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HNK - TIR - 8 - Terra e Ossa



Terra e Ossa



Cole, una decina di uomini forzuti e il reparto speciale di Sur erano all’opera, sotto indicazioni di quest’ultimo. L’attacco era cessato da diverse ore, e in quel momento stavano facendo del loro meglio per rimuovere gli enormi pezzi di pareti e roccia crollate sulla tenda di Earl. Tutti, lentamente, stavano avvicinandosi al gruppo che lavorava senza fiato, raccogliendo per strada tutti gli averi che riuscivano a ritrovare e chiamando ad alta voce i nomi dei loro cari. Troppo rare erano le volte in cui si udiva una risposta, anche un flebile richiamo lontano.
Le truppe dei Sacerdoti erano fuggiti in preda al panico non appena Rhyperior si era lanciato su di essi. Incalzati da Sur e i suoi compagni, erano scomparsi dalle grotte d’ingresso da cui erano giunti.
Molti i cadaveri lasciati durante la fuga ma lo erano ancora di più quelli dei difensori. Cole alzò un enorme macigno e, alzando lo sguardo, vide ovunque si poggiasse il suo sguardo i corpi senza vita di donne e bambini.
Caricò sulla spalla destra la grossa pietra e si voltò, diretto verso l’ennesimo cumulo di macerie che si ergeva sempre più alto. Ryp lo seguiva, caricatosi di una grossa mole di pietre e ferro distrutto. Cole passò con attenzione fra i cadaveri dei ribelli, evitando ogni singolo contatto con loro.
- Ryp, aspetta un attimo e poi chiudi - posò le pietre a destra del cumulo.
Si piegò su di un ginocchio, per poi raccogliere con delicatezza una ragazzina di appena dieci anni; la sua lunga veste creata con molti rattoppi era ormai lacerata in più punti.
La poggiò all’interno del tumulo improvvisato; un peluche di Teddiursa cadde dal gelido abbraccio della piccola, cadendo sui piedi del soldato. Cole si piegò una seconda volta, lasciando che qualche lacrima scorresse giù, verso il terreno, raccogliendo il piccolo giocattolo consumato dal tempo.
Lo osservò per qualche attimo e le sue dita, sporche di fango, sangue e polvere, ne imbrattarono il profilo. Ryp lo osservava pensieroso e taciturno, a poco a poco anche gli altri uomini si voltarono a osservarlo, stavano aspettando lui per ultimare il lavoro.
Cole si piegò per una terza volta, sempre sullo stesso ginocchio, portando il suo viso al pari con quello della bambina. Sistemò il peluche sul petto della piccola, per poi richiuderne le braccia attorno, in un ultimo, eterno, abbraccio.
- Grazie… - sussurrò una voce femminile poco lontana, interrotta dai singhiozzi.
Cole pensò che dovesse trattarsi della madre, distrutta dal dolore.
- Ryp, chiudi anche questo, abbiamo quasi finito - si spostò, dando la possibilità al suo Pokémon di richiudere il tumulo e sigillarlo per l’eternità.
Tornò indietro, verso il luogo in cui Sur guardava ormai da molte e molte ore.
- Lo abbiamo trovato, Cole… almeno il nostro Earl avrà degna sepoltura. Come tutti gli altri.
Cole si arrampicò sul mucchio di pietre, sedendogli di fianco. Gli mise una mano sulla spalla, cercando di consolarlo.
- Già, Rhyperior ha già preparato il suo tumulo, sarà il solo lì. Non abbiamo trovato Alakazam.
- Sì, lo so. Troppi morti, donne e bambini. Se la sono presa con le donne e i bambini.
- Lo so, amico mio, lo so. Dobbiamo andare però, non c’è tempo per piangere i morti, dopo che li avremo seppelliti tutti, bisogna spostarsi. Conosco un posto, ci sono altri Ribelli lì, ho lasciato un mio fidato a comandare mentre io non c’ero. Ci accoglieranno loro.
- Mhh… - sussurrò il più anziano, lo sguardo perso nel vuoto.

Daisy, Kyle e il gruppo di persone da quest’ultimi ritrovati durante il loro tentativo di fuga, furono gli ultimi a giungere al centro della grotta dove si ergeva l’enorme tumulo dedicato a Earl, loro capo. Cole aveva appena finito il suo discorso, presentandosi alle persone che non lo conoscevano data la sua assenza più che prolungata.
