Capitolo
9: Notturni
pt. 2
“Non attaccate mai per
primi. Se si
prende tempo, cambiate Pokémon o perderete. Non cercate di prenderlo
d’anticipo, ma evitate le azioni troppo banali” li
aveva
allertati Kalut. “Impeditegli di
comunicare con i suoi Pokémon, limitate la sua possibilità di
sfruttare il
terreno di scontro a proprio vantaggio” aveva invece consigliato.
I
Dexholder si erano preparati duemila schemi in mente, ognuno dei quali
sarebbe
teoricamente stato in grado di sovvertire le sorti della battaglia
contro Zero
a proprio favore. Purtroppo per lui, Ruby non aveva udito nessuno di
questi
preziosi avvertimenti.
Zero,
alle
venti e trentadue, aveva fatto terra bruciata attorno alla sede
dell’organizzazione FACES di Porto Alghepoli. Non aveva colpito il
palazzo, lo
aveva solo circondato. Era sceso dall’alto, in groppa ad un Braviary,
aveva
lanciato sul campo di battaglia un Lycanroc, uno Scizor e un Druddigon.
Intendeva utilizzarli come guarnigione per penetrare nel palazzo, ma si
era
trovato davanti tutti i membri della squadra di Ruby. E così, mentre i
due
Allenatori erano impegnati a fulminarsi a vicenda con lo sguardo, i loro
Pokémon avevano cominciato a scannarsi senza pietà alcuna. I loro colpi
avevano
messo in allarme la città intera: un Martelpugno di Swampert, eluso da
Lycanroc, aveva trasformato un auto parcheggiata in un cartoccio di
lamiere; un
Dragopulsar di Druddigon, deviato da Flygon, aveva fatto esplodere tutte
le
finestre del secondo piano del grattacielo; un Forbice X di Scizor,
evitato da
Mightyena, aveva scrostato cinque metri quadri di asfalto stradale.
−
Prendete le correnti tiepide,
passando
sul mare. A quest’ora dovrebbe essere la condizione più rapida per
volare.
Quando avrete raggiunto Porto Alghepoli probabilmente Ruby sarà già
stato
sconfitto, due di voi dovrebbero tenere Zero occupato mentre il terzo si
occuperà dei civili e dei feriti. Non so che cosa abbia in mente di
preciso, ma
sono quasi sicuro che il suo piano preveda l’eliminazione totale della
sede
FACES. In ogni caso, pensate ai civili, lasciatelo demolire il palazzo,
se
riuscite a impedire che ferisca le persone – spiegava Kalut nella
comunicazione
condivisa. Era rivolto a Silver, il quale riportava tutto a Crystal e
Sapphire.
I tre erano in volo: le due ragazze sul dorso di Tropius e il fulvo
sulle ali
di Honchcrow. Stavano letteralmente mangiando il percorso tra
Ciclamipoli e
Porto Alghepoli. Sapphire teneva la schiena inarcata e il corpo
perfettamente
aderente alle squame del suo Pokémon per guadagnare aerodinamicità.
Guardava il
puntino lontano che era il loro obbiettivo e pregava di non star di
nuovo
andando ad assistere ad un’apocalisse come quella di Vivalet. Ruby era
intervenuto alla svelta, anticipando Zero, il che faceva supporre che
qualcuno,
nella FACES, si era reso conto dell’imminente attacco all’ultimo
momento,
mandando a chiamare il loro guerriero migliore. Vincolato alla
Federazione per
chissà quale ragione. Eppure, nessuno di loro riusciva a comprendere. Da
che
cosa era stato tradito Zero? Quale indizio aveva permesso a Ruby, o a
chi per
lui, di prevedere l’attacco a Porto Alghepoli? Ciò che pesava sulla
coscienza
della ragazza era la loro disattenzione. Il fallimento della meticolosa
mente
di Kalut che non era arrivata a studiare ogni minima sfumatura della
situazione.
E
poi c’era il sibilo dell’aria, il quale sferzava gli zigomi della
Dexholder di
Hoenn come una lama affilatissima. Tutto attorno era silenzio, al centro
del
mondo solo lei, il suo Pokémon e il nemico.
