’organismo del rettile per un brevissimo attimo.
Un boato venne dal ventre del Pokémon leggendario, un ruggito più furioso, forte e violento di tutti i precedenti. Quindi tutto cadde. Dal cielo cominciarono a piovere meteore di energia violacea. Una seconda apocalisse sembrava doversi rovesciare su Vivalet quel giorno.
Emerald riaprì gli occhi. Si trovava sugli spalti dello stadio. Aveva brevemente perso conoscenza mentre cadeva ed era stato preso al volo da Red e Crystal. Ma subito si rese conto che, potendo scegliere, avrebbe preferito rimanere svenuto. Un firmamento di luci che precipitavano verso di lui comparve al suo risveglio. Energia pura, proiettili di distruzione scagliati dalla furia di Rayquaza. Precipitavano implacabili.
In mezzo a queste, Ruby controllava il dragone e lo cavalcava verso il terreno. Sembrava lui a controllarlo, forse quel gigantesco attacco Dragobolide era stato l’ultimo sforzo di Rayquaza prima di arrendersi.
Uno stormo di Dexholder volanti comparve nel caos. A questi si unirono subito Crystal e Red che non si fecero attendere per tornare in volo. Tutti i ragazzi stavano attaccando una per una le meteore di luce. Sfaldandole, impedendo loro di cadere a terra. I fasci di energia scomparivano uno dopo l’altro, ma la massa ancora ben nutrita si avvicinava sempre più alla città.
Ruby scese dal dragone, era atterrato poco lontano da Emerald: i due di Hoenn erano nello stadio in cui fino a poche ore prima si stava svolgendo il torneo, ma il moro camminava sulla terra della zona di lotta, mentre Emerald era sulle tribune. Rayquaza rimase immobile, ormai sottomesso al suo volere.
Emerald vide Ruby aprire le braccia e chiudere gli occhi. Rayquaza, in collegamento con lui, abbassò le palpebre a sua volta e cacciò un ruggito. E ad un tratto le meteore cambiarono direzione. Tutte stavano curvando la propria traiettoria in direzione di Ruby, verso il centro dello stadio, l’unico luogo che poteva essere bombardato senza che nessuno in città subisse conseguenze. Emerald comprese il piano dell’amico.
‒ Ruby, no!
Il ragazzo si rese conto di lui: ‒ Scappa! ‒ esclamò senza abbassare le mani.
‒ Non devi morire per questo! ‒ gridò Emerald.
Ruby non ribatté. Emerald era lontano, nella parte più alta degli spalti, non sarebbe stato colpito né avrebbe potuto dargli fastidio.
Ormai un centinaio di metri separavano le meteore dal terreno. Tutti i Dexholder che erano ancora in volo, si resero conto della situazione. Quella pioggia avrebbe devastato lo stadio, ma i danni sarebbero stati limitati a quell’area. Avevano sfoltito al meglio quel diluvio, il loro lavoro era compiuto. Solo all’ultimo istante si resero conto che il bersaglio delle meteore altri non era che Ruby che si era piazzato come fulcro al centro perfetto dell’arena.
Yellow cacciò un urlo. Red ebbe l’impulso di gettarsi a capofitto per prenderlo. Sapphire sentì il suo cuore fermo balzarle in gola.
E poi la luce della distruzione. Il metallo si accartocciò, la terra si aprì, il cemento franò. Tutti i vetri dello stadio esplosero. Le prime file degli spalti si sradicarono. L’arena fu devastata da quel numero infinito di fasci di luce che si erano concentrati tutti in quell’unica zona. Quando il rombo dell’esplosione si dissolse, rimase solo fumo.
E fu il silenzio.
Alcune timide gocce di pioggia cominciarono a picchiettare su Vivalet. Pioggia vera. Acqua. Le gocce si moltiplicavano a velocità impressionante. Il fumo cominciava a diradarsi mentre nell’aria si diffondeva il lieve stridore del metallo rovente. Tutti i ragazzi scesero sulla terraferma. Quando i loro piedi toccarono il terreno che era stato massacrato dalle meteore i loro piedi avvertirono il calore altissimo attraverso la suola delle scarpe. La terra, bollente, cominciava a rigettare la pioggia sotto forma di vapore acqueo. Tutto cominciò a schiarirsi, il fumo stava scomparendo.