Daisy si fece spazio tra la folla, in mezzo a una moltitudine di persone che non smettevano di piangere i propri cari e i propri beni. Quando riuscì ad arrivare fra le prime file, Cole era già intento ad addentrarsi all’interno del tumulo, dove con la potenza di Rhyperior avevano costruito un letto di pietra dove poggiare il corpo di Earl e, con esso, il lungo bastone bianco che adoperava per i lunghi spostamenti. Rhyperior lo aspettava all’esterno, un monolite come guardiano dell’ingresso; affianco a esso, col capo chino per nascondere gli occhi in lacrime, Sur si manteneva a stento in piedi.
Cole fuoriuscì poco dopo e Rhyperior sigillò con dei possenti massi l’ingresso del tumulo, dopodiché rese i blocchi un tutt’uno con la forza del suo corpo, rendendolo inamovibile.
Fu allora che Daisy lo vide e, nonostante gli anni avessero segnato il viso un tempo giovane, riconobbe Cole: il suo cuore fece un salto nell’oblio.
Le orecchie le fischiarono e sibilarono e il mondo perse consistenza e il sopra si mischiò col sotto. Avanzò di qualche passo, barcollando, mentre la folla si diradava lentamente, per andare a raccogliere le proprie cose. Gli occhi di lui le si posarono addosso, finendo con l’incrociare i suoi.
Daisy sentì un’imponente pressione su tutto il corpo, era come paralizzata. Aveva anche iniziato a tremare, e il mondo riprese a essere sottosopra, diversi puntini bianchi ricoprivano il suo campo visivo. Ma non Cole.
Lui era lì, fisso nel suo sguardo, immobile. Fu lui a fare il primo passo, verso di lei, liberandola dalla paralisi.
Daisy riprese a camminare, mentre Cole avanzava il passo.
Lui si apprestò ad abbracciarla e a sollevarla da terra, ormai giunto in sua prossimità. Venne però fermato da un sonoro e vigoroso schiaffo in pieno viso.
- Ma cosa….
- Ti credevo MORTO! - urlò Daisy, facendo da eco all’ultima parola con un pugno alle costole di lui.
- Ascolta, piccola, ero....
- Non me ne frega un cazzo di quello che hai fatto in questi sette anni, sei scomparso! - seguì un altro pugno.
Cole rimase immobile, incassando senza alcun danno.
- Non hai chiamato - altro pugno alle costole, - Non ti sei preoccupato della tua gente - ulteriore schiaffo al viso, - E non ti sei preoccupato di me! - seguì un ulteriore schiaffo, intercettato dalla mano salda ma dolce di Cole.
Daisy cercò di forzarlo, senza successo, piangendo a più non posso. Cole teneva saldamente il braccio di lei senza però stringere la presa, non voleva farle del male.
Lei alzò lo sguardo, incrociando gli occhi di Cole, per poi specchiarsi nel loro color nocciola chiaro.
Si lasciò cadere sul suo petto, affondando e arpionandolo con le sue unghie. Lui sorrise e la rinchiuse in un caldo e morbido abbraccio, accarezzandole i lunghi capelli ricci.
- Credevo fossi morto.
- Una pallottola è troppo poco per fermare il grande Cole - ammiccò lui.
Rimasero così per un tempo indefinito, mentre la gente scemava intorno a loro. Erano come pilastri in intemperie. Roccia in freddo e gelo.
Poi lui le sollevò il mento e si avvicinò per baciarla. Non fu un bacio degno di film, ma fu ciò che di più intimo avessero fra di loro. Le labbra di Daisy vennero avvolte in un caldo abbraccio, mentre il suo uomo la raccoglieva da terra con una sola mano, alzandola per il fondoschiena. Le braccia di lei gli volarono intorno al collo, mentre le gambe gli si artigliavano intorno alla vita. Cole utilizzò la mano libera per accarezzarle il viso e spostare le ciocche di capelli, sporche e piene di polveri, dal suo dolce viso.
Daisy si staccò per un attimo e Cole poté ammirare, dopo tutti quegli anni, i bellissimi occhi blu scuro di lei. Da sempre libertà del suo cielo, furia e potenza indomata del suo oceano.