In
città,
le persone fuggivano, i telefoni cominciavano a digitare il numero della
polizia. Intanto, Zero sembrava non riuscire ad avanzare. Ruby,
schierato come
un oplita davanti all’entrata del palazzo, non accennava a fare un passo
indietro. Il ragazzo sembrava volergli saltare addosso per malmenarlo,
come
fossero anche loro due Pokémon. La sede FACES era piena di lavoratori
che
avrebbero già dovuto timbrare il cartellino per la fine del loro turno
di
lavoro. Quella giornata era sembrata fin troppo noiosa e ripetitiva, si
era proprio
avvertito il bisogno di un minaccioso assassino pronto a far crollare un
palazzo sopra alle loro teste. I poveracci non riuscivano a fuggire,
nonostante
la resistenza del Campione di Hoenn stesse dando loro un gran
quantitativo di
tempo. Non vi era un’uscita sul retro o una scala antincendio e l’unica
porta
principale era già stata sfondata una volta, prima che il Milotic di
Ruby
intervenisse contro quel minaccioso Lycarnoc. Ad ogni modo, la fuga non
era
sicura.
Ruby
se
ne rese conto, ma provare a spingere il nemico all’angolo era molto più
facile a dirsi che a farsi. Impose alcune condizioni di complicazione ai
Pokémon avversari, ma ogni strategia era inaffidabile e facilmente
contrastata
dall’intelligenza strategica di Zero: il congelamento di Druddigon durò
pochi
istanti, poi Scizor attirò un Fuocobomba di Castform e lo evitò
all’ultimo
sciogliendo il blocco di ghiaccio dell’alleato; il vapore creato da
Milotic non
riuscì ad ostruire la vista dei nemici, poiché Braviary lo scacciò via
con le
sue forti ali; le rocce affilate evocate da Flygon non limitavano il
movimento,
Druddigon le afferrava e le lanciava come proiettili. Lo scontro
sembrava alla
pari e perdurava su un caotico equilibrio da quasi venti minuti.
Poi,
il
Campione di Hoenn commise un errore: tentando di spostare la lotta sul
lato
destro, senza quindi forzare la posizione di Zero ma cambiando solo
l’angolazione, mostrò il fianco per un istante, accorgendosi troppo
tardi dei
tre civili intrappolati all’interno della macchina al lato della strada.
Zero
era troppo vicino a loro, Druddigon era impegnato in un corpo a corpo
con Milotic
e se avesse vinto avrebbe potuto distruggere involontariamente l’auto,
ammazzando due signori e un ragazzino. Ruby si rese conto della
situazione con
un istante di ritardo: gridò un ordine a Milotic per farlo spostare, ma
non
poté evitare il colpo di Scizor che era comparso sulla sua destra.
Il
crostaceo
gli chiuse la chela attorno alla spalla, avvicinandosi
pericolosamente al collo. Ruby percepì il metallo acuminato lacerargli
la pelle
attraverso i vestiti e mordere tenacemente la sua carne. Zero aveva
mirato
direttamente a lui. Poi, la seconda chela del Pokémon, chiusa a pugno,
lo colpì
fortissimo sullo stomaco, scaraventandolo qualche metro indietro. Non
riuscì ad
alzarsi, perdeva molto sangue e gemeva di dolore.
Zero
ebbe
campo libero, i suoi avversari, preoccupati per il proprio Allenatore e
privati di una guida, andarono al tappeto in poco tempo.
Il
Campione
di Holon si avvicinò minaccioso al palazzo, lasciò i suoi Pokémon a
fare la guardia e vi entrò incedendo con terribile calma. Ruby era a
terra con
la sua squadra, per le strade c’era il caos, davanti a lui sostava una
tremolante massa di inutili impiegati che non sarebbero riusciti a
fermarlo
neanche se lo avessero attaccato tutti insieme, il palazzo FACES era in
suo
possesso.
Pochi
minuti
dopo, Silver, Crystal e Sapphire giunsero sulla scena. Scesero al volo
dai propri Pokémon atterrando sull’asfalto della strada martoriata dalla
lotta
di Ruby e Zero. Videro il palazzo FACES, il grattacielo di vetro le cui
finestre erano state tutte infrante fino al quarto piano circa.