I Dexholder, a testa bassa, incontrarono il corpo immobile di Rayquaza. Distrutto. Le squame strappate, le spire torte in maniera orribile, le placche spezzate, le fauci spalancate e immobili. Non si muoveva più, era patito sotto il suo stesso potere.
E poi, nel grigiore, i loro occhi che avevano abbandonato il macabro spettacolo del rettile morto sul terreno videro una debole luce verde. Le gambe di Sapphire si mossero automaticamente, così come quelle di tutti gli altri.
Mezza Poké Ball a terra, l’emisfero rosso, tutta ammaccata e senza più il bottone di apertura. Poi la luce divenne sempre più vicina.
Un cubo di energia, una barriera dalla forma perfetta di un dado. Al suo interno due sagome: un Mr. Mime e un essere umano tremante: Ruby. La barriera si dissolse. Il Pokémon che aveva protetto il ragazzo cadde esanime sul terreno, non respirava più. Era il Mr. Mime di Emerald.
‒ Ruby! ‒ esclamò Sapphire gettandosi su di lui. Non lo toccò, non lo abbracciò, si accovacciò a terra e cercò di saggiare che il suo corpo fosse ancora in funzione.
Nessun altro Dexholder si mosse. Davanti alla triste morte di un Pokémon, nessuno si muove mai. Nessuna parola rivolta al sopravvissuto, nessuno dette segno di essere felice o infelice di vederlo ancora vivo.
Ruby tornò a respirare. E dalle sue labbra uscirono sette sole lettere che defibrillarono il cuore di tutti i presenti: ‒ Emerald…
Blue si guardò intorno, Green e Silver rialzarono Ruby perché anche lui facesse da vedetta, Sapphire e Gold fecero per andare a cercarlo. Platinum tentò di scomparire. Solo Crystal e Red erano immobili. Loro avevano portato a terra l’amico. Guardavano impietriti il punto in cui sarebbe dovuto essere.
Tutti seguirono il loro sguardo. Il gruppo si mosse. Ruby tolse le braccia dalle spalle dei due di Kanto e prese a zoppicare in solitudine, quindi le sue gambe tornarono a funzionare decentemente, anche se a fatica.
Giunsero alla tribuna su cui Emerald era stato portato dopo il salvataggio dalla caduta. Non trovarono la tribuna, ma un groviglio di metallo e lamiere. Almeno per le prime dieci file di posti. Poi il cemento aveva retto quasi decentemente e, salendo, gli spalti sembravano sempre più integri. Solamente i sedili erano tutti saltati via. Emerald era stato posato quasi alle ultime posizioni, doveva essere vivo. Magari un po’ scombussolato. O al limite ancora svenuto.
Poi si levò un lamento. Ruby era a capo del gruppo e cadde a terra sul ginocchio sinistro. Tutti lo videro digrignare i denti per trattenere le lacrime. Red abbracciò Yellow cercando di risparmiarle lo spettacolo. Sapphire rimase immobile come una statua mentre perdeva colore. Tutti gli altri cercarono di socchiudere gli occhi e di guardare altrove.
Davanti al Campione di Hoenn che era sopravvissuto, ferro e cemento: la prima parte degli spalti tutta sgretolata. E in mezzo alle macerie, il corpo esanime di Emerald.
Alcuni si permisero di lasciar scorrere alcune lacrime. Altri non si concessero tale privilegio. Nella quiete generale spezzata dai soli singhiozzi e dal cadere della pioggia che si faceva sempre più forte, si levò un sibilo. Rapidi come jet, i due Pokémon Eoni comparvero nel cielo. Scesero in mezzo ai Dexholder e vegliarono sull’amico caduto. Per la prima volta tutti videro i due scendere a terra e smettere di levitare. E per alcuni minuti, il mondo si fermò.
Green si fece coraggio. Cominciò a spostare i ferracci che circondavano l’amico. Red lo imitò, tutti lo imitarono. Ruby si trovò a cercare di sollevare un pannello di metallo assieme a Gold. Ebbe il tempo di vedere il suo volto straziato seppur non rigato da alcuna lacrima. Mormorava qualcosa.