- Ti ho sempre amato… Anche se tu sembravi morto, sapevo che non era così. Siamo dovuti scappare quel giorno, sennò sarei venuta a….
Cole la interruppe - Non c’è bisogno di scusarsi in alcun modo. Lo dovrei fare io per non averti avvisata, ma poi saresti stata ancora peggio per la distanza e paura che io non tornassi. Ho avuto parecchio da fare, ma te ne parlerò fra poco. Sur si sta già dirigendo alla punta Sud della caverna, gli ho detto di andare lì con tutti i superstiti, abbiamo lunghi giorni di marcia da fare, prima di essere al sicuro.
- Me la pagherai lo stesso - sorrise lei, raggio di luce in un cielo tenebroso in cui incombe una tempesta.
- Riscuoterò volentieri la punizione, stasera, nel letto.
Daisy lo colpì nuovamente al petto, imprecando e insultandogli i parenti. Poi i due si voltarono, diretti verso il punto di raccolta.
La folla era quasi del tutto scemata, pochi gruppi di persone erano rimasti a parlare, quasi sottovoce, probabilmente per rasserenare qualche madre o padre piangenti delle loro perdite. Fra di essi si trovava Kyle, in groppa al suo Arcanine; aveva perso di vista Daisy in mezzo alla folla. Lei si era inoltrata ma lui ne era stato impossibilitato in quanto il suo Pokémon era fin troppo ingombrante per potersi addentrare nella foresta di gente che si era rivoltata lì per assistere e dare un ultimo addio al loro leader.
Fu solo allora che il giovane riuscì a ritrovarla. Al suo seguito c’era un grosso uomo, mai visto prima d’ora. Kyle smontò dalla groppa di Arcanine e si diresse verso i due che gli stavano venendo incontro. Più si avvicinava ai due, più riusciva a scorgere i particolari del viso di lui, dal grosso naso, alla mascella serrata e squadrata, quasi come fosse stata rintagliata in un blocco di marmo. Una cicatrice gli correva lungo tutta la guancia sinistra, partendo dalla base dell’occhio per poi finire al di sotto della mandibola, completamente sbarbato. Sotto il braccio sinistro portava un elmo, ed era rivestito da una strana armatura che gli ricordò in parte quella vista in qualche fumetto semi-distrutto di Iron Man, trovato mentre saccheggiava assieme ai suoi compagni, solo senza reattore Arc ed era completamente nera, con tanto di guanti e stivaloni. Dei strani simboli in una lingua sconosciuta erano intarsiati su petto, spalle e ovunque lo sguardo di Kyle riuscisse ad andare a cercare. Alcune parvero brillare per un istante, poi il bagliore si spense.
Alla cintura portava un grosso revolver dalla lunga canna bianca e impugnatura nera.
Quello fu il primo particolare a indurre Kyle a pensare di conoscere molto bene quell’individuo, la sua pistola. Gli ricordava quella di suo zio, utilizzata quando faceva ancora parte della polizia speciale dei Sacerdoti; uno degli oggetti che si erano fissati nella sua mente, dopo la sua scomparsa.
Allungò il braccio destro verso Arcanine, accarezzandogli il folto manto che ne ornava il collo, sprofondando fino in fondo. La sua mano venne avvolta dal calore e dal morbido, fu una scossa di pace e tranquillità in mezzo a tutta quella morte. Il Pokémon Leggenda camminava fiero di fianco al suo compagno, evitando con grazia e disinvoltura i cadaveri dei Sacerdoti lasciati lì a marcire. Il petto in fuori e gli occhi, vispi e vigili, puntati sul nuovo uomo. Non ne riconosceva l’odore.
Ringhiò e abbaiò, diffidente.
Kyle lo tranquillizzò parlandogli a bassa voce, chiamando più volte il suo nome.
Cole rise di gran gusto, senza trattenere minimamente gli schiamazzi. - Ah, si vede proprio che è un tuo Pokémon, irrispettoso e dubbioso come pochi - alzò il braccio libero dall’elmo, in segno di saluto.
- Stai crescendo bene, vedo. Meglio così, avrei avuto qualcosa da ridire a Sur, altrimenti. E non ci sarei mica andato leggero come Daisy, oh no. Ma tieni a bada il cucciolo, non vorrei che Ryp pensasse male e lo schiacciasse.