L’ingresso era
divelto, così come le decine di macchine spazzate via dai loro parcheggi
che
occupavano la strada. Vi era il deserto, una scialba folla di persone
sembrava
osservare da lontano la situazione, priva del coraggio di farsi avanti e
della
paura sufficiente per darsela a gambe. Sapphire individuò subito il
corpo di
Ruby disteso sulla strada. Il ragazzo si muoveva appena, cercava di
alzare la
testa per guardarsi intorno. Cercava i suoi Pokémon. Questi ultimi,
similmente
al loro Allenatore, erano tutti a terra, privi di energie.
−Ruby!
–
esclamò lei, gettandosi sull’amico.
Esaminò
il
suo corpo: la maglia nera che portava era stata forata in più punti,
come se
qualcuno gli avesse inflitto diverse pugnalate. Sapphire, non senza
difficoltà,
gliela tolse. Inorridì di fronte alla visione del suo torace: i tatuaggi
lineari e perfetti generati dalle gemme erano spezzati in più punti, la
carne
era lacerata lungo una parabola precisa e i tagli arrivavano in
profondità.
Stava perdendo molto sangue.
−Cazzo−esclamò
la
ragazza. – Chiamiamo qualcuno, chiamiamo un’ambulanza! – gridò ai suoi
compagni.
−
No – gemette Ruby, digrignando i denti. – Bisogna fermare Zero.
Sapphire
non
capì. Il ragazzo aveva parlato, il che era un bene. Tuttavia non si
capacitava di come potesse avere tale priorità persino in una condizione
del
genere.
−
È là dentro – mugolò il ragazzo.
−
Ruby, cazzo, devo portarti… −improvvisamente la ragazza ricordò.
I
due si guardarono negli occhi. Ruby comprese di esser stato capito.
−
Riesci a rifarlo…? – chiese lei.
−
Adesso sì – rispose lui, con voce più ferma.
E
la ragazza udì ancora quel rumore sfrigolante di metallo rovente immerso
in
acqua. L’odore di bruciato era coperto dalla puzza di asfalto e polvere.
Davanti agli occhi di nuovo esterrefatti di Sapphire, ogni lacerazione
sul
corpo di Ruby si chiuse spontaneamente. Le sue ferite vennero
istantaneamente
cauterizzate e trasformate in linee colorate simili a quelle del suo
tatuaggio.
Ruby aveva il fiatone ed un colorito strano. Quel processo sembrava
parecchio
doloroso.
Sapphire
fece
due passi indietro, Silver e Crystal fissavano la scena muti ed
esterrefatti. Non avevano mai visto i tatuaggi di Ruby, e ciò li aveva
spiazzati un po’, ma dovettero convincersi di non star sognando tutto,
quando
videro il ragazzo rialzarsi dalla sua pozza di sangue, sano, seppur
barcollante.
−
Per quello che so ha con sé uno Scizor, un Lycanroc, un Druddigon e un
Braviary
– spiegò Ruby con tono affaticato. −Insieme dovremmo fermarlo.
−
Che diavolo è appena successo? – chiese Silver.
−
Le gemme… hanno degli effetti
collaterali
– spiegò Ruby sommariamente, rimettendosi la maglia. – Dobbiamo
muoverci.
I
quattro Dexholder, dopo aver somministrato qualche Revitalizzante alla
squadra
di Ruby, entrarono nel palazzo.
−
Aveva intenzione di distruggerlo, perché non lo ha ancora fatto? –
chiese
Sapphire.
−
Potrebbe essere sceso ai piani sotterranei per piazzare qualche ordigno?
–
tentò Crystal.
−
Non penso, di solito utilizza solo i propri Pokémon. Sinceramente non so
cosa
abbia in mente, ma dobbiamo trovarlo nel minor tempo possibile – fece il
ragazzo.
−
Kalut sarebbe utile in questo momento – commentò Silver.
−
Aspettate – Ruby chiamò all’appello Gardevoir. – Riesci a individuare
tutte le
persone che sono dentro questo palazzo? Dovresti individuare una mente
molto
somigliante a quella di Kalut – le chiese. Il Pokémon acconsentì e
chiuse gli
occhi, concentrandosi sull’obiettivo.
−
Ci sono altre persone? – chiese Sapphire, allarmata.
−
Sì, tutti i dipendenti che lavoravano qui, credo li stia tenendo in
ostaggio.
−
Merda… − commentò Crystal.
Gardevoir
emise
un verso. Ruby comprese e chiuse gli occhi, percependo le informazioni
inviate del Pokémon.