Si avvicinò meglio per sentire: ‒ stupido… stupido… stupido…
Crystal tentò di dare una mano restando in disparte. Il suo sguardo intercettò quello di Ruby per un istante e subito si curvò altrove. Poi tornò su Ruby. Era imbronciata e nonostante fosse bagnata dal pianto e dalla pioggia, la sua rabbia sembrava tanto ribollente da far evaporare l’acqua.
 
Fuori dallo stadio, una cortina di persone si era lentamente raccolta: quasi tutti i partecipanti al torneo e alcuni degli spettatori che non erano fuggiti. In prima fila davanti all’uscita, c’erano Corrado e Baldo, seguiti da tutti gli altri Capipalestra e da molti giovani Allenatori. La pioggia scendeva debole ma sembrava non volersi fermare.
All’uscita dei Dexholder, dal gruppo si levò un lamento accorato, tutti tenevano gli occhi sulle dieci persone che varcavano il cancello dello stadio ormai distrutto. Due di queste, tenevano dei corpi tra le braccia. Il primo era Red, che reggeva un esanime Mr. Mime. Il secondo era Green, che invece portava lo stesso Emerald. La folla si aprì per lasciarli passare. Tutti.
Videro la barcollante andatura di Ruby, i passi avanzati con le gambe e lo sguardo nel vuoto da un’assente Sapphire, la figura rigida di Crystal che sembrava doversi spezzare da un momento all’altro. E tutti dietro di loro, con la testa bassa e le braccia rigide lungo il corpo.
Dalla folla non si levava alcun rumore. Si udiva solo lo scalpiccio delle scarpe dei presenti sul terreno bagnato.
Lino intercettò Ruby e cominciò a camminargli accanto. Tentò di parlare: ‒ L’avete…?
‒ È morto ‒ lo interruppe il ragazzo. ‒ Rayquaza è morto.
E anche tra i due cadde il silenzio, Lino si fermò rimanendo indietro e tenendo gli occhi sull’amico che si allontanava sempre più. In mezzo alla folla, inizio a diffondersi un brusio.
‒ È morto, ha detto che è morto…
‒ Lo hanno sconfitto.
‒ Un Pokémon leggendario è stato ucciso…
Così come erano comparsi sotto gli occhi dei presenti, tutti i Dexholder scomparvero. Nessuno disse nulla, nessuno fece nulla.
 
L’ambiente era afoso e odorava di disinfettante. Fuori il sole dava il massimo che quel venticinque giugno gli permettesse di dare al fine di perforare il suo impermeabile di nubi. La pioggia pareva essersi calmata, ma il cielo non accennava a prendere un colore che fosse diverso dal bianco. Tutti i Dexholder erano nell’ospedale Centrale di Vivalet, reduci da un giro di rapide visite che avevano saggiato la loro condizione fisica.
Red picchiettava fissava intensamente il suo bicchiere di caffè, mentre Yellow stava in silenzio con la testa sulla sua spalla, Green teneva le braccia conserte e sembrava star facendo la guardia a qualcosa, Blue non parlava, continuava a spalmare una pomata biancastra sul braccio destro che era stato colpito a bruciapelo da uno dei colpi di Rayquaza. Gold lanciava una pallina da tennis contro il muro, questa sbatteva contro il terreno per poi tornare a lui, Silver teneva un braccio attorno alle spalle di Crystal che era l’unica ancora in lacrime. Sulla soglia di quella stanza colma di grandi Allenatori, Sapphire sostava impietrita davanti al display del suo Poké Nav. Platinum fece il suo ingresso con discrezione e si posò il più possibile vicina alla ragazza di Hoenn. Ruby non c’era.
“…dell’ultima vittima di questo tragico evento, uno degli Allenatori più amati del torneo. Ha infatti perso la vita nello scontro che ha permesso agli undici Allenatori Dexholder di sconfiggere Rayquaza, Emerald…” Gold aveva smesso di giocare con la pallina e aveva acceso il televisore.
“…l’Holon World Stadium è stato completamente demolito nel corso del combattimento con Rayquaza…” il ragazzo aveva cambiato canale.
“…si sono fatti accertamenti sulle condizioni del dragone che risulta essere clinicamente deceduto. Il suo corpo è stato portato nel centro di ricerca Pokémon globale di Vivalet, dove sarò studiato e…” altro canale ancora.