Kyle si bloccò, sia per il tono che per la voce che disse quelle parole. L’aveva già sentita, in passato. Gli tornarono a mente i discorsi fatti con Cole, quando era più piccolo e suo zio era ancora in vita.
Perché lui l’aveva visto morire, gli avevano sparato in testa, davanti ai suoi occhi. Aveva impiegato mesi, se non anni, per smettere di ripetere lo stesso incubo, notte dopo notte, dove riviveva il momento in cui era iniziata la loro fuga e aveva perso la persona a lui più cara.
- C-Cole? - chiamò Kyle, ma la sua voce fu poco meno di un sospiro.
Si sentì venir meno, le gambe cedettero e dovette farsi forza aggrappandosi al folto manto di Arcanine, sulla cui testa, era seduto Riolu, dedito a osservare l’uomo che si trovava di fronte.
Riolu saltò in avanti, percorrendo metà della strada che lo divideva da Daisy e Cole, per poi correre verso quest’ultimo con lunghi e veloci balzi.
- Vedo che almeno qualcuno si ricorda di me, vero Riolu? - Cole si chinò, raccogliendo e alzando Riolu, per poi sistemarselo sull’enorme spalla.
- Zio Cole! - urlò Kyle, lanciandosi anch’esso verso di lui.
Il ragazzo si fiondò con tutte le forze sul petto di Cole, spezzandogli il fiato. Iniziò a piangere, mentre con le mani cercava di stringere quanto più possibile la grossa schiena dello zio.
- Ciao, piccolo mio. Scusa per l’assenza, il tabaccaio era chiuso - Cole gli arruffò i capelli, lasciati crescere nell’ultimo mese.
Kyle fu sopraffatto dall’emozione e per molti attimi non riuscì a dire una sola parola. Poi, come se il pianto avesse lentamente portato alla luce i suoi sentimenti, parlò. - Ti credevo morto. Ho visto, ti hanno sparato in testa.
- Beh, questo è vero. Però, se ti ricordi bene come ricordi la scena, vedrai che avevo la stessa armatura di ora, assieme al mio elmo. Davanti sembra aperto, per poter vedere, ma in realtà è chiuso. Grafene, una chicca. È trasparente ed è resistente come il diamante, flessibile come la plastica. Ovviamente, con l’aiuto di Ryp, io l’ho reso ancor più resistente, l’intera armatura ne è ricoperta. Qui dentro sono praticamente indistruttibile, non è facile far fuori il vecchio Cole.
Kyle lo guardò, stupito. Pensò che quell’uomo era sempre pieno di sorprese, e sarcasmo. Tanto sarcasmo. Nella mente apparirono migliaia di domande da sottoporgli, e Kyle saltava da un argomento all’altro, senza apparente filo logico.
La voce di Cole lo riportò alla realtà - So che hai molte domande da farmi, al momento, però dovremo rimandare. Gli altri ci aspettano e noi dobbiamo muoverci, ho ancora degli amici, ci stanno aspettando oltre le montagne, al di là del Monte Corona.
- Vuoi portare tutti via, e dove? - chiese, Kyle.
- Verso la libertà, è ovvio. Non credere che io abbia passato tutti questi anni a perdere tempo, ho aiutato un po’ in giro per il mondo. Ma tutto a suo momento, andiamo.
Cole si portò velocemente avanti, affiancato da Daisy, dietro di loro venivano Kyle e Arcanine, su cui Riolu si era appollaiato.

Dopo pochi minuti, durante i quali nessuno osò proferire parola, i tre giunsero in una piccola piazza, circondata da ciò che rimaneva della zona commerciale, dove si trovavano i pochi luoghi dove era possibile ottenere qualche bene, tutto rigorosamente grazie alla regola del baratto.
Sur si trovava al centro, chino su di un tavolo improvvisato con delle macerie, intento a osservare una mappa dei cunicoli sotterranei da loro scavati, cercando di trovare un punto di fuga, aiutato dai suoi migliori soldati. Tutt’intorno, la gente discuteva a voce bassa, creando un primo anello intorno a Sur, il secondo, molto meno numeroso, si estendeva all’esterno di tutti, composto dalle forze armate e i loro Pokémon, intenti a controllare armi, cucire ferite e guarire danni da lotte contro altri Pokémon.