−
Ok – annuì. – Ci sono più di cento persone rinchiuse nei piani
sotterranei,
dovremmo farle uscire tutte. Zero si trova invece all’ultimo piano, è da
solo.
−
Io scenderò a liberare gli ostaggi – disse Crystal. – Siete voi i più
forti,
dovete affrontare Zero.
Aveva
ragione,
ma Ruby ebbe un dubbio.
−
Potrebbe aver messo alcuni Pokémon a guardia degli ostaggi, non sarebbe
tanto
stupido da lasciarli soli. Forse faremmo meglio a dividerci in un due
coppie –
spiegò.
−
Ok, non perdiamo altro tempo, io scendo con Crystal – annuì Silver.
−
Non appena avrete tirato fuori le guardie, raggiungeteci – li esortò
Sapphire.
−
Va bene.
−
Fate attenzione – aggiunse Crystal, rivolta a Ruby e Sapphire.
Li
aveva
guardati con occhi dolci, pur nel pericolo. Non aveva ancora perdonato
Ruby né tantomeno si era riappacificata con Sapphire, ma sapeva di
essere dalla
loro stessa parte e di tenere alla loro salute. Alla fine, anche loro
erano i
suoi migliori amici.
E
così, due Dexholder di Hoenn si avviavano verso l’esterno per
raggiungere il
piano più alto in volo, mentre i due di Johto imboccavano le scale di
corsa,
verso la posizione degli ostaggi.
−
Come sapevi che avrebbe attaccato qui? – domandò Sapphire, lanciando la
Ball di
Tropius. – Anzi, come sapevi che Zero avrebbe dovuto attaccare?
−
Kalut… lui ha scelto di allertare anche me. Poi un agente della
sicurezza
interna mi ha rivelato la posizione di un individuo molto somigliante a
Zero,
una manciata di minuti prima dell’attacco – spiegò lui.
−
È un mostro.
−
No, è un avversario come un altro. Dobbiamo solamente concentrarci.
−
Ruby, stavi morendo fino a due minuti fa!
−
Ma non sono morto. Senti… possiamo farcela, puoi farcela. Sei più brava
e più
forte di quanto tu creda, sei diventata molto più abile di quanto tu sia
mai
stata, non aver paura. Ho fiducia in te – le disse, prendendola per le
braccia.
Sapphire
rimase
stupefatta. Ruby l’aveva gettata giù dal suo stesso Tropius per non
farla lottare contro Max e Ivan, sette anni prima, e quando la Devon
aveva
scoperto la faccenda del meteorite, tempo dopo, aveva scelto di tenerla
all’oscuro di tutto. Quel ragazzo aveva sempre scelto di caricarsi delle
responsabilità al posto degli altri, per non mettere a rischio le
persone a cui
teneva. E ora, dopo così tanto tempo e dopo due anni di silenzio, le
stava
dando tutta quella fiducia. Sapphire si sentì piena di qualcosa che non
riuscì
a descrivere. Dalla sua bocca non uscirono parole. Si gettò al collo di
Ruby e
lo baciò sulle labbra, si strinse a lui più forte di quanto avesse mai
fatto.
−
Andiamo – la esortò lui, staccandosi dopo una manciata di secondi.
Sapphire
aveva
un sorriso assolutamente inadatto alla situazione stampato in faccia,
quando salì in groppa al suo Tropius. I due Allenatori si staccarono dal
terreno vincendo la forza di gravità. Ruby volava sul suo Flygon.
Cominciarono
a passare rasente alle vetrate, piano dopo piano, avvicinandosi sempre
di più
alla vetta.
Numerosi
metri
più in basso, Silver e Crystal stavano lottando contro un Darkrai la cui
forza spropositata minacciava di far tremare tutto l’edificio. Lei aveva
mandato in campo Hitmonchan mentre Silver stava utilizzando Feraligatr.
Il
Pokémon sembrava combattere come se avesse avuto un Allenatore a
guidarlo.
Teneva d’occhio tutto, riusciva a prevedere i movimenti dei nemici,
elaborava
tecniche complesse per abbattere le difese avversarie. Ma Crystal e
Silver non
si lasciavano intimorire. Avevano lottato insieme un numero esorbitante
di
volte, conoscevano i rispettivi punti di forza e punti deboli bene
quanto i
propri. Riuscivano a combinare le proprie forze.