“…sembra che intanto tutta Hoenn sia stata scossa da un debole sciame sismico. Non sembrano esserci stati morti né danni ingenti, tralasciando il crollo di alcuni vecchi edifici disabitati di Forestopoli…”
‒ Fermo ‒ mormorò qualcuno intercettando Gold che era già pronto a cambiare di nuovo canale.
Tutti si voltarono verso colui che aveva alzato la propria voce. Era Ruby che sembrava essere appena apparso sulla porta, proprio accanto ad un’immobile Sapphire.
“…pare inoltre che le scosse sismiche abbiano causato un forte movimento dei mari sommergendo completamente Ciclamare e costringendo gli abitanti della periferia di Bluruvia ad evacuare dalle loro abitazioni. Intanto, in rete, già circolano voci a proposito di una presunta connessione di questo evento inaspettato con la morte di Rayquaza. Linea allo studio per il servizio in diretta sulle macerie di Vivalet” terminò la anchorwoman.
‒ Ruby, non succede niente a Hoenn, vero? ‒ chiese Green senza un filo di emozione nella voce.
‒ No, sia Groudon che Kyogre sono addormentati ‒ rispose lui.
‒ Come lo sai?
‒ Lo so.
Gli occhi verdi del Capopalestra di Smeraldopoli fissavano quelli color brace del Campione-Idol di Hoenn.
‒ Lo so e basta ‒ ribadì Ruby.
Il ragazzo girò i tacchi e fece per andarsene.
‒ Sapevi anche che saresti stato capace di fermare Rayquaza… ‒ mormorò Sapphire sentendolo passare accanto a lei. ‒ …e che non ti sarebbe servito il nostro aiuto… ‒ proseguì. ‒ …ma prima ancora sapevi che quel mostro avrebbe attaccato. Ora dimmi perché l’unica tua certezza fondata doveva proprio essere quella relativa a questa catastrofe! ‒ gridò.
E tutti tacquero. Sapphire stringeva i pugni, Ruby era immobile e non lasciava trapelare alcuna sensazione dal suo sguardo.
‒ Ruby, che cosa ci stai nascondendo? ‒ Silver chiari in una domanda il dubbio di tutti.
L’interrogatorio cadde, la tensione non accennava a distendersi ma l’enfasi sì, man mano che i secondi passavano senza un responso da parte del ragazzo.
‒ Rubin Harmonia? ‒ chiese un medico materializzandosi appena oltre la porta.
Il ragazzo annuì dando ascolto all’uomo in camice.
‒ Prego, venga con me, abbiamo i risultati delle analisi ‒ e sfruttando l’occasione, il Campione di Hoenn uscì di scena.
Una nuova quiete cadde tra i Dexholder. Quasi tutti si mordevano le labbra per essersi fatti sfuggire in tal modo la loro preda.
‒ È colpa sua ‒ sbottò Gold lanciando il telecomando che aveva in mano. ‒ ci nasconde qualcosa di vitale, non può continuare a farlo.
Gli sguardi di tutti andarono al terreno. Tranne quelli di Crystal.
‒ No, non può ‒ mormorò la Catcher rompendo il suo pianto e stupendo tutti. ‒ E deve pagare… ‒ i suoi occhi erano gonfi e le sue parole suonavano taglienti.
Sapphire abbandonò quella stanza. Riuscì con non poca difficoltà a trovare l’uscita dell’ospedale e si fece forza per l’ultima volta. Il numero era già stato digitato, lei premette il tasto chiamata.
Dopo due squilli, la voce di Birch rispose dall’altro capo della linea.
‒ Sapphire, stai bene! Grazie a Dio, piccola…
‒ Sì, papà, per me è tutto ok. Scusa se non ho potuto rispondere alle altre chiamate…
‒ Non preoccuparti, sto vedendo tutto ora in tv.
Silenzio.
‒ È incredibile, vero? ‒ riprese il professore.
‒ Sì, lo è…
‒ Povero ragazzo, Emerald.