Il rimbombo dei passi di Rhyperior fece ammutolire l’intera folla. Tutti volsero a lui i loro sguardi, a metà fra lo stupore e il timore.
Cole gli fece segno di aspettare lì; l’enorme Pokémon Trapano si accomodò sui resti di un edificio, facendo scricchiolare cemento e ferro sotto alla sua mole.
I soldati si fecero da parte, lasciando un canale d’ingresso per Cole e i suoi accompagnatori. L’anello interno di persone li imitò con qualche attimo di ritardo, più per paura che per altro: il ricordo di quella bestia portatrice di morte era ancora ben impressa nelle loro menti, nonostante gli atti delle ultime ore del ritrovato membro degli Impuri.
Nel mentre, Sur si occupò delle scartoffie sul tavolo, liberandolo da ogni anfratto. Cole gli si avvicinò, sorrise e utilizzò un calcinaccio lì vicino per salire più agilmente sul tavolo. Gli occhi di tutti si piantarono su di lui.
- Ascoltate, so bene che la maggior parte di voi forse non mi conoscerà nemmeno. Quando feci la mia uscita da questa grande famiglia, lo feci in modo piuttosto strano e probabilmente, chi di voi mi ricorda, mi crederà un fantasma. Circa sette anni fa, portai delle scorte di cibo al mio Ghetto, i Sacerdoti mi seguirono e attaccarono per riprendersi tutto. Io fui dato per morto, mentre la mia gente riuscì a fuggire e a rifugiarsi sotto le montagne. I Sacerdoti mi diedero la caccia per molto tempo e questo li distrasse abbastanza affinché tutti si mettessero in salvo.
Volse lo sguardo prima a destra, poi a sinistra, tutti stavano ascoltando con la massima attenzione.
- Dopodiché, non so esattamente cosa successe a quel gruppo di persone, molto numeroso. Per un anno circa, non ebbi contatti, vagabondando in giro. Andai di Ghetto in Ghetto, invogliando tutti gli oppressi a ribellarsi e a unirsi sotto un’unica bandiera, contro il nemico comune. Delle mie spie vi hanno sempre tenuto d’occhio, comunicandomi la vostra posizione e situazione vitale, in modo che voi non vi possiate trovare in difficoltà. Nel frattempo, io ho viaggiato, portando il mio aiuto dove fosse necessario, attaccando di tanto in tanto le forze nemiche, per scandagliarle e trovare un eventuale punto debole. Non siamo riusciti a scoprire molto, se non che il culto è diventato quasi maniacale, nei confronti delle Divinità Pokémon e sembra stiano cercando un modo di controllare i Pokémon Leggendari. L’unica nostra possibilità è di impedirglielo. Per questo, pochi giorni fa, mi misi in marcia, da solo, per giungere qui, senza destare troppa polvere e attirare gli occhi del nemico su di voi. Sembra che io sia arrivato giusto in tempo per aiutare nel momento del bisogno.
Probabilmente, chi mi conosce, pensa io sia un pezzo di merda a essere scomparso per così tanto tempo. Ma credetemi, non è così… Ho visto molta, troppa morte durante questi anni. Molti uomini e donne valorose sono caduti durante il mio viaggio, ma altrettanti sono riuscito a salvare, e ora le nostre forze si stanno man mano convogliando nel nostro rifugio più grande e sicuro. Si trova al di là del Monte Corona, a Ovest. Interamente scavato dai nostri Pokémon, con una sola via d’accesso perennemente sorvegliata, non c’è modo ai Sacerdoti di entrare. La mia idea è di condurvi tutti lì, lasciando donne, bambini, anziani e chiunque sia in difficoltà all’interno del rifugio. Dopodiché, io, Sur e un piccolo numero di soldati, andremo in ricerca di un modo di entrare ad Astoria, scovare il punto debole del nemico, e poi tornare qui e preparare il grosso delle forze per un’offensiva finale. Non possiamo continuare a vivere così e, se Sua Fottità riuscirà a ottenere il controllo sugli elementi del mondo, resteranno ben pochi luoghi dove poter sopravvivere.
Una seconda volta Cole levò lo sguardo, incontrando quello di ogni presente. Per ultimo, Kyle lo osservava, quasi venerandolo per la sua presenza e capacità d’intingere di coraggio e forza chiunque gli stesse vicino.