Certo,
lottare
in un parcheggio non era comunque il massimo, il nemico riusciva a
mimetizzarsi ai loro occhi trasformandosi in un’ombra bidimensionale e
tentando
agguati alle loro spalle. In ogni caso, riuscivano a tener testa al
Pokémon
Leggendario e pure ad assestargli qualche affondo violento, quando
l’occasione
lo permetteva.
−
Gelodenti! – e Feraligatr attaccava.
Darkrai
diventava
un’ombra, allora Hitmonchan caricava un Centripugno con cui colpire
il primo oggetto che si fosse mosso attorno a lui.
Il
nemico
emergeva dall’oscurità e cercava di utilizzare Vuototetro su Feraligatr,
ma il potente maglio di Pokémon di Crystal lo scaraventava decine di
metri più
indietro.
−
Sembra funzionare, dobbiamo continuare con questo ritmo – esclamò
Silver.
−
Che schifo… siamo così inutili… − si lamentava Blue.
Lei,
Gold
e Green si trovavano in volo su un aereo di linea che avevano
praticamente
preso per un secondo di anticipo. Entro circa un’ora sarebbero arrivati
a
Hoenn, ma erano ben lontani dal potervi giungere in tempo per essere
d’aiuto
nella lotta. Per questa ragione Green si massaggiava le nocche che aveva
quasi
distrutto prendendo a pugni mura e saracinesche e Blue si martoriava
massacrandosi
le unghie con i denti, Gold aveva invece creato dei coriandoli con il
menu di
bordo. Tutti e tre sentivano il bisogno di gridare come bambini. Eppure,
non
potevano far altro che aspettare e immaginare cosa stesse succedendo in
quel
momento a Porto Alghepoli.
Rocco
e
Camilla erano nella stessa situazione, solo che loro cercavano di
annegarla
lentamente nel bourbon. Il pilota del jet della Campionessa di Sinnoh,
non
senza molteplici problemi, aveva dovuto effettuare una deviazione. Il
calcolo
del carburante, della condizione e delle capacità del motore, tuttavia,
lo
avevano obbligato a rinunciare. Non avevano possibilità di raggiungere
Hoenn.
Non sarebbero entrati in battaglia. E questo li faceva star male.
La
maggior
parte delle persone rifuggono il pericolo e la difficoltà. Al
contrario, gli Allenatori che hanno dovuto vivere in prima persona delle
battaglie
gigantesche come loro, non erano capaci di stare fermi. Non che
cercassero il
rischio e le battaglie, erano solamente degli spiriti ardenti e poco
portati al
relax e alla debolezza.
−
Ci siamo! – esclamò Ruby.
All’ultimo
piano
della sede centrale FACES di Porto Alghepoli, un Tropius e un Flygon
cavalcati da due Allenatori sfondarono le vetrate penetrando negli
uffici. Ruby
e Sapphire si ritrovarono in una stanza arredata in legno massello e
pavimentata da una moquette morbidissima. Non c’era anima viva.
Imboccarono
la
porta, attraversarono un corridoio finché, guardandosi intorno,
intravidero
l’unica luce accesa. Proveniva da una stanza rivolta nell’ala sud,
preceduta da
un lungo corridoio tappezzato di quadri, ritratti e foto.
−
Eccolo – mormorò Ruby correndo verso l’obiettivo.
Sapphire
gli
tenne dietro. Attraversarono il corridoio e svoltarono l’angolo,
irrompendo
nella stanza con le Poké Ball pronte ad essere lanciate.
Si
trovarono
davanti qualcosa che mai avrebbero potuto immaginare. L’ufficio
apparteneva sicuramente ad un pezzo grosso, forse all’uomo più
importante lì
dentro. Aveva mobili in mogano e una vista sul mare veramente
invidiabile. Era
arredata alla perfezione e pulitissima, tranne per un particolare: un
quadro
era stato malamente lanciato a terra, nascondeva una cassaforte il cui
sportello era stato lasciato aperto. In mezzo alla stanza, sotto la luce
del
lampadario, stava Zero. Solo, senza nessun Pokémon, disarmato.
Aveva
un
fascicolo di foglio nella mano e sembrava averlo appena letto.
Piangeva.
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