Sapphire si lasciò sfuggire un singhiozzo. ‒ Non meritava di finire così…
‒ Io… lo so, piccola… cos’è successo di preciso? Scusami, ma i servizi del telegiornale non sono abbastanza…
‒ Ruby era l’unico in grado di fermare Rayquaza ‒ lo interruppe lei. ‒ Emerald si è sacrificato per lui, perché Ruby ne uscisse vivo, è rimasto sotto le macerie.
‒ Mio Dio…
‒ Ruby aveva le sfere, Ruby sapeva tutto.
‒ Che cosa dici? Davvero? ‒ domandò il prof.
‒ Sì, e continua a non dirci niente.
Birch sospirò. ‒ Quel ragazzo è così cambiato…
Entrambi lasciarono la parola all’altro.
‒ Siamo riusciti a raccogliere il Pokédex di Emerald, il disco interno è ancora intatto, vuoi che te lo invii?
‒ Oh, ehm… sì, grazie…
‒ Lo mando subito, poi ho intenzione di rimanere qui a dare una mano.
‒ Va bene, sii forte, piccola.
‒ Sempre. Ciao papà.
E la ragazza riagganciò. Atona, vuota, la sua voce. Sapphire riprese a respirare dopo aver prolungato la sua apnea per tutta la durata della chiamata. Si rese conto di non aver chiesto a suo padre come stesse dopo quella scossa passata su Hoenn, di non aver neanche domandato il suo parere circa la sua permanenza a Holon e di non avergli neanche dato altre parole di conforto. Quell’uomo aveva rischiato di perdere sua figlia e aveva perso uno dei suo dei suoi Dexholder. Si sentì una figlia modello, in quel momento.
All’interno della tasca posteriore aveva davvero la scheda di memoria del Pokédex di Emerald. Una placchetta magnetizzata targata Devon, col blasone di Hoenn e il numero tre in cifre romane scritto sopra. Poi, lungo il fianco, una sottile scritta evidentemente aggiunta in seguito:
THE CALMER
Sapphire tornò dai suoi amici. Lungo il percorso gli sguardi la perquisivano da cima a fondo, la studiavano, la esaminavano. I feriti, i medici, i visitatori. Tutti avevano gli occhi su di lei. Lei era una dei guerrieri che avevano sconfitto il dragone. La cosa non sembrava darle fastidio, anzi, probabilmente lei neanche se ne stava accorgendo. Il momento era particolare, l’ospedale era frenetico, ma i feriti più gravi erano stati già messi in sicurezza. Se le prime fasi del disastro erano ancora pregne di terrore e ansia, da quando Rayquaza era stato sconfitto la speranza era tornata ad illuminare gli animi. Le vittime non sarebbero mai tornate in vita, la città non si sarebbe ricostruita da sola, ma adesso tutti ricominciavano a guardare avanti.
‒ Hai parlato con il professore? ‒ domandò Gold non appena Sapphire si rifece viva.
‒ Sì, sto per spedirgli la scheda del Dex di Emerald ‒ rispose senza entusiasmo.
‒ Vengo con te ‒ si invitò quello.
Tutti lo imitarono. Non un solo Dexholder rimase seduto al suo posto. Il gruppo raggiunse compatto il Trasferitore della sala d’attesa dell’ospedale. Lì fu inserito nell’apposita porta la scheda di memoria e nella capsula vicina le cinque Poké Ball rimase che componevano il team di Emerald insieme al defunto Mr. Mime. Il computer elaborò mentre Sapphire inseriva le credenziali per un invio rapido al laboratorio del Professor Birch ad Albanova.
Un debole ronzio si diffuse nell’aria. Attorno alle Ball cominciò a calare un lieve velo di luce celeste.
“Emerald, nato il trentuno maggio… residente a Porto Selcepoli…” mormorava la voce del computer.
La luce aumentò di intensità, il ronzio cominciò a scomparire. Quando tutto si concluse, le Poké Ball erano scomparse e la scheda di memoria era stata svuotata. Nove Dexholder riuniti lì attorno, una nidiata di giornalisti furtivi dietro, Latios e Latias che, mascherati da esseri umani, assistevano in lacrime, Ruby che osservava dalla distanza, nascosto dietro un angolo, senza comunque sfuggire agli obbiettivi di un paio di reporter più attenti. Un Dexholder se n’era andato.
‒ Addio, Rald ‒ mormorò Sapphire.
Silenzio. In quel momento, c’era silenzio.

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