- Io intendo andare a riprendermi ciò che ci appartiene in quanto esseri viventi: la libertà di vivere come e dove voglio. Niente e nessuno dovrà mai mettersi contro di me - inspirò a fondo - O contro di voi, amici miei. Chiunque provi a impedirmi di rispedire quei preservativi bianchi ambulanti nel buco di culo da dove sono venuti, subirà la mia ira. E posso giurarvi che non è roba da poco.
Kyle sentì la tensione crescere, persone e Pokémon sembravano ora risplendere di luce propria, come se caricati di una nuova fonte di energia. Un Golbat alla sua sinistra sbuffò aria dalle narici, ingrossando le ali.
- Ho intenzione di andare faccia a faccia con quel lurido verme che si è permesso di farci questo e dirgli cinque semplici parole: - interruppe per un attimo il fluire di parole e incoraggiamenti, gonfiando il più possibile il torace.
Il sudore gli imperlava la fronte, scendendo a goccioloni dai capelli corti e ispidi.
Poi, quasi come se stesse urlando ogni parola, si rivolse nuovamente al gruppo di persone.
- Io sono Christopher Coltrane, stronzo!
Rhyperior ruggì furioso, facendo da eco al suo compagno. Il suo ruggito si riversò in tutta la grotta, rimbalzando da parete a parete, trapassando ogni essere vivente lì presente e facendoli tremare fin dentro le ossa. Come un corno di battaglia suonato all’interno del torrione di un’immensa fortezza, riversato sui nemici, incutendo terrore e orrore, così il suo ruggito si propagò all’interno di ogni singolo cunicolo, galleria, grotta e lago sotterraneo, riempiendo in pochi attimi tutto il sottoterra, venendo udito da chilometri e chilometri di distanza, anche all’esterno, sotto il forte sole luminoso e limpido.
Per quello che parvero minuti, ore e secoli, tutti coloro che udirono quel potente ruggito, restarono immobili, come pietrificati dalla paura. Sur fu il primo a destarsi dall’incantesimo, avvicinandosi a Cole, per poi appoggiare una mano sul tavolo.
- Io seguirò quest’uomo, ne abbiamo affrontate molte in guerra, io e lui. Lo seguirei ovunque, anche se andasse dritto nelle fauci del nemico; certo, dopo qualche bicchierino ma ci andrei lo stesso.
Il ristretto gruppo di soldati più vicino a loro due si dichiarò disposto a seguirli, e così fecero, man mano, tutti i presenti. Pokémon compresi.

Passarono poche ore, il sole stava ormai per tramontare quando i preparativi per partire erano ormai prossimi alla conclusione. Kyle passò tutto il suo tempo con Cole, riempiendolo di domande e chiedendo ogni possibile cosa che gli passasse in mente. Era avido di informazioni sul come avesse passato tutti quegli anni e a quali avventure avesse preso parte. Venne così a conoscenza dei suoi viaggi a Kanto, Johto, e le altre Regioni, indirizzati al salvare e liberare il maggior numero di Ribelli e unirli sotto un’unica bandiera.
- E poi, a Kanto ho trovato amici che non avrei sperato. Ma non è questo il momento e il luogo adatto per parlarne - ammiccò Cole, mentre aiutava a caricare vettovaglie e provviste sui carri destinati ad essere trainati dai Pokémon più forzuti.
Sur venne loro incontro, incalzando i preparativi, per poter partire il prima possibile.
- Cole, Daisy, voi andate pure avanti con gli altri, io resterò nella retroguardia con i miei, partiremo fra un po’. Prima ho una faccenda da portare a termine – disse loro, gli occhi spenti e tristi.
Così il grosso dei Ribelli si mise in marcia, attraverso la fitta rete di gallerie, per poter restare il più possibile nascosta agli occhi nemici. Molte leghe li aspettavano, nel sottosuolo, prima di poter uscire alla luce del sole. Kyle camminava di fianco a Cole e Daisy, il suo fagotto era caricato sulla schiena di Arcanine, utilizzato come cuscino da Riolu che sonnecchiava beato. Avanzavano come un branco di lupi, i più anziani, deboli e lenti nel passo venivano subito dietro di loro, poi a seguire un gruppo di uomini forzuti ed armati, poi donne e bambini, e infine un piccolo gruppo di uomini a chiudere la lunga fila. Seguiva Rhyperior, ultimo fra gli ultimi, immenso muro oltre il quale nessuno sarebbe riuscito a passare. Tutti loro, aiutati dai rispettivi Pokémon, portavano zaini e borse colmi di provviste e materiali e strumenti essenziali, lasciando indietro tutto il superfluo. Avevano urgente bisogno di muoversi, il più velocemente possibile.

Il piccolo manipolo di uomini, diretti soldati di Sur, rimase a osservare i loro compagni inoltrarsi nel buio della galleria, illuminata dai loro Pokémon Elettro e Fuoco. Sur si era appena voltato, dirigendosi verso i tumuli, quando Rhyperior scomparì nelle tenebre, trasportando sulla schiena un’enorme turbina utilizzata per generare corrente domestica tramite il potere dei Pokémon.
Sur camminò a testa bassa sino al tumulo in cui era seppellito Earl. Si sedette davanti l’ingresso sigillato e si tolse il fucile dalla schiena, appoggiandolo poi davanti ai suoi piedi. Il mirino ottico scintillava e rifletteva la luce che lo colpiva, spargendola tutt’intorno. Il nero del corpo metallico era offuscato da polvere e sudore, ma le impronte delle sue mani erano ancora ben visibili e lasciavano trasparire il lucido sotto il lerciume.
- Ebbene, Maggiore, credo che questa sia la fine. Non è come avevamo sperato, col bacino rotto e il seno di Fiammetta e Camilla che ci soffoca, rispettivamente a me e a lei. Sì, perché Fiammetta l’avrei presa io – fece una breve pausa, sorridendo – Perché sappiamo entrambi che io avrei preso la rossa, con tutto il rispetto per il grado e la sua persona, ma quel culo non l’avrei di certo lasciato a lei.
Andò ad accarezzare la Poké Ball che portava fissata al cinturone, venendo immediatamente rilassato e rincuorato dal profumo di verdi prati che emanava. Respirò lentamente e profondamente, lasciando tremare e sfogare il suo corpo.
- Sa bene che non sono bravo con le parole, vero Maggiore? Cazzo, non sono riuscito a dirti sinceramente grazie nemmeno quella volta che mi hai salvato il culo in guerra, Earl. Una volta usciti da quella prigione quanti ne abbiamo fatti fuori, un centinaio? – rise fragorosamente, scuotendo il capo a destra e a sinistra – Ricordo ancora i tuoi insulti perché col mio fucile li facevo secchi prima che arrivassero a portata di tiro del tuo. Te l’ho sempre detto, il mio spara più lontano. Ed è più grosso, ecco perché mi meritavo io la rossa. Ma probabilmente ora è morta, che spreco; spero che almeno lì dove vi trovate adesso ve la stiate spassando, alla faccia mia. Io sono obbligato a portare il mio vecchio culo in giro, fra fango e roccia, mentre tu te ne lavi le mani. Non è affatto giusto, stronzo d’un Maggiore.
Sur spostò il fucile di lato e si alzò in piedi per poi dirigersi verso l’ingresso del tumulo, ormai sigillato. Una sola piccola crepa nella roccia che faceva da porta, rendeva il tutto non perfetto.
- Con le parole non sono mai stato bravo, è vero. Però volevo ricambiare in qualche modo il favore fattomi quella notte, in quella prigione lurida e fetida.
Estrasse dal cinturone un lungo coltello seghettato in acciaio, osservandone la lama. Ne tastò il filo, tagliandosi il pollice.
Lasciò scorrere le prime gocce del suo sangue sulla lama, mentre dalle sue labbra fluivano, colme di malinconia, le parole del ritornello di “Three Little Birds” di Bob Marley.
- Ho fatto lasciare questa fessura apposta per me, volevo ridarti il tuo coltello, quello che ci salvò la vita e ci ricondusse a casa. Mi dispiace doverti lasciare così, senza gli adeguati riconoscimenti, ma il tempo preme, fratello.
Sur sussurrò quasi quell’ultima parola, mentre le lacrime avevano ormai sfondato la diga da lui autoimpostasi, poco prima di decidere di avviarsi verso la tomba. Alzò il pugnale, la cui lama risplendeva di vermiglio e lo conficcò con forza nella pietra, sigillandolo per sempre lì, dove i posteri sarebbero poi venuti a commemorare la memoria del loro condottiero.
Sur sentì delle ventate di compassione provenire dalla sua Poké Ball, accompagnate da crescente profumo di verdi prati e rugiada al mattino.
Senza troppe cerimonie, si alzò, dando per la prima ed unica volta, le spalle alla tomba del defunto fratello.
Pochi minuti dopo, era nuovamente fra i suoi soldati, già pronti a partire.
- Ebbene, amici miei, è arrivato il momento di partire. Lasciate tutto ciò che non è necessario, perché nulla vi ridarà i vostri cari. Terra e ossa, solo questo resta nel nostro pugno, sporco di sangue e impregnato dell’odore delle viscere dei nostri nemici.
Il suo sguardo spiazzò dal primo all’ultimo dei suoi uomini, fisso nei loro occhi. Sur si ergeva come un vecchio albero d’ebano nero, sfidante le intemperie, mentre i suoi sottoposti caricavano le arme e controllavano un’ulteriore volta l’attrezzatura.
- Vi avevo promesso che non ci sarebbe più stato bisogno di voi, se non a difesa delle nostre segrete terre. Mi spiace dover venire meno alla parola data ma abbiamo una missione, e spero che voi non vi tiriate indietro.
Nessuno osò muovere un singolo muscolo, restarono ad osservare ed ascoltare, mentre i cadaveri iniziavano il loro lungo abbraccio eterno con la terra.
- Lo sapevo, banda di cazzoni che non siete altro. E sia, romperemo il culo anche a questi figli di puttana e poi potrete riposare. C’è solo un’altra cosa, ancora…
- Che cosa, Sur? – chiese il sergente Tyrell.
- Una volta tornati a casa, io scelgo per primo la femmina, nel locale dove festeggeremo.
Tutti risero, il loro umore era lievemente migliorato nell’ultimo frangente della giornata.
E come seguiti da un tacito accordo, i soldati seguirono Sur, disponendosi a ventaglio.
L’oscurità li inghiottì non appena misero piede all’interno della galleria, diretti verso la loro nuova casa.


 
- Hancock

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Frammenti - Orizzonte Frammenti. Deboli soffi di vita nella violenta tempesta che è l’esistenza. A volte destinati a sparire, a volte pronti a moltiplicare. Come un soffio di vento trasporta il polline che andrà a fecondare un'altra pianta dalla quale nascerà la vita, alcuni momenti, per quanto brevi, danno il via a qualcos’altro, qualcosa di più grande.   L’aria era fredda, il gelido inverno era alle porte e i sempreverdi costellavano i boschi innevati che circondavano la cittadina di Nevepoli. Quell’anno, le grandi nevicate erano arrivate prima e già, il ventesimo giorno di dicembre, i fiocchi di neve scendevano copiosi sui tetti della città. Lo spettacolo che davano quelle minuscole e complesse opere d’arte di cristalli di ghiaccio, passando di notte sotto la luce dei lampioni per poi andare a posarsi a terra sciogliendosi, era qualcosa di meravigliosamente inquietante. Un gelido calore pervadeva le strade, ridotte ormai a soffici torrenti di neve. Nell’attimo

Quindicesimo Capitolo - 15

Salve ragassuoli, mi dispiaccio ogni volta per il ritardo nella pubblicazione, e mi rendo conto che sta diventando un disagio. Ecco perchè, dalla settimana prossima, per problemi di lavoro, la fan fiction sarà pubblicata il MARTEDì. Chiedo ancora scusa, e spero di non aver recato disagio. Ringrazio tutti quelli che hanno messo mi piace alla pagina   Pokémon Adventures ITA . Vedere il seguito crescere ogni giorno di più è una grande soddisfazione. Sei su EFP? Vieni a recensirci anche lì!  Andy Black, autore su EFP Ricordo sempre che il nostro progetto, Pokémon Courage ha bisogno di sostegno da parte vostra...niente soldi, tranquilli, basta solamente un po' di partecipazione. Siamo davvero così pochi a leggere questa bellissima storia? Entrate anche voi a far parte della famiglia di Pokémon Courage . Ho finito con le raccomandazioni. Cominciamo. Stay Ready...Go! Andy $   “Rachel...sei davvero tu?” chiese sgomento Ryan, quasi commosso. Zorua fece un